Da trent`anni a questa parte il settore delle acque minerali ha

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Da trent`anni a questa parte il settore delle acque minerali ha
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
CAPITOLO I
IL SETTORE DELLE ACQUE MINERALI
1.1
IL SETTORE
Da trent’anni a questa parte il settore delle acque minerali ha conosciuto
notevoli mutamenti. Negli anni Settanta la minerale era considerata un prodotto
di prestigio con un’immagine legata fondamentalmente a un bisogno di tipo
salutistico e/o terapeutico, tale da farla preferire al solito rubinetto.
Nel corso degli anni Ottanta, invece, si sono affacciate nuove motivazioni di
acquisto, favorite anche dallo sviluppo della Grande Distribuzione Organizzata
(GDO) prima e degli hard discount poi, che hanno consentito l’acquisto del
prodotto ad un prezzo più conveniente.
Un altro elemento che ha permesso lo sviluppo del settore è stata l’introduzione
del contenitore in materiale plastico (PVC in un primo momento e PET in
seguito) molto più leggero della bottiglia in vetro e soprattutto con
un’incidenza dei costi di trasporto e di produzione sul costo totale del prodotto
inferiore, consentendo inoltre ai consumatori una maggiore praticità di
trasporto.
Nel corso degli anni Novanta la concorrenza si è fatta molto agguerrita e le
leve di marketing da manovrare sono divenute il brand, il prezzo, la logistica e
le promozioni. Si è arrivati ad un consumo pro capite di acqua minerale
quadruplicato dal 1975 ad oggi, che posiziona l’Italia tra i maggiori
consumatori e i maggiori imbottigliatori mondiali.
Altri fattori che hanno modificato il mercato, anche sotto l’aspetto qualitativo,
sono stati il peggioramento della qualità dell’acqua potabile e le carenze della
rete idrica in alcune aree, l’orientamento di ampie fasce di consumatori verso le
bevande analcoliche a scapito di quelle alcoliche, l’innovazione del packaging,
la maggiore attenzione dei consumatori a comportamenti salutistici.
1
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Ma vediamo di capire cosa si intende per minerale, visto che ogni acqua
contiene in soluzione quantità più o meno elevate di sostanze inorganiche,
solide o gassose.
Il termine “acqua minerale” non indica semplicemente un’acqua in cui sono
disciolti dei minerali, bensì tende a considerare le azioni benefiche correlate. In
pratica, queste acque contengono sostanze come calcio, sodio, potassio,
bicarbonato, fluoro e altre ancora, in percentuali tali da svolgere un ruolo
biologico importante.
1.1.1
LA NORMATIVA DI BASE: IL D. lgs. 105/92
Il riferimento di partenza è il D.L. n. 105 del 25/1/1992 di attuazione della
direttiva C.E.E. 80/7771, secondo il quale vanno considerate acque minerali
naturali “le acque che, avendo origine da una falda o da un giacimento
sotterraneo, provengono da una o più sorgenti naturali o perforate e hanno
caratteristiche igieniche particolari, favorevoli alla salute”.
Con tale decreto viene di fatto modificato il concetto guida che fino ad allora
aveva indirizzato la normativa italiana. Infatti, a fronte di un contesto di norme
italiane, quelle del 1916-19, che davano risalto alle proprietà terapeutiche,
riservando minore attenzione alle condizioni igieniche particolari, la Direttiva
CEE2 privilegia queste ultime. Per cui vengono messe in primo piano:
− la purezza batteriologica;
− l’origine profonda e protetta;
− la caratterizzazione in minerali ed oligominerali,
1
Il decreto ha trovato attuazione con un provvedimento del ministro della Sanità (Aprile 1997),
che prevedeva l’obbligo per le società produttrici di acque minerali di adeguarsi entro tre mesi
(21 Luglio) alla normativa comunitaria. Pena: la revoca dei riconoscimenti e il divieto di
vendita.
2
Secondo la definizione dell’Unione Europea (Ref. 80/777), che prevede la libera circolazione
delle acque minerali tra tutti i Paesi della Comunità, con il termine “acque minerali naturali” si
designano acque batteriologicamente pure che provengono da falde acquifere sotterranee,
originate da una fonte con una o più uscite naturali o frutto di scavo. Si distingue dalla comune
acqua potabile per due caratteristiche di fondo: per la sua natura, caratterizzata dal contenuto di
sostanze minerali e, in certi casi, per i suoi effetti, soprattutto terapeutici; per la sua originaria
purezza. Le caratteristiche dell’acqua minerale vengono conservate intatte dal fatto di derivare
da una fonte naturale, sotterranea e protetta da ogni rischio di contaminazione, inquinamento o
impurità.
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Capitolo I
Il settore delle acque minerali
aspetti che nel loro insieme sono forieri di proprietà salutari ma non anche
terapeutiche. Per la Direttiva le proprietà terapeutiche sono prese in
considerazione soltanto come effetto eventuale e non puntuale dell’acqua
minerale.
Questa impostazione ovviamente si mostra molto più moderna e più adeguata
all’uso ormai prevalente di innumerevoli acque minerali naturali come acque
da tavola d’uso quotidiano, e tende ad inserire l’acqua minerale naturale tra gli
elementi che concorrono alla qualità della vita ed alla promozione della salute.
Il legislatore europeo, obbligando i Paesi aderenti ad uniformarsi ai predetti
indirizzi, conferma quindi la sua attenzione primaria per la salute del cittadino
consumatore.
1.1.2
CARATTERISTICHE DEL SETTORE
Le acque minerali sono sostanzialmente acque di origine meteorica che,
durante il tragitto sotterraneo, si depurano e si mineralizzano, acquisendo quei
particolari caratteri chimici, fisici, e organici che ne determinano poi le
proprietà.
All’interno del mercato delle bevande esiste un rapporto di concorrenza diretta
fra i diversi prodotti. Il fatto è che tutte svolgono la funzione di dissetare,
apportando all’organismo i liquidi necessari. Vi sono però, a favore dell’acqua
minerale, una serie di vantaggi che la rendono insostituibile: la nota immagine
di elemento puro e salutare, la totale assenza di un limite fisiologico al livello
di consumo e l’assoluta mancanza di un target specifico (è coinvolta la totalità
della popolazione).
La sicurezza della genuinità e bontà delle minerali è fornita dai dati delle
analisi riportate in etichetta, che compare su ogni bottiglia. La legge prevede,
infatti, un controllo quinquennale per il rinnovo dell’etichetta, controlli
stagionali della sorgente e altrettanti degli impianti. Ogni produttore ha tutto
l’interesse a tutelare il buon nome del marchio ed è per questo che le aziende
effettuano autonomamente verifiche quotidiane a tutti i livelli.
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Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Il mercato italiano delle acque minerali è caratterizzato da una produzione che,
negli untimi dieci anni, è salita del 50%, raggiungendo nel 2001 un livello pari
a 10.650 milioni di litri3. Il dato che maggiormente caratterizza il settore è
l’elevata concentrazione dei gruppi di controllo. I primi quattro gruppi
detengono quasi il 65% della quota di mercato, con vendite pari a circa 6000
milioni di litri annui.
Il comparto è caratterizzato dalla presenza di elevate barriere “naturali”
all’ingresso: l’unica modalità di entrata risulta essere quella dell’acquisizione
del diritto allo sfruttamento di una fonte. La strategia dell’acquisto è dunque
l’unica, anche per le imprese che vogliono aumentare la propria quota di
mercato.
Oltre a questi motivi di carattere esogeno e strutturale, esistono barriere
endogene all’entrata di nuovi competitor: la presenza di alcuni grandi gruppi
che controllano numerose fonti scoraggia gli investimenti, investimenti che
diventano considerevoli se si considerano le spese in pubblicità e quelle legate
alle tecnologie di imbottigliamento.
Le forti innovazioni di processo (in particolare la fabbricazione interna delle
bottiglie in PET, sempre più sottili per contenere il costo del materiale e i
volumi di imballaggio) e la competizione, hanno spinto sempre più in alto la
soglia minima di capacità produttiva e l’esperienza necessaria per il
raggiungimento di una posizione di costo interessante. A questo si aggiunge la
banalità del prodotto, che non consente nemmeno di legare il prezzo al trend
dell’inflazione: più aumentano i consumi di acqua minerale e più il prezzo
basso diventa un elemento determinante nella decisione di acquisto. La scarsità
di spazi all’interno della distribuzione moderna, dovuta al grande volume e agli
scarsi margini di prodotto, sta portando ad una crescita accentuata della
concorrenza di prezzo. Tutto ciò va a vantaggio delle grandi imprese ben
dislocate sul territorio, le quali vantano costi di trasporto inferiori e possono
quindi applicare prezzi più vantaggiosi.
Le strategie di differenziazione sul prodotto sono pochissime, mentre si può
lavorare parecchio sull’immagine. La vera sfida è sulla pubblicità, packaging,
3
Fonte: MINERACQUA, Federazione delle Industrie delle Acque Minerali e delle Bevande
Analcoliche.
4
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consolidamento del marchio. Il messaggio più diffuso punta sulla leggerezza
del prodotto, sulla sua purezza e sicurezza, sulla sua valenza salutare, sulla
gradevolezza e sulla tradizione4.
Come abbiamo visto il settore è caratterizzato da forti barriere all’entrata, in
quanto lo sfruttamento della risorsa prima (l’acqua) è subordinato al rilascio di
un’autorizzazione regionale. In linea di massima la concessione è accordata per
una durata di venti o trent’anni; non meno, comunque, del tempo necessario ad
attuare tutti gli investimenti pianificati e rendere operativo uno stabilimento.
Il canone da corrispondere allo Stato, anzi alle Regioni, è fissato in base al
“criterio superficiario”. Si tratta cioè di un canone applicato ai metri quadrati
totali oggetto della concessione ( con l’espressione: “metri quadrati oggetto
della concessione” non si intende solo lo spazio occupato della fuoriuscita
dell’acqua dal sottosuolo, ma tutta l’area che in qualche modo è interessata allo
sfruttamento della fonte, quindi anche eventuali zone che devono essere
protette per evitare contaminazioni, più altre aree da tenere sotto controllo).
Inoltre le Regioni ottengono una percentuale su ogni litro di acqua estratto dal
sottosuolo, che può variare tra cinque e dieci lire per ogni litro. In generale si
può affermare che la royalty corrisposta alle Regioni è sicuramente molto
basso rispetto al giro di affari del settore della acque minerali. Infatti nella mia
esperienza presso “Acqua Minerale San Benedetto S.p.A.” ho appreso che un
eventuale futuro problema per le imprese del settore potrebbe essere quello di
un aumento del canone da corrispondere alle Regioni5.
L’iter burocratico per ottenere l’autorizzazione a utilizzare le acque sorgive è
piuttosto complicato. Le richieste di sfruttamento delle fonti inoltrate alle
Regioni e le autorizzazioni del Ministero della Sanità non sono di facile
ottenimento, tenuto conto che tutte le analisi presentate dalle società devono
essere ricontrollate e verificate.
L’investimento richiesto sia in termini economici, sia di tempo, rende poco
incentivante l’ingresso di nuovi operatori, lasciando quindi alle società già
4
Largo Consumo, Rivista di economia e marketing sulla filiera dei beni di consumo, n. 1/2001
pag. 186.
5
Attualmente la società che paga il canone maggiore è Acqua di Nepi, che si trova nel Lazio in
provincia di Viterbo, acquisita ultimamente dalla San Benedetto S.p.A.
5
Capitolo I
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presenti nel settore la possibilità di avvantaggiarsi in termini di numero di fonti
controllate.
1.1.2.1
Il costo della distribuzione fisica6
Il problema della distribuzione fisica del prodotto è forse uno dei più
importanti nel settore delle acque minerali; la problematica nasce dallo
squilibrio esistente tra il valore unitario del prodotto e i costi necessari per
poterlo trasportare. Ciò, infatti, finisce spesso col far dipendere l’esito
commerciale tra produzione e distribuzione non tanto dalle quotazioni free on
board7 praticate dal produttore, ma dall’incidenza dei costi di trasporto che
induce il distributore a preferire marche prodotte localmente.
La comunione di interesse tra produttori e distributori per la riduzione di tale
onere, ha certamente creato una situazione di convergenza nel settore quando le
innovazioni di prodotto e di processo hanno portato all’uso di materiali nuovi,
più leggeri, senza peraltro l’obbligo della cauzione e quindi della resa del
contenitore. I vantaggi derivanti dall’introduzione del PET hanno quindi
incontrato subito il favore della distribuzione: essa non solo diventa
destinataria di una costo di trasporto minore, ma è risultata anche facilitata
nella stessa logistica di movimentazione all’interno dei punti vendita. Lo stesso
consumatore ha a propria volta manifestato il suo apprezzamento orientando le
preferenze verso questo tipo di contenitore, tanto che le statistiche lo danno
preferito nel 75% dei casi, contro il 24% del vetro.
In realtà il vantaggio consiste non tanto in una differenza di prezzo evidente alo
momento dell’acquisto8, quanto nel valore attribuito alla praticità del nuovo
6
Per lo svolgimento di questo paragrafo, un ringraziamento particolare va al dott. Luigi Tesser,
Direttore Pianificazione e Controllo di Acqua Minerale San Benedetto S.p.A.
7
La condizione di vendita F.o.b. corrisponde al prezzo della merce caricata sul mezzo di
trasporto presso il produttore, rimanendo a carico del cliente l’onere della consegna.
8
Supposta una distanza tra produttore e consumatore di circa 200 chilometri, il costo di una
bottiglia in PET, malgrado la minore incidenza del costo di trasporto, risulta comunque
superiore a quello di una bottiglia in vetro per effetto del maggior costo del PET rispetto
all’onere dell’ammortamento gravante sulla bottiglia. Infatti quest’ultima è un cespite con un
certo tasso di riuso, per cui il costo di acquisto incide nella fabbricazione del prodotto in base
al fattore di riutilizzo pur al netto delle inevitabili rotture.
6
Capitolo I
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contenitore che può essere gettato dopo l’uso liberando così il consumatore da
una serie di adempimenti e perdite di tempo nella gestione del reso.
Questo atteggiamento del consumatore risponde direttamente ad una precisa
esigenza organizzativa della famiglia, la quale, complice sicuramente il
contesto socioeconomico, è indotta a valorizzare sempre di più il fattore tempo.
L’aspetto che si vuole ora esporre, partendo proprio dall’incidenza dei costi di
trasporto, consiste nella determinazione aprioristica del vantaggio competitivo
che può derivare ad un’azienda con costi di produzione e/o di pesi del
contenitore inferiori a quelli della concorrenza.
Considerato che il prodotto acqua minerale può essere reputato alla stregua di
prodotti differenziati orizzontalmente9, risulta immediata la considerazione che
se i fornitori sono distribuiti sul territorio, sarà quello con la distanza minore
dal cliente ad avere un vantaggio competitivo. Questo, supponendo che tutte le
imprese abbiano la stessa tecnologia di prodotto, medesimo processo ed uguali
costi fissi di struttura. A questo punto pare chiaro che ciò che contraddistingue
i produttori tra loro è la dislocazione territoriale e la conseguente differenza del
costo di trasporto. Questa considerazione è illustrata nel grafico seguente ove,
sotto forma di albero (Y), risulta rappresentata la situazione di tre aziende10.
1
B'
B
2
C C'
3
9
“L’approccio classico alla differenziazione orizzontale del prodotto inquadra la dinamica
concorrenziale come il posizionamento del prodotto. I prodotti di per sé sono identici, ma si
distinguono per il loro posizionamento nello spazio”. H. Gruber: Differenziazione del prodotto
ed evoluzione della struttura del mercato: il caso del mercato delle acque minerali; in
L’Industria, Rivista di economia e politica industriale; Il Mulino, n. 2 aprile-giugno, 1994, pag.
336-343.
10
H. Gruber, Op. cit., pag. 344.
7
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Si consideri l’albero dell’impresa 2 la cui altezza del tronco equivale al prezzo
unitario di una bottiglia di acqua minerale naturale alla fonte, composto dal
costo diretto e dal margine di profitto. Si ipotizzi che i consumatori siano
collocati omogeneamente intorno alla fonte. I rami dell’albero costituiscono il
costo di trasporto della bottiglia d’acqua, essendo l’inclinazione del ramo
legata al costo di trasporto per unità chilometrica percorsa. Più è inclinato il
ramo, maggiore è l’onere unitario di trasporto. Il consumatore quindi non paga
solo il prezzo franco fabbrica ma anche il trasporto secondo la sua distanza
dallo stabilimento. Per cui, maggiore è la vicinanza alla fonte, minore è il
prezzo finale.
Nell’esempio consideriamo tre imprese e si ipotizzi che tutte e tre abbiano gli
stessi prezzi frano fonte (cioè i tre tronchi hanno la stessa altezza) e abbiano i
medesimi costi di trasporto. In questo caso la razionalità indurrà ciascun
consumatore a scegliere la fonte più vicina. Il cliente B sarà indifferente tra la
fonte 1 e la fonte 2 trovandosi equidistante da entrambe. Il bacino di
commercializzazione per l’impresa 2 è quindi formato dal segmento tra i
consumatori B e C.
Si ipotizzi ora che l’impresa 2 attui un’innovazione di prodotto che faccia
diminuire i costi di trasporto, come è avvenuto con l’introduzione del PET. In
questo caso se il prezzo franco fonte non subisce variazioni, allora
l’inclinazione dei rami si abbassa allargando così la quota di mercato (costituita
dai consumatori nell’intervallo B’ e C’) dell’impresa. In questa ipotesi il prezzo
finale del prodotto diminuirà.
L’esempio può far comprendere il fatto che imprese operanti con bottiglie di
vetro abbiano in via generale quote di mercato più contenute, mentre imprese
utilizzatrici di bottiglie in PET raggiungano quote più consistenti. A tale
proposito bisogna considerare che le bottiglie di vetro per poter essere
trasportate necessitano di un supporto, la cassa, che non è invece necessaria per
le bottiglie in PET. Questo supporto aumenta ulteriormente il peso da
trasportare e quindi il costo di trasporto. Inoltre, per esso, il produttore chiede il
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Capitolo I
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pagamento di una cauzione al pari di quanto appunto fa per la bottiglia. La
cauzione sul pallet11 sussiste invece per entrambi i tipi di contenitore.
Si supponga ora che anche la atre imprese si organizzino utilizzando bottiglie
di plastica, in tale ipotesi si verificherà la tendenza al ristabilimento delle quote
di mercato al livello originario.
1
B'
B
2
C C'
3
Come si può vedere il fattore trasporto riveste un’importanza rilevante nella
formazione del prezzo al consumo di questo prodotto.
Stanti le tariffe esistenti, il costo per il trasporto di una bottiglia in PET di
acqua minerale da 1 litro ad una distanza di 400 chilometri si aggira intorno al
20% dello stesso costo del prodotto.
I grafici che abbiamo visto illustrano una situazione omogenea fra tutte le
imprese per quanto riguarda i costi unitari di produzione ed il peso dei
contenitori. Continuiamo nella valutazione del fenomeno ipotizzando che
l’impresa 2, disponendo sempre dello stesso tipo di contenitore leggero, e
quindi con lo stesso onere di trasporto delle concorrenti, riduca, grazie ad
innovazioni di processo, il costo di produzione. In tale ipotesi questa azienda si
presenterà agli stessi consumatori in posizione equidistante rispetto alle
concorrenti, con un prezzo finale più basso, frutto del minor costo di
produzione, ponendosi in condizione di vantaggio competitivo. Tutto ciò
graficamente consiste in un abbassamento dell’altezza del tronco dell’albero, e
quindi con le stesse quotazioni finali delle concorrenti, l’impresa in oggetto
11
Si definisce pallet la pedana di legno su cui vengono caricati i fardelli di bottiglie PET o le
casse di bottiglie di vetro.
9
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
potrà raggiungere consumatori più lontani dalla propria sede, realizzando un
allargamento delle propria quota di mercato.
1 B'
B
2
C
C' 3
Queste ultime osservazioni, se nel caso di maggiore efficienza produttiva
riflettono situazioni di causa ed effetto comuni a tutti gli operatori industriali,
indipendentemente dalla tipologia del prodotto trattato, assumono però una
valenza strategica più marcata nel settore idrominerale per l’esponenzialità
delle economie di scala che possono crearsi nella gestione aziendale a fronte
dell’entità dei volumi prodotti.
Sempre in merito alle problematiche connesse al trasporto delle merci, è bene
ricordare che non generano solo costi a carico del prodotto e pagati dal
consumatore in quanto incorporati nel prezzo, ma provocano anche costi
indiretti (le c.d. esternalità negative) di natura ambientale e sociale, pagati dai
contribuenti in generale, indipendentemente dalla condizione di consumatori o
meno del prodotto oggetto di trasporto. Su questo argomento ci si soffermerà n
nel prossimo paragrafo.
1.1.2.2
La questione localizzativa delle imprese
Questo paragrafo vuole mettere in risalto il divario esistente tra luoghi di
produzione e consumo dell’acqua minerale. Anche un prodotto così semplice e
“naturale” come l’acqua evidenzia una sua caratterizzazione geografica,
essendo la sua produzione localizzata in determinate regioni piuttosto che in
altre.
10
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Già si è visto circa i costi di trasporto che, incidendo notevolmente sul prezzo
di vendita, inducono le imprese ad adottare strategie multilocalizzative,
andando cioè a produrre all’interno dei bacini di utenza al fine di essere più
competitive nel prezzo finale. Ovviamente per poter attuare questo tipo di
strategia necessita la presenza di più fattori quali, appunto, la materia prima
principale, l’acqua minerale naturale in questo caso, la manodopera, e quindi i
mercati sui quali commercializzare il prodotto12.
Nelle imprese del settore idrominerale la materia prima principale deve essere
per legge trasformata in un prodotto finito nei pressi della fonte.
Confronto produzione e consumi regionali in mil. di litri
Regioni
Basilicata
Umbria
Trentino Alto Adige
Veneto
Abruzzo
Toscana
Marche
Sardegna
Calabria
Lombardia
Friuli Venezia Giulia
Piemonte
Campania
Valle d'Aosta
Emilia Romagna
Lazio
Liguria
Molise
Sicilia
Puglia
ITALIA
N°
Produzioni Consumi Diffrenza
stabilimenti regionali regionali prod./cons.
5
10
6
9
3
25
11
11
4
21
3
18
9
1
16
13
6
1
7
2
181
406
482
154
1.546
167
1.063
246
209
108
1.872
138
667
473
10
370
269
92
12
108
36
8.428
49
127
77
794
108
698
177
151
95
1.723
152
759
617
13
703
656
265
35
555
674
8.428
357
355
77
752
59
365
69
58
13
149
-14
-92
-144
-3
-333
-387
-173
-23
-447
-638
0
Fonte: Elaborazione diretta su dati Annuario Laus 1999
12
“Ogni impresa manifatturiera, in ragione dei propri caratteri produttivi e della natura dei
legami funzionali che instaura con il sistema economico in cui opera, seguirà un
comportamento localizzativo che massimizzi i vantaggi e minimizzi i costi di funzionamento.
In termini generali, è possibile pervenire alla seguente classificazione: Industrie rivolte alle
materie prime; Imprese orientate verso le fonti energetiche; Industrie orientate verso il mercato
del lavoro; Industrie orientate verso il mercato del prodotto.” S. Conti: Geografia
dell’economia mondiale: Fattori di localizzazione e tipologie industriali; Utet, 1993, pag. 163.
11
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Nella tabella sono riportati i divari registrati in Italia nel 1999 tra produzione e
consumi regionali. Il confronto non va letto nella sua esposizione numerica
assoluta, ma deve invece essere visto come un’indicazione di squilibrio tra i
due fattori, essendo il loro ammontare consequenziale a tutta una serie di
variabili collegate alla differente competitività delle imprese. Tanto per fare un
esempio, si potrebbe avere una regione con molte fonti ma poco competitive,
per cui le stesse verrebbero sfruttate poco; per contro si potrebbe assistere ad
una forte presenza di acque extra-regione posizionate sul mercato a prezzi più
convenienti per i consumatori locali. Comunque i dati della tabella, pur nella
loro imprecisione13, evidenziano consistenti spostamenti di acqua tra le varie
regioni italiane. L’elencazione esposta segue il criterio decrescente partendo
dalla regione con il più alto divario tra consumi e produzione, la Basilicata, che
evidenzia un saldo attivo di 357 milioni di litri. Con il maggiore divario
passivo si trova invece la Puglia, ove le fonti locali attestano una produzione di
36 milioni di litri contro un consumo di 674. Le regioni che invece dimostrano
quasi un’eguaglianza tra produzione e consumo sono invece la Lombardia ed il
Friuli Venezia Giulia.
Il confronto tra centro-nord e sud evidenzia la dipendenza di quest’ultimo dal
primo per oltre un miliardo di litri. La sintesi finale dimostra una competizione
intraregionale alquanto marcata e, proprio per questo, altrettanto significativa
riguardo gli spostamenti d’acqua ed i costi di trasporto, ma non solo, nascenti
da tale situazione. A questo punto due sono le riflessioni che mi sembra
opportuno fare. La prima sul piano prettamente economico ed organizzativo
attiene alla strategia multilocalizzativa adottata da alcune aziende. Tra queste la
San Benedetto, che, dopo aver ricercato e trovato le fonti, è andata a produrre
all’interno di bacini d’utenza commerciale potendo così, con minori costi di
trasporto, essere più competitiva sul mercato ed allargare la propria quota di
mercato.
La seconda riflessione, dai risvolti invece più generali ed anche sociologici,
attiene ai c.d. “costi esterni”, cioè le esternalità negative, generate dall’enorme
quantità di merce soggetta a trasporto lungo la penisola.
13
A tale riguardo va precisato che le produzioni per regione sono frutto dell’aggregazione dei
volumi dichiarati dalle singole imprese, generalmente espressi tra un minimo ed un massimo.
12
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Non vanno trascurati i costi ambientali e sociali generati da questa come dalle
diverse quantità di prodotti trasportati, per lo più su strada. Il riferimento è
chiaramente alle emissioni pericolose per il clima che provocano
inquinamento, agli incidenti, agli ingorghi generati dalla congestione delle
strade, al rumore: sono questi alcuni tra i maggiori danni all’ambiente e alla
salute causati dal sistema dei trasporti e dalla mobilità che vanno sotto il nome
di “costi esterni”. Chiaramente sono costi di difficile quantificazione diretta,
ma quello che invece è certo è che alla fine sono costi pagati dall’intera
collettività.
La problematica, cui come visto contribuisce in certa misura anche il trasporto
di acqua minerale naturale, un bene che per definizione è “tutelato” dallo Stato
in quanto strettamente connesso alla salute del cittadino, sta assumendo sempre
più importanza. Nel “secondo rapporto” sui costi ambientali e sociali della
mobilità in Italia emerge chiaramente l’esigenza che la valutazione dei costi
esterni diventi un elemento fondamentale per la determinazione delle scelte di
politica dei trasporti e della mobilità nel nostro Paese14.
Le riflessioni esposte e i dati sopra, danno l’idea di quanto ancora
l’organizzazione possa e debba fare per pervenire ad una più efficace ed
equilibrata coniugazione tra l’azione economica (soddisfazione del bisogno) ed
il “problema della qualità della vita” inteso in tutte le sue componenti.
1.2
IL MERCATO EUROPEO
Secondo le stime di Unesen-Gisenec (l’associazione europea dei produttori di
acque confezionate naturali) la produzione e i consumi di acque confezionate
nell’Unione Europea si attestano intorno ai 31 miliardi di litri, il che
rappresenta poco più di un terzo del totale consumi mondiali. Nell’Unione
14
“I costi ambientali e sociali della mobilità in Italia sono quantificati in duecentomila miliardi
di lire nel 1999. Tale quantificazione è stata elaborata dagli “Amici della Terra” in
collaborazione con le Ferrovie dello Stato. A formare i 200.000 miliardi concorrono per il 95%
(191.216 miliardi) i trasporti su strada e per il rimanente 5% la ferrovia e l’aereo. La
componente più rilevante dei costi esterni della mobilità è quella dei danni all’atmosfera
(80.365 miliardi). Nell’ambito del trasporto merci, i costi esterni della strada sono pari a
67.072 miliardi, quelli della ferrovia pari a 2.438, quelli dell’aereo pari a 382 miliardi”. A.
D’angelo: Linea diretta, mensile delle Ferrovie dello Stato n. 7/8, 1999, pag. 26.
13
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Europea sono dominanti (per il 95%) le acque naturali, cioè quelle che
sgorgano pure alla fonte (acque minerali e acque di sorgente), mentre nel resto
del mondo tendono a prevalere le acque da bere (purificate e affinate). A fare
la parte del leone sono quindi le acque minerali, avendo ormai superato la
soglia dei 31 miliardi di litri, con un tasso di sviluppo del 5% annuo. Oltre il
90% del totale produzione UE di acque minerali è concentrato in soli cinque
paesi: Italia, Germania, Francia, Spagna e Belgio.Vanno poi considerati i 3,7
miliardi di litri di produzione e consumi di acque di sorgente a livello UE; in
questo specifico comparto va sottolineata la leadership assoluta della Francia
che da sola produce ben 2,7 miliardi di litri di “eau de sources”, destinati
prevalentemente a coprire la fascia più economica delle acque confezionate.
PRODUZIONI DI ACQUA MINERALE NELLA U.E.
Mil. di litri
Paesi Europei
1998
1999
2000
ITALIA
9.300
9.750
10.300
GERMANIA
7.480
7.709
7.732
FRANCIA
5.650
6.050
6.354
SPAGNA
2.782
3.130
3.462
BELGIO
1.039
1.259
1.240
G. BRETAGNA
479
600
670
AUSTRIA
601
598
623
PORTOGALLO
437
423
459
PESI BASSI
126
135
139
IRLANDA
61
74
74
DANIMARCA
n.d.
n.d.
18
TOTALE U.E.
27.955
29.728
31.071
Fonte: Elaborazioni Beverfood su dati Mineracqua per l'Italia
1.3
IL MERCATO ITALIANO
L’Italia è il più importante mercato europeo nel campo delle acque minerali
(33% del totale UE) ed in questo settore può vantare il primato mondiale nella
produzione e nel consumo. Nel 2001 la produzione italiana è stata di 10.650
milioni di litri, con un incremento di oltre il 3% sull’anno precedente.
14
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
MERCATO ITALIANO ACQUE CONFEZIONATE 2000-2001
Variabili Mercato
Produzione (mil. lit.)
Export Netto (mil. lit.)
Tot. Consumi (mil. lit.)
Cons. Pro-Capite (lit.)
Anni
2000
2001
2000
2001
2000
2001
2000
2001
Minerali Sorgente
10.300
60
10.650
100
680
730
9.620
60
9.920
100
167
1
172
2
Da Bere
5
50
5
50
0,1
1
Fonte: Elaborazioni
Beverfood su dati
Mineracqua
Le esportazioni, al netto delle importazioni, dovrebbero aggirarsi sui 730
milioni di litri, e, pertanto, i consumi “apparenti” sono stimati intorno a 9.920
milioni di litri, pari ad un pro-capite di ben 172 litri annui.
Il giro di affari dei produttori italiani di acqua minerale è stimabile intorno ai
2.200 milioni di euro, mentre il valore al consumo (spesa degli italiani) è
valutabile intorno ai 2.800 milioni di euro. Rapportando i dati a valore con i
dati a quantità si evidenziano dei prezzi medi molto bassi. Infatti in Italia, come
in Francia e Spagna, il costo di un litro d’acqua minerale è inferiore alla metà
della media europea. Questa politica di prezzi popolari ha certamente favorito
lo sviluppo dei consumi, ma ha anche posto seri problemi relativi alla
redditività.
In Italia sono in forte sviluppo anche le esportazioni che, fino ad alcuni anni fa
erano inferiori al 3% della produzione interna, mentre oggi superano ormai il
7% della produzione nazionale. Su questo fronte il potenziale di crescita è
enorme, in considerazione del fatto che il consumo di acqua minerale è in
crescita in quasi tutti i principali mercati esteri, dove tra l’altro c’è la possibilità
di realizzare ricavi medi migliori di quelli ottenibili sul mercato interno.
15
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Paesi di esportazione: acqua minerale Italia 2001
Canada
3%
UK
4%
Israel
3%
Altri
8%
Ger.
27%
Svizz.
14%
Francia
20%
USA
20%
A livello europeo la Francia detiene il primato delle esportazioni di acque
minerali con oltre il 20% del totale produzione, grazie anche al prestigio di
alcune marche (Perrier, Evian) che hanno saputo sviluppare nel tempo un
posizionamento di prestigio e di valore e al fatto che queste marche
appartengono a grandi multinazionali che sono in grado di promuovere la
diffusione in tutto il mondo.
In Italia sono attive 175 fonti che imbottigliano e commercializzano 321
marche di acque confezionate. Il numero delle unità produttive tende a
stabilizzarsi perché le nuove attivazioni (soprattutto al centro sud) sono
compensate da un ugual numero di uscite, sia per difficoltà economiche e sia
per motivazioni tecniche. Dopo le innumerevoli acquisizioni e fusioni, il
mercato è pervenuto ad un buon livello di concentrazione:
•
I primi quattro gruppi (Sanpellegrino, San Benedetto, Italaquae e
Congedi) assorbono quasi il 65% del mercato;
•
I primi otto gruppi (quelli citati, più Spumador, Norda, Sangemini e
Sorgenti Lete/Prata) concentrano poco meno dei 4/5 del totale volumi.
16
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
QUOTE PRODUTTIVE ACQUE MINERALI 2001
GRUPPI PRODUTTORI
SANPELLEGRINO Gr. Nestlè
SAN BENEDETTO
ITALAQUAE Gr. Danone
ROCCHETTA/ULIVETO Gr. Cogedi
SPUMADOR
NORDA
SANGEMINI Gr. Hopa
LETE/PRATA Gr. S.G.A.M.
altri
PRODUZIONE TOTALE
quantità
3.000
2.000
1.000
900
550
450
300
250
2200
10.650(mil. litri)
%
28,1
18,8
9,4
8,5
5,2
4,2
2,8
2,3
20,7
100,0
Fonte: elaborazioni Beverfood su dati aziendali e istituti di ricerca
In questa fase il mercato sta accelerando sugli investimenti pubblicitari in
coerenza con gli obiettivi di segmentazione che si sono posti i principali gruppi
competitivi e con la necessità di conferire maggior valore al prodotto al fine di
realizzare politiche di prezzo più remunerative. Il totale degli investimenti
pubblicitari, considerati ai prezzi di listino, ha superato i 230 milioni di euro e,
pertanto, il mercato delle acque confezionate, dopo aver conquistato la
leadership dei consumi, si avvia a conquistare anche la leadership della spesa
pubblicitaria nel settore del beverage.
L’attività di marketing in senso stretto è fondamentale per il settore, che
presenta un grado di fedeltà alla marca medio e una competizione basata sul
prezzo. Il mezzo comunicativo più utilizzato, come illustra il grafico, è quello
degli spot televisivi con un’incidenza del 65.1%, seguito dagli spot radiofonici
(16,3%) e dalle inserzioni sui quotidiani (11,4%).
Investimenti pubblicitari per medium: 2001
periodici
5,7%
altri media
1,5%
quotidiani
11,4%
radio
16,3%
tv
65,1%
17
Capitolo I
1.3.1
Il settore delle acque minerali
LA STRUTTURA DEL MERCATO
Il comparto italiano della acque minerali ha archiviato il 2000 a quota 10300
milioni di litri, di cui 9620 milioni destinati al mercato nazionale (+4% rispetto
al 1999), mentre alle esportazioni sono andati circa 680 milioni di litri.
I dati sono tutti a favore dell’acqua piatta, il cui consumo è stato di circa 6060
milioni di litri, contro i 3560 dell’acqua gassata; il consumo di acqua è
aumentato nell’ambito domestico raggiungendo i 6440 milioni di litri (4250 di
acqua piatta e 2150 di acqua gassata), nella ristorazione si è registrato un
consumo di 1200 milioni di litri e nel catering un consumo di 1400 milioni; i
restanti 620 milioni di litri sono stati classificati nella voce altri consumi.
Struttura del mercato nel 2000 (mil. di litri)
7.000
6.000
5.000
Piatta
4.000
Gassata
3.000
TOTALE
2.000
1.000
0
Consumo
domestico
Ristorazione
Catering
Altri consumi
Si vede chiaramente che la popolazione predilige, soprattutto a casa, il
consumo di acqua piatta, segno forse di una maggiore attenzione alla salute,
mentre l’acqua gassata ha un piccolo vantaggio nell’area della ristorazione.
Quanto ai canali di distribuzione la Grande Distribuzione Organizzata (GDO)
ha inciso per il 45%, gli hard discount per il 25%, l’ho.re.ca.15 per il 20% e il
porta a porta per il rimanente 10%. Secondo le analisi contenute nell’annuario
Acque minerali, bibite e succhi di frutta pubblicato da Beverfood Edizioni
(2000) c’è stata una flessione nelle quantità trattate dai grossisti, che già nel
15
L’ho.re.ca. è il canale di distribuzione che rappresenta: hotel, ristorazione e caffè-bar.
18
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
1995-1997 erano scese dal 65 al 60%, imputando tale calo all’incremento della
domanda di prodotto di primo prezzo16 e, quindi, all’aumento delle forniture
dirette dalla produzione alla Grande Distribuzione Organizzata e all’hard
discount.
Ripartizione % per tipologia di punto vendita: 2000
50%
45%
40%
25%
30%
20%
20%
10%
10%
0%
GDO
Hard discount
Ho.re.ca
Door to door
Rispetto alla media pro-capite di 172 litri annui, il consumo di acqua minerale
spacca in due la Penisola: nelle regioni del Nord se ne consumano circa 200
litri a testa, mentre in quelle del Sud la media si ferma a 145 litri. Uno
svantaggio che si appresta ad essere recuperato: basti pensare che nel periodo
1997-2000 nel Nord il consumo è cresciuto del 10%, mentre nel Sud è
avanzato di oltre 30 punti percentuali17. Nel grafico seguente viene riportata
una ripartizione percentuale dei consumi per area geografica, individuando
quattro aree: area 1, Nord; area 2, Centro-Nord; area 3, Centro-Sud; area 4,
Sud-Isole.
16
Il prodotto di primo prezzo rappresenta il marchio economico di un’azienda, per esempio in
San Benedetto in primo prezzo è costituito dal marchio Guizza, distribuito nel canale moderno
e leader nei discount.
17
Dati pubblicati su Largo Consumo, n. 12, 2001, pag. 156.
19
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Ripartizione % per area geografica: 2000
Area 4
22%
Area 3
23%
Area 1
32%
Area 2
23%
Il settore idrominerale in Italia vede la presenza di 198 aziende che operano in
208 stabilimenti con circa 321 marchi. Facendo una classificazione delle
aziende in base al fatturato sono state individuate18:
•
24 Grandi aziende (con fatturato superiore a 100 miliardi di lire);
•
34 Medie aziende (con fatturato compreso tra 10 e 100 miliardi);
•
106 Piccole aziende (con fatturato inferiore a 10 miliardi).
Questa classificazione evidenzia ancora una volta la forte concentrazione del
settore; infatti le 24 Grandi aziende appartengono ai 6 Gruppi più importanti
(San Pellegrino, San Benedetto, Italaquae, Co.Ge.Di, Spumador, Norda) che
detengono una quota di mercato superiore al 70%.
1.3.1.1
Il Packaging
All’inizio del loro sviluppo le acque minerali erano confezionate solo in
bottiglia di vetro con tappo metallico a corona. Oggi nel settore dominano
completamente le più moderne confezioni in materiale plastico (PET), mentre i
contenitori alternativi sono del tutto marginali.
Anche a livello Europeo si può notare come il predominio dei contenitori in
materiale plastico sia comune a tutti i principali mercati, ad eccezione di
Germania e Austria dove prevalgono ancora bottiglie di vetro, in genere con
18
La classificazione riguarda aziende con almeno il 50% del fatturato realizzato nel settore
“Acque Minerali”.
20
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
“vuoto a perdere”. Questo comportamento fa parte di una radicata tradizione
ecologica di questi paesi, non solo nel campo delle acque minerali, ma anche in
tutti gli altri comparti del beverage.
Sul mercato italiano, in particolare, si è notevolmente ridotto il peso delle
bottiglie in vetro che, oggi, di fatto sono presenti quasi esclusivamente nei
canali ho.re.ca. Le bottiglie in vetro sono presenti anche nella vendita door to
door, dove vige ancora la pratica del “vuoto a rendere”. Nel canale moderno
(iper e supermercati) le confezioni in vetro sono ancora utilizzate da poche
marche che operano su nicchie specialistiche (acque salutistiche e “acque di
lusso”), ma quasi sempre in regime di “vuoto a perdere”.
In termini di confezioni dominano quindi sul mercato italiano i contenitori in
PET. La bottiglia da 1,5 litri è la confezione più venduta per il consumo
familiare, ma sono ben inserite anche le bottiglie da 2 litri e, soprattutto, le
bottiglie da ½ litro, che risultano vincenti per i consumi fuori casa. In questo
contesto alcuni produttori hanno recentemente introdotto le “sport bottles” con
un pratico sistema d’erogazione (pull & push cap) che semplifica al massimo il
gesto del bere. Di recente introduzione anche il bottiglione da 5 litri in PET,
che San Benedetto ha introdotto per la nuova acqua di sorgente Bucaneve.
L’industria idrominerale è impegnata in continue operazioni di restyling con
l’obiettivo di migliorare sistematicamente la funzionalità (compatibilità,
impugnabilità, resistenza, stockabilità) e l’estetica delle bottiglie, con
operazioni di rivisitazioni che riguardano anche forma, materiali e grafica delle
etichette e delle chiusure.
Ripartizione % per tipo di contenitore
100,0%
90,0%
80,0%
70,0%
60,0%
50,0%
40,0%
30,0%
20,0%
10,0%
0,0%
89,0%
84,0%
73,5%
Plastica (PET)
Vetro
Cartone (Brik)
25,0%
15,6%
1,5%
1992
0,4%
1996
10,9%
0,1%
2000
21
Capitolo I
1.3.2
Il settore delle acque minerali
IL SETTORE IN CIFRE
Introduciamo ora una rappresentazione del settore idrominerale italiano grazie
ad una riclassificazione in aggregato di 164 Società che hanno realizzato il loro
fatturato prevalentemente nel settore in esame. Nel loro insieme le Società
analizzate possono essere considerate ampiamente rappresentative dell’intero
settore19. Nel periodo che va dal 1996 al 2000 il fatturato del settore è
aumentato di quasi il 30%, passando da 3.411 a 4.418 miliardi di lire, con un
aumento del 10,8% rispetto al 1999.
Aumento del fatturato (mil. di lire)
5.000.000
4.000.000
3.000.000
2.000.000
1.000.000
0
2000
1999
1998
1997
1996
La ripartizione del fatturato all’interno dei tre raggruppamenti delle aziende
analizzate, che aveva segnato fino al 1999 un costante progressivo incremento
delle Grandi Aziende a danno delle Piccole Aziende, nel 2000 rimane
sostanzialmente invariata, lasciando presupporre il raggiungimento di una
situazione orami consolidata, come evidenziato dai dati seguenti:
2000
1999
1998
1997
1996
GRANDI
76,7%
76,8%
77,0%
76,4%
75,1%
MEDIE
16,3%
16,3%
15,4%
15,2%
16,1%
PICCOLE
7,0%
6,9%
7,6%
8,4%
8,8%
19
Nella riclassificazione sono stato ampiamente aiutato dal dott. Vincenzo Pecorario,
amministratore unico della Società di analisi finanziarie Vipec S.r.l.
22
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
23
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
24
Capitolo I
Dalla
Il settore delle acque minerali
riclassificazione
dello
stato
patrimoniale
si
può
notare
che
l’indebitamento finanziario delle aziende del settore, dopo la parentesi
positiva del 1999, ha ripreso a salire raggiungendo il livello più elevato di tutto
il quinquennio. Da notare invece il sensibile spostamento registratosi dal 1999
tra Debiti a breve e Debiti a medio/lungo termine, che sono ora sullo stesso
livello, indice di un’accurata pianificazione dell’indebitamento.
Indebitamento (mil. di lire)
2.000.000
1.500.000
Debiti a breve
1.000.000
Debiti a medio/lungo
TOTALE
500.000
0
2000
1999
1998
1997
1996
L’incidenza media dell’indebitamento oneroso sul fatturato ha superato nel
2000 il livello del 1996 passando da 42,5% al 43,5%. Tale incidenza varia
sensibilmente all’interno dei tre raggruppamenti di aziende:
Incidenze 1996:
Incidenze 2000:
GRANDI 31,8%
GRANDI 32,7%
MEDIE 73,6%
MEDIE 70,8%
PICCOLE 78,3%
PICCOLE 97,9%
e mentre per le Grandi e Medie aziende il peso dell’indebitamento migliora con
l’evoluzione del fatturato, portandosi verso un rapporto rispettivamente di 1 a 3
e di 2 a 3, nelle Piccole aziende l’incidenza dell’indebitamento cresce sempre
più e sta raggiungendo l’entità del fatturato. I riflessi di tale situazione, pur
attenuati dalle sensibili riduzioni dei tassi di interesse soprattutto negli ultimi
due anni, si riscontrano nel peso degli oneri finanziari sui conti economici.
Per quanto riguarda il reddito operativo i dati ci mostrano che tipo di flessione
c’è stata nel 2000, sicuramente a causa dei risultati negativi conseguiti dalle
25
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Piccole e dalle Medie imprese, come si può notare nella tabella (i dati sono
espressi in milioni di lire):
2000
1999
1998
1997
1996
GRANDI
73.578
130.475
138.984
135.105
128.210
MEDIE
-40.748
-18.438
-40.525
-11.673
105
PICCOLE
-55.619
-42.744
-37.312
-24.875
-15.769
Il risultato d’esercizio dell’intero settore, pur beneficiando della riduzione del
peso degli oneri finanziari, registra nel 1999/2000 un pesante peggioramento
imputabile in larga misura all’incremento del costo del venduto in parte
attenuato dai risultati positivi della gestione straordinaria. Anche in questo
caso i risultati delle Grandi Aziende sono totalmente diversi da quelli del
settore:
2000
1999
1998
1997
1996
GRANDI
40.555
33.025
34.271
21.568
-16.214
MEDIE
-70.148
-81.557
-20.757
-8.056
-21.639
PICCOLE
-42.340
-35.293
-34.034
-24.461
-23.225
Le Grandi aziende incrementano i risultati positivi già raggiunti nel 1997,
restando invariata l’incidenza percentuale del risultato d’esercizio sul
fatturato.
Le Medie fanno registrare dal 1998 un pesante peggioramento; mentre le
Piccole aziende, penalizzate dal maggior peso dei costi del lavoro, degli
ammortamenti e degli oneri finanziari, si dibattono sempre più in risultati
negativi. Dall’analisi svolta emerge che nel 2000:
•
47 aziende su 164 hanno realizzato Utile operativo ed Utile d’esercizio;
•
15 aziende su 164 hanno chiuso l’esercizio in Utile giovandosi di
partite straordinarie;
•
72 aziende su 164 hanno chiuso l’esercizio con una Perdita inferiore a 1
miliardo;
•
30 aziende su 164 hanno registrato una Perdita superiore a 1 miliardo.
26
Capitolo I
1.3.2.1
Il settore delle acque minerali
Alcuni Indici
Dopo la riclassificazione dei Bilanci è possibile procedere al calcolo degli
indici e dei quozienti segnaletici delle condizioni economiche, finanziarie e
patrimoniali della aziende. L’analisi per indici, basata sulla determinazione di
rapporti assoluti e percentuali, permette di ricavare elementi di immediata
valutazione delle variabili economiche/finanziarie e di ottenere informazioni
oltre quelle desumibili dai Bilanci. Il valore segnaletico di indici e quozienti
assume la massima rilevanza dal confronto dei valori da essi assunti nel tempo
e nei confronti di altre aziende. Più avanti verrà illustrato il confronto tra il
settore e i tre raggruppamenti (Grandi, Medie, Piccole) di imprese riguardo a:
9 Indici di Redditività: ROI (Return on Investment) che indica il
rendimento del capitale investito, ROE (Return on Equity) che indica il
rendimento del capitale di rischio, ROS (Return on Sales) che
rappresenta la redditività delle vendite e, se positivo, esprime in
percentuale la porzione di ricavo netto ancora disponibile dopo la
copertura di tutti i costi della gestione caratteristica;
9 Indici di Efficienza: consentono di valutare la resa nell’impiego di
alcuni fattori produttivi, in particolare la manodopera;
9 Indici di Liquidità: esprimono la capacità dell’impresa di far fronte ai
propri impegni a breve termine con le attività a disposizione;
9 Indici di Solidità: esprimono la capacità dell’impresa di far fronte agli
impegni a medio/lungo termine tramite il ricorso a fonti di analoga
durata;
9 Indici di Rotazione e Durata: indicano il numero di volte in cui il
capitale investito e le attività “correnti” ruotano nel corso dell’esercizio
e la durata in giorni delle variabili crediti e debiti commerciali.
27
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
28
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
29
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
30
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
Le maggiori variazioni nel 2000, rispetto agli anni precedenti, le troviamo negli
indici più importanti (cioè quelli reddituali) che sono diminuiti in maniera
considerevole. Anche quelli delle Grandi imprese, che sono sempre comunque
positivi, hanno subito una forte riduzione.
Andamento del ROI 1996/2000
15
10
5
0
-5
-10
2000
1999
1998
1997
Settore
2,41
5,03
4,8
6,75
1996
6,75
Grandi
6,58
9,74
10,39
11,89
10,86
Medie
-2,56
0,32
-2,88
2,24
2,54
Piccole
-7,58
-6,41
-5,18
-2,86
-1,5
Andamento del ROE 1996/2000
20
0
-20
-40
-60
-80
-100
Settore
2000
1999
1998
1997
1996
-6,8
-9,21
-2,59
-1,19
-6,77
Grandi
5,18
5,22
6,22
3,83
-2,89
Medie
-84,78
-87,37
-11,66
-4,36
-11,51
Piccole
-22,18
-19,08
-20,57
-14,32
-15,23
La diminuzione del reddito operativo (numeratore del ROI e del ROS) è da
ricercare nei maggiori costi commerciali verso il trade, necessari per essere
competitivi, ma anche nei maggiori ammortamenti derivanti dalla rivalutazione
dei cespiti in base alla legge 342/2000. Da notare il miglioramento (se così si
31
Capitolo I
Il settore delle acque minerali
può chiamare) del ROE che indica un maggiore rendimento del capitale di
rischio e può essere anche considerato un elemento per apprezzare la creazione
di valore per gli azionisti. I valori del Settore vediamo che sono negativi, a
causa dei pessimi risultati delle Medie e Piccole imprese, ma segnano un lieve
miglioramento rispetto al ’99.
Conclusioni
Dai dati riportati si evince chiaramente che nel 2000 si sono ridotti
sensibilmente il numero delle aziende con i bilanci in utile e l’ammontare degli
utili da esse realizzato, di contro sono aumentate le aziende in perdita e l’entità
delle perdite.
Da una tale situazione non si esce contraendo ulteriormente i costi, se ancora
possibile, o aumentando la produttività e sviluppando i volumi, la strada da
percorrere per tutte le aziende è solo quella di operare, pur con le estreme
difficoltà dell’attuale contesto competitivo, per un reale incremento dei prezzi
di vendita.
La conformazione del mercato non è altro che l’espressione del marcato
processo di concentrazione settoriale, in atto ormai da qualche anno, che vede
contrapposti:
9 Gruppi di società ad elevata dimensione;
9 Aziende indipendenti di Medie/Piccole dimensioni.
Per effetto di questo processo di concentrazione il settore delle “Acque
Minerali” tenderà sempre più a ripartirsi tra:
‰
Grandi Gruppi di portata internazionale;
‰
Aziende nazionali di grande capacità competitiva;
‰
Aziende minori specializzate che sapranno ritagliarsi nicchie di
mercato.
Le altre imprese sono destinate nel lungo periodo, se non assorbite da aziende
maggiori,
a
scomparire
per
una
sopravvenuta
inefficienza
economica/gestionale.
32
Capitolo V
Il rischio d’impresa
Nell’ottica industriale, situazioni caratterizzate da un q > q* non sono
accettabili, se non legate ad un preordinato processo di sviluppo in un
determinato intervallo temporale. La proprietà deve quindi ricostituire il
presidio per il rischio di non conoscenza e deve dotare l’impresa delle risorse
finanziarie necessarie per poter implementare gli adeguamenti e le
trasformazioni strutturali sulle quali si basa il continuo processo di sviluppo.
5.4
IL RISCHIO NEL BEVERAGE
Il settore delle Acque Minerali, che fa parte del più ampio settore del Beverage,
presenta un rischio abbastanza basso. Questo è dovuto alle caratteristiche del
prodotto e del bisogno che viene soddisfatto. Infatti parliamo di un bene di
prima necessità (commodity) che soddisfa un bisogno fondamentale quale la
sete.
Il rischio di settore, che può essere rappresentato dal β, assume valori inferiori
al β di mercato, pari a 1, a conferma di quanto detto prima. Ciò significa che
variazioni del mercato, anche molto marcate, non vanno ad influenzare
l’andamento del settore, vengono cioè attutite, poiché il consumatore non può
rinunciare a soddisfare un bisogno così forte come la sete. Alcuni grandi leader
del settore del beverage, come Coca-Cola Co., Pepsi e Cadbury Schweppes
presentano questi valori dei loro β:
0,99
1
0,9
0,8
0,7
0,6
0,85
0,69
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
Coca-Cola Co.
Pepsi Group.
Cadbury Schweppes
164
Capitolo V
Il rischio d’impresa
Il rischio operativo nel settore delle Acqua Minerali riguarda soprattutto la
produzione e la distribuzione. Un grave rischio per le aziende del settore è
l’inquinamento della fonte; basti pensare che alcuni anni fa era sufficiente
estrarre l’acqua a 50/60 metri di profondità, mentre oggi è necessaria una
perforazione che supera i duecento metri per essere sicuri che l’acqua sia
incontaminata. Inoltre le aziende occupano sul territorio un’area molto più
grande di quella relativa all’estrazione per evitare appunto eventuali danni al
prodotto, dato che l’acqua minerale naturale non può venire a contatto con
l’aria se non quando viene aperta la bottiglia. Inoltre sono necessari molti
controlli quotidiani per garantire l’alta qualità del prodotto; di recente sono
state scoperte delle gravi incongruenze tra le informazioni riportate in etichetta
e le caratteristiche effettive dell’acqua. Per questo vengono utilizzati anche
laboratori di analisi esterni che lavorano sui prodotti estratti quotidianamente.
Si tratta di investimenti consistenti che vengono fatti, ma sarebbe impossibile
non farli, non tanto per quanto previsto dalla legge, ma perché i produttori di
acqua hanno un grande interesse a mantenere un’immagine di alta qualità verso
i consumatori, immagine che in un settore come questo conta davvero tanto.
Vengono poi adottate delle misure di monitoraggio continuo per sapere sempre
dove vanno a finire i prodotti; si tratta della Tracciabilità del Lotto. Attraverso
dei sensori posti nelle aree di carico dei pallet, viene registrato in un database
quali sono le destinazioni di ogni carico e le tipologie di prodotti caricati; in
questo modo è possibile, nel caso si verifichino dei lotti difettati, sapere dove
recuperare la merce e limitare al minimo il danno.
Dal punto di vista della distribuzione è fondamentale cercare di avere la
maggiore copertura possibile. Il rischio in questo caso è quello di non essere
presente sugli scaffali o nei negozi, permettendo al consumatore di comprare
un’altra acqua e di dimenticare il nostro marchio, che invece deve essere
sempre al primo posto nella mente dei consumatori.
A mio avviso esiste anche un rischio che può essere classificato come un
rischio di non conoscenza e riguarda la possibilità che lo Stato, o meglio le
Regioni, decidano di aumentare la royalty che ricevono dalle aziende del
settore, dato che il canone attuale è molto basso.
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Capitolo V
5.5
Il rischio d’impresa
IL COSTO DEL CAPITALE
Il costo del capitale è il tasso di rendimento minimo che un investimento deve
generare. Lo possiamo considerare una linea invisibile che divide i progetti
“buoni” da quelli “cattivi”, un tasso soglia che deve essere raggiunto per poter
creare valore. Per i responsabili d’azienda, il costo del capitale può essere usato
in quattro diverse accezioni121:
− come il tasso al quale scontare i flussi di cassa attesi (o gli EVA futuri);
− come il tasso soglia per valutare la convenienza economica di nuovi
investimenti;
− come costo opportunità del capitale nel calcolo dei metodi di
valutazione;
− come il benchmark nel calcolo dei tassi di rendimento sul capitale
impiegato.
Il costo del capitale per un’azienda, anche quando sembra esserlo, in realtà non
è un costo monetario. E’ piuttosto un costo opportunità, un costo che è uguale
al rendimento complessivo che un investitore potrebbe aspettarsi di ottenere
investendo in un portafoglio di azioni ed obbligazioni con un rischio
comparabile con quello dell’azienda stessa. In altre parole, il costo del capitale
è guidato dall’ormai noto trade-off tra rischio e rendimento. Quanto maggiore
è il rischio che un’azienda chiede di sopportare ai suoi investitori, tanto più alto
deve essere il suo tasso di rendimento affinché venga creato valore e tanto
maggiore sarà il suo costo del capitale. Dobbiamo tenere sempre a mente che
oltrepassata una certa soglia di rischio l’investitore non è più disposto a
finanziare l’impresa, anche a fronte di rendimenti molto elevati, e che oltre un
certo quoziente di indebitamento le condizioni di consonanza tra impresa e
sistema finanziario non sono più garantite.
121
G. Bennett Stewart III (a cura di M. Spinsi), La ricerca del valore: una guida per il
management e per gli azionisti, EGEA, Milano, 2000, pag.369.
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