1 - Unric

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1 - Unric
n f o … U N R I C … I nf o … U N R I C… I n fo … U NR I C … I n f o
United Nations Regional Information Centre for Western Europe • Centre
régional d’information des Nations Unies pour l’Europe occidentale •
Regionaal Informatiecentrum van de Verenigde Naties • YK:n alueellinen
tiedotuskeskus • Regionales Informationszentrum der Vereinten
Nationen • Περιφερειακό Κέντρο Πληροφοριών των Ηνωµένων Εθνών
Upplýsingaskrifstofa Sameinuðu þjóðanna fyrir Vestur Evrópu •
Centro Regionale d’Informazione delle Nazioni Unite • FNs regionale
informasjonskontor • Centro Regional de Informação das Nações
Unidas • Centro Regional de Información de las Naciones Unidas •
FN:s regionala informationskontor • FN’s regionale informationskontor
SCHEDA INFORMATIVA SULLA
SISTUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE MONDIALE
RAPPORTO 2007 DEL CONSILIO ECONOMICO E SOCIALE
DELLE NAZIONI UNITE
Il fattore invecchiamento avrà un impatto profondo sulle società e dovrà
essere tenuto in grande considerazione dagli operatori politici del
ventunesimo secolo. Nei paesi industrializzati, così come in molte aree dei
paesi in via di sviluppo, la percentuale della popolazione anziana sta
aumentando rapidamente. L’invecchiamento è un riflesso del successo
riscosso nella battaglia per lo sviluppo umano, essendo il risultato del minor
tasso di mortalità (di pari passo con una diminuzione della fertilità), e di una
maggiore longevità; esso è anche fonte di nuove opportunità, collegate alla
partecipazione delle generazioni ormai non più giovani in campo sociale ed
economico, in senso lato.
Nei paesi, principalmente nelle aree in via di sviluppo, che godono di una
generazione di giovani ancora in fase di crescita, c’è ancora spazio per
opportunità di sviluppo economico.
L'invecchiamento pone anche sfide importanti, soprattutto per quanto riguarda
la tenuta finanziaria dei sistemi pensionistici, i costi della sanità e l’inserimento
a pieno titolo della popolazione anziana nella società, come suo elemento di
sviluppo.
Il Rapporto Mondiale sullo Sviluppo Economico e Sociale 2007 analizza le
sfide e le occasioni che l’invecchiamento demografico porta con sé, allo scopo
di facilitare il dibattito attraverso la promozione del Piano d’Azione
Internazionale di Madrid sull’Invecchiamento, documento che è stato adottato
il 12 aprile 2002, con unanime consenso dalla Seconda Assemblea Mondiale
sull’Invecchiamento. Il Piano di Madrid costituisce, dunque, la cornice per
inserire la questione dell'invecchiamento nell’ambito del più ampio dibattito
internazionale sullo sviluppo e sull’attuazione di politiche nazionali all’altezza
della sfida a costruire modelli di società a misura di tutte le età.
Il Piano pone come priorità: l'inserimento del tema dell’invecchiamento
nell'agenda internazionale sullo sviluppo; la promozione della salute e del
benessere, nonché la creazione di ambienti idonei e di sostegno per gli
anziani.
RESIDENCE PALACE • Quartier Rubens • Block C2 (7th floor) • Rue de la Loi 155/Wetstraat • B - 1040 Brussels
Tel: +32 (0)2 788 8484 • Fax: +32 (0)2 788 8485 • E-Mail: [email protected] • Website: www.unric.org
Invecchiamento della popolazione mondiale
Per effetto della vistosa riduzione di mortalità e fertilità, la distribuzione dell’età
della popolazione mondiale sta attraversando una fase di profonda
trasformazione, spostandosi gradualmente verso la vecchiaia.
Questo cambiamento è comune a tutte le aree del mondo.
Le accresciute aspettative di vita e la riduzione del periodo fertile sono i fattori
principali che portano alla“transizione demografica”. A livello mondiale, si
assiste ad un aumento delle aspettative di vita, che sono passate dai 47 anni
del periodo 1950-1955 ai 65 anni del periodo 2000-2005, e si prevede che
raggiungeranno i 75 anni nel quinquennio 2045-2050. Nell’arco di tempo che
va dal 1950-1955 al 2000-2005, la fertilità complessiva è scesa da 5.0 a 2.6
figli per donna e le previsioni arrivano fino a 2.0 figli per donna nel 2045-2050.
In diverse parti del mondo, non solo nei paesi industrializzati ma anche in
molti dei paesi in via di sviluppo, il dato relativo alla fertilità è sceso
attualmente a meno di 2 figli per donna, andando così al di sotto del livello
necessario per il ricambio generazionale nel lungo periodo.
La transizione demografica si articola in tre fasi. Durante la prima, si verifica
un ringiovanimento della distribuzione d’età dovuto al fatto che, in
proporzione, aumentano i bambini per effetto del prolungamento della
sopravvivenza nei primi anni di vita. Durante la seconda, a causa della
diminuzione di fertilità, si verifica una riduzione della proporzione della
popolazione in età infantile, accompagnata da un aumento proporzionale di
adulti in età lavorativa. Durante la terza fase - che solitamente si raggiunge
dopo lunghi periodi di fertilità e riduzione della mortalità- si riducono, in
proporzione, la popolazione infantile e quella adulta in età lavorativa, mentre,
comincia ad aumentare solo la popolazione anziana.
Il picco ascendente della popolazione adulta durante la seconda fase della
transizione è temporaneo e dura, generalmente, circa 50 anni, un tempo
comunque sufficiente a provocare conseguenze importanti nei paesi
interessati. In teoria, questo bonus demografico offre buone possibilità per
uno sviluppo economico più veloce. Comunque, vedere il frutto dei potenziali
benefici dipende dalla capacità di generare impiego produttivo ed opportunità
d’investimento e, in fin dei conti, dal fatto che sussistano le condizioni politiche
e sociali per un ambiente di crescita e sviluppo sostenibili.
Nella terza fase, il rapido invecchiamento della popolazione può condurre a
particolari sfide di natura politica, dal momento che si renderanno necessari
importanti adeguamenti in diversi ambiti per far fronte al venir meno della
forza-lavoro e alla crescente domanda di servizi sanitari e di sostegno agli
anziani.
Il rapido invecchiamento della popolazione nei paesi in via di
sviluppo
I paesi industrializzati in genere sono ormai entrati nella terza fase della
transizione demografica e si caratterizzano per un'età notevolmente più
avanzata rispetto ai paesi in via di sviluppo. Nei paesi con economie in
transizione, si osserva che prevale, generalmente, un’età più giovane che nei
paesi industrializzati, eppure già significativamente più vecchia che nei paesi
in via di sviluppo.
La maggior parte dei paesi in via di sviluppo si trova all’interno della seconda
fase di transizione demografica, ma la maggior parte degli anziani vive in
questi paesi e, per il 2050, il 79% della popolazione ultrasessantenne, che si
calcola sarà circa 1 miliardo e 600 milioni, si troverà proprio in quelle aree
(figura O.1). Per di più, i paesi che hanno vissuto l’esperienza di una
diminuzione rapida della fertilità -si pensi ad Asia orientale e zona del Pacifico
così come all'America Latina e Area Caraibica- si troveranno a fronteggiare un
processo d’invecchiamento della popolazione più veloce di quello cui sono
stati sottoposti, in passato, gli attuali paesi industrializzati.
Al contrario, la maggior parte dei paesi africani, è entrata solo di recente nella
seconda fase di transizione demografica e si prevede che la popolazione di
quell’area rimarrà relativamente giovane fino a ventunesimo secolo inoltrato.
Figura O.1
Dimensione e distribuzione della popolazione mondiale ultra sessantenne per gruppi
di aree geografiche 1950, 1975, 2005, 20225 e 2050
•
•
•
Paesi in via di sviluppo
Economie in transizione
Paesi industrializzati
.
Fonte: Nazioni Unite (2005 a)
Nota: (1) il grafico illustra le stime (fino al 2005)
e le proiezioni a con una variazione media (dopo il 2005)
(2) Le percentuali sono indicate all’interno
delle colonne
Le differenze di genere negli anziani
Poiché le donne vivono solitamente più a lungo degli uomini, li sopravanzano
di molto nella vecchiaia.
Quindi, la popolazione anziana femminile, proporzionalmente, ad aumentare
in modo significativo a mano a mano che l’età avanza. Nel 2005, le donne dai
65 anni in poi hanno superato, complessivamente nel mondo, gli uomini per 4
a 3, e dagli 80 anni in poi, nella misura di 2 a 1. Tuttavia, nei paesi
industrializzati, a causa in parte della riduzione anticipata della situazione di
vantaggio femminile, la differenza tra il numero di uomini e donne in età
avanzata si attenuerà in qualche modo entro il 2050.
Nei paesi in via di sviluppo, invece, lo squilibrio tra il numero di donne e
uomini anziani crescerà ulteriormente a causa del divario ancora ampio fra i
sessi nelle aspettative di vita.
L’aumento dei rapporti di dipendenza
Nella maggior parte delle società, uno degli effetti dell’invecchiamento
demografico è che il numero della popolazione attiva, che lavora e genera
ricchezza, si riduce in proporzione alla parte di popolazione che non lavora
più e dipende dai redditi altrui.
I rapporti di dipendenza mettono a confronto la dimensione di alcuni gruppi
all'interno di un contesto sociale ritenuto economicamente dipendente
(praticamente, i ragazzi al di sotto di 15 anni e gli anziani oltre i 65 anni) con
un altro gruppo considerato, invece, economicamente attivo. A causa della
penuria di dati, i rapporti di dipendenza vengono calcolati, di solito, solo sulla
base delle fasce d'età.
Nel periodo compreso tra il 1975 e il 2005, il rapporto di dipendenza
complessivo a livello mondiale è calato da 74 a 55 soggetti dipendenti per
ogni 100 persone in età lavorativa, e ciò grazie a una diminuzione sensibile
della dipendenza infantile. Ma già ci si attende che la tendenza al ribasso si
esaurisca nel prossimo decennio e si verifichi una controtendenza. Si
prevede, infatti, che il rapporto di dipendenza complessivo sia di 53 soggetti
dipendenti ogni 100 persone in età lavorativa nel 2025, arrivando a 57nel
2050, proprio per la crescente dipendenza di tutti i soggetti che volgono alla
vecchiaia.
Nei paesi industrializzati, si stima che il rapporto di dipendenza complessivo
abbia raggiunto un livello storicamente basso nel 2005; le proiezioni tracciano,
però, per il futuro, una costante crescita del rapporto di dipendenza per gli
stessi, presi come raggruppamento, a causa dell’aumento continuo del
rapporto di dipendenza degli anziani (figura O.2a).
Nei paesi con economie in transizione, la tendenza nei rapporti di dipendenza
non è molto diversa da quella dei paesi industrializzati.
Parzialmente diversa, invece, è la situazione dei paesi in via di sviluppo sia
per quanto riguarda l’esperienza storica, sia per le prospettive future. Il loro
rapporto di dipendenza complessivo, tra il 1950 e il 1975, era molto più
elevato rispetto ai gruppi dei paesi industrializzati, soprattutto a causa di
un’elevatissima dipendenza infantile (figura O.2b). Dal 1975 circa, tuttavia, i
rapporti di dipendenza infantile e complessivo hanno cominciato a ridursi, e ci
si aspetta che questa tendenza perduri fino al 2025, per riprendere a crescere
successivamente, in vista della prevedibile rapida ascesa della dipendenza
senile.
L'invecchiamento demografico è un fenomeno inevitabile
Nell’arco dei prossimi decenni, ci si attende che un rilevante grado
d’invecchiamento demografico investa tutte le aree del mondo. Le azioni
politiche volte ad incoraggiare la maternità in paesi a basso tasso di natalità,
anche se hanno riscosso qualche successo, non saranno in grado di
cambiare questa previsione. Inoltre, benché il considerevole aumento dei
flussi migratori, a livello internazionale, possa incidere sulle tendenze relative
alla popolazione attiva dei paesi industrializzati, pare che non ci siano validi
motivi per pensare che i futuri livelli di migrazioni internazionali possano avere
un impatto in modo decisivo sul grado d’invecchiamento demografico previsto
per questi paesi.
Poiché è chiara l’effetto dei cambiamenti in atto sulla struttura dell’età della
popolazione, essi possono essere previsti con largo anticipo. Le risposte
istituzionali dovrebbero, idealmente, essere attuate tempestivamente, per
rendere più agevole il processo di adattamento a questi cambiamenti
demografici di lungo periodo. Anche se l’invecchiamento demografico è un
fenomeno inevitabile, i suoi effetti dipendono dall’efficacia delle misure
intraprese per affrontare tutte le sfide che esso prospetta.
Figura O.2a
Figura O.2b
Rapporti di dipendenza infantile e senile
Rapporti di dipendenza infantile e senile
1950-2050, paesi industrializzati
1950-2050, paesi in via di sviluppo
Anno
Per 100 persone di età fra 15 e 64 anni
Anno
Per 100 persone di età fra 15 e 64 anni
Fonte: UN/DESA
Nota: Rapporti di dipendenza infantile e senile riferiti a popolazione di età rispettivamente0-14 anni e 65
anni e oltre, rispettivamente, come rapporto della popolazione attiva di età 15-64 anni d’età. Il rapporto
di dipendenza complessivo è la somma dei due
Tuttavia, si può affrontare questa sfida garantendo al crescente numero di
persone che si avviano alla vecchiaia un sostegno adeguato per gli anni a
venire, la possibilità di accedere ad un impiego dignitoso nel caso in cui
dovessero averne bisogno o intendessero rimanere economicamente attivi, e
un'assistenza sanitaria adatta. A meno che la crescita economica non acceleri
in modo sostenuto, il problema dell’invecchiamento imporrà sforzi economici
maggiori per la popolazione in età lavorativa (in termini di maggiori tasse e
altre forme contributive), in modo da riuscire a mantenere un trasferimento
stabile di risorse ai gruppi di persone anziane.
Invecchiamento e ambienti di vita in mutamento
L'ambiente sociale in cui si muove la popolazione anziana è soggetto ad un
rapido cambiamento. La dimensione della famiglia si riduce, il ruolo delle
famiglie numerose diminuisce e la percezione relativa al sostegno
intergenerazionale e all'assistenza degli anziani sta cambiando ad un ritmo
sostenuto.
Sistemi di vita che cambiano
Gli anziani che vivono da soli, nel mondo sono 90 milioni, un rapporto di 1 a 7
che è aumentato nell’ultimo decennio, nella maggior parte dei paesi. Anche se
il tasso medio di cambiamento incide in misura piuttosto modesta, è
verosimile che questa tendenza continui, con conseguenze importanti a livello
sociale, in particolar modo per le donne, perchè è più probabile che
trascorrano la vecchiaia da sole (figura O.3). La vita da soli, che può risultare
in crescente isolamento, rende più difficile ai membri della famiglia occuparsi
dei propri anziani e aumenta la necessità di ulteriori servizi di supporto per
permettere alle persone anziane di restare nella propria casa.
I paesi in via di sviluppo potrebbero avere difficoltà ad offrire questo genere di
servizi; in tali aree geografiche, la grande maggioranza degli anziani vive con i
propri figli adulti. E’ il caso di circa tre quarti di persone di oltre 60 anni che
vivono in Asia ed in Africa, e di due terzi di popolazione ultrasessantenne
dell’America Latina.
La proporzione della popolazione anziana che vive da sola è ancora
relativamente bassa, meno del 10%, ma sta aumentando nella maggior parte
dei paesi in via di sviluppo.
Figura O.3
Proporzione della popolazione ultrasessantenne che vive sola, divisa per area geografica e sesso, 2005
Uomini
Donne
Mondo
Europa
Asia
Africa
America Latina
e Caraibi
Nord America
Fonte: UN/DESA
Le implicazioni di tali mutamenti nella composizione della famiglia e nei
sistemi di vita per il sostegno e l’assistenza degli anziani, dipendono,
naturalmente, dal singolo contesto. Nei paesi in cui gli anziani hanno un
limitato accesso a sistemi istituzionali di tutela sociale, essi devono
necessariamente dipendere dalla famiglia e dalla comunità locale. Tuttavia,
questi meccanismi si stanno progressivamente inceppando, a causa non
soltanto di fattori quali le suddette tendenze demografiche e la crescente
partecipazione delle donne alla forza lavoro, ma anche di un diverso modo di
intendere l’assistenza ai genitori e agli anziani in genere.
I cambiamenti nelle condizioni di vita degli anziani hanno riflessi politici
profondi nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo. I primi devono,
da un lato, ampliare la fornitura di servizi istituzionali di assistenza a lungo
termine agli anziani, compresa la vita in strutture istituzionali; dall’altro,
sviluppare servizi alternativi che consentano alle persone anziane
d’invecchiare nella propria casa se lo desiderano. I paesi in via di sviluppo
devono fronteggiare sfide ben più impegnative, poiché devono ancora arrivare
ad offrire le infrastrutture base (acqua, servizi igienici, ecc) e i servizi sociali,
così da permettere un’assistenza a lungo termine di natura istituzionale più
completa e lo sviluppo di nuove forme di assistenza a carattere privato.
Partecipazione e importanza degli anziani
Dal momento che gli anziani continuano a rappresentare una porzione
sempre maggiore della popolazione totale, essi possono risultare
potenzialmente anche più influenti all’interno della società. L'importanza e la
partecipazione delle persone anziane varia molto nei diversi paesi; in alcuni,
gli anziani hanno un notevole peso politico e sociale, perlopiù connesso alla
cospicua concentrazione di risorse economiche e una tradizione di
partecipazione politica; in molti altri paesi, tuttavia, le persone anziane non
sono organizzate, e si trovano, perciò, in grande difficoltà nel dar voce alle
proprie istanze e fare in modo che esse vengano affrontate nel dibattito
pubblico e nell’agenda politica.
Sia le organizzazioni internazionali, sia le organizzazioni non governative,
stanno promuovendo attivamente le associazioni delle persone anziane come
meccanismo attraverso il quale influenzare l’attuazione delle politiche che li
riguarda. Gli sforzi fatti al fine di rideterminare il ruolo degli anziani dovrebbero
essere accompagnati da programmi educativi di ampio respiro che
comprendano elementi basilari come l'alfabetizzazione e una continua
informazione , anche sui diritti umani.
Combattere l’abbandono e l’abuso
Nonostante sia difficile individuare un comportamento scorretto, esistono
testimonianze di abuso sulle persone anziane e di abbandono che generano
una diffusa preoccupazione a riguardo. Gli abusi sugli azioni vengono
segnalati all’interno delle famiglie, nei contesti comunitari e nei centri di
accoglienza e case di riposo, sia nei paesi industrializzati sia nei paesi in via
di sviluppo. I fattori di rischio spesso sono legati ad una mancanza di cure, ad
un’educazione poco adeguata di chi dovrebbe prestare loro assistenza, ad
una disattenzione delle strutture istituzionali, all’esistenza di stereotipi negativi
sul ruolo dell’anziano in società e a condizioni di povertà in generale.
Un passo importante per garantire e proteggere i loro diritti umani, riducendo il
rischio di azioni illecite nei loro confronti e rafforzando il loro status, è stato
compiuto nella dichiarazione universale dei diritti umani ( Assemblea
generale, soluzione 217 A (III)) . Alcuni paesi necessiterebbero anche di leggi
sussidiarie, che definiscano meglio l'ambito legale in cui agire, in modo da
proteggere i loro diritti, prevenire comportamenti scorretti e sostenere le
opportunità di partecipazione a tutti gli aspetti della vita sociale. Anche se
purtroppo, un ambito legale migliore non risolverebbe del tutto il problema: le
società dovrebbero sviluppare adeguati meccanismi per prevenire le
discriminazioni sull’età nel mercato del lavoro, per assicurare solidarietà
intergenerazionale attraverso la creazione di sistemi pensionistici e per
assicurare un adeguata assistenza sanitaria a lungo termine.
La reazione della politica in risposta ai casi di abbandono e abuso dovrebbe
essere quella di assicurare un dialogo aperto al fine di permettere un facile
accesso alle informazioni e alle effettive modalità per denunciare tali casi.
Inoltre, i governi dovrebbero promuovere un’immagine positiva delle persone
anziane, attraverso formazioni nazionali e iniziative educative, e dovrebbero
dare una adeguata preparazione a coloro che si prenderanno cura degli
anziani.
Invecchiamento, forza lavoro e crescita produttiva
Con l'invecchiamento demografico, la quota di persone in età da lavoro sta
diminuendo e la forza lavoro stessa sta invecchiando. Questo fenomeno si
registra soprattutto nei paesi con bassi tassi di natalità che per la maggior
parte sono paesi industrializzati. Al contrario, i paesi con livelli relativamente
alti di natalità, che sono soprattutto le economie povere, continueranno ad
avere una forte crescita di forza lavoro fino al 2050, quando, forse, saranno in
grado di accelerare la crescita economica.
Le implicazioni dell'invecchiamento della popolazione
L’invecchiamento demografico peserà sulla crescita economica, se non verrà
incentivata la crescita della forza lavoro e se non verranno fatti grandi sforzi
per aumentare la produttività lavorativa. In molti contesti, l'aumento nella
produttività lavorativa sarà necessaria per completare quelle misure che
contribuiscono ad arginare la diminuzione di forza lavoro. Per esempio,
considerando che tutti gli altri fattori siano uguali, per controbilanciare
l’impatto negativo di una forza lavoro in diminuzione, il Giappone dovrà
assicurarsi una crescita produttiva del 2,6% all’anno per poter sostenere una
crescita pro capite del 2% all'anno nei prossimi cinquant’anni. Per affrontare lo
squilibrio causato dall'invecchiamento della popolazione, servirà più dell'80%
della crescita richiesta nella produttività ( rif. schema 0.4). Si prevede una
situazione analoga, anche se con dati minori, per gli altri paesi che stanno
subendo un invecchiamento demografico, come l' Italia e la Germania ed
anche gli Stati Uniti d'America. Comunque, la crescita di produttività richiesta
in tutti questi casi rientra nei limiti degli standard storici.
Schema O.4.
L’impatto dell’invecchiamento demografico sui tassi annuali richiesti in media della crescita della
produttività lavorativa per Germania, Italia, Stati Uniti d’America e Giappone, 2000-2050
percentuali
Effetto invecchiamento
Altri fattori di disponibilità di lavoro
Risorse: UN/DESA.
Note: L’effetto invecchiamento è
calcolato sulla base di un
esercizio basato sui fatti. La
crescita di produttività richiesta
per generare un certo livello
di crescita del PIL pro capite
in un’ottica che anticipi i cambiamenti
nella struttura dell’età demografica
viene conparata con la
crescita di produttività richiesta
per mantenere lo stesso livello di crescita
del PIL pro capite
in assenza di tali cambiamenti. Se ne ricava
che il rapporto tra la popolazione attiva e quella di coloro che sono a carico
è stata tenuta
costante rispetto al livello considerato
nel 2000.
Questa ricerca dimostra che le misure atte a stimolare la crescita produttiva
dovrebbero contemplare soprattutto il modo di arginare le possibili
conseguenze negative dell'invecchiamento della popolazione nella crescita
economica. Sono state proposte anche altre soluzioni che andavano ad
influenzare direttamente la risorsa lavorativa, ma, ciononostante, alcune di
queste sembrano non essere efficaci.
Per i paesi industrializzati viene spesso citata l’immigrazione internazionale
come possibile risorsa da cui attingere forza lavoro, ma non ci si aspetta che
un paese ammetta l'enorme numero di immigrati che servirebbero a fermare il
fenomeno dell’invecchiamento della popolazione. Per esempio, per
controbilanciare la crescita nel rapporto tra la popolazione attiva e quella di
coloro che sono a carico, l’Unione Europea dovrebbe permettere un regolare
afflusso di 13 milioni netto di immigranti l’anno per i prossimi cinquant’anni,
mentre sia il Giappone che gli Stati Uniti dovrebbero assorbire dieci milioni di
immigranti l’anno. Naturalmente questi casi implicherebbero una crescita
molteplice negli attuali livelli di immigrazione.
Un’altra possibilità è il trasferimento di funzioni e servizi interni all'azienda a
un fornitore estero, ma sarebbe inutile per contrastare il divario dovuto
all’invecchiamento tra la popolazione attiva e quella di coloro che sono a
carico. Se da una parte il trasferimento potrebbe risolvere la mancanza di
personale proprio grazie allo spostamento della produzione all’estero,
dall'altra non aiuterebbe a ridurre le pressioni sul sistema pensionistico,
poiché il lavoro, e di conseguenza il piano contributivo su cui si basa questo
sistema, non crescerebbe.
L’analisi rivela che la più grande risorsa per contrastare i cambiamenti
progettati nella crescita della forza lavoro è l'aumento della partecipazione
delle donne e degli anziani al mercato del lavoro. Inoltre, molti paesi possono
ancora usufruire di considerevoli opportunità per far approvare tutte quelle
norme volte ad aumentare la partecipazione dei lavoratori anziani, ovvero
quelli tra i 55 e i 64 anni, facendo sì che l’età effettiva di pensionamento sia
più in linea con l'età di pensionamento prescritta dalla legge.
Oltre alla soppressione degli disincentivi nei confronti di una occupazione
prolungata, c’è una vasta gamma di altri fattori da rivedere: sarebbe utile
cambiare le consuetudini sul posto di lavoro per soddisfare meglio le
necessità dei lavoratori una volta invecchiati, migliorare le condizioni
lavorative per ottenere un rendimento maggiore durante il corso della vita,
contrastare le discriminazione basata sull’età e promuovere un’immagine
positiva dei lavoratori anziani. Inoltre, i lavoratori anziani si troverebbero in
una posizione migliore, tale da prorogare la loro carriera, se potessero avere
una continuità di studio e la possibilità di frequentare corsi di aggiornamento.
Certi accorgimenti potrebbero favorire la crescita economica nei paesi che
stanno invecchiando, anche se non in modo decisivo. La ricerca dimostra
come, nel caso della Germania , per esempio, il rendimento pro capite
crescerebbe da 1,7% a 1,8% all’anno tra il 2000 e il 2050, se la
partecipazione della categoria dei lavoratori tra i 55 e i 64 anni arrivasse allo
stesso livello della categoria dei lavoratori tra i 15 e i 54 anni; gli effetti
sarebbero simili negli altri paesi in cui si assiste all’invecchiamento
demografico. In generale, comunque,le preoccupazioni riguardanti un veloce
declino della crescita economica in tali paesi sono decisamente infondate :
secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, se i miglioramenti della produttività
continueranno nell’immediato futuro così come previsto, vorrà dire che i
problemi relativi all'invecchiamento della popolazione non sono poi
insormontabili.
Uno spiraglio demografico di opportunità?
I paesi che presentano l’ incremento di una forza lavoro relativamente giovane
potrebbero essere in grado di accelerare la crescita.
In ogni caso, al fine di cogliere i vantaggi di una situazione demografica
positiva, i governi coinvolti si troveranno ad affrontare delle questioni
completamente differenti dalle attuali: piuttosto che concentrarsi
sull’incombente mancanza di personale, dovranno restare concentrati sulla
creazione di adeguate opportunità lavorative, soprattutto nei riguardi del
previsto numero crescente di giovani lavoratori. Incentivare i tassi di
occupazione nell’economia tradizionale potrebbe elevare i gettiti fiscali e
preparare il terreno per lo sviluppo di progetti per il sostegno sociale, laddove
tali progetti siano attualmente incompiuti, permettendo ai lavoratori più
anziani di andare in pensione con una sicurezza finanziaria maggiore.
Anche la crescita produttiva ricopre un ruolo fondamentale nello sviluppo delle
economie con un surplus di lavoro e con mercati di lavoro molto ampi, poiché
permetterebbe non solo di espandere l'invecchiamento demografico, ma
anche di elevare gli standard di vita generali, riducendo la povertà.
Invecchiamento, consumo e crescita
Da molti punti di vista, l’invecchiamento demografico potrebbe avere risvolti
sui modelli di consumo, di investimento e di risparmio. È di cruciale
importanza capire se l’invecchiamento possa modificare davvero questi
equilibri e, se così, in che modo possa farlo, per poter anticipare la crescita
economica e lo sviluppo che ne deriverebbero. Sebbene la teoria economica
non sia priva di concetti evidenti che spiegano questa relazione, nella realtà è
piuttosto difficile prevedere come questo andamento influenzerà i modelli di
consumo e di crescita.
Cambiare i modelli di consumo
Una delle più famose nozioni della teoria economica dice che i modelli di
consumo e di risparmio cambiano durante le vita delle persone: il concetto è
che i bisogni e i gusti cambiano durante il ciclo della vita. Infatti, è stato
dimostrato che le persone anziane spendono una somma maggiore delle loro
entrate per la casa e per i servizi di assistenza rispetto alla generazione più
giovane. Basandosi sull'attuale andamento di consumo tra le persone di 65
anni o tra gli anziani residenti nei paesi industrializzati, è possibile anticipare
che la domanda per le spese sanitarie e le cure a lungo termine
aumenteranno sensibilmente, laddove le spese per le abitazioni e l’energia
aumenteranno, a causa del maggiore tempo passato in casa dai pensionati.
Al contrario, si potrebbe assistere ad una diminuzione delle spese per il
divertimento e per i trasporti, mentre la quota di consumo di beni comuni,
come il cibo e il vestiario, resterebbe relativamente costante. L’
invecchiamento demografico porterebbe quindi a sostanziali cambiamenti
nella composizione della domanda di beni e servizi.
Uno sguardo più attento agli attuali andamenti rivela come la variazione dei
modelli di consumo sia differente a seconda del paese in cui accade e spiega
in che modo questi cambiamenti avvengano in maniera dilatata nel tempo.
Oltre a ciò, i livelli di consumo sono molto più legati al guadagno che alla
struttura demografica. La complessità della vita reale non permette di
prevedere i futuri andamenti del consumo, così come è difficile immaginare il
grado di crescita dei guadagni delle persone anziane nei prossimi anni.
Risparmio e invecchiamento
Un’altro concetto teorico spiega il modello di ciclo vitale del risparmio, che
postula come gli individui producano più di quello che consumano durante la
loro vita lavorativa, con la conseguente creazione di un avanzo, che può
essere utilizzato per crescere i figli a carico e/o per risparmiare, al fine di
assicurarsi un’entrata dopo il pensionamento. In quest' ottica, le economie che
presentano alti indici di figli a carico dovrebbero avere un tasso di risparmio
nazionale relativamente basso. Al contrario, le economie con un alto tasso di
popolazione in età lavorativa possono potenzialmente crescere in maniere più
veloce, sia perché questa struttura demografica genera un avanzo maggiore,
sia perché i risparmi saranno più alti, poiché i singoli individui risparmieranno
in anticipo per il loro pensionamento. Inoltre, se i singoli individui percepiranno
che le aspettative della loro vita si stanno allungando, potrebbero essere
inclini a risparmiare di più durante gli anni lavorativi, per poter finanziare un
pensionamento più lungo.
Oltre a ciò, anche se l’invecchiamento esercita una certa influenza, molti altri
fattori si combinano nel determinare il comportamento del risparmio e i livelli
di risparmio nell'economia. Questi fattori includono il livello e la distribuzione
dei ricavi nell’economia, il valore dei beni che le persone raggiungono e la loro
distribuzione, la percezione del futuro, il sistema pensionistico attuale e le
previsioni per le cure delle persone anziane in caso di malattie croniche. Le
ipotesi del ciclo vitale si applicano, poi, sui risparmi familiari o sui risparmi
singoli, che avranno un peso sul sistema pensionistico, anche se tale effetto
potrebbero essere minore dell’impatto che il progetto pensionistico potrebbe
avere sui modelli di risparmio del governo e delle industrie.
Ciò che appare chiaro è che sempre più risparmi famigliari sono destinati a
fondi pensione e altri fondi di investimenti finanziari in vista della pensione. Gli
investitori istituzionali, che solitamente manovrano queste tipologie di
risparmio, ricoprono già un ruolo chiave nel mercato finanziario. Questi
investitori amministrano non solo una grossa cifra di risparmi famigliari dei
paesi industrializzati, ma sempre più spesso anche i risparmi dei paesi in via
di sviluppo, dove si è accresciuta l'importanza del sistema pensionistico
capitalizzato amministrato privatamente. Gli investitori istituzionali possono
essere decisivi nell’accrescere i mercati finanziari e nel fornire ulteriore
moneta liquida per i progetti di investimento a lungo termine. Allo stesso
tempo, comunque, essi operano soprattutto al di fuori del meccanismo di
regolazione e supervisione del mercato finanziario, poiché solitamente è un
meccanismo riservato al sistema bancario.
Le operazioni del mercato finanziario che riguardano i fondi pensionistici
devono essere controllati, in modo da non aggravare l'instabilità finanziaria:
siccome i crescenti investimenti finanziari sono intermediati al di fuori del
sistema bancario, il controllo delle autorità monetarie sulla crescita del credito
tende ad indebolire l’efficacia delle politiche monetarie. Si necessita di
maggiori misure di regolazione, possibilmente di tipo internazionale, per
evitare effetti destabilizzanti sul mercato finanziario delle operazioni dei grandi
fondi pensione e per tutelare da possibili rischi la sicurezza dei redditi delle
persone anziane.
Sitema previdenziale a sostegno del reddito: una garanzia per la
vecchiaia
Lo standard di vita molto spesso peggiora per le persone anziane, poiché il
calo di nuove opportunità economiche e l’indebolimento della forza vitale
espongono la persona all’indigenza con l’avanzare dell’età, per quanto tali
presupposti varino notevolmente nei diversi contesti e gruppi di anziani. Le
strategie relative ai mezzi di sussistenza tendono a differenziarsi di
conseguenza. Nelle economie industrializzate le pensioni rappresentano la
principale fonte di sostentamento e di tutela per la vecchiaia, mentre nei
paesi in via di sviluppo poche persone anziane hanno la possibilità di
accedere alla pensione e si è costretti a confidare in altre fonti di reddito.
Infatti, l’80% della popolazione mondiale non è tutelata contro i rischi legati
a salute, invalidità e reddito. Ciò implica che solo nei paesi industrializzati
circa 342 milioni di persone anziane al momento sono privi di una
adeguata previdenza sociale a sostegno del reddito, numero destinato a
crescere fino a 1,2 miliardi entro il 2050, se il raggio di copertura
previdenziale destinato a garantire tale previdenza agli anziani non verrà
esteso. La transizione demografica rappresenta un enorme compito che
riguarda la garanzia di disponibilità e sostenibilità pensionistica e di altri
sistemi atti a fornireuna previdenza sociale a sostegno del reddito per un
numero sempre più crescente di anziani nei paesi industrializzati e non.
Nel Survey si giunge alla conclusione che con un giusto approccio il
compito è affrontabile.
Indigenza e vecchiaia
E’ evidente che le persone anziane che vivono in paesi dove vigono un
sistema pensionistico di tipo formale e un piano di trasferimento statale sono
meno soggetti a impoverirsi rispetto alle generazioni più giovani della
medesima popolazione. Nei paesi in cui vige un sistema pensionistico a
copertura limitata, l’indigenza in vecchiaia tende a raggiungere la media
nazionale.
Naturalmente la probabilità di diventare povero in età avanzata non dipende
soltanto dalla copertura pensionistica. Generalmente il grado di povertà tra le
persone anziane varia con il tipo di istruzione, il sesso e il modo di vivere e
un’istruzione migliore diminuisce le probabilità di diventare poveri in vecchiaia.
Alle donne accade più frequentemente che agli uomini.
In mancanza di una copertura pensionistica formale, la maggioranza delle
persone che vivono nei paesi industrializzati si ritrovano a doversi confrontare
con una notevole insicurezza economica durante la vecchiaia. Per le fasce
non protette – piccoli agricoltori, braccianti e lavoratori del settore informale – il
concetto di pensionamento è inesistente. Non svolgendo un lavoro formale,
non si qualificano per la pensione e se non riescono ad accrescere in maniera
sufficiente il loro patrimonio sono costretti a continuare a confidare nelle loro
forze. Situazione che si presenta alquanto precaria per le persone molto
anziane (per coloro che superano gli 80 anni di età) che non sono nelle
condizioni fisiche di lavorare come i più giovani. E’ probabile che coloro che
nei primi anni di vita lavorativa erano già poveri, lo restino anche in età
avanzata; e coloro che superano la linea limite dell’indigenza, ma che non
sono in grado di mettere da parte dei risparmi per cautelarsi in vecchiaia,
rischiano altrettanto di vivere in povertà.
Spesso le persone anziane possono contare sul supporto della famiglia e
della comunità per sopravvivere o per integrare il loro reddito, ma gli anziani
soli, o perché vedovi, o perché senza figli (in particolare le donne), si
confrontano con un rischio maggiore di indigenza. Affidarsi alla famiglia non
sempre protegge le persone anziane dall’indigenza, perché spesso le famiglie
stesse vivono in ristrettezze economiche. Le difficoltà nel fornire un adeguato
sistema previdenziale che preveda degli inteventi a sostegno del reddito
risultano essere maggiori nei casi in cui ci sia un livello d’indigenza
particolamente diffuso.
Approcci a largo raggio e multi-settoriali per un migliore sistema
previdenziale a sostegno del reddito
I sistemi pensionistici privati o statali rappresentano il principale strumento
politico per affrontare l’indigenza e la vulnerabilità in vecchiaia. Idealmente
dovrebbero garantire le prestazioni previdenziali a sostegno del reddito in
vecchiaia a tutti con vantaggi che pongano i beneficiari al di sopra del livello
minimo di standard di vita socialmente accettabili.
Pertanto, la copertura pensionistica è limitata in molti paesi in via di sviluppo.
Il mercato lavorativo, che nei paesi industrializzati e ben regolamentato, ha
permesso di fornire a quasi tutta la popolazione dei piani pensionistici di tipo
contributivo basati sull’occupazione. Coloro che non hanno diritto alle pensioni
contributive sono normalmente supportati da piani di sostegno per la
vecchiaia di tipo non-contributivo.
La sostenibilità dei sistemi pensionistici esistenti è messa in discussione sia
nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo. Longevità,
progettazione di piani inadeguati, cattiva amministrazione, crescita economica
insufficiente e una generazione di impiegati scarsamente formati hanno
indebolito la capacità finanziaria di tali sistemi in alcuni contesti. Aumentare gli
indici della popolazione anziana a carico comporta ulteriore pressione sui
sistemi di sostegno sia formali che informali, se non è possibile accelerare e
sostenere la crescita economica.
Accessibilità, disponibilità e sostenibilità sono il nocciolo del piano e della
riforma del sistema pensionistico. Infine, il piano relativo ai sistemi di
prestazioni previdenziali del reddito degli anziani è specifico per ogni nazione
e deve riflettere le scelte e le preferenze della relativa comunità. E’
auspicabile adottare un approccio stratificato verso i sistemi pensionistici in
fase di sviluppo, costruito sulle procedure esistenti in molti paesi, per ottenere
sistemi previdenziali a sostegno del reddito finanziariamente attuabili,
accessibili ed equi.
Accesso universale alle pensioni di vecchiaia
Come principio generale tutti i sistemi pensionistici dovrebbero avere lo
scopo di fornire, in minima parte, una forma di previdenza di base a sostegno
del reddito per tutte le persone anziane, obiettivo raggiungibile con la
creazione, o l’espansione laddove già presente, di un fondo base che
garantisca un minimo reddito pensionistico. Questo meccanismo universale di
assicurazione può essere di tipo contributivo o non-contributivo in base al
contesto. Nei paesi dove domina l’impiego formale potrebbe essere sufficiente
un solo fondo al fine di assicurarsi una previdenza a sostegno del reddito in
vecchiaia e il metodo di finanziamento potrebbe basarsi su contributi connessi
al salario, come avviene in molti paesi industrializzati. Nei paesi in cui domina
il settore informale o vi coesistono entrambi, il piano pensionistico base
dovrebbe essere composto da due elementi: un piano essenzialmente noncontributivo che offra vantaggi minimi finanziati da tasse e, ove fattibile, da
contributi da parte di chi può permetterseli; un piano interamente contributivo.
In molte situazioni i piani pensionistici non-contributivi risultano accessibili,
perfino nei paesi a basso reddito. Un semplice calcolo matematico rivela che
abolendo l’estrema povertà in vecchiaia fornendo una pensione equivalente a
1 dollaro al giorno a tutti gli ultrasessantenni costerebbe meno dell’1% del PIL
annuo in 66 paesi in via di sviluppo su 100 (ved. Fig. 0.5). Si prevede che per
tali paesi i costi di un piano pensionistico base, malgrado l’invecchiamento
rapido delle popolazioni, risulteranno essere relativamente moderati entro il
2050.
Tuttavia, l’accessibilità a tali piani dipende da quanto è prioritario
politicamente garantire una previdenza minima a sostegno del reddito in
vecchiaia, a passo con la crescita economica. Inoltre, specialmente nei paesi
a basso reddito, sussiste una domanda concorrenziale sulle scarse risorse del
governo.
Tabella 0,5
Simulazione costi per i paesi in via di sviluppo relativi alle pensioni sociali universali destinate
a preservare le persone anziane dall’indigenza estrema, 2005 e 2050
Per esempio, in Camerun, Guatemala, India, Nepal e Pakistan il costo
di un piano pensionistico universale di base, come quello delineato poc’anzi,
rappresenta il 10% del totale dell’imposta fiscale. In Bangladesh, Burundi,
Costa d’Avorio e Myanmar equivale al budget previsto per la salute pubblica.
Il metodo di finanziamento del piano pensionistico base necessita di essere
determinato in stretta correlazione con il processo di allocazione delle risorse,
inclusa l’assistenza allo sviluppo, per altri piani di tipo sociale.
Sostegno dei sistemi pensionistici
Gran parte della discussione concernente i sistemi pensionistici si concentra
sulla sostenibilità finanziaria dei piani alternativi, in particolare su due tipologie
di finanziamento. Uno è il piano PAYG (“pay-as-you-go”), nel quale i contributi
pagati dalla corrente generazione di lavoratori sono erogati ai pensionati
come sussidi. L’altro è un piano di accantonamento fondi nel quale i sussidi
sono finanziati dal capitale e ritornano su contributi precedentemente investiti.
Nei dibattiti relativi alla riforma pensionistica è stata spesso messa in
discussione la sostenibilità del piano PAYG, poiché più alti indici della
popolazione anziana a carico implicano che meno lavoratori contribuiscono in
proporzione al numero dei beneficiari.
Le riforme dei sistemi pensionistici di tipo contributivo hanno intrapreso due
direzioni: rafforzare i sistemi già esistenti modificandone i parametri basilari
(riforme parametriche) e trasformare radicalmente il progetto del sistema
(riforme strutturali).
Le riforme parametriche sono state attuate in ciascun piano PAYG e sono più
diffuse di quelle strutturali. Alcuni paesi hanno introdotto delle misure su
entrambe le componenti dei piani, entrate e uscite, per garantirne
l’accessibilità e la sostenibilità, e in particolare sono state adottate misure che
riguardano l’innalzamento dell’età effettiva di pensionamento. Negli Stati Uniti
sarà innalzata a 67 anni entro il 2027 e a partire dal 2009 in Francia il numero
degli anni contributivi aumenterà in base alla longevità. Inoltre, alcuni paesi
stanno prendendo in considerazione di eliminare gli incentivi fiscali per il prepensionamenti previsti dai loro piani pensionistici, misure che mirano ad
affrontare il problema dell’allungamento degli anni di pensionamento quale
conseguenza della longevità e dell’accorciarsi della vita lavorativa. In molti
paesi il pensionamento posticipato e il prolungarsi dell’attività lavorativa
conduce alla lunga a mantenere accessibile il sistema PAYG.
Altri paesi si sono concentrati piuttosto sulle riforme strutturali, che negli anni
’80 e ’90 svariati paesi hanno adottato nei loro piani proponendo un
pensionamento base e sono passati da un programma PAYG con vantaggi
ben definiti a un piano pensionistico contributivo mediante accantonamento.
Nel 1980, per esempio, il Regno Unito di Gran Bretagna e dell’Irlanda del
Nord hanno in parte realizzato ciò. Il Cile ha adottato un approccio più radicale
e ha sostituito il piano PAYG statale con un obbligatorio piano pensionistico
mediante accantonamento privato e svariati paesi latino-americani hanno fatto
altrettanto. Con questo tipo di piano l’indennizzo in vecchiaia dipende
dall’ammontare dei contributi versati e dal ritorno sugli investimenti fatti su tali
contributi. Si pensava che a causa della capitalizzazione dei contributi
pensionistici tale sistema avrebbe stimolato il risparmio nazionale, nonché la
crescita economica.
Sebbene il piano mediante accantonamento si è mostrato essere più
accessibile, e abbia raggiunto maggiori mercati finanziari, non vi è alcun
segno evidente che la sua introduzione sia risultata proficua in termini di
risparmio e crescita. Mentre i sistemi mediante accantonamento a
capitalizzazione individuale in principio possono essere sostenuti
finanziariamente, la trasformazione di un sistema PAYG in sistema mediante
accantonamento comporta delle implicazioni negative per le finanze
pubbliche, poiché gli obblighi pensionistici assunti col vecchio sistema devono
essere tuttavia rispettati, nonostante i contributi vengano incanalati verso
quello nuovo. Sebbene l’ampia presenza di buoni del Tesoro nel portafoglio
dei fondi pensionistici contribuisca a finanziare questi costi fiscali, l’effetto non
è irrilevante in termini macroeconomici, poiché il crescente debito pubblico
rischia di intaccare i tassi di interesse e di aumentare di conseguenza i costi
fiscali di transizione con implicazioni sugli investimenti privati. Inoltre, con un
piano pensionistico mediante accantonamento presentato come sistema a
fondo unico, i rischi economici si spostano totalmente sui pensionati stessi e,
fino a quando ciò dipenderà dagli indici di ritorno sugli investimenti
pensionistici, non è garantita una completa previdenza a sostegno del reddito
per la vecchiaia. È importante sottolineare che questi piani non sono immuni
alle pressioni esercitate dalla crescita della popolazione disoccupata.
In effetti, molte riforme hanno trascurato il fatto che, indipendentemente dal
tipo di meccanismo finanziario adottato, tutti i piani si confrontano con la
difficoltà a essere sostenuti. Ogni patrimonio legato alla pensione acquisito
dall’attuale forza di lavoro – che sia un patrimonio finanziario, come nel caso
del piano pensionistico mediante accantonamento, o da ricevere dallo stato
mediante il piano PAYG – rappresenta un diritto di indennizzo futuro, quindi, è
necessario attuare una ridistribuzione del reddito tra i pensionati e la
popolazione attiva. L’aumento dei rapporti di dipendenza senile comporta il
fatto che se si vuole offrire un sistema previdenziale equo a sostegno del
reddito è necessario o aumentare i contributi pensionistici devoluti dai
lavoratori o stimolare la crescita.
Complessivamente,
comunque,
le
dinamiche
demografiche
non
rappresentano un problema irrisolvibile per i piano pensionistici. I sistemi di
pensionamento dovrebbero essere progettati su misura in ciascun paese, ma
costruiti o riformati su principi base, di cui la sostenibilità finanziaria è solo
uno. La solidarietà intergenerazionale e la sufficienza di benefici per offrire
una sufficiente previdenza a sostegno del reddito per tutti dovrebbero essere
ulteriori principi guida. Infatti, di recente, i processi di riforma pensionistica non
si focalizzano più sui piani mediante accantonamento, considerati punto
centrale del sistema della previdenziale nazionale e recenti riforme
riconoscono la necessità di un approccio stratificato, con alla base un piano di
previdenza sociale che garantisca una copertura universale e affronti
direttamente i problemi dell’indigenza nella vecchiaia.
Promuovere l'assistenza sanitaria e le cure a lungo termine durante la
vecchiaia
Invecchiamento e transizione epidemiologica
L'invecchiamento demografico si accompagna a una transizione
epidemiologica, ossia al fenomeno della riduzione dell'incidenza delle malattie
infettive e dell'alta mortalità materna e infantile con l'affermarsi di patologie
non trasmissibili, specialmente croniche. I mutamenti demografici e la
transizione epidemiologica sono strettamente correlati tra loro. L'età media
della popolazione è in aumento a fronte di un declino della fecondità e
dell'incidenza
delle
patologie
infettive
quali
causa
di
morte.
Contemporaneamente, continua ad allungarsi nel tempo la durata della vita di
coloro che sono sopravvissuti alle malattie infantili, con la conseguenza che il
numero di anziani soggetti a malattie croniche supererà, alla fine, quello dei
giovani, determinando, probabilmente, una maggiore prevalenza di malattie
non trasmissibili. Il processo di invecchiamento, quindi, accelera la transizione
epidemiologica.
Questi fenomeni, già a uno stadio molto avanzato nei paesi industrializzati,
stanno facendo la loro comparsa anche nei paesi in via di sviluppo.
L'accresciuta longevità è il frutto delle migliori condizioni alimentari e
igienicosanitarie, della maggiore cognizione delle condizioni di salute nonché
della rapida diffusione della scienza medica e delle sue applicazioni in campo
sanitario. Nei paesi industrializzati, l'accresciuta longevità si accompagna a
una “compressione della morbilità”, che si sostanzia in un allungamento della
vita delle persone e in una contestuale riduzione del numero di anni trascorsi
in cattive condizioni di salute. Nei paesi in via di sviluppo, la transizione
demografica e quella epidemiologica hanno luogo a un ritmo più accelerato
rispetto a quello sperimentato dai paesi industrializzati, a livelli reddituali
comparativamente più bassi e con un sistema di protezione sociale molto
meno esteso. Questo spiega perché in questi paesi non si sia ancora assistito
a una compressione della morbilità. Il risultato che ne consegue è che gli
abitanti di questi paesi, che godono di un'aspettativa di vita inferiore a quella
dei paesi industrializzati, hanno maggiori probabilità di vivere in cattive
condizioni di salute e più a lungo nell'arco della loro vita (vedi diagramma 0.6).
Figura O.6.
L’invecchiamento nella maggior parte dei casi non è la causa principale
dell'aumento dei costi sanitari
L'invecchiamento demografico pone una serie di sfide ai sistemi sanitari
nazionali. Nei paesi industrializzati, le preoccupazioni si incentrano sui
crescenti costi sanitari e sulla necessità di mantenere l'assistenza sanitaria e
le cure a lungo termine, a favore di una popolazione sempre più anziana, a
livelli adeguati e di qualità. La sfida, per molti paesi in via di sviluppo, è più
impegnativa a causa del possibile doppio carico di costi sanitari da sostenere.
Da una parte, questi paesi devono ancora risolvere molti problemi
fondamentali legati alla salute, che interessano importanti settori della
popolazione e che includono la mancanza di acqua potabile e di igiene, la
malnutrizione, uno scarso accesso a una sana educazione riproduttiva e ai
servizi sociali, nonché l'assenza di programmi di profilassi immunitaria.
Dall'altra parte, il rapido invecchiamento demografico e il conseguente
aumento della domanda di servizi sanitari sottopongono le risorse sanitarie
disponibili a ulteriori forti sollecitazioni.
L'adeguamento degli attuali sistemi di assistenza sanitaria e di cure a lungo
termine ai mutamenti demografici ed epidemiologici in corso è un'impresa
impegnativa, ma non certo impossibile. L'analisi contenuta nel presente
rapporto, pur riconoscendo il peso che l'invecchiamento demografico esercita
sull’aumento dei costi sanitari, esclude che, in alcuni contesti, esso possa
essere il fattore trainante più importante.
E' difficile fare una proiezione dei costi sanitari sul lungo periodo. Un
approccio diffuso, il metodo attuariale, misura l'impatto del cambiamento
demografico sulla base dell'andamento corrente dei costi sanitari. Il metodo
epidemiologico, invece, tiene conto anche dei mutamenti previsti nei pattern
delle patologie, ma viene applicato meno frequentemente a causa della
scarsa disponibilità di dati. Nonostante la diversità di approccio, entrambi i
metodi giungono alla conclusione che, nella maggior parte dei casi, il solo
invecchiamento non sembra essere la causa principale dell'aumento dei costi
sanitari. L'impatto demografico sulla spesa sanitaria dei prossimi cinquanta
anni corrisponderebbe solo a pochi punti percentuali del PIL.
Gli stessi studi, inoltre, dimostrano chiaramente che le spese sanitarie
tenderanno, comunque, a crescere come quota del PIL. Altri fattori risultano
essere più incisivi nel determinare l'aumento dei costi sanitari, come, ad
esempio, il diverso approccio alle cure mediche da parte delle persone, i livelli
retributivi più elevati del personale medico, l'inefficienza nell'erogazione dei
servizi sanitari, l'introduzione di nuove tecnologie mediche, nonché l'aumento
del prezzo dei farmaci e delle polizze sanitarie.
Le sfide per i sistemi di assistenza sanitaria e di cure a lungo
termine
L'invecchiamento demografico inciderà con tutta probabilità sui sistemi
sanitari per altre due ragioni. In primo luogo, l'aumento del numero
complessivo di casi di malati cronici e di soggetti affetti da disabilità richiederà
l’apporto di nuove competenze specialistiche da parte dei professionisti e
degli operatori sanitari. Questo rappresenta una grossa sfida per i paesi in via
di sviluppo caratterizzati da una popolazione in rapido invecchiamento. La
spesa sanitaria corrente pro capite, destinata agli anziani, tende a essere
relativamente bassa nei paesi in via di sviluppo (specialmente se paragonata
a quella dei paesi industrializzati) e, generalmente, non si discosta molto dalla
spesa media destinata ad altri gruppi d'età presenti in quelle società
(diversamente da quanto avviene nei paesi industrializzati). Questa situazione
è in parte il riflesso della carenza di assistenza infermieristica, di cure
palliative e di terapie mediche intensive che di solito sono maggiormente
disponibili per gli anziani dei paesi industrializzati.
In secondo luogo, vi è la preoccupazione di come poter fornire cure a
lungo termine a coloro che sono affetti da malattie irreversibili. La sfida
consiste nel trovare soluzioni che tutelino la dignità e l'autonomia di coloro che
necessitano di assistenza, consentendo loro di soggiornare in un ambiente
familiare. La struttura tradizionale della famiglia e il ruolo delle donne, da
sempre il perno principale dell'assistenza informale agli anziani, stanno
cambiando e il numero di figli per famiglia sta diminuendo nella maggior parte
del mondo, con il risultato che sarà sempre più difficile per molti paesi in via di
sviluppo mantenere gli attuali modelli organizzativi di assistenza informale a
lungo termine.
Adeguamento delle politiche sanitarie
L'invecchiamento demografico condizionerà sicuramente la spesa sanitaria
senza necessariamente, in futuro, intaccare, in modo insostenibile, elevate
percentuali di reddito nazionale. La composizione della spesa sanitaria
potrebbe rimanere sostanzialmente invariata, data la crescente importanza
attribuita ai servizi medici e di assistenza prolungata. D'altra parte, però,
sarebbe auspicabile che i decisori politici, sia dei paesi industrializzati che di
quelli in via di sviluppo, prendessero in considerazione strategie di intervento
mirate alla prevenzione e all'educazione alla salute, disincentivando il fumo e
l'alcol e incoraggiando l'esercizio fisico per ridurre l'obesità. Queste misure
potrebbero ridurre il rischio dell'insorgenza in età avanzata di malattie
croniche, come il cancro, il diabete e le malattie cardiovascolari. Un'altra
priorità dovrebbe essere la terapia riabilitativa nelle malattie croniche. Il
contenimento dei crescenti costi sanitari, associati all'invecchiamento
demografico, può essere raggiunto grazie a tali interventi per il contributo che
essi possono fornire nel rallentare l'evoluzione della malattia e della disabilità.
Adeguatezza del personale sanitario
Uno dei problemi più pressanti, che riguarda sia i paesi industrializzati che
quelli in via di sviluppo, è rappresentato dalla disponibilità di personale medico
qualificato. Nei paesi in via di sviluppo, specialmente in quelli a basso reddito,
la carenza di operatori sanitari qualificati è già evidente e peggiorerà nel
momento in cui il fenomeno del doppio carico di malattia diventerà più
incalzante. Questi paesi avranno, inoltre, bisogno di un numero maggiore di
figure professionali nel campo delle patologie croniche. Anche nei paesi
industrializzati c'è una crescente domanda di personale ospedaliero
specializzato e di strutture di lungodegenza, come risposta a una popolazione
che diventa sempre più vecchia.
Questa maggiore domanda ha già provocato una notevole fuga di
operatori medici qualificati dai paesi in via di sviluppo. Emblematico è
l'esempio delle numerose schiere di infermieri che, dopo aver concluso la loro
formazione professionale nei Caraibi, si sono trasferiti in Canada, negli Stati
Uniti e nel Regno Unito, contribuendo a innalzare al 42,4% il tasso medio di
posti vacanti in otto dei paesi dei Caraibi per i quali sono disponibili i dati. Il
soddisfacimento dei bisogni dei paesi con il doppio carico sanitario richiederà
l'intervento di politiche dirette a incrementare le risorse disponibili per la
formazione del personale medico e l'introduzione di incentivi, finalizzati ad
attrarre un numero maggiore di lavoratori verso il settore dell'assistenza
sanitaria e delle cure a lungo termine, in risposta alla domanda indotta dal
fenomeno dell'invecchiamento demografico.
Necessità crescente di cure domiciliari a lungo termine
Nei paesi industrializzati, il bisogno di assistenza a lungo termine deriva
principalmente dal fenomeno dell’invecchiamento demografico. Un'importanza
maggiore viene, attualmente, attribuita al servizio delle cure domiciliari come
parte di un continuum di tipologie e livelli diversi di assistenza, come previsto
dal Piano di Azione Internazionale sull'Invecchiamento di Madrid. L'assistenza
domiciliare è attualmente sostenuta attraverso l'erogazione di una serie di
incentivi finanziari e una rete variegata di servizi sanitari e assistenziali.
Nei paesi in via di sviluppo, al contrario, l'invecchiamento non è che
uno dei fattori che alimenta il fabbisogno crescente di cure a lungo termine. Il
declino dell'importanza della famiglia estesa, in molti paesi in via di sviluppo,
sta rendendo sempre più difficile poter fare affidamento in modo esclusivo su
questa forma non istituzionalizzata di assistenza. La velocità di questo
cambiamento varia da stato a stato, ma molti governi dovranno prendere in
esame delle politiche che favoriscano la creazione di servizi di assistenza a
lungo termine più formali, da affiancare alla famiglia attuale, o l'assistenza
comunitaria a favore degli anziani.
Verso nuovi sviluppi
Il Rapporto si occupa delle problematiche indotte dall'invecchiamento
demografico e dai mutamenti nello stile di vita, con riguardo alla promozione
della crescita economica, della previdenza a sostegno del reddito a favore di
tutti gli anziani, nonchè della salute e del benessere in età avanzata. Il
Rapporto mette in evidenza l'importanza di queste sfide ma sottolinea che
esse possono essere vinte attraverso politiche ben mirate e senza gravare
eccessivamente sulle risorse disponibili. Un principio fondamentale di queste
politiche è il pieno riconoscimento del contributo potenziale che gli anziani
possono dare alla società.
Sebbene il Piano d'Azione Internazionale sull'Invecchiamento di
Madrid fornisca indicazioni per integrare la discussione dell'invecchiamento
demografico nel dibattito internazionale sullo sviluppo e per l'implementazione
delle politiche nazionali allo scopo di creare una società per tutte le età, è
necessario, tuttavia, che i governi e la comunità internazionale moltiplichino gli
sforzi per inserire la questione dell'invecchiamento nell'agenda internazionale
sullo sviluppo.
Nei paesi in cui manca un sistema pensionistico di base la povertà tra
gli anziani tende a essere più elevata rispetto ad altri gruppi d'età, sarebbe
opportuno che le politiche rivolte a migliorare la previdenza a sostegno del
reddito a favore degli anziani comprendessero anche delle strategie per
ridurre la povertà. Le politiche per l'occupazione dovrebbero concentrarsi sul
miglioramento delle condizioni di lavoro e delle opportunità di impiego dei
lavoratori più anziani, non solo allo scopo di accrescere le opportunità di una
loro piena integrazione nella società, ma anche per sostenere il sistema
pensionistico. Le politiche in materia di salute dovrebbero occuparsi in modo
chiaro del doppio carico che grava su molti paesi in via di sviluppo. Questi
paesi stanno ancora affrontando il problema del raggiungimento degli Obiettivi
di Sviluppo del Millennio, come la riduzione della mortalità materna e infantile
e, allo stesso tempo, stanno apportando degli aggiustamenti ai loro sistemi
sanitari per soddisfare i bisogni di una popolazione sempre più vecchia.
La violenza contro gli anziani e la discriminazione basata sull'età sono
problemi sperimentati da molti paesi. E' necessaria un'azione che ponga
rimedio a queste tendenze negative e che promuova l'autonomia degli
anziani, autonomia che è essenziale per assicurare loro la piena
partecipazione nella società così come stabilito dal Piano d’Azione di Madrid.
Inserire la questione dell'invecchiamento nell'agenda internazionale
sullo sviluppo è cruciale al fine della realizzazione degli obiettivi identificati nel
Piano d'Azione di Madrid. La creazione, come auspicato, di “una società per
tutte le età” richiede non solo una salda collaborazione internazionale, per
promuovere gli impegni assunti in quella sede, ma anche una collaborazione
nazionale più approfondita a tutti i livelli di governo, della società civile, del
settore privato e delle organizzazioni a favore degli anziani, allo scopo di
mettere in pratica il Piano d’Azione.
José Antonio Ocampo
Sottosegretario Generale
per gli Affari economici e sociali
Maggio 2007.
Percentual