n° 2 Giugno 2009

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n° 2 Giugno 2009
Associazione Pensionati
API
La Vostra Voce
ISTITUTO BANCARIO ITALIANO
n. 2 - giugno 2009
NOTIZIARIO DELL’ASSOCIAZIONE PENSIONATI DELL’ISTITUTO BANCARIO ITALIANO
Dal Consiglio APIBI e dalla Redazione Auguri estivi a tutti i soci e familiari
BUONE VACANZE
NOTIZIE DI SEGRETERIA
.
L’attività della nostra Associazione può essere tempestivamente e proficuamente programmata
grazie al puntuale versamento delle quote sociali da parte dei Soci.
Invitiamo pertanto coloro che non vi avessero ancora provveduto a voler regolarizzare la loro
posizione, ricordando che le quote per l’anno 2009 sono rimaste invariate in € 25,00 per i Soci, €
20,00 per i Coniugi, € 25,00 per i Colleghi in servizio di provenienza I.B.I.
I versamenti relativi possono essere effettuati attraverso bonifico bancario sui c/c che l’Associazione
intrattiene presso la Cassa dei Risparmi di Milano e della Lombardia – Milano IBAN IT07 B033
0101 600C C0000001 375 o Intesa S. Paolo spa – Milano Rete Intesa IBAN IT47 B030 6909 5770
0009 5746 133 indicando chiaramente il nominativo del versante per l’esatta identificazione.
Quote maggiorate sono ben gradite per le nostre esigenze finanziarie.
APPROVATO IL BILANCIO PER L’ANNO 2008
Poiché entro il termine previsto non sono pervenute osservazioni e rilievi sulla Relazione Morale e
Finanziaria sul Bilancio per l’esercizio 2008, lo stesso viene approvato.
NOTIZIE DALLA REDAZIONE
TERREMOTO D’ABRUZZO.- Il Consiglio Direttivo A.P.I.B.I., su indicazione di un Vice Capo
Sezione, di fronte all’immane tragedia che ha colpito quelle popolazioni, ha deliberato di devolvere
al Fondo ad hoc costituito la somma di € 500,00 che è stata prelevata dalle disponibilità che
l’Associazione intrattiene presso Intesa S. Paolo spa.
Riteniamo che questo gesto di solidarietà possa essere benevolmente considerato dai Soci tutti.
Ringraziamo tutti, soprattutto i nuovi, che ci hanno fatto pervenire gli articoli Gradiremmo
ulteriormente ampliare la schiera di nostri Collaboratori che invitiamo pertanto a voler indirizzare i
loro scritti all’indirizzo sotto indicato.
“APIBI NOTIZIE”c/o Gualtiero Gravina – Via Ettore Bellani n. 3 - 20124 Milano
indirizzo telematico: [email protected]
telefono: 02- 6695688
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NOTIZIE DALLE SEZIONI
Genova. – Il nostro Socio di Genova Fontana, marito della Capo Sezione di Genova Nadia
Silvestri, ha subito un gravissimo incidente essendo stato investito da una auto sulle strisce pedonali
di fronte a casa. L’infortunio gli ha causato una lunga degenza in Ospedale e consecutivamente una
serie di sedute fisioterapiche di riabilitazione.
All’Amico Fontana gli auguri più fervidi di una rapida guarigione da parte di tutti i Soci A.P.I.B.I.
Milano. – Martedì 12 maggio gli Amici di Milano si sono ritrovati al CIU’S Bar e Food, un
giovane locale per giovani ed hanno partecipato ad un “Happy Hour” favoloso che ha contribuito
non poco a ringiovanirci anche nelle nostre manifestazioni.
Numerosissimi gli intervenuti, unica nota spiacevole della serata l’assenza dei Soci di Novara che,
tuttavia, speriamo di recuperare nell’autunno con l’inaugurazione della loro Sezione.
L’incontro è servito anche per meglio organizzare la gita che si è tenuta il successivo giorno 16 alla
Reggia di Venaria, gita egregiamente organizzata dagli Amici di Torino ed alla quale abbiamo
partecipato in una quarantina.
E’ stata una occasione anche per programmare l’attività alla ripresa dopo le ferie estive e che
dovrebbe vederci in gita , forse a Bologna o Venezia.
Napoli – Gli Amici di Napoli, una ventina, nei giorni 18 e 19 aprile hanno effettuato una
bellissima gita che ha toccato le località di Rocca Porena, Cascia e Norcia. Altri incontri sarebbero
stati in programma se non fossero sopravvenuti impedimenti che ne hanno procrastinato
l’effettuazione all’autunno prossimo.
Padova – Gli Amici di Padova si sono riuniti il 27/5 in un noto ristorante in una trentina di cui
una decina di mogli. Nel corso della cena, molto gradita e che ha trovato un ampio consenso, sono
state accolte le domande per l’iscrizione all’Associazione di cinque nuovi Soci.
Si è colta l’occasione della riunione per discutere di una settimana di vacanza da trascorrere in
autunno in una località del Sud Italia o delle Isole nella catena degli alberghi del gruppo Aurum,
convenienti per prezzi e trattamento.
All’iniziativa avrebbero già dato la propria adesione una decina di coppie e si spera di poterla
realizzare.
Sul piano organizzativo prosegue il potenziamento dell’organico della Sezione con l’iscrizione già
effettuata o concordata di nuovi Soci.
Roma. – La sezione di Roma che avrebbe dovuto programmare in primavera una gita sociale al
Parco del Circeo a causa di contrattempi occorsi ad alcuni Soci organizzatori si è vista costretta a
rimandare ogni programma all’autunno prossimo. I Soci verranno puntualmente informati a mezzo
“lettera programma” al momento opportuno.
Torino.- Torino colpisce ancora. Tutti entusiasti gli oltre ottanta colleghi di Milano e di Torino
per la visita alla Reggia di Venaria ed alla Mostra dei Capolavori del mare egizio.
Dopo dieci anni di ristrutturazioni, che continueranno ancora per molti anni, l’autunno scorso sono
state aperte al pubblico alcune parti del palazzo e delle scuderie.
Venaria era per i Savoia, che la commissionarono a quattro famosi architetti succedutesi nel tempo,
il più grande palazzo di caccia: Adiacente ad esso vi è il Parco della Mandria.
Gli edifici sono spogli di quadri e di suppellettili conseguenza delle razzie degli ultimi
centocinquanta anni di abbandono.
Patrimonio dell’Umanità, sta ora risorgendo in tutto il suo splendore.
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La visita è iniziata dai sotterranei dove erano ubicate le cucine e le dispense. Ogni sala è ora
decorata con tele raffiguranti tutti i personaggi di Casa Savoia dell’inizio della stirpe (anno mille) ai
sovrani del 1800.
Al piano terreno i saloni sono parzialmente arredati con tele in prestito da altri musei torinesi e gran
parte degli stucchi sono stati riprodotti all’originale, le scene di caccia dominano tutti gli ambienti.
Dai vari ambienti si passa al gioiello del Juvarra: la Galleria di Diana e la Chiesa di Sant’Uberto. La
visita ai giardini della Reggia a fine mattinata è stata veloce per l’incombente pranzo.
Nel pomeriggio ci ha entusiasmati La Mostra del Capolavori Egizi ritrovati nelle acque di
Alessandria.da Frank Goddio e riproposti nelle ex Scuderie Juvarriane, ristrutturate, mostra allestita
da Robert Wilson e Laurie Anderson che hanno presentato tutti i reperti nella stessa ambientazione
ed atmosfera come sono stati trovati in mare.
Da Venaria la Mostra andrà in Giappone per poi tornare in Egitto in via permanente.
Le bravissime guide ci hanno fatto rivivere mille anni di storia sabauda e quindici anni di storia
egiziana.
Torino città di culture e di arte ha ancora tante bellezze da mostrare.
UN SALUTO E UN RICORDO
Con un certo ritardo abbiamo appreso della scomparsa del Socio Giuseppe Chiocca. Già Direttore
della Sede di La Spezia viveva dal Suo pensionamento a Tresana.
La figlia Agnese ci ha comunicato con infinita tristezza che i babbo Robustelli Test Giovanni ci ha
lasciato nello scorso mese di aprile. Nostro Socio della prima ora seguiva con interesse la vita della
nostra Associazione partecipando attivamente anche alle iniziative ed era assiduo lettore del nostro
“Notiziario”.
Mentre stiamo andando in macchina ci giunge la notizia della dipartita del Socio di Milano Luigi
Beghi.
Ai famigliari le più sentite condoglianze da parte della redazione di “APIBI – Notizie”
EVENTI LIETI
Beniamino Anselmi, nostro Socio Onorario ed ex Amministratore Delegato del Banco di Sicilia
prima dell’accorpamento del Banco in Unicredit Banca spa, è stato chiamato dalla nuova Presidenza
della Banca Popolare di Milano a fare parte del Consiglio di Amministrazione della Banca stessa
ed in particolare del Comitato Esecutivo.
All’Amico Anselmi i più vivi rallegramenti da parte di tutti i Soci A.P.I.B.I.
Massimo Fiore, Dirigente della Direzione Centrale - Direzioni Creditizie di Intesa S. Paolo spa è
stato chiamato dal Consiglio della Banca a passare all’International Network della Direzione
Corporate and Investment Banking, assumendo il ruolo di “Haed of Credit Analysi’s Area Europe
and Mediterranean Region” con sede di lavoro a Londra.
L’attuale designazione è il riconoscimento della prestigiosa carriera svolta nel campo estero con gli
incarichi dallo stesso ricoperti a New York, Budapest e Milano.
Il Presidente A.P.I.B.I. che lo ha avuto ai suoi inizi di carriera quale valido collaboratore presso la
Sede di Novara formula all’Amico Fiore le più vive, fervide felicitazioni per il prestigioso incarico
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ottenuto che confermano, se ve ne fosse bisogno, la validità professionale di alcuni elementi di
provenienza Istituto Bancario Italiano
Ad maiora Massimo!!!!!. Auguri dalla redazione di “A.P.I.B.I. Notizie”.
Jacopo Brasca figlio del nostro Socio Claudio Brasca si è laureato il 27 maggio 2009 presso
l’Università Statale di Milano a pieni voti in Filosofia indirizzo Filosofia Morale con la tesi dal
titolo: Don Chisciotte agli occhi di Jan Patocka (filosofo di Praga del secolo scorso allievo di
Husserl ed Hidegger).
Al neo dottore gli auguri vivissimi della redazione di “APIBI NOTIZIE”.
BENVENUTO AI NUOVI SOCI
Auguri di benvenuto ai nuovi 12 Soci: Campanile Ivano – Padova; Maestrali Alessandro – Padova;
Gorlato Claudio – Padova; Cerri Alessandro – Milano; Supatto Rosalba – Torino; Franza Vincenzo
– Padova; Colluto Antonio – Padova; Grohovaz Emilio – Padova; Marampon Fernando – Padova;
Valentini Giuseppe – Padova; Garro Bruno – Padova; Bruno Alessandro – Padova; Trevisan Sandro
- Padova.
I NOSTRI PROBLEMI
TFR
In merito alla nota vertenza, per noi negativa, emessa dal Tribunale di Milano con suo
pronunciamento del 19/2/2009, il nostro legale, avv. Fanelli, ci scrive quanto segue:
“ con riferimento al colloquio tenuto, mi permetto di insistere in ordine alla legittimità della
richiesta avanzata dagli interessati in sede di primo grado.
La Sentenza del Tribunale, sembra confermare un orientamento che contraddice l’orientamento ben
più pregnante reso dalla Suprema Corte di Cassazione, la quale in vero riconosce la natura
contributiva del contributo datoriale.
Il Tribunale di Milano, sposando un proprio orientamento, ha disatteso l’orientamento della
Cassazione, inoltre non ha ritenuto di considerare l’esito dell’interpello n. 11/2008 dato dal
Ministero del Lavoro, il quale, rispondendo ad un quesito posto dal CdO dei Consulenti del Lavoro
in ordine alla natura giuridica delle quote di contributo del datore di lavoro, non esclude la
commutabilità delle quote quale ulteriore voce ai fini del calcolo del TFR.
Ancora, come avrà notato, la sentenza richiama presunti accordi ed intese del sindacato che
sicuramente contrastano i fatti, atteso che non si può dubitare, contrariamente a quanto viene
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affermato nella stessa, che non vi sono precedenti accordi che possano legittimare conferme o
volontà utili a considerare l’esclusione delle quote dal computo del TFR. Anzi la considerazione
che vi sia stata l’esigenza di “confermare” pone l’accento sulla legittimità della questione stessa.
La mancata univocità di tali elementi in uno con l’orientamento della Cassazione e con l’interpello
stesso dianzi detto, può far agevolmente propendere per una revisione del giudizio in sede di
giudizio superiore sia esso d’appello o di Cassazione.
A Sua disposizione per quanto possa occorrere, colgo l’occasione per porgere i migliori saluti.
Avv. Filippo Ezio Fanelli”.
Per parte nostra non possiamo ignorare l’orientamento preso dalla Sezione di Milano del Tribunale
del Lavoro che ci fa supporre un ulteriore esito negativo da parte della Corte d’Appello milanese,
rimandando un eventuale riconoscimento dei nostri diritti all’esito dell’intervento presso la
Superiore Corte di Cassazione, sin ad ora più favorevole al lavoratore.
In merito al complesso della vertenza ci occorre dirVi che per un disguido, in fase di accentramento,
un gruppo di sedici “istanti” non è stato preso in considerazione dalla citata sentenza del 19/2 u.s. e
per i quali lo Studio Legale si appresta ad avviare nuova procedura presso il Tribunale.
Gli interessati saranno avvertiti da noi personalmente.
Relativamente al proseguimento della causa sino al livello di Cassazione gli interessati
probabilmente saranno chiamati ad affrontare un modesto contributo spese, di importo da stabilire,
salvo concordare, a copertura della prestazione, una percentuale, pure da stabilire, sulla base
dell’importo incassato, in caso di esito favorevole.
Su quest’ultimo argomento ci riserviamo di ritornare non appena concluso il giudizio che si sta
avviando nell’interesse dei 16 esclusi di cui sopra.
DOPPIA IMPOSIZIONE FISCALE SUI REDDITI DELLA CASSA ex I.B.I.
Aggiornamenti
Oltre alle note agenzie (Bari, Città di Castello, Firenze, Padova, Rapallo, Torino, Venezia/Mestre)
le istanze sono state accolte anche dalle seguenti piazze: Roma/6, Rivoli, Chiasso, Bassano del
Grappa).
Alcuni Colleghi hanno ricevuto in toto o parzialmente il pagamento anche degli interessi che
inizialmente non era stato effettuato unitamente al rimborso del capitale.
Ringraziamo gli interessati che hanno segnalato la propria situazione con conseguente scambio di
notizie e informazioni utili.
Qualche Collega, per il quale erano trascorsi oltre quarantotto mesi dalla liquidazione, ha presentato
lo stesso la solita istanza di rimborso in autotutela alla propria Agenzia delle Entrate al fine di
procedere successivamente ad apposito ricorso alla Commissione Tributaria provinciale. Questo
rappresenta un tentativo prima di rivolgersi alla Cassa di Previdenza la quale, ad alcune recenti
lettere inviate da diversi Colleghi per interrompere la prescrizione ordinaria decennale, ha risposto
sostenendo la sua estraneità a responsabilità di qualsiasi tipo nelle predisposizione delle sue
incombenze contabili e fiscali.
Nel Veneto, tramite il Collega Vanni, si vorrebbe avviare una causa contro la Cassa IBI con costi
contenuti per le spese ed eventuale esborso solo in caso di esito positivo.
Il Dottor Dauria ha già avviato ricorsi alle rispettive Commissioni Provinciali sulle piazze di Milano
e Genova. Prossimamente qualche altro su Roma. L’avv. Venè di Genova ha depositato ricorso in
Tribunale contro la Cassa di Previdenza in liquidazione nell’interesse di Collega di Genova per la
quale era trascorso abbondantemente il termine dei 48 mesi.
Qualora venga respinta espressamente l’istanza in autotutela con apposita raccomandata da parte
della competente Agenzia delle Entrate vi sono solo sessanta giorni dalla sua ricezione, pena la
decadenza, per depositare apposito ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale. In alcuni casi
le Agenzie delle Entrate hanno richiesto ulteriori precisazioni per lettera; ciò non comporta il
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termine perentorio di decadenza di sessanta giorni, ma il contribuente potrà far depositare idoneo
ricorso senza i predetti limiti presso la locale Commissione Tributaria, purché siano trascorsi
novanta giorni dalla presentazione della propria istanza in autotutela.
Si precisa, inoltre, che la Cassa di Previdenza continua ad operare con lo stesso sistema che ha
prodotto la doppia imposizione fiscale anche per i nuovi pensionati ex IBI che sarebbe opportuno
sensibilizzare, tramite “passaparola”, sia per l’adesione alla nostra Associazione che per la
conseguente informativa al fine di effettuare le istanze di rimborso presso le competenti Agenzie
delle Entrate.
Fuochi d’artificio - Storia e vicende della
PIROTECNICA
di Giuseppe Salzano
Furono gli Arabi, dunque,che trattarono la scoperta in maniera rigorosamente scientifica – gli arabi
ovviamente con l’esperienza cinese crearono e perfezionarono i primi razzi ed anche questi prodotti
probabilmente importati dalla Cina. Si cita anche Bacone, filosofo e scienziato inglese del XIII
secolo, come inventore di un miscuglio esplodente. In un passo del suo “De nullitate
magiae”scriveva “Voi potrete provocare un tuono o dei lampi quando vorrete; non avrete che da
prendere del nitro(salnitro), dello zolfo e del carbone i quali separatamente non hanno alcun effetto,
ma mescolati insieme e chiusi in qualcosa di cavo o occluso fanno più rumore4 del tuono”. Io non
mi azzardo ad analizzare e descrivere i vari elementi usati per la fabbricazione di esplosivi perché
non me ne intendo, però posso dire che la polvere pririca viene chiamata anche polvere nera per il
colore ottenuto dalla perfetta carbonizzazione del legno usato.
Con le aumentate conoscenze si apre la nuova avventura del fuoco che ha dato origine alla tecnica
per la produzione di fuochi d’artificio usati non più e non solo per scopi di guerra. Queste
manipolazioni hanno prodotto la pirotecnica – qualcuno dice anche pirotecnica – che significa l’arte
di fabbricare e usare i fuochi artificiali.
Queste scoperte ebbero il massimo sviluppo fra il XVII ed il XVIII secolo, cioè negli anni 16001700, ed il risultato di botti, fumi, fiamme, fu subito ritenuto strepitante e rimbombante. Per questo
motivo la lavorazione dei fuochi fu sempre praticata in laboratori quasi clandestini e le fabbriche
del loro roboante teatro si trovano ancora in luoghi isolati e lontani dalle abitazioni, anche perché
ogni tanto saltano in aria gli artificieri e le loro baracche. Le cronache ricordano un terribile
incidente, forse uno dei più tragici nella storia della pirotecnica, che si verificò a Versailles in
Francia. In occasione dei festeggiamenti per il matrimonio di Luigi XVI con Maria Antonietta
d’Austria si organizzò un grandioso apparato di fuochi aerei che per molteplici inconvenienti
provocarono tremende esplosioni ed enormi incendi. Si narra che vi furono moltissimi feriti ed oltre
800 morti.
Oltre Parigi, Vienne e Londra ricordiamo che in tutte le grandi città europee eccellenti architetti,
avvalendosi di numerosi artisti, pensate solo a quelli per la lavorazione della carta-pesta,
costruivano apparati effimeri per eventi occasionali che a conclusione delle manifestazioni di feste
o di funerali andavano distrutti. Non parlerò di catafalchi per Re o Nobili, perché meriterebbero una
trattazione a parte. Dicevo che di queste straordinarie, importanti macchine da festa non rimane
altro che le testimonianze grafiche, cioè disegni o quadri, di solito eseguiti dagli stessi progettisti. E’
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famosa la festa organizzata in Inghilterra dal Re Giorgio II nel 1749 per la pace di Aquisgrana. In
quella occasione, forse per la prima volta, si fusero i fuochi con la musica. Il Re incaricò il polacco,
naturalizzato inglese per la lunga permanenza nel Regno Unito, Giorgio Federico Handel ed il
musicista compose per la grande festa la: “Music for Royal fireworks” “Sinfonia per i fuochi
d’artificio”. Sempre tra il 1600 ed il 1700 anche nella commedia dell’arte furono usati i fuochi
artificiali per trucchi ed esperimenti scenici. Nei “canovacci”, le trame delle commedie, tra le
“robbe” cioè tra costumi ed attrezzi vari per la recita spesso erano presenti “folgoretti” e
“tricchitracchi”. I “folgoretti” sono piccoli razzi senza asta che saettano per terra(i fischi che
mandano in visibilio i bambini). Per i “tricchitracchi” penso che sia superfluo descriverli.
Quando si vuole bollare una persona che si è dato molto da fare senza realizzare alcunché si dice
che ha fatto dei tracchi e da noi si rincara la dose dicendo che ha fatto la fine dei tracchi - infusi,
bagnati – per far capire che, nella migliore delle intenzioni, ha fatto molto rumore per nulla.
A Napoli per i festeggiamenti in onore della Madonna del Carmelo, il 16/7 si conserva l’usanza di
incendiare il campanile di Fra Nuvolo della basilica di Piazza Mercato. L’origine di questa
tradizione risale al 1647. La sera del mercoledì della festa il campanile viene guarnito da circuiti di
fuoco che una volta accesi ne simulano l’incendio. Quando sembra che la torre non possa più
salvarsi viene issato da una carrucola fino in cima un quadro della Vergine bruna. Solo allora le
fiamme si fermano e tra le ultime meravigliose granate che illuminano il cielo il fuoco scompare
accompagnato dalle grida a dagli applausi degli spettatori. Il popolo conclude la serata mangiando
delle pietanze tipiche del caldo mese di luglio. Le melanzane al forno e le immancabili impepate di
cozze. A proposito di Piazza Mercato vorrei riferirvi un fatto di cronaca. Alla fine del funerale del
cantante Mario Merla sono esplose nella piazza moltissime batterie di fuochi artificiali.
Sembra che sia la prima volta che si assiste ad uno spettacolo di questo tipo che quasi tutti hanno
considerato un eccesso. Al posto della compostezza e del dolore per solennizzare un avvenimento
triste si è “festeggiato” un lutto con suoni e rumori di tracchi. Vi erano anche dei grandi schermi
dove venivano proiettati brani di films di Don Mario ed i suoi fans strillavano i suoi motivi
popolari. Questo, a mio avviso, eccesso di pseudo tradizione, sicuramente non campana, la
ritroviamo forse solo nei riti funebri balcanici e di New Orleans.
Altre manifestazioni che iniziavano e si concludevano con i fuochi erano le “cuccagne” che al
segnale di un colpo di cannone, fatto sparare dalle autorità del momento alla fortezza di S. Elmo,
autorizzava una folla di lazzaroni a gettarsi sulle provviste alimentari per saccheggiarle.
La “cuccagna” era un enorme apparecchiatura scenografica con al centro un palo zeppo di ogni ben
di Dio che veniva preso d’assalto dal popolo affamato Una battaglia fra pezzenti per la conquista di
un pollo appeso ad un obelisco e, dopo l’assalto, a volte seguito dalla morte di qualche povero
disgraziato schiacciato dalla ressa degli altri pretendenti o cadendo malamente dall’albero della
cuccagna. Dopo, dov’erano salsicce e provoloni, si sviluppava un incendio di fuochi d’artificio che
concludeva un triste spettacolo. Queste “cuccagne” furono causa di tanti disordini che si dovette
prima sospenderle e poi definitivamente sopprimere.
Fra le leggende che avvolgono la pirotecnica non possiamo trascurare o dimenticare Santa Barbara,
suo malgrado protettrice di quelli che manipolano esplosivo o materiali affini.
La leggenda agiografica, la chiesa ne celebra il martirio il 4 dicembre, dice che la fanciulla sarebbe
vissuta a Nicomedia, in Bitinia, antica regione dell’attuale Turchia. Barbara accusata, torturata e
decapitata di spada dal padre, ostinatissimo pagano, perché non volle sposare un infedele e
rinunziare alla sua fede cristiana. Sempre secondo la leggenda la testa della martire rotolò fra i sassi
di una montagna ed appena terminata la corsa un fulmine scoccò dal cielo ed incenerì lo snaturato
padre nella sua casa.
Con l’invenzione della polvere da sparo e delle armi da fuoco sembrò che anche l’uomo fosse in
grado di scagliare folgori e saette altrettanto improvvise e mortali, perciò gli artificieri, i minatori,
gli artiglieri, i vigili del fuoco ed i “fuochisti” scelsero Santa Barbara come loro protettrice.
Ripetiamo che nei secoli scorsi la nobiltà e le monarchie arruolavano stuoli di artisti per la
produzione di importanti ed effimeri manufatti destinati a scomparire dopo enormi incendi. A
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Napoli, tra i più famosi progettisti di queste macchine di cartapesta e legno troviamo Ferdinando
Fuga e lo scenografo del San Carlo Vincenzo Re. Mentre questi artisti utilizzavano sempre nuove
tecniche per meravigliare i committenti e gli spettatori la scienza pirotecnica scopre la più
sorprendente delle invenzioni: il colore dei fuochi. A tal proposito nel 1750 il principe San Severo
Raimondo di Sangro, alchimista e scienziato dichiarò nella sua Lettera apologetica, di essere stato il
primo in Europa ad aver inventato i fuochi colorati. Quando si disse che il Conte Rutowschi di
Dresda era stato indicato come scopritore del colore verde il Principe affermava che già dal
1739aveva fatto esplodere dei fuochi con diverse gradazioni di verde e di altri colori scrivendo
testualmente “il colore rubino, il pagonazzo dei più forti(il viola) nella varie gradazioni, il colore del
cedro ed il rancio che forse oggi ancora conosciuti non sono”. Ma al contrario abbiamo la
testimonianza di Matteo Ripa che andò missionario in Cina nel 1724.
Il rev.do Matteo Ripa fu il fondatore della Compagnia dei Cinesi a Napoli che diventerà, anni dopo,
Istituto Universitario Orientale.
Il Ripa nel suo diario della permanenza in Cina scriveva “la sera ci trovammo tutti nella villa per
solennizzare l’anno nuovo. Verso un’ora di notte l’Imperatore, con le sue donne stava in disparte da
non essere d’alcun veduto, dette il segnale e si dette mano allo sparo che ebbe principio da una
fonte di fuoco. Vedesi in un istante calare sino alla superficie della terra una infinità di piccole
stelle(colorate) alle quali facevano corona quattro colonne fasciate da lanterne di carta assai ben
illuminate e durò questa bellissima vista un buon spazio di tempo. Dopo comparvero varie colonne
di fuoco di diverse figure e colori”. Quindi è facile dedurre che anche sulla colorazione dei fuochi
non abbiamo letteratura univoca. Nonostante le molte e discusse paternità sull’invenzione del colore
dobbiamo convenire che il risultato del lavoro di molte generazioni di artigiani ci hanno consentito
di godere di straordinari e fantasmagorici spettacoli. Nel XX secolo i prodotti industriali hanno
invaso il mercato dei fuochi con la scelta di materiali che rispondono ad accensioni elettroniche e
sono in grado di definire in precedenza la pericolosità e la riuscita finale dell’artefatto.
Attualmente i nipoti di Orazio Vallefuoco onorano il più famoso fuochista di Mugnano di Napoli
che con un solo braccio, l’altro lo aveva perso da giovane in un incidente durante una gara
pirotecnica, che continuò la sua attività fin quasi alla sua morte avvenuta naturalmente (cosa rara)
nel 1975, a quasi 100 anni.
Zio Orazio, come lo chiamavano tutti in paese, fu insignito del titolo di Cavaliere della Repubblica.
Anche di Mugnano sono i F.lli Schiattarella che hanno colorato con le proprie arti i cieli di Atene in
occasione della chiusura dei Giochi Olimpionici del 2000. Questa impresa, che tale va definita per
l’organizzazione e l’efficienza di manodopera specializzata, vanta anche un terzo posto ai
campionati mondiali che si svolgono annualmente a san Remo.
Vorrei concludere con una parte di un articolo tratto da una rubrica fissa de “Il Borghese”. La
rubrica chiamata “Nostalgia di Napoli” condotta da Guglielmo Peirce, giornalista e scrittore
napoletano morto a Roma nel 1959 a soli 49 anni.
Il Peirce pochi lo ricordano, e forse nessuno l’ha mai commemorato, ha intitolato il suo pezzo “Il
fuochista”. Me lo avevano indicato quel “basso”. Mi avevano detto: “eccolo – lì dentro abita il più
grande fuochista di Napoli. Il nostro più popolare fuochista. Il più celebre, il più ricco, il più gentile,
quello che va per la maggiore. Là dentro lo troverai. E’ domenica sta mangiando: Una sua granata
vale oro. I fuochisti sono quelli che preparano i fuochi d’artificio per le feste. I veri, i grandi
fuochisti stanno a Napoli e nella Provincia a Sant’Anastasia, a Torre del Greco. Sono quelli,
appunto, che mandano in frantumi tutti i vetri di un quartiere con le loro “botte” in occasione di una
festa. Sono entrato in questo “basso” per conoscere il più celebre fuochista di Napoli. Di fronte a
noi c’è sua moglie la “Signora” è bella, fastosa, piena di girelli. Pesa più di cento chili. Ha si e no
una trentina d’anni. I suoi capelli sono neri, ricci, lucidi, mangia anche lei gli spaghetti.
Nell’ombra brillano i suoi occhi ridarelli, a mandorla. Ha una testa piccola da bambina. E’ seduta su
due sedie; su due sedie appaiate. I suoi fianchi su una sola sedia traboccherebbero ai lati. Su una
sola sedia starebbe scomoda. Nella penombra fresca della stanza s’intravedono i suoi girelli. Ha
bracciali e collane. Tutto di oro. Di un oro antico di colore rame. Si vede che è la moglie, la donna
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di un “uomo”. Guarda con rispetto, ammirazione, confidenza. I suoi occhi maliziosi lo accarezzano
ed hanno l’aria di dire: “Sei grande, temuto, potente, ma ti conosco. Sei per me un bambino. Il mio
bambino. Il bambino di questa tua madre di cento e più chili che ha dieci figli. I due hanno fatto
dieci figli.
Anna O.
di Anna Maria de Cristofaro Valboa
Ero una ragazzina goffa, spaventata da quello che stava succedendo al mio corpo: non riuscivo ad
accettare quei puntini che crescevano ogni giorno di più sul torace, i discorsi strani della ragazze
grandi – che cercavo di intercettare – la svogliatezza che arrivava improvvisa fermando ogni
impulso.
Non mi piaceva la scuola: le gambe erano come atrofizzate nei banchi e spesso le scuotevo per
sentire che erano lì, momentaneamente imprigionate, pronte a correre via al suono liberatorio della
campanella. Riuscivo comunque a portare i pensieri lontani dalla voce querula dell’insegnante
d’italiano, o dai numeri – che odiavo cordialmente – scritti sulla lavagna. Il camice nero rendeva
ancora più odiose le ore di scuola: arrivava lungo sui polpacci, quasi a coprire gli orrendi calzettoni
che stringevano le gambe. Era gonfio, stretto da una cintura che si legava in vita e il collettino
bianco non rendeva meno insulso il mio viso annoiato di adolescente. I compagni erano tutti della
borghesia-bene: abitavano nei paraggi della scuola – che era di alto profilo, in strade ben
frequentate ed in case, - che immaginavo lussuose, forse ben diverse dalla mia, semplicemente
decorosa.. Erano gli anni cinquanta …
Ma eravamo tutti vestiti allo stesso modo: camice nero e calzettoni per le ragazze, brutti vestiti con
orrendi calzoni corti per i ragazzi – che spesso scoprivano gambe pelose.
Naturalmente fuori della scuola non frequentavo nessuno, erano gentili durante le lezioni, ma non
ricevevo mai un invito e fingevo di non sentire le loro voci darsi appuntamento per fare insieme i
compiti, o inviti ai piccoli ricevimenti in casa.
Poi un giorno entrò in classe una compagna nuova e la mia vita cambiò radicalmente.
Chi non ricorda la Ursula Andress prima maniera, quella dei films di James Bond? La giovanissima
che entrò in classe era una tenera copia dell’appariscente attrice – che solo anni dopo invase con la
sua bellezza gli schermi di mezzo mondo: Anna O. era di altezza regolare, il corpo slanciato con la
vita sottile su due fianchi lievemente curvi e i seni che sembravano bucare la maglietta rossa che le
arrivava in vita, scoprendo quando si muoveva, un lembo di pelle liscia colore dell’alabastro. Una
gonna aderente rivelava le cosce lunghe e meraviglia delle meraviglie le sue gambe erano fasciate
da lucide calze di nylon che contrastavano con le scarpe bianche da tennis. Ma il viso era quello che
lasciava senza fiato. Un viso affilato con gli zigomi alti che mettevano in risalto un piccolo naso con
tante efelidi dorate, una bocca piena che lasciava intravedere denti bianchi, piccoli come quelli dei
bambini. I lunghi capelli di un bel biondo caldo pettinati a coda di cavallo creavano l’incanto con
due occhi grandi e azzurri.
Fu come se un uragano fosse entrato nella nostra classe: mise in un’agitazione nuova i maschi; le
femmine, come scolorite al suo confronto, rimasero inebetite guardarla e la terribile insegnante di
italiano, bigotta e nevrastenica, si fermò col gesso in mano fissandola senza parola.
Fui subito come risucchiata dalla sua prepotente fisicità e diventammo da subito amiche
inseparabili. Per gli altri le ribelli, quelle da evitarsi. Riuscimmo ad essere compagne di banco. Non
potevamo parlare durante le lezioni; eravamo sotto l’attenta sorveglianza degli insegnanti; ma dei
quaderni speciali erano il tramite dei nostri segreti: avevamo creato un linguaggio e con esso
comunicavamo i nostri pensieri, spesso piuttosto spinti. Ma era fuori dalla scuola che avveniva lo
straordinario. Quando Annamaria era in strada non c’era testa maschile che non si voltasse a
guardarla e non c’era sguardo femminile che non la scrutasse invelenito. Io ero al suo fianco, come
invisibile. Ma non vi era invidia, né gelosia in me. Ero come invaghita della sua bellezza eravamo
diventate una forza contro l’indifferenza degli altri: finalmente ero qualcuno, la compagna
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insignificante da blandire, da circuire per arrivare a quella bella. Eravamo inseparabili. I miei da
sempre molto permissivi e suo padre, uomo d’affari molto indaffarato in giro per il mondo. Ero
quasi ogni giorno a casa sua: cucinavamo, studiavamo quel poco che bastava ed eravamo sempre a
parlare, sognando le stesse belle cose. Poi anche per me ci fu una stupefacente trasformazione e, pur
non essendo bella come lei, gli uomini si voltavano a guardarmi; i miei compagni divennero gentili,
di una gentilezza untuosa che mi infastidiva.
Trascorsero due anni; Anna seguì suo padre in un’altra città e pian piano le telefonate, le lettere si
esaurirono. La nostra amicizia terminò com’era iniziata: di botto.
L’ho ritrovata recentemente in una rivista di moda, riconoscibile nella sua bellezza appassita di
donna matura. Non ho fatto fatica a ritrovare nella foto patinata il suo viso sempre bello, reso
ancora più interessante da un reticolo di rughe mostrate orgogliosamente, quasi con arroganza, la
lunga treccia di capelli ora mesciati di bianco che le arriva in vita. Lo stesso sguardo che andava
lontano, al di sopra di tutti. L’ho fissata a lungo ritrovando nella memoria gli anni della nostra
giovinezza così lontani, irripetibili, ma saldati dagli anni in un angolo della memoria e del cuore..
Questo il racconto di una parentesi lontana della mia vita. Ma a ottobre, nel primo
pomeriggio una telefonata da Napoli mi avvisava che un’attrice, in una trasmissione
televisiva, aveva fatto il mio nome. Ho acceso il televisore e con la conduttrice di “Festa
italiana” la mia amica Anna parlava di me, della nostra amicizia con una vivezza, un affetto
commoventi. Mi cercava attraverso la televisione, sperando di rintracciarmi. Sono
intervenuta in trasmissione e ci siamo parlate, l’indomani ero a Roma negli studi televisivi,
invitata in diretta dalla presentatrice. Una esperienza divertente in giro per la Rai: prendendo
un caffè nel bar, sedendo nella sartoria, incontrando bellissime donne famose e finalmente,
dopo una attesa snervante di ore, catapultata nello studio televisivo ho abbracciato la mia
amica di un tempo. Dopo ci siamo sentite al telefono con la promessa di incontraci ancora.
Una cosa difficile da fare: ci separano cinquant’anni di un percorso di vita completamente
diverso, due donne completamente dissimili tra loro e dalle adolescenti del lontanissimo 1954,
legate soltanto dal ricordo di una bella amicizia perduta nel tempo.
DA SAPERE
Ne sentivamo proprio il bisogno di un altro prodotto tanto pubblicizzato quanto potenzialmente
pericoloso!
Come riporta il sito dell'associazione altroconsumo , i nuovi fazzoletti Tempo Complete Care si
presentano come ideali per il raffreddore. Profumati con alcune gocce di naturale olio di eucalipto
promettono di lenire gli arrossamenti al naso e favorire la respirazione. Oltre all'eucalipto (di cui
però parleremo fra poco) ci sono anche altri ingredienti chimici e tossici!!.
Sono due sostanze chimiche considerate emollienti (di cui una è un derivato petrolifero: petrolatum
mineral oil) e quattro sostanze chimiche profumanti che possono provocare allergie (hexyl
cinnamal,
limonene,
hydroxyisohexyl
3-cyclohexene
carboxaldehyd,
buthylphenyl
methylpropional).
E la cosa simpatica è che sulla confezione troviamo l'avvertenza "evitare il contatto con gli occhi"
. Cosa certo molto facile dato che il naso e gli occhi distano almeno 25 centimetri e che poi i
fazzoletti non si usano di solito anche per le lacrime. Se non fosse tragico sarebbe da ridere.
Per quanto riguarda l'olio essenziale di eucalipto, sebbene sia un prodotto naturale, è stato
segnalato dall'agenzia francese per la sicurezza dei prodotti cosmetici come potenzialmente nocivo
per i bambini al di sotto dei tre anni di età (possibili effetti neurologici) ed infatti in Francia ne è
stato vietato l'utilizzo come ingredienti nei prodotti dedicati ai bebè
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Queste sono le copertine dei libri scritti dall’amico Gabriele Pernigo
Ricordiamo che il ricavato della vendita dei volumi verrà devoluto alla Associazione per la Ricerca
sul Cancro. Invitiamo quindi i Soci interessati a predisporne l’eventuale prenotazione, rivolgersi ai
propri capi Sezione.
LA NOSTRA POSTA
Con questo numero del nostro”giornale iniziamo una nuova rubrica. In essa ospiteremo le lettere
che i Soci ci vorranno indirizzare con richieste e/o consigli o che vorranno indirizzare a Soci di altre
Sezioni per contattarli o per ricerche di persone con le quali abbiamo perso i rapporti.
Cari Amici di Padova, voglio esprimere un particolare grazie a tutti i nuovi Soci della Sezione di
Padova e voglio dire loro che li ricordo molto bene e spesso, come nell’ultima occasione quando
mi sono incontrato con i carissimi Amici Rizzato e Carubia.
Spero che anche Voi vi ricordiate di me e che non vi siate dimenticati che all’inizio della
fondazione del S.I.N.F.U.B., in occasione di una delle primissime visite ispettive, riuscii a far
iscrivere la maggior parte di Voi al nuovo Sindacato.
La questione mi causò una vibrata rampogna da parte della Direzione che mi richiamò ai miei
doveri istituzionali.
Sono contento e Vi ringrazio ancora una volta perché compatti come allora, siete entrati a far parte
dell’A.P.I.B.I.
La Vostra attuale risposta deve essere di auspicio e di augurio per far sì che altri Soci entrino a fare
parte di questa Associazione che vorrei chiamare una GRANDE FAMIGLIA.
Gualtiero Gravina
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RECENSIONI LIBRARIE
LETTI PER VOI
di Federica Zucconi
Addio alla verità – Gianni Vattimo - MItemi
Il tramonto della verità è la rappresentazione più fedele della cultura contemporanea: questo vale,
secondo Gianni Vattimo, non solo per la filosofia, la religione e la politica, ma anche e soprattutto
per l’esperienza quotidiana di ognuno di noi. La cultura delle società occidentali è sempre più
pluralista. I media mentono, l’informazione e la comunicazione sono un gioco di interpretazioni e ai
politici si consentono molte violazioni dell’etica, e dunque anche del dovere di verità, senza che
nessuno si scandalizzi. Tuttavia, la nostra società “pluralista”, continua a credere alla “metafisica”
idea di verità come obbiettiva corrispondenza ai fatti e si illude di creare l’accordo sulla base dei
“dati di fatto”. Prendendo le distanze da tutte le pretese di fondare la politica su un sapere
scientifico, Gianni Vattimo sostiene che il solo orizzonte di verità che la politica e la filosofia hanno
il compito di cogliere, esplicitare e costruire consiste nelle condizioni epistemologiche del dialogo
sociale e interculturale. Il tema della verità va dunque ricondotto a una questione di condivisione
sociale e gli intellettuali sono chiamati a pensare forme di vita più comprensibili, approvate e
partecipate. L’addio alla verità è dunque l’inizio, e la base stessa, della democrazia. Prendere atto
che il consenso sulle singole scelte è problema di interpretazione collettiva, di costruzione di
paradigmi condivisi o almeno esplicitamente riconosciuti, è la sfida della verità nella postmodernità.
Diritti e castighi. Storie di umanità cancellata in carcere – Castellano e Stasio –
Il Saggiatore
Carcere di Poggioreale, di Eboli, di Agrigento e di Genova. Carcere di San Vittore a Milano. Sono
alcune tappe di un’esplorazione terribile, ma rivelatrice della realtà carceraria italiana:
sovraffollamento insostenibile, condizioni igienico - sanitarie disumane, violenza e abbrutimento,
sprechi di risorse economiche e sociali. Carceri che violano i principi costituzionali della dignità e
del recupero dei detenuti. Un sistema carcerario così profondamente ingiusto e così distante dai suoi
veri scopi accresce la sicurezza dei cittadini? Scoraggia davvero i criminali dal continuare a
delinquere? “Diritti e castighi” attraverso le voci dell’”umanità cancellata” che vive dentro il
carcere nega ogni falsa illusione. Prigionieri, poliziotti, dirigenti, familiari, educatori raccontano con
sofferta autenticità le loro esperienze al di là e al di qua del “muro”, l’angoscia di una condizione
spezzata, marchiata indelebilmente dalla colpa e dalla pena. Se il carcere è il sintomo patologico più
grave di una società, può anche diventare un simbolo di speranza e responsabilità. Come
testimoniano alcuni tentativi di trovare una via per restituire al detenuto i diritti di cittadinanza.
In un paese di madri – A.M. Homes – Feltrinelli
In un paese di madri narra il rapporto fra Jody Goodman, ventenne alle prime armi col mondo del
cinema, e Claire Roth, affermata psicologa quarantenne, sposata e con due figli, che da ragazzina
era rimasta incinta e aveva dato la figlia in adozione. Con il procedere della terapia, Claire comincia
a sospettare che Jody sia proprio la figlia da cui si separò vent’anni prima e dirotta l’argomento
delle sedute, che inizialmente dovevano concentrarsi sulla situazione affettiva e lavorativa di Jody
(in crisi rispetto alla sua scelta di andare alla scuola di cinema di Ucla), verso la famiglia di Jody e
in particolare verso le circostanze della sua adozione. Tutti i dettagli collimano: le date, i luoghi, le
persone. Ma come deve comportarsi Claire allora? Tutti quegli aspetti della vita di Jody che il
distacco della professione le permetteva di vedere come innocua o semplice esperienza di vita,
improvvisamente la toccano da vicino, le appaiono come terribili minacce per la figlia. In un
crescendo di ansia e di tensione, Claire perde lucidità e sconfina in un territorio pericoloso,
morboso, ossessivo, fino a spingere Jody a scappare. Il legame fra le due, però, reale o immaginario
che sia, non è facilmente solubile e le due dovranno incontrarsi ancora una volta………
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