So bene, anche, che i poeti classici – da te amati – conoscevano l

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So bene, anche, che i poeti classici – da te amati – conoscevano l
INTERVENTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO, PROF. PASQUALE GIONTA,
IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI PREMIAZIONE DELLA IX EDIZIONE
DEL CERTAMEN VITRUVIANUM.
In questa giornata conclusiva del IX Certamen Vitruvianum, durante la quale procederemo
alla tradizionale premiazione dei vincitori, desidero sottolineare come anche quest’anno il
numero degli allievi concorrenti abbia confermato la quota già consistente dello scorso
anno, con la presenza di 40 giovani studenti, provenienti dai licei di province del nord e del
sud d’Italia: Reggio Emilia, Roma, Frosinone, Caserta, Napoli, Foggia, Palermo e,
naturalmente, la nostra provincia. Un dato complessivo che ci inorgoglisce, perché
testimonia, anche per la nona edizione, della validità e dell’interesse che suscita questo
nostro appuntamento.
Questo è il terzo Certamen che presento, in qualità di dirigente del Liceo “Vitruvio
Pollione” di Formia. Nelle passate edizioni ho tentato di offrire il mio modestissimo
contributo al dibattito sull’importanza dello studio della lingua latina e, più in generale,
della cultura umanistica, in un contesto economico, sociale e culturale – aggiungevo nel
mio intervento dello scorso anno – che ha ormai assunto dimensioni su scala planetaria o
“globalizzata”, come si ama ripetere adesso, e che sembra vieppiù proteso verso un modello
indiscriminato di profitto materialistico a scapito di un arricchimento intellettuale e/o
spirituale che dir si voglia.
Oggi, invece, vorrei parlarvi di questa scuola, del Liceo classico “Vitruvio Pollione”. Come
immagino la maggior parte di voi già sappia, l’applicazione di una legge, quella cosiddetta
“di stabilità” del novembre scorso, approvata come precondizione per l’uscita di scena del
precedente governo e l’insediamento del nuovo, cancellerà di fatto l’autonomia di questo
istituto, determinando – dopo 85 anni di esistenza – la perdita del dirigente e del direttore
amministrativo e, successivamente, dell’intero personale di segreteria. Sapete anche che il
parametro di riferimento è dato dal numero degli studenti iscritti, la cui entità è passata, in
soli quattro mesi, dalla soglia di 500 (fissata da una legge emanata a luglio) a quella attuale
di 600. Ora, al di là dell’ovvia considerazione che prima e dopo questi numeri ci sono
persone, giovani menti in formazione, e che, comunque, stabilire un limite identico per
realtà scolastiche, contesti e ambiti territoriali differenti è alquanto singolare (voglio dire
che non è pensabile usare lo stesso parametro per Roma e Formia, per Milano e Canigattì
oppure per un liceo classico o scientifico e un istituto tecnico o professionale), in ogni caso,
il fatto che si prenda una decisione legislativa di questo genere ad anno scolastico avviato,
con gli organici già definiti e le classi già formate, un qualche dubbio di legittimità lo
suscita.
I nostri docenti e praticamente tutti i nostri studenti, nonché un numero insospettabile di
cittadini di Formia e del comprensorio, si sono, in questi giorni, prodigati in una
straordinaria gara di solidarietà per raccogliere le firme di una petizione popolare volta a
scongiurare una simile circostanza. L’esito della petizione, promossa dall’Associazione exalunni del Liceo, da sempre a noi vicina e che contribuisce ogni anno, insieme con altre
associazioni, alla realizzazione del Certamen, verrà presentato sabato prossimo 5 maggio
alle ore 17.30 presso la terrazza attigua al bar La Quercia, nel cuore di via Vitruvio a
Formia.
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Ma posso già anticiparvi che le adesioni raccolte ammontano alla cifra davvero inaspettata
di seimila firme (tra le quali segnalo quella dell’Arcivescovo di Gaeta, Monsignor Fabio
Bernardo D’Onorio, e quella di Chiara Ingrao che ha firmato in nome del padre Pietro, che
è stato alunno del Liceo Vitruvio negli anni ‘30). La richiesta formulata nella petizione non
pretende un trattamento particolare per il nostro istituto né una corsia preferenziale per la
sua salvaguardia, ma semplicemente e legittimamente l’applicazione della normativa
vigente che prevede, in fase di attuazione del dimensionamento scolastico, che – cito alla
lettera – "si potrà tener conto, con un criterio di gradualità, di particolari esigenze
geografiche, socioeconomiche e legate alla storia del territorio". Orbene, noi crediamo,
insieme con l’Associazione degli ex-alunni, che il Liceo Vitruvio di Formia, per le sue
caratteristiche di unicità legate, appunto, alla “storia del territorio”, abbia pieno titolo per
essere considerato polo culturale di tutto il sud pontino e, in quanto tale, valutato allorché si
decide del suo assetto futuro.
Per le ragioni che ho detto, a tutt’oggi non so se il prossimo anno sarò ancora io a
presentare il decennale del Certamen Vitruvianum, ma se il mio destino professionale è
cosa che riguarda solo me, mi sia consentito, nella mia veste di dirigente pro tempore,
nonché di ex alunno del Liceo classico “Vitruvio Pollione” di Formia, tessere, per una
volta, l’elogio della nostra scuola. Certo come sono che chi dei presenti non appartiene ad
essa perdonerà questa mia perorazione e comprenderà l’intenzione non declamatoria, ma
dettata da fattori contingenti, che ispira le mie parole.
In genere, quando ci riferiamo al nostro Istituto (così come è stato scritto nella petizione
popolare), ricordiamo sempre che esso è una prestigiosa istituzione che vanta una lunga
storia, essendo il più antico della provincia e uno dei più antichi della regione. Nato come
Regio Liceo-Ginnasio, venne inaugurato dal Ministro della cultura Pietro Fedele il 6
novembre 1927, diventando subito polo di attrazione per il territorio circostante e orgoglio
della cittadinanza. Ricordiamo anche che la qualità del suo servizio è testimoniato dagli
alunni che lo hanno frequentato, fra i quali (lo ricordavo prima) politici della statura di
Pietro Ingrao, già presidente della Camera dei deputati, e di Antonio Ruberti, ex Ministro
dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e rettore dell'Università di Roma
"La Sapienza", un campione olimpionico come Livio Berruti, nonché uno dei massimi
ingegneri aerospaziali del Novecento come Angelo Miele, tra i principali artefici del
programma Apollo della NASA americana che ha portato il primo uomo sulla luna. E
aggiungiamo che, fra i docenti, meritano di essere ricordati, innanzitutto, Pilo Albertelli e
Gioacchino Gesmundo, due dei martiri trucidati alle Fosse Ardeatine, ai quali è dedicata la
biblioteca dell’istituto, come anche Mario Trevi, decano in Italia degli psicoanalisti di
scuola junghiana, Francesco Aceto, insigne studioso di Arte medievale, e tanti altri ancora.
Ma se tutto ciò è parte integrante della tradizione consolidata e riconosciuta di questa
scuola e dell’eredità culturale e civile della città, io vorrei attirare la vostra attenzione sul
fatto che tra la storia di ieri e quella di oggi non c’è soluzione di continuità e sottolineare
come il nostro liceo rappresenti ancora oggi, sul territorio, un punto di riferimento e un polo
di attrazione letteraria artistica e culturale, come è attestato dagli alunni che continua a
preparare e formare, e grazie alle sue molteplici iniziative che vedono, da anni e con
evidente successo, impegnati dirigenti, docenti, studenti, famiglie, autorità locali: iniziative
tutte volte a valorizzare il ricchissimo patrimonio storico-archeologico di cui è dotata la
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città di Formia. Fra le quali, per quanto ci riguarda in questa occasione, spicca il Certamen
Vitruvianum.
Ecco, allora: una scuola, la nostra, che sa essere consapevole del passato, artefice del
presente e protagonista del futuro. Perché sappiamo che, privi degli occhi di Giano rivolti al
passato, la nostra vista sul futuro si annebbia inesorabilmente. Senza memoria, la vita di
una comunità perde il suo significato autentico. La nostra memoria è la nostra coerenza, la
nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa, non siamo che
un’apparenza. Le società in grado di progredire verso un futuro comune, nella
responsabilità del proprio presente, sono quelle che hanno come punto di partenza un
rispetto profondo per il passato.
Non solo testimoni di un glorioso passato, dunque, ma interpreti di un presente vitale e
ricco di nuovi risultati. A questo proposito, mi piace qui ricordare – con una punta di
malcelato orgoglio – almeno un fatto recentissimo. È di due settimane fa l’esito della prova
regionale del Lazio della XX Olimpiade di Filosofia, indetta dalla Facoltà di Lettere e
Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre e dalla sezione romana della Società
Filosofica Italiana. Nella graduatoria finale del canale A, che include complessivamente 17
candidati, di cui 14 – come è facilmente immaginabile – provenienti dai licei di Roma e
provincia, i restanti 3 sono studenti della provincia di Latina e due di essi allievi di questo
Liceo, classificatisi rispettivamente al quarto, Matteo Lisi, e all'undicesimo posto, Maria
Alessandra Saltarelli.
Si è detto in tempi recenti, da alcune parti, a volte anche “autorevoli” (uso le virgolette),
che alla scelta del liceo classico sarebbe preferibile quella di studi più “utili” (uso ancora le
virgolette) che offrano indirizzi e formazione maggiormente spendibili sul mercato del
lavoro. A queste opinabili argomentazioni ha risposto, in un articolo apparso pochi mesi fa
su un settimanale di larga diffusione, l’intellettuale italiano più famoso nel mondo,
Umberto Eco, sostenendo: «Nel mondo della tecnologia, l'avvenire è di chi sappia ragionare
in modo da inventare programmi. E si dà il caso che chi abbia fatto una tesi di logica
formale, di filologia classica, di filosofia, abbia allenato una mente più adatta a inventare
programmi (che sono materia del tutto mentale) di chi abbia studiato come fabbricante di
"ferraglia". Naturalmente conosco laureati in ingegneria che sanno inventare ottimi
programmi ma che, appunto e guarda caso, hanno anche un'ottima cultura umanistica, e non
di rado hanno studiato bene il loro latino e il loro greco al liceo». E, nel chiedersi
retoricamente: «Serve studiare greco per ideare un buon programma per computer?», Eco
risponde, con la sua consueta, mordace ironia: «Sì. Perché? […] Se non lo avete capito da
soli, datevi al contrabbando di droga e vivrete felici e contenti».
La scuola “utilitaria”, al servizio del mercato, può forse servire a procurare un lavoro, non a
formare uno spirito libero e critico, a educare un gusto, a risvegliare delle doti.
Il suggerimento discutibile di optare per scuole diverse dal liceo classico è il segnale che si
è tornati a una selezione classista, vale a dire che le famiglie debbano surrettiziamente
rinunciare, nella difficile crisi che stiamo vivendo, a qualsiasi idea di promozione sociale. E
qui non ho bisogno di sostenermi con citazioni, perché il riferimento è squisitamente
personale.
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Probabilmente è vero che il liceo classico non fornisce competenze specifiche, da
“spendere” subito, ma in compenso è fuori dubbio che regali un’apertura mentale che dura
tutta la vita e che è di grandissimo aiuto, ancor più nella realtà del mondo attuale,
complessa e complicata, che le giovani generazioni devono affrontare. Il classico aiuta a
non appiattirsi sulla contemporaneità, a capire che esiste ed esisterà sempre qualcosa di
diverso dall’oggi.
Il Liceo classico ha già nel suo ordinamento, nel riferimento al mondo classico e alla
cultura umanistica, un progetto forte di offerta formativa. La sua validità e la sua efficacia
dipendono dalla capacità di far dialogare passato e presente, di riconoscere nella società
contemporanea la permanenza di modelli ereditati dall’antichità greco-romana, di
interiorizzarli e di rinnovarli, nella continuità e nella diversità delle varie forme della
cultura dei nostri tempi.
Come scrive Marguerite Yourcenar, «amiamo il passato perché è il presente sopravvissuto
nella memoria dell’umanità». Conoscere i classici, aggiunge Leopardi, è un modo di
«gettare i morti in faccia ai vivi». Ma è anche «contraddire la tirannia del momento». Non
ha quindi senso chiederci se i classici antichi abbiano un futuro. Per definizione, ci aiutano
a scavalcare il presente, le sue effimere ideologie, i suoi provvisori dibattiti, gli schemi
stessi del nostro pensare. E in questo senso, più ancora che al passato - per noi in effetti
sempre inconoscibile -, ci avvicinano al futuro.
Ecco perché ci ostiniamo a portare avanti l’esperienza del Certamen, anche oggi che siamo
stati privati, nella grave congiuntura economica che attraversiamo, di una parte consistente
di quei contributi pubblici che, nelle edizioni precedenti, sono stati decisivi per la
realizzazione di questo appuntamento. Difficoltà che non ci hanno scoraggiato in alcun
modo, anzi, forti dell’opinione condivisa dall’intera comunità scolastica del nostro liceo
circa il valore indiscutibile del Certamen, abbiamo fatto, come suol dirsi, di necessità virtù.
Ci siamo accollati parte considerevole delle spese e abbiamo chiesto ai nostri studenti di
ospitare nelle loro abitazioni i partecipanti alla gara. Un’esperienza fra coetanei che credo
sia stata positiva per chi ne è stato protagonista, a cominciare dalle famiglie ospitanti alla
cui generosa disponibilità desidero rivolgere un sincero ringraziamento. Altresì abbiamo
pensato, in assenza di un gruppo musicale che, nelle precedenti edizioni, ci era messo a
disposizione con contributo pubblico, di avvalerci delle nostre giovani risorse interne, per
cui il rituale concerto di apertura del Certamen è stato brillantemente tenuto da tre studenti
del Liceo, Paolo Zamuner, Grethamaria D’Epiro e Fabrizio Casale, presentati da Càrola
Carlino.
Ed è proprio in virtù della situazione contingente che il nostro Liceo vive in questi giorni
che abbiamo creduto opportuno dare maggiore risalto a questa scadenza annuale, spostando
il momento della premiazione dall’aula magna allo spazio più ampio della palestra e
coinvolgendo tutte le classi del triennio qui presenti. Ed è proprio per le ragioni che ho fin
qui esposto, e per altre di natura più intimamente personali, che oggi, più che nelle
precedenti edizioni del Certamen, sono fiero di ringraziare tutti coloro che hanno reso
possibile la realizzazione di questa iniziativa che ha assunto per tutti noi il significato di un
incontro annuale irrinunciabile.
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A cominciare dalla giuria, guidata dal prof. Arturo De Vivo, ordinario di Letteratura latina
presso l'Università di Napoli "Federico II", nonché Preside della Facoltà di Lettere e
Filosofia, che ci apprestiamo ad ascoltare fra poco, nella sua lectio magistralis: “Il ricettario
di un medico. I Rimedia amoris di Ovidio”, e che, insieme con le sue valide collaboratrici,
le prof.sse Chiara Renda e Arianna Sacerdoti, ci gratificano con la loro dottrina e ci
onorano della loro presenza già da tre edizioni del Certamen Vitruvianum e ci auguriamo
anche nelle prossime. Analogamente, desidero ringraziare l’istituto di credito, la Banca
Popolare di Fondi, che ci garantisce un contributo concreto, mai venuto meno in tutti
questi anni. Né dimentico che il felice risultato di questa edizione non sarebbe stato
possibile, senza la partecipazione e il contributo delle associazioni amiche che hanno, come
sempre, munificamente offerto i premi che stiamo per consegnare ai vincitori del IX
Certamen: il Rotary Club di Formia e Gaeta, rappresentato dall’amico Erasmo Nocella,
l’Associazione Inner Wheel di Formia, presieduta dalla prof.ssa Fernanda Caenaro, e
l’Associazione ex-alunni del Liceo, presieduta dall’avv. Giovanni Matteis.
All’associazione degli ex-alunni dobbiamo un ringraziamento duplice, per l’impegno (l’ho
già ricordato in premessa) di cui ha dato e continua a dare prova nel sostenere, in tutti
questi mesi, la causa del nostro Liceo.
All’elenco dei ringraziamenti, che a tutta prima suona come un’arida lista di nomi, non può
ovviamente mancare il riconoscimento, doveroso e schietto, che, senza il contributo che, a
vario titolo, molti amici e sodali ci hanno assicurato, questa edizione del Certamen non
avrebbe avuto luogo: grazie, dunque, all’Intergroup Logistic Experience del dott. Nicola Di
Sarno, alla Farmacia “Sant’Anna” della dott.ssa Ersilia Di Nella, alla Libreria “Libri &
libri” di Maria Teresa De Meo, alla libreria Mondadori di Enza Campino, alle Assicurazioni
Unipol di Antuono, Rondinelli e Del Pozzone, all’Autoscuola Rossini, alla Tipografia
Graficart dell’amico Franco D’Arco, alla Pasticceria Franzini, alla bottega “Il Salumaio”, al
Ristorante “da Veneziano”, al vivaio Valerio, alla cartoleria “Ottavia e Domenico”, e grazie
ancora al dott. Gilberto Petrone e al dott. Benedetto Capobianco.
Un vivo ringraziamento anche alla sezione di Latina dell’Agenzia Regionale per il Turismo
e alla XVII Comunità montana “Monti Aurunci”, che ci hanno messo a disposizione le loro
preziose pubblicazioni, e alla casa editrice Zanichelli, che ci ha fornito testi che saranno
utili per i nostri giovani, e un grazie sincero a Franca Forte, a Saverio Forte, a tutti gli amici
di Radio Formia e di Lazio TV, ai corrispondenti locali della stampa e all’arch. Salvatore
Ciccone che è stato, anche quest’anno, insostituibile Cicerone in terra di Cicerone.
Così come mi è gradito indirizzare un grazie autentico a un vecchio e caro amico, Salvatore
Bartolomeo, che, oltre a curare il progetto grafico del materiale pubblicitario del Certamen,
ci ha fatto dono di alcune delle sue realizzazioni artistiche per rendere piacevole ed
esteticamente godibile la visita del nostro sito web liceoformia.it. E ho anche il piacere di
ricordarvi che questa sera, alle ore 18.00, presso la sede del teatro Bertolt Brecht a Formia,
si svolgerà un incontro dedicato all’opera e al talento creativo di Salvatore.
Grazie altresì all’assessore alla cultura, dott. Amato La Mura, la cui presenza, anche in
questa edizione del Certamen Vitruvianum, ormai iscritto negli appuntamenti canonici della
nostra città, è testimonianza di un’attenzione costante. È al suo interessamento, in qualità di
amministratore cittadino, e alla sua sensibilità di ex-alunno del Liceo Vitruvio che
dobbiamo il contributo che ci è stato elargito dal Comune di Formia.
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Infine, con il sentimento che nasce da un vissuto quotidiano che caratterizza la nostra
professione, nonché dalla condivisione delle iniziative messe in atto dalla comunità
scolastica a difesa del nostro liceo, consentitemi di rivolgere un ringraziamento particolare
al comitato organizzatore, diretto dalla prof.ssa Paolina Valeriano che, coadiuvata dalle
prof.sse Daniela Di Somma, Ada Filosa, Maria Giuliano ed Eleonora Merolla e, più in
generale da tutto il personale dell’istituto, si sono prodigati, senza risparmio di energie, per
la buona riuscita di questa manifestazione. Alla quale ha contribuito – come era fin troppo
facile prevedere – la prof.ssa Dorotea Forte che ne aveva curato le precedenti otto edizioni
e che, pur essendo in pensione, non ci ha fatto mancare la sua vigile assistenza. E
scommetto fin d’ora che farà altrettanto per l’edizione del decennale del prossimo anno.
Da ultimo, ma non ultimo, desidero rivolgere, come da consuetudine, un saluto speciale a
tutti i nostri giovani contendenti, vincitori e non, e ai loro accompagnatori.
L’esortazione che mi permetto di indirizzare a voi che siete i migliori rappresentanti degli
istituti da cui provenite è quella di non dimenticare che la cultura è il tentativo di dare una
forma e un ordine al caos. Per questo studiamo le tabelline e la sintassi, Aristotele e il
sonetto, Dante e Kant, la storia e la fisica, la chimica e la biologia.
Chiunque ama l'arte sa che il disordine del dolore può essere la materia bruta dell'opera: ma
perché ci sia un valore e un senso, l'artista deve tirare fili invisibili, cucire, legare e slegare,
mettere in prospettiva, unire ciò che pare crudelmente diviso.
Come suggerisce lo scrittore e insegnante Marco Lodoli, la scuola deve riprendere a fare
proprio questo, contro una malintesa «cultura del desiderio che vive di smanie istantanee,
puntiformi e distruttive, contro chi agita nei ragazzi solo l'emotività, come se la vita fosse
solo sballo, divertimento, notti da inghiottire e giorni da dormire e “corri là dove ti porta il
cuore”…».
Intendiamoci: so bene, per biografia personale e per appartenenza generazionale, che dare
corso ai desideri fu un pensiero "rivoluzionario", oltre 40 anni fa. Ma oggi, quando tutto si è
ridotto a slogan suggestivo e vuoto, la vera rivoluzione è riappropriarsi della sostanza. Tutta
la pubblicità si muove nella direzione dei sentimenti più fasulli e ridicoli: la scuola deve
andare nella direzione opposta, verso la ratio e il logos e l'arte dei nessi e delle consonanze.
“Il pensiero piccolo divide, il pensiero grande unisce”, avverte il filosofo cinese Lao-Tze.
E allora, come ridare forza al pensiero, oggi calpestato dall'orda trionfante e barbara delle
sensazioni spicciole, dall'impressionismo e dalla destrutturazione?
La lettura è fondamentale perché vi tuffa nello scorrere progressivo del tempo,
nell'evoluzione dei caratteri, nella riflessione sulle piccole esistenze individuali e sulla vita
grande che le contiene. Il prima e il poi segnano una strada.
Ovviamente la matematica è la base del pensiero logico: molti di voi faticano tanto anche
per risolvere una semplice equazione, spesso respingono l'universo dei numeri proprio
perché li obbliga a pensare, a mettere in fila i passaggi, a trovare la soluzione esatta. Più
letture, più matematica, dunque, ma anche più filosofia e più lingue straniere. Sarebbe
bellissimo, poi, se tutti i ragazzi studiassero la musica per comprendere come nelle note si
sposano la precisione e la sensibilità.
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Questa sarebbe la prima cosa da attuare, la più importante. Poi si tratta di ricostruire un
rapporto tra le generazioni. Se la piazza si è frantumata, se la comunità si è sbriciolata in
calcinacci generazionali, se ogni gruppo sta per conto suo, sospettoso, diffidente,
scorbutico, allora occorre tornare alla cultura del bene comune, il cui tramonto è uno dei
fattori principali del degrado che stiamo vivendo.
In Italia è questo un tema antico che ha preso la forma della publica utilitas, del “pubblico
interesse”, con l’auspicio di generare un costume diffuso, un’etica condivisa, un sistema di
valori civili, che culminarono nella Costituzione.
Essa, la Costituzione, figlia della Resistenza (voglio ricordarlo a tre giorni dalla ricorrenza
del 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo) fu il progetto (purtroppo ancora
irrealizzato) di un’Italia giusta, libera e democratica, in cui la cultura fosse al centro dei
valori di libertà, uguaglianza e democrazia.
Anzi, la cultura, e con essa l’istruzione, ne è strumento necessario, in quanto espressione
dei «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2) e
indirizzata al «pieno sviluppo della personalità umana» (articolo 3).
Nei lavori della Costituente, dal 1946 al 1948, la centralità della cultura fu opera di
intellettuali e di politici di alta formazione (e qui consentitemi di aggiungere che il
paragone con lo scenario politico-intellettuale dei nostri giorni è quanto meno desolante…).
Per esempio, l’articolo 9 della Costituzione, che prescrive la promozione della cultura e
della ricerca scientifica e tecnica e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico
della nazione, fu proposto dal grande latinista Concetto Marchesi (e il riferimento a un
latinista, nel contesto di un Certamen che ha come strumento di competizione la lingua
latina, non è certamente casuale [sottolineo per inciso che Concetto Marchesi fu, in qualità
di rettore dell’università di Padova, autore, nel novembre del 1943, di un appello
all’insurrezione contro il fascismo rivolto ai suoi giovani studenti]); l’articolo 9, dicevo, fu
la proposta di Concetto Marchesi, di area comunista, e di un giovanissimo Aldo Moro, di
area cattolica.
L’idea di bene comune, con la sua dimensione etica e politica, comporta una forte
responsabilità intergenerazionale: lavorare oggi per le generazioni future. Tema quanto mai
attuale, attualissimo, in aperto contrasto con l’individualismo imperante. Non c’è altra
strada, percorrendo la quale la mia, la nostra generazione di adulti possa incontrare quella
dei giovani, alla quale voi studenti appartenete.
Perché, come ammoniva alla fine del 18° secolo lo scrittore e filosofo inglese Edmund
Burke, «chi non guarda mai indietro, verso i propri antenati, non saprà guardare avanti,
verso i posteri».
E nel riproporvi, in chiusura, l’immagine del volto di Giano con cui ho aperto questo mio
intervento, mi auguro non eccessivamente lungo e noioso, vi ringrazio per la vostra
attenzione e vi saluto tutti affettuosamente
(Certamen Vitruvianum, 28 aprile 2012)
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