So bene, anche, che i poeti classici – da te amati – conoscevano l
Transcript
So bene, anche, che i poeti classici – da te amati – conoscevano l
INTERVENTO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO, PROF. PASQUALE GIONTA, IN OCCASIONE DELLA CERIMONIA DI PREMIAZIONE DELLA IX EDIZIONE DEL CERTAMEN VITRUVIANUM. In questa giornata conclusiva del IX Certamen Vitruvianum, durante la quale procederemo alla tradizionale premiazione dei vincitori, desidero sottolineare come anche quest’anno il numero degli allievi concorrenti abbia confermato la quota già consistente dello scorso anno, con la presenza di 40 giovani studenti, provenienti dai licei di province del nord e del sud d’Italia: Reggio Emilia, Roma, Frosinone, Caserta, Napoli, Foggia, Palermo e, naturalmente, la nostra provincia. Un dato complessivo che ci inorgoglisce, perché testimonia, anche per la nona edizione, della validità e dell’interesse che suscita questo nostro appuntamento. Questo è il terzo Certamen che presento, in qualità di dirigente del Liceo “Vitruvio Pollione” di Formia. Nelle passate edizioni ho tentato di offrire il mio modestissimo contributo al dibattito sull’importanza dello studio della lingua latina e, più in generale, della cultura umanistica, in un contesto economico, sociale e culturale – aggiungevo nel mio intervento dello scorso anno – che ha ormai assunto dimensioni su scala planetaria o “globalizzata”, come si ama ripetere adesso, e che sembra vieppiù proteso verso un modello indiscriminato di profitto materialistico a scapito di un arricchimento intellettuale e/o spirituale che dir si voglia. Oggi, invece, vorrei parlarvi di questa scuola, del Liceo classico “Vitruvio Pollione”. Come immagino la maggior parte di voi già sappia, l’applicazione di una legge, quella cosiddetta “di stabilità” del novembre scorso, approvata come precondizione per l’uscita di scena del precedente governo e l’insediamento del nuovo, cancellerà di fatto l’autonomia di questo istituto, determinando – dopo 85 anni di esistenza – la perdita del dirigente e del direttore amministrativo e, successivamente, dell’intero personale di segreteria. Sapete anche che il parametro di riferimento è dato dal numero degli studenti iscritti, la cui entità è passata, in soli quattro mesi, dalla soglia di 500 (fissata da una legge emanata a luglio) a quella attuale di 600. Ora, al di là dell’ovvia considerazione che prima e dopo questi numeri ci sono persone, giovani menti in formazione, e che, comunque, stabilire un limite identico per realtà scolastiche, contesti e ambiti territoriali differenti è alquanto singolare (voglio dire che non è pensabile usare lo stesso parametro per Roma e Formia, per Milano e Canigattì oppure per un liceo classico o scientifico e un istituto tecnico o professionale), in ogni caso, il fatto che si prenda una decisione legislativa di questo genere ad anno scolastico avviato, con gli organici già definiti e le classi già formate, un qualche dubbio di legittimità lo suscita. I nostri docenti e praticamente tutti i nostri studenti, nonché un numero insospettabile di cittadini di Formia e del comprensorio, si sono, in questi giorni, prodigati in una straordinaria gara di solidarietà per raccogliere le firme di una petizione popolare volta a scongiurare una simile circostanza. L’esito della petizione, promossa dall’Associazione exalunni del Liceo, da sempre a noi vicina e che contribuisce ogni anno, insieme con altre associazioni, alla realizzazione del Certamen, verrà presentato sabato prossimo 5 maggio alle ore 17.30 presso la terrazza attigua al bar La Quercia, nel cuore di via Vitruvio a Formia. 1 Ma posso già anticiparvi che le adesioni raccolte ammontano alla cifra davvero inaspettata di seimila firme (tra le quali segnalo quella dell’Arcivescovo di Gaeta, Monsignor Fabio Bernardo D’Onorio, e quella di Chiara Ingrao che ha firmato in nome del padre Pietro, che è stato alunno del Liceo Vitruvio negli anni ‘30). La richiesta formulata nella petizione non pretende un trattamento particolare per il nostro istituto né una corsia preferenziale per la sua salvaguardia, ma semplicemente e legittimamente l’applicazione della normativa vigente che prevede, in fase di attuazione del dimensionamento scolastico, che – cito alla lettera – "si potrà tener conto, con un criterio di gradualità, di particolari esigenze geografiche, socioeconomiche e legate alla storia del territorio". Orbene, noi crediamo, insieme con l’Associazione degli ex-alunni, che il Liceo Vitruvio di Formia, per le sue caratteristiche di unicità legate, appunto, alla “storia del territorio”, abbia pieno titolo per essere considerato polo culturale di tutto il sud pontino e, in quanto tale, valutato allorché si decide del suo assetto futuro. Per le ragioni che ho detto, a tutt’oggi non so se il prossimo anno sarò ancora io a presentare il decennale del Certamen Vitruvianum, ma se il mio destino professionale è cosa che riguarda solo me, mi sia consentito, nella mia veste di dirigente pro tempore, nonché di ex alunno del Liceo classico “Vitruvio Pollione” di Formia, tessere, per una volta, l’elogio della nostra scuola. Certo come sono che chi dei presenti non appartiene ad essa perdonerà questa mia perorazione e comprenderà l’intenzione non declamatoria, ma dettata da fattori contingenti, che ispira le mie parole. In genere, quando ci riferiamo al nostro Istituto (così come è stato scritto nella petizione popolare), ricordiamo sempre che esso è una prestigiosa istituzione che vanta una lunga storia, essendo il più antico della provincia e uno dei più antichi della regione. Nato come Regio Liceo-Ginnasio, venne inaugurato dal Ministro della cultura Pietro Fedele il 6 novembre 1927, diventando subito polo di attrazione per il territorio circostante e orgoglio della cittadinanza. Ricordiamo anche che la qualità del suo servizio è testimoniato dagli alunni che lo hanno frequentato, fra i quali (lo ricordavo prima) politici della statura di Pietro Ingrao, già presidente della Camera dei deputati, e di Antonio Ruberti, ex Ministro dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e rettore dell'Università di Roma "La Sapienza", un campione olimpionico come Livio Berruti, nonché uno dei massimi ingegneri aerospaziali del Novecento come Angelo Miele, tra i principali artefici del programma Apollo della NASA americana che ha portato il primo uomo sulla luna. E aggiungiamo che, fra i docenti, meritano di essere ricordati, innanzitutto, Pilo Albertelli e Gioacchino Gesmundo, due dei martiri trucidati alle Fosse Ardeatine, ai quali è dedicata la biblioteca dell’istituto, come anche Mario Trevi, decano in Italia degli psicoanalisti di scuola junghiana, Francesco Aceto, insigne studioso di Arte medievale, e tanti altri ancora. Ma se tutto ciò è parte integrante della tradizione consolidata e riconosciuta di questa scuola e dell’eredità culturale e civile della città, io vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che tra la storia di ieri e quella di oggi non c’è soluzione di continuità e sottolineare come il nostro liceo rappresenti ancora oggi, sul territorio, un punto di riferimento e un polo di attrazione letteraria artistica e culturale, come è attestato dagli alunni che continua a preparare e formare, e grazie alle sue molteplici iniziative che vedono, da anni e con evidente successo, impegnati dirigenti, docenti, studenti, famiglie, autorità locali: iniziative tutte volte a valorizzare il ricchissimo patrimonio storico-archeologico di cui è dotata la 2 città di Formia. Fra le quali, per quanto ci riguarda in questa occasione, spicca il Certamen Vitruvianum. Ecco, allora: una scuola, la nostra, che sa essere consapevole del passato, artefice del presente e protagonista del futuro. Perché sappiamo che, privi degli occhi di Giano rivolti al passato, la nostra vista sul futuro si annebbia inesorabilmente. Senza memoria, la vita di una comunità perde il suo significato autentico. La nostra memoria è la nostra coerenza, la nostra ragione, il nostro sentimento, persino il nostro agire. Senza di essa, non siamo che un’apparenza. Le società in grado di progredire verso un futuro comune, nella responsabilità del proprio presente, sono quelle che hanno come punto di partenza un rispetto profondo per il passato. Non solo testimoni di un glorioso passato, dunque, ma interpreti di un presente vitale e ricco di nuovi risultati. A questo proposito, mi piace qui ricordare – con una punta di malcelato orgoglio – almeno un fatto recentissimo. È di due settimane fa l’esito della prova regionale del Lazio della XX Olimpiade di Filosofia, indetta dalla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi Roma Tre e dalla sezione romana della Società Filosofica Italiana. Nella graduatoria finale del canale A, che include complessivamente 17 candidati, di cui 14 – come è facilmente immaginabile – provenienti dai licei di Roma e provincia, i restanti 3 sono studenti della provincia di Latina e due di essi allievi di questo Liceo, classificatisi rispettivamente al quarto, Matteo Lisi, e all'undicesimo posto, Maria Alessandra Saltarelli. Si è detto in tempi recenti, da alcune parti, a volte anche “autorevoli” (uso le virgolette), che alla scelta del liceo classico sarebbe preferibile quella di studi più “utili” (uso ancora le virgolette) che offrano indirizzi e formazione maggiormente spendibili sul mercato del lavoro. A queste opinabili argomentazioni ha risposto, in un articolo apparso pochi mesi fa su un settimanale di larga diffusione, l’intellettuale italiano più famoso nel mondo, Umberto Eco, sostenendo: «Nel mondo della tecnologia, l'avvenire è di chi sappia ragionare in modo da inventare programmi. E si dà il caso che chi abbia fatto una tesi di logica formale, di filologia classica, di filosofia, abbia allenato una mente più adatta a inventare programmi (che sono materia del tutto mentale) di chi abbia studiato come fabbricante di "ferraglia". Naturalmente conosco laureati in ingegneria che sanno inventare ottimi programmi ma che, appunto e guarda caso, hanno anche un'ottima cultura umanistica, e non di rado hanno studiato bene il loro latino e il loro greco al liceo». E, nel chiedersi retoricamente: «Serve studiare greco per ideare un buon programma per computer?», Eco risponde, con la sua consueta, mordace ironia: «Sì. Perché? […] Se non lo avete capito da soli, datevi al contrabbando di droga e vivrete felici e contenti». La scuola “utilitaria”, al servizio del mercato, può forse servire a procurare un lavoro, non a formare uno spirito libero e critico, a educare un gusto, a risvegliare delle doti. Il suggerimento discutibile di optare per scuole diverse dal liceo classico è il segnale che si è tornati a una selezione classista, vale a dire che le famiglie debbano surrettiziamente rinunciare, nella difficile crisi che stiamo vivendo, a qualsiasi idea di promozione sociale. E qui non ho bisogno di sostenermi con citazioni, perché il riferimento è squisitamente personale. 3 Probabilmente è vero che il liceo classico non fornisce competenze specifiche, da “spendere” subito, ma in compenso è fuori dubbio che regali un’apertura mentale che dura tutta la vita e che è di grandissimo aiuto, ancor più nella realtà del mondo attuale, complessa e complicata, che le giovani generazioni devono affrontare. Il classico aiuta a non appiattirsi sulla contemporaneità, a capire che esiste ed esisterà sempre qualcosa di diverso dall’oggi. Il Liceo classico ha già nel suo ordinamento, nel riferimento al mondo classico e alla cultura umanistica, un progetto forte di offerta formativa. La sua validità e la sua efficacia dipendono dalla capacità di far dialogare passato e presente, di riconoscere nella società contemporanea la permanenza di modelli ereditati dall’antichità greco-romana, di interiorizzarli e di rinnovarli, nella continuità e nella diversità delle varie forme della cultura dei nostri tempi. Come scrive Marguerite Yourcenar, «amiamo il passato perché è il presente sopravvissuto nella memoria dell’umanità». Conoscere i classici, aggiunge Leopardi, è un modo di «gettare i morti in faccia ai vivi». Ma è anche «contraddire la tirannia del momento». Non ha quindi senso chiederci se i classici antichi abbiano un futuro. Per definizione, ci aiutano a scavalcare il presente, le sue effimere ideologie, i suoi provvisori dibattiti, gli schemi stessi del nostro pensare. E in questo senso, più ancora che al passato - per noi in effetti sempre inconoscibile -, ci avvicinano al futuro. Ecco perché ci ostiniamo a portare avanti l’esperienza del Certamen, anche oggi che siamo stati privati, nella grave congiuntura economica che attraversiamo, di una parte consistente di quei contributi pubblici che, nelle edizioni precedenti, sono stati decisivi per la realizzazione di questo appuntamento. Difficoltà che non ci hanno scoraggiato in alcun modo, anzi, forti dell’opinione condivisa dall’intera comunità scolastica del nostro liceo circa il valore indiscutibile del Certamen, abbiamo fatto, come suol dirsi, di necessità virtù. Ci siamo accollati parte considerevole delle spese e abbiamo chiesto ai nostri studenti di ospitare nelle loro abitazioni i partecipanti alla gara. Un’esperienza fra coetanei che credo sia stata positiva per chi ne è stato protagonista, a cominciare dalle famiglie ospitanti alla cui generosa disponibilità desidero rivolgere un sincero ringraziamento. Altresì abbiamo pensato, in assenza di un gruppo musicale che, nelle precedenti edizioni, ci era messo a disposizione con contributo pubblico, di avvalerci delle nostre giovani risorse interne, per cui il rituale concerto di apertura del Certamen è stato brillantemente tenuto da tre studenti del Liceo, Paolo Zamuner, Grethamaria D’Epiro e Fabrizio Casale, presentati da Càrola Carlino. Ed è proprio in virtù della situazione contingente che il nostro Liceo vive in questi giorni che abbiamo creduto opportuno dare maggiore risalto a questa scadenza annuale, spostando il momento della premiazione dall’aula magna allo spazio più ampio della palestra e coinvolgendo tutte le classi del triennio qui presenti. Ed è proprio per le ragioni che ho fin qui esposto, e per altre di natura più intimamente personali, che oggi, più che nelle precedenti edizioni del Certamen, sono fiero di ringraziare tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di questa iniziativa che ha assunto per tutti noi il significato di un incontro annuale irrinunciabile. 4 A cominciare dalla giuria, guidata dal prof. Arturo De Vivo, ordinario di Letteratura latina presso l'Università di Napoli "Federico II", nonché Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia, che ci apprestiamo ad ascoltare fra poco, nella sua lectio magistralis: “Il ricettario di un medico. I Rimedia amoris di Ovidio”, e che, insieme con le sue valide collaboratrici, le prof.sse Chiara Renda e Arianna Sacerdoti, ci gratificano con la loro dottrina e ci onorano della loro presenza già da tre edizioni del Certamen Vitruvianum e ci auguriamo anche nelle prossime. Analogamente, desidero ringraziare l’istituto di credito, la Banca Popolare di Fondi, che ci garantisce un contributo concreto, mai venuto meno in tutti questi anni. Né dimentico che il felice risultato di questa edizione non sarebbe stato possibile, senza la partecipazione e il contributo delle associazioni amiche che hanno, come sempre, munificamente offerto i premi che stiamo per consegnare ai vincitori del IX Certamen: il Rotary Club di Formia e Gaeta, rappresentato dall’amico Erasmo Nocella, l’Associazione Inner Wheel di Formia, presieduta dalla prof.ssa Fernanda Caenaro, e l’Associazione ex-alunni del Liceo, presieduta dall’avv. Giovanni Matteis. All’associazione degli ex-alunni dobbiamo un ringraziamento duplice, per l’impegno (l’ho già ricordato in premessa) di cui ha dato e continua a dare prova nel sostenere, in tutti questi mesi, la causa del nostro Liceo. All’elenco dei ringraziamenti, che a tutta prima suona come un’arida lista di nomi, non può ovviamente mancare il riconoscimento, doveroso e schietto, che, senza il contributo che, a vario titolo, molti amici e sodali ci hanno assicurato, questa edizione del Certamen non avrebbe avuto luogo: grazie, dunque, all’Intergroup Logistic Experience del dott. Nicola Di Sarno, alla Farmacia “Sant’Anna” della dott.ssa Ersilia Di Nella, alla Libreria “Libri & libri” di Maria Teresa De Meo, alla libreria Mondadori di Enza Campino, alle Assicurazioni Unipol di Antuono, Rondinelli e Del Pozzone, all’Autoscuola Rossini, alla Tipografia Graficart dell’amico Franco D’Arco, alla Pasticceria Franzini, alla bottega “Il Salumaio”, al Ristorante “da Veneziano”, al vivaio Valerio, alla cartoleria “Ottavia e Domenico”, e grazie ancora al dott. Gilberto Petrone e al dott. Benedetto Capobianco. Un vivo ringraziamento anche alla sezione di Latina dell’Agenzia Regionale per il Turismo e alla XVII Comunità montana “Monti Aurunci”, che ci hanno messo a disposizione le loro preziose pubblicazioni, e alla casa editrice Zanichelli, che ci ha fornito testi che saranno utili per i nostri giovani, e un grazie sincero a Franca Forte, a Saverio Forte, a tutti gli amici di Radio Formia e di Lazio TV, ai corrispondenti locali della stampa e all’arch. Salvatore Ciccone che è stato, anche quest’anno, insostituibile Cicerone in terra di Cicerone. Così come mi è gradito indirizzare un grazie autentico a un vecchio e caro amico, Salvatore Bartolomeo, che, oltre a curare il progetto grafico del materiale pubblicitario del Certamen, ci ha fatto dono di alcune delle sue realizzazioni artistiche per rendere piacevole ed esteticamente godibile la visita del nostro sito web liceoformia.it. E ho anche il piacere di ricordarvi che questa sera, alle ore 18.00, presso la sede del teatro Bertolt Brecht a Formia, si svolgerà un incontro dedicato all’opera e al talento creativo di Salvatore. Grazie altresì all’assessore alla cultura, dott. Amato La Mura, la cui presenza, anche in questa edizione del Certamen Vitruvianum, ormai iscritto negli appuntamenti canonici della nostra città, è testimonianza di un’attenzione costante. È al suo interessamento, in qualità di amministratore cittadino, e alla sua sensibilità di ex-alunno del Liceo Vitruvio che dobbiamo il contributo che ci è stato elargito dal Comune di Formia. 5 Infine, con il sentimento che nasce da un vissuto quotidiano che caratterizza la nostra professione, nonché dalla condivisione delle iniziative messe in atto dalla comunità scolastica a difesa del nostro liceo, consentitemi di rivolgere un ringraziamento particolare al comitato organizzatore, diretto dalla prof.ssa Paolina Valeriano che, coadiuvata dalle prof.sse Daniela Di Somma, Ada Filosa, Maria Giuliano ed Eleonora Merolla e, più in generale da tutto il personale dell’istituto, si sono prodigati, senza risparmio di energie, per la buona riuscita di questa manifestazione. Alla quale ha contribuito – come era fin troppo facile prevedere – la prof.ssa Dorotea Forte che ne aveva curato le precedenti otto edizioni e che, pur essendo in pensione, non ci ha fatto mancare la sua vigile assistenza. E scommetto fin d’ora che farà altrettanto per l’edizione del decennale del prossimo anno. Da ultimo, ma non ultimo, desidero rivolgere, come da consuetudine, un saluto speciale a tutti i nostri giovani contendenti, vincitori e non, e ai loro accompagnatori. L’esortazione che mi permetto di indirizzare a voi che siete i migliori rappresentanti degli istituti da cui provenite è quella di non dimenticare che la cultura è il tentativo di dare una forma e un ordine al caos. Per questo studiamo le tabelline e la sintassi, Aristotele e il sonetto, Dante e Kant, la storia e la fisica, la chimica e la biologia. Chiunque ama l'arte sa che il disordine del dolore può essere la materia bruta dell'opera: ma perché ci sia un valore e un senso, l'artista deve tirare fili invisibili, cucire, legare e slegare, mettere in prospettiva, unire ciò che pare crudelmente diviso. Come suggerisce lo scrittore e insegnante Marco Lodoli, la scuola deve riprendere a fare proprio questo, contro una malintesa «cultura del desiderio che vive di smanie istantanee, puntiformi e distruttive, contro chi agita nei ragazzi solo l'emotività, come se la vita fosse solo sballo, divertimento, notti da inghiottire e giorni da dormire e “corri là dove ti porta il cuore”…». Intendiamoci: so bene, per biografia personale e per appartenenza generazionale, che dare corso ai desideri fu un pensiero "rivoluzionario", oltre 40 anni fa. Ma oggi, quando tutto si è ridotto a slogan suggestivo e vuoto, la vera rivoluzione è riappropriarsi della sostanza. Tutta la pubblicità si muove nella direzione dei sentimenti più fasulli e ridicoli: la scuola deve andare nella direzione opposta, verso la ratio e il logos e l'arte dei nessi e delle consonanze. “Il pensiero piccolo divide, il pensiero grande unisce”, avverte il filosofo cinese Lao-Tze. E allora, come ridare forza al pensiero, oggi calpestato dall'orda trionfante e barbara delle sensazioni spicciole, dall'impressionismo e dalla destrutturazione? La lettura è fondamentale perché vi tuffa nello scorrere progressivo del tempo, nell'evoluzione dei caratteri, nella riflessione sulle piccole esistenze individuali e sulla vita grande che le contiene. Il prima e il poi segnano una strada. Ovviamente la matematica è la base del pensiero logico: molti di voi faticano tanto anche per risolvere una semplice equazione, spesso respingono l'universo dei numeri proprio perché li obbliga a pensare, a mettere in fila i passaggi, a trovare la soluzione esatta. Più letture, più matematica, dunque, ma anche più filosofia e più lingue straniere. Sarebbe bellissimo, poi, se tutti i ragazzi studiassero la musica per comprendere come nelle note si sposano la precisione e la sensibilità. 6 Questa sarebbe la prima cosa da attuare, la più importante. Poi si tratta di ricostruire un rapporto tra le generazioni. Se la piazza si è frantumata, se la comunità si è sbriciolata in calcinacci generazionali, se ogni gruppo sta per conto suo, sospettoso, diffidente, scorbutico, allora occorre tornare alla cultura del bene comune, il cui tramonto è uno dei fattori principali del degrado che stiamo vivendo. In Italia è questo un tema antico che ha preso la forma della publica utilitas, del “pubblico interesse”, con l’auspicio di generare un costume diffuso, un’etica condivisa, un sistema di valori civili, che culminarono nella Costituzione. Essa, la Costituzione, figlia della Resistenza (voglio ricordarlo a tre giorni dalla ricorrenza del 25 aprile, festa della liberazione dal nazifascismo) fu il progetto (purtroppo ancora irrealizzato) di un’Italia giusta, libera e democratica, in cui la cultura fosse al centro dei valori di libertà, uguaglianza e democrazia. Anzi, la cultura, e con essa l’istruzione, ne è strumento necessario, in quanto espressione dei «doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale» (articolo 2) e indirizzata al «pieno sviluppo della personalità umana» (articolo 3). Nei lavori della Costituente, dal 1946 al 1948, la centralità della cultura fu opera di intellettuali e di politici di alta formazione (e qui consentitemi di aggiungere che il paragone con lo scenario politico-intellettuale dei nostri giorni è quanto meno desolante…). Per esempio, l’articolo 9 della Costituzione, che prescrive la promozione della cultura e della ricerca scientifica e tecnica e la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della nazione, fu proposto dal grande latinista Concetto Marchesi (e il riferimento a un latinista, nel contesto di un Certamen che ha come strumento di competizione la lingua latina, non è certamente casuale [sottolineo per inciso che Concetto Marchesi fu, in qualità di rettore dell’università di Padova, autore, nel novembre del 1943, di un appello all’insurrezione contro il fascismo rivolto ai suoi giovani studenti]); l’articolo 9, dicevo, fu la proposta di Concetto Marchesi, di area comunista, e di un giovanissimo Aldo Moro, di area cattolica. L’idea di bene comune, con la sua dimensione etica e politica, comporta una forte responsabilità intergenerazionale: lavorare oggi per le generazioni future. Tema quanto mai attuale, attualissimo, in aperto contrasto con l’individualismo imperante. Non c’è altra strada, percorrendo la quale la mia, la nostra generazione di adulti possa incontrare quella dei giovani, alla quale voi studenti appartenete. Perché, come ammoniva alla fine del 18° secolo lo scrittore e filosofo inglese Edmund Burke, «chi non guarda mai indietro, verso i propri antenati, non saprà guardare avanti, verso i posteri». E nel riproporvi, in chiusura, l’immagine del volto di Giano con cui ho aperto questo mio intervento, mi auguro non eccessivamente lungo e noioso, vi ringrazio per la vostra attenzione e vi saluto tutti affettuosamente (Certamen Vitruvianum, 28 aprile 2012) 7