scuola superiore per mediatori linguistici cervello
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SCUOLA SUPERIORE PER MEDIATORI LINGUISTICI (Decreto Ministero dell’Università 31/07/2003) Via P. S. Mancini, 2 – 00196 - Roma TESI DI DIPLOMA DI MEDIATORE LINGUISTICO (Curriculum Interprete e Traduttore) Equipollente ai Diplomi di Laurea rilasciati dalle Università al termine dei Corsi afferenti alla classe delle LAUREE UNIVERSITARIE IN SCIENZE DELLA MEDIAZIONE LINGUISTICA CERVELLO E INTERPRETAZIONE RELATORI: prof.ssa Adriana Bisirri CORRELATORI: prof.ssa Maria Nocito prof.ssa Rita Di Rosa prof.ssa Claudia Piemonte CANDIDATA: SERENA MARLETTA ANNO ACCADEMICO 2012/2013 1 A mia sorella Giulia, per il suo straordinario modo di vivere la vita. 2 INDICE CAPITOLO PRIMO ...................................................................................... 7 La psicoanalisi e le lingue ........................................................................................ 8 Freud e le lingue ..................................................................................................... 10 Resistere alla lingua ............................................................................................... 12 La funzione del Super-Io nell'apprendimento delle lingue .................................... 13 Madre e madrelingua.............................................................................................. 21 L'inquietante estraneità........................................................................................... 25 Nuova lingua, nuova identità ................................................................................. 28 Conclusioni dell’ introduzione ............................................................................... 33 CAPITOLO SECONDO ............................................................................... 37 Il cervello umano.................................................................................................... 37 Dove risiede il linguaggio? .................................................................................... 40 Cosa succede nel nostro cervello quando impariamo più lingue? ......................... 41 Il Giro di Heschl ..................................................................................................... 44 Studi sperimentali condotti sul linguaggio in soggetti poliglotti ........................... 46 Processi dell’ apprendimento di una lingua straniera ............................................ 52 Analisi degli errori ................................................................................................. 54 CAPITOLO TERZO .................................................................................... 57 Modelli di sviluppo ................................................................................................ 57 L'acquisizione......................................................................................................... 57 Gli studi .................................................................................................................. 59 Problematiche cognitiviste ..................................................................................... 60 Effetti sociali .......................................................................................................... 60 Input e output ......................................................................................................... 60 Interazione .............................................................................................................. 62 Effetti pedagogici ................................................................................................... 63 Fattori interni al discente ........................................................................................ 64 3 Fattori individuali ................................................................................................... 64 Motivazione............................................................................................................ 65 Conclusione ............................................................................................................ 65 INDEX FIRST CHAPTER ....................................................................................... 69 Psychoanalysis and languages............................................................................... 69 Freud and languages ............................................................................................... 72 Resist the language ................................................................................................. 73 The function of the Superego in language learning ............................................... 74 Mother and mother-tongue ..................................................................................... 82 SECOND CHAPTER ................................................................................... 83 The Brain ................................................................................................................ 83 Areas of the brain involved in language learning. ................................................. 84 The areas that the brain uses for the learning of a new language: ........................ 85 Where is the language situated ? ............................................................................ 87 What happens in our brain when we learn more than one language ? ................... 88 Heschl’s gyrus ........................................................................................................ 91 Conclusion.............................................................................................................. 93 4 INDICE Primer Capítulo ........................................................................................... 96 Freud y las lenguas ................................................................................................. 96 Resistir al idioma.................................................................................................... 98 Madre y Lengua materna ..................................................................................... 100 Segundo Capítulo ...................................................................................... 105 El cerebro humano ............................................................................................... 106 Las áreas del cerebro involucradas en el "aprender un idioma”. ......................... 107 El àrea de Heschl .................................................................................................. 109 Conclusiòn............................................................................................................ 112 5 Cervello e Interpretazione Introduzione L’apprendimento delle lingue straniere è un processo lungo e difficile in cui interagiscono tra loro elementi molto diversi, alcuni di ordine cognitivo e altri di ordine psicoaffettivo. I fattori in gioco si distinguono in esterni e interni: i primi sono relativi alla situazione socio-culturale in cui si trova l’apprendente, all’input linguistico che ha a disposizione e alle possibilità di interagire con la lingua, e i secondi dipendono dall’età dell’apprendente, dalla motivazione che lo spinge a studiare una lingua straniera, dall’attitudine e dallo stile cognitivo. Nonostante la ricerca scientifica, soprattutto negli ultimi decenni, abbia dato un contributo fondamentale alla comprensione del processo di apprendimento delle lingue, c’è accordo nell’affermare che in tale processo vi è, e permane, qualcosa di incomprensibile. La linguistica e tutte le scienze ad essa correlate (la linguistica 6 applicata, la psicolinguistica, la neurolinguistica, ecc..) hanno ricondotto i processi di apprendimento a un sistema, ma sia la scienza che l’esperienza riscontrano che, nel corso del processo, questo sistema va incontro a delle “aperture”, passaggi che avvengono fuori dal sistema stesso. Gli strumenti sofisticatissimi che la scienza mette a disposizione per la rilevazione di neuro-immagini, consentono di visualizzare e registrare quello che succede nel cervello durante varie attività mentali in risposta a stimoli specifici nei soggetti che volontariamente si sottopongono agli esperimenti. Seppure esperimenti di tale natura aiutano a scoprire e a connettere varie funzioni psichiche a specifiche strutture cerebrali, per quanto concerne il funzionamento dei processi di apprendimento di una lingua, non aiutano però a risolvere completamente la questione di queste “zone grigie” dell’apprendimento, né illuminano del tutto le ombre che, in alcuni passaggi, offuscano il cammino di chi impara una lingua. Partendo dalla constatazione che esiste una zona in ombra dell’apprendimento, nel presente lavoro proverò a indagare cosa succede in quell’area più inconscia attraverso cui inevitabilmente passa, e a volte si blocca, l’apprendimento di una seconda lingua. 7 CAPITOLOPRIMO Lapsicoanalisielelingue Innanzitutto è necessario chiarire che nessuno tra gli studiosi di psicoanalisi si è occupato direttamente del tema dell’apprendimento delle lingue straniere, anche se evidentemente lo studio del linguaggio ha costituito sempre un settore di grande interesse. Istituendo la scena del setting analitico, Freud sancisce il primato assoluto della comunicazione verbale in ambito psicoanalitico: dal momento che l’analista si sottrae allo sguardo faccia a faccia con il paziente , la parola acquista una priorità assoluta. In questo modo la psicoanalisi viene a stabilire con le discipline correlate allo studio del linguaggio un proficuo e costante scambio, dal momento che condivide con esse le stesse complessità e specificità. È bene poi ricordare che la psicoanalisi nasce in un contesto culturale in cui il polilinguismo è la norma. La Vienna del tempo di Freud è un crocevia di scambi economici e politici che favoriscono la comunicazione interlinguistica, e naturalmente anche il mondo della cultura risente di un simile clima di “babele linguistica”. Lo stesso Freud può leggere senza difficoltà testi in lingua inglese, e l’inglese da lui scritto è fluente, anche se imperfetto. Per quanto riguarda invece la pratica analitica svolta in inglese, sappiamo che essa è sovente per Freud causa di insoddisfazione se non dolore o irritazione. Costretto ad accettare in cura pazienti inglesi e americani per ragioni economiche, dato che sono gli unici, nel difficile momento storico della guerra, in grado di pagare un onorario decoroso, soffre tuttavia a tal punto il disagio di dover parlare imperfettamente l’inglese che in alcuni momenti è sul punto di ripensarci. Scrive P. Gay nella celebre biografia di 8 Freud 1 : “Con questo cambiamento di clientela, la lingua principale, nel lavoro professionale, diventa per Freud l’inglese, da tempo quella che preferisce. È per questo che i suoi errori lo esasperano e lo portano ad arrabbiarsi con se stesso – e con l’inglese. Nell’autunno del 1919 assume un insegnante ‘per affinare il mio inglese’. Ma i risultati delle lezioni lo lasciano insoddisfatto. ‘Ascolto per quattro- sei ore al giorno gente che parla in inglese o in americano’ osserva nel 1920, ‘e avrei dovuto fare maggiori progressi nel mio inglese, ma a sessantaquattro anni imparare è più difficile che a sedici. Raggiungo un certo livello e lì mi devo fermare.’” Durante la seconda guerra mondiale, molti psicoanalisti ebrei sono costretti a emigrare in seguito alle persecuzioni naziste, principalmente negli Stati Uniti, e quindi si trovano nella circostanza particolare di praticare la terapia psicoanalitica in una lingua diversa da quella di origine. Allo stesso modo, anche numerosi pazienti, a loro volta fuggiti dalle persecuzioni o emigrati per altre ragioni, si trovano ad affrontare il trattamento analitico in un nuovo paese e, cosa ancora più complessa, in una lingua straniera 2. Proprio da esperienze di questo tipo sono scaturite, da parte del mondo psicoanalitico, riflessioni molto interessanti sull’uso di una seconda lingua durante la terapia. Ed è proprio da tali riflessioni che penso di poter trarre degli spunti utili alla comprensione degli aspetti inconsci che influiscono sul complesso processo di apprendimento di una lingua. La letteratura sul tema del polilinguismo in psicoanalisi si può suddividere in due periodi distinti, che vedono tra di loro un vuoto di circa venti anni: un primo periodo che va dalla metà degli anni Trenta alla metà degli anni Cinquanta, ed un secondo dagli anni Ottanta in poi. La maggior parte dei lavori che si riferiscono al primo periodo “indaga la funzione della lingua nell’ambito della struttura, dei rapporti tra Super-io, Io, Es. Di conseguenza si segnalano essenzialmente gli aspetti difensivo- resistenziali, la possibilità che una nuova lingua si pieghi alle esigenze del Super-io e consenta nuove esperienze affettive e nuove rappresentazioni al servizio della rimozione di pulsioni infantili originarie connesse alla lingua madre da ripudiare”2 . Il secondo periodo, che i curatori de La babele dell’inconscio fanno coincidere con lo svolgimento di un convegno tenuto nel 1981 a 1 Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993. Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993. 2 9 Rabat, in Marocco, sembra caratterizzato dai temi del bilinguismo, a cui si possono collegare anche importanti trasformazioni politiche e sociali intercorse in questo arco di tempo. In questa seconda fase “si cominciano a delineare nell’universo psicoanalitico i problemi dell’intersezione tra le varie lingue nel mondo interno. A questo proposito è interessante rilevare che in alcuni casi psicoanalista e paziente provenivano dallo stesso paese, e quindi parlavano la stessa lingua madre. Questo consentiva durante la terapia di passare da una lingua (L1) all’altra (L2) o viceversa, con interessanti implicazioni psicologiche. Ci riferiamo alle vicende storiche legate al colonialismo che hanno imposto una appropriata riflessione sul tema del contatto delle lingue e in particolare sul bilinguismo. Il fatto che il convegno in questione si è svolto in Marocco, paese bilingue, è certamente indicativo. Freudelelingue Un’attenzione a parte merita il contributo di Freud al tema delle lingue. Sebbene non vi siano scritti freudiani che affrontino esplicitamente e in modo organico l’argomento delle lingue straniere e del ruolo svolto all’interno del funzionamento psichico, l’intera opera dello psicoanalista viennese è costellata di osservazioni rilevanti sul linguaggio e l’uso delle lingue. I lavori freudiani sui fenomeni di lingua (lapsus, motti di spirito), - come sottolineano i curatori de La babele dell’inconsciopur non essendo certamente linguistici, propongono una ‘linguistica’ molto attuale. Una ‘linguistica’ centrata sull’utente della lingua o delle lingue, che focalizza la ricerca su quell’area che nella parola del locutore mette in primo piano la deviazione e il gioco, nella sua funzione creativa e terapeutica. In un certo senso l'intera struttura 10 del discorso psicoanalitico è centrata sul confronto con una lingua straniera, cioè la lingua dell'inconscio. La grande sfida freudiana consiste nel cercare una chiave di accesso al linguaggio dell'Es, soprattutto attraverso l'interpretazione dei sogni, e nel proporne un progetto di traduzione nel linguaggio dell'Io. La lingua straniera come rappresentazione dell'alterità e dell'incomprensibilità è in ognuno di noi. Già a partire dagli Studi sull’Isteria, la parola è al centro dell’universo terapeutico freudiano: la scoperta da cui prende le mosse il metodo catartico di Breuer e Freud è che è possibile “sfogare a parole un sintomo”, “abreagire gli affetti con le parole”. Il segreto della nuova tecnica terapeutica sta nel “consentire all’affetto incapsulato di sfociare nel discorso”3: ”ogni sintomo infatti, scrivono Breuer e Freud, scompariva dopo la narrazione della prima occasione in cui si era presentato”(Freud). Tutto ciò è sintetizzato nella celebre metafora di Anna O. : “talking cure”, la cura di parole che funziona, sempre con una metafora della stessa paziente, attraverso l’effetto “chimney-sweeping”, ovvero spazzacamino. Scrive Meloni 4 : “Le parole sono in ultima analisi un effetto di superficie delle pulsioni e dell’affettività: il linguaggio diviene ‘presentazione delle pulsioni’ come si dirà nei saggi metapsicologici, il loro delegato, il rappresentante mandato avanti a portare una istanza - Vertretung psichica della libido e Vorstellungrepräsentanz, letteralmente, “delegazione della rappresentazione” (“rappresentanza ideativa”), nel linguaggio freudiano. La lingua diviene teatro di apparizione di una certa materialità, come il corpo diviene una sorta di grammatica da decifrare.” Circa un decennio dopo lo studio a quattro mani con Breuer, e primo grande lavoro dopo la svolta compiuta con la Interpretazione dei sogni, Freud si dedica ancora esplicitamente all’economia della parola nel saggio su Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio. Il motto di spirito o Witz è così importante nell’economia del lavoro di Freud per il suo essere ponte, mediatore, formazione di compromesso tra processo primario e secondario, pulsione e razionalità. Gli Studi sull’Isteria e il lavoro sul Motto di spirito sono entrambi centrati sull’idea che il linguaggio sia decisivo per la nostra salute mentale: la parola affonda le sue radici nell’inconscio e pertanto è proprio attraverso i giochi di parole, 3 Sigmund Freud, L’interpretazione dei Sogni , 1899, Giunti Editore. Meloni, Maurizio, L'orecchio di Freud. Società della comunicazione e pensiero affettivo. Bari, Dedalo, 2005 4 11 il motto di spirito e i ponti verbali che si interviene nella soluzione dei conflitti nevrotici. Resistereallalingua Chi svolge la professione di insegnante di lingue straniere, si trova frequentemente a dover affrontare, e possibilmente risolvere, i condizionamenti e le difficoltà che incontrano gli apprendenti adulti di una lingua straniera. Naturalmente un insegnante consapevole dovrebbe sapere in che modo e di quali risorse disporre per abbassare le barriere difensive o il livello di ansietà, per creare un ambiente adatto, per rendere più accessibile la lingua obiettivo, insomma per facilitare l’apprendimento dello studente. Ma il manifestarsi di forti resistenze a lasciare la lingua madre per arrivare alla lingua straniera, spinge a riflessioni più profonde. Imparare una lingua straniera da adulti implica anche la rinuncia, o almeno la messa in discussione, degli aspetti affettivi del linguaggio, proprio quelli che insieme ad altri strutturano la nostra identità. Imparare una lingua straniera non vuol dire aggiungere una lingua ad un’altra: l’apprendimento non consiste certamente in una semplice sommatoria di lingue, ma è un processo che implica una risignificazione dell’intero sistema linguistico e della rete associativa che ne tiene insieme i significati. Un nuovo nome, una nuova parola non sono soltanto un’acquisizione intellettuale, ma un elemento che modifica l’intero contesto dei nostri rapporti con gli oggetti, perché diverso è l’investimento che facciamo sulla parola nell’una o nell’altra lingua. A questo proposito vorrei ricordare la nota riflessione di LeviStrauss, quando dice che non si pensa alla stessa cosa dicendo cheese oppure dicendo fromage, proprio perché sono troppo diversi i percorsi affettivi e sensoriali e le radici relazionali che caratterizzano per ciascun individuo l’apprendimento della lingua e dei singoli vocaboli: “Per me che ho parlato esclusivamente inglese per certi periodi 12 della mia vita, pur senza essere bilingue, fromage e cheese vogliono certo dire la stessa cosa, ma con sfumature differenti; fromage evoca una certa pesantezza, una materia untuosa e poco friabile, un sapore denso. È una parola particolarmente adatta a designare quel che i lattai chiamano ‘paste grasse’; mentre cheese, più leggero, fresco, un po’ aspro e che svanisce sotto i denti (si pensi alla forma dell’orifizio boccale), mi fa immediatamente pensare al formaggio bianco. Per me il ‘formaggio archetipo’ non è dunque, a seconda che io lo pensi in francese o in inglese, il medesimo”. 5 Il processo di apprendimento di una seconda lingua comporta un distanziamento emozionale dalle parole della lingua madre. Questo distanziamento è difficile da tollerare, proprio perché provoca un estraniamento dalla propria identità che può essere sentito come una perdita. LafunzionedelSuper‐Ionell'apprendimentodellelingue Gli scritti che presento indagano la funzione della lingua nell’ambito dei rapporti tra Super-Io, Io, Es. Alcuni di questi lavori si riferiscono al periodo della prima migrazione di psicoanalisti, e mettono bene in evidenza gli aspetti difensivo – resistenziali che l’uso di una seconda lingua mette in azione, denunciando la funzione del Super-Io nel processo di apprendimento e la difficoltà che una nuova lingua consenta nuove esperienze affettive e nuove rappresentazioni. Le riflessioni contenute in questi articoli prendono spunto dal lavoro clinico di psicoanalisti di origine tedesca o austriaca emigrati in America nel periodo della guerra, che hanno lavorato con pazienti di madrelingua tedesca anch’essi emigrati. La possibilità di utilizzare in sede analitica 5 Lévi Strauss, Mito e significato, 2002 Milano, Bompiani. 13 sia l’inglese che il tedesco, ha messo in luce forme di resistenza verso l’una o l’altra lingua, dando così significato a rimozioni e conflitti infantili. Uno dei primissimi lavori sul tema della relazione tra lingua madre e lingua straniera è un articolo del 1939 dello psicoanalista Erwin Stengel, “On learning a new language”. Ebreo di origine tedesca costretto a trasferirsi in Inghilterra, Stengel è forse l’unico tra i primi autori che si occupano del problema delle lingue, ad essersi dedicato, prima di emigrare, allo studio dei disturbi del linguaggio in pazienti affetti da malattie mentali. Richiamandosi al lavoro di Freud sull’afasia, di cui segnala l’ipotesi circa le analogie tra gli errori degli afasici e i lapsus che possono verificarsi negli individui sani in condizioni di stanchezza, egli afferma che i pazienti che tornano a parlare, dopo la perdita completa della facoltà di linguaggio, mostrano sintomi di ecolalia, cioè la ripetizione automatica delle parole che si ascoltano. Viceversa non v’è traccia di ecolalia in un adulto sano che impara una seconda lingua: l’ecolalia, questo primitivo meccanismo di identificazione che caratterizza le prime fasi dello sviluppo del linguaggio nell’infanzia- sia quando un bambino impara la lingua madre sia una lingua straniera-, scompare in età più avanzata. Questa differenza sembra essere importante per Stengel per capire i differenti strumenti che sono a disposizione di un bambino e di un adulto nell’apprendimento di una nuova lingua, aggiungendo inoltre che nell’infanzia, ad esempio, si imparano prima e più facilmente le parole che indicano il corpo e le sue varie parti. Scrive Stengel: “È molto significativo che, di norma, solamente una categoria di parole non sia soggetta a errore, ovvero il nome degli oggetti appartenenti all’Io, e in particolare a parti del corpo”6.Un altro tratto che secondo Stengel sembra accomunare alcune manifestazioni patologiche del linguaggio con quelle che possono manifestarsi nell’infanzia, è costituito dal processo del nominare correttamente gli oggetti. Né i pazienti affetti da disturbi della memoria, o della concentrazione, né i bambini dimostrano di sentirsi a disagio o di soffrire quando non riescono a trovare la parola giusta e ne dicono una sbagliata: “Se si comunica a tali pazienti, in cui la comprensione è regolare, che le parole sono sbagliate, costoro spesso non accettano la correzione ma insistono sulla propria versione. […] Possiamo riscontrare nei bambini reazioni abbastanza simili a quelle 6 Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. 14 dei pazienti qui descritti. I bambini infatti non soffrono di tali dubbi. Non temono gli errori e non indietreggiano dal formare nuove espressioni sotto l’esigenza del momento, se quella generalmente usata non è a portata di mano”7. Al contrario gli adulti sani sanno quanto a volte sia difficile trovare la parola giusta per nominare gli oggetti, e sanno anche quanto questo possa provocare sentimenti di insoddisfazione o perfino un certo senso di colpa. Questo è dovuto al fatto che una delle funzioni del Super-Io è proprio quella di controllare le rigide regole che governano la relazione tra le parole e gli oggetti. Secondo lo psicoanalista, imparando una nuova lingua si diventa coscienti di questa funzione del Super-Io che interviene nella scelta della parola che deve riflettere l’idea dell’oggetto, rallentando il processo di apprendimento: “Nell’apprendere una nuova lingua diventiamo consapevoli di una simile funzione del Super-Io. Ciascuno di noi, e in particolare quelli con alcuni tratti di nevrosi ossessiva, è spesso ossessionato da dubbi se alcune parole scelte davvero riflettano l’oggetto. ossessivo Il nevrotico pertanto rallenta l’apprendimento di una nuova lingua, sebbene possa rendere più solidi eventuali successi”. 8 Trattando dell’apprendimento delle lingue, l’autore inoltre che processi considera di pensiero i sono accompagnati da immagini visuali e pertanto afferma che tale processo può essere alterato durante l’acquisizione di una seconda lingua. 7 8 Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. 15 A sostegno di questo dato, Stengel porta alcuni esempi tratti dalla sua esperienza personale: dice che per un tedesco nelle prime fasi di apprendimento dell’inglese la parola tedesca Universität evoca una particolare immagine architettonica, diversa dalle immagini legate alla parola inglese University: “Se un tedesco, nelle fasi iniziali dell’apprendimento dell’inglese, produce o ascolta la parola ‘Universität’, gli può apparire l’immagine della facciata di un edificio conosciuto, ovvero, un modello di base. La parola ‘university’, al contrario, può generare l’immagine di un docente che fa lezione davanti ad una platea. La stessa cosa avviene con altre parole di carattere meno pronunciatamente locale”9. Stengel è dunque consapevole della stretta connessione che si crea tra apprendimento del linguaggio e sviluppo psicoaffettivo, nonché della radice corporea dei processi di pensiero: “È quasi impossibile decidere fino a che punto il fenomeno che ho descritto sia connesso con il fatto ovvio che le nostre relazioni libidiche verso un oggetto denotato da una parola straniera siano in qualche misura differenti dalle nostre relazioni verso lo stesso oggetto denotato in lingua nativa”. 10 Parlando di tale tema, lo psicoanalista non può fare a meno di citare il saggio di Karl Abraham sulla forza determinante del nome. Secondo Abraham la nostra relazione con un oggetto cambia nel momento in cui esso ottiene un nuovo nome durante il processo di apprendimento di una seconda lingua provocando una resistenza che solo più tardi diventa una resistenza al nuovo nome. Naturalmente la resistenza è più forte in relazione agli oggetti affettivamente più connotati. Le 9 Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. 10 16 riflessioni sui fenomeni fin qui descritti consentono all’autore di mettere meglio a fuoco il significato delle difficoltà, o meglio delle resistenze, che spesso caratterizzano l’apprendimento di una lingua straniera da parte di un adulto. Stengel afferma che il linguaggio è una realizzazione dell’Io. Investigare le difficoltà del linguaggio da una punto di vista psicoanalitico significa investigare le differenti influenze emozionali a cui l’Io è soggetto. Queste influenze variano da individuo a individuo, ma hanno in comune un certo grado di irrazionalità. Per esempio è molto comune credere che la propria lingua sia la migliore, l’unica capace di esprimere adeguatamente la complessità della vita: “La nuova lingua è spesso vista come povera ed in qualche modo primitiva. C’è spesso il sentimento che solo le parole della lingua madre possano riflettere la verità, mentre le parole straniere sono sentite in qualche misura false”. 11 I progressi nell’apprendimento di una seconda lingua, continua Stengel, si bloccano spesso a un certo stadio, che varia tra i differenti soggetti: il livello della nuova lingua parlata sembra la risultante del compromesso tra la domanda di realtà e la resistenza emotiva contro il nuovo modo di esprimere se stessi. Interessanti le interpretazioni: “Il fattore di devozione alla lingua genitoriale, in parte inconscio, può avere una qualche importanza ed esistono altre ovvie reazioni. Praticamente nessuno è immune da un senso di vergogna quando inizia a parlare una nuova lingua. Acquisire una nuova lingua nella vita adulta è un anacronismo, una regressione che molte persone non riescono a tollerare. Due i punti salienti: il fatto che la resistenza alla nuova lingua possa essere motivata dall’attaccamento alla lingua dei genitori, e la condizione regressiva che sperimenta l’apprendente adulto di una lingua straniera. Questa regressione verso i processi primari, che si ha apprendendo una lingua straniera, fa insorgere il senso di vergogna, di colpa, di paura del ridicolo: “L’adulto che passa attraverso un idioma straniero è spinto a regredire, ad esempio in direzione del processo primario nel quale a suo tempo creò il proprio idioma. La sua resistenza verso più idiomi è analoga alla resistenza del paziente contro l’analisi dei sogni. Dimentichiamo gli idiomi proprio come 11 Le citazioni riportate nella presente pagina appartengono a Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. 17 dimentichiamo i sogni”.12 Stengel riconosce quindi che la funzione del Super-Io è determinante nel creare delle resistenze all’apprendimento di una lingua straniera, e i significati di queste resistenze sembrano particolarmente suggestivi per una comprensione profonda della realizzazione o del fallimento di tale processo: da un lato la difficoltà a rinunciare all’universale illusione narcisistica che la propria lingua sia la migliore, e l’unica capace di esprimere la verità, dall’altro il senso di vergogna, di colpa e di paura del ridicolo che la regressione verso i processi primari comporta quando si impara una lingua straniera. Un’altra autrice che si è occupata della funzione dell’Io e del Super-Io nell’apprendimento della seconda lingua è Edith Buxbaum, psicoanalista di origine tedesca trasferitasi a Seattle, negli Stati Uniti. Nel 1949 scrive un interessante articolo sulla sua esperienza di psicoanalista bilingue con pazienti bilingui. All’inizio del suo scritto l’autrice riporta i casi clinici di due bambini, entrambi figli di genitori tedeschi emigrati negli Stati Uniti, che pur incapaci di parlare la lingua dei loro genitori, conservavano molto forte. un Un ne accento fatto piuttosto insolito, considerando che i bambini possono imparare una lingua straniera perfettamente, anche a livello fonetico. Nell'interpretazione psicoanalitica, questo sembra un modo per rimanere stranieri in entrambe le lingue: “[...] verso la prima perché non la sanno parlare, forse nemmeno la capiscono, e verso la nuova perché il loro accento li isola dal resto delle persone” 13. La psicoanalista ritiene che questo forte accento, diciamo pure un difetto di pronuncia, rifletta un rapporto fortemente ambivalente dei due ragazzi con i rispettivi padri, imitativo ma anche ostile, la stessa ostilità che i padri vivono nei confronti del nuovo paese e della nuova cultura. La 12 Stengel, Erwin. (1939). On learning a new language. International Journal of Psycho-Analysis. Edith Buxbaum, “The role of a second language in formation of ego and superego”, Psychoanalytic Quarterly, 1949 13 18 Buxbaum riferisce che nel corso delle loro analisi i due ragazzi sono andati perdendo il loro forte accento, sebbene il problema della pronuncia non sia mai stato trattato direttamente nell’analisi e nonostante lei stessa abbia una forte pronuncia tedesca. L’interpretazione di questi due casi la porta ad affermare che il linguaggio ha una specifica funzione nella formazione dell’Io. Molto indicativi sono anche gli altri casi di cui riferisce la Buxbaum, di giovani donne di origine tedesca, immigrate in America, che capiscono perfettamente il tedesco, ma si rifiutano di parlarlo: “Entrambe comprendevano perfettamente il tedesco, ed entrambe rifiutavano di parlarlo. Anna sosteneva di essere stata una bambina eccezionalmente felice prima di trasferirsi a sedici anni, quando cominciò la depressione. Credeva che fino ad allora avesse avuto una relazione perfetta con la propria madre, e che da allora era divenuta spiacevole. I ricordi della sua infanzia in Germania, così come venivano presentati, erano vaghi e romantici, evidentemente falsi. Come noto, le memorie infantili rivivono in analisi solo espressioni verbali di sono così utilizzate; necessario quando quel le periodo divenne per Anna utilizzare il tedesco della sua infanzia”. 14 L’analisi con questa paziente si svolge quindi in inglese, ma quando il trattamento analitico porta alla coscienza i ricordi infantili è necessario ricorrere al tedesco, anche se tutte le parole tedesche che indicano le parti del corpo o le funzioni istintuali, come pure le parole che nell’infanzia esprimevano la tenerezza verso le persone della famiglia, vengono pronunciate molto male. Nel caso dell’altra paziente, Bertha, una donna di trentasei anni che era vissuta in Germania fino alla fine della scuola superiore, era avvenuto un abbandono volontario del tedesco a causa di una delusione amorosa, quando ancora viveva in Germania. Emigrando negli Stati Uniti si era ripromessa di non innamorarsi più e, più o meno consapevolmente, sapeva che sarebbe stato più facile reprimere i sentimenti cessando di parlare in tedesco. Solo quando capì che reprimere i sentimenti la faceva sentire vuota, si rese conto che sarebbe dovuta tornare a parlare 14 Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 19 la lingua tedesca, ma sentiva che questo l’avrebbe sottoposta ad una insostenibile pressione emotiva: “Quando realizzò che reprimere i suoi sentimenti avrebbe fatto sentire vuota la sua vita, disse ‘So che dovrei parlare tedesco con lei, ma non ne ho il coraggio. Non so cosa potrebbe succedere. Probabilmente crollerei a pezzi!’ 15 Appena le sue ansie diminuirono, mi portò il suo diario, scritto in tedesco, che conteneva la storia del suo amore, un’adorazione da lontano di cui il ragazzo non era quasi consapevole. Poi mi portò degli appunti scritti in tedesco. Erano delle vere e proprie lettre d’amore per me, scritte quasi con lo stesso tono del diario. Per lei il tedesco era la lingua dell’amore. Alla fine mi parlò in tedesco.” In questi due casi clinici analizzati dalla Buxbaum sembra che la lingua madre sia così intrecciata con i primi livelli emozionali dello sviluppo psicoaffettivo da conservare tutta la forza evocativa dei conflitti arcaici. La resistenza a parlare tedesco esprime il diniego a entrare in contatto con le fantasie rimosse e la nuova lingua serve così come difesa per rinforzare la rimozione. “In questo modo la lingua diventa il veicolo per rivivere il passato e portare i desideri e le emozioni inconsce alla coscienza. La difficoltà di un paziente a esprimere se stesso è una misura della sua resistenza; in alcuni casi la pressione esercitata dal Super-Io è così forte che il paziente è incapace di dire alcunché. Il Super-Io usa la sua forza per ostacolare la magia della parola” 16 . L’abilità di imparare una lingua straniera, conclude la Buxbaum, può dipendere da sentimenti inconsci che sono sotto il controllo del Super-Io. L’abilità di parlare una lingua straniera può essere considerata alla pari di altre forme di sintomatologia del linguaggio, ed è soggetta agli stessi meccanismi che producono disfunzioni della lingua. Inoltre l'apprendimento di una seconda lingua può essere impiegato sia come un meccanismo di difesa che rinforza la repressione, sia come un modo per indebolire la forza del Super-Io. 15 16 Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 20 Madreemadrelingua Madrelingua, mother tongue, alma mater, langue maternelle, sono le definizioni che “universalmente” si danno alla prima lingua che gli individui cominciano a parlare. Queste immagini verbali esprimono suggestivamente funzione del l’idea che linguaggio “la venga ‘presa’ e appresa attaccati al seno materno, insieme al latte” 17 . Lo psicoanalista Ralph R. Greenson, che ha fornito diversi e interessanti contributi proprio sulla relazione tra la madre e la madrelingua, afferma che il termine stesso madrelingua implica una stretta relazione tra madre e linguaggio. Nella civiltà occidentale la prima lingua è chiamata madrelingua. Margaret Mead (comunicazione personale) ha affermato che anche nelle società in cui le donne parlano una lingua differente dagli uomini, la lingua della madre viene insegnata per prima a tutti i bambini dalla madre stessa, e solo in seguito i bambini imparano la lingua del padre.” 18 L’acquisizione del linguaggio non è un percorso semplice né lineare: parallelamente all’acquisizione neurofisiologica e cognitiva della lingua, dei suoi vocaboli e dei suoi costrutti, devono maturare tutti quei processi interni che portano alla definizione del “sé” distinguendolo dal “non sé”. L’instaurarsi della lingua all’interno del rapporto diadico madre – bambino comporta un processo di disidentificazione tra la madre e il bambino e di separazione tra il “dentro” e il “fuori”. Attraverso il linguaggio il bambino comincia a costituirsi come 17 Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri International Universities Press. 18 Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998. 21 sé separato dalla madre, e allo stesso tempo sviluppa la capacità di rientrare in contatto con l’oggetto amato. Secondo Cremerius: “ Il silenzio è la forma di comunicazione che caratterizza il primo rapporto madre- bambino al livello della fusione soggetto – oggetto; il parlare subentra dopo che è andata perduta l’unità simbiotica, è anzi in sé uno dei mezzi per distruggerla. Nel contempo rappresenta però anche il tentativo di ristabilire il contatto con l’oggetto amato: solo che ora esso assume la forma astratta, secondaria e distanziata di un’intesa con l’aiuto di concetti che si possiedono in comune.” 19 Nell'articolo “La madrelingua e la madre” lo psicoanalista Ralph Greenson, viennese emigrato negli Stati Uniti, fornisce delle riflessioni importanti su come questa relazione possa condizionare l’apprendimento di una nuova lingua. Le osservazioni prendono luogo da un’esperienza clinica con una giovane donna austriaca che si era trasferita in America nella prima giovinezza. Nonostante la paziente e l’analista parlino la stessa madrelingua, l’analisi inizialmente si svolge in inglese. La donna manifesta un forte attaccamento edipico al padre e un’avversione per la madre, che è associata al rifiuto di parlare tedesco. Scrive Greenson: “Le suggerii di parlare tedesco, ma lei reagì inizialmente con angoscia e disse: ‘Ho paura. Non voglio parlare tedesco. Ho l’impressione che se parlo tedesco, dovrò ricordare qualcosa che voglio dimenticare’. Nella prima ora che parlò tedesco, la paziente espresse la paura di dover dire parole oscene in quella lingua. Era molto più facile dirle, ed erano molto più ‘pulite’ in inglese. ‘[…] In tedesco sono una bambina sporca e spaventata; in inglese sono una donna nervosa e raffinata’”. 20 Le trasformazioni del lavoro analitico coinvolgono anche la lingua: “Il linguaggio delle sedute variò, a volte erano in inglese, altre volte in tedesco, ed era la paziente a scegliere la lingua. Solo quando si verificavano particolari resistenze a ricordare o a 19 Johannes Cremerius,Il futuro della psicoanalisi. Resoconti e problemi di psicoterapia (Psicoanalisi e psichiatria dinamica), 2000, Feltrinelli. 20 Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusivamente a Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998. 22 riaappropriarsi di sentimeenti concernnenti la maadre, suggerrivo alla paaziente di parlare teedesco. Verrso la fine dell’analisi, d , la pazientte parlò quasi esclusivvamente ing glese, seenza differenziare le su ue produzionni a seconda della lingua impiegatta” .Analizzzando quuesto caso clinico c dal punto di viista della liingua, lo pssicoanalista afferma ch he “la nuuova linguaa, in questo caso l’ingllese, offrivaa alla pazieente l’opporrtunità di errigere unn nuovo sisstema difenssivo contro la sua vitaa infantile” . Anche la Buxbaum aveva a m messo in lucce proprio questo q puntoo, sottolineando le fun nzioni superregoiche asssunte daalla nuova lingua: la lingua straaniera aiutaava a rimu uovere ricorrdi e sentim menti inncestuosi chhe sarebbero stati più accessibili nella mad drelingua. G Greenson seembra agggiungere qualcosa q di più in relaazione al leegame tra la l lingua e l’identità: “Una nuuova linguua offre l’opportunitàà di stabillire un nu uovo autoriitratto che può sooppiantare le antiche im mmagini, o permette allle nuove im mmagini di coesistere con c le veecchie, il chhe può con ndurre a unna sorta di personalità p odo di ‘multipla’””. Quel mo seentirsi “sporrca e spaven ntata in tedeesco” e “neervosa e rafffinata in ingglese” dichiiarato daalla pazientte di Green nson, spiegaa bene il seenso di un rispecchiam mento identtitario 23 nella lingua ed anche la possibilità che si venga a sviluppare una personalità multipla. La funzione resistenziale di una seconda lingua può sostanzialmente svilupparsi in due modi diversi: costituire un argine difensivo contro l’affioramento dei conflitti infantili rimossi, quindi un baluardo contro la madrelingua, oppure si può verificare una resistenza a imparare una nuova lingua, in ordine alla difficoltà a introiettare nuovi oggetti, e quindi a lasciare spazio a delle ristrutturazioni dell’identità. Scrive Greenson: “L’imparare una nuova lingua implica l’introiezione di nuovi oggetti, e se esistono delle resistenze a rinunciare ai vecchi oggetti, ciò può diventare un ostacolo a questo processo. È ben nota lariluttanza ad attribuire un nuovo nome a un oggetto vecchio. È più facile adottare parole nuove e un nuovo vocabolario, che mutare accento o intonazione. Il vocabolario e la grammatica possono essere imparati in modo razionale, ma l’accento, la tonalità e il ritmo devono essere imitati, cioè incorporati. È questo il nucleo più profondo del linguaggio, così intimamente collegato alla prima relazione madre-bambino, e tanto difficile da cambiare per gli adulti. La facilità ad apprendere una lingua è forse determinata anche dagli esiti del primo rapporto con la madre.”21 Anche in altro passaggio, Greenson parla della funzione del linguaggio nel rapporto tra la madre e il bambino, che costituisce sia un fattore identificazione sia di un fattore di distanziamento: “Il linguaggio è tanto un modo per mantenere il legame con la madre quanto un mezzo per separarsene. Il 21 Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusivamente a Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998. 24 bambino che succhiava al seno della madre lo sostituisce introiettando ora il nuovo liquido della madre, i suoni, acquistando allo stesso tempo la possibilità di ripetere in maniera attiva questa antica gratificazione passiva. Il bambino sostituisce così la passività e l’attaccamento alla madre con l’attività e l’identificazione con la madre attraverso il linguaggio. Si può facilmente immaginare pertanto che la relazione originaria tra il bambino e il seno materno eserciterà un’influenza decisiva sul rapporto del bambino con la lingua materna”22 . L'inquietanteestraneità Lo straniero, come figura emblematica dell'alterità, radicalizza l'estraneità alle proprie lascia origini: il proprio paese e la propria madrelingua, ripudia il legame con rinnega opera le origini, l’identità, dunque un tradimento ai danni di se stesso, della propria famiglia e del proprio paese. Per dirlo con le parole della linguista Julia Kristeva, diventa ‘straniero a se stesso’, come se si vivesse in una zona grigia di non appartenenza. Con grande raffinatezza intellettuale, la Kristeva sa mettere in luce l’ambivalenza dell’essere straniero, la complessità di 22 Ralph R. Greenson, Tecnica e pratica psicoanalitica, Feltrinelli Editore, 1998. 25 tale condizione. Per un verso lo straniero è come il Meursault di Camus, distante, estraniato, come morto dentro, insensibile: lo è naturalmente per difesa contro un mondo a cui non appartiene e a cui forse non vuole appartenere, un mondo in cui ha perso le coordinate della sua identità. Dice la linguista: “L’indifferenza è il carapace dello straniero: insensibile, distante, egli sembra, in fondo, inaccessibile agli attacchi e alle ripulse che pure sente con la vulnerabilità di una medusa. […] Non appartenere a nessun luogo, ad alcun tempo, ad alcun amore. L’origine perduta, il radicamento impossibile, la memoria a perpendicolo, il presente in sospeso” 23La condizione di inadattabilità si esprime - per così dire- con il silenzio, attraverso la mancanza di parola: diviso tra due lingue, quella materna tenuta nascosta, e quella straniera, appresa ma inefficace, lo straniero preferisce non parlare. Un silenzio, dunque, che mette anche al riparo dall’imbarazzo di non essere capiti o di commettere degli errori, che sono lì a testimoniare che lo straniero non farà mai parte di quella comunità. Scrive ancora la Kristeva a questo proposito: “Non parlare la propria lingua materna. Abitare sonorità, logiche separate dalla memoria notturna del corpo, dal sonno agrodolce dell’infanzia. Portare dentro di sé come una cripta segreta, o come un bambino handicappato – amato e inutile – quel linguaggio di un tempo che sbiadisce e non si decide a lasciarvi mai”. Per un altro verso, secondo la Kristeva lo straniero può sperimentare, in opposizione a quanto esposto poco sopra, una sorta di libertà sfrenata, proprio perché si sente libero dai legami con le sue origini. Ma si tratta di un’opposizione solo apparente, perché questa libertà è l’altra faccia della solitudine. “Libero dai legami con i suoi, lo straniero si sente ‘completamente libero’. L’assoluto di questa libertà si chiama però 23 Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusicamente a Julia Kristeva, Strangers to Ourselves. New York: Columbia University Press,1991 26 solitudine, come lo stato agravitazionale degli astronauti, distrugge i muscoli, le ossa, il sangue. Disponibile, liberato da tutto, lo straniero non ha nulla, non è nulla” . Tale liberazione dal controllo superegoico investe anche il linguaggio per il fatto che la lingua straniera è come svincolata dall’inconscio, una sorta di lingua artificiale che non è in contatto con le pulsioni profonde. Una lingua quindi che non parla, perché non fa parlare di se e suona come una pura riproduzione di ciò che si è imparato. “Libero dalle briglie della lingua materna, lo straniero che impara una nuova lingua è capace di ricorrere in essa alle audacie più imprevedibili, di ordine sia intellettuale sia osceno. Quella certa persona che osava appena parlare in pubblico e faceva discorsi imbarazzati nella sua lingua materna si ritrova a essere nell’altra lingua un interlocutore intrepido. L’apprendimento di nuovi ambiti astratti si rivela di una leggerezza inaudita, le parole erotiche su cui pesava l’interdetto familiare non fanno più paura. [...] Il suo linguaggio non lo mette in imbarazzo perché non dice nulla delle sue pulsioni: lo straniero può dire ogni genere di incongruità senza farsi prendere da alcuna repulsione e neppure da una qualsiasi eccitazione, tanto il suo inconscio si protegge dall’altra parte della frontiera”.24 Il rischio che si corre è quello di una scissione che si opera attraverso la lingua, ma che riguarda l’identità: la lingua straniera viene a delimitare proprio quella frontiera tra il se e il non-se, può diventare la protezione dietro cui difendere la propria identità profonda. Il linguaggio, e in particolare la dinamica tra lingua madre e lingua straniera, può costituire la dimensione che consente una esplorazione dell’alterità, non più sentita come qualcosa che possiamo riconoscere solo fuori di noi, ma che alberga in noi, è parte del nostro Io. La nozione freudiana di inconscio, la terza ferita narcisistica per l’uomo, spiega che l’estraneità è in ognuno di noi, che siamo divisi e sconosciuti a noi stessi. Scrive la Kristeva: “Con la nozione freudiana di inconscio, l’involuzione dello strano nel sistema psichico perde il suo aspetto patologico e integra in seno all’unità presunta degli uomini un’alterità ad un tempo biologica e simbolica, che diviene parte integrante del medesimo. Lo straniero ormai non è né una razza né una nazione. Lo straniero non è né magnificato come Volkgeist segreto né bandito come 24 Tutte le citazioni virgolettate nella presente pagina appartengono esclusicamente a Julia Kristeva, Strangers to Ourselves. New York: Columbia University Press,1991 27 perturbatore dell’urbanità razionalista. Inquietante, l’estraneità è in noi: siamo i nostri stranieri, gli stranieri di noi stessi – siamo divisi.” Nuova lingua, nuova identità La letteratura psicoanalitica analizzata fin qui individua soprattutto l’aspetto difensivo e resistenziale dell’uso della seconda lingua. Pensiamo alle osservazioni cliniche di Stengel (1939), Buxbaum (1949), Greenson (1950), che analizzano come la lingua straniera possa garantire un distanziamento emozionale dalle parole della lingua primigenia, con tutto il loro carico di vissuti affettivi; un distanziamento che può mettere al riparo dall’angoscia che provocherebbe un contatto troppo ravvicinato con una lingua affettivamente molto carica. Sulla scorta della ricerca svolta dagli autori de La babele dell’inconscio, vorrei rintracciare anche quegli aspetti ristrutturanti e trasformativi che sono connessi proprio con l’uso di una seconda lingua, perché come dice Amati Mehler: “La nostra esperienza, invece, ci fa pensare che le vicissitudini delle lingue in rapporto all’identità […] siano più complesse”. 25 Talora, infatti, una nuova lingua può essere un espediente per mutilare il proprio mondo interno, talora invece rappresenta un’ancora di salvezza, un rifugio per ‘rinascere’. Rinascere a una nuova vita mediante l'adozione di una seconda lingua, è il tema che attraversa l'autobiografia della scrittrice Eva Hoffman, dal titolo Lost in translation. Il dramma, vissuto in prima persona, della perdita della propria lingua, del proprio mondo e della propria cultura è testimoniato con forza e acutezza, ma nel racconto autobiografico vi si trova anche un'indicazione di come sia possibile, da questaperdita, riconquistare un’identità non mutilata, bensì arricchita. Polacca di origine ebrea, la Hoffman è costretta a emigrare in Canada con la sua famiglia alla fine degli anni Cinquanta. Il racconto dell’emigrazione è vissuto e tematizzato dal punto di vista della perdita della madrelingua, sentita come radicale privazione dell’espressione e negazione dell’identità. L’idea della perdita è già tutta nel titolo, in 25 The babel of The Unconscious. Amati Mehler J, Argentieri S, Canestri J. Comment in Int J Psychoanal, 1991. 28 quel ‘lost’ che può essere sia il soggetto della perdita, colui che perde o si perde, sia l’oggetto, ciò che è perso. Potremmo quindi dire che la prima perdita avviene proprio cercando una traduzione in italiano, in cui è impossibile restituire il senso, o il doppio senso, che la parola lost ha in inglese. Persa nella traduzione dal polacco all’inglese, Eva Hoffman racconta come a partire dalla lingua abbia faticosamente riconquistato il senso di appartenenza a se stessa, e come nella parola riconquistata nella lingua straniera abbia potuto dare esperienza, espressione trasformando alla il sua dramma vissuto in un profondo e toccante racconto autobiografico. Le difficoltà e le possibilità di trasformazione del proprio mondo interno, e dell’Io, sono connesse con il passaggio da una lingua a un’altra lingua, cioè con la traduzione. Traduzione che, come lei stessa afferma, può acquisire perfino un valore terapeutico, richiamandosi suggestivamente alla definizione di talking cure: “Per me, la terapia è in parte una terapia di traduzione, la talking-cure una cura con la seconda lingua. Andare dallo psicoanalista è, tra le altre 29 cose, un rito di iniziazione: iniziazione a una lingua di una sottocultura entro cui mi capita di vivere, a un modo di spiegare me stessa a me stessa. Ma gradualmente diventa un progetto di traduzione all'indietro” 26 .Il romanzo è diviso in tre parti, Paradise, Exile, The New World, che costituiscono le tappe della sua esistenza: il paradiso dell’infanzia in Polonia, a Cracovia, poi irrimediabilmente perduto, la condizione dell’esilio intrinseca a quella di chi emigra, e la conquista di un nuovo mondo che è quello abitato fuori ma anche dentro se stessa. Questi passaggi sono indicativi non solo della biografia della scrittrice, ma anche di un percorso più interno di conquista di un’identità adulta e autonoma. Il primo drammatico contatto con la nuova lingua avviene quando il suo nome e quello della sorella vengono forzatamente cambiati, traducendoli dal polacco all’inglese. Il cambiamento del nome produce distanziamento un tale dalla loro identità da farle immediatamente sentire ‘straniere a loro stesse’. Anche dopo molti anni e molti cambiamenti, la Hoffman sa che il minuscolo ma abissale divario che si è aperto in lei con il cambiamento del nome forse non potrà essere completamente colmato, lei non potrà avere più un solo nome in un’unica lingua. Ma a questo punto della sua trasformazione l’inglese è la lingua in cui è diventata adulta, è la sua lingua interiore e ora nella lingua polacca mancherebbero tutte le parole per dare significato alle tappe dell'esperienza esistenziale fino a quel 26 Eva Hoffman, “Lost in Translation”, 1994, tradotto in italiano nel1995 presso Donzelli con il titolo “Come si dice”. 30 punto: “Così nei momenti in cui sono da sola, quando cammino o quando lascio scorrere i miei pensieri prima di addormentarmi, il mio dialogo interno va avanti in inglese. Non mi capita più di triangolare con il polacco come se fosse il criterio di autenticità, non mi capita più di riferirmi ad esso come ad un punto di origine”27. Non c’è più per l’autrice un ritorno al punto di origine, un bisogno di riguadagnare l’unità dell’infanzia: l’esperienza e la nuova lingua hanno creato una nuova donna e il polacco non è più l’unica vera lingua, perché ora c’è qualcosa che lei sa anche in inglese. Le due lingue sono ora permeate l’una nell’altra, hanno modificato l’una l’altra, e lei, come tutti del resto, è la somma di tante lingue differenti, come di tante esperienze differenti: “Come tutti, io sono la somma dei miei linguaggi - il linguaggio della mia famiglia e dell'infanzia, della scuola, delle amicizie e dell'amore, e del mondo che cambia – sebbene forse io tenda ad essere più cosciente della maggioranza delle altre persone delle fratture e delle costruzioni ”. Nella sua translation therapy, la terapia di traduzione, la Hoffman dice di usare l’inglese come un canale per andare indietro e verso il basso, cioè verso l’infanzia; quando impara a dire quelle piccolissime, prime cose, nella lingua che è servita per il distacco, comincia a vedere dove le lingue che ha parlato hanno le loro corrispondenze, dove può muoversi tra di loro senza essere divisa dalla differenza. Il divario non può essere completamente colmato, ma può cominciare a fidarsi dell’inglese per far parlare il suo essere infantile, per dire ciò che è stato nascosto tanto a lungo: “La distanza non può essere completamente sanata, ma comincio a fidarmi dell'inglese per far parlare anche il se dell'infanzia, per dire quello che per tanto tempo è stato nascosto, per toccare i punti più delicati. Forse qualsiasi lingua se ricercata a una distanza così remota, conduce esattamenteallo stesso posto” . Questo viaggio all’indietro nel tempo, nella vita, nella lingua permette una riconciliazione e una trasformazione che possono consentire di sostituire l’iniziale senso di perdita con il senso del futuro, possono risignificare l’estraneità e integrarla dentro di se, possono far dire alla scrittrice: “La lingua a questo punto è sufficiente. Io sono qui ora”. 27 Tutte le citazioni virgolette nella presente pagina appartengono esclusivamente a Eva Hoffman, “Lost in Translation”, 1994, tradotto in italiano nel 1995 presso Donzelli con il titolo “Come si dice”. 31 32 Conclusionidell’introduzione I limiti della traduzione e i limiti della parola stessa a spiegare l’universo a cui si riferisce, le difficoltà di comprensione che insorgono tra docente e apprendente, sono ostacoli abituali nel difficile lavoro di insegnamento/apprendimento di una lingua straniera. L’ordine di queste difficoltà non si riferisce esclusivamente alla sfera di maggiore o minore competenza e abilità linguistica del locutore, ma anche alla maggiore o minore distanza affettiva che può registrare verso un certo universo linguistico e culturale. Queste considerazioni dovrebbero sollecitare un insegnante a riconsiderare l’apprendimento come un processo estremamente complesso, e a interpretare le difficoltà di comprensione, gli errori, e anche il silenzio dell’apprendente come momenti di elaborazione e di risignificazione del proprio universo linguistico, rappresentato dalla L1 e dalla L2. La consapevolezza che con il linguaggio non si comunicano solamente contenuti semantici ma anche affettivi, aiuta a considerare i significati referenziali inseparabili dai loro significati. 33 emozionali soggettivi. Le parole affondano le loro radici affettive nell’esperienza originaria dell’apprendimento della lingua madre, e ne conservano il sostrato emozionale della relazione del bambino con le figure genitoriali. Ritengo che aprire il dibattito sull’apprendimento delle lingue a questo ordine di riflessioni sulle implicazioni psicoaffettive significhi arricchire la prospettiva pedagogica di una valenza ulteriore: fare in modo che il processo di apprendimento/insegnamento diventi la sede in cui le resistenze, i conflitti, i disagi possano non solo esprimersi ma anche sciogliersi e sanarsi. La consapevolezza che imparare una nuova lingua significa anche perdere la propria, con tutto il carico di confusione e angoscia che tale perdita implica, può aiutare coloro che agiscono nel campo delle lingue ad accogliere la sfida trasformativa che ne consegue: imparare una lingua è un’esperienza che può contribuire a raggiungere una nuova percezione di se stessi, a ridefinire il proprio orientamento interno e a risignificare anche la propria lingua madre e il mondo che essa rappresenta. Si stima oggi che esistano tra le 5.000 e le 10.000 lingue parlate nel mondo, senza tener conto dei dialetti e varianti di ogni lingua: un numero veramente impressionante di parole. Tra queste lingue, sono 12 quelle principali che rappresentano circa i tre quinti dell'umanità, mentre le prime 3 sono parlate da più di tre quarti della popolazione mondiale.In Europa, i 500 milioni di cittadini presenti nei 27 stati membri parlano 23 lingue ufficiali. Il tedesco è la lingua più diffusa (90 milioni), seguito dall'inglese, dal francese e dall'italiano. Tenendo conto di questo, la conoscenza di una o più lingue straniere permette moltissime cose: avere amici stranieri, viaggiare più facilmente, allargare i propri orizzonti, anche in campo lavorativo.Si pensa spesso che la conoscenza multilinguistica sia appannaggio di una certa aura geniale. In realtà, qualsiasi persona è in grado di imparare molte lingue, e 34 ciò dipende non dal suo grado culturale o dal livello di studi ma unicamente dalle abitudini di vita che si hanno. Un chiaro esempio di questo si ha nei campioni sportivi, che per la loro mobilità internazionale parlano correntemente molte lingue. Zinedine Zidane, il campione di football francese, parla il francese, l'italiano, lo spagnolo, l'arabo e il berbero. Una dimensione particolare dell'acquisizione delle lingue straniere si ha se si lavora nel commercio. La conoscenza di più lingue in seno a un'azienda moltiplica le opportunità e la competitività della propria azienda. L'11% delle piccole e medie imprese interrogate in un recente studio che ha riguardato tutto il territorio europeo ha dichiarato di aver perso molti contratti perché la propria azienda era sprovvista delle competenze linguistiche richieste. Il termine "acquisizione" della lingua è diventato comune dopo che Stephen Krashen distinse un "apprendimento" formale e non costruttivo. Oggi la maggior parte dei pensatori usano "apprendimento delle lingue" e "acquisizione delle lingue" in maniera intercambiabile, a meno che non ci si riferisca direttamente all'opera di Krashen. Comunque l'"acquisizione della seconda lingua" o "SLA" si è cementato come il termine preferito per questa disciplina universitaria. È ormai assodato che l’ apprendimento di almeno una lingua straniera è fondamentale, sia nella vita quotidiana sia nel mondo del lavoro: aiuta a comunicare con l’altro ed apre le porte ad ulteriori sbocchi professionali. Le domande che mi sono posta, e che saranno tema centrale della mia tesi sono: come 35 lavora il cervello umano quando si trova a dover imparare una nuova lingua, e perché per alcuni è più semplice e per altri è più complicato? 36 CAPITOLOSECONDO Ilcervelloumano Cos’è il cervello? Il cervello è l'organo principale del sistema nervoso centrale, presente nei vertebrati e in tutti gli animali a simmetria bilaterale, compreso l'uomo. Nei vertebrati il cervello è situato all'apice del nevrasse, all'interno del cranio. Il termine corretto per indicare l'insieme delle strutture contenute all'interno della scatola cranica è encefalo, di cui il cervello è una parte. Il cervello si occupa, insieme endocrino, al di parte sistema della regolazione delle funzioni vitali ed è sede omeostatiche delle e regolazioni delle funzioni cerebrali superiori. Il cervello è l'organo più importante del sistema nervoso centrale con un peso piuttosto variabile che non supera i 1.500 grammi ed ha un volume compreso tra i 1100 e i 1300 cm³, tenendo presente la possibilità di significative variazioni tra individuo e individuo, anche legate a sesso, età e altri fattori . Aree del cervello coinvolte nell’ apprendimento di una lingua. Linguaggio ha un’organizzazione di tipo focale, specializzata della corteccia. E’ ciò che ci differenzia dagli animali, anche se loro comunque comunicano ma in un altro modo. La differenza è che il nostro linguaggio è proporzionale o simbolico, mentre quello degli animali è emozionale . 37 Le aree del linguaggio sono distinte in: • Aree deputate alla decodificazione del linguaggio. • Aree deputate alla produzione del linguaggio. Il cervello da un punto di vista operativo può essere distinto in due metà: Anteriore= parte esecutiva del cervello: vi è il lobo frontale per le funzioni motorie. Posteriore= è la parte percettiva del cervello. Vi sono le aree sensitivo-sensoriali. Le funzioni di produzione del linguaggio sono soprattutto: frontali, laterali inferiori. Invece, le funzioni di decodificazione del linguaggio e dei simboli sono: la corteccia post-centrale, prevalentemente la corteccia del lobo temporo-parietale, quindi il linguaggio si sviluppa sostanzialmente nella Scissura di Silvio. 38 Le aree che il cervello utilizza per l’ apprendimento di una nuova lingua. CORTECCIA UDITIVA PRIMARIA: sito in cui arriva lo stimolo uditivo, acustico, un suono non un significato. Da qui il messaggio viene decodificato nell’area di Wernicke che ha la funzione di decodificare il messaggio di quel suono in significato. AREA di BROCA: in cui si ha la produzione, in cui esiste la memoria espressiva delle parole e si ha così “L’emissione della parola”. AREA di WERNICKE: deputata alla ricezione della parola, alla trasformazione di una parola in significato. Quando quest’area deve trasferire l’informazione pensata o la parola pensata la trasferisce nell’area di Broca, dove il fonema pensato viene trasformato in parola . 39 GIRO ANGOLARE: deputato alla decodificazione ed alla percezione della parola scritta. E’ vicino alla’area di Wernicke ed alla area associativa del lobo occipitale, sito in cui la parola scritta arriva alla corteccia calcarina e si trasferisce alle aree multimodali della corteccia occipitale vicino al giro angolare. FASCICOLO ARCUATO: è un fascicolo di sostanza bianca che mette in comunicazione la componente sensoriale del linguaggio con la componente espressiva del linguaggio, infatti se c’è una lesione di tale fascicolo si parla di AFASIA TRANSCORTICALE. Doverisiedeillinguaggio? Il linguaggio risiede nell’ area di Broca ( la quale prende il nome dallo psichiatra Paul Broca) che è un area corticale posta nel lobo frontale sinistro, cruciale per la produzione del linguaggio. È spesso chiamata area motoria del linguaggio ed è situata nella terza convoluzione frontale, subito davanti all’area motoria che controlla i muscoli del volto e subito sopra il solco di Silvio. L’ipotesi iniziale era che l’area di Broca fosse cruciale per la produzione del linguaggio in quanto conteneva la memoria della complicata serie di comandi motori necessari per articolare i suoni. Normalmente noi non ci accorgiamo della complessità del compito di articolare i suoni mentre parliamo, ma basta dover pronunciare una parola ignota e difficile, o parole in una lingua che non è la nostra lingua madre, per rendercene conto. La vicinanza fra l’area di Broca e le aree della corteccia motoria primaria che controllano la bocca e le labbra dimostra che l’ipotesi ha buoni fondamenti logici. È 40 anche interessante notare che in soggetti che apprendono una seconda lingua da grandi, l’attivazione dell’area di Broca mentre parlano nella prima lingua è in una zona non sovrapponibile a quella che si attiva quando parlano nella seconda lingua, suggerendo che il secondo apprendimento ha creato circuiti per la pronuncia delle parole diversi da quelli utilizzati per la lingua appresa per prima. Oggi sappiamo che anche altre aree del lobo frontale sinistro svolgono funzioni importanti nell’articolazione del linguaggio: in particolare l’area motoria supplementare è coinvolta nella pianificazione delle sequenze necessarie per svolgere compiti motori anche linguistici. È interessante il fatto che l’area di Broca può attivarsi in seguito alla lettura di verbi che denotano azione, contribuendo forse alla comprensione linguistica. Lavori della prima decade del 21° secolo suggeriscono anche che l’area di Broca possa giocare un ruolo nella produzione di frasi corrette dal punto di vista grammaticale. Cosasuccedenelnostrocervelloquandoimpariamopiùlingue? Paul Broca fu il primo a sostenere l'esistenza di una asimmetria funzionale tra gli emisferi cerebrali dell'uomo e a ritenere che, nella maggioranza degli individui, 41 l'emisfero sinistro presiedesse alla facoltà del linguaggio articolato. Seguirono altre ricerche, soprattutto l'osservazione di pazienti affetti da lesioni di uno o dell'altro emisfero cerebrale. Il cervello umano, come quello dei vertebrati, è formato da due metà simmetriche, gli emisferi cerebrali, i quali sono collegati dal punto di vista anatomico attraverso i sistemi commessurali che permettono così il funzionamento unitario. I due emisferi svolgono funzioni diverse e regolano attività differenti. Essi possiedono quindi una specializzazione e un modo di operare propri che si evidenziano quando, per vari motivi le connessioni interemisferiche sono interrotte. I primi studi sulle asimmetrie strutturali si sono occupati delle differenze nel peso e volume dei due emisferi. Questi studi però non hanno fornito delle prove consistenti sulle presunte differenze ananomiche. Si devono a Geschwind e Levitsky (1968) le prime ricerche sistematiche in questo settore. Per ciò che riguarda le asimmetrie funzionali i due emisferi cerebrali rappresentano simbolicamente il modello di coppia di opposti che interagiscono e costituiscono un'unica unità funzionale per l'adattamento e lo sviluppo del sistema uomo. Uno degli aspetti più interessanti del nostro cervello riguarda la caratteristica configurazione bicomportamentale della corteccia cerebrale rappresentata dai suoi due emisferi, che sono le strutture nervose più recenti (neocortex); esse sono quasi identiche e poste in maniera speculare L'emisfero l'una rispetto sinistro all'altra. controlla i movimenti e la sensibilità della parte destra del corpo e viceversa. Da un punto di vista filogenetico, si può dire che la preferenza manuale destra (e forse anche la specializzazione dell'emisfero sinistro per il linguaggio) risale ad alcuni milioni di anni fa e sembra essere una peculiarità specie-specifica dell'homo sapiens. Una considerazione importante riguarda il fatto che originariamente il linguaggio era di tipo gestuale e quindi veniva usata la mano destra; questo, quindi, ha avuto un ruolo importante nello sviluppo della comunicazione che, successivamente sarebbe diventata di tipo verbale. Nel XIX secolo le osservazioni del medico antropologo Paul Broca lo portarono ad affermare: noi parliamo con l'emisfero sinistro. 42 L'emisfero destro è stato meno studiato, probabilmente a causa della sua relativa asintomaticità nel caso di lesioni cerebrali e solo da pochi anni è stata studiata a fondo la sua peculiarità per le prestazioni visuo-spaziali. Da un punto di vista funzionale questo emisfero è specializzato nell'elaborazione degli stimoli visivi, nella rappresentazione mentale dello spazio e del tempo, nel riconoscimento dei volti non conosciuti, nel riconoscimento delle espressioni facciali, cioè espressione di stati emotivi, nella percezione e nella produzione della musica. E' indubbio che i due emisferi funzionino come un'unica struttura e abbiano una certa specificità anche nel funzionamento a livello superiore. L'abilità di comprendere il linguaggio è una caratteristica della nostra specie e gli studi fin qui eseguiti hanno portato ad una migliore configurazione e definizione di molteplici varianti . L'emisfero sinistro sembra essere maggiormente interessato nella decodificazione e produzione di componenti fonologiche, morfologiche, sintattiche e lessicali, mentre l'emisfero destro è coinvolto nell'interpretazione dei significati impliciti. Le aree specifiche del linguaggio sono situate nell'emisfero dominante (sinistro) e comprendono: • l'area corticale anteriore di Broca; • l'area corticale posteriore di Wernicke; • l'area corticale superiore. Tuttavia, all'elaborazione del linguaggio partecipano anche il giro angolare e sopramarginale (aree 39-40 di Brodman) e le aree associative parietali di sinistra . Anche le strutture sottocorticali sono interessate alla produzione del linguaggio.L'area di Wernicke è specializzata nell'uso del codice fonemico della lingua, mentre l'area di Broca presiede alla combinazione dei fonemi per comporre parole. 43 IlGirodiHeschl Il giro di Heschl è la parte del cervello che racchiude la corteccia uditiva, ossia quell'area che presiede alla percezione dei suoni. Ma dalle sue dimensioni dipende anche un'altra capacità, quella di imparare più o meno facilmente una lingua straniera. Apprendere una lingua diversa da quella natale non è solo una questione di esercizio, ma anche una derivazione di madre natura. A scoprirlo, dando così un marchio di scientificità a una credenza diffusa, sono stati i ricercatori della Northwestern University di Chicago, con uno studio pubblicato sulla rivista Cerebral Cortex. Gli scienzati hanno condotto un esperimento su 17 persone di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Hanno misurato le dimensioni del loro giro di Heschl, attraverso una risonanza magnetica cerebrale, e su questa base sono riusciti a indovinare quali, tra di loro, avrebbero imparato più agevolmente 18 parole di una pseudo-lingua inventata. Quanto maggiore era il volume dell'area misurata, infatti, tanto più facile era per le "cavie" apprendere i nuovi vocaboli. In particolare, a fare la differenza erano le dimensioni della parte sinistra del giro, come ha dichiarato una delle autrici dello studio, Catherine Warrier. A guidare l'equipe di ricercatori è stato il neuroscienziato 44 Patrick Wong, professore assistente a Northwestern, che ha utilizzato un metodo già sviluppato da Virginia Penhune e Robert Zatorre, dell'Istituto Neurologico di Montreal. I partecipanti allo studio, tutti rigorosamente di madre-lingua inglese, si sono fatti misurare il giro di Heschl. Poi sono entrati in una cabina insonorizzata, dove hanno ascoltato 6 suoni di una sillaba ciscuno (pesh, dree, ner, vece, nuck e fute), risintetizzati in 3 tonalità differenti. Le pseudo-parole erano dunque 18, perché nelle lingue tonali il significato di un vocabolo cambia a seconda del tono. Le 18 pseudo-parole sono state associate ad immagini che ne rappresentavano il significato. Il suono "pesh", ad esempio, è stato collegato, a seconda delle tonalità, alle parole "bicchiere", "matita" e "tavolo". I nove partecipanti dal giro di Heschl più voluminoso hanno avuto una percentuale di riuscita del 97% nell'identificare le pseudo-parole. Gli altri 9 si sono fermati al 63%. Alcuni di loro hanno avuto bisogno di ben 18 sessioni per riconoscere i suoni. C'è dunque un nesso tra biologia e linguistica, per cui alcuni uomini sono più predisposti di altri ad apprendere una lingua straniera. In passato altri studi avevano mostrato un nesso tra capacità linguistiche e struttura del cervello, ma per la prima volta si individua la sede precisa di questo fenomeno. Tra l'altro, il fatto che questa sede sia il giro di Heschl ha sorpreso gli stessi ricercatori, perché quest'area del cervello è stata sempre associata al riconoscimento dei suoni primari - se è crescente o decrescente, da dove proviene, quanto è potente - non a una struttura complessa come il 45 linguaggio.Anche se imparare una lingua è spesso una questione di testa, i meno dotati non si devono disperare. La costanza, l'applicazione negli studi non è inutile. E poi la ricerca degli scienziati americani serve soprattutto a loro. Perché il suo scopo è quello di "capire meglio il funzionamento del cervello, e aiutare a migliorare l'insegnamento delle lingue". Studisperimentalicondottisullinguaggioinsoggettipoliglotti Le ricerche in questo campo hanno evidenziato che in genere la lingua madre (L1) ha una rappresentazione corticale più centrale nell'emisfero dominante sinistro, maggiormente perisilviana, mentre le altre lingue (L2, L3, ecc.) hanno una rappresentazione corticale più estesa rispetto alla prima lingua. Ma che cosa succede nel nostro cervello quando impariamo più lingue? La definizione di un soggetto bilingue o poliglotta si può riassumere in questi termini: la caratteristica di un individuo che parla due o più lingue è quella di separare nettamente i sistemi linguistici: è in grado quindi di esprimere le stesse cose in più di una lingua . L'acquisizione precoce (fino all'età di sette anni) e contemporanea di più lingue determina una lateralizzazione all'emisfero sinistro rispetto all'apprendimento tardivo (dopo il settimo anno di età) di una seconda o terza lingua, in tal caso la loro rappresentazione non riguarda solo l'emisfero dominante sinistro, ma anche l'emisfero destro. Molti neurologi hanno avanzato diverse ipotesi sulla localizzazione delle lingue nel cervello di persone bilingui o poliglotte; il primo neurologo che ipotizzò una diversa lateralizzazione cerebrale per la prima e la seconda lingua fu G. Gorlitzer von Muendy , studiando un paziente bilingue, nel 1959. In genere i numerosi studi sulla lateralizzazione cerebrale nei bilingui e poliglotti sono stati effettuati con le più comuni tecniche di neuropsicologia sperimentale come l'ascolto dicotico, la tecnica tachistoscopica, prove di interferenza verbo-manuale, ma i risultati sono stati contraddittori, perché queste tecniche non erano in grado di comprovare l'una o l'altra ipotesi. I metodi di indagine più diretti sono: la tecnica dell'iniezione intracarotidea di sodio amitale (test di Wada) e tecniche di 46 neuroimmagine (TAC, RMN, PET, SPECT), nonché lo studio di un numero adeguato di afasici bilingui . Queste persone presentano un disturbo del linguaggio in conseguenza a lesioni di centri del cervello, soprattutto dei centri del linguaggio nel relativo emisfero cerebrale (sinistro nei destrimani). Essi presentano generalmente disturbi pressappoco uguali in tutte due le lingue precedentemente note e, migliorando, recuperano l'uso delle lingue alla stessa maniera. Un aspetto essenziale e controverso della neuropsicologia dei soggetti bilingui e poliglotti è l'esistenza o meno in questi soggetti di funzioni nervose e strutture neuronali differenziate rispetto all'assetto neuronale dei monolingui (ad es. sistemi che regolano il passaggio da una lingua all'altra, sistemi per la traduzione, funzioni di controllo nell'espressione in una lingua..ecc.). Paradis, ritiene che vi siano differenze quantitative piuttosto che qualitative nei meccanismi neuronali linguistici dei bilingui rispetto ai monolingui. Inoltre, quando un bilingue si esprime in una delle due lingue che conosce, entrambe vengono attivate mentalmente, con un'inibizione parziale della lingua che non viene parlata in quel momento. Secondo alcuni autori, i meccanismi di inibizione di una lingua che entrano in gioco mentre si parla una seconda lingua sono simili ai meccanismi di selezione di una parola nei soggetti monolingui. 47 Il processo di selezione di una parola in un poliglotta o in un monolingue è probabilmente simile. Anche la commutazione da una lingua all'altra (language switching ) non sembra essere un compito peculiare degli individui bilingui o poliglotti, ma probabilmente è un processo che viene attivato in molte operazioni mentali in cui è necessario alternare diverse modalità di risposta. (Paradis; D.W. Green). Le basi neurofisiologiche di tale compito sono state studiate recentemente da Zatorre (1989) con il test di Wada. In alcuni pazienti poliglotti produceva sintomi afasici nelle lingue conosciute. Secondo Zatorre , i lobi frontali assumono un ruolo molto importante nella regolazione del passaggio da una lingua ad un'altra in un ambiente sociale multilingue. Molti studi sono stati fatti sul bilinguismo e poliglossia con metodi di Imaging funzionale come PET o RMN; alcuni autori in particolare hanno studiato i processi della comprensione del linguaggio con soggetti che avevano appreso la seconda lingua dopo il settimo anno di età. 48 I rrisultati dellla ricerca hanno h confeermato l'ipottesi che l'em misfero siniistro sia preeposto alll'acquisizioone della lin ngua madree, mentre l'apprendim l mento tardivvo della secconda linngua interesssa aree molto variabilii. Altri auto ori hanno vo oluto esaminnare se i pro ocessi seemantici in due diversse lingue ssiano mediaati da un sistema s com mune in billingui fluuenti che hanno h appreeso la loro sseconda lin ngua dopo l'acquisizionne della priima. I rissultati hannno dimosttrano che c'era una maggiore attivazionee per decisioni seemantiche rispetto r a qu uelle non-ssemantiche nelle region ni frontali ssinistra e destra, d coon maggiorre attivazio one frontalle sinistra, ma esisterrebbe un ssistema fro ontale coondiviso perr l'analisi seemantica, chhe indica ch he le due lin ngue di una persona bilingue o poliglotta accedono a ad un sistem ma semanticco comune. In questi uultimi anni molti riccercatori hanno h rivo olto i loroo studi su ulle basi cerebrali c ddel bilingu uismo, cooncentrandoosi in partico olare, su duue questioni basilari mo olto importaanti: • la rapppresentazio one del linguuaggio; • le corrrelazioni neurali n per quel che riguarda r lo switching del linguag ggio , annche se nellla letteraturra neuropsiccologica i risultati r lascciano apertaa la questio one di quuale circuitoo neuronale sia coinvollto nel proceesso di swittching dellee lingue. 49 In un esperimento di elettrofisiologia (Potenziali Evocati - ERP) condotto all'Università di Trieste si è voluto ricercare la presenza di eventuali differenze di elaborazione corticale del linguaggio tra persone monolingui e persone poliglotte (che parlavano da tre a sette lingue) di professione interpreti simultanei, che avevano imparato la seconda lingua (quella inglese) in media a undici anni. Tale ricerca ha rivolto un interesse particolare all'elaborazione cognitiva legata a due condizioni: • al riconoscimento di frasi semanticamente scorrette (sia per il gruppo sperimentale che per il gruppo di controllo) che ha portato di conseguenza a osservare delle differenze nei processi elaborativi; • al fenomeno dello switching (che definisce un meccanismo che opera automaticamente quando chi parla si sposta tra differenti lingue) per il solo gruppo sperimentale. Queste differenze hanno fornito indizi preziosi sulla diversità dei processi sottostanti. Per quel che riguarda i dati comportamentali nel riconoscimento delle frasi, i tempi erano minori se i soggetti di ambedue i gruppi rispondevano con la mano destra, riflettendo così il ruolo dell'emisfero sinistro nella comprensione del linguaggio. Per quanto riguarda i dati elettrofisiologici ottenuti analizzando le onde cerebrali, si è potuto osservare una maggior differenza di elaborazione corticale tra emisfero destro ed emisfero sinistro nei soggetti monolingui, segno questo di una maggior lateralizzazione della lingua nell'emisfero sinistro, rispetto ai soggetti poliglotti, i quali avevano un'elaborazione corticale più diffusa nei due emisferi ; ciò sta ad indicare una maggiore simmetria della rappresentazione del linguaggio nei due emisferi. Dai risultati di questo esperimento si evidenzia una differenza significativa rispetto al fattore lingua in favore della lingua italiana, sebbene gli interpreti abbiano una perfetta conoscenza di altre lingue e questo confermerebbe i dati in letteratura secondo cui la rappresentazione della lingua madre nell'emisfero sinistro 50 consentirebbe l'accesso più immediato, nonostante gli interpreti abbiano perfetta conoscenza di altre. L'argomento fin qui trattato ci da un'idea della perfetta organizzazione cerebrale per ciò che riguarda la rappresentazione del linguaggio dal punto di vista fisiologico. PaulBrocaeglistudisullafacoltàdellinguaggio. Paul Broca fu il primo a dimostrare un'asimmetria funzionale tra i due emisferi cerebrali e a ritenere che quello sinistro presiedesse alla facoltà del linguaggio articolato e fu Gorlitzer von Muendy , studiando un paziente bilingue, a ipotizzare una diversa lateralizzazione cerebrale per la prima e seconda lingua.Esiste quindi un'organizzazione del linguaggio diversa in persone che parlano una lingua rispetto a persone che parlano di più. Esse infatti hanno una rappresentazione corticale più estesa rispetto alla lingua madre, che è rappresentata più al centro dell'emisfero dominante sinistro. Nel corso degli anni si sono realizzate tecniche sempre più avanzate per lo studio della localizzazione delle lingue: dal semplice ascolto dicotico fino a metodi d'indagine più sofisticati, come le tecniche di neuro- immagine . Queste hanno permesso di comprendere i processi del linguaggio in soggetti che avevano appreso la seconda lingua (o lingue successive) dopo il settimo anno d'età rispetto soggetti che avevano acquisito due o più lingue prima del settimo anno, evidenziando così la loro differente rappresentazione corticale. Con tali tecniche si è potuto esaminare che i processi semantici in due diverse lingue sono mediati da un sistema comune in bilingui o poliglotti, che hanno appreso la seconda lingua dopo l'acquisizione della prima. Negli ultimi anni, diversi ricercatori hanno rivolto un interesse particolare non 51 solo alla rappresentazione del linguaggio, ma anche alle correlazioni neurali con esperimenti elettrofisiologici atti a mettere in luce le differenze di elaborazione cognitiva legata a certe condizioni tra questi due tipi di soggetti. Esperimenti che hanno fornito indizi preziosi sulla diversità dei processi sottostanti osservando così anche la differenza di elaborazione corticale tra i due emisferi. I risultati hanno messo in evidenza che la rappresentazione della prima lingua (lingua madre) in soggetti poliglotti è rappresentata nell'emisfero sinistro nonostante essi abbiano una perfetta conoscenza anche di altre lingue. Processidell’apprendimentodiunalinguastraniera L'apprendimento della seconda lingua (in inglese, Second language acquisition o SLA, ovvero Acquisizione della seconda lingua) è il processo per cui persone imparano le lingue in aggiunta alla loro lingua nativa; è il termine per qualsiasi lingua appresa dopo la prima infanzia, incluso ciò che è nel tempo la terza o un'ulteriore lingua. 52 Possiamo affermare che i processi dell’ apprendimento siano 3: input, intake e output. Viene definito input tutto ciò che il discente utilizza per avere delle conoscenze sulla seconda lingua (materiale didattico, informazioni, nozioni). L’ intake è, invece, l’insieme di tutte le informazioni dell’ input che l’ apprendente riesce ad assimilare in un determinato momento. Gli studiosi Lee e Van Patten sostengono che il discente utilizza l’ input come primo ingrediente per creare un proprio sistema interno. Usando l’ input il discente tenta di legare e connettere forme e significati nell’ apprendimento di una lingua straniera. Nell’ elaborare l’ input e per capire il significato del messaggio contenuto dell’ input stesso il discente lo filtra, lo riduce e lo modifica fino a farlo diventare una nuova entità chiamato “intake”. L’ intake rappresenta la parte di input che filtrata dal discente, passerà successivamente dentro il suo sistema linguistico (developing system) e come risultato diventerà “output”. Gli studiosi possono adottare una prospettiva interlinguistica, esplorando la lingua del discente come sistema linguistico, o possono studiare come la lingua del discente possa essere paragonata alla lingua bersaglio. La ricerca si concentra sulla domanda: "Quali sono le caratteristiche uniche della lingua del discente?" 53 Analisi degli errori Il campo dell'analisi degli errori nello SLA è stato stabilito negli anni settanta da S. P. Corder e dai colleghi. Uno studio disponibile ampiamente si può trovare nel capitolo 8 di Brown, 2000. L'analisi degli errori era un'alternativa all'analisi contrastiva, un approccio influenzato dal comportamentismo attraverso il quale i linguisti applicati tentavano di usare le distinzioni formali tra la prima e la seconda lingua del discente per prevedere gli errori. L'analisi degli errori ha dimostrato che l'analisi contrastiva era incapace di prevedere una grande maggioranza di errori, anche se i suoi aspetti più di valore sono stati incorporati nello studio dell'interferenza linguistica. Un risultato chiave sull'analisi degli errori è stato che molti errori vengono prodotti da discenti che fanno deduzioni sbagliate sulle regole della nuova lingua. Gli analisti degli errori cercano di sviluppare una tipologia di errori, e distinguono tra errori sistematici e sviste, che non lo sono. 54 Un errore può inoltre essere classificato secondo un tipo di base, che può essere: • omissivo • additivo • sostitutivo • collegato con l'ordine delle parole. Possono essere classificati secondo la loro manifestazione: errori evidenti come "io arrabbiato" sono ovvi anche al di fuori di un contesto, mentre errori nascosti sono evidenti solo all'interno di un contesto. Strettamente collegata a questo è la classificazione secondo il campo, la dimensione di un contesto che l'analista deve esaminare, e l'estensione, la dimensione dell'enunciato che deve essere modificato per correggere l'errore. Gli errori possono anche essere classificati secondo il livello linguistico: • errori fonologici • errori sintattici • errori di vocabolario ecc. Questi possono essere valutati in base al grado in cui interferiscono con la comunicazione: errori globali rendono un enunciato difficile da comprendere, mentre errori locali no. Nell'esempio sopra citato, "io arrabbiato" sarebbe un errore locale, poiché il significato è ovvio. Sin dall'inizio l'analisi degli errori era costellata da problemi metodologici. In particolare le tipologie sopra sono problematiche: dai soli dati linguistici, spesso è impossibile determinare con affidabilità quale tipo di errore un discente stia facendo. Quindi, l'analisi degli errori può avere a che fare effettivamente soltanto con la produzione del discente (parlato e scritto) e non con la 55 ricezione del discente (ascolto e lettura). Inoltre non può controllare l'uso del discente di strategie comunicative quali l'eliminazione, nel quale i discenti semplicemente non usano una forma con cui si sentano a disagio. Per queste ragioni, sebbene l'analisi degli errori sia ancora in uso per investigare problemi specifici nel SLA, la ricerca di una teoria onnicomprensiva degli errori del discente è stata ampiamente abbandonata. A metà degli anni settanta Corder e altri si sono mossi per un approccio più ampio per la lingua di un discente, nota come interlingua. L'analisi degli errori è strettamente correlata allo studio del trattamento degli errori nell'insegnamento delle lingue. Oggigiorno, lo studio degli errori è particolarmente pertinente per la metodologia d'insegnamento di focalizzazione sulla forma. Interlingua Lo studio dell'interlingua tenta di capire la lingua del discente nella sua peculiarità, come una lingua naturale con il suo coerente corredo di regole. Gli studiosi dell'interlingua rifiutano, almeno per fini euristici, di considerare la lingua del discente come una semplice versione imperfetta della lingua bersaglio. L'interlingua è forse meglio considerata come un'attitudine verso l'acquisizione linguistica e non come una disciplina distinta. Secondo lo stesso modello, il lavoro interlinguistico è un microcosmo vibrante di linguistica. È possibile applicare una prospettiva interlinguistica alla pronuncia del discente (fonologia interlinguistica), ma anche alle norme dell'uso linguistico trovate tra i discenti (pragmatica interlinguistica). Descrivendo il modo in cui la lingua del discente si conforma alle 56 norme linguistiche universali, la ricerca interlinguistica ha contribuito ampiamente alla nostra comprensione degli universali linguistici nel SLA. CAPITOLO TERZO Modellidisviluppo Ellis (1994) distingueva tra "ordine" per riferirsi al modello in cui diverse caratteristiche linguistiche vengono acquisite e "sequenza" per denotare il modello in cui una specifica caratteristica linguistica viene acquisita. L'acquisizione Gli studiosi hanno trovato un ordine molto costante nell'acquisizione delle strutture della prima lingua da parte dei bambini e questo ha attirato un grosso interesse da parte di studiosi della SLA. Uno sforzo è stato considerevole dedicato alla prova dell'ipotesi di identità la quale sostiene che l'acquisizione della prima e della seconda lingua avviene allo stesso modo. Questo non è stato confermato, probabilmente perché gli stati cognitivi e affetto dei discenti della seconda lingua sono molto più avanzati. 57 L'ordine di acquisizione nel SLA comunque assomiglia spesso a quelli rinvenuti nell'acquisizione della prima lingua e può avere cause neurologiche comuni. Quasi tutti i discenti iniziano il l'acquisizione con un periodo di silenzio nel quale essi parlano davvero molto poco. Per alcuni questo è un periodo di shock linguistico nel quale si rigetta ciò che non si capisce attivamente della nuova lingua. Comunque la ricerca ha dimostrato che molti discenti silenziosi si attivano in dialoghi interiori a volte chiamati self talk. Benché apparentemente silenziosi, provano importanti frasi di uso comune e unità sintattiche che vengono quindi utilizzate nel periodo successivo del discorso formulaico ma incostante delle caratteristiche. Gli studi più recenti preferiscono vedere l'acquisizione di ogni caratteristica linguistica come un processo graduale e complesso. Altri, per loro volere, non hanno alcun periodo silenzioso e passano direttamente al discorso. Questo discorso, nel quale viene usata una manciata di espressioni di routine per portare a termine finalità di base, spesso dimostra poco distacco dalla morfosintassi della L2. Infine dà inizio ad una fase più sperimentale dell'acquisizione, nella quale la semantica e la grammatica della lingua bersaglio vengono semplificate e il discente comincia a costruire una vera interlingua. La natura di transizione tra il formulaico e il discorso semplificato è ancora oggetto di dispute. Alcuni, tra cui Krashen, hanno sostenuto che non c'è alcuna relazione cognitiva tra i due e che la transizione è immediata. Pensatori influenzati da teorie recenti del lessico hanno preferito considerare anche il discorso del parlante nativo come pesantemente formulaico e interpretano la transizione come un processo di sviluppo graduale di un repertorio più ampio di brani e una comprensione più profonda delle regole che le governano. Alcuni studi hanno sostenuto entrambe le teorie ed è probabile che la relazione dipenda in larga parte dallo stile d'apprendimento dei singoli discenti. Una serie di studi ha avuto luogo negli anni '70, esaminando se fosse possibile mostrare un ordine costante di acquisizione dei morfemi. La maggior parte di questi studi ha mostrato ordini di acquisizione abbastanza costanti per i morfemi selezionati. Per esempio è stato scoperto che tra i discenti dell'inglese il gruppo di caratteristiche comprendenti il suffisso "-ing", il plurale e la copula precedono frequentemente altri quali l'articolo, l'ausiliare e la terza persona singolare. Comunque questi studi sono stati criticati ampiamente per non aver prestato sufficiente attenzione all'abuso delle caratteristiche (usi 58 idiosincratici al di fuori di ciò che sono contesti obbligatori nella L2), e l'uso sporadico ma incostante delle caratteristiche. Gli studi più recenti preferiscono vedere l'acquisizione di ogni caratteristica linguistica come un processo graduale e complesso. Per questa ragione la maggior parte degli studi dagli anni '80 si sono focalizzati sulla sequenza, piuttosto che sull'ordine dell'acquisizione delle caratteristiche. Glistudi Diversi studi hanno esaminato l'acquisizione di pronomi di studenti di varie lingue e hanno dimostrato che cominciano con l'omettere pronomi o con l'usarli indiscriminatamente: esempio, usando per "io" per riferirsi a tutte le persone, poi acquisiscono una singola caratteristica del pronome, spesso la persona, seguita dal numero ed infine dal genere. Non si è riscontrata una grande interferenza dalla prima lingua del discente; sembra che i discenti usino i pronomi interamente sulla base delle loro deduzioni sulla lingua bersaglio. Studi sull'acquisizione dell'ordine delle parole in tedesco hanno mostrato che la maggior parte dei discenti cominciano con un ordine delle parole basato sulla loro lingua nativa, indicando che alcuni aspetti della sintassi dell'interlingua sono influenzati dalla prima lingua del discente, mentre altri no. La ricerca sull'acquisizione delle parole è riveduta in modo esaustivo da ricercatori e studiosi che hanno fatto ricerche a fondo sulla sequenza d'acquisizione di caratteristiche pragmatiche. In entrambi i campi, sono emersi modelli costanti che sono stati oggetto di considerevole teorizzazione. 59 Problematichecognitiviste Lo studio dei fattori esterni al discente in SLA riguarda innanzitutto la domanda: Come i discenti ottengono informazioni sulla lingua bersaglio?. Lo studio si è focalizzato sugli effetti di differenti tipi di input, e sull'impatto del contesto sociale. Effettisociali L'acquisizione può essere molto difficile e l'impatto di atteggiamenti della società circostante può essere determinante. Un aspetto che ha ricevuto particolare attenzione è la relazione dei ruoli dei sessi con l'acquisizione linguistica. Studi diretti su varie etnie hanno dimostrato che le donne, nel complesso, riescono meglio degli uomini. Il modo di fare della comunità verso la cultura che si sta imparando può avere un enorme effetto sull'apprendimento della seconda lingua. Se la comunità ha una visione ampiamente negativa della lingua bersaglio e di coloro che la parlano, o una visione negativa di una propria relazione con loro, l'apprendimento è tipicamente molto più difficile, come è stato confermato da ricerche in numerosi contesti. Un esempio molto citato è la difficoltà affrontata dai bambini indiani nell'imparare l'inglese come seconda lingua. Altri comuni fattori sociali includono l'atteggiamento dei genitori verso lo studio delle lingue, e la natura di dinamiche di gruppo nella storia della classe. 60 Inputeoutput E’ stato condotto un gran numero di ricerche sul miglioramento dell'input, ossia nei modi in cui l'input può essere alterato in modo da convogliare l'attenzione linguisticamente dei importanti. discenti Il su aree miglioramento dell'input può includere parole del vocabolario stampate in grassetto o note esplicative scritte a margine in un testo. Questo tipo di ricerca è strettamente collegato a quelle sugli effetti pedagogici, e similmente articolato. In generale, la quantità di input che i discenti assimilano è uno dei fattori più importanti che influiscono sul loro apprendimento. In ogni caso, deve essere ad un livello a loro comprensibile. Nel suo Monitor Model, Krashen avanzò il concetto che l'input linguistico dovrebbe essere ad al livello "L+1", giusto al di là di ciò che il discente può completamente capire; quest'input è comprensibile, ma contiene strutture che non sono ancora completamente capite. Tale ipotesi è stata criticata sulla base che non c'è nessuna definizione chiara di L+1, e che possono influire sulla trasformazione dell'input in intake altri fattori oltre alla difficoltà strutturale (come l'interesse o la presentazione) . Il concetto, comunque, è stato quantificato nella ricerca sull'acquisizione del vocabolario; Nation (2000) recensisce vari studi i quali indicano che affinché una lettura estesa sia efficace circa il 98% delle parole in un testo scorrevole dovrebbe essere conosciuto in precedenza. 61 Interazione L'ipotesi di interazione afferma che l'acquisizione della lingua è radicalmente facilitata dall'uso del linguaggio bersaglio nell'interazione. In particolare, è stato dimostrato che la negoziazione del significato contribuisce molto all'acquisizione del vocabolario. In una recensione della letteratura fondamentale su tale argomento, Nation (2000) collega il valore della negoziazione all'uso generativo delle parole, ossia l'uso di parole in contesti nuovi che stimolano una comprensione più profonda del loro significato. Negli anni ottanta, Merrill Swain, ricercatore canadese del SLA, ha avanzato l'ipotesi dell'output, secondo la quale un output (produzione del linguaggio) significativo è tanto necessario per l'apprendimento della lingua quanto un input significativo. Tuttavia, la maggior parte degli studi ha mostrato scarsa o nulla correlazione tra apprendimento e quantità dell'output: oggi molti studiosi sostengono che piccoli quantitativi di output significativo sono importanti per l'apprendimento della lingua, ma principalmente perché l'esperienza di produrre linguaggio conduce ad un'elaborazione dell'input più efficace. 62 Effettipedagogici Lo studio degli effetti dell'insegnamento sull'apprendimento della seconda lingua si propone di misurare o valutare sistematicamente la validità dei metodi di insegnamento della lingua. Tali studi sono stati intrapresi per ogni livello della lingua, dalla fonetica alla pragmatica, e per quasi tutte le metodologie di insegnamento attuali: per la mole dei risultati vengono di seguito riportati solo i caratteri generali. La ricerca ha indicato che molte tecniche di insegnamento della lingua sono estremamente inefficienti. Tuttavia, vi è oggi un ampio consenso di studiosi del SLA che riconosce che l'istruzione tradizionale può aiutare nell'apprendimento della lingua. Un'altra importante questione è l'efficienza dell'insegnamento esplicito, o meglio se l'insegnamento tradizionale ha un effetto costruttivo oltre al fornire lo studente del miglioramento dell'input. Dal momento che l'istruzione esplicita si deve esplicare nella lingua nativa dello studente, molti hanno sostenuto che ciò semplicemente lo priva dell'input e delle opportunità per fare pratica. Ricerche in questo ambito a differenti livelli della lingua hanno condotto a diversi risultati, tra cui si segnala che la pronuncia non sembra mostrare alcuna risposta significativa all'insegnamento esplicito. Altre aree tradizionali dell'insegnamento esplicito, come la grammatica e il vocabolario, hanno fornito risultati misti. A questo livello gli effetti positivi dell'istruzione esplicita sembrano essere ristretti al fornire aiuto agli studenti nell'individuare aspetti importanti dell'input. Curiosamente, gli aspetti della lingua che hanno beneficiato di risultati rilevanti grazie all'istruzione esplicita sono quelli del livello più elevato, come sociopragmatica e competenza nei discorsi più seri e formali. Le ricerche hanno evidenziato inoltre che l'efficienza dell'istruzione esplicita 63 è influenzata chiaramente dall'età dello studente, concludendo che quanto più egli è giovane tanto più l'insegnamento esplicito è inefficace, e viceversa. Fattoriinternialdiscente Lo studio dei fattori interni al discente nel SLA riguarda primariamente l'istanza: "In che modo il discente ottiene competenza nella lingua di arrivo?". In altre parole, dati input ed istruzione efficace, con quali risorse interne il discente tratta questo input per produrre un'interlingua governata da regole? Fattoriindividuali Lo studio dei fattori individuali cerca di rispondere alla domanda: "Perché alcuni discenti imparano meglio o più facilmente di altri?". Sono state condotte varie ricerche, in particolare dagli anni settanta in poi, per cercare di identificare i fattori che distinguono i discenti più brillanti da quelli meno fortunati. Si crede comunemente che i bambini siano più predisposti ad imparare una seconda lingua degli adulti. Comunque, in generale, la ricerca sulla seconda lingua non ha avuto successo nel supportare l'ipotesi del periodo critico nella sua forma più forte, che afferma che la completa acquisizione di una lingua è impossibile dopo una certa età. Persino coloro che cominciano a imparare una lingua tardi possono raggiungere un alto livello di scioltezza. L'unico aspetto del linguaggio che si è dimostrato segue l'ipotesi del periodo critico (forte) è l'accento: la stragrande maggioranza di coloro che cominciano a studiare una lingua dopo la pubertà non è capace di acquisirne l'accento tipico. 64 Motivazione Il ruolo della motivazione nello SLA è stato oggetto di molti studi, influenzati sensibilmente dai psicologia motivazionale. motivazione è progressi nella La intrinsecamente complessa, tanto che Dörnyei (2001) comincia la sua opera dichiarando che "a rigor di termini... la motivazione non esiste". Ci sono molti tipi diversi di motivazione, p.es. integrativa o strumentale, intrinseca o estrinseca. Secondo molti studi, la motivazione intrinseca (il desiderio di fare qualcosa per un profitto interiore) è sostanzialmente più efficace nell'apprendimento di un linguaggio a lungo termine rispetto alla motivazione estrinseca (il desiderio di un riconoscimento esteriore, come voti o lodi). Gli orientamenti integrativo e strumentale si riferiscono, per l'apprendimento delle lingue, al desiderio di conoscere una lingua per le sue caratteristiche (integrativo) e come mezzo strumentale. Su quest'aspetto le opinioni sono incerte o divise. I discenti di successo sono ben motivati, e a sua volta il successo rafforza la motivazione. 65 Conclusione La buona volontà che deriva dalla passione per una lingua ed una cultura diversa è capace di sormontare qualunque ostacolo, a prescindere dalle proprie doti innate. Le ricerche svolte sull’apprendimento delle lingue straniere su base puramente scientifica hanno dimostrato che, sì, è vero che è più facile studiare lingue straniere per alcuni e più difficile per altri, ma spiega anche che non è impossibile per nessuno imparare una nuova lingua. Anche se imparare una lingua è spesso una questione di testa, i meno dotati non si devono disperare. La costanza, l'applicazione negli studi non sono inutili, e restano ,comunque, un modo per migliorarsi. 66 LINGUA INGLESE 67 Brain and Interpretation Introduction The learning of foreign languages is a long and difficult process in which different elements interact with each other, some of them belong to a cognitive area and others to a psycho- order. The factors involved are divided into external and internal : the first ones relate to the socio-cultural situation in which the learner is born , to the input language that he has and to the opportunity to interact with the language itself, while other factors depend on the age of the learner , on the motivation that drives him to study a foreign language and on his attitude and cognitive style. Even if the scientific research has given a fundamental contribution to the understanding of the process of language learning, several agree on the point that in this process there is somewhat incomprehensible. Linguistics and all the sciences related to it ( applied linguistics , psycholinguistics , neuro-linguistics , etc. ..) tell us that the learning processes generate inside a system, but both science and experience found out that, during the process, this system undergoes the " openings " which are processes occurring outside the system. 68 The sophisticated tools that science makes available for the detection of neuro imaging allow to view and record what happens in the brain during various mental activities in response to specific stimuli in subjects who voluntarily undergo the experiments. Although experiments of this kind help to discover and connect various psychic functions of specific brain structures, they do not help to completely solve the issue of these "gray areas" of learning, which, in some passages , obscure the path of those who learn a language. FIRSTCHAPTER Psychoanalysisandlanguages First, it is necessary to clarify that none of the scholars of psychoanalysis has dealt directly the issue of foreign language learning , although obviously the study of language has always constituted an area of great interest. By setting up the scene of the analytic setting Freud establishes the absolute primacy of verbal communication in psychoanalysis : from the moment that the analyst turns away from the patient’s gaze , the word acquires a top priority. In this way psychoanalysis establishes with the disciplines related to the study of language a profitable and constant exchange , since it shares with them the same complexity and specificity. It should also be remembered that psychoanalysis was born in a cultural context in which the polilinguism is the norm. The Vienna of Freud's time is a crossroads of economic and political exchanges that promote interlinguistic communication , and of course the world of culture suffers from a similar climate of the " linguistic Babel " . Freud himself can read texts in English without 69 difficulty, and his written English is very fluent, even if imperfect. As regards the analytical practice carried out in English, we know that, to Freud, it is often source of dissatisfaction if not pain or irritation . Forced to accept British and American patients in care for economic reasons , since they were the only ones able to pay a good fee , Freud started suffering from the discomfort of having to speak English. Writes P. Gay in the famous biography of Freud28: " With this change of customers , the main language in daily work changed into English. That's why his errors exasperate him and take him to get angry with himself - and with English. In the fall of 1919 Freud assumes a teacher ' to refine my English ' . But the results of the lessons leave him dissatisfied. “I am listening from four to six hours a day to people who speak English or American ' he stated in 1920 , ' and I would have to make more progress in my English but when one is sixty-four years of age, learning starts to be far more difficult compared to when one is aged sixteen. I reach a certain level and then I have to stop”.29 "During the Second World War , many Jew psychoanalysts are forced to emigrate as a result of Nazi persecution , mainly in the United States, and thus they are in special circumstances to practice psychoanalytic therapy in a language which is not their mother-tongue. Similarly, too many patients , fled for persecutions or emigrated for other reasons, they faced the analytic treatment in a new country and this is even more complex , in a foreign language .It is right from such experiences that , from the psychoanalytic world , some very interesting thoughts rose on the use of a second language during therapy. It is from these thoughts that I think I can draw some useful insights to the understanding of the unconscious aspects that affect the whole process of learning a language. 28 Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993. 29 Gray, P. (1993), "The Assault on Freud" , Time International, 1993. 70 The literature on the subject of polilinguism in psychoanalysis can be divided into two distinct periods: a first period from the mid-thirties to mid-fifties , and a second from the Eighties onwards. Most of the works that refer to the first period, " 30 explore the role of language in the context of the structure of the relationship between super-ego , I and Ex. As a consequence, the main aspect to be underlined is the possibility that a new language could bend itself to the needs of the super-ego , allowing, so, an opening to new experiences and new representations and a removal of old instincts from the childhood which are connected to the original and repudiated mother-tongue. The second period seems to be characterized by the themes of bilingualism , which can be also connected to important political and social transformations that occurred in this period of time. In this second phase "I will begin to outline the problems in the universe of psychoanalytic intersection between the various languages in the inner world . In this regard it is interesting to note that in some cases psychoanalyst and patient came from the same town, and then spoke the same language. This allowed during therapy to switch from one language (L1 ) to the other (L2 ) or vice versa , with interesting psychological implications .”31 We refer to historical events related to colonialism that have imposed an appropriate reflection on the theme of language contact and in particular on bilingualism . The fact that the meeting in question took place in Morocco, bilingual country , it is certainly indicative . 30 The Babel of The Unconscious, Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993. 31 The Babel of The Unconscious Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993. 71 Freudandlanguages A special attention needs to be given to Freud’s contribution to the study of languages. Although there are Freud's writings that deal explicitly and in an organic way with the subject of foreign languages and the role within the psychic functioning , the entire work of the psychoanalyst is Viennese dotted with relevant comments on language and language use . " The Freudian work on the phenomena of language ( slip of the tongue , jokes ) proposes a very recent ' linguistic ' . In a sense, the entire structure of psychoanalytic discourse is centered on the comparison with a foreign language , the language of the unconscious. The big challenge is to find a Freudian key to the language of the Ex, especially through the interpretation of dreams, and proposing a translation project in the language of the ego. The foreign language as a representation of otherness and incomprehensibility is in each of us. Already in the Studies on Hysteria , the word is at the center of the therapeutic universe of Freud: the discovery on which the cathartic method of Breuer and Freud is grounded is that you can " vent in words a symptom "32 , " abreact affections with the words" . The secret of the new therapeutic technique is "to allow the encapsulated affection to flow in the discourse" : “In fact, every symptom , disappeared after the first occasion in which the patient had talked about it" . This is summarized in the famous metaphor of Anna O. " Talking cure ," 32 I do not own any of the quotes in the present page, they are all taken by Studies on Hysteria (German: Studien über Hysterie) Sigmund Freud and Josef Breuer, first published in 1895 72 the cure of words that works, always with a metaphor of the same patient , through the effect of " chimney- sweeping ". Resist the language Who works as a foreign language teacher , is frequently confronted with the conditioning and the difficulties faced by adult learners of a foreign language . Of course, an aware teacher should know how and what resources to have to lower the defensive barriers or level of anxiety, to create a suitable environment to make it more accessible to get to the target language , in short, to facilitate the learning of the student. But the emergence of strong resistance to leave the native language leads to deeper reflection . Learning a foreign language to adults also implies renunciation. Learning a foreign language does not mean to add one language to another : learning certainly does not consist in a simple summation of languages, but it is a process that involves a re-signification of the entire linguistic system and the associative network that holds together the meanings . A new name , a new word acquisition are not only intellectual , but an element that changes the whole context of our relationships with objects, because different is the investment we make on the word in either language . In this regard I would like to recall the well-known reflection of Levi - Strauss, when he says he does not think the same thing saying cheese or fromage , because the paths differ in affective, sensory and relational roots that characterize each individual's learning of the language and the individual words : " I spoke English only for certain periods of my life , without 73 being bilingual , fromage and cheese mean the same thing, but with different nuances ; fromage evokes a certain heaviness , a greasy thing with a dense taste . It is a well suited word to describe what the milkmen called 'paste fat ' , while cheese is a lighter word , it’s fresh but also a bit harsh and it disappears under the teeth. For me, the ' cheese archetype ' is therefore not the same whether I think in English or French” 33 . The process of learning a second language involves an emotional distancing from the words of the mother tongue . This spacing is difficult to tolerate , precisely because it causes an estrangement from its own identity that can be felt as a loss. ThefunctionoftheSuperegoinlanguagelearning The writings that I present investigate the function of language in the relations between the Superego, I and Ex. Some of these works are from the period of the first migration of psychoanalysts. The points made in these articles are inspired by the work of clinical psychoanalysts of German or Austrian emigrants to America during the war , who worked with German-speaking patients who also emigrated. The ability to use both English and German, has brought to light forms of resistance towards one or the other language , thus giving meaning to removals and childhood conflicts . One of the earliest works on the theme of the relationship between mother tongue and foreign language is an article of 1939 by the psychoanalyst Erwin Stengel , "On learning a new language” . 33 Myth and Meaning , Lèvi Strauss, published May 17th 2001 by Routledge. 74 Stengel was a German-born Jew forced to move to England and he is perhaps the only one amongst the first authors who dealt with the problem of Languages, because, before emigrating, he dedicated himself to the study of language disorders in patients suffering from mental illnesses. Referring to Freud's work on aphasia , which signals the assumptions about the similarities between the errors of aphasia that can occur in healthy individuals under conditions of fatigue, he states that patients who return to speak , after the complete loss of the language faculty , show symptoms of echolalia , the automatic repetition of words that are heard . Conversely, there is no trace of echolalia in a healthy adult learning a second language : echolalia , is a primitive identification mechanism that characterizes the early stages of language development in childhood, in the adulthood any sign of echolalia tends to disappear. This difference may be important for Stengel to understand the different tools that are available to a child and an adult learning a new language, adding that, in childhood , for example, you will learn first and more easily the words which indicate the body and its various parts . Stengel writes : "It is very significant that , as a rule , only one category of words is not subject to error , which is the name of the objects belonging to the ego , and in particular parts of the body". 34 According to Stengel there is another trait that seems to unite pathological manifestations of language with those that may occur in childhood , it has to do with naming objects correctly . Neither her the patients without memory disorders , attention or concentration , nor the children are to feel uncomfortable or suffer when they cannot find the right word and I say one wrong : " If you tell such patients, in which the understanding is regular , that the words they pronounce are wrong, they often do not accept the correction, but insist on their version . [...] We can see in children reactions that are quite similar to those of the patients described here. Children in fact do not suffer from such doubts. Children do not fear mistakes and do not hang back from forming new expressions under the exigency of the moment, if the expressions that are generally used are not within reach". In contrast, healthy adults know how it is sometimes difficult to find the right word to name objects , and they also know that this can cause feelings of 34 I do not own any of the quotes in the present page, they all belong to Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis. 75 diissatisfactioon or even a sense off guilt. Thiis is due to the fact that one of o the fuunctions of the Supereego is preccisely to co ontrol the strict s rules that goverrn the reelationship between b wo ords and objjects. A According too the analystt , once youu learn a neew language you becom me aware of o this fuunction and it’s right th here that th e Superego o intervenes in word chhoice that sh hould reeflect the idea of the ob bject, slowinng down th he learning process p :"W When learn ning a neew language we becom me aware o f a similar function off the supereego . Each of o us, annd especiallly those witth some prooblems of obsessional neurosis n , aare often haunted byy doubts whether w som me choice words reaally reflect the objecct. The neu urotic obbsessive theerefore slow ws down thhe learning g of a new language, although itt may m make any solid achievements "35. A As for accu uracy of speeech producction, the author a allso considerrs that the thought prrocesses are accompan nied by vissual imagess and thherefore stattes that thiss process m may be alterred during the acquisittion of a seecond laanguage. In support of this t finding , Stengel brings some examples fr from his perrsonal exxperience : he says thaat for a Geerman in thee early stag ges of learnning English h, the 35 I do not own any of the quo otes in the preesent page, theey all belong to Erwin Stenngel, On learn ning a neew Language, International Journal of Psyychoanalysis. 76 German word Universität evokes a particular architectural image , different from the images related to the English word University: “If a German, in the early stages of learning English , pronounces or hears the word ' Universitat ' , the image he focuses can be a building he has seen in the past. The word ' University ' , in contrast, can generate an image of a teacher who does lesson front of an audience . The same thing happens with other words which are less local" . Stengel is therefore aware of the close connection that is created between language learning and psycho-affective development , as well as the root of thought processes : "It's almost impossible to decide to what extent the phenomenon I have described is connected with the obvious fact that our libidinal relations to an object denoted by a foreign word are somewhat different from our relations to the same object denoted in the native language” 36. Speaking of this topic , the analyst cannot help mentioning the essay by Karl Abraham (1911) on the determining force of the name. According to Abraham our relationship with an object changes when it gets a new name during the learning process of a second language causing a resistance that only later becomes a resistance to the new name . Naturally, the resistance is stronger in relation to the objects to which one is most affectively attached . The reflections on the phenomena described so far allow the author to better focus the meaning of the difficulty , or rather the resistance , which often characterizes the learning of a foreign language by an adult. Stengel says that the language is a realization of the 36 I do not own any of the quotes in the present page, they all belong to Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis. 77 ego. Investigating the difficulties of language from a psychoanalytic point of view implies investigating the different emotional influences to which the ego is subject. These influences vary from individual to individual, but have in common a certain degree of irrationality . For example it is very common to believe that one’s main language is the best, the only one able to adequately express the complexity of life : "The new language is often seen as somewhat poor and primitive . There is often the feeling that only the words of the mother tongue can reflect the truth , while the foreign words are felt to some extent false ". Progress in learning a second language , continues Stengel , often get stuck at a certain level , which varies between the different subjects: the level of the new spoken language seems to be the result of a compromise between the demand for reality and emotional resistance against a new way of expressing themselves. Interesting interpretations : " The factor of parental devotion to the language , partly unconscious , may have some importance , and there are other obvious reactions . Virtually no one is immune from a sense of shame when starting to speak a new language . Acquiring a new language in adult life is an anachronism , a regression that many people cannot tolerate " 37 because of two salient points : the fact that the resistance to the new language can be motivated by attachment to the language of the parents, and the regressive condition the adult learner experiences when learning a foreign language . This regression to the primary processes , which one has when learning a foreign language, gives rise to a sense of shame, guilt, fear of ridicule : " The adult who passes through a foreign language is pushed to regress , for example in the direction of primary process in which at the time he established his own idiom . Its resistance to multiple languages is similar to 37 Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis. 78 the patient's resistance against the analysis of dreams . We forget idioms just as we forget the dreams "38. Stengel then recognizes that the function of the superego is fundamental in creating resistance to learning a foreign language, and the meanings of these resistances seem particularly suggestive for a deeper understanding of the realization or failure of this process : on the one hand, the difficulty to renounce to the universal narcissistic illusion that their language is the best, and the only one able of expressing the truth , on the other hand a sense of shame, guilt and fear and ridicule that regression to the primary processes creates when learning a foreign language . Another author who has focused on the function of the Ego and the Superego in the learning of a second language is Edith Buxbaum , German-born psychoanalyst who moved to Seattle, United States. In 1949 she wrote an interesting article about her experience as a bilingual psychoanalyst with, obviously, bilingual patients . At the beginning of her article , the author reports the clinical cases of two children , both sons of German parents who emigrated to the United States , who although unable to speak the language of their parents , would keep a very strong accent . A fact rather unusual , considering that children can learn a foreign language perfectly , even at a phonetic level . According to a psychoanalytic interpretation , this seems like a way to stay foreigners in both languages : " [...] firstly because they do not know how to talk , perhaps not even understand it, and secondly because their accent isolates them from the rest of the people " 39 . The analyst believes that this strong emphasis , let's say a speech impediment , is reflecting a highly ambivalent relationship of the two boys with their fathers , which is imitative but also hostile , reflecting the same hostility that fathers live in relation to the new country and the new culture. Buxbaum reports that in the course of the analysis the two boys went losing their accent , although the problem of the accent has never been directly dealt in the analysis and although she had a strong German pronunciation . Through the interpretation of these two cases we can state that the language has a specific function in the formation of the ego. Very indicative are also other cases in which Buxbaum reports the case of young women of German origin, immigrants to 38 Erwin Stengel, On learning a new Language, International Journal of Psychoanalysis I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 39 79 America, who understand German well , but refuse to speak it : "Both understood German well , and both refused to speak it. Anna claimed to have been a happy child before moving to sixteen, when she began suffering from depression. She believed that until then she had a perfect relationship with her mother , and that since then it had become unpleasant . The memories of her childhood in Germany , as they were presented , were vague and romantic , evidently false . As you know, childhood memories come alive in analysis only when verbal expressions of that period are used, so it became necessary for Anna to use the German of her childhood " 40. The analysis of this patient then takes place in English, but when the analytic treatment leads to conscious childhood memories it becomes necessary to resume German. Even if all the German words that indicate the body parts or instinctual functions , as well as the words that were used during childhood were expressing tenderness toward the people of the family, those were spoken very badly. In the case of the other patient , Bertha , a woman of thirty-six years of age who had lived in Germany until the end of high school, she went through a voluntary abandonment of the German due to a disappointment in love when she still lived in Germany. By emigrating to the United States she has promised herself not to fall in love anymore (more or less consciously) , she knew it would be easier to suppress the feelings by ceasing to speak in German . Only when she realized that suppressing the feelings made her feel empty , she realized she would have to return to speak German, but felt that this would have subjected her to an unbearable emotional pressure : " When she realized that repression of her feelings would make her and her life feel empty, she said, ' I know I should speak German with you, but I do not have 40 I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 80 the courage to do it . I do not know what could happen. I would probably fall into pieces ! ' As soon as her anxiety subsided , I took her diary , written in German , which contained the story of her love, an adoration from afar that the boy was hardly aware of. Then I took some notes written in German . Those were real love letters , written almost in the same tone of the diary. For her, German, was the language of love. Soon after handing me those letters, she started speaking German. “ In these two cases analyzed by Buxbaum it seems that the mother tongue is so interwoven with the first psycho- emotional levels of development to keep all the evocative power of archaic conflicts . The resistance to speak German expresses refusal to come into contact with the fantasies removed and the new language serves as a defense to reinforce the removal" 41. In this way, the language becomes the vehicle to relive the past and bring the unconscious desires and emotions to consciousness. The difficulty of a patient to express himself is a measure of its resistance and in some cases the pressure exerted by the super-ego is so strong that the patient is unable to say anything . The superego uses his strength to hold back the magic of the word " . The ability to learn a foreign language , concludes Buxbaum , may depend on unconscious feelings that are under the control of the superego . The ability to speak a foreign language can be considered on a par with other forms of symptoms of language, and is subject to the same mechanisms that produce dysfunction of the language. In addition, the learning of a second language can be used both as a defense mechanism that strengthens the repression, both as a way to weaken the strength of the superego . 41 I do not own any of the quotes in the present page, they are all by Edith Buxbaum ,Technique of terminating analysis., Int. J. Psychoanalytic, 1950 81 Motherandmother‐tongue Mother tongue , alma mater, langue maternelle , the definitions that are universally given to the first language that individuals begin to speak . These verbal images express the idea that " the function of language is learned when the child is being breast-fed" 42 . The psychoanalyst Ralph R. Greenson , who has provided several interesting contributions right on the relationship between the mother and the mother tongue , says that " the term implies a itself close relationship between mother tongue and mother language. In Western civilization, the first language is called mother tongue. Margaret Mead stated that even in societies where women speak a different language from the men , the language of the mother is taught to all children before by the mother herself , and only then the children learn the language of the father . "43 The acquisition of language is not a simple path or a parallel line to neurophysiological and cognitive acquisition of language, its vocabulary and its constructs , must develop all those internal processes that lead to the definition of "self" distinguishing it from " non-self " The establishment of the language within the dyadic relationship mother - child involves a process of disidentification between the mother and the child and the separation between the "inside" and "outside ." Through language, the child begins to establish himself as a separate self from the 42 The Babel of The Unconscious Jacqueline Amati-Mehler, M.D., Simona Argentieri, M.D., Jorge Canestri International Universities Press, Incorporated, 1993. 43 Ralph Greenson, The Technique and Practice of Psychoanalysis (1967) 82 mother , and at the same time develops the ability to get back in touch with the mother. SECOND CHAPTER The Brain What is the brain? The brain is the primary organ of the central nervous system , it is present in vertebrates and in all animals with bilateral symmetry , including mankind . In vertebrates, the brain is located at the apex of the cerebrospinal axis , inside the skull . The correct term to denote the set of structures contained within the braincase is the encephalus, which is part of the brain. The brain is responsible , along with the endocrine system, for part of the regulation of the vital functions homeostatic and is adjustments where and higher brain functions develop. The brain is the most important organ of the central nervous system with a rather variable weight of no more than 1,500 grams and has a volume between 1100 and 1300 cm ³, bearing in mind the possibility of significant variations between individuals , also related to sex, age and other factors. 83 Areasofthebraininvolvedinlanguagelearning. Language has an organization of focal type , made possible thanks to the cortex . This is what differentiates us from the animals , even though they still can communicate, but in a different way. The difference is that our language is proportional or symbolic , while animal’s language is emotional . The areas of language are divided into: • Areas that decode the language • Areas that produce the language. The brain ,from an operational point of view, can be divided into two halves : the forebrain and the hindbrain. The forebrain = it is the executive part of the brain, in the frontal lobe all motor functions are organized . The hindbrain = it is the perceptive part of the brain. There are areas of the sensory system. 84 The areas of the brain who are in charge of language organization are : the frontal area, the lateral area and the lower area. The areas in charge of the decoding of language and symbols are: the post- central cortex , mainly the cortex of the temporo-parietal lobe , then the language is developed substantially in the Sylvian fissure . There are five cerebral areas associated with the learning of a new language. Primary auditory cortex : this is the site where the auditory stimulus comes from, it concerns the acoustic, the sound and not the meaning of words. The message is then decoded in the area of Wernicke that has the function to decode the sound of the word into meaning . 85 Broca's area : This area takes its name from its discoverer ,Paul Broca, and it is the part where the production of the words takes place, it is endowed of the expressive memory of the words, here we have the “Emission of the word”. Wernicke's area : deputed to the reception of the words and to the transformation of a word into meaning. When this area must transfer the information thought or the word meant the message is transferred into Broca's area , where the phoneme is transformed into words . Angular Gyrus : deputy to the decoding and the perception of the written word . It is near Wernicke's area and the associative area of the occipital lobe , site where the written word is transferred to the calcarine cortex and moved to multimodal areas of the occipital cortex, which is near the angular gyrus . Arcuate fasciculus: is a fasciculus of white matter that connects the sensory component of the language with the expressive component of language , in fact, if this area gets injured the consequence would be a transcortical aphasia . 86 Where is the language situated ? The language resides in ' Broca's area ( which is named after the psychiatrist Paul Broca analyzed it ) which is a cortical area placed in the left frontal lobe , which is crucial production for the of language. It is often called motor area of language and is located in the third frontal convolution , just opposite to the motor that controls the muscles of the face and just above the Sylvian fasciculus . The initial hypothesis was that Broca's area was crucial for the production of language as it contained the memory of the complicated series of motor commands needed to articulate sounds . Normally, when we speak, we are not aware of the complexity of the task of articulating the sounds, but it is necessary to just pronounce an unknown and difficult word or words in a language that is not our mother tongue , for us to realize it . The proximity between Broca's area and the areas of the primary motor cortex that control the mouth and lips shows that the hypothesis has a good and rational base . It is also interesting to note that in people who learn a second language in adulthood, the activation of Broca's area while speaking in the first language is not comparable to the one which activates when speaking in the second language , this suggests that the second learning circuits created for the pronunciation of words are different from those used for the language learned first. Today we know that other areas of the left frontal lobe perform important functions in the articulation of language: in particular the supplementary motor area is involved in the planning of the sequences necessary to perform motor tasks. It is interesting that Broca's area may be activated after the reading of verbs that denote action , perhaps contributing 87 to the understanding of language . Works from the first decade of the 21st century also suggest that Broca's area may play a role in the production of correct sentences from grammatical point of view . What happens in our brain when we learn more than one language ? Paul Broca was the first to support the existence of a functional asymmetry between the cerebral hemispheres of man and to hold that , in the majority of individuals , the left hemisphere presides over the faculty of articulate speech . The human brain, is formed from two symmetrical halves , the cerebral hemispheres , which are connected from an anatomical point of view through the commissural systems thus allowing the operation unit . The two hemispheres have different functions and regulate different activities . They have a way of working that becomes evident when , for various reasons, the hemispheric connections are interrupted . The first studies on the structural asymmetries have underlined the differences in weight and volume between the two hemispheres. These studies , however, did not provide substantial evidence of the alleged anatomical differences. Geschwind and Levitsky (1968 ) were the first to carry on systematic research in this area. Regarding the functional asymmetries of the two cerebral hemispheres they symbolically represent the model of pair of opposites that interact and form a functional unit for adaptation and development of the human system . One of the most interesting aspects of our brain is the bi-behavioural characteristic configuration of the cerebral cortex represented 88 by its two hemispheres , which are the most recent nerve structures; they are almost identical and they are perfectly specular. The left hemisphere controls the movements and the sensitivity of the right side of the body and vice versa. From a phylogenetic point of view , we can say that the right hand preference (and perhaps also the fact that language is situated in the left hemisphere of the brain ) dates back to a few million years ago and seems to be a specific characteristic of homo sapiens. An important consideration is the fact that originally the language was gestural and then the right hand was used , and this, therefore, has played an important role in the development of communication that would later become of verbal type. In the nineteenth century, the medical anthropologist Paul Broca 's observations led him to say : we speak with the left hemisphere . The right hemisphere has been less studied , probably because of its relative asymptomatic behaviour in the case of brain injury, only recently has been thoroughly studied for its peculiarity visual-spatial performances . From a functional point of view this hemisphere is specialized in 89 processing visual stimulations , in the mental representation of space and time, in the recognition of facial expressions. No doubt that the two hemispheres are functioning as a single structure and have a certain specificity , even when operating at a higher level. The left hemisphere seems to be more interested in the decoding and in the production of phonological , morphological , syntactic and lexical components, while the right hemisphere is involved in the interpretation of implicit meanings. The specific areas of language are located in the dominant hemisphere ( left ) and include: • Broca’s anterior cortex area ; • Wernicke’s posterior cortex area; • The higher cortical area . However, the development of language sees participation of the supramarginal and angular gyrus, and the associative areas of the left parietal lobe . Even the subcortical structures are involved in the production of language. Wernicke's area is specialized in the use of the phonemic code of the language, while Broca's area governs the combination of phonemes for the articulation words . 90 Heschl’sgyrus Heschl’s gyrus is the part of the brain that contains the auditory cortex , which is the area that governs the perception of sounds . But also another ability depends on its size: to learn more or less easily a foreign language. Learning a language other than the native is not just a matter of exercise, but also a gift of mother nature. Some scientists in Chicago conducted an experiment on 17 people aged between 18 and 26 years. They measured the size of the Heschl’s gyrus of the patients , through a brain MRI , and on this basis they have been able to guess which , between them , would have more easily learned 18 words of a pseudo- invented language . The greater the volume of the measured area was, the easier it was for the "cavy " to learn new words . In particular, to make the difference was the size of the left part of the gyrus, as stated by one of the authors of the study, Catherine Warrier . The leader of the team of researchers was the neuroscientist Patrick Wong, assistant professor at Northwestern, who used a method already experimented by Virginia Penhune and Robert Zatorre , from the Montreal Neurological Institute . The participants of the study , all strictly native speakers of English , made the scientist measure their Heschl’s gyrus . Then they entered in a soundproof booth , where each of them heard 6 sounds of a syllable ( pesh , dree , ner , instead , nuck and fute ) , 91 resynthesized in 3 different shades . The pseudo- words were 18 , because in the tonal languages the meaning of a word changes according to the the tone of the word itself . The 18 pseudo- words have been associated with images that represent its meaning. According to its tone the sound " pesh " , for example , has been linked the words "glass", "pencil" and "table" . The nine participants whose Heschl’s gyrus was more voluminous have had a success rate of 97 % in identifying the pseudo- words. The other 9 stopped at 63%. Some of the participants needed approximately 18 sessions to recognize sounds . There is thus a link between biology and linguistics, some men are more likely than others to learn a foreign language . In the past, other studies have shown a link between language skills and structure of the brain , but this was the first time that the location of this phenomenon has been identified. Moreover , the fact that le site is right the Heschl’s gyrus surprised the researchers as well , because this area of the brain has always been associated with the recognition of the primary sounds. 92 Conclusion. Although learning a language is often a matter of the head, the less gifted do not have to worry . The constancy of the application in studies is not useless. And then the research of the American scientists is for their own use. Because its purpose is to " better understand the functioning of the brain , and help to improve the teaching of languages ." 93 LINGUA SPAGNOLA 94 Cerebro y Interpretaciòn Introducciòn El aprendizaje de idiomas es un proceso largo y difícil en el que interactúan ,unos con otros, elementos muy diferentes, algunos de carácter cognitivo y otros psicoafectivos. Los factores que intervienen se dividen en externos e internos : el primeros se refieren a la situación socio- cultural en el que el alumno se encuentra, el idioma de entrada que tiene y la oportunidad de interactuar con el lenguaje , y los segundos depienden de la edad del alumno , la motivación que lo impulsa a estudiar una lengua extranjera , la actitud y el estilo cognitivo. No obstante la investigación científica , especialmente en las últimas décadas , hizo una contribución fundamental a la comprensión del proceso de aprendizaje de idiomas, en este proceso hay algo incomprensible . La lingüística y todas las ciencias relacionadas con ella ( la lingüística aplicada , la psicolingüística , la neurolingüística , etc .. ) han rastreado los procesos de aprendizaje en un sistema, pero tanto la ciencia como la experiencia han 95 encontrado que , durante el proceso , este sistema se somete a las "aperturas " , pasos que ocurren fuera del sistema. Las sofisticadas herramientas que la ciencia pone a disposición para la detección de neuroimagenes permiten ver y grabar lo que sucede en el cerebro durante las diversas actividades mentales en respuesta a estímulos específicos en sujetos que se someten voluntariamente a los experimentos. Aunque los experimentos de este tipo ayudan a descubrir y conectar varias funciones psíquicas con las estructuras específicas del cerebro , en relación con la operación de los procesos de aprendizaje de una lengua , no ayudan a resolver por completo el problema de las "zonas grises " del aprendizaje. Partiendo de la observación de que hay un área sombreada de aprendizaje, en este trabajo voy a tratar de investigar lo que sucede en la parte más inconsciente a través de la cual pasa inevitablemente , y a veces se bloquea, el aprendizaje de un segundo idioma. PRIMER CAPìTULO Freudylaslenguas Merece atención la contribución de Freud al tema de las lenguas . Aunque no hay escritos de Freud que tratan explícitamente ,y de manera orgánica, el tema de las lenguas extranjeras y su papel en el funcionamiento psíquico , todo el trabajo del psicoanalista está salpicado de comentarios relevantes sobre el lenguaje y el uso del 96 lenguaje" 44. El trabajo de Freud sobre los fenómenos del lenguaje ( lapsus , chistes ), propone un ' lingüística ' muy actual. Una lingüística centrada sobre el usuario del idioma o sobre el idioma mismo , y que se basa en la investigación de la área en la cual palabra del orador enfueca la desviación y el juego en su función creativa y terapéutica. En cierto sentido, toda la estructura del discurso psicoanalítico se centra en la comparación con una lengua extranjera, es decir, el lenguaje del inconsciente . El gran desafío es que hay que encontrar una clave freudiana a la lengua del Ello , especialmente a través de la interpretación de los sueños, y proponer un proyecto de traducción en el idioma del Ego. La lengua extranjera como una representación de la alteridad y la incomprensibilidad se encuentra en cada uno de nosotros . Ya en los Estudios sobre la histeria , la palabra está en el centro del universo terapéutico del descubrimiento freudiano que se basa en el método catártico de Breuer y Freud los cuales apoyan que se puede " ventilar con palabras un síntoma” “abreaccionar afectos con las palabras". El secreto de la nueva técnica terapéutica es "permitir que el afecto de plomo encapsulado fluya en el discurso " : "De hecho, todos los síntomas , escriben Breuer y Freud , desapareciàn después de la primera ocasión en la que se habían presentado ". Esto se resume en la famosa 44 No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a La interpretación de los sueños, Sigmund Freud, 1899. 97 metáfora de Anna O. " Talking Cure ", la cura de palabras que funciona , siempre con una metáfora del mismo paciente , a través del efecto de " deshollinadores " , o el deshollinador. Las palabras son en última instancia un efecto de superficie de los impulsos y de la afectividad : el lenguaje se convierte en la presentación de los impulsos. El lenguaje se convirtió en el teatro de la aparición de una cierta importancia , ya que el cuerpo se convierte en una especie de gramática de descifrar. Aproximadamente una década después del estudio a cuatro manos con Breuer , primer trabajo importante después la interpretación de los sueños , Freud se dedicò explícitamente a la economía de la palabra en su ensayo sobre el ingenio y su relación con el inconsciente. Los estudios sobre la histeria está centrada en la idea de que el lenguaje es fundamental para nuestra salud mental : la palabra tiene sus raíces en el inconsciente y , por tanto, es a través del juego de palabras que se llega a la solución de los conflictos neuróticos. Resistir al idioma Quién trabaja como profesor de lengua extranjera , se enfrenta a menudo con las dificultades que encuentran los estudiantes adultos de una lengua extranjera. Por supuesto, un maestro consciente debe saber qué recursos utilizar para que las barreras defensivas o el nivel de ansiedad, reduzcan para crear un cómo y ambiente adecuado y para que sea accesible llegar a la lengua de destino definitiva, , en más para facilitar el aprendizaje del estudiante. Pero la aparición de una fuerte resistencia a abandonar el idioma nativo para conseguir la lengua extranjera conduce a una reflexión más profunda . El aprendizaje de una lengua extranjera para adultos 98 también supone la renuncia, o la consideraciòn de los aspectos afectivos del lenguaje que son elementos fundamentales en la creaciòn de nuestra personalidad. El aprendizaje de una lengua extranjera no significa añadir un idioma a otro : el aprendizaje no consiste ciertamente en una simple suma de las lenguas, pero es un proceso que implica una resignificación de la totalidad del sistema lingüístico y de la red asociativa que une los significados. Un nuevo nombre, una nueva adquisición de palabras no es sólo intelectual, sino un elemento que cambia todo el contexto de nuestra relación con los objetos , porque diferente es la inversión que hacemos en la palabra en un idioma u en el otro. En este sentido, me gustaría recordar el reflejo conocido de Levi -Strauss , cuando dice que no piensa lo mismo que pronuncia cheese (queso en Inglès) o fromage (queso en Francès) , porque son demasiado diferentes las raíces afectivas y sensoriales y de relación que caracterizan el aprendizaje de cada individuo de la lengua y de las palabras individuales: " para mí, yo sólo hablaba Inglés para ciertos períodos de mi vida , sin ser bilingüe , “cheese” o “fromage” significan lo mismo, pero con diferentes matices , fromage evoca una cierta pesadez, algo grasiento y un poco grumoso , con sabor denso. Es una palabra muy adecuada para describir lo que los lecheros llaman " pasta grasa" , mientras que el “cheese” , suena más ligero, fresco , un poco áspero y desaparece bajo los dientes, me hace pensar inmediatamente el queso blanco. Para mí , el " arquetipo de queso ' cambia si lo digo en Inglès o Francès”. 45 El proceso de aprendizaje de una segunda lengua implica un distanciamiento emocional desde las palabras de la lengua materna. Esta separación es difícil de tolerar , precisamente porque se produce un alejamiento de su propia identidad que se puede sentir como una pérdida. 45 Lévi-Strauss, Claude - Mito y significado ed. Alianza, 2002. 99 MadreyLenguamaterna La lengua materna , mother-tongue , alma mater, la langue maternelle , son las definiciones " universales " que se dan a la primera lengua que las personas comienzan a hablar . El psicoanalista Ralph R. Greenson , que ha proporcionado varias aportaciones interesantes y en particular en la relación entre la madre y la lengua materna, dice que " el término en sí implica una estrecha relación entre la lengua materna y la lengua materna . En la civilización occidental , la primera lengua se llama “mother tongue” (lengua materna). Margaret Mead indicó que incluso en sociedades donde las mujeres hablan un idioma distinto de los hombres , el idioma de la madre se enseña a todos los niños antes, y sólo entonces, los niños aprenden el lenguaje del padre . " 46 La adquisición del lenguaje no es un camino sencillo o paralelo lineal: la adquisición neurofisiológica y cognitiva del lenguaje, su vocabulario y sus construcciones , deben desarrollar todos los procesos 46 Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 100 internos que llevan a la definición de "yo" que la distingue de " no-yo " . El establecimiento de la lengua dentro de la relación diádica madre - niño implica un proceso de desidentificación entre la madre y el niño y la separación entre el " adentro" y "afuera". A través del lenguaje , el niño comienza a consolidarse como un ser separado de la madre, y al mismo tiempo desarrolla la capacidad de ponerse en contacto con el objeto amado . Según Cremerius : "El silencio es la forma de comunicación que caracteriza a la primera relación madre-hijo en el ámbito de la fusión sujeto - objeto , el hablar es una consecuencia del haber perdido la unidad simbiótica , y es uno de los medios para destruirla. Al mismo tiempo, sin embargo , es también un intento de volver a conectar con el objeto amado , sólo que ahora toma 101 la forma abstracta , secundaria y distanciada por un entendimiento con la ayuda de conceptos común.” 47 que tienen en En el artículo “La lengua materna y la madre ", el psicoanalista Ralph Greenson , que emigró de Viena a los Estados Unidos, ofrece importantes reflexiones sobre cómo esta relación puede afectar el aprendizaje de un nuevo idioma. Las observaciones se llevan a cabo de la experiencia clínica con una joven austriaca que se había trasladado a Estados Unidos en la adolesciencia . A pesar de que la paciente y el analista tenìan la misma lengua materna , el análisis se desarrolla inicialmente en Inglés . La mujer manifiesta un fuerte apego edípico con su padre y una aversión a su madre, que está asociada con la negativad a hablar alemán. Greenson escribe : " Le sugerí de hablar alemán, pero ella reaccionó con angustia y dijo:" Tengo miedo . No quiero hablar alemán . Siento que si hablo alemán, voy a tener que recordar algo que quiero olvidar " . En la primera hora que hablaba alemán , el paciente expresò el temor de tener que decir palabras obscenas en ese idioma. [ ... ] En alemán soy una nina sucia y un poco asustada, mientras que en Inglés soy una mujer nerviosa y refinada ' ". 48 Las transformaciones del trabajo analítico también implican lenguaje : "El lenguaje de las sesiones varían , a veces eran en Inglés , a veces en alemán, y fue el paciente a elegir el idioma . Sólo cuando se le ocurrió a recordar la aparición de resistencias o recuperar sentimientos 47 Johannes Cremerius,Il futuro della psicoanalisi. Resoconti e problemi di psicoterapia (Psicoanalisi e psichiatria dinamica), 2000, Feltrinelli. 48 Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 102 accerca de su madre , le sugerí s hablaar alemán . Hacia el fin nal del anállisis , la pacciente haablò Inglés casi exclu usivamente , sin difereenciar sus productos de acuerdo o a la leengua utilizaada ".49 En el análisis dde este caso o de estudio o desde el puunto de vista del leenguaje , ell analista diice que " lla nueva len ngua , en este e caso Innglés , ofreece al paaciente la opportunidad de construirr un nuevo sistema de defensa conntra la vida de su hiijo " . Inclusso Buxbaum m ( 1949 ) hha puesto dee relieve estte punto , haaciendo hin ncapié enn las funcioones del sup peryó asumiidas por el nuevo n lengu uaje : el lennguaje extraanjero ayyudó a borraar los recueerdos y senttimientos in ncestuosos que q serían m más accesiblles en laa lengua matterna. G Greenson paarece añadirr algo más en relación n con el víínculo entree la lenguaa y la iddentidad : " Un nuev vo lenguaje ofrece la oportunidaad de estabblecer un nuevo n auutoretrato que q puede su uplantar lass fotos antiguas y perm mitir a nuevvas imágen nes de cooexistir conn las viejas, eso es loo que puedee conducir a un tipo de personaalidad 49 N No soy dueñoa de ninguna de las citas dee la presente página, p todas pertenecen p a laa Ralph R. Grreenson Técniica y práctica del psicoanáliisis, 1998. 103 "múltiple " . De esa manera se siente " sucia y asustada en alemán " y " nerviosa y refinada en Inglés ", dijo la paciente Greenson , explica así el sentido de un reflejo de la identidad en la lengua y también la posibilidad de que pueda desarrollar una personalidad múltiple. La función de la resistencia de un segundo idioma puede desarrollar básicamente de dos maneras diferentes: para construir una defensa como terraplén contra la aparición de conflictos infantiles reprimidos , a continuación, un baluarte en contra de su lengua materna , o se puede haber una resistencia a aprender un nuevo idioma , que implica una dificultad a internalizar nuevos elementos. Greenson escribe : " El aprendizaje de una nueva lengua implica la introyección de objetos nuevos, y si hay resistencia a abandonar los viejos objetos , esto puede convertirse en un obstáculo a este proceso. Se sabe que en el asignar un nuevo nombre a un objeto hay falta de voluntad . Es más fácil adoptar nuevas palabras y vocabulario nuevo , que mutar acento o entonación. El vocabulario y la gramática se pueden aprender de una manera racional , pero el acento , el tono y el ritmo tienen que ser imitados, o sea, encorporados . Este es el núcleo más profundo de la lengua , tan íntimamente conectada a la primera relación madre-hijo , y por lo tanto es màs difícil cambiar lengua para los adultos. La facilidad de aprender un idioma es quizás determinado por los resultados del primer 104 contacto con la madre. En otro pasaje , Greenson habla de la función del lenguaje en la relación entre la madre y el bebé, que es a la vez un factor de identificación". 50El lenguaje es tanto una forma de mantener el vínculo con la madre como un medio para desprenderse de ella . La succión del pecho de la madre al bebé que sustituye introjecting ahora la nueva madre del líquido, sonidos , adquiriendo al mismo tiempo la posibilidad de repetir esta antigua gratificación en un pasivo activo . El niño reemplaza así la pasividad y el apego a la madre con la actividad y la identificación con la madre a través del lenguaje . Es fácil imaginar , por tanto, que la relación original entre el niño y el pecho de la madre ejerce una influencia decisiva en la relación del niño con la lengua materna " .51 50 No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a la Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 51 No soy dueña de ninguna de las citas de la presente página, todas pertenecen a la Ralph R. Greenson Técnica y práctica del psicoanálisis, 1998. 105 SEGUNDO CAPìTULO El cerebro humano ¿Qué es el cerebro? El cerebro es el órgano principal del sistema nervioso central , presente en los vertebrados y en todos los animales en simetría bilateral , incluso el hombre . En los vertebrados , el cerebro se encuentra en el vértice del eje cerebroespinal , en el interior del cráneo . El término correcto para denotar el conjunto de estructuras contenidas dentro de la caja del craneo es el encefalo , cuyo cerebro es una parte . El cerebro es responsable, junto con el sistema endocrino, de parte de la regulación de las funciones vitales y es el hogar de los ajustes homeostáticos y de las funciones cerebrales superiores . El cerebro importante es del el órgano sistema más nervioso central con un peso bastante variable y de un máximo de 1.500 gramos y tiene un volumen entre los 1.100 y 1.300 cm ³, teniendo en cuenta la posibilidad de variaciones significativas entre los individuos , también se relaciona con sexo , edad y otros factores . 106 Lasáreasdelcerebroinvolucradasenel"aprenderunidioma”. El lenguaje tiene una organización de tipo focal. Y eso es lo que nos diferencia de los animales , a pesar de que todavía se comunican , pero de una manera diferente . La diferencia es que nuestro lenguaje es proporcional o simbólico , mientras que los animales tienen un lenguaje emocional . Las áreas de lenguaje se dividen en : • Áreas diputadas a la decodificación del lenguaje . • Áreas diputadas a la producción del lenguaje . El cerebro desde un punto de vista operativo se puede dividir en dos partes : Frente = parte ejecutiva del cerebro es en el lóbulo frontal de la función motora. Posterior = la parte perceptiva del cerebro . Las funciones de producción de la lengua son principalmente: frontal, lateral inferior. 107 Las funciones de decodificación del lenguaje y los símbolos son : la corteza posterior a la central, principalmente la corteza del lóbulo temporoparietal , entonces, la lengua se desarrolla sustancialmente en la Cisura de Silvio . Las áreas que el cerebro utiliza para el aprendizaje de un nuevo idioma Corteza auditiva primaria: el sitio donde viene el estímulo auditivo y acústico, no el significado. A partir de aquí el mensaje es decodificado en el área de Wernicke que tiene la función de decodificar el mensaje de aquel sonido en el significado . El área de Broca : àrea en la que hay la producción , en la que existe la memoria expresiva de las palabras y por la cual hay la “emisiòn de la palabra”. Área de Wernicke : designado para recibir la palabra , la transformación de una palabra en lo que significa . Cuando esta área debe transferir la información o el pensamiento las transfiere en la área de Broca , en donde el fonema se transforma en palabra. 108 Cinconvoluciòn angular : diputada a la decodificación y la percepción de la palabra escrita. Se encuentra cerca del área de Wernicke, y a la area asociativa del lóbulo occipital , lugar donde la palabra escrita llega a la corteza calcarina y se transfiere a las zonas multimodales de la corteza occipital , cerca de la circunvolución angular. Fascículo arqueado: es un fascìculo de materia blanca que conecta el componente sensorial de la lengua con el componente expresivo del lenguaje , de hecho si hay una lesión de este fascìculo se habla de afasia transcortical . ElàreadeHeschl El àrea de Heschl es la parte del cerebro que contiene la corteza auditiva , que es el área que gobierna la percepción de los sonidos . Sin embargo, su tamaño también depende de otra capacidad , de aprender más o menos fácilmente un idioma extranjero . El aprendizaje de una lengua distinta de la materna no es sólo una 109 cuestión de ejercicio, sino también un regalo de madre naturaleza . A descubrirlo fueron los investigadores de la Universidad Northwestern en Chicago, con un estudio publicado en la revista Cerebral Cortex. Los científicos realizaron un experimento con 17 personas entre los 18 y los 26 años . Midieron el tamaño de su àrea de Heschl , a través de una resonancia magnética del cerebro , y sobre esta base han sido capaces de adivinar para cuales , entre ellos , habìa sido màs fácil aprender 18 palabras de un lenguaje pseudo- inventado . Cuanto mayor es el volumen de la zona de medida , de hecho , más fácil era para los jovenes aprender nuevas palabras. En particular , a hacer la diferencia fue el tamaño de la parte izquierda del àrea, como dice uno de los autores del estudio , Catherine Warrier. . Al frente del equipo de investigadores fue el neurocientífico Patrick Wong, profesor asistente a la Universidad de Northwestern, que ha utilizado un método ya desarrollado por Virginia Penhune y Robert Zatorre , Montreal Neurological Institute . A todos los participantes en el estudio , todos oradores estrictamente nativos de Inglaterra , se midiò el àrea de Heschl . Luego entraron en una cabina insonorizada , donde escucharon sonidos de una sílaba 6 CADA INDIVIDUO ( pesh , Dree , ner , nuck y fute ). Las pseudo- palabras eran 18 , ya que en las lenguas tonales el significado de una palabra cambia dependiendo del tono. Los 18 pseudopalabras se han asociado con imágenes que representan su significado . El sonido " pesh " , por ejemplo , se ha relacionado , según el tono, las palabras " vaso" , " lápiz " y " mesa" . Los nueve participantes con el àrea de Heschl más voluminosa han tenido 110 una tasa de éxito del 97% en la identificación de pseudo- palabras. Los otros 9 se pararon a un 63% . Algunos de ellos han necesitado casi 18 sesiones para reconocer los sonidos. Existe, pues, un vínculo entre la biología y la lingüística , algunos hombres son más propensos que otros a aprender un idioma extranjero . En el pasado , otros estudios han demostrado un vínculo entre habilidades de lenguaje y la estructura del cerebro , pero por primera vez, se identifica la ubicación precisa de este fenómeno . 111 Conclusiòn Aunque el aprendizaje de un idioma sea a menudo una cuestión de la cabeza, los menos dotados no tienen que desesperarse . La constancia de la aplicación en los estudios no es inútil. Y la investigación de los científicos estadounidenses se hizo principalmente para que ellos la utilizaran. Porque su propósito es " comprender mejor el funcionamiento del cerebro , y ayudar a mejorar la enseñanza de idiomas . " 112 Bibliografia. Dörnyei, Z. (2001). Motivational strategies in the language classroom. Cambridge: Cambridge University Press. Ellis, R. (1994). The study of second language acquisition. Oxford: Oxford University Press. Kasper, G. & Rose, K.R. (2002). Pragmatic development in a second language. Oxford: Blackwell. Nation, I.S.P. (2001). Learning vocabulary in another language. 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Grazie per la pazienza, la disponibilità e la dedizione al mio lavoro. Le parole non saranno mai abbastanza per spiegare la mia gratitudine. Spero di cuore che l’argomento vi sia piaciuto nonostante il duro lavoro. Ringrazio la Professoressa Adriana Bisirri, Direttrice della SSML Gregorio VII e relatrice della mia tesi in lingua italiana, un ringraziamento anche alla Professoressa Claudia Piemonte, mia relatrice e curatrice degli aspetti multimediali del mio elaborato. Ringrazio la mia famiglia: mamma, papà, mia sorella Giulia. So che starmi vicino non è un’ impresa facile, specialmente quando la mia testardaggine mi impedisce di guardare le cose in modo diverso, o più semplice. Grazie per ogni vostra parola o gesto d’affetto, farò del mio meglio per rendervi sempre fieri di me. Grazie alla mia tifoseria preferita: nonni, zii, cugini, amici. I vostri consigli mi sono sempre tornati utili. Mi avete sempre strappato un sorriso anche nei periodi più difficili, spero che anche io , nel mio piccolo, riesca a farvi stare bene come voi fate stare bene me. Ringraziamento d’obbligo e di cuore a “Casa de’ Matti”, i miei coinquilini che per tre anni hanno sopportato ogni mia stranezza: il mio umorismo incomprensibile 116 (grazie per aver riso anche quando non capivate cosa avessi detto), i miei periodi “no” ( so che i vostri nervi saldi sono stati messi a dura prova), etc… Grazie per aver sempre scelto di guardare la parte migliore di me, per la cura e la delicatezza che avete sempre riservato alle mie debolezze. Grazie : Lisa, Riccardo, Stefano e Tino. So per certo che al mondo non c’è nessun altro che mi conosca bene quanto voi, vi porterò sempre nell’angolo dei miei ricordi più belli. Con tanto affetto, Serena. 117