L`Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731

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L`Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731
Giancarlo Spizzichino
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione
(1731-1741)
I primi decenni del Settecento furono particolarmente difficili per
l’Università degli ebrei di Roma. La comunità ebraica infatti fu teatro di
interventi restrittivi messi in atto non senza contrasti da due organi dello
Stato pontificio: la Reverenda Camera Apostolica e il Sant’Uffizio.1 E nel
1731 il controllo da parte di quest’ultimo, sempre vigile sulla comunità del
ghetto, si fece così intenso da rasentare la repressione. Tre avvenimenti
in particolare crearono sconcerto e dolore all’interno del claustro ebraico:
l’imposizione di chiudere un’antica sinagoga situata nel cosiddetto “ghettarello”, la cui esistenza secolare era sempre stata tollerata dalle autorità
ecclesiastiche; una depredazione di libri sacri; una incursione nel suo archivio con asportazione di documenti.
Si iniziò il 9 maggio 1731 con l’ordine da parte del Sant’Uffizio di
chiudere la piccola sinagoga di Porta Leone. Si proseguì il 28 dello stesso
mese con una razzia di libri, gran parte dei quali non furono mai restituiti.
Da ultimo, il 4 agosto, venne sequestrata una larga parte della documentazione contenuta nell’archivio dell’Università, al fine di utilizzarla per
verificare la sua reale consistenza economica in merito al debito che la
Reverenda Camera Apostolica vantava nei suoi confronti.
1. Sulle difficoltà di questi anni cfr. in particolare M. Rosa, Tra tolleranza e repressione: Roma e gli ebrei nel ’700, in Italia Judaica. Gli Ebrei in Italia dalla segregazione
alla prima emancipazione, Atti del III Convegno internazionale, Tel Aviv, 15-20 giugno
1986, Roma 1989, pp. 81-98; Id., La Santa Sede e gli ebrei nel Settecento, in Storia d’Italia,
Annali 11, Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, t. II, Dall’Emancipazione a oggi, Torino
1997, pp. 1067-1087; S. Grassi, Gli ebrei a Roma nei primi decenni del Settecento, in La
questione ebraica dall’Illuminismo all’Impero (1700-1815), a cura di P. Alatri, S. Grassi,
Napoli 1994, pp. 161-181.
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Una razzia di libri e la lotta contro il Talmud
Il 4 aprile 1731 il Sant’Uffizio ricevette una veemente segnalazione da
parte di un «indignato fedele cristiano», che denunciava come nel ghetto
fosse cosa abituale leggere il proibito Talmud e insegnarlo in scuole ampiamente sovvenzionate che a suo dire dovevano «essere soppresse e spogliate delle loro sostanze da applicarsi à beneficio di cotesta Sacra Romana
Inquisitione per servirsene per Difesa della Santa Fede Cristiana».2
In un altro scritto datato 16 maggio, di mano della stessa persona,
veniva detto che
l’unico remedio per hora sarebbe fermare l’Archivij Economichi in mano di
Samuel Corcos, e le scritture appresso Sabbato da Segni Rabbino successo al
morto Corcos, e si trovarà molto particolarmente sopra le Scuole forastiere, e
la legge della Scola Castigliana per mantenimento degl’Ebrei celati Spagnoli
come ancora di tutte le altre, per il giro dell’Economico e parimente li libri
del Talmud, ed altri in dispeggio della Nostra Santa Fede, et altre perverse
scritture di corrispondenze in tutte le parti, quali non si credono […].3
Il nome del solerte delatore – Raimondo Rasi – appare al termine di
un terzo documento nel quale vengono denunciati, elencandoli, i patrimoni
posseduti dalla Scuola de’ Putti detta del Talmud Torà, auspicando che
siano confiscati.4
Tali scritti non tardarono a dare i loro frutti. Il 28 maggio 1731, come ricorda un Memoriale inviato all’inizio del 1732 dall’Università degli ebrei di
Roma e dello Stato ecclesiastico al Sant’Uffizio, fu eseguito nel ghetto (come
negli altri ghetti dello Stato ecclesiastico) un saccheggio di libri ebraici:
Usando questa Sacra Congregazione la solita sua vigilanza affinché dalla retenzione di libri censurati e proibiti e specialmente da quelli Talmudisti non resti
non meno pervertito il vero senso della Sacra Bibbia e con apparenti bestemmie
et ingiurie oltraggiata la S. Religione Christiana, più volte è venuta nelle risoluzioni di far perquisire et assecurare li libri dagl’Ebrei ritenuti, ma specialmente
diede e fu eseguito quest’ordine in Roma e nello Stato Ecclesiastico nelli Ghetti
dove furono nel dì 28 Maggio prossimo passato perquisite le case degl’Ebrei,
2. ACDF, SO, St. St., TT4-c, fasc. 4, Memoriale dato al S.O. mediante l’Eminentissimo Signor Cardinale D. Francesco Barberini; ivi, fasc. 5, Alla Sacra Congregatione del
S. Offitio Per N.N.
3. ACDF, SO, St. St., TT4-c, fasc. 4, 16 maggio 1731. Fattarello contro gl’Ebrei Per
la Santa Fede, e la Reverenda Camera Apostolica. Sopra il Talmud.
4. ACDF, SO, St. St., TT4-c, fasc. 4, Nota di altri denari…
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et assecurati, e rispettivamente trasportati alle Sacre Inquisizioni tutti li libri
con idea di farne esaminare le loro qualità, et in ultimo ritenere e privare li detti
ebrei di quelli che fossero stati riconosciuti soggetti alla detta censura et altresì
di apparenti contrarietà all’istesso Istituto, che quelli professano.5
Una narrazione ancora più drammatica dell’incursione nel ghetto richiama alla nostra memoria un’altra incursione, decisamente più tragica,
avvenuta due secoli dopo:
Adì 28 Maggio 1731. Di sera alle 4 hore di Domenica a sera vennero in
ghetto di molti sbirri parte ne andarono in casa del sig. Memune [consigliere]
Ezzechia di Gabriel Ambron e parte in casa del sig. Memune Benedetto Panzieri quondam Samuelle, et altre Case particolari, Sig. Abram Pepe, Zaccaria
di Sezze, et in casa di Salamon di Corcos et al Talmud Torà con la guardia
di detti sbirri, e su le 10 hore venne il Reverendissimo Padre Commissario
con tutti li Ministri di S. Offitio, con il Padre Predicatore, che ci predica, il
Sabbato, et altri Ministri di S. Offitio e fecero la ricerca de libri ebraici, e ne
portarono via da sei sacchi, e messero un editto per parte di detto Tribunale,
che chi haveva libri Talmudisti, e Talmud, o altri, che li dovesse consegnare
in termine di tre giorni, e quelli restati a ‫[ תת‬Talmud Torà] per essere assai
sera sigillarono la stanza con biffa, a questo editto la nostra comunità con
l’aiuto del rabbino Sabbato da Segni quondam David fecero istanza di più
tempo per poter regolare il fatto, e levare la confusione, li fu concesso, con
che il detto prendesse le note de’ particolari delli libri, che avevano sottoscritto da ciascheduno, e portato più liste al detto Padre Reverendissimo con la
nota de’ libri in capo di giorni 12. La detta Inquisitione fece per lo stato del
Papa a tutti li ghetti come haveva fatto in Roma nell’istesso giorno delli 28 di
maggio 1731. Il dì delli 11 di Giugno detto l’ultimo giorno di nostra Pasqua
Rosa furono forzati a 2 hore di notte portare alla Inquisitione tutti li libri, che
vi erano nelle note ancor, che non erano, né Talmud, né altri all’apparenza
proibiti che furono altri sei sacchi per essere ubbedienti […].6
5. ASCER, AMM, UER, b. 1Tf, fasc. 2, Alla Sacra Congregazione del S. Offizio Per
L’Università degl’Ebrei di Roma, e dello Stato Ecclesiastico. Memoriale, s.d. [gennaio
1732] (esiste alla stessa segnatura un’altra copia incompleta dello stesso memoriale; la
datazione si ricava dal fatto che nel memoriale si dice che dopo il «sequestro e trasporto di
tutti i libri» del 28 maggio «corre oggi l’ottavo mese da che gli Ebrei ne restano privi»).
6. ACDF, SO, St. St., TT4-c, fasc. 4. Pasqua Rosa corrisponde al secondo giorno della
festa di Shavuot (Settimane) nella quale si festeggia il dono della Torà al popolo ebraico.
Sulle periodiche perquisizioni nei ghetti e la confisca dei libri cfr. A. Berliner, Storia degli
ebrei di Roma dall’antichità allo smantellamento del ghetto, Milano 1992 (ed. or. 1893),
pp. 248-249; M. Caffiero, Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra eresia, libri proibiti e
stregoneria, Torino 2012. Come è noto i nazisti, che dopo l’8 settembre 1943 avevano
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Segue nel testo il numero dei libri contenuti nei sei sacchi, con i loro
titoli trascritti in modo spesso incomprensibile. Si riconoscono tuttavia: 102
Mishnaiot, 5 libri dello Zohar, 14 opere di Rashì (testi non meglio identificati), 2 opere di Abravanel, 2 di Rabbì Maimonide, in tutto 260 opere.7
Nel Memoriale inviato nel gennaio 1732, gli ebrei di Roma e dello
Stato ecclesiastico lamentavano che il trafugamento li aveva privati dei
testi – necessari per istruire i giovani, per pregare nelle sinagoghe e per
la consultazione – «donde prendere la regola direttiva tanto necessaria
ad ogni Religione per il suo dottrinale, e per l’adempimento dei morali
precetti». Richiedevano pertanto la restituzione dei libri loro necessari
«per l’osservanza e pratica de’ propri riti che come vivo testimonio delle
Fede Christiana, sono dalla Santa Sede providamente tollerati», invitando i componenti della Congregazione del Sant’Uffizio a verificare se i
libri sottratti fossero: «inespurgabili», perché contenenti materie proibite
dalle Costituzioni apostoliche, «espurgabili», oppure «di quelli che non
hanno bisogno di alcun spurgo o perché non contengono errori, o se li
racchiudano siano di già stati corretti, et emendati». A tale fine ricordavano che dopo la bolla di Clemente VIII Cum Hebraeorum malitia
(28 febbraio 1593), il Sant’Uffizio ritenendo che «le supposte e dubitate empietà o bestemie sono in modo tale oscure in detti libri, che difficilmente si possono scorgere da chi non è più che versato nella lingua
occupato Roma, il 23 dicembre dello stesso anno, dopo un lavoro di selezione iniziato il 30
ottobre, asportarono dalla biblioteca della Comunità ebraica romana circa 7.000 volumi, tra
pergamene e incunaboli, ascrivibili al XII-XV secolo; caricati su due vagoni ferroviari partiti per il Nord, dei testi requisiti sino a oggi si è perduta ogni traccia (cfr. ASCER, Archivio
Contemporaneo, b. 44, fasc. 6, Relazione Foà (Presidente) relativa al periodo nazifascista,
preparata il 15 novembre 1943 e inviata all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane il 20
giugno 1944).
7. Mishnà (pl. Mishnaiot) è la raccolta in forma scritta della Torà orale, tramandata da
Mosè in poi da maestro ad allievo fino al II secolo attraverso insegnamenti orali, e poi redatta da Yehudà ha-Nassì per scongiurare l’oblio degli insegnamenti mosaici. Zohar (Libro
dello splendore) è considerato il testo più importante del misticismo della Kabbalà ebraica.
Rashì, acronimo di Rabbì Shelomò Itzhakì, fu uno dei massimi commentatori della Torà e
del Talmud vissuto a Troyes (1040-1105). Isaac Abrabanel (o Abravanel), nato a Lisbona
(1437), versato nella finanza, divenne in questo campo stretto collaboratore del re; passato
poi in Spagna, dopo l’editto di espulsione del 1492 si rifugiò prima a Napoli e poi a Venezia dove morì nel 1508; scrisse opere di commento sui Profeti e sulla Bibbia. Maimonide
(1135-1204), nome con cui è meglio conosciuto Moshè ben Maimon, fu commentatore
della Mishnà e codificatore del complesso delle leggi ebraiche, una delle massime autorità
legislative del popolo ebraico.
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Ebrea, e non ha più che mediocre cognizione delle loro sottilissime frasi
e termini equivoci», affidò tale compito correttivo agli ebrei stessi, con
l’avvertenza che se fossero risultati «inobedienti», dopo un controllo del
lavoro eseguito, sarebbero stati puniti. Supplicavano quindi di differenziare «i libri talmudici», ritenuti «inespurgabili, e perciò dati sempre alle
fiamme»,8 da quelli «non talmudici», spurgabili che «non si danno alle
fiamme» e che, come era stato stabilito da Clemente VIII con il suo breve
del 17 aprile 1593, una volta corretti potevano essere restituiti ai legittimi proprietari. Quest’opera di correzione poteva essere fatta o da «periti
correttori», scelti ad hoc dal Sant’Uffizio, oppure dagli stessi ebrei, come
era accaduto ad Ancona poco tempo prima, il 5 maggio 1728, quando ci
si era accorti che il primo metodo avrebbe impegnato a lungo e con dubbio risultato i correttori. A tal proposito lo stesso Memoriale, riprendendo
quanto riferito da Giulio Bartolocci nella sua Bibliotheca Magna Rabbinica de scriptoribus et scriptis hebraici…, ricordava come all’indomani
del breve papale del 1593 si «congregarono in Mantova molti Rabbini»
che coadiuvati dall’opera di un padre cappuccino neofito formarono «uno
spurgo, componendo un libro manoscritto», successivamente aggiornato
dal padre Domenico Gerosolimitano, in cui furono emendati e corretti
circa 500 libri; spurgo proseguito fino al 1641 quando, essendo maestro
di palazzo Niccolò Ridolfi, l’opera venne raccolta in un volume manoscritto titolato Zikuk seu Sepher Zikuk, seu Liber Expurgationis, due copie del quale erano presenti nella Biblioteca Vaticana e in quella del cardinale Barberini e che ora gli ebrei si offrivano di fare stampare a proprie
spese, in modo che a tenore di esso il Sant’Uffizio potesse in seguito dare
«l’ordini per lo spurgo».9
Ma i libri furono trattenuti ancora per molti anni, tanto che gli ebrei
furono costretti a reiterare più volte la loro richiesta di restituzione. Final8. La dizione «sempre dati alle fiamme», figura solo in una delle due versioni del
memoriale (cfr. supra, nota 5).
9. ASCER, AMM, UER, b. 1Tf, fasc. 2, Alla Sacra Congregazione del S. Offizio Per
L’Università degl’Ebrei di Roma, e dello Stato Ecclesiastico. Memoriale, s.d. [gennaio
1732]. Sul sefer hazziqquq e l’autocensura dei libri ebraici cfr. F. Parente, La Chiesa e il
«Talmud», in Storia d’Italia, Annali 11, Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti, t. I, Dall’alto
Medioevo all’età dei ghetti, Torino 1997, pp. 521-643 (598-612). Sui modi di espurgazione
dei libri cfr. M. Perani, Confisca e censura di libri ebraici a Modena fra Cinque e Seicento,
in L’Inquisizione e gli ebrei in Italia, a cura di M. Luzzati, Roma-Bari 1994, pp. 287-320.
Sulla requisizione dei libri ebraici cfr. anche Caffiero, Legami pericolosi.
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mente nel settembre del 1737, in relazione all’ennesima supplica dell’Università degli ebrei di Roma per potere riavere sia i libri ebraici, sia gli altri
libri e scritture asportati dal proprio archivio nel 1731, venne stabilito che
«diligenter separentur scriptures et libri qui omni suspicione carent, ab iis
de quibus dubitari potest, an contineant materiam inquisitionis».10 Così,
di lì a qualche mese, nel febbraio del 1738, dopo la lettura dell’ennesimo
memoriale in cui gli ebrei dello Stato ecclesiastico, riprendendo molte
delle argomentazioni contenute nel memoriale del 1732 supplicavano per
la restituzione dei loro libri, lamentando come da molti anni non avessero
potuto servirsene per l’osservanza dei riti e per l’educazione e istruzione
dei loro figli, la Congregazione del Sant’Uffizio decretò che «reddendos
esse oratoribus eos libros qui ex censura ab Eminentissimo Gotti probata
tolerari possunt quemadmodum resolutum fuit circa libros in Santo Officio Anconae».11
Non stupisce che in simili circostanze, di lì a pochi mesi, gli ebrei
romani, nella speranza di potere evitare ulteriori sequestri seguiti da lunghi tempi di attesa di testi loro indispensabili sul piano educativo e reli10. ACDF, SO, Decreta SO, 1737, c. 387rv, Feria 4a del 18 settembre 1737.
11. ACDF, SO, Decreta SO, 1738, c. 78rv, Feria 4a del 18 febbraio1738. A questa
restituzione viene fatto cenno dagli ebrei romani in una supplica inviata al consultore del
Sant’Uffizio Giuseppe Simone Assemani, successivamente all’altra grande perquisizione e
requisizione di libri che si verificò nei ghetti dello stato nel 1753; supplica in cui la restituzione dei libri che il revisore Giovanni Antonio Costanzi si rifiutava di fare viene sollecitata
in nome di quanto avvenuto nel 1728 ad Ancona e in tutto lo stato «7 anni dopo la perquisizione universale del 28 maggio 1731»: BAV, Vat. Lat. 8111, ff. 12r-13v, All’Illustrissimo
e Reverendissimo Signore Monsignor Assemani Consultore di S. Officio Per L’Università
degl’Ebrei di Roma, s.d. [dopo 1756]; alla supplica risulta allegata (ff. 2r-11v, 14rv) anche
una Copia del Memoriale umiliato dalle Università degl’Ebrei dello Stato Ecclesiastico
alla S. Congregazione del S. Officio per la rilassazione de Libri a loro perquisiti, ed intercetti li 28 Maggio 1731, s.d. [1738?] in cui risultano riprese molte delle argomentazioni
contenute nel Memoriale del 1732. La datazione della supplica successivamente al 1756
deriva dal fatto che Assemani fu nominato consultore nell’aprile 1756 (cfr. il suo giuramento prestato il 28 aprile in ACDF, SO, Decreta SO, 1756, c. 100v, Feria 4a del 28 aprile
1756), mentre Costanzi funse da revisore dei libri ebraici in occasione della requisizione del
1753 (ACDF, Privilegia Sancti Officii, 1755-1759, cc. 569r-573r; 561rv e 576rv); cfr. anche
Prosopographie von Römischer Inquisition und Indexkongregation 1701-1813, a cura di
H. Wolf, Padeborn-Zürich 2010, ad voces Giuseppe Simone Assemani e Giovanni Antonio Costanzi; A. Toaff, Giovanni Antonio Costanzi, ultimo censore di libri ebraici a Roma
(1745-1756ca), in «Rassegna mensile di Israel», LXVII, 1-2 (2001), pp. 203-214. Per una
datazione diversa dei documenti cfr. Caffiero, Legami pericolosi, pp. 34-39.
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gioso, abbiano inviato un nuovo memoriale in cui supplicavano affinché
in futuro i libri «ad eos spectanti statis ac pervenerint ad urbem, è dohanis directe asportentur ad hoc S. O. ad finem ut revideant, et ne oriant
inconvenientia».12
Il Sant’Uffizio decide di ingerirsi negli affari economici del ghetto
Il 4 agosto 1731, poco più di due mesi dopo il saccheggio dei libri, il
Sant’Uffizio, all’indomani dell’incarico conferito a Raimondo Rasi di esaminare come perito le carte e i libri contenuti nell’archivio dell’Università,13
procedette al sequestro di numerosi documenti che gli ebrei circa due anni
dopo, chiedendone la restituzione, indicarono consistere in
molte scritture riguardanti li Privilegi dell’Università concessi da sommi
Pontefici, copie d’inibizioni in esecuzione de detti Privilegi, altre riguardanti
l’Economia, ed interessi privati di detta Communità, e de Particolari, come
anche concernenti materie de conteggi, et altro spettante al Regolamento
Economico della medesima.14
Mentre il primo intervento, relativo al controllo dei libri ebraici, rientrava nelle prerogative tradizionalmente praticate dal potente organo inquisitoriale e come tale fu in un certo senso accettato – salvo richiedere
la restituzione dei libri non sospetti necessari per l’osservanza dei riti e
l’educazione e istruzione dei giovani –, riguardo a questa seconda intrusione, l’Università faceva notare che le scritture economiche le erano indispensabili per rendere conto degli affari interni a monsignor Bolognetti
(nominato visitatore apostolico nell’aprile del 1733), e si esprimeva con
fermezza in questi termini:
Che queste siano scritture appartenenti alla mera Economia è incontrovertibile, perché non sono né libri appartenenti alla Legge, e Riti Ebraici ma
meramente sono libri concernenti l’Interessi et alcune Inibizioni, Copie di
Privilegi o materie spettanti al Governo Economico dell’Università e a loro
interessi privati, e che ciò sia vero lo comprova il fatto del medesimo Rasi,
12. ACDF, SO, Decreta SO, 1738, c. 243v, Feria 4a del 28 maggio 1738.
13. Su questo cfr. anche i saggi di Angela Groppi e di Raffaele Pittella in questo
volume.
14. ASCER, AMM, UER, b. 1Tf, fasc. 2, Alli Eminentissimi e Reverendissimi Signori
Cardinali della S. Congregazione del S. Officio Per l’Università degl’Ebrei di Roma. Memoriale per la Congregazione del 23 Giugno 1733, s.d. [17 giugno 1733].
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il quale, per fondare questo suo preteso piano ha creduto sommariarlo con
alcune scritture, che dice essersi trovate nell’Archivio degli Ebrei e da questo
portate in S. Officio, dal che rendesi indubitato che li sudetti libri e scritture
trasportate in detto sacco non concernano materia di S. Officio.15
Il riferimento era al fatto che Raimondo Rasi, con le carte sequestrate e con altre individuate attraverso quotidiane ispezioni nell’archivio
dell’Università, aveva messo assieme una perizia economica che ora veniva sottoposta all’attenzione di Bolognetti, dopo essere stata presentata nel
novembre 1732 alla congregazione presieduta dal cardinale Albani.16 E il
concetto che si voleva sottolineare era evidente: vi state occupando di problemi che non sono di vostra competenza, perché non si tratta di documenti
e scritture inerenti la sfera religiosa.
Nella sua perizia Raimondo Rasi si era sforzato in tutti i modi di dimostrare che lo sbilancio entrate/uscite dell’Università per l’anno 1731 non
era negativo, ma addirittura che le prime superavano le seconde. Mettendo
a confronto i bilanci presentati dagli ebrei nel 1702 e nel 1731, aveva confutato alcune voci nelle entrate del 1731, asserendo che esse non potevano
essere inferiori alle analoghe presenti nel bilancio più antico, mentre altre,
egli affermava, erano state fraudolentemente diminuite. Aveva eliminato
inoltre alcune voci nelle uscite, dichiarando che dovevano essere considerate
a solo carico degli ebrei e non attribuite alla Camera Apostolica, cioè pagate
con i denari a lei dovuti. In definitiva, aumentando artatamente le entrate e
diminuendo le uscite, aveva tentato di dimostrare che esisteva un avanzo valutabile in scudi 5.280,59, con i quali a suo dire l’Università avrebbe potuto
diminuire annualmente il passivo contratto con la Camera Apostolica (cfr. in
appendice a questo saggio tabella 4).
I valori con i quali Rasi alterò il bilancio del 1731 dimostrano quanto
egli abbia lavorato puntigliosamente e animato da una veemente avversione nei confronti degli ebrei, utilizzando sia la documentazione rinvenuta
nel ghetto, sia le informazioni ivi raccolte. Ed è proprio grazie alla pun15. Ibidem.
16. ASR, CAM II, Ebrei, b. 1, fasc. 11, Perizia fatta d’ordine della Sacra Congregazione del S. Offizio da Raimondo Rasi perito deputato da detta Sacra Congregazione a
visitare l’Archivio degli Ebrei del Ghetto di Roma. Tomo Primo. Sopra l’Economico, 1732.
Una copia della perizia si trova anche in ASCER, AMM, UER, b. 2Pb, fasc. 1, e b. 1Ql,
fasc. 1, Peritia del debito che à l’Università degli Ebrei di Roma […] e del modo col quale
può da questo facilmente sgravarsi. Su Rasi e sulla sua ispezione cfr. anche il saggio di
Angela Groppi in questo volume.
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tigliosa confutazione di alcune voci presenti nelle entrate – riguardanti i
consumi di carne, di vino e di pane, la tassa del Calo e Accrescimento,17
quella di 2 scudi a fuoco, l’introito per la tassa del pretatico18 e per i letti
affittati alle soldatesche acquartierate a Roma – che la sua perizia fornisce
informazioni molto interessanti sulla vita interna del ghetto (cfr. le tabelle
riportate in appendice di questo saggio).
È probabile che il bilancio presentato dall’Università per l’anno 1731,
così come quelli degli anni precedenti, possano essere stati non veritieri.
Ma la situazione economica all’interno del ghetto – come sembra riconoscere in fondo lo stesso Rasi visto che nel suo scritto parla del debito
contratto dall’Università e «del modo col quale può da questo facilmente
sgravarsi» – era effettivamente disastrosa, tanto che l’Università finì per
essere definita dalla stessa Reverenda Camera Apostolica «non solvibile».
Ne è testimonianza anche la caduta del reddito di cinque famiglie, grandi
contribuenti, tra gli anni 1721 e 1751, riportato nella tabella seguente, nella quale la tassa del 5,1%19 sui loro averi complessivi passa da 2.483,7 a
198,9 scudi, con una diminuzione pari al 9%.
17. La tassa del Calo e Accrescimento, introdotta da Innocenzo XII nel 1698, trasferiva il 12% dei fitti dai proprietari cristiani all’Università, ed essa lo doveva versare alla
Reverenda Camera Apostolica in diminuzione del suo debito.
18. Il pretatico, in ragione di 12 baiocchi a fuoco, doveva essere pagato ai parroci delle
chiese nella cui circoscrizione sorgeva il ghetto in sostituzione delle prebende per battesimi,
matrimoni e cresime che avrebbero potuto ricevere dai cristiani.
19. Il 7 gennaio 1732 Rasi rilasciò una dichiarazione sull’origine della percentuale
del 5% applicata alle dichiarazioni rese dagli ebrei annualmente: «Essendo stati mandati
a domandare da me Infrascritto nell’Archivio del Ghetto il Rabbì Sabbato da Segni, David Tarmi, uno dei capi della Congrega sì del Ristretto che de’ 60 et Isach Tedesco Proscritturale di detto Ghetto, interrogatili dove provengano li scudi cinque per Cento, che si
pagano dagl’Ebrei secondo le facoltà che li medesimi godono regolate col loro consueto
giuramento ogn’anno. Rispose detto Sabbato Tarmi come uno de più vecchi, et esperti
nell’interessi di detto Ghetto, che tal pagamento si fa non per impositione de’ Sommi
Pontefici, ma per solo mezzo termine preso da medemi Ebrei, e sua Congrega del Ristretto, e de’ 60 al tempo che viveva Daniel de Pisa col consenso di Monsignor Vicegerente
fattane parola col Papa, che ritrovandosi forzati detti Ebrei a pagare li loro debiti della
Reverenda Camera Apostolica per supplire alli frutti de’ luoghi de’ Monti, Vigesima, Fiumicino, Catecumeni, Convertite, Camera di Campidoglio, per dar resto e supplire sia alli
debiti arretrati, che agli altri che fossero stati per correre per detto effetto in avvenire, e
nell’istesso modo seguita così a correre presentemente, essendosi unito il parere di detto
Rabino Sabbato da Segni, et Isach Tedesco che in ogni tempo attesteranno avanti chi sarà
di bisogno» (ACDF, SO, St. St., TT4-c, fasc. 4). Al 5% rimase unito lo 0,1% che si pagava
per la tassa della Vigesima, portando così il totale al 5,1%.
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Tabella 1. Decrescita dei capitali di cinque famiglie ebree
Contribuenti
1721
1726
Deodato
di Modena
14.500
12.000
Emanuele
Tedesco
9.500
Michele e altri
di Capua
Ezechia Ambron
David Volterra
Totale
1731
1736
1741
1746
1751
11.075
3.700
2.800
900
400
3.860
900
535
50
15
9.200
6.500
7.800
1.116
1.800
1.000
1.000
11.200
10.175
10.265
8.500
6.500
3.200
2.500
4.300
3.750
3.042
1.700
1.200
100
48.700
36.285
33.092 [sic]
15.551
12.350
5.215
–
–
3.900
Fonte: ASCER, AMM, UER, b. 1Qi, fasc. 4, Confronto di cinque Fameglie Ebree pagatrici
di grosse somme sopra i Loro Capitali scemati in Sette Quinquenni da Agosto 1721 Sino
al presente 1751.
La relazione di Rasi fu presentata il 24 novembre 1732 alla congregazione presieduta dal cardinale Albani e incaricata di discutere i provvedimenti da
prendere «Pro Universitate Ebreorum», in cui furono avanzate numerose idee
per risolvere alcune problematiche trattate anche dal perito del Sant’Uffizio,
ma con uno spirito che forse si riprometteva di essere più costruttivo del suo.
Attraverso i suggerimenti proposti, infatti, si intravede un timido tentativo di
mettere ordine nei bilanci dell’Università, anche se è evidente l’assenza di un
chiaro progetto per alleviare il degrado finanziario del ghetto.
Tra le misure da adottare – 12 per diminuire le uscite e 8 per aumentare le entrate – la congregazione propose tra le prime di non pagare con denaro destinato alla Camera Apostolica gli emolumenti per le prediche, per
le mance di Natale e Ferragosto, per le doti alle zitelle povere, per le «azimelle in tempo di Pasqua», per il mantenimento dei poveri, per le scuole
e i loro maestri, per i soldati inviati in ghetto durante la sede vacante, per
gli alimenti «di quelli che vanno alli catecumeni, e di quelli che saranno
carcerati, sul riflesso che la medesima Università non è solvibile, ma carica
di debiti». Inoltre, non si doveva più pagare il segretario della Congrega
dei Sessanta, né colui che teneva il conto delle case per il pagamento delle
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
127
pigioni; mentre l’onere delle spese sostenute dall’Università per i noli dei
parati, in tempo di carnevale e di sede vacante, era addossato ai «nolitanti» ebrei. Si vietava inoltre, sotto pena di 50 scudi, di indossare a nozze e
circoncisioni «guarnimenti d’oro, argento e merletti» di valore superiore a
1 scudo. Era poi obbligatorio pagare il pretatico e le pigioni non più tramite
l’Università ma direttamente ai parroci e ai proprietari cristiani.20
Per aumentare le entrate dell’Università fu proposto che la tassa del
12% del Calo e Accrescimento fosse pagata secondo la perizia immobiliare eseguita per conto del tesoriere dall’architetto Giovanni Domenico
Navona; che fossero ineludibili la tassa di due scudi obbligatoria per ogni
famiglia e il dazio per le doti, senza il pagamento del quale i rabbini non
avrebbero potuto celebrare i matrimoni; che la tassa di 15 baiocchi per
barile di vino fosse pagata anche dalle osterie e non solo dalle bettole; che
la somma dovuta alla Camera Apostolica per l’affitto dei letti per i soldati
fosse equiparato per tutto lo Stato; che fosse tassato per 1 giulio ogni vestito dato in affitto dagli ebrei ai soldati; che fossero tassati anche coloro che
non avevano capitali ma che ritraevano il loro sostentamento «dalla loro
industria». Infine fu deciso che il 5% corrisposto dagli ebrei sui loro capitali dovesse essere pagato direttamente alla Camera Apostolica in conto
del debito contratto; e a tal proposito, accogliendo un suggerimento di Rasi
sulla sicura fraudolenza dei giuramenti resi dagli ebrei sulle loro proprietà,
fu stabilito di emanare un editto ad hoc del tesoriere in cui «promettere
premio a chi darà notizia de veri capitali».21
Come può rilevarsi gli interventi proposti non furono di alto respiro e
certamente non risolutivi, perché spostavano alcuni oneri semplicemente
dall’Università ai privati, eliminavano per alcune voci la spesa connessa, ma
non la disposizione che la rendeva obbligatoria e semplicemente annullavano alcune uscite necessarie, senza suggerire un modo alternativo per pagare
20. ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Copia delle Risolutioni fatte dalla Congregazione tenuta li 24 novembre 1732. Sulla questione degli alimenti ai carcerati cfr. K. Stow,
Delitto e castigo nello Stato della Chiesa: gli ebrei nelle carceri romane dal 1572 al 1659,
in Italia Judaica. Gli Ebrei in Italia tra Rinascimento ed Età barocca, Atti del II Convegno
internazionale, Genova, 10-15 giugno 1984, Roma 1986, pp. 173-192.
21. ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Copia delle Risolutioni fatte dalla Congregazione tenuta li 24 novembre 1732. L’editto fu emesso il 23 febbraio 1733 dal tesoriere
generale Carlo Maria Sacripante e riconosceva il 20% del denaro recuperato a chi dava notizie
su capitali occultati e la segretezza della delazione: ASR, Biblioteca, Collezione bandi, 391,
Editto sopra l’Assegna de’ capitali degl’Ebrei, in Roma, nella stamperia della Reverenda
Camera Apostolica, 1733 (una copia anche in ASCER, AMM, UER, b. 1Tf, fasc. 2).
128
Giancarlo Spizzichino
la prestazione relativa. Non a caso la congregazione finì per chiedere la nomina di un visitatore apostolico per valutare l’applicabilità delle risoluzioni approvate, allo scopo di trovare una soluzione alla questione del debito
inevaso da parte degli ebrei nei confronti della Camera Apostolica. Fu così
che la questione venne discussa in una serie di congressi tenuti nel corso del
1734 in presenza di monsignor Bolognetti, che a fine aprile 1733 era stato
nominato «visitatore apostolico per l’Università degl’Ebrei di Roma».
Il primo congresso si svolse il 12 agosto 1734, seguito il 19 dello stesso
mese da un secondo congresso nel corso del quale fu deciso che l’Università
aveva la possibilità di controbattere le asserzioni di Rasi.22 Nel foglio preparato per il terzo congresso, svoltosi il 2 settembre, dal procuratore dell’Università Giacomo Balsarini, «lettore di legge in Sapienza», si legge che
Essendosi nel Congresso avuto li diecenove Agosto scaduto stabilito che doppo addotte le ragioni contro le otto prime risolutioni quali importano pretensioni di nove impositioni agl’Ebrej per poter sodisfare il preteso debito della
Camera, si dovesse dimostrare l’insussistenza di quanto asserisce il Rasi ne
suoj scritti, ora minutamente si anderà con evidenza provando che oltre non
esser vero quanto egli figura non ha ne puole avere nessuna sorte di fondamento per la sua esecuzione; e perciò si prega V. S. Ill.ma che voglia liberare
la povera Università degl’Ebrei dalle oppressioni, che li vengono causate da
costui, senza veruna raggione; ma bensì con equivoci e fallacie co’ quali pretende oscurare la luce del sole.23
La memoria presentata dall’Università è una puntuale confutazione di
quanto sostenuto da Rasi nella sua perizia, a partire dal calcolo fatto del debito in capitale e in interessi che l’Università avrebbe avuto con la Camera
Apostolica. Le sue valutazioni, ottenute moltiplicando il numero di luoghi di
Monte, 1.660 e 1.288,08, per il loro valore di mercato, 119 scudi per i primi e
125 per i secondi, dimostrano in effetti che il perito del Sant’Uffizio ignorava
le più elementari regole bancarie. Come avviene anche oggi in Borsa, l’ente
che emette una obbligazione, alla sua scadenza, restituisce al sottoscrittore
il valore nominale (corrispondente a 100 scudi per ogni luogo di Monte);
22. ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Foglio per il congresso da farsi li 12 agosto
del 1734 Per l’Università dell’Ebrei e Ghetto di Roma. Risposta sopra le prime 4 Risolutionj della Congregazione Deputata tenuta li 24 Novembre 1732; ivi, Foglio per il Congresso da farsi li 19 agosto 1734 per l’Università dell’Ebrei, e Ghetto di Roma.
23. ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Foglio per il Congresso da farsi li 2 Settembre 1734 Per l’Università dell’Ebrei e Ghetto di Roma. Tratta sopra l’11 articoli della
Peritia del Rasi supposti contro l’Università.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
129
quello di mercato viene considerato solo se l’obbligazione è venduta prima
del suo termine naturale. Quindi, affermava giustamente Balsarini, il debito capitale dell’Università verso la Camera Apostolica era di 166.000 più
128.808 scudi, cioè 294.808 scudi e non 358.550 come sosteneva Rasi, probabilmente sperando che nessuno rivedesse i suoi conti.
Inoltre, incalzava l’avvocato, dalla cifra per interessi maturati sui 1.660
luoghi di Monte Seconda Erezione non onorati dall’Università, ma pagati
dalla Reverenda Camera Apostolica, Rasi non aveva dedotto tutte le cifre
incassate dall’amministrazione pontificia: per il quattrino in più pagato dagli
ebrei per ogni libbra di carne rispetto alla gabella normale di 3 quattrini; il
paolo mensile per ogni letto affittato a Roma alle soldatesche; gli 8 baiocchi
mensili per ogni letto affittato a Civitavecchia; i 6 baiocchi per i letti affittati
ad Anzio; i 15 baiocchi per ogni barile di vino venduto in ghetto; i 720 scudi provenienti dalla concessione della privativa del pane, tutto denaro che
era stato regolarmente versato in diminuzione del debito dell’Università.
Riguardo ai 113,28 scudi provenienti da Ancona e ai 25 provenienti dai forestieri, che Rasi affermava entrare nelle casse dell’Università ma non essere
riportati nel bilancio, Balsarini spiegava che i primi erano raccolti direttamente dalla Camera Apostolica mentre i secondi erano riportati debitamente
nel libro dell’esattore che lui aveva consultato. Per quanto riguardava l’appalto della polpina, poi, era notorio, affermava Balsarini, che attualmente
non valeva più di 1.900 scudi; i 2.450 ottenuti a suo tempo dall’appaltatore
Gaetano Celli dovevano essere dimenticati; inoltre era totalmente discorde
dalla realtà il consumo di carne ipotizzato da Rasi ogni anno, infatti era poco
probabile che una popolazione con un’alta percentuale di indigenti, circa il
50% del totale, sostenuta dai sussidi settimanali elargiti dalle Scole e dalle
numerose congregazioni di assistenza presenti nel ghetto, potesse permettersi consumi di carne addirittura più alti della media cittadina.24
Anche i conteggi riguardanti il vino erano artatamente modificati, bastava controllare i registri della dogana per verificare il vero numero di barili
scaricati a Ripa, a meno che non si volesse accusare di frode gli stessi doganieri. Rasi non teneva conto che il consumo attuale di vino non era uguale
a quello degli anni precedenti ai quali egli faceva riferimento. Per quanto
riguardava gli immobili l’avvocato ricordava poi che alcuni di essi nel 1703
24. Sui consumi di carne a Roma nel Settecento cfr. M. D’Amelia, La crisi di un mercato
protetto: approvvigionamenti e consumo della carne a Roma nel XVIII secolo, in «Mélanges
de l’École française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes», 87, 2 (1975), pp. 495-534.
130
Giancarlo Spizzichino
erano stati esclusi dal ghetto e che il decreto presentato congiuntamente nel
1709 dai cardinali Corradini e Patrizi, rispettivamente auditor camerae e tesoriere, aveva permesso all’Università di non pagare le pigioni delle case
sfitte nel ghetto appartenenti a cristiani, come al contrario aveva imposto il
breve di Alessandro VII del 15 novembre 1658. Inoltre si ricordava che una
perizia dell’architetto Navona sul patrimonio immobiliare del ghetto, fatta
per ordine del tesoriere, aveva stabilito che da quella tassa si poteva ritrarre
al massimo 750 scudi. Analoga situazione si aveva per i letti affittati per le
soldatesche. Rasi faceva finta di non sapere che il numero dei soldati era
diminuito rispetto al 1702, pertanto si aggiungeva ironicamente «se [Rasi]
vuole fare questo aumento ò oblighi Sua Santità a mantenere più soldati ò
li mantenga lui e così potrà fare questo preteso beneficio di maggior rendita
alla Camera». Infine si aggiungeva che era oltremodo scorretto che Rasi affermasse sempre di essere in possesso di carte e documenti comprovanti le
sue asserzioni senza mai mostrarle, mantenendo un comportamento del tutto
contrario a un serio contradditorio tra le parti in causa.25
Nel dicembre 1734 fu inviato a monsignor Bolognetti un ulteriore memoriale con sommario e annessi allegati, sempre redatto da Giacomo Balsarini, nel quale veniva fatto il punto sulle questioni di cui si era discusso
nei vari congressi.26 In esso, con l’appoggio anche di uno degli allegati titolato Notizie circa lo Stato antico, e moderno dell’Università degli ebrei del
Ghetto di Roma, & altro appartenente alla medesima, venivano riassunti
tutti gli oneri a cui l’Università degli ebrei di Roma era stata sottoposta
a partire dal 1595, quando era stata ammessa da Clemente VIII al Monte
Sanità del Popolo Romano con l’emissione di 214 luoghi di Monte, parte
dei quali servirono a estinguere i debiti contratti esistenti sino a quell’anno, e parte come sovvenzione della stessa Reverenda Camera Apostolica.
Oltre a questo elenco – che enumerava tutte le altre transazioni onerose
effettuate a partire da quella data, con partecipazioni ad altre emissioni
di luoghi di Monte, sovvenzioni all’Annona, alla Camera Capitolina, alla
Casa dei Catecumeni, al Monastero delle Convertite, spese per gli alimenti
25. ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Foglio per il Congresso da farsi li 2 Settembre 1734 Per l’Università dell’Ebrei e Ghetto di Roma. Tratta sopra l’11 articoli della
Peritia del Rasi supposti contro l’Università.
26. ASCER, AMM, UER, b. 1Za, fasc. 3, All’Illustrissimo, e Reverendissimo Signore
Monsignor Bolognetti Visitatore Apostolico Per L’Università degl’Ebrei di Roma, Memoriale con Sommario, & altri fogli annessi…, Typis Leone, & Mainardi 1734 (ci sono due
versioni, una manoscritta e una a stampa).
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
131
da somministrare ai carcerati ebrei… – nel memoriale venivano avanzati
anche alcuni suggerimenti che, una volta approvati, avrebbero potuto se
non riportare l’Università agli antichi splendori antecedenti alla chiusura dei banchi, perlomeno alleviare la disastrosa situazione finanziaria che
aveva prodotto una diminuzione del capitale da essa posseduto.27
Insieme a una generica richiesta di alleviare o eliminare del tutto alcuni
balzelli, veniva auspicata la creazione di nuovi ghetti a Viterbo, Foligno,
Rieti, Terni, Spoleto, Velletri…, ove sarebbero stati possibili nuovi sbocchi
lavorativi per gli ebrei romani indigenti, che nella Dominante risultavano
oziosi e a carico dell’Università mentre in questi luoghi, alcuni dei quali si
asseriva vedevano con favore l’ingresso degli ebrei, avrebbero potuto con il
loro lavoro sostenersi e pagare le tasse. Era inoltre richiesta la riapertura dei
banchi, non solo a Roma ma anche «per le Città dello Stato, dove vi sono
de’ Ghetti»;28 espediente fondamentale «per trovare maniera per il mantenimento di 4060 Ebrei del Ghetto di Roma» e per risollevare l’Università dal
degrado economico nel quale era precipitata, tanto da essere stata dichiarata
«non solvibile», nella congregazione deputata del 24 novembre 1732. Tuttavia, veniva detto, per aiutare l’Università non era sufficiente diminuire
l’aggio pagato sui luoghi di Monte, eliminare totalmente o in parte i balzelli
27. Dopo la soppressione dei banchi feneratizi nel 1682, il capitale complessivo dichiarato alla Reverenda Camera Apostolica dai contribuenti del ghetto diminuì di 350.000
scudi; una perdita di altri 125.000 scudi fu registrata nel 1716, fino a che tale cifra si ridusse a 109.559 scudi nell’anno 1731. Ogni quinquennio gli ebrei giuravano di fronte a un
rabbino sul «valsente» in loro possesso, costituito da: denaro, merci per negoziare o dare a
nolo, oro, argenti, perle, gioie, tanto per uso di casa che per ornamento di donne e «putti»,
abiti da donna, drappi e tessuti con oro e argento, merletti e ricami. La stima doveva essere
fatta «per il prezzo maggiore che in sua coscienza le comprerebbe per contanti, e che non
li pigliarebbe di più di detto prezzo». Erano compresi nella somma tassabile: i crediti esigibili (quelli inesigibili dovevano essere comunicati ai Fattori per essere tassati in futuro nel
caso di riscossione), i luoghi di monte posseduti valutati al 50%, le doti ricevute valutate
all’80%, le cifre sborsate per acquisti di jus gazzagà al 40%, gli abiti e i merletti al 50%. Il
«valsente finale» poteva essere decurtato del 20%. Erano esclusi dalla valutazione i mobili
di casa per uso proprio e le «robbe» donate alle sinagoghe. Sulla cifra così calcolata si era
passati da una tassazione iniziale nel 1635 pari all’1,62%, al 5%, più lo 0,1% per la tassa
della vigesima (ASCER, AMM, UER, b. 1Gm, fasc. 4, Capitoli et Ordini per regolare
il giuramento Universale da prestarsi dagl’Ebrei dimoranti nella Città di Roma, Per il
quinquennio principiato il primo Agosto 1731 e publicati dalla Congrega di Sessanta li 3
Novembre 1732, In Roma, 1732, Nella Stamperia della Reverenda Camera Apostolica).
28. I contratti per nuovi banchi avrebbero dovuto essere stretti con l’Università di
Roma che a sua volta li avrebbe subaffittati in modo che il ricavato avrebbe concorso alla
diminuzione del suo debito con la Camera Apostolica.
132
Giancarlo Spizzichino
alla Camera, al Campidoglio, ai Catecumeni, alle Convertite e il pagamento
del vitto ai carcerati, permettere la possibilità di trafficare liberamente per
tutto lo stato e ripristinare i banchi di pegno, se contemporaneamente non si
consentiva di pagare, utilizzando gli scudi raccolti con le tasse, le spese per
la predica, per le regalie camerali, per le mance di Natale e Ferragosto, per
i portoni del ghetto, per i mandatari, per i maestri dei putti, per i noli obbligatori e infine per le elemosine, tutte prestazioni che non potevano essere
eluse. Il memoriale concludeva quindi con una critica all’impianto complessivo delle risoluzioni prese dalla congregazione nel novembre 1732 che
tendevano a stornare dazi e altre entrate dell’Università da spese considerate
«necessarie e morali» per la vita della comunità, opponendo il principio che
la Reverenda Camera doveva essere considerata creditrice privilegiata.29
Si tratta di questioni riprese di lì a poco dallo stesso visitatore apostolico in una sua relazione, probabilmente risalente ai primi mesi del 1735,
nella quale viene detto che
Nella Congregazione particolare sopra l’Interessi della Università degli Ebrei
di Roma con la Reverenda Camera tenuta avanti l’Eminentissimo e Reverendissimo Cardinale Camerlengo con l’intervento di Monsignor Tesoriere,
Monsignore Assessore del Sant’Offizio, Monsignore Vicegerente, e Monsignore Commissario della Camera li 24 Novembre 1732, fu risoluto tra l’altre
cose “Esse supplicandum Sanctissimo pro deputatione Visitatoris ad referendum quoad Universitatem Ghetti” ed avendo la Santità Sua deputato me
sottoscritto per Visitatore suddetto ho vedute molte scritture esibite per parte
della Reverenda Camera e della Università, et ho intesi in più congressi tenuti
avanti di me, li difensori, computista et esattore della medesima Università, et
anche il Signore Picucci, che interveniva per la Reverenda Camera ed avendo
maturamente considerato tutto ciò che o [sic] creduto doversi considerare
riferisco come appresso […] Per dare qualche rimedio a tanto sbilancio di
uscita la sudetta Congregazione particolare fece alcune risoluzioni, otto delle
quali sono dirette all’accrescimento dell’Entrata, et altre dodici anno [sic]
per fine la diminuzione dell’Uscita. Ma l’Università degli Ebrei pretende che
molte di quelle risoluzioni non possano, et altre che non debbano eseguirsi,
e propone altri mezzi, con i quali pretende che si possa conseguire il fine sudetto di crescere l’Entrata e minuire l’Uscita. Onde riferirò in primo luogo le
risoluzioni di detta Congregazione particolare, distinguendo quelle, che dalla
Università si accennano, dall’altre le quali si impugnano e rispetto a queste
29. ASCER, AMM, UER, b. 1Za, fasc. 3, All’Illustrissimo, e Reverendissimo Signore
Monsignor Bolognetti Visitatore Apostolico Per L’Università degl’Ebrei di Roma, Memoriale con Sommario, & altri fogli annessi…, Typis Leone, & Mainardi 1734.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
133
rappresenterò le raggioni che per parte della Università si allegano in contrario, e di poi esporrò li mezzi che per parte degli Ebrei si propongono, con li
motivi che possono considerarsi per approvarli e per riprovarli […].30
Il suo rapporto quindi elenca sia le disposizioni proposte nella riunione
del 24 novembre 1732, che sottoposte all’Università avevano avuto l’assenso degli ebrei anche se con qualche modifica, sia le altre ritenute errate e non
applicabili, esponendone le motivazioni da essi addotte per il rifiuto.
L’Università accettava per aumentare le sue entrate quanto proposto
dalla congregazione riguardo all’equiparazione di tutti gli affitti per i letti
dei soldati; di pagare la tassa del Calo e Accrescimento in accordo alla
perizia fatta dall’architetto Navona, la quale però doveva essere rivista in
quanto egli aveva incluso negli affitti da tassare anche quelli che alcuni
proprietari cristiani ritiravano in prima persona senza devolvere il 12%
previsto dalla tassa, considerando inoltre tassabili «case che servono le
Sinagoghe e Scuole Pie le quali non debbono tassarsi». Si accettava il principio di tassare le doti ma si chiedeva che il rabbino fosse esonerato dal
compito di ottenere una ricevuta del pagamento, lasciando questo onere
all’esattore, informato dal celebrante sull’entità della dote prima che il matrimonio fosse eseguito. Erano ritenuti anche accettabili sia il principio che
gli affitti delle case e il pretatico non fossero pagati tramite l’Università ma
raccolti direttamente dai proprietari cristiani e dai parroci, sia le disposizioni suntuarie riguardanti le celebrazioni di nozze e le circoncisioni.
Una critica presentata dagli ebrei, riferisce Bolognetti, riguardava non
tanto l’emissione di un editto per riconoscere un premio a chi riferisse su
dichiarazioni fraudolente da parte degli ebrei, quanto sulla proposta che
con la tassa del 5,1% non fosse possibile pagare interessi e prestiti contratti in altri tempi e con creditori diversi, ad esempio gli obblighi imposti
dalla Camera Capitolina, dalla Casa dei Catecumeni, dalle Convertite. Per
quanto riguardava la tassa sul vino, l’Università ribatteva che le bettole nel
ghetto erano quattro e non cinque, le osterie che a esse dovevano essere
equiparate per la tassazione, non erano necessarie e potevano quindi essere
chiuse. Per la tassa di scudi 2 a famiglia era meglio lasciare ai fattori, che
conoscevano meglio la situazione economica di ogni nucleo familiare, la
30. ASCER, AMM, UER, b. 1Za, fasc. 2, Prima parte della Referitione da farsi da
Monsignor Illustrissimo Bolognetti Visitatore Apostolico e Risposta contro fattaci dal Signor Picucci, s.d. [1735]. È ipotizzata la data del 1735, in quanto nella relazione monsignor
Bolognetti parla di un debito dell’Università verso la Camera Apostolica «a tutto il 1734».
134
Giancarlo Spizzichino
valutazione se tassarlo o meno, evitando di importunare il tesoriere per
ottenere il suo assenso a ogni esenzione proposta.
Quanto alle proposte avanzate per diminuire le uscite, ve ne erano
alcune impossibili da applicare. I nolitanti, cioè coloro che davano a nolo
arazzi e parati per conto dell’Università in occasione del Carnevale, di
processioni e feste, avevano l’obbligo di inserire queste loro merci nelle
dichiarazioni dei loro averi, per essere poi assoggettate alla tassa del 5,1%.
Obbligarli a fornire le loro mercanzie gratis significava non solo metterli
nelle condizioni di non poter pagare le tasse a causa della diminuzione
degli utili, ma alla lunga obbligarli a disfarsi della loro merce, non essendo
più remunerativo il loro mestiere. In conseguenza, l’Università avrebbe
dovuto ricorrere a rigattieri cristiani per questo servizio obbligatorio, con
ulteriori spese.
L’assurdità della disposizione che annullava le spese per le liti, per gli
alimenti ai carcerati e per coloro che erano portati ai catecumeni, era palese. Non poter pagare i propri avvocati difensori con gli scudi raccolti mediante le tasse, per devolverli totalmente alla Reverenda Camera Apostolica, significava imporre nuove gabelle per fare fronte a impegni ineludibili,
scaricando sui soli contribuenti oneri derivanti dalla difesa di diritti comuni
a tutti gli abitanti del ghetto, creando oltre a nuove imposizioni, numerose
controversie al suo interno. Inoltre, si ricordava che l’obbligo di alimentare
i carcerati ebrei era stato imposto da Urbano VIII con il breve del 18 ottobre
1635, che aveva deciso che esso non doveva ricadere sui creditori cristiani,
ma sull’Università. Infine il vitto agli ebrei portati ai Catecumeni era obbligatorio, tanto che la Casa, in caso di inadempienza, aveva il diritto di imporsi
mediante la mano regia, cosicché, suggeriva l’Università,
dovrà determinarsi, che la Casa de’ Catecumeni oltre l’opera di Misericordia
Spirituale che esercita nell’erudire gli Ebrei nella Dottrina Cristiana, eserciti
anche l’altra corporale di dargli gli alimenti, tanto più che alla medesima
Casa si pagano dall’Università degli Ebrei scudi 1257,5 annualmente.31
Impedire il pagamento delle doti alle zitelle povere e ai maestri delle
scuole era impossibile, perché i denari utilizzati per tale scopo derivavano
da interessi maturati su lasciti di alcune migliaia di scudi, dati a cambio
addirittura prima del 1667. Come pure era inaccettabile l’ordine di non
pagare con il denaro raccolto con le tasse il segretario della Congrega dei
31. Ivi, c. 13r.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
135
Sessanta e colui che teneva il conto delle case affittate; il mantenimento
per tre giorni dei forestieri che venivano a Roma, come avveniva per gli
ebrei romani che andavano in altre comunità; le spese per le prediche e per
le mance durante le festività di Natale e Ferragosto e le azzime nel periodo
pasquale; gli sbirri e i soldati mandati in ghetto durante la sede vacante;
questo avrebbe voluto dire infatti imporre nuovi dazi con il risultato di
aumentare le spese invece che diminuirle.
Dal tono adottato dal visitatore nel riferire il pensiero dell’Università su
alcune proposte del Sant’Uffizio, senza esporre palesemente una sua posizione al riguardo, sembra potersi dedurre una sua larvata adesione ai motivi
addotti dagli ebrei. In alcune critiche alle proposte presentate dalla commissione paritetica istituita da Clemente XII, e riunitasi a novembre 1732, non è
facile distinguere il pensiero esposto dall’avvocato dell’Università da quello
riportato da Bolognetti, tanto che, come prima sottolineato, sembra che la
critica sia avanzata dal visitatore apostolico piuttosto che dalla controparte.
In realtà l’incoerenza di alcune delle proposte avanzate a novembre
balzava agli occhi in modo evidente. In una ostinata difesa del credito vantato verso l’Università, si imponeva di non utilizzare, per numerose voci
di spesa, le imposte raccolte nel ghetto che dovevano essere devolute alla
Camera Apostolica, dimenticando che alcune di quelle uscite erano tributi pretesi dallo Stato pontificio e dall’amministrazione capitolina, mentre
contemporaneamente si suggeriva di annullarne altre, che essendo non eludibili, avrebbero comportato l’imposizione di nuove tasse.
Solo quando riporta la riflessione degli ebrei sopra la disposizione di
annullare le spese per le scuole e per i maestri de’ putti Bolognetti afferma:
si dice pure per parte della Università parer cosa indoverosa levar il modo di
studiare, et imparare; ma si può rispondere, che sono infinite le comunità de’
Cristiani ove non vi sono scuole pagate dalla Comunità, ma chi vuole il maestro lo paga; onde molto più si può questa stessa ordinarsi con l’Università
degli Ebrei, che non ha entrate sufficienti a pagare i propri annui debiti.32
L’osservazione finale era pertinente alla situazione debitoria del ghetto, ma occorre sottolineare che questa è l’unica volta che egli contrasta
l’Università, per la quale, in accordo al costume ebraico, anche in una
situazione degradata rimaneva importante l’istruzione dei giovani. L’osservazione del visitatore sembra peraltro più dettata dal suo sentire non
32. Ivi, c. 16r.
136
Giancarlo Spizzichino
basilare l’istruzione per le classi più povere, piuttosto che da ostilità verso
gli abitanti del ghetto.
Resta il fatto che, come può desumersi anche dal memoriale con
sommario presentato dagli ebrei cinquantaquattro anni dopo a Pio VI –
nell’ambito di una congregazione deputata a risolvere la controversia tra
l’Università degli ebrei di Roma e «La Reverenda Camera Apostolica,
Eccellentissima Camera Capitolina, Pia Casa dei Catecumeni, Monastero delle Convertite, Università degli Ebrei di Ancona, ed altre simili Università dello Stato, ed altri Interessati» –, nessuna delle richieste avanzate
dall’Università, e forse appoggiate da Bolognetti, fu accolta.33
La Scuola Porta Leone fa giurisprudenza
Passato il portone del ghetto detto Quattro Capi vi è la strada avanti al palazzo
dei Signori Savelli, che introduce al vicoletto chiamato Porta Leone, a mano
dritta vi è un portone dove si entra al cortile detto ghettarello il quale portone
si apre e serra nel tempo che si aprono e serrano i portoni del ghetto […].34
Così inizia una descrizione del cosiddetto “ghettarello”, noto anche con
il nome di “macelletto”, ubicato di fronte al portone del ghetto che consentiva l’uscita dalla via Rua. Compreso tra il Tevere e le chiese di S. Gregorio
alla Pietà e S. Nicola in Carcere, questo complesso di costruzioni, in parte
adibite ad abitazioni e magazzini, conteneva un cortile lungo e stretto sul
quale si affacciavano alcuni locali affittati a uso di fondaci ad alcuni ebrei.
In uno di questi locali, di proprietà della nobile famiglia di Girolamo del
Cinque, era posizionata la Scuola Porta Leone, una sinagoga la cui esistenza
veniva fatta risalire a un periodo antecedente la creazione del ghetto.35
33. ASCER, AMM, UER, b. 1Rf, fasc. 1, All’Illustrissima Congregazione particolare
deputata dalla Santità di Nostro Signore PIO PP. VI, Degl’Ill.mi e R.mi Monsignori Ruffo
Tesoriere Generale, Della Porta, Rusconi, Gregorii, Pelagalli, Consalvi […], Memoriale,
In Roma per i Lazzarini, 1789; cfr. anche ivi, b. 1Qh (parte I), fasc. 1, Alla Santità di Nostro
Signore Papa Pio Sesto felicemente regnante. A Monsignor Uditore che ne parli, Die 2
Junii 1787. Ex Audientia Sanctissimi SS.mus deputavit Congregationem Particularem […]
ad cognoscendum de expositis gravaminibus, citatis interesse habentibus, & ad referendum
eidem Sanctitati suae, quae gravamina provisione digna sint, & quomodo eis provideri
possit. Per L’università degl’Ebrei di Roma, In Roma 1789, per i Lazzarini.
34. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. A, Nota
distinta del Cortile con suoi magazzeni, e Stanze chiamato il Ghettarello; una copia anche
in ACDF, SO, St. St., AA4-b, c. 293rv.
35. Cfr. G. Spizzichino, La scomparsa della sesta Scola. La sinagoga Portaleone,
Roma 2011.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
137
Tabella 2. Elenco dei locali che costituivano il “ghettarello”
Attività svolta
Proprietario
Canone
annuo
in scudi
N.
Immobile locato
Affittuario
1
entrando nel cortile a destra:
una stanza grande
Barraffaele ebreo
«magazzeno
di pellami»
moglie di
Francesco Olivieri
18
2
stanza sopra la precedente
Ascarelli ebreo
«magazzeno
di robbe di nolo»
moglie di
Francesco Olivieri
17
3
stanza sopra la precedente
Modena ebreo
«magazzeno
di robbe di nolo»
moglie di
Francesco Olivieri
17,50
4
magazzino a pianterreno
vicino alla n. 1
Modena ebreo
«magazzeno
di robbe di nolo»
Girolamo
del Cinque
4,40
5
magazzino vicino al n. 4
Vital Campagnano
ebreo
tinello
Girolamo
del Cinque
8,80
6
stanza al primo piano a cui
si accede da un cortiletto
Scola
Girolamo
del Cinque
30
4
(come
subaffitto
della
Scola)
7
stanza sotto la Scola
Capone ebreo
tinello
Girolamo
del Cinque
8
due stanze, una sull’altra,
nello stesso cortiletto
Caiatte ebreo
nolo
Girolamo
del Cinque
4
9
segue altro cortiletto nel quale
vi è una stanza a pianterreno
Ambron ebreo
tinello
monastero
di S. Anna
5
segue una scala a cordone
che introduce a una stanza
Funaro ebreo
robbe vecchie
monastero
di S. Anna
6
la stanza grande
è utilizzata come
magazzino di grano e
di «zimelle»; le altre
due sono subaffittate,
una come tinello, una
come «magazzeno di
robbe di nolo»
Venerabile
Ospedale
della
Consolazione
10
Compagnia della
Morte
11
12
seguono alcuni scalini
che immettono a una stanza
grande con stanza sopra
e tinello sotto.
altri ebrei
altro magazzino
non affittato
–
–
17,60
–
Fonte: ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. A, Nota
distinta del Cortile con suoi magazzeni, e Stanze chiamato il Ghettarello.
138
Giancarlo Spizzichino
Come già accennato, il 9 maggio 1731 la Congregazione del Sant’Uffizio emise un decreto per la chiusura della sinagoga di Porta Leone:
Essendo venuto a notizia della Sacra Congregazione che gl’ebrei di Roma
contro la disposizione delle note costituzioni Apostoliche ritenevano fuori del
Ghetto un altro luogo a Porta Leone, chiamato Ghettarello, dove parimente
contro la disposizione delle costituzioni Apostoliche officiavano una Scuola
o Sinagoga, fu decretato sotto li 9 maggio 1731 che dovesse rimuoversi l’uso
di questo Ghettarello […].36
In esecuzione di tale decreto il 23 luglio venne notificato al rabbino Sabato di Segni e ai fattori Benedetto Panzieri e Laudadio di Segni il precetto
ut infra terminum octo dierum […] debeant omnino vacuum ac liberum dimittere ghettum, ut vulgo dicitur a Porta Leone, necnon vacuas, ac liberas
omnes et singulas domos, habitationes et mansiones in dicto Ghetto existentes, restituendo dominis earum domorum claves illarum.37
L’Università reagì inviando immediatamente un memoriale che venne
esaminato nella congregazione del 25 luglio nel quale, oltre a richiedere
«un’onesta dilazione» per rinvenire i documenti giustificativi della facoltà
apostolica di ritenere magazzini e Scuola in questo sito, faceva presente di
essere in possesso di regolari ricevute per le pigioni dei locali che provavano «l’antichissima et immemorabile esistenza di quel ghetto». Si trattava di
locali sui quali gravava il pretatico pagato al parroco di S. Nicola in Carcere, la tassa del Calo e Accrescimento e dove, al tempo della peste nell’anno
1656, erano stati alloggiati «gli ebrei politi» che avevano avuto il compito
di provvedere alli bisogni del ghetto grande», mentre ora venivano usati
solo come magazzini e «tinelli per ritenervi il vino».38 Ma un secondo de36. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione…; una copia anche ivi, CC5-r, fasc. 1.
37. ACDF, SO, St. St., AA4-b, c. 786r, copia del decreto del 23 luglio 1731; ivi, c.
525rv, notifica dell’ordine di sgombero sottoscritta dal rabbino e dai fattori, che la ricevono
nel palazzo del Sant’Uffizio dall’assessore Cosimo Girolami.
38. ACDF, SO, St. St., AA4-b, c. 524r, Nota circa il Ghettarello degli ebrei, 11 marzo
1735, in cui si dice tra l’altro che del decreto del 9 maggio non si è trovata registrazione
nella cancelleria del Sant’Uffizio; ivi, cc. 527r-532v, Alla Sagra Congregazione del S. Offizio per l’Università degli Ebrei di Roma, s.d. [1731]; cfr. anche ivi, TT2-m, fasc. 9, Alla
Sagra Congregazione del S. Offizio Per L’Università degli Ebrei di Roma. Memoriale col
Sommario, s.d. [1731] (varie copie anche in ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola
Portaleone 1731-1735).
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
139
creto, rilasciato lo stesso 25 luglio e notificato agli ebrei il 27, confermò la
chiusura della scuola, consentendo tuttavia di tenere alcune stanze a uso di
magazzini «siccome le ritengono in altri luoghi di Roma fuori del ghetto
a tenore delli decreti apostolici» («permiserunt tamen ibi retinere aliquas
mansiones simpliciter ad usum magazzenorum, ut habent in aliquo alio
loco extra Ghettum»).39
Gli ebrei aderirono loro malgrado alla decisione del Sant’Uffizio chiudendo la scuola e lasciando solo i magazzini; ma una volta trovata la documentazione che giustificava il loro diritto a tenere aperta anche la sinagoga
di Porta Leone, la sottoposero alla Congregazione «per poter mantenere
quello che il Sommo Pontefice Gregorio XIII gli concedette con titolo oneroso». Infatti, come viene sottolineato, la riapertura delle sinagoghe Porta
Leone e del ghetto grande era stata ottenuta nel 1581 con un versamento di
mille scudi d’oro al papa Gregorio XIII, quando egli aveva concesso di riacquistare gli immobili venduti forzosamente nel 1566 per ordine di Pio V.40
Tale pagamento, per volontà del papa, era stato devoluto alla Casa dei Catecumeni, precisamente nelle mani dell’allora suo camerlengo Giacinto Zanchini. Fecero presente inoltre come già nel 1620 avessero subito un processo
intentato nel Tribunale del cardinal vicario di Roma con la stessa accusa:
avere una sinagoga esterna al ghetto. Quel processo, nel corso del quale furono interrogati ben quindici ebrei, alcuni dei quali risultano detenuti nelle
carceri di corte Savella, era terminato con la piena assoluzione dell’Università, dopo che questa ebbe presentato il 15 ottobre 1620 un memoriale
inviato a Gregorio XIII nel 1581, nel quale l’Università si diceva pronta a
pagare la somma richiesta per la riapertura delle scuole e una ricevuta del
pagamento finale. La sentenza, emessa il 28 agosto 1621, aveva autorizzato
gli ebrei a officiare in due sinagoghe: quella situata «in ghetto urbis» e l’altra
«in ghetto Portae Leonis» e quindi in un totale di sei Scuole.41
39. ACDF, SO, St. St., AA4-b, c. 786r, copia del decreto della Feria 4a del 25 luglio
1731; ivi, TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione…
40. Cfr. ASCER, Scola Castigliana, 3U1, f. 201r, Libro de’ decreti vecchi della Scola
Castigliana-Aragonese, dove viene riportato che «Di domenica alli 16 del mese di Iggiar
[5]326 che fu alli 5 di maggio 1566 furono serrate le Scole per virtù della bolla di Pio V
(del 1° maggio 1566)».
41. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, Alla Sagra
Congregazione del S. Officio Per L’Università degl’Ebrei di Roma, Memoriale con Sommario, s.d. [1731]; cfr. anche ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 9, Alla Sagra Congregazione
del S. Offizio Per L’Università degli Ebrei di Roma. Memoriale col Sommario, s.d. [1731];
140
Giancarlo Spizzichino
Purtroppo, nel 1731 questa documentazione non fu rinvenuta dagli
ebrei, né in copia, né all’interno del fascicolo sul processo subito nel 1620,
intitolato Romana possessionis stabilium et plurium Scholarum Hebreorum.42 In questa documentazione, l’elenco dei due documenti era seguito dall’espressione «facto produxit», il che significava, affermavano gli
ebrei attraverso i loro legali, che tali documenti erano stati effettivamente
presentati nel processo di 111 anni prima. Quindi, avendo ricordato il verdetto favorevole del 1620 e trovata una traccia sicura dei documenti che
provavano la legittimità dell’uso della sinagoga Porta Leone, l’Università,
nel 1731, era convinta di avere dimostrato il suo pieno diritto a mantenere
aperto quel luogo di culto.
Il Sant’Uffizio dal canto suo replicò che i mille scudi d’oro pagati a suo
tempo, ammesso che fossero stati veramente elargiti dall’Università, non
erano un dono per avere ottenuto la riapertura delle sinagoghe, ma una multa
imposta dal papa per il fatto di avere in uso la Scuola Porta Leone fuori del
ghetto, contro le disposizioni contenute nella bolla di Paolo IV e quelle ben
più dure di Clemente VIII. Inoltre, veniva asserito che l’espressione «facto
produxit» non significava una presentazione reale di documenti, ma solo
una presentazione verbale; infatti, per dimostrare una effettiva inclusione
di allegati in un fascicolo processuale, la dicitura «facto produxit» avrebbe
dovuto essere seguita dal termine «tenoris», che nella procedura vigente nel
1620, come ancora nel 1731, significava depositarli realmente, rilasciando
poi, nel caso di asportazione dal fascicolo, una dichiarazione scritta con
la quale ci si impegnava a restituirli entro tre giorni e che avrebbe dovuto
essere presente tra le carte. Ora questa parola così importante mancava nel
fascicolo, anzi in esso, dopo l’espressione «facto produxit», era presente
uno spazio bianco mai riempito, sicura dimostrazione che i due documenti
ivi, Alla Sagra Congregazione del S. Offizio Per L’Università degli Ebrei di Roma contro
Il Fisco. Memoriale di risposta col sommario. Tanto nel fascicolo dell’ASCER quanto in
quello dell’ACDF figura una copia dell’interrogatorio agli ebrei nel processo del 1620; cfr.
anche Spizzichino, La scomparsa della Sesta scola, pp. 32-36.
42. Cfr. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. D,
Alla Sagra Congregazione del S. Officio Per L’Università degl’Ebrei di Roma. Memoriale
con sommario. Purtroppo il fascicolo del processo non è reperibile tra la documentazione
conservata presso l’Archivio Storico del Vicariato di Roma, a causa probabilmente delle
eliminazioni ottocentesche dei fascicoli processuali antecedenti il 1800 (cfr. A. Groppi, Il
welfare prima del welfare. Assistenza alla vecchiaia e solidarietà tra generazioni a Roma
in età moderna, Roma 2010, pp. 193-194, nota 32).
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
141
anche allora non erano stati presentati e allegati. Inoltre, visto che i documenti amministrativi della Casa dei Catecumeni risalenti al 1581 non erano stati rinvenuti, doveva essere dimostrato che in quel periodo esistesse
un camerlengo della Casa chiamato Giacinto Zanchini. In realtà, affermava
il Sant’Uffizio, i millantati documenti non erano mai esistiti. A nulla valse
il fatto che dopo il permesso di visionare tutti i libri della Casa dei Catecumeni si trovassero tracce indubbie dell’esistenza di Zanchini e una ricevuta
finale per il pagamento dei mille scudi, come attestato in una dichiarazione del contabile di quell’istituto, tale Filippo Corbò. Tutto fu inutile, e a
conclusione della congregazione riunitasi il 4 agosto 1735, qualche mese
prima della suddivisione dei frequentatori della scuola Porta Leone nelle
cinque sinagoghe, effettuata dal rabbino Sabato di Segni,43 il Sant’Uffizio
rimase fermo nella sua decisione di mantenere chiusa la sinagoga di Porta
Leone,44 pur mostrandosi disponibile a verificare se la sinagoga presente
in ghetto fosse effettivamente incapace di ricevere il numero degli ebrei di
Roma, così come aveva sostenuto l’Università inoltrando tra l’altro anche
43. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. N, Nota del
ripartimento fatto dalli singoli delle scuole 4 Capi nelle 5 nostre Stanze cioè Scuole, 10 novembre 1735. Nel verbale il rabbino Sabato di Segni comunicava che il giorno prima, mercoledì 9, si era riunita la Congrega dei Sessanta nella Scuola del Tempio e dopo una votazione
in cui nel bussolo «fu trovato il numero di trenta palli, cioè quatro bianchi per esclusione e
ventisei neri che confirmorno», era stata confermata la risoluzione presa precedentemente
in seduta segreta affinché «li centottanta animi d’huomini in circa ch’erano aggregati nella
soppressa Scola Portalione» si dividessero con il seguente criterio: «Alla stanza detta Scola
del Tempio il numero di sedici animi, con l’aggravio di baiocchi sedeci e mezzo la settimana
di elemosina a poveri. Alla Stanza detta La Scola Nova il numero di 34 animi con il peso di
baiocchi 32,5 la settimana a poveri; alla Stanza detta La Scola Sicigliana il numero di 34 animi con il peso di baiocchi 37,5 la settimana a poveri; alla Stanza detta La Scola Castigliana
il numero di 33 animi, con il peso di baiocchi 37,5 la settimana a poveri; alla Stanza detta La
Scola Catalana il numero di 62 animi, con il peso di baiocchi 62 a settimana a poveri».
44. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. E, Alla
Sagra Congregazione del S. Offizio Per L’Università degli Ebrei di Roma contro Il Fisco.
Memoriale di risposta col sommario; ivi, doc. G, Alla Sagra Congregazione del S. Offizio
Per L’Università degli Ebrei di Roma Contro Il Fisco. 2° Memoriale di risposta da leggersi
ex gratia coll’altre Scritture col Sommario in calce; ivi, doc. H, Alla Sagra Congregazione
del S. Offizio Per L’Università degli Ebrei di Roma contro Il Fisco. Memoriale di replica
da leggersi ex Gratia. Copia di questi documenti anche in ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc.
9, dove cfr. anche Alla Sagra Congregazione del S. Offizio Per Il Fisco Contro L’Università
degli Ebrei. Risposta con Sommario; ivi, Alla Sagra Congregazione del S. Offizio Per Il
Fisco L’Università degl’Ebrei. Replica; ivi, Alla Sagra Congregazione del S. Offizio Per Il
Fisco Contro L’Università degli Ebrei. Replica.
142
Giancarlo Spizzichino
una perizia fatta eseguire dall’architetto Tommaso De Marchis, in cui si
sosteneva che la capienza delle Cinque Scole permetteva al massimo la
presenza contemporanea di 1.023 persone.45
Così, preso atto del decreto emanato nella congregazione del 4 agosto
1735, che aveva stabilito che qualora gli ebrei «avessero bisogno dell’ampliatione della Sinagoga che hanno nel ghetto, supplicassero»,46 l’Università nella Congregazione del 24 agosto propose due soluzioni: o reperire
all’interno del ghetto grande un nuovo sito da adibire a sinagoga, oppure
ampliare quella esistente, badando sempre a presentare come un’unica sinagoga suddivisa in cinque stanze, i cinque luoghi di culto operanti nel
claustro. La decisione della congregazione stabilì che prima dovesse essere
provata la necessità e poi inoltrata una nuova supplica, e che nel frattempo
il vicegerente con l’assistenza e l’intervento sia dell’avvocato dei rei che
del fiscale del Sant’Uffizio dovesse ispezionare la sinagoga e descriverne
lo stato.47 Fu così che
Die prima Septembris 1735. In executionem Decreti S. Congregationis sub die
24 augusti 1735 Ill.mus et R.mus D. Nuntius Baccarius Episcopus Bojanen
Vicegerens Em.i et R.mi D. Cardinalis Vicarij, nec non Sanctae Romanae, et
Universalis Inquisitionis Consultor, et Ill.mus D.D. Antonius Brogius Reorum
S. O. Advocatus, et Ill.mus Advocatus Ursius Fiscalis S. O., una mecum personaliter accesserunt ad Ghettum Urbis, et praecise ad Sinagogam Hebraeorum,
ad effectum recognoscendi, et describendi statum ejusdem Sinagogae, et in eadem perventi assistentibus D. Philippo De Romanis Architetto Domus S. Officij, et D. Thoma De Marchis Architetto Communitatis Hebraeorum […].48
Questo primo accesso dette come risultato certificato dagli architetti
una capienza nelle Cinque Scole di 1.217 persone (957 uomini e 260 donne) e non di 1.023 come calcolato da De Marchis, e precisamente: 170 per45. ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone 1731-1735, doc. L, Alla
Sagra Congregazione del S. Offizio, Per l’Università degli Ebrej di Roma Contro Il Fisco.
M.le con reassumetur per la S. Congregazione di Giovedì 4 Agosto 1735. Purtroppo la perizia di cui parla il documento per il momento non è stata rinvenuta.
46. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione…; ivi, Decreta SO, 1735, c. 271r, Feria 5a del 4 agosto 1735.
47. ACDF, SO, Decreta SO, 1735, cc. 292v-293r, Feria 4a del 24 agosto 1735.
48. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione…, (allegato A); una copia anche ivi, TT3-g, fasc. 6, Ebrei di Roma che volevano ampliare la loro Sinagoga; cfr. anche ASCER, AMM, CCM, b. 2Lc, fasc. Scuola Portaleone
1731-1735, doc. M.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
143
sone nella Scuola Castigliana; 195 nella Scuola Tempio, dove c’era anche
un coretto «con cornicione dorato» che poteva ospitare 60 donne, e inoltre
altri 3 coretti per donne e uno adibito a deposito dell’olio e altre cose necessarie alle funzioni; 210 persone nella Scuola Catalana, dotata anche di
un coretto che poteva contenere 100 donne; 160 nella Scuola Siciliana; 162
nella Scuola Nuova, più altre 60 persone in due ringhiere e 100 donne in
alcuni coretti che facevano «una specie di cupola».49
Tale esito fu comunicato all’Università solamente tre anni dopo, il 3
settembre 1738, quando ormai lo scopo del Sant’Uffizio, cioè la chiusura
della sinagoga Porta Leone, era stato raggiunto, e la battaglia dell’Università per ottenere un nuovo spazio onde supplire alla sua chiusura sembrava
ancora poter avere esito positivo. Infatti gli ebrei ritennero che fosse ormai
dimostrata la necessità dell’ampliamento richiesto, considerando che a favore di tale esigenza era di supporto anche la rilevazione degli abitanti del
claustro ebraico realizzata nel 1733 su iniziativa della Camera Apostolica,
di cui si dà conto in questo volume, e di cui l’Università esibì un ristretto
in cui si segnalano 892 famiglie e una popolazione di 4.060 «anime», di cui
1.429 maschi «maggiori d’anni 12», 349 ragazzi «da anni 4 ad anni 12»,
2.282 «donne e ragazzi d’età minori d’anni 4».50
L’Università quindi, abbandonato definitivamente ogni tentativo di
riaprire la sinagoga Porta Leone ormai chiusa dal 1731, decise di insistere solamente sull’ampliamento delle sinagoghe esistenti, presentando una
nuova supplica, a seguito della quale nella congregazione del 24 novembre
1738 (con successiva ratifica in quella del 26) si ordinò una nuova ispezione nei luoghi di culto ebraici da parte del vicegerente e dell’assessore del
Sant’Uffizio insieme al fiscale e al notaio di questo tribunale,51 chiedendo
anche a De Marchis di preparare una pianta delle Cinque Scole con l’in49. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione… (allegato A).
50. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione… (allegato B). In questo ristretto, come in altri conservati tra le carte del Sant’Uffizio, così come anche in uno presente nell’Archivio della Comunità Ebraica di Roma
(ASCER, b. 1Ta, fasc. 1) la cifra totale della popolazione del ghetto risulta arrotondata a
4.060 individui, ed è da notare che in taluni casi si parla espressamente di «Status animorum Ebreorum Urbis».
51. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Alla S. Congregazione del S. Off.o Per Li
Ebrei della Scuola di Porta Leone; ivi, Decreta SO, 1738, c. 517rv, Feria 4a del 26 novembre 1738.
144
Giancarlo Spizzichino
dicazione dei possibili siti vicini atti a un ampliamento. La relazione di
Tommaso De Marchis con la pianta relativa (cfr. la fig. 14 dell’inserto) fu
presentata il 16 marzo 1739:
Io infrascritto Architetto avendo a richiesta degl’Ebrei della Scola di Porta
Leone formata la pianta della sinagoga, o siano scole poste nel Ghetto con
tutto il recinto de siti confinanti con le medesime Scole ad effetto di esporre
alla Sagra Congregazione di S. Offizio la qualità, e la quantità de medesimi
siti contenuti in detto recinto, ne quali potrebbe edificarsi una scuola, quando
a detta Sag.a Cong.ne piaccia di permetterlo. Riferisco pertanto, che i siti da
me riconosciuti e delineati nella predetta Pianta sono in numero di tre indicati
con il colore Rossino e lettere A, B, C cioè il primo lettera A ove di presente
sono le case possedute dall’Ill.mo Sig.r Virginio Cenci, qual sito è longo palmi 68 largo ragguagliatamente palmi 37, al quale si potrà andare per l’istesso
ingresso, e vestibolo per il quale si entra alla scola del Tempio, e per edificare
nel medesimo la Scola vi si richiederà la spesa di circa scudi quattromila. Il
secondo segnato lettera B nel quale di presente esiste la loggia della Scuola
Catalana, et è longo palmi 56 largo ragguagliatamente palmi 28 al quale si
va presentemente passando per l’istessa Scuola Catalana, e per edificarvi la
scola vi si richiederà la spesa di circa scudi tremila. Il terzo segnato lettera
C confinante da un lato con la detta Scola Catalana, e dall’altro con la Scola
Nova, al quale si anderebbe passando parimente per la Scola Catalana, ed è
longo palmi 50 ½, largo ragguagliatamente palmi 26, e per edificarvi la Scola
vi si richiederà la spesa di circa scudi duemila cinquecento; e così dico, e riferisco riportandomi ai supremi voleri di detta Sagra Congregazione; questo
dì 16 marzo 1739. Tomaso De Marchis.52
Il 20 aprile 1739, coloro che nel Sant’Uffizio erano contrari all’ipotesi
della concessione, rispolverarono le tesi contrarie a ogni variazione del
numero delle sinagoghe esistenti nello Stato pontificio, ricordando quanto sancito dalle «passate costituzioni», e affermando che fosse necessario
discutere non solamente del problema della capienza della sinagoga, ma
anche evitare che nella zona aggiunta venisse creato un nuovo luogo di
culto con il suo pulpito (Tevà) e l’armadio contenente i rotoli della Torà
(Aron). Il 1° giugno venne così riaffrontata la questione a partire da quanto
riassunto dall’assessore in questi termini:
52. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione… (allegato C); una copia anche ivi, TT3-g, fasc. 6, Ebrei di Roma che volevano
ampliare la loro Sinagoga.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
145
Dopo di avere creduto gl’ebrei, che resti provata la necessità di ampliare la
loro sinagoga per il numero, in cui sono, incapace a stare nella Sinagoga presente, non meno dal risultato dell’accesso fatto il dì primo settembre 1735,
che dalla descrizione fatta de’ medesimi ebrei per ordine di Monsignor Tesoriere, esibirono la pianta, ad oggetto che venisse destinato il luogo dell’ampliazione. Ciò che riferitosi nella Consulta dei 20 Aprile, si convenne, che
dovessi farsi un nuovo accesso su la faccia del luogo, alfine di riconoscersi il
sito più opportuno; ma che nella stanza, o luogo dell’ampliazione non dovesse ritenersi la Biblia, o il Pergamo; e ciò col motivo che qualora si permettessero più stanze con Pergamo, e Biblia, si venivano a permettere altrettante
sinagoghe contro la forma delle Costituzioni Apostoliche.
Che gli Ebrei non possano avere nei luoghi da essi abitati più d’una sinagoga
si dispone nelle costituzioni Apostoliche […]. A questa disposizione pare, che
contraddicono gli ebrei, i quali dicono di avere in Roma una sola sinagoga
divisa in diverse stanze, quando in realtà ogni stanza pare, che formi una particolare sinagoga: Imperocché oltre la propria particolare denominazione di
“Scuola Catalana” “Scuola Castigliana” hanno in ciascheduna il proprio Pergamo, e il proprio luogo, per ritenere la Biblia, da loro detto Tabernacolo.
Tutta volta resta a riflettere, che tutte queste stanze sono sotto il medesimo
tetto, e nell’istesso recinto, talmente che costituiscono insieme una sola casa,
ed in questo senso di una sola casa, o recinto pare, che convenientemente
possano intendersi le accennate Costituzioni Apostoliche, qualora si rifletta,
potersi dare il caso, che il numero degli ebrei dimoranti in un luogo sia maggiore di quello possa stare insieme in una sola stanza, come appunto succede
rispetto agl’ebrei di Roma, i quali giungono al numero di sopra 1400, oltre le
donne e i fanciulli.
In tali circostanze se la S. Sede vuole tolerare gl’ebrei nel numero in cui sono,
e permettere ai medesimi, di esercitare il proprio, e di congregarsi nelle loro
orazioni, pare, che ciò non possa effettuarsi, se insieme colla permissione di
più stanze, costituenti la Sinagoga, non tolera, che in ciascuna stanza si ritenga il Pergamo, e la Biblia.
Per ciò comprendere, basta aver presente una circostanza di fatto, che siccome nella primitiva Chiesa vi era una sola Messa nel luogo, alla quale convenivano insieme tutti i Cristiani, quest’istesso costume nella loro superstizione hanno sempre praticato, e costumato gl’ebrei, i quali convengono tutti
insieme specialmente il Sabbato ad officiare, e cantano salmi nella Sinagoga
avanti la Biblia, siccome dagli medesimi ebrei vien supposto, e comprovato
da un attestato de loro Rabini (* questo attestato si dà annesso segnato lett.
E). Perciò o bisognarebbe vietare ai medesimi l’esercizio del loro rito, o pure
bisognarebbe trovar modo, che potessero stare tutti nella medesima stanza; e
fuori di questi due casi pare, che non possa loro contrastarsi la ritenzione del-
146
Giancarlo Spizzichino
la Biblia nel luogo della pubblica orazione: essendo che il luogo di pubblica
orazione non può stare presso i medesimi senza la Biblia, siccome parimenti
risulta dal suddetto attestato.
La S. Congregazione nel decreto fatto coram SS.mo. li 4 agosto 1735 è stata di sentimento “Quod Hebraei, quatenus indigeant ampliatione Sinagogae
quam habent intra ghettum, supplicent”. Il bisogno di quest’ampliazione, pare
sia stato provato dagli ebrei; mentre dalla relazione de’ Periti, e dall’accesso
risulta incapacità della presente Sinagoga per tutti gl’ebrei adulti obbligati
d’intervenire alle loro funzioni. Sicchè pare, che sia luogo all’ampliazione
per l’effetto suddetto di poter convenire nelle funzioni, al qual fine non basta
la permissione dell’ampliazione materiale, se non si permette, o almeno non
si dissimula in questo luogo da ampliarsi la ritenzione del Pulpito, e della
Biblia per i motivi poc’anzi accennati.53
Al documento suddetto era allegato l’attestato richiesto ai rabbini sulla
reale necessità che anche i ragazzi al di sopra dei 5 anni fossero obbligati a
presenziare alle cerimonie religiose, che essi espressero come segue:
18 maggio 1739. Roma. Noi infrascritti componenti l’adunanza o sia l’assemblea degl’Ebrei di Roma, attestiamo per la verità richiesta in Giudizio,
e fuori, etiam col mezzo del nostro giuramento, come il rito d’officiare, e
fare le pubbliche orazioni nelle nostre scuole, o siano sinagoghe ne giorni di
Sabbato, e nell’altre solennità di Pasqua, Pentecoste ed altre, che occorrono
infra l’anno, è che tutti coloro, i quali sono obbligati ad intervenire a queste
funzioni pubbliche (che sono tutti quelli maggiori d’anni cinque) devono intervenire nel luogo della pubblica orazione unitamente per il motivo, che in
simili solennità è unica l’azione della pubblica orazione, ne se ne fanno, ne
possono fare per ragione della lunghezza di esse funzioni, ed orazioni nella
medesima Sinagoga più d’una recita in quel mattino, o sera, talmente che se
il luogo dell’orazione fosse capace solamente di ricevere nel medesimo una
sol parte degl’Ebrei obbligati, e non tutti gl’altri, rimarrebbero senza poter intervenire per quel giorno alla pubblica orazione, e per tal motivo non potrebbero soddisfare alla loro obbligazione. Similmente attestiamo con lo stesso
giuramento, come sopra, che nel luogo della pubblica solennità, ed orazione,
al quale luogo, ed alla quale orazione sono obbligati intervenir tutti, come
sopra, vi deve necessariamente per ragioni di rito, esser l’arca con la Sacra
Biblia, che in ebraico si dice l’Aron, siccome ancora il Pulpito per officiare, e
leggere in la medesima la S. Biblia, che in ebraico dicesi Torà, senza le quali
non potrebbe sussistere una scuola propriamente tale, o sia Sinagoga destina53. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione… (allegato D).
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
147
ta alla pubblica orazione, e tutte le suddette cose le sappiamo come pratichi
delli riti ebraici e come espressamente insegnate ne nostri libri rituali […].54
Gli ebrei ritennero che fosse ormai dimostrata la necessità di un ampliamento, considerando anche che il censimento eseguito nel ghetto nel
1733 aveva fornito un risultato complessivo di 4.060 anime totali (tra cui
1.429 uomini e 349 ragazzi, pari a 1.778 anime), superiore di 561 unità rispetto ai 1.217 fedeli che potevano essere presenti nelle sinagoghe secondo
la stima effettuata il primo settembre 1735. E in effetti, nella congregazione del 23 luglio 1739, in cui venne proposta l’istanza degli ebrei «sopra la
pretesa ampliazione della loro sinagoga», che ripercorreva le vicende accadute a partire dal 1731 e in cui si pregava di consentire l’ampliamento attraverso l’uso dei vani attigui alla Scola Tempio, appartenenti alla famiglia
Cenci e posti al terzo piano dello stesso stabile,55 ci furono ben nove pareri
favorevoli (a fronte di quattro contrari), previo però un nuovo accesso per
controllare la ricettività degli ambienti:
Novem fuerunt in voto, ampliationem Sinagogae Hebraeorum Urbis esse permittendam, dummodo fiat sub eodem tecto, et habeatur ingressus per unicam
Januam et Sinagogam diversam non constituat iuxta modum designandum in
novo accessu faciendo per R. P. D. Assessorem, R. P. D. Vicesgerentem et S.ti
Officij Fiscalem cum interventu Notarij.56
L’ispezione avvenne il 3 settembre 1739:
Essendo che fin dalli 3 del corrente mese 7bre 1739 Monsignore Ill.mo e
R.mo Ferrone Assessore del Sagro Tribunale del S. Offizio assieme con Monsignore Ill.mo e R.mo Vicegerente si portassero unitamente alla visita delle
scuole suddette, e dopo visitate tutte le scuole suddette ordinò Monsignore
Assessore suddetto, che si riempissero tutti li banchi in una della medesima,
e fu in specie la scuola Catalana, quale dopo essere piena di gente, si fecero
in essa tutte le funzioni solite farsi dalli sopraddetti ebrei nel giro, che fanno
54. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione… (allegato E); anche ivi, TT3-g, fasc. 6, Ebrei di Roma che volevano ampliare la
loro Sinagoga.
55. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Sacra Congregatione Sancti Officii R. P. D.
Ferronio assessore Romana. Pro Universitate Haebreorum Urbis, Memoriale cum
Sommarium,Typis Mainardi 1739, punto n. 22; ivi, TT3-g, fasc. 6, Ebrei di Roma che volevano ampliare la loro Sinagoga.
56. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Essendo venuto a notizia della S. Congregazione…
148
Giancarlo Spizzichino
colla Bibbia, e numerata poi la quantità delle persone, che in essa vi erano si
trovò che superava il numero di 315. Sicché ragguagliate tutte le altre quattro
scuole secondo la loro grandezza colle misure prese, come può conoscersi
dalle Piante, e sua scala di proportione a tal effetto fatte, si trova poter essere
capaci le cinque scuole assieme compresevi anche il comodo di alcuni coretti,
o siano Ringhiere situate dentro alcune di dette scuole di numero 1350 persone in circa, e volendosi in appresso accrescere commodo alla scuola detta
del Tempio nel piano superiore con unirsi il sito, che vi è contiguo della casa
accanto, colorito di rosso, e formare tutta una scuola, con aprirsi alcuni vani
nel muro intermedio di qualche coretto, o sia Ringhiera nel lato in faccia la
Bibbia, senza accrescimento di scuola, né di Bibbia, con che si verrebbe a dar
il commodo per altre numero 600 persone di più, sicché in tutte le sopra dette
scuole, e nuova aggiunta sarebbero capaci di numero 1900 persone in circa,
senza numerarvi il sito per le Donne, che è quanto.57
Dopo l’ispezione del 3 settembre i consultori, facendo riferimento anche alla relazione fatta lo stesso giorno dall’architetto, espressero l’opinione che indubbiamente un ampliamento avrebbe consentito agli ebrei «un
comodo maggiore del necessario senz’accrescere le officiature, e la Bibbia,
come dalla relazione dell’Architetto che annessa si acclude».58
Ma ancora una volta non si arrivò al sospirato permesso di ingrandire
la sinagoga. Anche perché nella congregazione vi fu evidentemente chi fece
notare come il numero di «1900 in circa» fosse superiore a quello di 1.778
(corrispondente ai maschi maggiori di 4 anni) riportato nel “censimento”
del 1733, e che pertanto non c’era necessità del richiesto ampliamento.
Si decise quindi di differire nuovamente la risoluzione, sottoponendo il
problema (a partire dalla primitiva richiesta fatta dall’Università di riaprire
la sinagoga Porta Leone) al parere autorevole di monsignor Calcagnini,
decano della Sacra Rota («voto pro veritate»), e a quello del fiscale del
Sant’Uffizio («scrittura pro fisco») che come riporta una nota riassuntiva si
espressero in questi termini:
Il sign. Fiscale dopo aver esaminata la nota istanza degli Ebrei di Roma adducendo le apostoliche costituzioni e il parere di molti Dottori, conchiude che
non solo stima non doversi accordare la richiesta ampliazione della sinagoga,
ma anzi doversi demolire le cinque sinagoghe, che hanno, e ridurre ad una
sola, senza oro, e senza ornamento a guisa di un fienile, mentre non più d’una
57. ACDF, SO, St. St., TT3-g, fasc. 6, Ebrei di Roma che volevano ampliare la loro
Sinagoga; anche ivi, TT2m, fasc. 14.
58. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Roma. Nella Congregazione…
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
149
ne permettono i SS. Canoni, e la Sinagoga secondo il Baldo si definisce Congregatio pecorum.
Monsignor Calcagnini distingue la materia: gli Ebrei ricorrono per ottenere
l’erezione d’una nuova sinagoga nel Ghetto in vece della già abolita di Porta Leone? Oppure dimandano solamente l’ampliazione del luogo materiale
a maggior commodo loro. In ordine alla prima parte del dilemma, il dotto
prelato con testi canonici e con molti autori fa conoscere l’impertinenza della domanda e scioglie diffusamente le ragioni allegate dagli Ebrei, cioè il
possesso ab immemorabili di più Sinagoghe in Roma, l’essere stati accolti in
questa Città e il dover pagare dieci scudi per ciascheduna sinagoga alla Casa
de’ Catecumeni, al qual computo sono sei sinagoghe.
In quanto alla seconda parte cioè dell’ampliazione materiale, parimente stima
non doversi agli Ebrei concedere per molte ragioni ben sode, ma specialmente per due: la prima si è che i S.S. Canoni e i Dottori vietano egualmente la
fondazione di nuove sinagoghe e l’ampliazione delle medesime, permettendo solamente la riparazione delle antiche: la seconda ragione si è perché gli
Ebrei non provano l’incremento del loro numero, e quando si concedesse
ora tale ampliazione, potrebbero trarne esempio per ottenere simil favore in
avvenire non essendo poco quel che godono per mera e libera tolleranza, e
dovendo ricordarsi che vivono in stato di servitù.59
La «scrittura pro fisco» e il «voto pro veritate» vennero esaminati nella
Congregazione del 4 maggio 1741, presente «la Santità Sua» Clemente XII,
nella quale le richieste di demolizione non vennero prese in considerazione,
ma in cui comunque l’ampliamento della sinagoga non venne approvato.60
L’Università tentò negli anni successivi al 1741, mediante memoriali e
suppliche, di far recedere gli organi pontifici dalla loro decisione, ma tutto
fu inutile.61
59. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Il Sig.r Fiscale dopo aver esaminata la nota
istanza…, s.d.; cfr. anche ibidem, i pareri integrali sia di Carlo Calcagnini, «S. Rotae Decanus, et S. Inquisitionis Consultor», sia dell’avvocato fiscale Antonio Leonardo Innocenzi
«S. Romanae et Universalis Inquisitionis Advocatus Fiscalis». Cfr. anche ivi, TT3-g, fasc.
6, Ebrei di Roma che volevano ampliare la loro Sinagoga.
60. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14; ivi, Decreta SO, 1741, Feria 5a del 4 maggio
1741, c. 193r.
61. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 14, Alla Santità di Nostro Signore Papa Benedetto
XIV Per L’Ebrej della Scuola di Porta Leone del Ghetto di Roma, s.d. [marzo 1746]; cfr.
ivi, Decreta SO, 1746, Feria 3a dell’8 marzo 1746, c. 67r, in cui ancora una volta le richieste contenute nel memoriale degli ebrei che chiedono o la facoltà di costruire una nuova
sinagoga al posto di quella soppressa nel 1731 o di ampliare l’altra, facendo riferimento a
quanto già proposto nell’istanza del 4 maggio 1741, non vengono accolte.
150
Giancarlo Spizzichino
I locali richiesti dall’Università e indicati dall’architetto De Marchis
come adatti a un possibile ampliamento della Scuola Tempio, nel 1828,
erano ancora di proprietà del conte Virginio Cenci Bolognetti.62 La Scuola
Tempio aveva nell’edificio in comune con la proprietà del conte un locale di 25 m2 al primo piano, per il quale pagava annualmente 8,63 scudi,
mentre la Castigliana aveva acquistato in precedenza dal conte 52 m2 al
pianterreno. Certamente questi spazi non comuni con le sinagoghe non
erano utilizzati per luoghi di culto come appare dalle piante delle Cinque
Scole eseguite per periziare il valore dell’edificio. Tutto ciò conferma che
l’agognato ampliamento della sinagoga non fu mai concesso, come si evince anche dalle piante relative alle Cinque Scole eseguite nel 1886 (cfr. la
fig. 15 dell’inserto) per una stima del valore dell’immobile, prossimo al
suo abbattimento.63
Per il Sant’Uffizio il comportamento avuto nel caso del ghettarello
divenne un modus operandi da adottare in casi similari.
Altre comunità, dove erano presenti luoghi di culto insufficienti a
contenere il numero di fedeli, tentarono negli anni successivi di ottenere
permessi di ampliamento, ma essi furono in genere rifiutati facendo riferimento a quanto era avvenuto a Roma.
Così avvenne a Carpentras, i cui ebrei nel 1746, all’interno di una
controversia che si protraeva dal 1743, presentarono un’istanza per fare
approvare alcune modifiche e ampliamenti apportati alla loro sinagoga.
A conclusione di una nota preparata per la discussione del caso nella congregazione del Sant’Uffizio del 28 luglio 1746, in presenza del pontefice,
l’assessore precisò
di dover aggiungere la notizia di un’altra non dissimile controversia avutasi
intorno alla Sinagoga del ghetto di Roma, la quale potrà servire di qualche
lume per la risoluzione di questa. Dopoichè per decreto dei 9 maggio 1731
fu soppressa la Sinagoga ritenuta dalli Ebrei della scuola di Portaleone in
un recinto diviso dal loro ghetto, e volgarmente chiamato il ghettarello, o’
sia Macelletto, supplicarono questi di esserne reintegrati, o’ che almeno si
permettesse loro di ampliare l’antica sinagoga del ghetto col motivo del loro
numero incapace d’essere compreso nella medesima Sinagoga. Ancorchè con
62. ASCER, AMM, ST, b. 4Id, Descrizione relativa all’annessa Pianta generale della
Casa spettante all’Eccellentissimo Signor Conte Virginio Cenci Bolognetti posta in Roma
nel recinto del ghetto…, 10 giugno 1828.
63. ASCER, AMM, FU, Cassettiera D, cassetto n. 1, Piante, prospetti e interni acquerellati delle Cinque Scole.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
151
3 reiterati accessi si riconoscesse l’angustia della Sinagoga riguardo al numero delle Persone e la facilità di ampliare una delle scuole detta del Tempio
senza nuovo Pergamo e nuova Bibbia, con tuttociò sentitosi il voto dell’E.mo
Calcagnini e le ragioni addotte dal Procuratore Fiscale contro la pretensione
degli Ebrei nella Congregazione dei 4 maggio 1741 tenutasi avanti a Nostro
Signore la Santità sua approvò il voto de Signori Consultori, i quali erano
stati di sentimento “quo ad costrutionem novae Sinagogae aut vetustatam
Sinagogarum ampliationem, rescribendum, Lectum”. Anzi avendo gli Ebrei
nel corrente anno rinnovato l’istessa istanza in un memoriale presentato a
Nostro Signore e rimesso dalla Santità Sua a questa S. Congregazione l’E.E.
V.V. sotto li 8 marzo prossimo passato rescrissero “Lectum”.64
Un caso analogo accadde dieci anni dopo a Mantova. Anche qui il
6 maggio 1756 gli ebrei chiesero l’ampliamento della sinagoga Cases.65
Nella discussione se aderire o meno alla richiesta, fu ricordato il caso di
Roma:
Alli Ebrei di Roma era stata soppressa fin dall’anno 1731 una loro Sinagoga,
quale ritenevano a Porta Leone fuori del Ghetto in un luogo chiamato il Ghettarello supplicando essi nel 1735 per la reintegrazione, la Sagra Congregazione rigettò ben la domanda tanto circa la Sinagoga soppressa quanto circa
il farne una nuova dentro il Ghetto, ma nello stesso tempo insinuò alla medesima ben per due volte “quatenus indigeant ampliatione Synagogae, quam
habent intra Ghettum supplicent” volendo solamente che “Oratores doceant
de praecisa necessitate”. Dalli replicati accessi e prove addotte si venne in
cognizione non esservi veramente necessità precisa di ampliatione, anzi si
conobbe, che gli Ebrei sotto un medesimo tetto avevano non una ma cinque
sinagoghe tra di loro separate. Volle la Sagra Congregazione che si esaminasse come potesse ciò dirsi conforme ai decreti e costituzioni apostoliche […];
e si conobbe dal noto della chiara Memoria del Signor Cardinale Calcagnini,
allora decano della Sagra Rota, e dalla scrittura del Signor avvocato Fiscale
potersi giustamente ordinare che le cinque sinagoghe si riducessero a una
sola secondo le chiare costituzioni sopra riferite di Paolo IV, di S. Pio V, e
Clemente VIII. S’astenne ciò non ostante la Sagra Congregazione per giusti
motivi di ordinare la demolizione contenta di rigettare la dimanda tanto circa
64. ACDF, SO, St. St., TT2-m, fasc. 2, Ristretto di fatto nella causa degli Ebrei di
Carpentrasso che si distribuisce dall’Assessore, pro Die Jovis 28 Julij 1746 coram Ss.mo;
cfr. ivi, Decreta SO, 1746, Feria 5a del 28 luglio 1746, c. 237r.
65. La sinagoga era stata concessa da Sisto V con diploma del cardinale Caetani il 20
giugno 1590: «a istanza e comodo della famiglia Cases e suoi cognati e discendenti quali
oggi sono sì numerosi che non possono capirvi» (ACDF, SO, St. St., CC5-r, fasc. 1, c.).
152
Giancarlo Spizzichino
la costruzione di una nuova Sinagoga quanto circa l’ampliatione delle antiche
giacché non ne era il bisogno […].66
Quanto avvenuto a Roma divenne paradigmatico all’interno del
Sant’Uffizio su come dovevano essere trattate le richieste di ampliamento
o modifica delle sinagoghe presenti nell’intero Stato ecclesiastico. Il ghettarello aveva fatto scuola, o per dirla in termini legali, aveva fatto giurisprudenza.
66. ACDF, SO, St. St., CC5-r, fasc. 1, cc. 8v-9v.
Appendice
Tabella 1. Bilancio anno 1702. Entrate
Voce di bilancio
Entrate
in scudi
1
Tassa del 5% sui capitali posseduti dagli ebrei (scudi 196159)
2
Vigesima (0,1%)
3
Provento dai 4 quattrini per libbra di carne venduta in ghetto
1.500
4
Tassa sul Calo e Accrescimento (12% affitti)
1.050
5
Affitto letti per le soldatesche acquartierate a Roma
1.400
6
Pretatico (12 baiocchi/fuoco)
7
Tassa di 2 scudi/fuoco
550
8
Introito dalla Comunità ebraica di Ancona
113,28
9
Tassa che si ricava dai forestieri e dalle doti
Entrate
9.807,96
196,16
25
25
14.667,4
Fonte: ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Stato degli Ebrei dell’anno 1702 fatto da
medesimi di loro confessione e dalli stessi fatto stampare, Sommario.
154
Giancarlo Spizzichino
Tabella 2. Bilancio anno 1702. Uscite
Voce di bilancio
Uscite
in scudi
1
Interessi al 4% su 1.660 luoghi di Monte Annona
trasportati nel Monte ristorato Seconda Erezione
2
Vigesima e Fiumicino
3
Interessi al 3% pagati sui 1.278 luoghi di Monte S. Pietro
V erezione
4
Per frutti di censi e cambi non estinti al 3%
con diverse compagnie di ebrei
370,2
5
Alla Camera Capitolina per giochi di Agone e Testaccio
531,57
6
Alla Camera Capitolina per non correre il palio al Corso
300
7
Alla Casa dei Catecumeni per imposizione di Urbano VIII
per aver fatto uccidere un certo Massarano
8
Alle Convertite per decisione di Clemente VIII
9
Al parroco di S. Angelo in Pescheria per il pretatico
(12 baiocchi/fuoco)
28
10
Al parroco di S. Maria in Monticelli per il pretatico
60
11
Al parroco di S. Maria del Pianto per il pretatico
12
Per pigioni di case pagate dall’Università
450
13
A un esattore cristiano deputato
200
14
Al portinaio cristiano per custodia portoni
55,2
15
All’abbate Franconi per li portoni da parte di fiume
25,6
16
Per alimentare ebrei poveri carcerati
17
Elemosina per il pane settimanale ai poveri
6.640
800
3.834
1.245
300
3
250
1.500
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
155
18
Elemosina per vigilia di Pasqua in monete ai poveri ebrei
170
19
Elemosina agli ebrei per le pigioni di casa
430
20
Spese per procuratori, avvocati, copisti e mandatari
21
Regalie Camerali per Natale e Ferragosto
30,6
22
50 once d’argento fino al cardinal vicario per Natale
55
23
A monsigor vicegerente per Natale
24
24
Al luogotenente criminale del cardinal vicario
24
25
Per cera e zucchero a Natale al presidente dell’Annona
e computista della Camera
61,62
26
Per mance di agosto
39
27
Per i frutti al 3% su 5.000 scudi a cambio dalla Compagnia
della Morte
28
Per i frutti al 3% su 625 scudi dell’eredità
di Giuseppe del Monte
18,75
29
Per i frutti al 3% su 775 scudi dalla Scuola de’ Putti
23,25
Uscite
1.400
150
19.018,79
Fonte: ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Stato degli Ebrei dell’anno 1702 fatto da
medesimi di loro confessione e dalli stessi fatto stampare, Sommario n. 3, cc. 21r-24r.
156
Giancarlo Spizzichino
Tabella 3. Bilancio anno 1731. Entrate
Voce di bilancio
Entrate
in scudi
Scudi che secondo Rasi
debbono aggiungersi
alle Entrate
1
Tassa del 5,1% sui capitali
posseduti dagli ebrei
5.733,87
2
Provento dei 4 quattrini per libbra
di carne venduta in ghetto
2.450
3
Tassa sul Calo e Acccrescimento
(12% affitti)
714,67
335,33
4
Affitto letti per le soldatesche
acquartierate a Roma
507,54
893,46
5
Affitto letti per le soldatesche
acquartierate a Civita-vecchia,
Anzio e Presidi marittimi
192,46
6
Pretatico (12 baiocchi/fuoco)
22,4
7
Tassa di 2 scudi/fuoco
287
4.6441
79,6
1.4132
1. Per confutare i proventi derivanti dai consumi di carne, Rasi si serve di informazioni
che a suo dire gli sarebbero state fornite dal rabbino Tranquillo Corcos sul guadagno che può
ottenersi da una bufala. Una del tipo “matricino” era pagata 13 scudi ed era sottoposta a una
gabella di 4,3 scudi. Il suo costo era quindi pari a 17,3 scudi. Da essa potevano ottenersi circa
800 libbre di carne che, venduta a 11 quattrini per libbra, fornivano 17,6 scudi. Dal sego, dalla
lingua e dalle interiora si potevano ricavare altri 3 scudi, e 5 scudi dalla pelle e dalle corna, in
tutto 25,6 scudi. La differenza fornisce un guadagno di 8,3 scudi. Riguardo ai 4.644 scudi che
Rasi aggiunge alle entrate possibili dell’Università egli afferma di avere saputo da Gaetano
Celli, affittuario dei macelli, che in ghetto ogni anno si macellavano 560 tra bufale, tori e camarri (arieti), circa 3.000 agnelli e 2.000 tra capretti e abbacchi a Pasqua. Moltiplicando 560
per le circa 800 libbre di carne che si potevano ritrarre da una bufala, e moltiplicando per i 4
quattrini per ogni libbra, si ottenevano 3.584 scudi. Aggiungendo a questi quanto si ritraeva
dai 3.000 agnelli, circa 40 libbre di carne per uno, si ottenevano, sempre a 4 quattrini la libbra,
altri 960 scudi, mentre dai capretti, dai quali si ottenevano 5 baiocchi l’uno, altri 100 scudi. In
conclusione, afferma Rasi: ecco i 4.644 scudi da aggiungere alle entrate. Sorge il dubbio che
le quantità delle bestie avviate al consumo siano errate, o perché fossero tali le notizie fornite
da Corcos oppure, perché come era suo costume, Rasi modificava i dati in suo possesso che
non rispondevano alle tesi da lui sostenute.
2. Prendendo in considerazione l’introito proveniente dalla tassa di 2 scudi a fuoco,
Rasi sostiene di essere stato informato dal rabbino Tranquillo Corcos che le famiglie nel
ghetto erano 850 (numero molto vicino alle 892 che saranno poi censite nel 1733), pertanto
l’introito per questa tassa doveva essere di 1.700 scudi e non i 287 messi a bilancio, con una
differenza di 1.413 scudi.
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
8
Privativa delle 5 bettole in ghetto
50
9
Privativa per la fornitura del pane
consumato in ghetto
720
10
Introito dalla Comunità ebraica
di Ancona
11
Tassa che si ricava dai forestieri
e dalle doti
Entrate del 1731
secondo l’Università
2003
2.1604
113,28
25
10.677,94
Entrate da aggiungere
secondo Raimondo Rasi
Entrate vere del 1731
secondo Raimondo Rasi
157
9.863,67
20.541,61
3. Per giustificare l’aumento da lui proposto, Rasi sostiene che, considerando un consumo medio di 1 barile al giorno in ogni bettola del ghetto, per le 5 ivi esistenti, dovevano
ogni anno essere depositati nella Tesoreria della Reverenda Camera Apostolica, a sgravio
del debito che l’Università aveva con essa, non meno di 280 scudi, considerando che ogni
barile era sottoposto alla gabella di 15 baiocchi ciascuno, come era stato deciso nel 1717 dal
tesoriere generale della Camera. Pertanto ai 50 presentati nel bilancio erano da aggiungersi
non meno di 200 scudi. La dimostrazione del consumo medio egli la desume dai registri
della Dogana che riportavano dal 1° aprile 1717 al 13 settembre 1719, cioè 896 giorni, una
consegna di 4.998 barili nel ghetto, con un consumo medio di 5,6 barili al giorno, ammesso
che le bettole esistenti fossero 5. Il valore di 1 barile giornaliero per bettola era quindi vicino al reale, ma l’errore era aver considerato 5 bettole, quando nel 1731 ve ne erano solo 2,
come sarà fatto notare due anni dopo in un contro-memoriale presentato dall’Università.
4. Per modificare la cifra riguardo al pane consumato, Rasi parte dall’ipotesi assurda
di una presenza in ghetto di 16.000 individui, sostenendo che vi fossero 10.000 persone in
grado di consumare ognuna almeno due pagnotte ogni giorno, e dando così un consumo
giornaliero di 20.000 pagnotte di pane, sulle quali – egli afferma – vi è un guadagno non
inferiore al 4%, cioè 800 pagnotte. Considerando che una pagnotta costava 1 baiocco, in un
anno che egli stranamente computa di 360 giorni, vi sarà pertanto un introito di 2.160 scudi
da aggiungere ai 720 dichiarati.
Fonte: ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Peritia del debito che à l’Università degli
Ebrei di Roma […] e del modo col quale può da questo facilmente sgravarsi, Sommario n. 2,
Tabella regolata secondo quello che porta l’anno 1731, cc. 14v-16r; ASR, CAM II, Ebrei, b.
1, fasc. 11, Perizia fatta d’ordine della Sacra Congregazione del S. Offizio da Raimondo Rasi
perito deputato da detta Sacra Congregazione a visitare l’Archivio degli Ebrei del Ghetto di
Roma. Tomo Primo. Sopra l’Economico, 1732, pp. 8-17, 66-68.
158
Giancarlo Spizzichino
Tabella 4. Bilancio anno 1731. Uscite
Voce di bilancio
Secondo
ebrei
in scudi
Scudi che secondo
Rasi debbono
sottrarsi alle uscite
6.640
0
1
Interessi al 4% su 1.660 luoghi
di Monte Annona 4% trasportati
nel Monte ristorato Seconda Erezione
2
Vigesima
500
0
3
Tassa per Fiumicino
300
0
4
Interessi al 3% sui 1.288,08 luoghi
di Monte S. Pietro
3.864,24
0
5
Per frutti al 3% di censi e cambi
per 11.104 scudi non estinti nel 1698
333,12
0
6
Alla Camera Capitolina per giochi di Agone
e Testaccio
531,57
0
7
Alla Camera Capitolina per non correre
il palio di Carnevale
300
0
8
Alla Casa dei Catecumeni per il neofito
Massarano per ordine di Urbano VIII
500
0
9
Alla Casa dei Catecumeni per il neofito
Massarano per ordine di Clemente VIII
600
0
10
Per le 9 scole, 7 soppresse e 2 nel ghetto
145
0
11
Per l’aumento dello scudo d’oro
12
Al parroco di S. Maria in Monticelli, scudi 60
Al parroco di Pescaria, scudi 28
Al parroco di S. Maria del Pianto, scudi 3
Al parroco di S. Nicola in carcere
per il Ghettarello di Portaleone, scudi 1,8
Al parroco di S. Tommaso a’ Cenci
per istrumento di concordia rogato
il dieci marzo 1731, scudi 10
Al parroco di S. Gregorio Magno
per istrumento di concordia rogato
il dodici marzo 1730 atto De Rossi, scudi 11,5
12,5
0
114,3
0
13
Al segretario dell’Ecc.mo Vicario
a 80 baiocchi a settimana
41,6
0
14
Regalie di agosto ai giovani della Segreteria,
scudi 3
Altri ai suddetti per regalie di Natale, scudi 16
19
0
L’Università degli ebrei di Roma tra controllo e repressione (1731-1741)
15
Al deputato dell’Ecc.mo Vicario
che assiste alla predica, scudi 32
Al predicatore come elemosina per quei sabati
che non si predica a sessanta baiocchi
per 16 vacanze, scudi 9,6
Allo sbirro che assiste alla predica, scudi 7
Al mandataro della SS. Trinità per levare
e mettere i banchi, scudi 12
Al mandataro ebreo per fare la lista
di quelli che devono venire alla predica
e comunicarglielo, scudi 10,4
A un deputato che tiene il registro
di quelli che vanno alla predica, scudi 10
81
0
159
16
Al computista ebreo deputato ai negozi
dell’Università ed era Tranquillo Corcos
150
0
17
Al Monastero delle Convertite
300
0
18
Al ministro ebreo che fa la lista
per la riscossione dei dazi
25
0
19
A un giovane che assiste
al detto ministro ebreo
13
0
20
Al rabbino segretario che registra le risoluzioni
della Congregazione dei 60
12
0
21
A Sabato Tarmi che riscuote le elemosine
per i poveri ebrei
30
0
22
Al sollecitatore dell’Università
Girolamo Azzocchi
25
0
23
All’esattore dell’Università Francesco Ciucci
200
0
24
Regalie Camerali per Natale e Ferragosto
al Vicario
202
-170,411
25
Tassa per tre once d’acqua
26
Al portinaio ossia custode del ghetto,
scelto dall’Ecc.mo Vicario
55,2
0
27
Al Franconi per i portoni
27,6
0
28
Per sussidi per le elemosina per Pasqua
29
Allo stagnaro secondo accordo
7,5
-3,9
150
0
18
0
1. Per le regalie Rasi accetta solo quelle richieste dalla Reverenda Camera Apostolica
e pertanto defalca dalle uscite i 170,41 scudi dovuti al vicario.
160
Giancarlo Spizzichino
29
Al frate Vincenzo Dionisio
1,5
0
30
Provvisione per il mandataro
al posto della casa
30
0
31
Per pigione archivio e della stanza del Ciucci
25
0
32
Per uno che tiene il conto delle bestie
che si macellano
2
0
33
Spese per carcerati e altri alimenti
300
-270
34
Spese diverse accidentali ma certe
250
-250
35
Spese per noli
100
-100
36
Spese di maritaggi di povere zitelle ebree
100
-100
37
Sossidio e mantenimento de’ materazzi
e poveri ebrei ammalati
38
25
0
Al maestro de’ giovani della Scuola de putti
oltre l’elemosina che si va questuando
in ghetto
100
0
39
Per pigione di dette scuole che si paga
alla Trinità de’ Pellegrini e al duca Caffarelli
100
0
40
Per spese di liti ma accidentali
75
0
41
Mantenimento ebrei poveri
Uscite secondo bilancio Università
0
16.305,332
Cifra da sottrarre alle uscite secondo Rasi
Uscite “vere” secondo Rasi
Avanzo (entrate-uscite anno 1731)
secondo Rasi
-150
-1.044,31
15.261,02
5.280,59
2. La cifra reale risulta essere 16.306,13, quindi il numero che compare sul documento
è errato.
Fonte: ASCER, AMM, UER, b. 1Ql, fasc. 1, Peritia del debito che à l’Università degli Ebrei
di Roma […] e del modo col quale può da questo facilmente sgravarsi, Sommario n. 2,
tabella regolata secondo quello che porta l’anno 1732, cc. 16v-20r; ASR, CAM II, Ebrei, b. 1,
fasc. 11, Perizia fatta d’ordine della Sacra Congregazione del S. Offizio da Raimondo Rasi
perito deputato da detta Sacra Congregazione a visitare l’Archivio degli Ebrei del Ghetto di
Roma. Tomo Primo. Sopra l’Economico, 1732, pp. 20-22, 68-72.