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n° 358 - gennaio 2013
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Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via W. Tobagi, 8 - 20068 Peschiera Borromeo (MI) - www.fondazione-menarini.it
Rodin e il precario equilibrio
tra classicità e innovazione
Con la sua opera ha segnato una svolta nella creazione artistica, rivoluzionando
la scultura e dando vita a uno stile contrario alle norme accademiche del suo tempo
Strana vicenda artistica quella rappresentata da Auguste Rodin; dotato di
grande talento e di robuste capacità
espressive, tentò di fondere l’impostazione monumentale michelangiolesca con l’intenso e vibrante realismo
mutuato dalla tradizione gotica francese e dalle soluzioni di Jean-Baptiste Carpeaux. Paradossalmente, al suo
esordio, riuscì a non accontentare nessuno: fu infatti rifiutato al Salon nel
1864 per l’acuta (e per il tempo eccessiva) penetrazione psicologica, così
come successivamente trovò ostacoli
nelle opere d’impegno monumentale
spingendo l’idea del movimento e forzando i contrasti tra pieni e vuoti, con
effetti di dinamismo e vitalità che,
solo in seguito, fecero della sua opera
un imprescindibile punto di riferimento per le generazioni successive.
Rodin si era formato all’École Speciale
dall’alto in senso orario il pensatore - Parigi, Museo Rodin
I borghesi di Calais (part) - Parigi, Museo Rodin
Veduta del Museo dal giardino
de Dessin et Mathématiques, seguendo
prima i corsi di disegno di Horace Lecoq de Boisbaudran e poi le lezioni di
scultura. Dal 1864 al 1870 lavorò nello
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studio di Louis Carrier-Belleuse, insieme al quale eseguì le decorazioni
per la Borsa di Bruxelles.
Fondamentale per la sua formazione
fu il soggiorno in Italia dove studiò
l’arte classica e l’opera di Michelangelo in particolare.
Fu proprio dall’esperienza italiana e
dalla conoscenza della Divina Commedia di Dante Alighieri che trarrà nel
1880 il soggetto della Porta dell’inferno destinata al progettato Musée des
Arts Decoratifs, alla quale lavorò fino
alla morte nel tentativo, mai concluso,
di realizzare una grande allegoria della
dannazione attraverso la rappresentazione del nudo: un romantico e caotico insieme di figure, memori del
Giudizio Universale di Michelangelo,
delle illustrazioni per la Divina Commedia di Gustave Doré e dell’opera di
William Blake.
La realizzazione della porta impegnò Rodin per tutto il decennio, e nel
1889 quando era quasi pronta fu evidente che il Museo non si sarebbe costruito, costringendolo così ad abbandonare il lavoro.
L’artista lo riprese nel 1899 quando
nacque l’idea di allestire la Porta al Pavillon Marsan del Louvre, dove si prospettò di trasferire il Musée des Arts Decoratifs, ma, anche in questo caso, non
se ne fece niente e la porta in gesso
fu montata nell’esposizione personale
di Rodin in Place de l’Alma nel 1900.
Il definitivo assetto (così come lo vediamo oggi negli esemplari di Parigi,
Zurigo, Filadelfia e Tokyo) è il frutto
di un assemblaggio realizzato con relativo disinteresse dell’artista negli
ultimi anni della sua vita, e le quattro fusioni in bronzo sono postume.
Benché si tratti di un’opera incompiuta, la Porta dell’inferno segna la tappa
più significativa della storia creativa
di Rodin. Gran parte delle figure da
lui modellate tra il 1880 e il 1890
erano infatti pensate per entrare a
far parte della porta, e furono da lui
esposte o vendute come figure o gruppi
indipendenti solo in un secondo tempo,
mentre altre opere scultoree, insieme
alla vastissima produzione grafica,
sono oggi custodite nella casa parigina dell’artista in rue de Varenne, donata alla Francia nel 1916 e trasformata in Museo Rodin.
Tra il 1885 e il 1895 realizzò, per
l’omonima città, il monumento I borghesi di Calais, celebrativo dell’eroica
resistenza opposta dalla cittadina agli
invasori inglesi nel XIV secolo. Il
gruppo rappresenta i cittadini nel momento in cui decidono, uno dopo l’altro, di consegnarsi come ostaggi agli
inglesi per salvare la città. Rodin,
rifuggendo dalla retorica, rappresenta
i singoli cittadini laceri e tormentati.
La collocazione su un piedistallo venne
decisa dall’autorità pubblica di Calais, mentre l’artista pensava ad una
soluzione che coinvolgesse i passanti
in modo teatrale; egli stesso scriverà: «io volevo [...] far cementare le
mie statue, una dietro l’altra, davanti
al municipio di Calais, proprio nel
mezzo al selciato della piazza, come
una corte vivente di sofferenza e sacrificio. Sarebbe sembrato così che i miei
personaggi si ergessero dal Municipio al campo di Edoardo III; e gli attuali abitanti di Calais, quasi sfiorandoli nel passare, avrebbero meglio sentito l’antica solidarietà che li lega a
questi eroi. Sarebbe stato, credo, di
grande effetto. Ma rifiutarono il mio
progetto e mi imposero un piedistallo
tanto deforme quanto inutile. Hanno
sbagliato, ne sono certo.»
Non miglior sorte ebbe il monumento
a Honoré de Balzac che gli era stato
I borghesi di Calais - Parigi, Museo Rodin
Le tre ombre - Parigi, Museo Rodin
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commissionato da Émile Zola, per
conto della Société des Gens de Lettre; il gesso, terminato nel 1893, venne
rifiutato dalla Société perché ritenuto
incompiuto, e solo nel 1939 l’opera
fu sistemata a Parigi nel Boulevard
Raspail.
Artista controverso, abbiamo detto,
legato profondamente alla classicità
eppure attratto dal superamento della
rappresentazione fisica, incapace di
accettare i limiti della materia, proiettato verso la ricerca continua, costante, snervante dei moti interiori,
è Rodin stesso ad affermare che «il
corpo è un calco su cui si imprimono
le passioni»: è l’intero corpo, o parte
di esso, ad esprimere e rendere intensamente esplicite le sensazioni attraverso contrazioni, torsioni corporali,
flessioni impreviste, scatti repentini
e in ultimo, quale estrema sintesi, lo
smembramento dei corpi.
L’analisi degli stati emotivi è un modo
per dare ordine alle passioni, cercarne
l’essenza, quell’unico principio che le
governa, per poterle controllare, ridurle in parti minime per poi, successivamente, ricomporle.
La stessa scelta della tecnica scultorea,
modellare l’argilla piuttosto che scalpellare la pietra, segue la logica della
necessità di immediatezza. Non il tramite dello scalpello, nemmeno il rumore costante del martello a distoglierlo da quell’istante in cui individua, riconoscendola nella massa plastica, l’omologa sensazione presente
nella sua mente.
Spesso lavora contemporaneamente a
più modelli, quasi a voler afferrare,
stringere e plasmare i diversi elementi
d’ispirazione, velocemente… prima
che evaporino.
Nella grande composizione chiamata
Le tre ombre, anch’essa realizzata per la
Porta dell’Inferno, Rodin modella tre
figure di uomo, praticamente identiche, e le colloca in modo da costruirne
un insieme armonico che consente di
apprezzare il tutto anche da un solo
punto di vista.
Ma è l’autore, con l’attenzione per il
dettaglio e lo spazio, a guidarci nella
scoperta della sua opera.
Cosi è per il Bacio, eseguito nel 1886
in creta, poi riprodotto sia in pietra
che in bronzo. Lo sviluppo dell’opera,
La porta dell’Inferno - Parigi, Museo Rodin
il suo svelarsi segue il ritmo dei passi,
la sinuosità del corpo femminile, i movimenti delle braccia dei due, ora in
opposizione ora in armonia, il gioco
delle gambe, delle ginocchia e le mani
che si posano ma non afferrano. Solo
da uno scorcio, pudico, si apre la vista sui volti…quel contatto non avviene; il bacio non si compie, non si
concretizza, e questo lascia il tutto in
sospeso e rimanda il pensiero al Giudizio Universale di Michelangelo e alle
mani di Adamo e del Creatore che
si cercano, stanno per congiungersi
ma non sapremo mai se arriveranno al
contatto.
lorenzo gualtieri
Il bacio - Parigi, Museo Rodin