L`importanza del ruolo delle donne rurali nel combattere la fame e la

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L`importanza del ruolo delle donne rurali nel combattere la fame e la
Giornata Mondiale della Donna Rurale 2012
“L’importanza del ruolo delle donne rurali nel combattere la fame e la povertà”
Roma, 12 dicembre 2012
Intervento di: Rosanna Quagliariello, Responsabile Relazioni Esterne
CIHEAM - Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari
Tra febbraio e marzo 2012 si è svolta a New York la 56° sessione della Commissione sulla
condizione delle donne (Commission on the Status of Women – CSW) delle Nazioni Unite.
Tale Commissione rappresenta l’organo politico dell’ONU dedicato all’uguaglianza di
genere e ai diritti delle donne.
Quest’anno il tema principale della riunione è stato proprio l’empowerement delle donne
rurali e il loro ruolo nella lotta alla povertà e alla fame nel mondo, tema che si sposa
perfettamente con quello a cui è dedicata la Giornata Mondiale della Donna Rurale 2012
che stiamo oggi celebrando e con la Giornata Internazionale dei Diritti delle Donne che
quest’anno ha come titolo ufficiale “Dare maggiore potere alle donne rurali - il loro ruolo
nella lotta alla povertà e alla fame, lo sviluppo e le sfide attuali”, che suggerisce quanto
questa categoria sia doppiamente svantaggiata anche perché vive in un ambiente sociale
particolarmente dominato da usi e costumi tradizionali.
Ha dichiarato Ban Ki-Moon, Segretario Generale dell’ONU: “Investire nelle donne rurali.
Eliminare le discriminazioni nei loro confronti sia a livello di diritti che nei fatti. Assicurarsi
che la politica risponda ai loro bisogni. Dare loro equo accesso alle risorse. Fare in modo
che abbiano un ruolo attivo nei processi decisionali” tutto ciò ribadisce quanto sia centrale
la condizione della donna rurale nella lotta alla povertà e alla fame nel mondo.
Secondo la FAO, infatti, azioni mirate che combattano le discriminazioni contro le donne
rurali, azioni come l’accesso alla terra, ai servizi, al credito e anche e soprattutto alla
formazione, potrebbero portare ad un aumento della produzione di cibo tra il 2,5% e il 4%,
ad un incremento del reddito delle fattorie gestite dalle donne del 20-30% e ad una
riduzione del numero di affamati di 100-150 milioni di persone. Infatti, la fame e la povertà
hanno un impatto sproporzionato proprio sulle donne che vivono in zone rurali, impatto
che è stato reso ancora più duro da fenomeni quali la crisi dei prezzi agricoli e la loro
volatilità, lo sfruttamento sempre maggiore delle risorse naturali, la migrazione o le
conseguenze che i cambiamenti climatici hanno determinato sulla produzione agricola in
particolar modo nei Paesi in Via di Sviluppo.
Una grande sfida connessa alla promozione delle donne nelle campagne dell’Africa, di
alcuni Paesi asiatici o del Sud del Mediterraneo, è dare loro la possibilità di prendere atto
della propria condizione, di poterne fare oggetto di discussione e di esprimere ciò che
intendono fare per il proprio sviluppo personale e sociale.
Difatti, la povertà è certamente mancanza di risorse, ma è anche isolamento,
incomunicabilità e mancanza di potere. Potere, in questo caso, significa avere voce,
comprendere appieno la propria condizione e chiedere di trasformare la propria vita creando
prospettive, raggiungendo traguardi e mantenendoli.
Bisogna dare priorità alla povertà rurale se si vuole combattere quella globale.
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Come sostiene l’IFAD, quando viene offerta alle donne povere che vivono nelle campagne
l’opportunità di farlo, esse sono in grado di generare cambiamenti sostanziali delle loro
comunità.
Per citarne solo alcuni:
 Un maggiore accesso all’istruzione è fortemente collegato alla riduzione dei tassi di
malnutrizione e mortalità;
 Le donne partecipano generalmente in modo molto dinamico alle attività di associazioni
e cooperative e contribuiscono efficacemente alle loro iniziative;
 Quando le donne hanno accesso alla produzione agricola e alle competenze relative, la
produttività stessa aumenta notevolmente;
 In molti programmi di microfinanza o microcredito, una forma di agevolazione che si
offre a chi ha scarso capitale, le donne si sono rivelate delle risparmiatrici prudenti ed
accorte, che soprattutto impiegano quanto guadagnano a favore del benessere di tutta la
famiglia.
Pertanto, una delle prime e basilari azioni da intraprendere è quella di operare per il
rafforzamento delle risorse umane e sociali delle donne povere delle aree rurali per
consentire loro di avere capacità di interazione e negoziazione sulle questioni che
riguardano il proprio benessere.
Si può promuovere la creazione di associazioni, di gruppi di lavoro e di auto-sostegno che
incoraggino le donne a lavorare insieme, a porsi obiettivi comuni e sostenibili nel tempo,
che decentralizzino il potere e rendano più autonomi i processi decisionali. Va cercata una
collaborazione attiva con le fasce di popolazione più deboli che sradichi l’isolamento e
diffonda una sana ambizione di crescita individuale e di sviluppo collettivo.
I progetti di cooperazione vanno ripensati in modo che possano influire a lungo termine
sullo sviluppo della loro area di azione e vadano quindi ad incidere non solo su cambiamenti
contingenti ed occasionali, ma su trasformazioni sostanziali che, ove possibile, coinvolgano
ambiti istituzionali e sfere decisionali più ampie di quelle a cui il progetto è strettamente
rivolto.
Questo è anche quello che l’ente che rappresento, l’Istituto Agronomico Mediterraneo del
CIHEAM, cerca di fare con i progetti di cooperazione che è chiamato ad implementare.
Uno dei più recenti, che investe proprio la tematica del “gender empowerment”, è quello che
si realizzerà in Egitto e che sarà finanziato nell’ambito del cosiddetto programma di
riconversione del debito che il Governo italiano ha siglato con il Governo egiziano e che
consente a quest’ultimo di impegnare parte della somma dovuta all’Italia in azioni di
sviluppo economico e sociale per il proprio Paese.
Il titolo del progetto tradotto dall’inglese è “Sviluppo delle attività artigianali femminili e
miglioramento delle condizioni economiche delle donne nell’Alto Egitto” e avrà inizio nel
primo trimestre del 2013. E’ rivolto a donne che vivono in 12 villaggi rurali di 5
governatorati dell’Egitto Meridionale ed ha l’obiettivo generale di contribuire alla
riduzione della povertà nelle aree rurali proprio attraverso l’empowerment femminile,
riduzione che si traduce in un calo della migrazione dalle campagne verso le zone urbane e
nell’offerta di una qualità di vita migliore ai figli e ai nuclei familiari. Obiettivo specifico è
quello del miglioramento delle condizioni economiche delle donne, ma anche di
accrescimento della loro fiducia nelle proprie potenzialità, nel proprio valore umano e nelle
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proprie abilità imprenditoriali. Il progetto cercherà di potenziare il ruolo delle donne non
solo all’interno del nucleo familiare, ma anche in seno alla propria comunità di
appartenenza, intervenendo sul comportamento della comunità stessa nei confronti delle
donne e dei loro diritti.
I problemi da superare saranno numerosi e molti saranno legati alle condizioni svantaggiate
dell’area di progetto: isolamento, mancanza di trasporti, mancanza di acqua potabile e per
l’irrigazione, scarsità di energia elettrica, scarsità di servizi sociali e sanitari, insufficienza di
servizi veterinari.
A questo si aggiunge un livello di istruzione molto basso, soprattutto della popolazione
femminile, e un atteggiamento piuttosto individualista e poco disponibile all’associativismo
tra donne che le potrebbero rendere destinatarie di azioni di sviluppo poco aperte a nuove
esperienze e nuove sfide.
Difficoltà non secondaria è anche rappresentata dalla situazione storico-politica che l’Egitto
sta vivendo e che ne fa un Paese piuttosto instabile in una condizione economica
profondamente critica.
La vulnerabilità, d’altro canto, è sempre nei contesti (siano essi economici, culturali o
istituzionali) e non nei soggetti.
Dopo la cosiddetta “primavera araba”, l’evoluzione socio-culturale dei Paesi medio-orientali
non sta procedendo come le aspettative avevano lasciato presagire e soprattutto la
condizione delle donne, che così attivamente hanno preso parte alle grandi rivoluzioni dei
loro Paesi, lungi dal progredire, ha subito un arresto se non un’involuzione che impone
azioni che possano contrastare questo andamento regressivo.
La primavera è stagione di risvegli e rinnovamento e si deve lavorare più che mai perché
non si trasformi in un autunno decadente e senza prospettive.
Sarà molto importante per la buona riuscita del progetto conoscere bene i destinatari dello
stesso e orientare i programmi rispettando le loro priorità.
Le donne rurali, anche nell’Alto Egitto, considerano, per esempio, le esigenze familiari
assolutamente prioritarie rispetto ad un’effettiva realizzazione delle proprie capacità
lavorative ed è per questo che si dovrà fare in modo che non abbiano l’impressione di dover
scegliere tra i due diversi ruoli, ma che quest’ultimi siano conciliabili e compatibili tra loro.
L’attività fondamentale nell’implementazione del programma, soprattutto nella sua fase
iniziale, sarà quella della formazione che, oltre ad offrire una crescita culturale, contribuirà
a rinforzare il concetto del gruppo, il senso della collettività.
Le donne riceveranno, tra le altre cose, nozioni basiche sugli andamenti di mercato, su
pratiche amministrative (quali gli inventari e la gestione contabile) e legali e sulle regole e
dinamiche di gruppo.
Essendo il numero delle destinatarie piuttosto elevato (parliamo di oltre 3000 donne), si
individueranno alcune donne leader che diventeranno a loro volta coloro cui sarà destinato
il compito di insegnare alle altre, questo seguendo il metodo del cosiddetto “Training of
Trainers”.
Alla fase di formazione faranno seguito quelle in cui sarà maggiormente implicata la
capacità imprenditoriale delle destinatarie e avrà come epilogo l’apertura verso i mercati
nazionali esterni e, dunque, il miglioramento delle condizioni economiche, della
considerazione sociale delle donne e, più in generale, della qualità della vita delle comunità
coinvolte.
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Punto di forza del progetto sarà, comunque, la ricerca di un coinvolgimento istituzionale
ampio che l’Istituto si impegnerà ad attuare in modo da rendere i risultati più duraturi e,
come già detto, meno legati ai limiti temporali e logistici del programma.
Il Ministero dell’Agricoltura egiziano sarà uno dei principali destinatari di questo
coinvolgimento, così come quello della Cooperazione Internazionale e nell’implementazione
del progetto si cercherà di allargare questo ambito istituzionale, di creare collegamenti e
confronti anche attraverso tavoli tematici di concertazione e discussione.
Ci piacerebbe cercare una collaborazione e una sinergia anche con istituzioni italiane, come
l’ONILFA stessa con la quale abbiamo una lunga tradizione di cooperazione e lavoro in
comune.
Gli intenti del nostro operare sono, del resto, da sempre condivisi e continueranno ad
esserlo laddove l’obiettivo, il traguardo ultimo, restano le donne rurali, il loro ruolo
economico, la loro peculiarità in quanto produttrici di sviluppo sia a livello nazionale che
internazionale, il loro essere forza trainante di crescita per le comunità cui appartengono, la
loro valorizzazione in quanto persone e in quanto lavoratrici capaci di garantire una visione
di progresso più giusto, più equo e sostenibile, abili nel fare squadra ed essere compatte
nell’obiettivo della parità.
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