luglio agosto15 Speciale Raparelli
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luglio agosto15 Speciale Raparelli
Comune di Ozzano dell’Emilia V OCI della Cultura ANNO XVI LUGLIO-AGOSTO 2015 Mensile d’informazione degli eventi culturali di Ozzano dell’Emilia e dintorni. A cura dell'Assessorato e della Consulta per la Cultura NUMERO SPECIALE DEDICATO AI VINCITORI DEL CONCORSO DI POESIA E PROSA “LIVIO RAPARELLI” VINCITORI 16a EDIZIONE CONCORSO LIVIO RAPARELLI SEZIONE SCUOLE ELEMENTARI: POESIA GIURIA TECNICA: 1°LEONARDO VANCINI con il testo TERREMOTO 2°ARIANNA STAGNI con il testo BUSSO' L'AUTUNNO 3°ALESSANDRO BATI con il testo CAPELLI ARCOBALENO GIURIA POPOLARE: 1°ARIANNA STAGNI con il testo BUSSO' L'AUTUNNO MENZIONE SPECIALE: CLASSE 2°D SCUOLA ELEMENTARE “M.MINGHETTI” SEZIONE SCUOLE ELEMENTARI: PROSA GIURIA TECNICA: 1°MATILDE NICOLOSI con il testo RICORDO D'ESTATE 2°FEDERICA BORDONI con il testo LAURA E LE DIS-FATINE 3°MARCO MARINO con il testo NEW YORK GIURIA POPOLARE: 1°SARA CAMAIANI con il testo LA PIOGGIA SEZIONE SCUOLE MEDIE: POESIA GIURIA TECNICA: 1°SILVIA MIRAMARI con il testo DIETRO IL FILO DELLA MORTE 2°GIOELE BEGHELLI con il testo NOI COME LE STELLE 3°AURORA BERGAMINI e ERICA GILMOZZI con il testo NESSUNO MI VEDE GIURIA POPOLARE: 1°GIOELE BEGHELLI con il testo NOI COME LE STELLE SEZIONE SCUOLE MEDIE: PROSA GIURIA TECNICA: 1°CHIARA MAZZANTI con il testo IL MIO SEGRETO 2°MAYA BERTI con il testo I RUMORI DELLE MIE VACANZE 3°EMANUEL BATTIPAGLIA con il testo MIO PADRE GIURIA POPOLARE: 1°ARIANNA DOZZA con il testo CIAO NONNO SEZIONE ADULTI: POESIA GIURIA TECNICA: 1°PIERO BARONI con il testo LACRIME DI PRIMAVERA 2°BRUNO CENTOMO con il testo RITORNO A CASA, A COLORI 3°ANNA ANTONUCCI con il testo UN ROMANTICO SOGNATORE GIURIA POPOLARE 1°NATALIA GIBERTI con il testo AVANTI SEZIONE ADULTI: PROSA GIURIA TECNICA: 1°NADIA GIBERTI con il testo GIOCO MAGICO 2°STEFANIA GRILLINI con il testo LA VANDA 3°ROBERTO DALL'AGLIO con il testo QUEI MOMENTI GIURIA POPOLARE 1°NATALIA GIBERTI con il testo UN GIORNO SPECIALE MENZIONE SPECIALE: NEMO MENGHINI con il testo MIO CUGINO GIANLUCA BUONO con il testo CAMALEONTISMO SCOLASTICO TESTI INTEGRALI DEI VINCITORI DELLE VARIE SEZIONI CATEGORIA POESIA ELEMENTARI 1°classificato GIURIA TECNICA: LEONARDO VANCINI TERREMOTO Un balzo, un silenzio profondo, gli occhi di tutti che guardano fissi. Accampamenti di capanne sul prato bagnato dal pianto di tutti. 2°classificato GIURIA TECNICA e 1°classificata GIURIA POPOLARE: ARIANNA STAGNI BUSSO' L'AUTUNNO Bussò l'autunno, nella gelida notte di stelle, come uno spiffero passò dalla vecchia porta polverosa e cigolante, passò spargendo il freddo nella casa abbandonata, sembrava un'ombra misteriosa. Di scatto lo vidi passare, gli corsi dietro impaurita e lo chiamai. Ospite senza niente, anima intimidita. Invitarlo a sedersi era impossibile. Mentre svolazzava perdeva foglie perdeva il gelo riscaldandosi, allora scappò. Mi lasciò sola. 3°classificato GIURIA TECNICA: ALESSANDRO BATI CAPELLI ARCOBALENO Una bambina aveva lunghi capelli arcobaleno, che volavano nell'aria liberi e selvaggi, come cavalli nella prateria sconfinata. Una bambina aveva lunghi capelli arcobaleno, che volavano nell'aria liberi e selvaggi, come cavalli nella prateria sconfinata. MENZIONE SPECIALE: Classe 2°D Scuola “M. Minghetti” ACQUA Acqua di bottiglia tu che piangi, sei prigioniera. Acqua di lago tu che sei felice, nuoti. Acqua scritta di lavagna tu che sei una maestra. LA MAMMA Lo senti? FLO FLO FLO FLO Che cos'è? E' la neve. La neve è la mamma che copre la città. Lo senti? PLI PLO PLI PLO Che cos'è? E' la pioggia. La pioggia è la mamma che lava la città. LA NEVE Lo senti? SC SC SC SC SC SC SC Che cos'è? E' la neve. La neve è un uccello colorato che cade dal cielo. Lo vedi? Che cos'è? E' l'arcobaleno. L'arcobaleno è un pittore che disegna e gioca al Carnevale. Lo vedi? Che cos'è? E' l'aurora boreale. L'aurora boreale è un pittore che pensa al mondo dell'amore con l'amore della sera. CATEGORIA PROSA ELEMENTARI 1°classificato GIURIA TECNICA: MATILDE NICOLOSI RICORDO D'ESTATE Era l'ultima sera d'agosto. La sabbia era scura e fredda, la riva era del tutto spoglia: non una conchiglia e neppure un sasso, solo qualche impronta mezza cancellata dal continuo movimento delle onde. Il mare era completamente fermo e solo a riva piccole onde cercavano, con uno sforzo disperato, di acchiappare qualcosa sulla spiaggia ma venivano risucchiate dal mare e sprofondavano in mezzo alle altre mischiandosi. L'acqua era di un blu confuso un po' chiaro e un po' scuro a causa della luce imprecisa del tramonto. All'orizzonte si scorgeva una piccola barca dalla vela bianca, forse qualche argonauta in cerca di fortuna. I gabbiani, dalle lunghe piume bagnate, volteggiavano nel cielo e si tuffavano nel mare cercando di catturare qualche pesce. Il vecchio faro, che si stagliava contro l'orizzonte sulla punta est del golfo, proiettava sinistre ombre sulla parete rocciosa della scogliera. Il sole era ormai sprofondato negli abissi marini e solo poca luce affrontava le tenebre che, maestose e combattive, avanzavano intrepide dipingendo di blu il cielo. Provavo un dolore indescrivibile trafiggermi il cuore al solo pensiero di abbandonare quello spettacolo per un anno. Feci allora tesoro di quell'immagine e me ne riempii gli occhi per affrontare il lungo inverno freddo e noioso. 2°classificato GIURIA TECNICA: FEDERICA BORDONI LAURA E LE DIS-FATINE C'era una volta una bambina che si chiamava Laura. Laura era dislessica. I bambini dislessici hanno un po' di difficoltà a leggere e a scrivere. Nella scuola c'erano delle fatine ma non tutti i bambini potevano vederle: solo le persone speciali come Laura. I bambini dislessici fanno fatica a scrivere e alcune volte scambiano le lettere, però riescono a imparare tutto ma in un modo diverso. L'aiuto più grande consiste nella comprensione delle sue difficoltà da parte degli adulti e dei suoi compagni. Ci sono e ci sono stati anche alcuni personaggi famosi dislessici, come ad esempio: lo scienziato Albert Einstein, il pittore Pablo Picasso, il generale Napoleone Buonaparte e l'attore Tom Cruise. Laura vedeva e parlava con delle fate sempre e soprattutto quando andava a scuola. La maestra Sandra non aveva capito subito che Laura era dislessica e si arrabbiava perchè la bimba non sembrava impegnarsi. Una delle fatine di Laura si chiamava Pasticciona perchè faceva dei disastri, c'era poi Curiosina a cui piaceva guardare dentro agli astucci dei bambini, Buttina che buttava per terra le cose di scuola, Pallottolina che tirava pallottole di carta sulle teste dei bambini e Figurina alla quale piacevano moltissimo le figure. Nella classe di Laura c'era però un bambino che si chiamava Marcello Coccobello che la prendeva in giro. Dopo un po' di tempo la maestra aveva capito che la bambina era dislessica e fece un discorso alla classe, così Laura non si sentiva più presa in giro. Quando Laura divenne grande fece l'università e con tanto impegno e molto studio divenne una maestra. Sempre con l'aiuto delle sue fatine immaginarie. Quando insegnava e incontrava alunni dislessici, raccontava loro come farsi aiutare dalle fatine che, accompagnandoli nel loro percorso, li avrebbero fatti diventare molto bravi. 3°classificato GIURIA TECNICA: MARCO MARINO NEW YORK Quando vedi la Statua della Libertà credi che sia enorme e ti impaurisci, ma poi guardi dietro e vedi un enorme mondo pieno di palazzi e grattacieli moderni, ma anche di vicoli e posti loschi. Vedi persone ricche e importanti, ma anche zingari e ladri. Vedi accadere cose belle e cose terribili. Vedi il mare con le navi, ma anche boschi stracolmi di uccelli e scoiattoli. Vedi posti con una fila enorme di gente e posti disabitati. Vedi giovani e anziani, vedi gente grassa e gente magra, gente che ride e gente che piange. Vedi luoghi rumorosi come le strade, e luoghi silenziosi come le chiese e le cattedrali. Ma alla fine vedi sempre...New York! 1°classificato GIURIA POPOLARE: SARA CAMAIANI LA PIOGGIA Il cielo, durante il pomeriggio, era uniforme, di colore grigio lattiginoso, sembrava nascondesse qualcosa. Poi, dopo due ore, il segreto si sciolse e fece cadere, svagatamente, qualche minuscola goccia di pioggia ma, all'imbrunire, erano tantissime. Sembravano cristalli d'acqua che, appena toccavano terra, s'infrangevano creando piccole pozze. Intanto le nuvole vagavano nel cielo e il sole giocava a nascondino. Gli alberi, con la chioma graffiata, assorbivano l'acqua che si depositava. I lampi accendevano l'orizzonte macchiando il cielo di orme luminose. Il tuono rombava sempre più vicino. Il vento, furibondo, spezzava le verdeggianti chiome e, come angeli, piccole gocce d'acqua precipitavano verso il suolo. Le finestre sbattevano mentre le tremule foglie svolazzavano da un ramo all'altro. Poi un bagliore tremolante illuminò le cime degli alberi ormai spogli e scomparve.Iniziò a grandinare. Aprii la porta di casa. Entrai. CATEGORIA POESIA SCUOLE MEDIE 1°classificata GIURIA TECNICA: SILVIA MIRAMARI DIETRO IL FILO DELLA MORTE ...E i giorni scorrono uguali: spari, grida morti, pianti, i numeri pronunciati la mattina, sono dimezzati la sera. Non dimenticare il sordo silenzio i corpi ammassati gli spari affrettati i nazisti spietati. Non dimenticare, la felicità persa il sorriso dei bambini prima di diventare anime vuote, rotte in mille pezzi. Non dimenticare, la loro vita la vita lasciata dietro il filo della morte e che nessuno ha più ritrovato 2°classificato GIURIA TECNICA e 1°classificato GIURIA POPOLARE: GIOELE BEGHELLI NOI COME LE STELLE Di notte, come d'incanto, spuntano nel cielo mille piccoli bagliori. Sembran diamanti in un regal manto e tutti uguali, da lontano, sono veri capolavori. Di giorno, osservo da vicino le persone, e vedo diversi pensieri, diversi passati, diverse emozioni che vorticano insieme come in un ciclone e tutti alle proprie idee sembrano incatenati. E penso, che assomigliamo alle stelle, tutti uguali da lontano, tutti fratelli e sorelle: non ebreo, non cristiano, non musulmano. E forse, sarebbe meglio lasciarci guardare da lontano. 3° classificate GIURIA TECNICA: AURORA BERGAMINI e ERICA GILMOZZI NESSUNO MI VEDE Il mio gioco preferito è il nascondino. Ogni volta che mi notano posso nascondermi dove voglio: negli abissi più profondi dove l'oscurità avvolge il mio viso, nessuno mi vede vorrei diventare così piccola da nascondermi in una tasca, nessuno mi vede nascosta tra le righe di un libro che non verrà mai letto, nessuno mi vede mettermi dietro al millesimo ago sulla punta di un di abete, nessuno mi vede nei ricordi di una persona che non sa parlare, nessuno mi vede un punto di una frase già scomparsa, nessuno mi vede vorrei essere il nucleo della Terra, potente ma irraggiungibile, nessuno mi vede essere un granello di sabbia della spiaggia più grande, nessuno mi vede l'ultima lettera di un alfabeto che non esiste, nessuno mi vede. Ma se fossi grande come il mondo, qualcuno mi noterebbe? Ancora, nessuno mi vede. CATEGORIA PROSA SCUOLE MEDIE 1°classificata GIURIA TECNICA: CHIARA MAZZANTI IL MIO SEGRETO Carissimo nipote, qualche giorno fa, come ben sai, è stata celebrata la giornata della Memoria e io, come accade ogni 27 gennaio, mi sono barricato in casa e non ho parlato con nessuno per tutto il giorno. Mi hai chiesto più volte il motivo di questo mio comportamento e ora che sei cresciuto, è arrivato il momento che io ti spieghi il perché. Ti sorprenderà sapere che il tuo vecchio nonno, sempre forte e sicuro di sé, in questo giorno è assalito dal pianto e dal ricordo del passato. Innanzitutto ti devo confessare che la mia patria non è l'Italia, bensì la Germania dove, in un turbine di confusione, odio e scontri violenti, ho trascorso la mia gioventù e lì, come in uno scrigno, sono sepolti i miei ricordi e le mie colpe. Allora, ero un giovane spavaldo e sognatore, un ragazzo, come tanti altri, affascinato dal partito nazista e che vedeva in Hitler una sorta di divinità; l'unico uomo che avrebbe saputo portare la Germania al massimo splendore, facendola diventare “la nazione dominatrice, pura, senza macchia”, rivendicando così la sconfitta subita nella Prima Guerra mondiale. Credevo e riponevo tutta la mia fiducia in quell'ometto che, esteriormente insignificante, appena proferiva parola, aveva il potere di ipnotizzare tutti coloro che ascoltavano. Partecipai a una sua conferenza, rimasi incantato dalla sua grinta e dalla sua determinazione, e da allora mi comportai come un suo discepolo: partecipavo a tutti i suoi comizi e camminavo per le strade, orgoglioso della svastica appuntata sulla camicia. Tutti coloro che contestavano le sue parole mi apparivano come una minaccia. Quando lo deridevano, io stesso mi sentivo ferito nell'orgoglio e, accecato dall'ira, venivo colto da un istinto selvaggio e violento che mi spingeva a picchiare coloro che mi stavano intorno. Sto immaginando la tua espressione incredula, l'amarezza e la delusione mentre leggerai queste parole e scoprirai che il tuo caro nonno, di cui vai tanto fiero, lasciatosi trasportare dalla rabbia e dall'orgoglio ferito, è stato capace di fare del male. Purtroppo questa è la verità, ma c'è dell'altro. Devi sapere che la mia fiducia nel partito nazista mi ha condotto a compiere l'azione più orribile per un uomo e che mai, sotto nessun cielo e in alcun tempo, può trovare giustificazione: uccidere. E io, caro Alessio, ho ucciso! Persone innocenti, bambini, donne, uomini e anziani, senza alcuna pietà. Alla fine della guerra, quando mi resi conto che per me non c'era più scampo, fuggii in America. Cambiai nome, cambiai vita. Poi, quando incontrai tua nonna e me ne innamorai perdutamente, decisi di emigrare con lei qui in Italia, presso alcuni miei parenti. Da allora i momenti di felicità sono istanti brevissimi, schiacciato dai sensi di colpa perché non merito di gioire. Ecco il motivo per cui quando giochiamo insieme, divento improvvisamente silenzioso e cupo in volto. Tu fortunatamente non puoi capire il dolore che devo sopportare ricordando tutto questo. Era necessario che ti scrivessi questa lettera perché tu capissi che le atrocità che l'uomo può compiere non hanno limiti: dentro ogni uomo c'è il germe del bene ma c'è anche il seme oscuro del male, che può crescere e soffocare, e per questo devi sempre essere attento a ciò che ti succede intorno. Promettimi, ragazzo mio, di ragionare sempre con la tua testa, di non lasciarti mai guidare dalla massa, dal fascino paralizzante di qualcuno capace di rubarti l'anima. Combatti sempre per ciò che ritieni più giusto, per evitare di commettere gli errori che ho commesso io e per i quali è giunto il momento che io paghi il conto. Ti voglio bene e te ne vorrò per sempre e proprio per questo non posso più nascondermi. Il tuo nonno... 2°classificata GIURIA TECNICA: MAYA BERTI I RUMORI DELLE MIE VACANZE A Lido Adriano: ecco dove abbiamo comprato la casa per le vacanze estive. E’ un posto molto tranquillo in una via poco distante dal centro, ma sempre abbastanza calmo. La mattina, si viene svegliati dal dolce canto degli uccellini che si appoggiano sul davanzale e questo provoca un enorme senso di pace, poi però anche le cose belle hanno una fine, quindi poco dopo il rumore assordante dei cani che abbaiano è sovrastato dalle voci dei padroni che tentano in tutti i modi di zittirli. Tutto questo caos ti fa scendere dalle nuvole e tornare nel mondo reale. Seduta al tavolo, per fare colazione, inizio a sentire un leggero rumore che man mano si fa sempre più vicino: è il suono delle biciclette che attraversano la strada per dirigersi verso la spiaggia. Poco dopo si sente il camioncino che pubblicizza un negozio di materassi e, con un megafono dal rumore assordante, sveglia anche chi è ancora beato nel mondo dei sogni. Verso la spiaggia, si sentono solo poche voci e il rumore del motore delle auto che passano velocemente per la strada provocando una leggera nube di fumo grigio. Arrivati in spiaggia, il solo rumore che mi comunica un senso di tranquillità e serenità è il sentire le onde incresparsi tra di loro dolcemente in quell’enorme distesa di acqua blu. La spiaggia prende vita: i bambini con le loro urla rendono felice anche te, le mamme vanno con le amiche a fare passeggiate, mentre i loro piedi vengono lentamente bagnati dall’acqua fredda del mare. I papà invece restano tutti a parlare sotto l’ombrellone. Il ragazzo che vende il cocco in spiaggia arriva urlando, sperando di attirare l’attenzione di qualche bagnante invitandolo a comprare il suo prodotto già tagliato e disponibile. Quando lui si allontana la spiaggia torna calma e tranquilla. Visto che nel mio stabilimento la musica è tenuta a basso volume per lasciare l’atmosfera più “soft”, si sente invece la musica più prepotente del bagno a fianco dove stanno facendo “acqua gym”; mi accorgo che le signore di una certa età sono in acqua a saltare e ballare; il tutto mi porta a sorridere e in questo momento provo un senso di tranquillità e gioia. Nel tardo pomeriggio la spiaggia comincia a perdere vitalità, allora decidiamo di tornare a casa. Arrivati, inizio a percepire il rumore dell’acqua che bolle in pentola e questo mi fa pensare solo ad una cosa… è ora di cena!!! Dopo cena, di solito, andiamo a fare un giro in centro. Già dalla via precedente a quella principale si sentono la musica ad alto volume e le voci dei ragazzi che frequentano le sale giochi.Poi, passeggiando per il vialone centrale, si possono udire le forti urla dei negozianti che provano ad attirare l’attenzione di qualche cliente: questo mi fa spuntare un sorriso sulle labbra perché ci sono delle scene davvero buffe. Tornando a casa, dagli alberi che costeggiano la via, si sente il persistente stridio delle civette che ininterrotte lasciano dormire solo chi si ostina. Dopo che ci si addormenta, niente ci potrà svegliare! 3°classificato GIURIA TECNICA: EMANUEL BATTIPAGLIA MIO PADRE Mio papà è nato nel 1982 e già a 12 anni,in aprile, gli è stato messo un fucile in mano poiché in Ruanda in quegli anni c’è stata una guerra civile, un genocidio. È stato uno dei cosiddetti "bambini soldato". Io sono cresciuto sentendolo sempre raccontare della sua vita tormentata e di come ancora oggi rivive quei momenti che vorrebbe dimenticare. “Noi bambini venivamo utilizzati in guerra soprattutto come vedette o come messaggeri e spie, oppure come scudi umani” , questo è quello che molte volte mi racconta. Mio padre combatté la guerra insieme a mio nonno fino alla fine del conflitto che arrivò presto, dopo circa tre mesi e mezzo, nella metà di luglio del 1994. La vita in Ruanda, dopo la guerra, era difficoltosa perché era un paese devastato economicamente e dilaniato nello spirito. I suoi abitanti avevano combattuto gli uni contro gli altri, contro nemici che fino a qualche tempo prima erano invece i loro vicini di casa, magari i loro amici. Quando compì 18 anni, i miei nonni raccolsero i soldi per pagargli un viaggio e mandarlo via dall’Africa, verso l'Italia. Il viaggio durò tre lunghe settimane su un barcone pieno di persone che stavano scappando per via della guerra. Il viaggio fu molto faticoso e avvenne in condizioni disumane: senza pulizia, stretti, con poco cibo e poca acqua. Arrivati a Lampedusa, vennero accolti in un centro apposito per immigrati. Mio padre restò lì per cinque mesi. Successivamente venne dimesso dal centro e andò a vivere a Palermo, con la paura di essere preso dalla polizia e rimandato nel suo paese di origine perché non aveva il permesso di soggiorno. Ma si diede da fare e riuscì a trovare un lavoro temporaneo, presso un'azienda agricola, come raccoglitore di arance. Lo pagavano poco ma perlomeno era un lavoro regolare che gli permise di ottenere il permesso di soggiorno. Qualche anno dopo trovò un lavoro come operaio. Con una parte di quello stipendio si iscrisse a una scuola serale, un istituto alberghiero per imparare la lingua italiana e apprendere un minimo di studio. Fu lì che conobbe mia madre, una ragazza italiana che aveva abbandonato gli studi a 14 anni e che più tardi, da maggiorenne, aveva deciso di prendersi il diploma di cuoca . Si innamorarono perdutamente, si sposarono e decisero di aprire un ristorante insieme che fu un immediato successo. E così, un anno dopo il loro matrimonio, sono nato io, il loro unico figlio. Ora che ho 12 anni e vivo in questa splendida terra di Sicilia non riesco neppure a immaginare come possa essere stata la vita di mio padre alla mia età. So che questa estate io, mamma e papà andremo a fare un viaggio in Ruanda, perché lui vuole farmi conoscere i luoghi dove è nato. Qualche sera prima di addormentarmi chiedo a papà di raccontarmi cosa è la guerra e cosa si prova a dover sparare per sopravvivere. Lui ama parlare e raccontare, e mi racconta la vita dell'esercito e gli orrori a cui alcuni bambini venivano costretti; alcuni di loro, dopo esser stati drogati, attaccavano i loro stessi villaggi e molte volte uccidevano parenti o amici. Mi dice sempre che non vuole che gli uomini dimentichino cosa sia la guerra poiché è la cosa più atroce che si possa vivere e non ce ne potrà mai essere una giusta. Mentre parla riesco a vedere i suoi occhi che diventano lucidi e mano a mano annegano sempre di più in una lacrima che lui cerca di nascondere. Tuttavia mi sorprende il coraggio con il quale mi parla di una cosa talmente brutta che lui ha vissuto. Non aveva paura di raccontare il passato, il suo passato, il mio passato. 1°classificato GIURIA POPOLARE: ARIANNA DOZZA CIAO NONNO Oggi mi sono seduta sulla sedia della mia scrivania, e guardando fuori dalla finestra e, attaccato alla maniglia, ho visto il pupazzo a forma di fiore che mi aveva regalato il nonno Romano quando avevo quattro anni. Il fiore è grande, ha tutti i petali colorati e la sua faccia con un sorriso grande grande mi contagia moltissimo. Così faccio un salto nel passato e inizio a pensare a lui. Era un vero tesoro di nonno, dolce ed affettuoso. Alla mattina portava me e Giacomo al parco e insieme a noi, c’era anche King, un pastore tedesco a pelo lungo bellissimo, che adesso è morto. Quando andavamo al parco la prima cosa che facevamo io e Giacomo era correre sul dondolo. Io cercavo sempre di andare velocissima perché mi piaceva moltissimo sentire l’aria che mi accarezzava il viso ed era magnifico quando chiudevo gli occhi, perché mi dava la sensazione di essere protetta. Poi andavo sullo scivolo azzurro e grande e, nonostante non impazzissi per quel gioco, facevo sempre a gara per arrivare prima per battere mio fratello. Nel parco c’erano tante colline ed era la parte più divertente. Io e Giacomo rotolavamo tantissimo intanto il nonno ci urlava di non farlo perché ci sporcavamo tutti i vestiti. Ma noi non lo ascoltavamo e, quando si avvicinava, scappavamo via correndo fortissimo. Giocavamo anche con King, gli lanciavamo la palla e lui correva subito a prenderla per poi riportarcela. Quando arrivava l’ora di pranzo andavamo a mangiare dalla nonna Anna che ci preparava tante cose buone come le lasagne, i tortelloni al sugo, gli gnocchi... A tavola era bellissimo, ridevamo sempre. Dopo andavamo a giocare a carte soprattutto a briscola. Sebbene io non fossi brava, mi divertivo ugualmente perché dalla mia parte c’era sempre il nonno che mi diceva quale carta mettere in tavola. Poi io e Giacomo tornavamo a casa da mamma e papà insieme al nonno o alla nonna. La nostra giornata trascorreva sempre così tra le coccole dei nonni e la spensieratezza della nostra infanzia. Un giorno nell’anno 2007, stavamo giocando a carte, quando il nonno si sentì male ed andò in camera da letto. Dopo un po’ di tempo andai da lui e gli chiesi come stava, ma era evidente che stava male. Passato qualche giorno, si seppe che aveva un tumore, non so in quale parte del corpo; vederlo in quel lettino stare male, con la flebo attaccata al braccio, con gli occhi lucidi che sembrava non riuscisse ad aprirli mi dispiaceva tantissimo. Così mi iscrissero all’asilo ma a me piaceva tanto di più stare con il nonno. La malattia continuava ad ucciderlo così poche settimane dopo morì. Il giorno del suo funerale lo vidi nella sua bara: era li sdraiato, privo di vita che non diceva più niente. Io ero troppo triste, non potevo sopportare l’idea di non poter giocare più con lui. Dopo il funerale io e la nonna andammo a prendere dei fiori bellissimi e profumatissimi da mettere nel suo vasetto e io in più gli feci un disegnino e un frase che ricordava i momenti che avevo passato insieme a lui. Inoltre in casa dalla nonna, precisamente in cucina, sulla mensolina mettemmo la suo foto e accanto dei fiori mentre io aggiunsi dei pupazzi e dei ciondoli. Ormai i miei giochi occupavano tutta la mensola cosicché la nonna ne tolse alcuni. Mi ricorderò sempre di lui e lui si ricorderà sempre di me guardandomi da lassù. La tua Ari CATEGORIA POESIA ADULTI 1°classificato GIURIA TECNICA: PIERO BARONI LACRIME DI PRIMAVERA Ho incontrato la pioggia in un giorno di marzo che inseguivo nei monti il mio io disperso ho incontrato la pioggia con le sue mille dita a percuotere intorno una nenia di vita che sgorga nei rivi che anima i fossi respira il torrente in fondo fra i massi sospinta dal vento che ormai più non punge mi brilla negli occhi il cuore raggiunge lenisce ricordi di perse emozioni in questo universo che schiude alla vita d'un tratto ritrovo quell'anima sparita è bagnata di pianto la mia faccia più vera ma dentro splende il sole di un'altra primavera 2°classificato GIURIA TECNICA: BRUNO CENTOMO RITORNO A CASA, A COLORI In un canto sbandato, che sarebbe meglio evitare per rispetto di chi casualmente ascolta, metteresti mai la tua voce? Dentro questi colori allegri, estivi, bagneresti i tuoi pezzetti d'esistenza? Qui, dove rimane deposta la mia anima, assieme alle chincaglierie di casa, ai pensieri che ingombrano l'ingresso, ai respiri che incrostano le pareti, verresti mai a rovistare le onde dei ricordi, che mugghiano, frangono, spingono vanamente? Ho cercato ascoltare se i gingilli ancora appesi si scuotono al mio alito invecchiato, mi siedo sugli scalini che più non salgono. Sono in tempo per uscire, arrendermi all'edera che infesta le ruggini, i barattoli sparsi, le sedie spagliate, bicchieri che gocciolano lacrime. In un fischiettio sfinito m'allontano, fingendo indifferenza con te che non sai e m'accompagni controvoglia. Sento sbattere il balcone alla smania del vento. 3°classificata GIURIA TECNICA: ANNA ANTONUCCI UN ROMANTICO SOGNATORE In questo mondo pieno d’orrore il pazzo è solo un romantico sognatore, sogna la vita in un mondo migliore dove si balla e si canta l’amore. Niente telefono né telegiornale, solo una filastrocca cantata male! Si narra in essa di un mondo speciale dove il bene ha soppiantato il male. Ride,ride e si diverte, ha con se solo due coperte, un giaccone e le scarpe aperte, la gente impaurita lo guarda,inerte! Il suo mondo fantastico lo ha salvato, ora vive sereno e beato. Iddio dall’alto lo guarda con tenerezza e ogni tanto gli manda una carezza. Lui arrossisce di colpo e con tocco deciso accarezza con la mano il suo scarno viso, alza lo sguardo al cielo accennando un sorriso e canticchiando continua a vivere nel suo paradiso. 1°classificata GIURIA POPOLARE: NATALIA GIBERTI AVANTI Corro sulla sabbia rovente senza voltarmi a cercare le tue orme che l’impeto del mare non cancella. Mi lascio trascinare dal vento E non ascolto l’eco di voci lontane e canti lusinghieri. Proseguo sulla strada calpestando le foglie ingiallite che grondano la loro nostalgia. Non lasciando tracce sulla neve fresca che preme per entrare. Mentre…. Mentre vorrei distendermi sulla spiaggia e confondere le mie lacrime alle lacrime del mare abbandonandomi all’abbraccio del vento che mi riporta nella terra di ieri. …Avanti. Avanti senza guardare …..senza ascoltare Avanti verso niente Avanti verso tutto …. Avanti. CATEGORIA PROSA ADULTI 1°classificata GIURIA TECNICA: NADIA GIBERTI GIOCO MAGICO I fili di lana attraversavano la camera all’altezza di un metro e mezzo circa dal pavimento. Partivano legati alle sfere del letto di ferro e convergevano nei vari punti della stanza; dalla maniglia della finestra a quella della porta dello sgabuzzino, dall’armadio ai pomelli del cassettone. La ragnatela colorata rendeva la vita dei due fratellini più piacevole, leniva il vuoto della solitudine. Lo spezzare in altezza lo spazio cubico dell’unico locale dove vivevano, infondeva loro coraggio. Il soffitto visto attraverso gli spazi geometrici di quel gioco era adatto alla loro altezza e salire nel letto per infilare le teste dentro i vuoti li faceva ridere. Avevano tanta urgenza di ridere, poiché la loro età lo pretendeva. Al sopraggiungere del buio le ombre dei fili, proiettate nel soffitto, disegnavano strani intrecci di strade, creavano un’immaginaria città notturna. Ettore sette anni, Giovanna quattro, erano soli poiché Alice, la mamma, era da un mese ricoverata all’ospedale di Faenza con una brutta pleurite. Non sapendo come fare, li aveva affidati ai vicini di casa. I vicini li controllavano alla meglio e gli procuravano il cibo di cui abbisognavano. Come in una favola, la madre prima di partire, aveva raccomandato loro di non aprire a nessuno se non ne avessero riconosciuta la voce. Avevano ubbidito e con dovizia inventato quel gioco di strani rombi e quadrati galleggianti nell’aria a spezzare i campi magnetici negativi. Gli incroci riuscivano a quietare l’ansia, a calmare il battito martellante dei cuori, a tenere lontano gli adulti. Un “vietato entrare” garbato, indecifrabile per gli ignari visitatori che irrompendo nella stanza, subito si ritraevano per non distruggere l’intreccio magico. Il giorno, con il riflesso del sole, colori iridescenti si moltiplicavano nelle pareti bianche, in un rarefatto caleidoscopio d’innegabile bellezza. Fantasia labirintica che inquadrava i piccoli e ampi pensieri, lasciati liberi dalla fanciullezza. Vivere la quotidianità in un contenitore surreale rendeva l’attesa sopportabile, a volte divertente, senza doversi sforzare di apparire saggi, perché loro saggi non lo erano. Dormivano nello stesso letto, sempre protetti dalla carezza della ragnatela fatata, ed Ettore prima di addormentarsi raccontava storie straordinarie alla sorellina. Ogni sera i vicini bussavano nel muro per indurli a spegnere la candela, troppo pericolosa se fosse rimasta accesa. Turbini di folletti penetravano nei loro sogni attorcigliati, s’impadronivano delle piccole menti molestate dal silenzio della solitudine. Eppure i due bambini amavano rimanere coricati a crogiolarsi nel dormiveglia. Ettore aveva interrotto la scuola per restare con la sorella, per proteggerla come gli aveva raccomandato la mamma che gli aveva assicurato che sarebbe rimasta pochi giorni lontano, ma i minuti fluttuanti e lenti erano diventati ore, poi giorni e soprattutto notti. Il passare del tempo iniziava a tingersi di ricordi; al mattino veloci lavaggi con l’acqua fredda, bicchieri di latte e pasti sempre più frugali. I vicini anch’essi indigenti avevano diradato le visite, per cui Ettore decise che dovevano inventarsi qualcosa per acquietare la fame incombente. Ambedue intabarrati, con i faccini arrossati dal freddo, si avviarono mano nella mano a bussare alle porte dei più abbienti del paese: Il medico che abitava nella piazza principale, il sindaco che viveva in una bella casetta indipendente, il prete, il notaio. Tutto quell’agitarsi, quel bussare e suonare i campanelli diede dei buoni frutti, ma non passò inosservato. Se ne stavano tranquilli, sfamati nel letto di ferro, quando furono prelevati dalle autorità e portati in collegio a Faenza. Una scena impazzita prese corpo! Provarono a scalciare, urlare, ad aggrapparsi ai fili di lana, ma furono inghiottiti dentro le struggenti storie dei loro incubi. Quando Alice tornò guarita e aprì la porta dell’unica stanza dove viveva con i figli, restò ammutolita per ciò che vide: Il letto sfatto, i fili di lana colorati strappati, buttati a terra, attorcigliati, sfilacciati. Un groviglio scomposto fatto di colori, silenzi, odori. Interpretò lo scempio come un gridio d’aiuto. Chi aveva osato profanare il nido, rompere le onde dell’amore? Chiuse la porta, scese le scale e si avviò a cercarli. 2°classificata GIURIA TECNICA: STEFANIA GRILLINI LA VANDA Quando esco dall’ufficio un sole caldo, ardente, mi ferisce gli occhi. Un evento insolito per la stagione, considerato che siamo ancora in pieno inverno. Mi incammino verso la fermata dell’autobus ma poi decido di tornare a casa a piedi. Il bel pomeriggio mi invoglia a camminare, attività che, dicono, è salutare sia per il corpo che per lo spirito, soprattutto se fatta in una splendida giornata di sole. Oltrepasso la fermata dell’autobus salutando qualche viso noto con cui sono solita condividere il viaggio fino a casa. Attraverso la strada e mi inoltro all’interno del parco pubblico lanciando uno sguardo benevolo alla natura che mi circonda, certa di trascorrere un pomeriggio all’insegna della tranquillità. “Sara!” una voce sgraziata urla il mio nome. Arresto il passo. Una capriola all’imboccatura dello stomaco mi fa capire che un capitolo della mia vita che ritenevo concluso potrebbe pericolosamente riaprirsi. “No, ditemi che non è vero!” imploro fra me a ignoti quanto improbabili interlocutori. “Sara!” di nuovo quella voce, stentorea e gracchiante. Che fare? Fermarsi o accelerare il passo? Sarei ancora in tempo a sfuggirle dando l’impressione di non averla sentita. È bastata questa mia piccola, lieve, impercettibile indecisione per dare a quella persona un vantaggio assoluto. Messa alle strette, mi giro sfoderando il mio migliore sorriso. “Ti ricordi di me?” stride lei, ondeggiando la testa da un lato all’altro. “Vanda!” esclamo con simulata sorpresa, mentre la mia mente, nel giro di pochi secondi, ha già esplorato i sentieri della memoria, coprendo in meno che non si dica un percorso durato anni. Vanda è sicuramente l’ultima persona che avrei voluto incontrare, la prima ad essere stata eliminata dalla mia agenda mentale. E in effetti vomito. Per meglio dire, le vomito addosso. Non sostanze di origine alimentare ma risentimento allo stato puro. La aggredisco buttandole addosso tutto il mio sdegno per il suo passato comportamento nei miei confronti e la frustrazione che ne è derivata. Non le do il tempo di ribattere. Le parole mi escono fluenti, liquide, senza incertezza alcuna. Alla fine, non so dire come sia accaduto, termino lo sfogo con una sonora battuta di mandibola, alla maniera di Vanda. Giuro, non l’ho fatto apposta, non era mia intenzione farne la caricatura. Semplicemente, mi è venuto spontaneo, come a voler chiudere definitivamente quel brutto capitolo della mia vita. Riprendo a camminare all’interno del parco, lasciando dietro di me una Vanda finalmente senza parole. Mi lascio avvolgere dal tiepido calore del sole e sento che il fastidioso dolore di stomaco lascia spazio a un senso di concreto benessere. È vero, devo darne atto a medici e salutisti: nulla è più terapeutico di una passeggiata in mezzo alla natura. 3°classificato GIURIA TECNICA: ROBERTO DALL'AGLIO QUEI MOMENTI... Camminavo. Pensavo a mari lontani. La strada era deserta. Faceva buio, illuminazione scarsa. Tre ceffi sghignazzanti mi attorniano. Niente di buono. “Ciao bellezza!” Poche parole, nessuna speranza di dubbio. Tremavo: il sangue gelato, la voce strozzata. Due pugni allo stomaco, quattro schiaffi ...e poi? Labbro rotto e un coltello puntato alla gola. Uno mi prese da dietro. Mi immobilizzò e mi sbatté a terra. Mi teneva forte. Mi divincolai, ma invano. Mi divaricarono le gambe. Sollevarono la gonna fino allo stomaco. Uno si inginocchiò fra le cosce. Mi strappò la camicetta. Mi palpò i seni. Strizzò i capezzoli. Sentivo dolore e provavo schifo. Un senso di vomito e di ribrezzo. Il corpo era freddo, teso, disperatamente rigido. Tentava una difesa. La paura mi bloccava. Mi sentivo svuotata, rassegnata, impotente. Quello inginocchiato fra le cosce tolse le mani dai seni e mi strappò le mutandine. Mi toccò le parti intime fino a farmi male … poi mi penetrò brutalmente. Provai dolore fisico. Di nuovo i miei seni stretti con forza. Il mio ventre penetrato a turno da tutti, con violenza. Era freddo: i ciottoli della strada gelidi. La rabbia in corpo urlava lo schifo che provavo, ma senza un fiato di voce. Non sopportavo più! Scollegai il cervello dal corpo, come ultima speranza. Non sentivo più dolore. Ero sospesa sopra la scena. Vedevo un film di attori di strada. “Godi sgualdrina!” E continuava il rituale, senza pietà. Ma non ero io, non era il mio corpo! L'avevo cancellato dalla mente. Prima uno, poi l'altro si alternarono su di me come iene sulla carcassa di una preda. Si saziarono tutti. Non so per quanto tempo sopportai. Non ne avevo la percezione. Poi, finalmente finì. Rimasi a terra sanguinante. Ero sporca e devastata nel corpo e nello spirito. Li vidi andar via, al di là della siepe. A terra piangevo, raggomitolata, in preda allo schifo, alla rabbia, all'odio. Vomitavo. Poi sentii avvicinarsi qualcuno … Mi porse un panno per coprirmi. Due possenti braccia mi sorressero dolcemente. Mi portarono all'ospedale. Dodici punti di sutura fra labbro, zigomo e sopracciglio. Piccoli taglietti fatti dal coltello. Ecchimosi varie su tutto il corpo. Questi i danni fisici. Poi quelli morali, non visibili, ma peggiori degli altri. Valium! Per dormire, dimenticare, tornare a vivere. Forse soltanto per sopravvivere. Al processo: ricordare tutto, con dovizia di particolari. Non si ribellava? Dunque, provava piacere? Lei era consenziente? Godeva? Ora il processo era a parti invertite. La vittima non c'è più … e nemmeno i carnefici. È stato un gioco! Questo è un nuovo stupro: uno stupro morale, ancora più pesante del primo! Quasi finisco alla sbarra. “Mi chiamo Maria Grazia … scusate il disturbo!” 1°classificata GIURIA POPOLARE: NATALIA GIBERTI UN GIORNO SPECIALE “Ecco, sei pronta! Oh, come sei carina! Sta’ a vedere che oggi trovi il fidanzatino.” Lei la fissa imbronciata. “Vieni, dai…che c’è una bella torta che ti aspetta!” Tracce di rossetto vermiglio fanno capolino sui denti ingialliti. “Dammi la manina e andiamo dai tuoi amichetti a soffiare sulle candeline.” Per un attimo cerca di divincolarsi dalla stretta, poi si arrende. Inizia a seguirla, trascinando i piedi attraverso i corridoi che odorano di disinfettante e varechina, una miscela nauseabonda che attraverso le narici penetra nelle ossa e si dilata nella testa, confondendo i pensieri. Cosa darebbe per risentire una volta ancora il profumo di casa! Un aroma fatto di vapore di verdure che sbuffano negli enormi pentoloni. Di detersivi che arrossano le mani. Di sudore di bambini che si azzuffano nei campi. Odore di famiglia. “Su, su, da brava bambina!” La incita con la voce incrinata da una falsa allegria che sa di stantio, come la muffa che disegna mostri dalle forme bizzarre sul soffitto dell’angusta cameretta che condivide con le altre. No, quella non è la sua casa, come vorrebbero farle credere. Se chiude gli occhi rivede due enormi stanzoni anneriti dal fumo di un focolare inadeguato, incapace di riscaldare quanto l’amore che aleggia intorno. Quell’amore che riesci a respirare; che ti senti addosso; che ti impregna i vestiti. I raggi del sole graffiano il vetro smerigliato del portone che si apre in fondo e, frantumandosi in particelle colorate, vengono a morire sulle mattonelle bianche, diffondendo una luce irreale. Artificiale come l’affetto racchiuso nella mano fredda che tiene la sua. Nei primi tempi passava delle ore a fissare quelle tessere di cristallo sperando che da un momento all’altro il mosaico si sarebbe ricomposto a formare una sagoma familiare. Ma…oramai lo sa. Nessuno che si presenterà a chiedere di lei, nemmeno per un breve saluto. “Insomma, muoviti!” La esorta ora in un tono secco che non riesce a nascondere la stizza. E’ un attimo. Un brevissimo attimo poi le note si stemperano nell’usuale falsa cordialità “Allora non ti ricordi proprio che oggi è un giorno speciale?!” Altro che giorno speciale! Quella è una vera giornataccia. Al mattino, la visita. Ha ancora nell’orecchio la voce in falsetto del dottore mentre gli appoggiava addosso quell’aggeggio freddo: “Ferma, ferma che adesso telefoniamo al pancino!” E ora la farsa continua. Tra poco, visi inespressivi la circonderanno. Sguardi pallidi la sfioreranno con indifferenza. Non così! E’ con dignità che avrebbe voluto festeggiare i suoi novant’anni a Villa Serena. MENZIONI SPECIALI intitolate a “Giorgio Grandi” Presidente dell'Ist. Biblioteca comunale dal 1996 al 2004 NEMO MENGHINI: MIO CUGINO Fra tutti i miei parenti, mio cugino è quello con il braccio sinistro più abbronzato. Il destro, invece, è completamente bianco. Molta gente si chiede il motivo. Io lo so, il motivo: perché a mio cugino piace un sacco andare forte in macchina (soprattutto le sere in cui esce con quei delinquenti dei suoi amici di San Lazzaro, che non so come campano ma per me, se non trovano presto un lavoro, finiscono male). Quando guida per le strade di Ozzano, mio cugino tiene il volante con la mano destra e fa sporgere dal finestrino il gomito dell’altro braccio. Se attraversate la strada dalle parti di via Sant’Andrea, state attenti: mio cugino, i pedoni, li disprezza! Ogni volta che lo vede uscire di casa, mia zia gli domanda a chi deve donare gli organi nel malaugurato caso in cui si sfracelli. Se è di buon umore, lui le risponde: “Vendili, piuttosto, così ti ripagherò per tutti i sacrifizi che hai fatto per me.” GIANLUCA BUONO: CAMALEONTISMO SCOLASTICO La II F era la classe più bella della scuola media “Panzacchi” di Ozzano. Era bella perché c’eravamo io e il mio compagno di banco. Ora lui non c’è più. Si chiamava Mengoli Paolo. Mengoli Paolo è stato bocciato in seconda media perché i professori credevano che avesse smesso di venire a scuola. In realtà fino al primo aprile 1982 è entrato in aula ogni giorno, ma era bravissimo a non farsi notare. Quando la prof di matematica scorreva i nomi sul registro mormorando “Vediamo un po’ chi viene oggi alla lavagna”, lui si alzava furtivamente e si appiattiva sulla parete vicina al nostro banco, riuscendo a mimetizzarsi con il colore del muro. Poteva stare lì per ore, zitto e immobile, e nessuno se ne accorgeva. “Mengoli non è venuto neanche oggi, e mancano pochi giorni alla fine del quadrimestre...”, ripetevano tutti i professori, un po’ stizziti e un po’ sconsolati, anche se eravamo solo alla fine di ottobre. Io non dicevo niente per non tradirlo, pur rischiando di essere interrogato al suo posto. Speravo che prima o poi mi avrebbe insegnato i segreti del Camaleontismo Scolastico, così sarei stato capace anch’io di stupire tutti cambiando colore come gli schermi dei televisori Sinudyne che vedevo dietro alle vetrine sulla via Emilia. Ma non c’è stato il tempo: Mengoli Paolo è morto il primo aprile 1982, tacendo persino quando un bidello, nell’appendere una cartina geografica, gli ha piantato un chiodo in fronte. VOCI della Cultur@” - Mensile d’informazione degli eventi culturali di Ozzano dell’Emilia e dintorni ƒ A n n o X V I – L U G L I O A G O S T O 2 0 1 5 - S P E C I A L E R A P A R E L L I A cura di : Assessorato e Consulta per la Cultura – Supplemento di “Amministrare Insieme” – Registrazione Tribunale di Bologna n. 5022 del 5/11/1982 Direttore Responsabile : Gloria Librenti - Supervisione Marika Cavina e Roberto Carboni Referente Impaginazione e Grafica Roberto Carboni e Rita Cappelletti Mensile a distribuzione gratuita. Copia fuori commercio. 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