le vaccinazioni contro le principali malattie respiratorie e riproduttive

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le vaccinazioni contro le principali malattie respiratorie e riproduttive
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LE VACCINAZIONI CONTRO LE
PRINCIPALI MALATTIE
RESPIRATORIE E RIPRODUTTIVE
DEL BOVINO
Dr. Giorgio Valla – Medico Veterinario
Dr. Giorgio Valla
Matelica, 20 Aprile 2007
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1. INTRODUZIONE
L’allevamento intensivo del bovino da latte e da carne, ha, come obiettivo primario,
l’ottenimento di elevate produzioni di latte nelle lattifere, e di ottimali incrementi ponderali nel
bovino da carne. Numerosi sono i fattori che influenzano negativamente sia l’attività produttiva
che riproduttiva del bovino; tra questi, le cause infettive, ed in particolare modo le infezioni
virali e batteriche, giocano un ruolo di fondamentale importanza.
E'ben noto il ruolo svolto dai virus della Rinotracheite Infettiva del bovino (IBRV o BHV-1) e
dal virus della Diarrea virale del bovino / Malattia delle mucose (BVDV), nel determinare
patologie a carico dell’apparato riproduttore (aborti ed infertilità), e nell’insorgenza di sindromi
respiratorie, in particolare nei giovani animali. A questo riguardo, non va trascurata
l’importanza di virus patogeni respiratori, quali il virus Parainfluenza tipo 3 (PI3) ed il virus
Respiratorio Sinciziale del bovino (VRSB).
Tra le forme batteriche nell’eziopatogenesi del complesso respiratorio del bovino gioca un
ruolo molto importante la Mannheimia (Pasteurella) haemolytica.
La prevenzione di queste infezioni, associata ad un miglioramento del management aziendale,
ed all’ottimizzazione dei regimi alimentari, è uno dei fattori decisivi da tenere in
considerazione, al fine dell’ottenimento d’elevate performances produttive e riproduttive.
Nelle note seguenti, sono considerate le principali problematiche relative alle infezioni virali
respiratorie e riproduttive del bovino, con particolare riferimento alla profilassi vaccinale.
2. VACCINO
Per vaccino si intende una “preparazione antigenica, costituita o dal microrganismo (virus,
batteri o protozoi) o da frazioni glicoproteiche del microrganismo stesso o da sue tossine,
che, somministrata all’ospite, induce una reazione immunitaria specifica, di tipo mucosale,
umorale o cellulo-mediata (in relazione alle caratteristiche del vaccino ed alla via di
somministrazione), che lo proteggerà, in futuro, dall’aggressione del patogeno verso cui è
stato vaccinato” (G. Poli – Microbiologia ed Immunologia Veterinaria – UTET).
3. PRINCIPALI PATOLOGIE NEI CONFRONTI DELLE QUALI SONO PRATICATE
VACCINAZIONI NEL BOVINO
• FORME RESPIRATORIE E/O RIPRODUTTIVE DA CAUSE VIRALI
1.
2.
3.
4.
Rinotracheite Infettiva del bovino (IBR) sostenuta da BoHV-1.
Infezione da virus della Diarrea Virale del bovino / Malattia delle mucose (BVD-MD).
Infezione da Parainfluenza 3 del bovino (PI3).
Infezione da Virus Respiratorio Sinciziale del bovino (VRSB).
• FORME RESPIRATORIE DA CAUSE BATTERICHE
1. Mannheimia (Pasteurella) haemolytica.
• FORME GASTROENTERICHE NEONATALI
1. Rotavirus
2. Coronavirus
3. Escherichia coli
• CLOSTRIDIOSI
• CLAMIDIOSI
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4. SCELTA DELLA TIPOLOGIA DI VACCINO
Nella scelta del tipo di vaccino da utilizzare, vanno tenuti in considerazione i seguenti punti:
a) le caratteristiche del vaccino.
• Le metodiche utilizzate, al fine di ridurre od eliminare completamente il rischio vaccinale,
pur preservandone l’efficacia immunizzante (ad esempio attenuazione, per i vaccini vivi,
utilizzo di ceppi vaccinali vivi eterologhi o omologhi non patogeni, o inattivazione per i
vaccini spenti).
• La via di somministrazione (locale o parenterale), per i vaccini vivi.
• La composizione del vaccino (vaccini monovalenti o polivalenti).
b) gli animali ai quali è destinato il vaccino.
• L'età degli animali da sottoporre a vaccinazione. In particolare, va considerata la presenza
degli anticorpi colostrali che può interferire con la risposta vaccinale e la completa
maturazione della competenza immunitaria..
• Lo stato immunitario dei soggetti, che può essere condizionato da pregresse vaccinazioni
o da un precedente contatto con i patogeni; in entrambi i casi la vaccinazione induce un
consistente booster.
• L’ eventuale stato di gravidanza degli animali da sottoporre a vaccinazione.
5. LA RISPOSTA IMMUNITARIA ALLA VACCINAZIONE
Al fine di inquadrare il ruolo della profilassi vaccinale, nei confronti delle infezioni virali, ritengo
opportuno richiamare alcuni concetti di base sulla risposta immunitaria.
Nel bovino, una prima barriera protettiva, nei confronti delle infezioni microbiche e virali, è
costituita dalle difese innate aspecifiche:
•
•
le caratteristiche fisico-chimiche dei tessuti (in particolare, per le infezioni delle vie
respiratorie, è importante l'
attività dell’apparato muco-ciliare dell’albero respiratorio);
le cellule ad azione fagocitaria presenti sulle mucose stesse.
Nel caso in cui il patogeno aggressore, a motivo di un’elevata carica infettante, o per una
riduzione dell’efficacia delle prime difese, riesca a superare questa prima barriera, interviene il
sistema immunitario in senso stretto.
Per quanto attiene, in particolare, le infezioni virali, si possono identificare due diverse
situazioni:
•
•
infezione primaria o vaccinazione con vaccino vivo (in assenza di anticorpi specifici o di
cellule della memoria),
infezione secondaria o riattivazione dell’infezione virale, tipica dell’infezione da virus
erpetico, (in presenza di anticorpi specifici o di cellule della memoria), o vaccinazione di
richiamo.
Nel primo caso, sono prodotte rapidamente le cosiddette citochine precoci (interferone alpha
e beta, IL-1 e IL-6), che svolgono il ruolo fondamentale di attivazione dei leucociti e di richiamo
dei macrofagi, delle cellule natural killer, e dei granulociti polimorfonucleati, che hanno il
compito di aggredire e distruggere il patogeno.
Cellula cardine del sistema immunitario è il macrofago. I macrofagi, a differenza dei granulociti
neutrofili (cellule di primo intervento), quando fagocitano l’aggressore, non lo distruggono
completamente, ma lo processano, presentando i peptidi degradati dei patogeni sulla loro
superficie.
La presentazione di parte dell’antigene innesca la reattività sia dei linfociti B (deputati alla
risposta immunitaria di tipo umorale), che dei linfociti T (responsabili dell’immunità cosiddetta
cellulo-mediata). Occorre dire che questo meccanismo, intervento dei macrofagi,
processazione ed esposizione dell’antigene, avviene sia nel caso in cui l'
antigene sia
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attivamente replicante (virus patogeno o vaccino vivo), che quando l'
antigene è introdotto
nell’organismo in forma inerte (vaccino inattivato).
Nel caso di un’infezione virale, il virus penetra nella cellula, e porta alla formazione di peptidi
virali, i quali sono esposti sulla superficie della cellula infetta, associati a molecole di
istocompatibilità di classe I (MHC Classe I). Queste molecole associate ai peptidi virali,
diventano un bersaglio visibile da parte dei linfociti T citotossici, i quali, riconosciuta la cellula
infetta da virus, procedono alla loro distruzione per mezzo di sostanze citotossiche (immunita’
cellulo-mediata, sostenuta da linfociti citotossici).
Dato che questo meccanismo si sviluppa, unicamente, nel caso di infezione della cellula, si
avrà la stimolazione dell’immunità cellulo-mediata da linfociti citotossici, solo in seguito ad
infezione virale o a somministrazione di un vaccino vivo, attivamente replicante e in grado di
infettare le cellule.
Quanto un antigene vaccinale vivo è somministrato per via locale (orale o intranasale), è in
grado di indurre anche una risposta anticorpale locale (IgAs).
Nel frattempo la fase viremica dell’infezione o la vaccinazione (sia con vaccini vivi, che con
vaccini inattivati), porterà ad un contatto dell’antigene con i linfociti B, responsabili della
produzione di anticorpi umorali.
Nel caso di un'
infezione secondaria, di riattivazione dell’infezione (come può accadere per i
virus erpetici), o nel caso di una vaccinazione successiva all’infezione primaria o di una
rivaccinazione (vaccinazione di richiamo), un ruolo molto importante è svolto dalla presenza di
anticorpi e dalle cosiddette cellule della memoria.
I linfociti T ed i linfociti B, sono capaci di conservare una memoria immunologica di lunga
durata; dopo la proliferazione clonale conseguente alla stimolazione antigenica, i linfociti
tornano allo stato quiesciente, salvo poi procedere ad una rapida moltiplicazione in seguito ad
una reinfezione o ad una seconda esposizione all’antigene (vaccinazione primaria, in
presenza di anticorpi, o vaccinazione di richiamo).
Altrettanto importante, al fine della protezione in caso di reinfezione o riattivazione
dell’infezione, è il ruolo svolto dalla immunità cellulo mediata anticorpo dipendente (ADCC),
che è legata, come abbiamo visto all’azione di processazione dell’antigene svolta dai
macrofagi che migrano nel sito di infezione. I macrofagi (attraverso la formazione di complessi
peptidi-molecole di istocompatibilità di classe II) presentano l’antigene ai cosiddetti linfociti
helper.
I linfociti helper, una volta legatisi ai macrofagi, producono specifiche citochine che, da una
parte danno il consenso ai linfociti B alla produzione di grandi quantità di anticorpi (immunità
umorale), dall’altra attivano l’azione delle cellule killer (linfociti K). Le cellule killer, che
presentano recettori specifici di membrana per la porzione Fc degli anticorpi, distruggono le
cellule bersaglio che hanno reagito con gli anticorpi stessi (citotossicità anticorpo dipendente).
La stimolazione delle cellule della memoria, e la stimolazione della immunità cellulo-mediata
anticorpo dipendente, è ottenibile quindi sia mediante l’utilizzo di vaccini vivi, che vaccini
inattivati. Anche i vaccini inattivati, infatti, richiamando nel sito di inoculo una grande quantità
di macrofagi, sono in grado di innescare i meccanismi di protezione sopra riportati.
Le caratteristiche della risposta immunitaria all’infezione, vanno tenute, quindi, in
considerazione nella scelta del tipo di vaccino (vivo o spento) e della scelta della via di
somministrazione del vaccino stesso.
6. TIPOLOGIE DI VACCINI
Schematizzando possiamo suddividere i vaccini attivi nei confronti delle patologie respiratorie
e/o riproduttive dei bovini, con particolare riferimento alla prevenzione dell’IBR (BoHV-1), nelle
seguenti categorie:
Vaccini virali
•
•
•
•
•
•
Vaccini vivi attenuati, convenzionali a virus intero.
Vaccini vivi, a virus omologhi apatogeni.
Vaccini vivi, modificati geneticamente (marker di termosensibilità).
Vaccini vivi attenuati, deleti (marker gE-).
Vaccini inattivati, convenzionali, a virus intero, o contenenti glicoproteine.
Vaccini inattivati, deleti (marker gE-).
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Vaccini batterici
•
•
•
•
Vaccini inattivati, contenenti corpi batterici
Vaccini inattivati, contenenti anatossine
Vaccini inattivati, contenenti leucotossine
Vaccini inattivati, contenenti antigeni capsulari
(E. coli - clostridi)
(Clostridi)
(M. haemolytica)
(E. coli- M. haemolytica)
Di seguito sono analizzate, in modo maggiormente approfondito, le caratteristiche delle
tipologie di vaccino sopra elencate.
Vaccini vivi attenuati
Vaccini vivi attenuati tradizionali
Questa categoria di vaccini è allestita con stipiti vaccinali che sono attenuati, normalmente,
attraverso passaggi seriali su colture cellulari; in tal modo i virus perdono gran parte del loro
potere patogeno, pur conservando un grado di replicazione tale da indurre una risposta
protettiva negli animali vaccinati.
Vaccini vivi apatogeni
In alcuni casi sono utilizzati ceppi vaccinali naturalmente apatogeni, i quali sono stati isolati da
animali infetti, che non presentavano segni clinici di malattia. Questi ceppi, una volta coltivati
su tessuto colture, sono sottoposti successivamente ad un processo di clonazione.
Essi conservano tutte le potenzialità replicative ed immunogene tipiche dei virus vivi, con un
profilo assoluto di inncocuità. Dopo somministrazione per via intranasale, inducono una
consistente risposta immunitaria locale (IgA), ed un’elevata quantità di interferone, sia a livello
delle prime vie respiratorie, che a livello delle vie respiratorie profonde; inoltre, grazie all’attiva
replicazione nel torrente circolatorio, sono in grado di indurre elevati livelli di immunità umorale
ed una consistente immunità cellulo - mediata, sia da CTL che ADCC.
Vaccini vivi attenuati modificati geneticamente (termospecifici)
Fanno eccezione, per quanto attiene il tipo di attenuazione, i vaccini allestiti con ceppi trattati
con particolari accorgimenti, ad esempio con acido nitroso, al fine di indurre una caratteristica
di marker di termospecificità, caratteristica che ne condiziona la replicazione a temperature
inferiori ai 37° C. Questi vaccini, somministrati per via endonasale, sono in grado di
moltiplicarsi a livello della mucosa nasale; una volta superata la barriera dei turbinati, la
replicazione è drasticamente ridotta a causa della caratteristica di termospecificità
(replicazione abortiva). In tal modo i virus vaccinali, non sono in grado di raggiungere in
elevate quantità le vie respiratorie profonde e gli organi interni e sono quindi innocui per il
prodotto del concepimento e per l’apparato riproduttore. Quando questi ceppi sono
somministrati per via intramuscolare, la termospecificità riduce, in modo consistente, anche la
replicazione intracellulare e la stimolazione dell’immunità cellulo-mediata da CTL, vantaggio
principale dei vaccini a virus vivi.
Vaccini attenuati deleti IBR (Marker gE -)
I vaccini IBR deleti sono caratterizzati da una completa delezione del gene che codifca per la
produzione della glicoproteina E (gE-). La delezione, evidenziata, in mutanti di ceppi virali,
dopo un certo numero di passaggi su colture cellulari, e non dopo manipolazione genetica
(non OGM), consente di differenziare, su base sierologica, gli animali vaccinati da quelli che
sono stati infettati dal virus di campo. Gli animali vaccinati non potranno sviluppare una
specifica risposta anticorpale nei confronti della glicoproteina E, risposta che invece compare
negli animali infettati o vaccinati con vaccini tradizionali non deleti.
La delezione dei geni codificanti per gE non é del tutto priva di conseguenze sul
comportamento biologico del virus. Se é vero che non viene alterata l’attività replicativa, é
altrettanto vero che la delezione del gene che codifica per gE influenza l’interazione virusospite e la virulenza del ceppo, attenuandone la patogenicità. Un vaccino deleto gE- sarà di
per sé attenuato, pur conservando intatta la sua attitudine replicativa.
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Caratteristiche comuni dei vaccini vivi attenuati
Attenuazione
come
metodo
di
riduzione
della
patogenicità.
Il
problema
dell'innocuita’dei vaccini vivi.
Un potenziale problema dei vaccini vivi attenuati, è che, in alcuni casi, dopo ripetuti passaggi
su colture cellulari, non si ottiene costantemente una completa scomparsa della potenziale
pericolosità del ceppo originario; ciò ne può condizionare l’uso, particolarmente, nelle bovine
in gravidanza ed in bovine in attività riproduttiva.
Questo problema non si presenta, quando si utilizzano vaccini vivi naturalmente apatogeni, o
vaccini termospecifici, che possono quindi essere utilizzati con sicurezza anche negli animali
molto giovani, negli animali gravidi ed in quelli in attivita’ riproduttiva.
Il problema della disseminazione nell’ambiente dei ceppi vaccinali
La somministrazione per via intranasale di ceppi vaccinali vivi attenuati (anche termospecifici,
apatogeni e marker), rende possibile la disseminazione del virus nell’ambiente. Questa
evenienza è, di norma, priva di conseguenze: in fase di registrazione dei vaccini, deve essere
dimostrata l’assenza di reversione della virulenza dei ceppi vaccinali termospecifici o
apatogeni, e la stabilità delle caratteristiche di delezione dei vaccini marker, dopo la
vaccinazione. La somministrazione di vaccini vivi per via parenterale, è caratterizzata da una
disseminazione di virus vaccinale praticamente nulla.
Efficacia dei vaccini vivi
La somministrazione di un vaccino attenuato per via intranasale, induce una valida e precoce
immunità mucosale, la produzione dell’interferone, inducendo una valida protezione anche
quando ci si trovi in presenza di anticorpi materni colostrali.
La vaccinazione per via intranasale, con vaccini vivi attenuati IBR e PI3, può essere
considerata la via ideale, soprattutto nei giovani animali, in particolare per i ceppi naturalmente
apatogeni e marker, che essendo in grado di moltiplicarsi in modo consistente anche nelle vie
respiratorie profonde e nel torrente circolatorio, inducono oltre all’immunità umorale e locale,
una consistente immunita’ umorale e cellulo mediata, sia da CTL che ADCC.
Per le valenze per le quali non è possibile praticare una vaccinazione per via locale, per la
mancanza di vaccini somministrabili localmente (per via intranasale per BRSV e per “os” per
la BVD), o nel caso in cui non sia possibile “maneggiare” con sicurezza gli animali a causa del
peso e della pericolosità degli animali, la scelta cadrà sulla somministrazione di vaccini vivi
attenuati per via parenterale.
Questi vaccini sono in grado di stimolare rapidamente ed in modo completo il sistema
immunitario, con l’eccezione dell’induzione di una consistente immunita’ locale di tipo
mucosale.
Riassumendo, i vaccini vivi attenuati sono dotati di:
• Un elevato, completo e rapido potere immunizzante, correlato all’attiva replicazione virale
che “mima” l’azione dei virus patogeni, con stimolazione dell’immunità locale muscosale
(via intranasale), dell’immunità cellulo-mediata legata all’azione dei linfociti citotossici
(CTL), dell’immunità cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC) e dell’immunità
umorale.
• Una potenziale pericolosità per il prodotto del concepimento. Ciò non vale per i vaccini
termospecifici, i vaccini naturalmente apatogeni ed i vaccini marker).
• Possibile escrezione ambientale del ceppo vaccinale, dopo vaccinazione per via
edonasale.
• Induzione del fenomeno della latenza ( per i virus erpetici IBR).
• Stabilità dell’attenuazione e della delezione anche dopo riattivazione del virus vaccinale in
latenza.
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Vaccini inattivati
I vaccini virali inattivati utilizzano antigeni “uccisi” che, dopo in attivazione, perdono totalmente
la loro possibilità di replicazione e quindi la loro pericolosità. Oppure, nel caso dei vaccini a
sub-unità, si utilizzano vaccini che contengono solo parti antigenicamente attive del virus
patogeno. In entrambi i casi i vaccini conservano la loro potenzialità immunogena.
Come per i vaccini vivi deleti, i vaccini inattivati deleti marker gE- si distinguono dai vaccini
inattivati convenzionali unicamente per la presenza della delezione del gene che codifica per
la glicoproteina E; quindi dal punto di vista dell’efficacia e dell’innocuità presentano
caratteristiche simili a quelle dei vaccini inattivati tradizionali.
I vaccini batterici inattivati possono contenere:
• corpi batterici interi (E. coli - clostridi)
• anatossine prodotte dai batteri (Clostridi)
• leucotossine inattivate (P. haemolytica)
• antigeni capsulari (E. coli - P. haemolytica)
Caratteristiche comuni dei vaccini inattivati
Profilo di innocuità
Essendo i virus inattivati incapaci di moltiplicarsi, il profilo di innocuità, per quanto attiene la
patogenicità residua, le eventuali influenze sul prodotto del concepimento e quelle sugli organi
riproduttivi, è assoluto. L’unica problematica di sicurezza da tenere in considerazione può
essere legata alle eventuali reazioni al punto di inoculo causate dagli adiuvanti utilizzati.
Profilo di efficacia
L’efficacia immunizzante di un vaccino inattivato è correlata alla:
•
•
•
integrità dell’antigene vaccinale (i processi di inattivazione devono essere non distruttivi),
quantità degli antigeni vaccinali (più elevata è la massa antigenica, più elevata è la
risposta anticorpale),
qualità degli adiuvanti utilizzati.
In generale possiamo dire che un vaccino inattivato allestito correttamente, e cioè tenendo
conto di quanto sopra esposto, induce:
• una buona risposta anticorpale umorale,
• una buona risposta anticorpale anticorpo-dipendente (ADCC).
Nella tabella seguente sono riassunte le principali caratteristiche dei vaccini vivi e inattivati
VACCINI e risposta immunitaria
Vaccini
Vaccini
Vivi endonasali Vivi parenterali
Vaccini spenti
parenterali
Immunità
Locale (IgAs
(IgAs))
+++
-
-
Immunità
Umorale (IgG
(IgG))
++ / +++
+++
+++
Immunità
CelluloCellulo-mediata (CTL)
+++
+++
-
Immunità
CelluloCellulo-mediata (ADCC)
++ / +++
+++
+++
PERUGIA 23.11.2005
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7. VACCINI (FORME RESPIRATORIE E RIPRODUTTIVE) ATTUALMENTE DISPONIBILI
IN ITALIA
Vaccini monovalenti IBR
Vaccini inattivati monovalenti IBR
• IBEPUR
• IFFAVAX
Vaccini inattivati monovalenti IBR deleti marker gE • RISPOVAL IBR MARKER INACTIVATUM
• IBRAXION
Vaccini vivi attenuati monovalenti IBR
• BOVILIS IBR
Vaccini vivi attenuati termospecifici monovalenti IBR
• RISPOVAL IBR
Vaccini vivi attenuati monovalenti IBR deleti marker gE• RISPOVAL IBR MARKER VIVUM
• BOVILIS IBR MARKER
MERIAL
MERIAL
PFIZER
MERIAL
INTERVET
PFIZER
PFIZER
INTERVET
Vaccini monovalenti BVD
Vaccini inattivati monovalenti BVD
• MUCOBOVIN
• BOVILIS BVD
• PREGSURE BVD
Vaccini vivi attenuati monovalenti BVD
• MUCOSIFFA
Vaccini vivi attenuati termospecifici monovalenti BVD
• RISPOVAL D-BVD
MERIAL
INTERVET
PFIZER
MERIAL
PFIZER
Vaccini monovalenti BRSV
Vaccini vivi attenuati monovalenti BRSV
• RISPOVAL RS
• HIPRABOVIS RS
PFIZER
GELLINI
Vaccini bivalenti IBR + PI3
Vaccini vivi attenuati bivalenti IBR+PI3 o BRSV+PI3
• BOVILIS IBR/PI3
• RISPOVAL INTRANASAL PI3/BRSV
GELLINI
PFIZER
Vaccini bivalenti BVD + BRSV
Vaccini vivi attenuati TS BVD + vivi attenuati BRSV
•
RISPOVAL RS - BVD
Vaccini trivalenti VRSB+ PI3 + M. Haemolytica
• BOVILIS BOVIPAST RSP
Vaccini trivalenti IBR + PI3 + Pasteurella Multocida
• BOVAX 3 V
PFIZER
INTERVET
FATRO
Vaccini trivalenti IBR + PI3 + BVD
Vaccini inattivati IBR + PI3 + BVD
• HIPRABOVIS 3
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GELLINI
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Vaccini trivalenti IBR + PI3 + BRSV
Vaccini vivi attenuati trivalenti termospecifici IBR + PI3 + BRSV attenuato
• CATTLE MASTER RIP
PFIZER
Vaccini trivalenti IBR + PI3 + AD3
Vaccini vivi attenuati trivalenti termospecifici IBR + PI3 + AD3
• IMURESP RAP
PFIZER
Vaccini quadrivalenti IBR + PI3 + BVD + BRSV
Vaccini quadrivalenti (IBR + PI3 + BVD inattivati + vaccino vivo attenuato BRSV)
• HIPRABOVIS 4
GELLINI
Vaccini quadrivalenti (IBR + PI3 + BVD + BRSV inattivati)
• TRIANGLE 4
FORT DODGE
Vaccini vivi attenuati quadrivalenti termospecifici IBR + PI3 + BRSV attenuato + BVD
spento
• CATTLE MASTER 4
PFIZER
Vaccini monovalenti Mannheimia haemolytica
•
•
•
•
PRESPONSE
RISPOVAL PASTEURELLA
TECVAX 1/6
PASTOBOV
FORT DODGE
PFIZER
GELLINI
MERIAL
8. SCELTA DEL PIANO VACCINALE NELL’ ALLEVAMENTO DA LATTE
Nella definizione di un piano vaccinale per la prevenzione delle patologie respiratorie e
riproduttive da cause virali nella bovina da latte, vanno tenuti in considerazione i seguenti
aspetti:
•
•
•
•
Diffusione delle infezioni sul territorio nazionale e locale.
Presenza in allevamento di problemi riproduttivi riconducibili a cause virali.
Presenza in allevamento di problemi respiratori riconducibili a cause virali.
Presenza contemporanea, in allevamento, di giovani vitelli e di bovine gravide.
Obiettivo della vaccinazione è di:
•
•
•
•
Proteggere gli animali dall’infezione se questa non è presente in allevamento.
Controllare l’infezione, se presente, riducendone i danni correlati.
Limitare la circolazione dei patogeni, riducendo la prevalenza dell’infezione.
Procedere al controllo ed all’eradicazione della malattia (attraverso l’utilizzo di strumenti
specifici, come i vaccini marker).
Nella pratica degli allevamenti intensivi italiani, difficilmente sono predisposti piani vaccinali,
nei confronti delle infezioni virali, in assenza di infezione. Di norma si tende ad intervenire o
quando si rileva la presenza dell'
infezione dal punto di vista sierologico, oppure quando si
rilevano problemi riconducibili alle infezioni stesse.
L'
obiettivo minimo da raggiungere con la vaccinazione, è quello di controllare i danni correlati
alla presenza dell'
infezione in allevamento.
La limitazione della circolazione dei patogeni e la conseguente riduzione della prevalenza
dell'
infezione è raggiungibile solo attraverso la predisposizione di piani vaccinali che tengano
conto della patogenesi dell’infezione.
Per IBR è importante considerare la limitazione dell'
insorgenza della latenza virale, soprattutto
negli animali destinati alla rimonta, e per BVD la limitazione della nascita di nuovi soggetti
immunotolleranti.
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Fondamentale, in ogni caso, è l’applicazione di misure sanitarie di profilassi diretta.
Al fine di raggiungere gli obiettivi sopra esposti, il piano vaccinale suggerito terrà quindi conto:
• delle conoscenze relative alla patogenesi delle infezioni,
• del tipo di animali da vaccinare
LA DIFFUSIONE DELLE INFEZIONI IN ITALIA
I dati, relativi all’infezione da BoHV-1 in Italia negli allevamenti di bovine da latte, che sono
riportati di seguito, sono stati raccolti nel corso dell’attività diagnostica, eseguita nel periodo
compreso tra il 2000 ed il 2004, presso il laboratorio di sierologia della sezione di Malattie
Infettive degli Animali, Dipartimento di Salute Animale, Università di Parma.
I dati si riferiscono ad allevamenti nei quali non si adotta alcun intervento vaccinale nei
confronti dell’infezione da BoHV-1 (IBR).
Sieropositività verso BoHV-1 in allevamenti bovini da latte italiani non vaccinati rilevata
nel periodo 2000 – 2004
ALLEVAMENTI
ESAMINATI
POSITIVI
ANIMALI
Categoria
ESAMINATI
POSITIVI
Vacche
7.172
2.952
(41 %)
Manze
1.226
1.983
772
(63 %)
693
(35 %)
Vitelli
943
495
(53 %)
Totale
10.098
4.140
(41 %)
Prof. Sandro Cavirani
Di seguito sono riportati i dati relativi alla siero-prevalenza dell’infezione nell’allevamento da
carne di razza Piemontese (linea vacca – vitello).
Sieropositività verso BoHV-1 in allevamenti bovini da carne di Razza Piemontese non
vaccinati rilevata nel periodo 2003 – 2004
ALLEVAMENTI
ANIMALI
ESAMINATI
POSITIVI
Categoria
ESAMINATI
POSITIVI
32
20 (62,5%)
Totale
308
138 (45 %)
Chialva M., Valla G, Mattalia L, Taddei S., Piancastelli C. e Cavirani S.. (1985)
Per BVD i dati indicano un percentuale del 90% di stalle positive, con una percentuale di capi
positivi che va dal 60 all’ 80 % (Cavirani et al, 1992 – Dati personali)
Molto diffusa, nell’allevamento della bovina da latte, e’ anche l’infezione da Virus Sinciziale
Respiratorio (VRSB) (Cavirani S., 1996), anche se non sempre alla presenza di infezione si
associa la presenza di gravi problematiche di tipo respiratorio, almeno negli animali adulti.
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Matelica, 20 Aprile 2007
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LA PRESENZA IN ALLEVAMENTO DI PROBLEMI RIPRODUTTIVI E RESPIRATORI
RICONDUCIBILI A CAUSE DI TIPO VIRALE
Negli ultimi 30 anni, un gran numero di differenti virus e batteri e’ stato reisolato dal tratto
respiratorio e gastroenterico di vitelli o bovini adulti colpiti da forme respiratorie,
gastroenteriche e riproduttive. Tra questi, alcuni virus (IBR e BVD) hanno un chiaro ruolo
nell’ipofertilita’ bovina, mentre gli stessi IBR e BVD, associati a PI3 e VRSB, sono i principali
patogeni virali per l'
apparato respiratorio.
Di seguito sono presi in considerazione gli aspetti eziopatogenetici e clinici delle infezioni da
IBR, BVD e BRSV.
IBR/IPV (BHV1) - Virus della Rinotracheite Infettiva del bovino
E' un virus a DNA provvisto di "envelope" appartenente alla famiglia Herpesviridae,
classificato come Bovine Herpesvirus tipo 1 (BoHV-1). Descritta negli USA nei primi anni 50,
l'
infezione da IBR si è rapidamente diffusa in Europa ed in Italia in particolare, dalla metà degli
anni 70, in concomitanza con lo sviluppo dell'
allevamento intensivo sia da carne che da latte.
Il virus BoHV-1 si trasmette prevalentemente mediante contatti diretti tra gli animali infetti; le
principali fonti di contagio sono rappresentate dalle secrezioni nasali, con eliminazione del
virus nelle prime fasi d’infezione. Il virus può essere inoltre trasmesso per via aerogena a
brevi distanze.
Un'
altra fonte di contagio può venire dalle placente infette dei feti abortiti. E'stata dimostrata la
trasmissione venerea da tori infetti, anche se sembra che l'
infezione per via vaginale o uterina
non dia luogo a generalizzazione.
L'
infezione avviene quindi prevalentemente per via respiratoria; dopo l'
intensa replicazione a
livello mucosale, segue una viremia transitoria con localizzazione dell'
infezione nelle ovaie,
utero, mammella, placenta e feto.
Come accade per gli altri virus erpetici, il BoHV-1 da luogo al fenomeno della latenza (Kahrs
R.F, 1977). Dopo la replicazione primaria, il virus diffonde allo stato latente, soprattutto a
livello dei monociti e dei gangli nervosi integrando il proprio genoma in quello della cellula
infetta. Il virus può rimanere allo stato latente per periodi di tempo molto lunghi, anche per
anni, senza che l'
animale portatore mostri alcun sintomo.
E'possibile ritrovare animali con infezione latente privi di anticorpi neutralizzanti.
L'
infezione può essere riattivata in seguito a stress di vario tipo (alimentari, ambientali,
infezioni intercorrenti accompagnate da immunosoppressione, parto, picco di lattazione, etc.).
In seguito alla riattivazione e soprattutto in assenza di un'
adeguata immunità specifica, può
seguire la ri-escrezione del virus, che è eliminato per via respiratoria, oculare, ed attraverso le
secrezioni genitali incluso il seme.
Questo fatto va tenuto in attenta considerazione soprattutto negli allevamenti di bovine da latte
che, oltre a vivere in comunità ristrette per periodi molto lunghi, sono sottoposte a stress
intensi.
Schematicamente possiamo distinguere due forme cliniche principali:
Forma respiratoria
•
•
•
Il virus ha un'
elevata affinità per le mucose respiratorie. A livello delle prime vie determina
un notevole danno a carico delle cellule ciliate, favorendo in tale modo l'
azione patogena
di altri virus e batteri.
I sintomi sono caratterizzati da un intenso scolo nasale mucopurulento, cavità nasali e
musello congesti, lacrimazione, febbre elevata, tosse secca facilmente provocabile (il
virus induce un'
intensa tracheite). In seguito la tosse può diventare più "grassa" in
relazione all'
azione di agenti batterici di irruzione secondaria, e la dispnea può essere
intensa. Si possono rilevare casi di diarrea più o meno profusa.
La morbilità è elevata (fino al 100%), mentre il tasso di mortalità è in relazione alla rapidità
con cui si interviene con una terapia antibiotica mirata nei confronti dei germi di irruzione.
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Forma genitale/riproduttiva
Il virus IBR può colpire anche l'
apparato riproduttore, con aborti (prevalentemente dal 3° al 6°
mese di gestazione), vulvovaginiti ed infertilità (Miller J.M, 1991). Allo scopo di facilitare il
riconoscimento clinico dell'
infezione da IBR, per quanto attiene l’apparato riproduttivo, può
essere utili approfondire quelli che sono gli effetti sui vari organi e quali possono essere le
conseguenze dell’infezione stessa sull’attitudine riproduttiva
Effetti sui genitali esterni
Prove d’infezione sperimentale hanno dimostrato che le prime lesioni che compaiono dopo
l’infezione a livello genitale, è una “necrosi focale” della mucosa, che si accompagna ad un
intenso processo infiammatorio linfoproliferativo. Le lesioni che sono visibili consistono in
piccoli noduli e vescicole, che possono ulcerarsi, a livello del vestibolo vulvare nella femmina e
a livello del prepuzio e del glande nel toro (Miller J.M, 1991).
La guarigione delle lesioni avviene in 1-2 settimane. E’ interessante ricordare che l’infezione
per via genitale non generalizza, e cioè rimane localizzata a livello della mucosa genitale. E’
ovvio che l’annusamento reciproco delle bovine, porta alla diffusione tra via genitale e via
respiratoria, e viceversa.
Effetto sulla mucosa uterina
Sono state condotte prove sperimentali, allo scopo di valutare le conseguenze dell’infezione
da BoHV1sulla mucosa uterina, simulando l’uso di seme infetto (Miller J.M et al, 1984); in
queste prove il virus è stato introdotto direttamente in utero, un giorno dopo la monta naturale
con un toro non infetto. Le lesioni osservate erano caratterizzate da endomertrite
necrotizzante; le lesioni, tuttavia, rimangono localizzate nel punto di infezione, senza
generalizzazione, se si eccettua la comparsa di ooforite necrotizzante in alcune delle bovine
infettate. Inoltre in prove successive, volte a verificare la possibilità di riattivazione
dell’infezione in seguito a trattamento delle bovine infettate con desametazone, è stato
dimostrata l’assenza di riattivazione (Miller J.M. et al, 1987). L’infezione uterina per via diretta
(seme infetto) si risolve quindi in un’infertilità temporanea, della durata di circa una/due
settimane, senza generalizzazione dell’infezione stessa.
Effetti sull’ovaio
Lo studio degli effetti dell’infezione da BHV1 sull’ovaio, è fondamentale per valutare le
conseguenze sulla fertilità delle bovine.
L’infezione sperimentale, condotta in tempi diversi, al momento del calore ed a 7, 14, 21 e 28
giorni dalla fecondazione, su bovine che sono poi state sacrificate 15 giorni dopo l’infezione
(Miller J.M. et al., 1985, Miller J.M. et al. 1986, Miller J.M., 1989), ha dimostrato che:
•
•
•
•
•
L’infezione al momento del calore determina un’alterazione della formazione del corpo
luteo, ed esita in un’alterazione del ciclo (Smith P.C., et al, 1990).
Le bovine infettate a 7 e a 14 giorni dalla fecondazione hanno mostrato lesioni necrotiche,
e la gravidanza è stata impedita ed i cicli sono risultati alterati.
L’ovaio è maggiormente sensibile all’infezione nei 5 giorni successivi alla fecondazione.
Dopo l’infezione, l’ovaio acquisisce una guarigione organica e funzionale, senza
conseguenze stabili sull’attività riproduttiva (infertilità temporanea).
Studi destinati alla valutazione delle conseguenze
successive a riattivazione
dell’infezione, hanno dimostrato che è possibile reisolare il virus dall’ovaio, ma non si
evidenziano lesioni a carico dell’ovaio stesso in seguito a riattivazione dell’infezione.
Effetti sul prodotto del concepimento
L’attitudine abortigena del virus IBR è ben conosciuta; prove sperimentali hanno dimostrato
che dopo infezione, il virus passa la barriera placentare, infetta il feto e la placenta (Owen et
alii, 1968), ed interrompe la gravidanza. L’aborto può avvenire durante tutta la gravidanza. Nel
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caso d’infezione precoce, come abbiamo visto in precedenza, si può verificare morte
embrionale e ritorno della bovina in calore; questo fatto può essere confuso con un mancato
attecchimento dell’embrione.
In conclusione il virus BoHV-1:
•
•
•
•
Quando infetta la vulva e la vagina non induce un’infezione generalizzata, ma può
contribuire al mantenimento dell’infezione in allevamento.
Veicolato dal seme in utero induce un’infertilità transitoria.
Può colpire l’ovaio, alterando la formazione del corpo luteo, modificando il normale
susseguirsi dei cicli sessuali e può impedire la gravidanza.
Può interrompere la gravidanza in qualsiasi stadio, inducendo ritorni in calore, aborti
precoci e/o tardivi.
BVD/MD - Virus della malattia delle mucose / diarrea virale, del bovino
Il virus della BVD/MD appartiene al genere Pestivirus, famiglia dei Flaviviridae. Fino a circa 15
anni fa si ipotizzava che due virus differenti fossero responsabili delle due forme principali
riconducibili all’azione del virus BVD/MD:
Malattia delle mucose
Caratterizzata da bassa morbilità (2-5%) ed elevata mortalità (fino al 100%), consiste in una
sindrome gastroenterica d’estrema gravità, con diarrea profusa incoercibile e tipiche lesioni
ulcerative a livello delle mucose gastroenteriche.
Diarrea virale
Caratterizzata da elevata morbilità e bassa mortalità, consiste in una sindrome
gastroeneterica lieve e da episodi respiratori, la cui gravità è correlata all’azione di virus e
batteri d’irruzione secondaria, favorita dall’azione immunosoppressiva svolta dal virus.
In seguito è stato dimostrato che un solo virus è responsabile delle due forme cliniche, e che il
dualismo dell’insorgenza delle forme cliniche è correlato all’esistenza di due distinti biotipi
virali, citopatogeno (CP) e non citopatogeno (NCP) (Mc Clurkin A.W., 1985). Di recente, è
stata riportata la comparsa di sindromi a carattere emorragico, ad elevata mortalità (Leconte
C. et alii, 1998). La patologia è caratterizzata da spiccata trombocitopenia conseguente ad
infezione da BVD-NCP con caratteristiche antigeniche e genomiche (BVD tipo 2), distintive
dagli stipiti classici (Pellegrin et alii, 1994).
La patogenesi dell’infezione da BVD/MD è molto complessa; la complessità è da mettersi in
relazione, come accennato sopra, dall’esistenza dei due diversi biotipi. Cercando di
semplificare, si può affermare che quando gli stipiti BVD-NCP infettano bovine gravide non
immuni, sono in grado di superare la barriera placentare e di infettare il feto (Mc Clurkin A.W.,
et alii, 1984, , Roeder P.L. et alii, 1984, Bolin S.R., et alii, 1985) , determinando conseguenze
diverse, la cui gravità è da mettersi in relazione al periodo di gravidanza in cui avviene
l’infezione stessa.
La bovina subisce l’infezione entro il 120° giorno di gestazione; in questo caso si potranno
avere le seguenti possibilità:
•
•
Il virus raggiunge il feto; si potrà avere il riassorbimento embrionale o aborto, che in alcuni
casi è accompagnato da mummificazione fetale.
In alcuni casi il feto infetto non va incontro a riassorbimento o aborto; tuttavia in
considerazione del fatto che l’infezione avviene in un momento nel quale l’embrione non è
ancora immunocompetente, il virus non è riconosciuto come estraneo all’organismo (self).
Quindi alla nascita avremo dei vitelli, apparentemente sani, ma che risulteranno
persistentemente infetti (viremia persistente) da virus BVD, in quanto immunotolleranti
nei confronti dell’infezione. Gli animali persistentemente infetti saranno quindi portatori del
virus ed eliminatori del virus stesso nell’ambiente. Il vitello, alla nascita od in qualunque
momento della sua vita, nel caso in cui si infetta con un virus BVD-NCP, non svilupperà
alcun tipo di risposta immunitaria nei confronti del virus che ha indotto la situazione
d’immunotolleranza durante la gravidanza. Sarà tuttavia in grado di sviluppare una
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risposta anticorpale, sia pure ridotta, nei confronti di ceppi BVD antigenicamente distanti
da quello che ha indotto l’infezione persistente. Dal punto di vista clinico il vitello
persistentemente infetto (immunotollerante) appare sano, anche se può presentare una
ritardata crescita rispetto ai coetanei.
Dopo il 120° giorno di gestazione circa ed entro il 150° giorno, il virus BVD/MD non determina
immunotolleranza; il vitello è diventato immunocompetente, ed è quindi in grado di riconoscere
come estraneo (not self) il virus, e di sviluppare quindi una risposta anticorpale specifica,
conseguente al riconoscimento dell’antigene. Si protranno avere le seguenti situazioni:
•
•
Nascita di vitelli sani sieropositivi al siero precolostrale.
Nascita di vitelli disvitali sieropositivi o di vitelli malformati con lesioni a carico del sistema
nervoso o con lesioni oculari, in quanto l’infezione avviene in un periodo nel quale è in
corso la parte finale dell’organogenesi del sistema nervoso stesso.
Oltre il 150° giorno di gestazione, l’infezione con BVD-NCP induce la nascita di vitelli sani
sieropositivi.
L’evoluzione clinica della malattia, va correlata allo stato dell’animale al momento
dell’infezione:
Vacche gravide e non
• Infezione,di norma asintomatica, con immunoppressione transitoria
Vitelli immunocompetenti
• Forma clinica lieve o subclinica (anoressia, erosioni delle mucose orali, leucopenia ed
eventuale rialzo termico). L’effetto immunosoppressivo del virus può favorire l’infezione
secondaria da virus e/o batteri.
Vitelli immunotolleranti
• In caso di superinfezione da ceppo citopatico (BVD-CP) antigenicamente vicino a quello
che ha indotto l’immunotolleranza, il quadro clinico che si osserva è quello della malattia
delle mucose
classica (Bolin S.R. et alii, 1985), caratterizzata da inappetenza,
temperatura elevata, intensa leucopenia, diarrea profusa acquosa con muco, sangue e
fibrina. La mortalità è elevata (Brownlie, 1990). In alcuni casi l’evoluzione non è fatale e la
patologia tende a cronicizzare; sembra che questa evenienza sia legata a superinfezione
con ceppi antigenicamente distanti da quelli che hanno indotto l’immunotolleranza.
• Altri Autori mettono in relazione la gravità della sintomatologia al fatto che sia lo stesso
ceppo NCP, che infetta in modo persistente l’animale, ad acquisire le caratteristiche di
citopatogenicità, esplicando un’azione distruttiva che non è fronteggiata dal sistema
immunitario.
• Un’altra teoria, basata sull’isolamento di ceppi molto virulenti che si sono dimostrati capaci
di indurre una patologia grave anche in vitelli immunocompetenti (Bolin et alii, 1992), mette
invece la gravità della sintomatologia, in relazione appunto alla “virulenza” dei ceppi
infettanti; più virulento è il ceppo e più grave sarà la sintomatologia osservata.
VRSB - Virus sinciziale respiratorio del bovino
Il virus Respiratorio Sinciziale del Bovino (VRSB) è uno dei principali responsabili delle
patologie respiratorie da cause virale nel bovino (Van der Poel et al., 1994). E’ un virus con
genoma a RNA a singolo filamento, appartenente al genere Pneumovirus, classe dei
Paramyxovirus.
Dal punto di vista delle caratteristiche antigeniche, attraverso l’utilizzo di anticorpi monoclonali
anti-glicoproteina di superficie G, sono stati identificati almeno 2 sottogruppi denominati A e B
(Furze et al., 1994). Recentemente sono stati identificati ceppi che sono stati classificati come
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non A e non B. Non è stato ancora chiarito se questa variabilità può avere rilevanza dal punto
di vista epidemiologico.
Normalmente si riconosce, per quest’infezione, un carattere di stagionalità (autunno-inverno),
anche se la malattia si può osservare durante tutto l’anno. L’infezione avviene per via
aerogena ed i bovini con infezione clinica o subclinica rappresentano la principale fonte
d’infezione. Non è raro l’isolamento di VRSB da bovini asintomatici o infettati in precedenza;
questo fatto indica la possibilità della presenza di stadi d’infezione cronica, correlata a
ricorrenti episodi di malattia in allevamenti a ciclo chiuso, come quelli delle bovine da latte
(Ames T., 1993). Nell’allevamento del vitello a carne bianca sono state dimostrate
sieroconversioni da BRSV, in assenza di gravi sintomi respiratori (Valla et al. 1988)
Non sono comunque infrequenti casi di infezioni asintomatiche, dimostrabili solo attraverso
sieroconversione.
Dal punto di vista clinico, dopo incubazione di 3-5 giorni, compaiono sintomi, che possono
interessare in breve l’intero gruppo, caratterizzati da disoressia, abbattimento, febbre elevata,
tosse secca ed essudazione siero nasale. Nelle bovine in lattazione si può avere un brusco
calo della montata lattea. Questa forma acuta ad esito benigno tende a risolversi nel giro di 810 giorni. In alcuni casi si riscontra una forma grave, con dispnea acuta, murmure vescicolare
rinforzato, rantoli e crepitii, con possibili enfisemi sottocutanei. A parte i casi, non infrequenti,
di morte improvvisa, l’animale viene a morte in pochi giorni. Analogamente a quanto accade
per altre patologie virali respiratorie, sono frequenti le complicanze batteriche, come sono
altrettanto frequenti i casi d’infezioni virali intercorrenti (IBR e/o BVD).
L’aborto è un evento raro, da mettersi in relazione più all’azione pirogena del virus che ad
un’azione diretta sul prodotto del concepimento, anche se sono stati riscontrati casi di
presenza di elevati livelli anticorpi anti-VRSB nel siero fetale, che attesterebbero il passaggio
transplacentare del virus.
Riassumendo:
Di fronte a forme cliniche manifeste dell’infezione acuta da IBR, da BVD e da BRSV, e’
relativamente facile formulare un sospetto diagnostico:
IBR
Forma acuta:
- forme respiratorie con sintomi tipici nei vitelli (scolo nasale ed oculare, febbre elevata, con
tosse secca facilmente provocabile),
- presenza di forme respiratorie nelle manze,
- aborti concentrati, in particolare dopo gli episodi respiratori.
BVD
Forma acuta:
- forme respiratorie e gastroenteriche nei giovani vitelli con lesioni erosive tipiche al cavo
orale,
- forme diarroiche con elevata mortatlità in vitelli o manze, caratterizzate da tipici sintomi di
malattia delle mucose,
- aborti con feti mummificati,
- nascita di vitelli disvitali o malformati (in particolare con lesioni al SNC).
VRSB
Forma acuta:
- forme respiratorie acute, accompagnate da segni di enfisemi, ad evoluzione rapida in
vitelli, ma a volte anche in manze e vacche adulte
Meno facile è la diagnosi se mancano i sintomi tipici sopra evidenziati.
In assenza dei segni tipici dell’infezione da IBR e da BVD, è opportuno quindi fare particolare
attenzione a quelli che possiamo definire i sintomi che possono fare sospettare la presenza di
una forma silente da IBR e BVD:
• un eccessivo numero di aborti sporadici,
• un’eccessiva incidenza di ritorni in calore, in particolare “fuori ciclo”,
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• un eccessivo numero di bovine diagnosticate gravide che tornano in calore,
• presenza di “passate influenzali”, associate a diarrea, nelle manze e nelle vacche, con
bruschi cali della produzione lattea,
• presenza di forme respiratorie e/o gastroenteriche nei giovani
Il sospetto diagnostico della presenza di infezione silente da IBR e/o da BVD può essere
validamente formulato se si presentano almeno due dei problemi sopraindicati. Occorre
verificare, nel caso in cui sia presente un elevato numero di aborti, la presenza eventuale
delle infezioni da BHV4, da Neospora caninum e da Chlamydia.
9. DEFINIZIONE DEL PIANO VACCINALE NELL’ALLEVAMENTO DA LATTE
Nella definizione di un piano vaccinale e nella scelta dei vaccini da impiegare, e’ opportuno
tenere presente che possiamo trovarci di fronte a stalle mai vaccinate in precedenza, o a
stalle nelle quali vengono praticate vaccinazioni. Di seguito prenderemo in considerazione il
caso di stalle mai vaccinate.
Stalle mai vaccinate in precedenza
In questa categoria andrebbero inclusi anche quegli allevamenti che sono stati sottoposti ad
una vaccinazione in passato, ma nei quali l’ultimo intervento vaccinale è stato effettuato da più
di 12 mesi.
Il primo passo da effettuare è quello di valutare:
• la sieroprevalenza dell’infezione da IBR, BVD e VRSB
• la presenza di problemi riconducibili all’infezione da IBR, BVD e VRSB.
Nel caso in cui non è possibile, od economicamente sostenibile, sottoporre a test tutti gli
animali dell’allevamento, si può procedere ad un campionamento significativo utilizzando le
indicazioni suggerite da Pfeiffer, e riportate nella tabella 1:
Tabella 1
P r e v a le n z a a tte s a
D im e n s io n e d e lla p o p o la z io n e
2 %
1 0
5 0
1 0 0
5 0 0
1
4
7
1 2
0
8
8
9
5 %
1 0 %
2 0 %
1 0
3 5
4 5
5 6
1 0
2 2
2 5
2 8
8
1 2
1 3
1 4
Ad esempio, in un allevamento con più di 50 – 100 capi è sufficiente sottoporre a test 13
animali per avere la probabilità del 95% di svelare una sieroprevalenza superiore al 20%.
L’inclusione nel gruppo test di almeno 3-5 soggetti di età compresa tra gli 8 ed i 12 mesi di età
(privi di anticorpi di origine colostrale) consentirà di valutare correttamente la presenza
dell’infezione anche nella rimonta.
Altrettanto importante e’ la valutazione, attraverso accurate indagini anamnestiche, la
presenza di problemi riconducibili all’azione dei virus in allevamento.
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Va rilevata l’incidenza del numero degli aborti, del numero dei ritorni in calore
(prevalentemente quelli fuori ciclo), del numero di bovine date gravide che tornano in calore e
della presenza e frequenza delle passate influenzali che si verificano in allevamento.
Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di IBR
Dall’indagine sierologica, potranno emergere sostanzialmente tre quadri di riferimento, per
l’infezione da IBR:
•
•
•
Allevamento totalmente negativo.
Allevamenti con negatività nei giovani animali e positività negli adulti.
Allevamento con positività diffusa in tutte le categorie (vitelli, manze e vacche).
Una volta valutata la situazione della prevalenza per IBR, è possibile procedere nel seguente
modo, tenendo in considerazione anche le problematiche correlate ad eventuali programmi di
controllo e/o eradicazione:
•
Nelle stalle negative al virus IBR, mai vaccinate o vaccinate in precedenza con il
vaccino marker deleto IBR, si potrebbe non praticare alcun intervento vaccinale. Vanno
applicate strette misure di profilassi diretta (nessuna introduzione di animali, limitazione
della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli
operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc). Va tenuto
comunque presente il rischio di introduzione dell’infezione che, in una stalla non
vaccinata, può risultare nella positivizzazione della maggior parte dei capi presenti, nella
comparsa di sintomatologia grave e nell’istaurarsi di focolai secondari. Questi allevamenti
andrebbero vaccinati nei confronti dell’infezione da BVD, se presente in azienda.
•
Le stalle che presentano una positività per IBR inferiore al 10-15% potrebbero
procedere all’allontanamento dei capi infetti (gE positivi), oppure alla vaccinazione
selettiva dei capi gEpositivi. L’obiettivo della vaccinazione è, in questo caso, non tanto
quello di proteggere gli animali vaccinati, ma di limitare il più possibile la riattivazione
dell’infezione nei soggetti positivi. La non vaccinazione degli animali sieronegativi
(rimonta) espone comunque ai rischi sopra indicati.
Vanno, in ogni caso, applicate le stesse strette misure di profilassi diretta previste per le
stalle negative (nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli
automezzi, estrema attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o
zootecnici, lotta alla presenza di animali estranei, etc). Anche questi allevamenti
andrebbero comunque protetti, nei confronti dell’infezione da BVD, se presente in
azienda.
•
Le stalle che presentano una positività per IBR limitata agli animali adulti (manze e
vacche), possono procedere alla vaccinazione dei capi adulti positivi con vaccino IBR
tradizionale (per una mera questione economica) o con vaccino marker deleto gE-. I
giovani animali sieronegativi per IBR vanno sottoposti a vaccinazione con vaccino deleto.
Come accennato in precedenza, l’obiettivo della vaccinazione è quello di limitare il più
possibile la riattivazione dell’infezione nei soggetti positivi.
Anche in questo caso, dovrebbero essere applicate strette misure di profilassi diretta
(nessuna introduzione di animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema
attenzione alla pulizia dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla
presenza di animali estranei, etc).
In teoria si potrebbe procedere, come nel caso precedente, alla sola vaccinazione dei capi
positivi; occorre tuttavia ricordare che alcuni dei soggetti negativi potrebbero essere dei
falsi negativi: animali privi di anticorpi, ma con infezione in latenza. Per questo motivo e
per limitare i rischi sopra esposti, potrebbe essere utile procedere comunque alla
vaccinazione almeno di tutti i capi adulti.
• Le stalle che presentano una positività per IBR diffusa in tutte le categorie di animali
vanno sottoposte a vaccinazione, con un piano vaccinale che consenta di proteggere gli
animali dalle patologie correlate all’infezione e che sia in grado di ridurre la circolazione dei
patogeni, riducendone in tal modo la sieroprevalenza..
Dr. Giorgio Valla
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E’ opportuno ricordare alcuni punti essenziali:
•
•
Il punto cruciale da affrontare, al fine di ridurre la prevalenza dell’infezione da IBR, è
quello di impedire, nel limite del possibile, l’infezione stessa, soprattutto negli animali da
rimonta. Affidare la protezione nei confronti dell’infezione da IBR all’immunità passiva di
origine colostrale potrebbe essere un errore. Nel corso di prove sperimentali, è
dimostrato che gli anticorpi colostrali non sono in grado di prevenire l’infezione e
soprattutto non sono in grado di prevenire l’instaurarsi della latenza virale (Lemaire et al.,
1995).
E’ opportuno quindi vaccinare gli animali giovani, per IBR, con vaccini vivi per via
intranasale, almeno la prima volta, in modo da sensibilizzare l’animale con un ceppo
vaccinale non patogeno e impedire, nel limite del possibile l’infezione e l’instaurarsi della
latenza da parte di ceppi patogeni. Gli animali possono essere successivamente vaccinati
anche con vaccini vivi o inattivati IBR, sfruttando in tale modo l’effetto booster sia
sull’immunità umorale che cellulo-mediata anticorpo dipendente (ADCC).
•
Nelle bovine in attività riproduttiva possono essere utilizzati sia vaccini contenenti ceppi
IBR vivi ts, vivi apatogeni o vaccini marker deleti, che offrono un elevato profilo di efficacia
ed innocuità, che vaccini inattivati, validi per il loro profilo di innocuità e per il tipo di
immunità indotto (umorale e cellulo mediata ADCC), efficace nella prevenzione della
riattivazione dell’infezione virale.
•
L’utilizzo eventuale dei vaccini deleti, deve essere sempre accompagnato alla ricerca ed
allontanamento dei capi gE positivi; infatti se questo non viene fatto si va ad annullare
totalmente il vantaggio fornito dall’utilizzo dei vaccini deleti. Va tenuto in considerazione il
fatto che, l’utilizzo di vaccini deleti in soggetti positivi all’infezione da IBR, non determina
la negativizzazione dei soggetti, i quali rimangono positivi nei confronti della proteina gE,
almeno per un certo periodo di tempo (almeno 36 mesi).
Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di BVD/MD
Dall’indagine sierologica, potranno emergere sostanzialmente tre quadri di riferimento, per
l’infezione da BVD:
•
•
allevamenti totalmente negativi
allevamenti positivi.
•
Nelle stalle negative al virus BVD, si potrebbe non praticare alcun intervento vaccinale,
e dovrebbero essere applicate strette misure di profilassi diretta (nessuna introduzione di
animali, limitazione della circolazione degli automezzi, estrema attenzione alla pulizia
dell’abbigliamento degli operatori sanitari e/o zootecnici, lotta alla presenza di animali
estranei, etc).
•
Le stalle che presentano una positività per BVD/MD, possono procedere alla
vaccinazione degli animali di età superiore a 8 mesi di età, e comunque prima dell’inizio
dell’attività riproduttiva.
Per il controllo della BVD è cruciale la protezione dell'
apparato riproduttore (turbe riproduttive),
e la protezione nei confronti dell'
infezione fetale, al fine di limitare il più possibile la nascita di
vitelli persistentemente infetti (immunotolleranti).
A questo fine l'
utilizzo di vaccini inattivati consente di ottenere elevati livelli di immunità
umorale e di immunità cellulo-mediata anticorpo dipendente, con un’ottima protezione nei
confronti della fase viremica dell'
infezione e, di conseguenza, nei confronti dell’infezione
transplacentare che può esitare nella nascita di vitelli immunotolleranti persistentemente infetti
(PI).
Perchè vaccinare e come vaccinare nei confronti di VRSB
Dr. Giorgio Valla
Matelica, 20 Aprile 2007
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• Per la valenza BRSV è opportuno immunizzare i giovani animali o gli animali che non sono
mai venuti a contatto con il patogeno, sia con vaccini vivi attenuati che inattivati, i quali
possono essere utilizzati con sicurezza, se necessario, anche nelle bovine in attività
riproduttiva. Dal punto di vista dell'
opportunità di sottoporre a vaccinazione le bovine da
latte nei confronti del VRSB, occorre fare alcune considerazioni. L'
infezione da VRSB è
altamente diffusa nell'
allevamento della bovina da latte, anche se, in molti casi, la presenza
dell'
infezione non si accompagna a chiari segni clinici di forme respiratorie riconducibili
all'
azione di VRSB, sia nei giovani animali che negli animali adulti. Quindi si può ipotizzare
la definizione di piani vaccinali che non includono l'
utilizzo di vaccini contenenti il virus
VRSB, tenendo comunque presente che, in questo caso, gli animali non sarebbero protetti
nei confronti dell'
infezione. In altri casi (presenza di forme respiratorie da VRSB), la
vaccinazione per VRSB può essere limitata ai giovani animali.
10. SCELTA DEL PIANO VACCINALE NELL’ALLEVAMENTO DA CARNE
La definizione di un piano vaccinale, nell’allevamento del bovino da carne, è condizionata dalle
caratteristiche dell’allevamento intensivo in Italia.
Possiamo distinguere tre tipologie principali:
1.
2.
3.
Linea vacca – vitello
Vitello a carne bianca
Vitello a carne “rossa” (vitellone)
Nel primo caso, essendo presenti bovine in attività riproduttiva, le scelte vaccinali da
applicare, sono simili a quelle adottate nell’allevamento da latte.
L’allevamento a carne bianca prevede la presenza di soggetti molto giovani e che rimangono
in allevamento per un periodo limitato (non superiore ai 6 mesi). In questo caso potranno
essere adottati i protocolli in uso nella rimonta dell’allevamento da latte.
L’allevamento da carne “rossa” prevede, nella maggior parte dei casi, l’introduzione di un
elevato numero di soggetti in allevamenti intensivi; soggetti provenienti o da piccoli
allevamenti nazionali, o principalmente, dall’estero.
Il trasporto ed il conseguente stress, sono il fattore predisponente più importante,
nell’insorgere della cosiddetta “shipping fever”; questa sindrome è sostenuta da cause virali
(IBR, BVD, PI3 e VRSB) e batteriche (Mannehimia haemolytica, Pasteurella multocida,
Haemophilus, Mycoplasma spp.).
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