Le Regioni italiane alla prova del lobbying

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Le Regioni italiane alla prova del lobbying
XXIX Convegno SISP
Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali
Arcavacata di Rende (Cosenza)
10 - 12 settembre 2015
Section: POLITICA COMPARATA (COMPARATIVE POLITICS) Section Chairs: Giampiero Cama e Liborio Mattina Panel: I gruppi di interesse in prospettiva comparata Panel Chairs: Luca Germano e Orazio Lanza Le Regioni italiane alla prova del lobbying: convergenze, divergenze, incongruenze di Riccardo Fichera e Santo Primavera Abstract Partendo dalla constatazione che, a livello nazionale, i recenti tentativi di legiferazione sul lobbying non hanno ancora prodotto risultati apprezzabili (“regolamentazione-­‐strisciante ad andamento schizofrenico”, cit. P. L. Petrillo, 2011), le Regioni offrono un banco di prova tangibile per testare i risultati e l’efficacia di un inquadramento normativo di una materia così controversa. Sembra, infatti, che gli organi direttivi regionali (e.g. Presidente, Giunta e Consiglio) abbiano voluto supplire ai ritardi e alle mancanze del legislatore nazionale e abbiano mostrato una maggiore sensibilità verso i temi della rappresentanza e della trasparenza, nel loro sforzo di istituzionalizzare il coinvolgimento diretto di interessi legittimi nel processo di decision-­‐making. Questo intento, tuttavia, non sempre ha sortito gli effetti sperati. Anzi, dichiarazioni di principio, tra le più ambiziose e promettenti, sono spesso rimaste lettera morta. Emblematico, a tal proposito, è il caso della Regione Siciliana, il cui Statuto, entrato in vigore ancor prima della Costituzione Repubblicana, già conteneva, all’art. 12 comma 3, la previsione letterale della “partecipazione delle rappresentanze degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali”, in seno alle Commissioni dell’ARS nella loro fase consultiva. Questo precetto ed i successivi regolamenti, che hanno precisato il dettato statutario, non hanno mai trovato applicazione. E’ proprio dal caso siciliano che il paper prenderà le mosse, cercando di indagare le cause di questo insuccesso e perlustrando i canali informali attraverso i quali gli stakeholders esercitano le loro influenze. A comparazione della specificità siciliana, si affiancheranno le analisi dei casi, altrettanto paradigmatici, della Regione Toscana, della Regione Molise e della Regione Abruzzo. Queste regioni, infatti, si sono dotate, seppur con tempi e modalità diverse, di una compiuta disciplina sui di gruppi di pressione. L’interesse per il primo caso deriva dal voler capire, a distanza di più di dieci anni dall’approvazione della L.R. 5/2002, qual è stato l’esito di quello che può essere considerato, a ragion veduta, un esperimento senza precedenti: come sono stati utilizzati gli strumenti messi a disposizione dal testo normativo (i.e. quanti sono, ad oggi, gli iscritti nel Registro dei gruppi di interesse accreditati e come si comportano); quali differenze tra il regime precedente e quello attuale; come è stato influenzato il processo di policy-­‐making in termini di accountability, assessment e compliance. Un analogo studio verrà condotto anche sulla Regione Molise, la cui L.R. 24/2004 riproduce fedelmente, quasi con un copia-­‐incolla, il testo toscano. Un discorso diverso sarà fatto per la Regione Abruzzo, la cui L.R. 61/2010 introduce un nuovo approccio regolativo, non prevedendo l’obbligo di iscrizione in un registro per lobbisti per quanti esercitano tale attività e includendo tra i “decisori pubblici”, destinatari quindi dell’azione di lobbying, anche il presidente di Giunta ed i suoi assessori. Pertanto, oltre a una analisi descrittiva delle esperienze regionali di regolamentazione del lobbying, il paper ambisce a valutare in termini qualitativi e quantitativi l’impatto complessivo di queste leggi nelle dinamiche d’interazione tra decisore pubblico regionale e portatori legittimi d’interessi. 2 Introduzione Volendo individuare il termine a quo della storia del lobbismo regionale in Italia, questo va senz’altro fatto coincidere con l’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Costituzione1. Si è trattato di un vero e proprio momento di svolta per le Regioni, che hanno visto accrescere il novero delle materie di loro competenza “esclusiva”, e la rimodulazione dei criteri di assegnazione di quelle “residuali” e “concorrenti”. E, per far fronte al nuovo assetto istituzionale, le Regioni hanno dovuto dotarsi di nuovi Statuti che, dopo un lungo e defatigante lavoro di approvazione da parte dei Consigli regionali, sono stati promulgati nel 2006, con l’eccezione di Veneto (2012), Molise (2014) e Basilicata (ancora in discussione)2. Ciò che, ai nostri fini, rileva è che tutti i nuovi Statuti delle Regioni ad autonomia ordinaria contemplano la partecipazione dei cittadini, più o meno organizzati, alle scelte politiche regionali anche nel momento successivo alla chiusura delle urne. Ad esempio, diversi Statuti definiscono forme “aperte” di istruttoria legislativa, tali da permettere (e legittimare) l’intervento di qualunque soggetto portatore di interessi particolari 3 ; ancora, gruppi di cittadini (in genere 5.000), sindacati, organi di rappresentanza di categorie sociali possono presentare al Consiglio o alla Giunta petizioni o interrogazioni scritte per conoscere le intenzioni dell’organo politico o rappresentativo ovvero se un fatto corrisponde alla realtà4; infine, in tutti gli Statuti è previsto (o meglio, ribadito) il concorso delle organizzazioni sociali nella programmazione economica, sociale e territoriale della Regione5. Con la cosiddetta devolution (ovvero il decentramento dei poteri statali) quindi, le Regioni hanno mostrato di non avere alcuna remora nel considerare interlocutori stabili i portatori di interesse e dunque legittimati ad influenzare le dinamiche di governo e ad orientarne le scelte. Diventano così un importante punto di riferimento per l’azione di lobbying e punto di mediazione per le istanze dirette alle Istituzioni centrali, mancando una normativa in materia di relazioni istituzionali a livello nazionale, e per quelle nei confronti delle istituzioni comunitarie, facendosi latori di queste richieste anche attraverso l’apertura di sedi operative direttamente a Bruxelles. 1 A
voler essere precisi, il Titolo V è stato oggetto di due revisioni costituzionali, a breve distanza tra di loro: la prima, nel 1999, ha
modificato l’organizzazione e la forma di governo delle regioni; la seconda, approvata da un referendum costituzionale nel 2001, è
intervenuta sulle competenze legislative, regolamentari e amministrative degli enti minori. In particolare quest’ultima ha richiesto alle
amministrazioni territoriali (non solo quelle regionali) di articolare le procedure decisionali in modo tale da garantire il più ampio intervento
delle categorie portatrici di interessi. Cfr. Legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, pubblicata in G.U. n. 248 del 24 ottobre 2001; 2 BIN R., Un passo avanti verso i nuovi Statuti regionali in Le Regioni, 4, 2004, 911; DE MARTIN G. C., Il processo di riassetto dei ruoli istituzionali dello Stato, delle Regioni, degli Enti locali, in BOTTARI C., La Riforma del Titolo V, Maggioli 2003, pp.183 e ss.; 3 Statuto Emilia-­‐Romagna (artt. 15 c.3 e 19), Toscana (artt. 19 e 72), Piemonte (artt. 32 e 86), Marche (artt. 19 e 53), Umbria (art. 20), Lazio (art. 33), Liguria (art. 26), Campania (art. 11), Lombardia (artt. 9 e 36); 4 Statuto Emilia-­‐Romagna (artt. 16 e 18), Calabria (art. 10), Lazio (art. 65), Liguria (art. 12), Piemonte (art. 85), Puglia (art. 16), Marche (art. 41), Umbria (art. 20), Campania (art. 16), Lombardia (art. 50); 5 Statuto Toscana (art. 46), Piemonte (art. 62), Marche (art. 49), Umbria (art. 18), Lazio (art. 50); 3 Scopo precipuo di questo paper è voler indagare la relazione che lega il processo di decision-­‐making a livello regionale e la rappresentanza professionale degli interessi – per semplicità, lobbying. A corollario di quanto detto prima, le Regioni ed i loro amministratori sono diventati un “osservatorio” privilegiato per la regolazione dei rapporti con i portatori di interessi legittimi. Se, infatti, i nuovi Statuti prevedono meccanismi di raccordo tra cittadini ed istituzioni territoriali, alcune Regioni (Toscana e Molise), ancor prima della loro entrata in vigore, avevano già emanato regolamenti che disciplinavano le modalità di accesso dei gruppi di pressione ai momenti decisionali degli organi rappresentativi regionali. Altre, cioè l’Abruzzo, se ne sono dotate più di recente. Altre ancora, cioè la Sicilia, caso a dir poco sui generis, contengono nel loro Statuto, approvato prima della Costituzione repubblicana, un vero e proprio diritto delle lobby alla partecipazione del processo decisionale6. Lo svolgimento dell’analisi seguirà il seguente filo logico: 1. il primo paragrafo si occuperà di tracciare il quadro socio-­‐politico di riferimento e, al tempo stesso, passerà rapidamente in rassegna la principale letteratura politologica prodotta in Italia sull’argomento, anche al fine di dare una definizione compiuta di lobbying, partecipazione e interessi organizzati; 2. il secondo paragrafo farà il punto sui numerosi, ma finora vani, tentativi di legiferare, su scala nazionale, in materia di rappresentanza dei gruppi d’interesse; 3. il terzo paragrafo tratterà diffusamente della casistica di legislazione regionale ponendo a confronto il modello toscano, quello molisano e quello abruzzese – un focus speciale, curato dal dott. Primavera, sarà dedicato, in apertura, all’unicum del caso siciliano; 4. il quarto ed ultimo paragrafo presenterà schematicamente i risultati di una ricerca empirica condotta “sul campo” e volta ad accertare la sussistenza di alcune ipotesi, precedentemente formulate, attraverso una serie di interviste fatte agli attori privati ed istituzionali coinvolti. Nota metodologica Dopo una prima, e preliminare, fase dedicata all’analisi della letteratura esistente sul lobbying, degli Statuti regionali e dei Regolamenti attuativi di Toscana, Molise ed Abruzzo, la seconda fase della ricerca è consistita nella raccolta di qualificati pareri sul tema del lobbying, nelle tre Regioni oggetto dello studio, attraverso interviste, via e-­‐mail o telefono, rivolte sia ai responsabili degli uffici regionali del Registro dei Gruppi d’Interesse, che ai responsabili delle relazioni istituzionali dei gruppi (profit e no profit), già iscritti in tali Registri. 6 E’ opportuno anticipare, fin d’ora, quanto verrà sviluppato meglio nel prosieguo del paper, ovvero come gli Statuti non diano spesso una definizione chiara ed univoca di cosa si intenda per partecipazione o consultazione, prevedendo, di conseguenza, strumenti non sempre coerenti con i principi affermati, e, ugualmente, non può non evidenziarsi l’assenza di interventi legislativi regionali di carattere organico in materia di partecipazione; 4 1. Quadro di riferimento e letteratura esistente In un contesto generale profondamente mutato nei suoi assetti produttivo-­‐finanziari (globalizzazione dei mercati, innovazione tecnologica, rivoluzione digitale, etc.), hanno fatto ingresso sulla scena politica nuovi attori economici e sociali (gruppi, movimenti, associazioni, etc.) i cui interessi non sono più in grado di essere tutelati e soddisfatti dagli attori tradizionali del sistema politico-­‐istituzionale. Difatti, se, da un lato, la progressiva trasformazione dei partiti in cartel parties 7 ha accresciuto il problema della rappresentanza delle istanze provenienti dal corpo elettorale, dall’altro, le tradizionali associazioni datoriali (es. Confindustria) lamentano una sempre maggiore disaffezione da parte degli imprenditori ed un crescente deficit di consenso da parte degli associati8. I cambiamenti politici e sociali in atto, quindi, stanno determinando la riconfigurazione dei gruppi d’interessi9 esistenti e ne stanno propiziando la nascita di nuovi. Tuttavia, come stigmatizzato dal Manifesto dello Standing Group sui Gruppi d’Interesse (in seno alla Società Italiana di Scienza Politica) e da uno dei suoi fondatori, Liborio Mattina10, a questa accresciuta importanza nell’agone politico dei portatori di interessi legittimi non è corrisposta una altrettanto accresciuta attenzione degli studiosi di Scienza Politica, ancora troppo poco adeguata ad un “fenomeno politico di oggettiva rilevanza”. Volendo ripercorrere, in un rapido excursus, i principali contributi provenienti dalla produzione scientifica intorno al tema della rappresentanza degli interessi, si possono convenzionalmente enucleare cinque momenti “spartiacque” nel mare magnum del dibattito politologico italiano. Il primo momento si colloca tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60 e ruota attorno agli studi di Joseph La Palombara. L’Autore focalizza la sua attenzione su due potenti gruppi di pressione (Confindustria e Azione cattolica), concludendo che i gruppi di pressione italiani cercano di instaurare con la classe politica rapporti di clientela (ovvero basati sulla 7 Per cartel parties vanno intese le organizzazioni politiche con piattaforme programmatiche simili tra loro e contraddistinte da una forte compenetrazione tra partito e Stato e da un alto livello di autoreferenzialità. Cfr. KATZ R. S., MAIR P., Cambiamenti nei modelli organizzativi e democrazia di partito. La nascita del cartel party, in BARDI L. (a cura di), Partiti e sistemi di partito, Il Mulino, 2006; 8 Dai sondaggi del Sole24Ore emerge che in soli 3 anni, dal 2002 al 2005, il numero di imprenditori dichiaratosi non interessato ad aderire a un organismo associativo è aumentato di oltre dieci punti percentuali. Dal 38% si è passati agli oltre 52%. Secondo la Fondazione Nord-­‐Est il numero di imprese convinte di non essere state aiutate nella promozione dei propri interessi sono il 33% circa del totale. Doppio il numero di quelli indifferenti rispetto alle diverse organizzazioni di categoria. Sarebbero addirittura il 60% del totale. Cfr. LIVADIOTTI S., Ma a cosa serve Confindustria? in L’Espresso del 21 maggio 2015, pp. 28-­‐32; 9 Secondo G. Pasquino per lobbying va inteso quel “processo per mezzo del quale i rappresentanti di gruppi d’interesse, agendo da intermediari, portano a conoscenza dei legislatori, dei decision-­‐makers, i desideri dei loro gruppi”. Il gruppo di pressione indica ”quell’insieme di individui che, uniti da motivazioni comuni, cercano, attraverso l’uso o la minaccia di sanzioni, di influire sulle decisioni che vengono prese dal potere politico sia al fine di mutare la distribuzione prevalente di beni, servizi, onori e opportunità sia al fine di conservarla di fronte alle minacce di intervento di altri gruppi o del potere politico stesso”. Per gruppo di interesse, l’Autore rimanda alla definizione di David Truman, per il quale deve intendersi “qualsiasi gruppo che, sulla base di uno o più atteggiamenti condivisi, porta avanti certe rivendicazioni nei confronti di altri gruppi della società per l’instaurazione, il mantenimento o l’ampliamento di forme di comportamento che sono inerenti agli atteggiamenti condivisi”. Cfr. PASQUINO G., Gruppi di pressione, in BOBBIO N., MATTEUCCI N., PASQUINO G., (a cura di), Dizionario di politica, UTET, 2004, pp. 468-­‐69; 10 http://www.sisp.it/files/stg/SG_Gruppi.pdf 5 percezione del gruppo come espressione di un determinato settore sociale, e per questo naturale interlocutore dell’organo amministrativo) o di parentela (ovvero di stretta connessione con il partito dominante)11. Una seconda fase di ricerche comincia negli anni ’70, grazie ai contributi di Petracca, Fisichella, Passigli12 e Pizzorno13. Secondo quest’ultimo, in particolare, è il venir meno delle forti identità collettive e di partito ad aprire nuovi spazi per forme di rappresentanza alternative e particolaristiche. Le lobby, quindi, non sarebbero un fenomeno patologico del sistema politico italiano, ma la naturale conseguenza dello sviluppo dello stesso. Il terzo momento del dibattito sul lobbying prende avvio con lo studio di Maraffi14 sul neo-­‐corporativismo del 1981. Secondo questo autore, i gruppi di interesse non cercano più di influenzare il decisore pubblico, ma di sostituirsi ad esso: sono gli stessi rappresentanti dei gruppi di interesse a prendere direttamente le decisioni attraverso forme di concertazione con le autorità pubbliche. Si arriva così, verso la fine degli anni ’80, alla nascita di nuovi filoni di ricerca: figure eminenti di questa quarta fase sono Pasquino15 e Trupia16. Per il primo autore, l’emergere delle lobby è dovuto al combinato disposto del declino della rappresentanza dei partiti politici e della crescente permeabilità delle istituzioni nei confronti degli interessi. Per il secondo, invece, è necessario portare le lobby dentro le istituzioni – neutrali, garantite e garantiste – sottraendole ai corridoi e alle anticamere. Infine, il quinto e più recente momento del dibattito accademico sulla rappresentanza degli interessi coincide con gli studi di Gigi Graziano 17 , per il quale basterebbe la regolamentazione, a livello parlamentare, degli interessi organizzati. Ciò richiede inevitabilmente una ridefinizione dei rapporti gruppi-­‐partiti e una struttura competitiva piuttosto che cumulativa del potere politico. Concludendo, e richiamando nuovamente il Manifesto dello Standing Group SISP, corre tuttavia l’obbligo di notare come i due approcci teorici storicamente in auge (pluralismo e neo-­‐
corporativismo) 18 abbiano perso il loro consueto appeal, appannaggio di studi empirici, rinnovati nei metodi d’indagine e proficuamente abbinati a quelli sulle politiche pubbliche. 11 LA PALOMBARA J., Clientela e parentela: studio sui gruppi d’interesse in Italia. Edizioni di Comunità, 1967; 12 PETRACCA O.M. (a cura di), I gruppi di interesse, Il Mulino, 1975; FISICHELLA D., L’altro potere. Tecnocrazia e gruppi di pressione. Laterza, 1977; PASSIGLI S., Potere ed élites politiche. Introduz., in SARTORI G. (a cura di), Antologia di scienza politica, Il Mulino, 1971; 13 PIZZORNO A., I due poteri dei partiti, in I soggetti del pluralismo. Classi, partiti, sindacati, Il Mulino 1980; 14 MARAFFI M., Il modello neo-­‐corporativo e la teoria dello Stato, in Democrazia e diritto, n.1/1983; 15 PASQUINO G., Istituzioni, partiti e lobbies, Laterza, 1988; 16 TRUPIA P., La democrazia degli interessi, Il Sole 24 ore, 1989; 17 GRAZIANO G., Lobbying, pluralismo, democrazia, La Nuova Italia, 1995; GRAZIANO G., Le lobbies, Laterza, 2002; 18 Il pluralismo è considerato l’approccio politologico più importante allo studio dei gruppi di interesse. Si afferma con Arthur Bentley (The process of Government, 1908) che, ponendo le basi di Group approach to politics, intende spiegare il funzionamento della politica 6 2. Proposte di regolamentazione a livello di legislazione nazionale Dal 194819 ad oggi, nel corso delle diciassette legislature parlamentari, sono stati presentati circa una cinquantina di disegni di legge sulla regolamentazione dei gruppi di pressione (lobbying). Eppure, finora, non si è mai giunti alla promulgazione di alcuna legge, di emanazione statale, in materia20. Ci si era andati vicini con il ddl Santagata21 (dal nome del Ministro per l’attuazione del programma di Governo durante la XV Legislatura), approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso al Senato per l’esame in Commissione Affari Costituzionali. Lo scioglimento anticipato della legislatura ha, di fatto, impedito l’esame del provvedimento. Questo ddl ha, comunque, impresso un sostanziale cambiamento nell’approccio del Legislatore al fenomeno lobbying. Ne sia riprova la circostanza che la quasi totalità dei disegni di legge presentati successivamente ne ricalcano l’impostazione. Senza alcuna pretesa di completezza od esaustività, ci limitiamo a fornire un’elencazione cronologica, a titolo esemplificativo, delle ultime proposte di legge, presentante sia alla Camera dei Deputati che al Senato della Repubblica, dal più recente ddl Misiani (febbraio 2015) al già citato ddl Santagata (ottobre 2007): AC 2890 ddl Misiani (XVII Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di relazionali istituzionali per la rappresentanza di interessi”, presentato da Antonio Misiani, il 18 febbraio 2015; AC 2877 ddl Bianchi (XVII Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari nei processi di decisione pubblica”, presentato da Dorina Bianchi, il 12 febbraio 2015; a partire dall’azione dei gruppi sociali sui processi decisionali dei governi. In continuità con il lavoro di Bentley è l’opera The Governmental Process (1951) di David Truman, che pone una speciale enfasi sull’azione benefica dei gruppi di interesse per la democrazia. Mentre le radici del pluralismo affondano negli Stati Uniti, quelle del neo-­‐corporativismo, approccio interpretativo alternativo e contrapposto, sono individuabili in Europa, a partire dalla metà degli anni Settanta. I neocorporativisti credono nella necessità di operare una distinzione fra i gruppi che possono effettivamente influire sul processo decisionale e gruppi ritenuti secondari. La versione di neo-­‐corporativismo che ci permette di esplicitare meglio la sua antiteticità al pluralismo è quella elaborata dal suo primo e più importante esponente, Philippe C. Schmitter (Still the century of corporatism?, 1974), integrata con la versione di Gerhard Lehmbruch (Liberal corporatism and party government, 1977); 19 Come giustamente osservato da M. C. Antonucci, la Costituzione repubblicana contiene al suo interno la chiara espressione di due linee tendenziali: la prima orientata al riconoscimento del pluralismo liberal-­‐democratico a tutela e garanzia dei diritti individuali (art. 2, art. 18, art. 39, art. 41, art. 49, art. 50, art. 71); la seconda volta a prevedere, in chiave neo-­‐corporativa, la rappresentanza di gruppi economici e sociali legati al mondo produttivo e lavorativo, realizzata con la creazione del CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro). Cfr. ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle istituzioni politiche europee e italiane, Carocci, 2012, p. 94; 20 Come suggerisce G. Pasquino, forse perché “molti, troppi parlamentari scelgono di operare come tramiti di interessi particolari”. Cit. PASQUINO G., Partiti, gruppi sociali, lobby e singoli parlamentari nella vita di Camera e Senato, Einaudi, 2011, p. 681; 21 I due perni su cui si basa il testo governativo sono, da un lato, la previsione di una serie di obblighi sui portatori di interessi particolari (tra cui quello di iscriversi in un registro ad hoc tento presso il CNEL e di relazionare ogni anno sull’attività svolta e le risorse economiche ed umane effettivamente impiegate), e, dall’altro, una serie di specifiche facoltà (rubricati “diritti” dall’art. 6), come la possibilità di presentare proposte, richieste, suggerimenti, analisi, documenti, secondo procedure definite dai decisori stessi; 7 AS 643 ddl Nencini (XVII Legislatura) – Senato, disegno di legge recante “Disciplina della rappresentanza d’interessi”, d’iniziativa di Riccardo Nencini, comunicato alla Presidenza il 7 giugno 2013; AC 724 ddl Sereni (XVII Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “ Disciplina dell’attività di rappresentanza degli interessi particolari e istituzione del Registro pubblico dei rappresentanti di interessi”, presentato da Marina Sereni, l’11 aprile 2013; AC 4880 ddl Galli ed altri (XVI Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disciplina delle attività di relazione istituzionale svolta nei confronti dei componenti delle Assemblee legislative e dei titolari di funzioni pubbliche”, presentato da Daniele Galli ed altri, il 7 febbraio 2012; AS 2853 ddl Butti ed altri (XVI Legislatura) – Senato, disegno di legge recante “Disposizioni in materia di rappresentanza di interessi presso i decisori pubblici”, d’iniziativa di Alessio Butti ed altri, comunicato alla Presidenza il 28 luglio 2011; AS 2792 ddl Bruno ed altri (XVI Legislatura) – Senato disegno di legge recante “Disposizioni in materia di rappresentanza di interessi presso le istituzioni”, d’iniziativa di Franco Bruno ed altri, comunicato alla Presidenza il 22 giugno 2011; AS 1917 ddl Lannutti (XVI Legislatura) – Senato, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di rappresentanza di intessi”, d’iniziativa di Elio Lannutti, comunicato alla Presidenza il 20 gennaio 2010; AS 1448 ddl Garavaglia (XVI Legislatura) – Senato, disegno di legge recante “Regolamentazione dell’attività dei consulenti in relazioni istituzionali presso le pubbliche amministrazioni”, d’iniziativa di Maria Pia Garavaglia, comunicato alla Presidenza il 12 marzo 2009; AC 854 ddl Pisicchio (XVI Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale”, presentato da Pino Pisicchio, il 9 ottobre 2008; 8 AC 996 ddl Mura ed altri (XVI Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disposizioni per il contenimento della spesa degli organi istituzionali e per la trasparenza delle attività di rappresentanza politica, sindacale e di relazione istituzionale”, presentato da Silvana Mura ed altri, il 16 settembre 2008; AC 1594 ddl Milo ed altri (XVI Legislatura) – Camera, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di rappresentanza di interessi particolari”, presentato da Antonio Milo, il 1° agosto 2008; AS 1866 ddl Santagata (XV Legislatura) – Senato, disegno di legge recante “Disciplina dell’attività di interessi particolari”, d’iniziativa di Giulio Santagata, Ministro per l’attuazione del programma di Governo (Prodi II), assegnato alla Commissione Affari Istituzionali, il 31 ottobre 2007. A completamento di questa, seppur sommaria, panoramica sui tentativi, ad oggi infruttuosi, di legiferazione sulle modalità di coinvolgimento degli stakeholders nei processi nazionali di decision-­‐making, meritano di essere almeno menzionati due rilevanti provvedimenti legislativi: da un lato, il c.d. decreto lobby, del 1° febbraio 2011, promosso dall’allora Ministro per le Politiche Agricole, Ambientali e Forestali (MIPAAF) Mario Catania, che prevedeva la costituzione, presso l’ufficio del Capo Di Gabinetto, dell’Unità per la Trasparenza (UpT)22; dall’altro, la legge del 6 novembre 2012, n. 190 recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (c.d. legge anti-­‐corruzione), che ha introdotto una nuova fattispecie di reato penale, il “traffico di influenze illecite”23. 22 L’UpT aveva il compito di curare la redazione di un elenco dei gruppi di interesse e la sua pubblicazione sul sito internet del Ministero; comunicare agli iscritti l’avvio della procedura di consultazione per gli atti per i quali si prevede l’Analisi dell’Impatto della Regolamentazione (AIR); gestire la partecipazione degli interessi rappresentati, raccogliendone i contributi e procedendo alle eventuali audizioni; coordinare l’azione dei gruppi di interesse e raccogliere le relazioni annuali sull’attività svolta. Ad un paio di anni dalla sua costituzione, la netta contrarietà delle principali organizzazioni di categoria (Coldiretti, Cia, Confagricoltura) ha messo fine alla sperimentazione;. 23 “Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-­‐ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.”, art. 346-­‐bis c.p. La disposizione, che colpisce sul piano penale chi sfrutta i rapporti e le conoscenze con i decisori pubblici, al fine di influenzarne le decisioni, rischia di generare confusione con l’attività lecita del lobbying. Per un approfondimento sul tema, si rimanda a PRIMAVERA S., MICUCCI M., Trafficante sarà lei! Lobby, politica e traffico di influenze, Bonanno, 2013; 9 3. Le leggi regionali in materia di lobbying: una comparazione Prima di esaminare in dettaglio, ponendoli a confronto tra di loro, i regolamenti della Regione Toscana (L.R. 5/2002), della Regione Molise (L.R. 24/2004), e della Regione Abruzzo (L.R. 61/2010), che, per prime, hanno disciplinato il rapporto tra gli organi rappresentativi regionali ed i portatori di interessi legittimi, riteniamo d’uopo dare conto delle previsioni contenute nello Statuto della Regione Siciliana che contempla un antesignano diritto delle lobby alla partecipazione nel procedimento legislativo. 3.1 Gli interessi organizzati nel processo decisionale dell’Assemblea Regionale Siciliana (ARS)24 Lo Statuto della Regione Siciliana ebbe una genesi del tutto particolare. La sua approvazione avvenne con R. Dlgs. 15 maggio 1946, n. 455, nel periodo antecedente al varo della Costituzione repubblicana. Ciò fu dovuto alla delicata situazione politica e sociale in cui versava l’isola e all’esigenza, avvertita dal governo italiano provvisorio, di placare i moti secessionisti in corso25. Con l’entrata in vigore della Carta costituzionale, il 1° gennaio 1948, il contenuto del Regio decreto legislativo (lo Statuto siciliano) venne riprodotto nella l. cost. n. 2 del 1948. L’art. 12 della disposizione costituzionale, dopo aver assegnato la potestà di iniziativa legislativa al governo regionale, a ciascun deputato regionale, nonché ad una frazione di elettori, statuisce al comma 3 che: “I progetti di legge sono elaborati dalle commissioni dell’Assemblea regionale con la partecipazione delle rappresentanze degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali”. La norma rappresenta la prima affermazione del riconoscimento partecipativo dei corpi sociali ed è l’unico Statuto speciale a contenerla, giacché gli statuti delle altre quattro Regioni ad autonomia speciale non contemplano, almeno nella loro versione originaria, una disposizione di simile portata. La previsione nasce nel 1945 nella Consulta regionale in sede di commissione chiamata a redigere lo Statuto, dalla proposta di Guarino Amella26, “perché i progetti di legge non siano soltanto elaborati dal corpo politico di questa Assemblea, ma siano anche elaborati dal corpo tecnico e dal corpo sindacale, che si occupano delle materie a cui il progetto si riferisce per fare partecipare anche tutta quella parte della popolazione che non è esclusivamente politica, per 24 Per una trattazione più diffusa dell’argomento, si rimanda a PRIMAVERA S., La Sicilia sotto pressione. Il lobbying nel processo legislativo regionale, Bonanno, 2012; 25 Cfr. LAURICELLA G., GUADALUPI G., Lo Statuto speciale della Regione siciliana, Giuffrè, 2010; 26 On. Avv. Guarino Amella, prima Movimento Indipendentista Siciliano, poi Partito Democratico del Lavoro; 10 fare partecipare quindi i corpi specializzati, gli interessi specializzati alla formazione di queste leggi. Quindi, con questo preventivo esame da parte di questi corpi, la legge può venire meglio elaborata”. Le conclusioni interpretative alle quali si pervenne, in merito alla individuazione e partecipazione di terzi al procedimento legislativo, furono quelle di valutare il contenuto dell’art. 12, comma 3, dello Statuto, quale disposizione contenente una tipica materia di riserva regolamentare27. Pertanto, il disposto statutario è stato precisato dal Regolamento interno dell’Assemblea regionale, agli articoli 71, 72 e 73. L’art. 71 reg. ARS, come modificato il 17 novembre 1967, istituisce un elenco pubblico di “rappresentanti di interessi professionali” composto da rappresentanti regionali delle organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro, degli organi tecnici professionali. In tal senso, tenendo a mente l’origine statutaria della previsione, sia le organizzazioni sindacali che quelle datoriali vengono riconosciute come gruppi sociali portatori di interessi rilevanti in grado di contribuire allo sviluppo economico della Sicilia. L’elenco è tenuto dalla Segreteria generale dell’Assemblea che è tenuta a predisporlo all’inizio di ogni legislatura e ad aggiornarlo annualmente. Ma trattandosi di “organizzazioni dei lavoratori, dei datori di lavoro, degli ordini professionali”, nella generalità dei casi soggetti noti, è ormai prassi e consuetudine disporre di volta in volta convocazioni per ciascuno di essi, senza la necessità di attingere ad alcun elenco. L’art. 72 reg. ARS, come modificato il 17 novembre 1967, riconosce il diritto per questi soggetti a partecipare ai lavori delle Commissioni regionali, prevedendo la loro partecipazione come obbligatoria “quando la materia del progetto di legge riguarda problemi economici e sindacali”. Le modifiche regolamentari del 1967 ampliano in generale il profilo partecipativo al processo decisionale e, per la prima volta, includono anche la facoltà in capo alle commissioni di avvalersi “di esperti di particolare competenza” esterni28. Con questa riforma del regolamento interno, il Parlamento siciliano inaugurava per primo il confronto con la società civile nel procedimento legislativo. L’art. 73 reg. ARS, come modificato il 20 dicembre 1986, precisa che i rappresentanti degli interessi professionali e i portatori di interessi generali e diffusi possano intervenire nelle sedute di commissione, nel numero di volta di volta stabilito dal presidente della commissione, il quale può anche valutare se far partecipare tali soggetti all’elaborazione dell’intero disegno di legge. Dall’analisi dei resoconti delle sedute di commissione dell’ARS, 27 ARS, Resoconto stenografico seduta dell’11 dicembre 1986. Discussione art. 73 del r.i.; 28 Art. 71 del r.i.; 11 pur mancando un elenco dei portatori di interessi, spesso i lavori vengono condotti dai presidenti chiamando discrezionalmente soggetti esterni, più o meno esperti delle tematiche trattate. In effetti, se per un verso assumere una decisione senza l’apporto dei gruppi di interesse può portare a risparmiare tempo, per un altro può avere un costo elevato in termini di informazione, conoscenze, condivisione e consenso sociale. Va inoltre segnalato che, a volte, la convocazione dei membri del governo, dei rappresentanti di organi tecnici o di altri soggetti è stata disposta anche nella fase successiva all’emanazione delle leggi. Molto significativo, inoltre, è il riferimento alla partecipazione dei “rappresentanti degli organi tecnici regionali che devono appartenere agli organici dell’Amministrazione centrale o periferica della Regione e degli enti pubblici da questa controllati”29. Con tale previsione, infatti, si legittima un canale di informazione, comunicazione, e quindi “pressione”, stabile, perché vincolante nel procedimento, tra le burocrazie ed il legislatore politico. Attraverso questo canale, la pubblica amministrazione può mirare al perseguimento tanto di interessi interni all’apparato, o a parte di esso, quanto di interessi esterni. In quest’ultimo caso, i burocrati possono agire da veri e propri “lobbisti” interni alla pubblica amministrazione. Operando a stretto contatto con vari rappresentanti di interessi, diventano elemento coagulante di aggregazioni nuove e trasversali tra politici, esperti interni e rappresentanti di gruppi di pressione esterni. Da tali aggregazioni, che la politologia anglosassone definisce policy networks o issue networks, possono scaturire importanti provvedimenti. Come detto, queste disposizioni sono rimaste lettera morta ed il dettato normativo non hai mai avuto effettiva implementazione. Pur risentendo del periodo storico in cui vennero introdotti, questi precetti sembrano oggi essere tornati di estrema attualità e possono offrire spunti interessanti per la riflessione sui nuovi Regolamenti regionali, atti a regolare l’azione di lobbying nei processi di law-­‐making delle istituzioni territoriali30. 3.2. Leggi e Proposte di legge regionale per disciplinare l’attività di rappresentanza di interessi Le Regioni italiane che, al contrario, si distinguono positivamente sul fronte della regolamentazione della rappresentanza professionale degli interessi legittimi e che, prime fra 29 Art. 71, comma 2, del r.i.; 30 Cfr. PETRILLO P., Democrazie sotto pressione: parlamenti e lobby nel diritto pubblico comparato, Giuffrè, 2011, paragrafo “Lo Statuto della Regione siciliana come esempio (mai realizzato) di integrazione delle lobby nel processo decisionale consiliare”, pp. 392-­‐
393; GUZZETTA G., I gruppi di interesse come problema e come soluzione nello Stato contemporaneo, 2011, in www.ildirittoamministrativo.it, “Ulteriori riflessi si riscontrano persino in un atto normativo ancora precedente, lo Statuto della Regione Siciliana, approvato nel 1946 e poi convertito in legge costituzionale nel 1948, il cui art. 12 stabilisce che: <<I progetti di legge sono elaborati dalle Commissioni della Assemblea regionale con la partecipazione delle rappresentanze degli interessi professionali e degli organi tecnici regionali>>”; 12 tutte, hanno licenziato leggi, attualmente in vigore, miranti alla sua disciplina sono: la Toscana (L.R. 5/2002), il Molise (L.R. 24/2004) e l’Abruzzo (L.R. 61/2010). Altre regioni, a loro volta, hanno posto in essere tentativi per normare l’attività di lobbying. Ma, al momento, tali sono rimasti. Si tratta di Calabria, Campania, Emilia-­‐Romagna, Friuli-­‐Venezia Giulia, Lazio e Veneto. Di seguito, forniamo un’analisi del dettato normativo delle leggi già emanate dalle prime, e di quello contenuto nelle proposte avanzate dalle seconde. A corredo della parte testuale, alleghiamo una scheda sinottica con alcune informazioni salienti, divise per regione. La Regione Toscana, con la legge regionale n. 5, del 18 gennaio 2002, recante “Norme per la trasparenza dell’attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana”
31
, ha dettato la disciplina di regolamentazione del fenomeno lobbistico, limitatamente al Consiglio regionale. L’allora Presidente del Consiglio regionale toscano, Riccardo Nencini, fin dal suo discorso d’insediamento32, aveva espresso l’intenzione di voler addivenire ad normativa in materia di lobby, sulla scorta della sua precedente esperienza da parlamentare europeo. La legge regionale viene approvata a larghissima maggioranza, con il solo voto contrario del consigliere dei Comunisti Italiani. Poco dopo, il 9 aprile 2002, viene deliberato, dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, il disciplinare di attuazione della normativa33. Dalla lettura del testo di legge, si nota come la normativa ambisca ad assicurare “la trasparenza dell'attività politica e amministrativa, a garantire l’accesso e la partecipazione ad un numero sempre maggiore di soggetti, e a favorire i consiglieri regionali nello svolgimento del loro mandato” (art. 1, comma 1). Tuttavia, non viene fornita una definizione precisa di gruppo di interesse, né di pressione o lobby, ma vengono semplicemente distinti, da un lato, gli esponenti di “categorie economiche, sociali e del terzo settore, maggiormente rappresentative a livello regionale”, e, dall’altro, tutti gli altri gruppi attivi sul territorio toscano (art. 2, comma 1). Inoltre, l’iscrizione al Registro viene permessa soltanto ai gruppi “la cui organizzazione interna sia regolata dal principio democratico”, che “perseguano interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico” e “siano costituiti da almeno sei mesi alla data della richiesta di iscrizione” (art. 2, comma 5). Vengono, quindi, estromesse le aziende, le società di consulenza e i singoli lobbisti. Tra i diritti degli accreditati, ai sensi dell’art. 3 del Regolamento, rientrano la possibilità di “rappresentare e perseguire presso il Consiglio regionale interessi pertinenti alle loro finalità”; “richiedere di essere ascoltati dalle commissioni 31 http://raccoltanormativa.consiglio.regione.toscana.it/formati/stampepdf/legge-­‐2002-­‐00005.pdf; 32 “La legge sulle lobbies della Regione Toscana intende regolamentare una serie di attività non normate, sul modello del Parlamento europeo [...] essa allarga la partecipazione ai lavori consiliari anche alle associazioni minori, che hanno minore rappresentanza pubblica, ma una presenza diffusa e importante nella tradizione toscana”, Riccardo Nencini, ex-­‐presidente della Regione Toscana, maggio 2000; 33 http://www.consiglio.regione.toscana.it/upload/COCCOINA/documenti/DISCIPLINARE%20ATTUATIVA.pdf; 13 consiliari e di inoltrare loro richieste formali”; “accedere ai locali del Consiglio e agli uffici [...] per informazioni e chiarimenti di carattere tecnico relativi agli atti di loro interesse [...] ovvero relativi all'organizzazione procedurale dei lavori”; “seguire per via telematica – tramite una password che viene loro trasmessa – le sedute delle commissioni consiliari di loro interesse”. Tra i loro obblighi, invece, si annovera, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, “il divieto di esercitare nei confronti dei consiglieri regionali forme di pressione tali da incidere sulla libertà di giudizio e di voto”. In caso di violazione delle prescrizioni di legge, le sanzioni vengono comminate dall’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, e, ai sensi dell’art. 4 del Regolamento, variano dal “richiamo formale” alla “sospensione temporanea” o alla “revoca dell’iscrizione”. Ad agosto 2015, il numero totale dei gruppi accreditati nel registro presso il Consiglio regionale è di 132. Molti degli iscritti risalgono al 2002, momento della sua istituzione. Alcuni degli iscritti sono stati inseriti d’ufficio – si tratta dei soggetti che partecipano ai tavoli di concertazione con la Giunta regionale (es. Confcommercio, Lega Coop, Cgil, Cisl, Cna, Coldiretti) – mentre la gran parte degli iscritti è avvenuta a seguito di domanda e di autorizzazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale (es. Associazione amici dei musei fiorentini, Associazione conciatori della Toscana, Associazione toscana paraplegici, Cittadinanzattiva Toscana)34. Nella seguente tabella, si riporta, anno per anno, il numero dei nuovi accreditamenti nel Registro: Gruppi iscritti nel Registro istituito presso il Consiglio regionale toscano (n. 132, agosto 2015) Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 Numero 85 9 3 5 6 / 3 Anno 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 Numero 3 5 2 3 1 4 3 La Regione Molise, con la legge regionale n. 24, del 22 ottobre 2004, recante “Norme per la trasparenza dell'attività politica ed amministrativa del Consiglio regionale del Molise”35, ha approvato una disciplina pressoché identica a quella della Regione Toscana, e perciò non ci soffermeremo sull’analisi dei contenuti. A differenza del modello toscano, però, l’esperienza molisana risulta molto meno apprezzabile. Ad oggi, infatti, sono state presentate solo quattro domande d'iscrizione al Registro (irrintracciabile sul sito web), risalenti tutte al 2006. Per una non si è ancora concluso l'iter amministrativo, mentre dalle altre tre sono scaturite altrettante iscrizioni: Associazione Bancaria Italiana (ABI); Confcooperative; Lega delle Cooperative36. 34 Si ringrazia la dott.ssa Raffaella Fattorini, dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale toscano, per le informazioni fornite; 35 http://www.regione.molise.it/web/crm/lr.nsf/0/7D2CE6A5FCE7A618C1256F4E002EE067?OpenDocument; 36 Si ringrazia il dott. Domenico Boccia, dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale del Molise, per le informazioni fornite; 14 La Regione Abruzzo, con la legge regionale n. 61, del 22 dicembre 2010, recante “Disciplina sulla trasparenza dell’attività politica e amministrativa e sull’attività di rappresentanza di interessi particolari”37, è intervenuta sul tema dell’influenza dei gruppi di interesse presso le istituzioni regionale, più di recente. L’iniziativa viene presa dall’allora consigliere di Forza Italia, Riccardo Chiavaroli 38 . Il Disciplinare per l’attuazione viene approvato dall’Ufficio di Presidenza con deliberazione n. 211, del 27 dicembre 2012 39 , tenendo così la legge bloccata per più di due anni. L’articolato del provvedimento abruzzese ripropone alcune disposizioni della legge regionale toscana, integrandole con gli aspetti più avanzati del disegno di legge governativo Santagata (vedi supra, par. 2). Per la prima volta, infatti, si dà una definizione adeguata di rappresentanza di interessi particolari, di gruppo di interesse e di singolo rappresentante 40 . A dire il vero, però, l’elemento di maggiore innovazione consiste nel definire all’articolo 2, comma 1, lettera e), quali “decisori pubblici” anche il Presidente della Giunta, gli Assessori, oltre ai Consiglieri. Da questo punto di vista, l’Abruzzo sembra aver considerato il mutato assetto degli organi costituzionali regionali41. Bisogna precisare, inoltre, come la normativa non imponga ai rappresentanti dei gruppi di interesse, ai fini di poter essere auditi, l’iscrizione nel Registro. Le Commissioni, infatti, ai sensi dell’art. 80, comma 2, del Regolamento interno del Consiglio regionale (“Partecipazione alle sedute delle Commissioni e procedure di consultazione e informazione”), possono consultare i rappresentanti degli Enti locali, del Consiglio delle autonomie locali e degli altri Enti pubblici, delle organizzazioni sindacali, imprenditoriali e professionali o di altre formazioni sociali, in base ai provvedimenti in esame. In tabella, la sintesi degli accrediti. Gruppi iscritti nel Registro istituito presso il Consiglio regionale abruzzese (n.13, agosto 2015) Anno 2012 2013 2014 2015 Numero 8 / 2 3 37 http://www2.consiglio.regione.abruzzo.it/leggi_tv/abruzzo_lr/2010/lr10061/Intero.asp; 38 “Mi occupo da tempo della materia”, rivela Chiavaroli in un’intervista rilasciata a Gianluca Sgueo, “l’interesse è nato collaborando con la fondazione Magna Charta, il think tank politico del senatore Quagliarello, che si interessa al tema del lobbismo da parecchio tempo. Con la legge, si è voluto chiarire innanzitutto cos’è lobby nel senso proprio del termine, e poi provare a contrastare la corruzione. [..] Una legge per l’etica pubblica? Non mi faccio illusioni.” Cfr. SGUEO G., Lobbying & lobbismi. Le regole del gioco in una democrazia reale, Egea, 2012, p. 208; 39 http://www.consiglio.regione.abruzzo.it/sites/crabruzzo.it/files/dup/2012/deliberazione-­‐20121227-­‐211.pdf; 40 “a) attività di rappresentanza di interessi particolari: ogni attività svolta da gruppi di interesse particolare attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi, position paper (documento ricognitivo della posizione del gruppo di interesse particolare) e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, anche per via telematica, intesa a perseguire interessi leciti propri o di terzi, anche di natura non economica, nei confronti dei decisori pubblici al fine di incidere sui processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici; b) gruppi di interesse particolare: le associazioni, le fondazioni, ancorché non riconosciute, i comitati con finalità temporanee e le società portatori di interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica; c) rappresentante di interessi particolari: il soggetto che rappresenta presso i decisori pubblici il gruppo di interesse particolare.” Art. 2, comma 1, L.R. n. 61, 22 dicembre 2010; 41 La riforma del Titolo V della Costituzione, prevedendo l’elezione diretta del Presidente di Regione, ha mutato i rapporti tra il Consiglio e la Giunta (meccanismo aut simul stabunt aut simul cadent), attribuendo a quest’ultima un netto “vantaggio competitivo”. 15 La Regione Calabria, l’ultima in ordine di tempo, ha presentato, su iniziativa del consigliere Giuseppe Graziano (Casa delle Libertà), il disegno di legge regionale n. 62, del 06 agosto 2015, recante "Disciplina sulla trasparenza dell'attività politica e amministrativa della Regione Calabria e dei suoi enti strumentali e sull'attività di rappresentanza di interessi particolari"42. La proposta di legge è stata assegnata, il 10 agosto 2015, alla I Commissione Affari Istituzionali, per l'esame di merito, ed alla II Bilancio e Finanza, per il parere. La Regione Campania ha presentato, su iniziativa del consigliere Carmine Sommese (Alleanza di popolo – Gruppo Misto), il disegno di legge regionale n. 302, del 31 gennaio 2012, recante “Regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi particolari presso il Consiglio regionale della Campania”43. La proposta di legge è stata assegnata, il 6 febbraio 2012, alla I Commissione Affari Istituzionali, per l'esame di merito, ed alla II Commissione Bilancio e Finanza, per il parere. La Regione Emilia-­‐Romagna ha presentato, su iniziativa del consigliere Gioeno Renzi (Alleanza Nazionale – PDL), il disegno di legge regionale n. 94, del 15 ottobre 2009, recante “Norme per la trasparenza della Regione Emilia-­‐Romagna e per la regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi particolari”44. La proposta di legge è stata respinta, nel gennaio 2010, dalla VI Commissione Statuto e Regolamento. La Regione Friuli-­‐Venezia Giulia ha presentato, su iniziativa dei consiglieri Pedicini ed altri (PDL), il disegno di legge regionale n. 201, del 21 gennaio 2012, recante “Regolamentazione delle attività di rappresentanza istituzionale degli interessi particolari nell’ambito dei processi decisionali della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia”45. La proposta di legge è decaduta. La Regione Lazio ha approvato all’unanimità, su iniziativa della Giunta Zingaretti (PD), il disegno di legge regionale n. 243, del 14 aprile 2015, recante "Disposizioni a tutela della legalità e della trasparenza nella Regione Lazio” 46 . Tra le principali novità introdotte: l'istituzione dell'Anagrafe degli eletti e dei nominati e dell'Elenco dei lobbisti. La Regione Veneto ha presentato, su iniziativa dei consiglieri Franco Bonfante ed altri (PD), il disegno di legge regionale n. 50, del 29 giugno 2010, recante “Disciplina dell’attività di relazione istituzionale (lobbying)”47. La proposta di legge è in attesa di assegnazione alle commissioni consiliari competenti. 42 http://www.consiglioregionale.calabria.it/upload/istruttoria/DOSSIER%5CDOS1259NRG1.pdf; 43 http://www.consiglio.regione.campania.it/cms/CM_PORTALE_CRC/servlet/Docs?dir=atti&file=AttiCommissione_46923.PDF; 44 http://demetra.regione.emilia-­‐romagna.it/al/monitor.php?urn=er:assemblealegislativa:progettodilegge:2009;5002; 45 http://www.consiglio.regione.fvg.it/iterdocs/Serv-­‐LC/ITER_LEGGI/LEGISLATURA_X/TESTI_PRESENTATI/201_PDL.pdf; 46 http://www.consiglio.regione.lazio.it/consiglioweb/news_dettaglio.php?id=2084&tblId=NEWS#.VdNEpM6_D9s: 47 http://www.francobonfante.it/s4-­‐attivita/c21-­‐proposte-­‐di-­‐legge/disciplina-­‐dellattivita-­‐di-­‐relazione-­‐istituzionale-­‐2/; 16 Scheda sinottica. Leggi e Proposte di legge regionali presentate in materia di lobbying48 LEGGE Toscana Legge regionale 18 gennaio 2002 n. 5 “Norme per la trasparenza dell’attività politica e amministrativa del Consiglio regionale della Toscana”. Molise Legge regionale 22 ottobre 2004, n. 4 “Norme per la trasparenza dell’attività politica e amministrativa del Consiglio regionale del Molise”. Legge regionale 22 dicembre 2010, n. 61 “Disciplina sulla trasparenza Abruzzo dell’attività politica e amministrativa e sull’attività di rappresentanza di interessi particolari”. PROPOSTA DI LEGGE INIZIATIVA Ddl n. 62, 06 agosto 2015, Consigliere Graziano "Disciplina sulla trasparenza dell'attività Calabria politica e amministrativa della Regione Calabria (Gruppo Casa delle e dei suoi enti strumentali e sull'attività di rappresentanza di interessi particolari" Libertà) Ddl n. 302, 31 gennaio 2012, Consigliere Sommese “Regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi particolari presso il (Gruppo Misto – Alleanza Consiglio regionale della Campania”. di popolo) Campania 48 La tabella è, in buona parte, frutto dell’elaborazione dei materiali predisposti dalla Cattedra di Teoria e Tecniche del Lobbying (Prof. P. L. Petrillo), LUISS Guido Carli; 17 Ddl n. 94, 15 ottobre 2009, Consigliere Renzi “Norme per la trasparenza della Regione Emilia-­‐Romagna e per la (Gruppo AN/PDL) Emilia-­‐
Romagna regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi particolari”. Ddl n. 201, 21 marzo 2012, Consiglieri Pedicini, “Regolamentazione delle attività di Galasso, Baritussio, Friuli-­‐Venezia rappresentanza istituzionale degli Kocijancic, Alunni Giulia interessi particolari nell’ambito dei Barbarossa, Colautti, processi decisionali della Regione Tononi, Novelli, Marin, autonoma Friuli Venezia Giulia”. Cargnelutti, Cacitti, Dal Mas (Gruppo PDL) Ddl n. 243, 14 aprile 2015, Giunta Zingaretti “Disposizioni a tutela della legalità e della trasparenza nella Regione Lazio” 49. (PD-­‐SEL-­‐PSI-­‐Centro Democratico) Lazio Veneto Ddl n. 50, 29 giugno 2010, Consiglieri Bonfante, “Disciplina dell’attività di relazione Puppato, Tiozzo, Pigozzo e istituzionale (lobbying)”. Fasoli (Gruppo PD) 49 Approvato da Consiglio Regionale del Lazio, all’unanimità, il 24 luglio 2015. “Sono particolarmente lieta”, commenta Teresa Petrangolini, consigliere regionale del Lazio, “perché oggi abbiamo approvato, tra l’altro, l’Anagrafe degli eletti e dei nominati e l’Elenco dei lobbisti. Sono due istituti che – ormai da due anni – propongo di istituire con un progetto di legge dettagliato sulla trasparenza. Il lavoro comune di maggioranza e opposizione nel Consiglio regionale ci ha però permesso di anticipare i tempi per l’approvazione. Un grande risultato che tutte le forze presenti in aula possono rivendicare con soddisfazione e orgoglio”; 18 4. Le Regioni italiane ed il lobbying. Le basi di uno studio empirico Dopo aver dato, grossomodo, contezza del quadro normativo (nazionale e regionale) al quale bisogna riferirsi, ci apprestiamo, adesso, ad illustrare l’ossatura di una ricerca empirica che, per cause legate alla scarsezza di tempo e di “materia prima”, è stato possibile, al momento, solo abbozzare. Gli interrogativi di fondo da soddisfare, che hanno animato la nostra ricognizione “sul campo”, sono stati i seguenti: attraverso quali modalità, e quali canali o strumenti, interagiscono, concretamente, gli interessi organizzati con le amministrazioni regionali? Ha il lobbying, vieppiù dopo la sua formalizzazione, ottenuto una reale legittimazione come forma democratica di partecipazione ai processi decisionali pubblici o continua ad essere percepito come una indebita ingerenza nelle scelte del Legislatore regionale? In che modo sono state recepite o tradotte in atti normativi vincolanti le istanze promosse dai gruppi d’interesse, durante le audizioni a loro concesse? Quali necessità esprimono gli attori privati e quali, invece, gli attori pubblici? Chiarite le nostre intenzioni, abbiamo, ça va sans dire, ristretto il campo d’indagine alle tre Regioni italiane che si sono dotate di una normativa in materia lobbying e, avendo ben presenti le differenze intrinseche che intercorrono tra Toscana, Molise ed Abruzzo e quelle che hanno caratterizzato il loro approccio regolatorio al fenomeno lobbistico, abbiamo postulato alcune variabili (indipendenti e dipendenti) per fornire un riscontro alle nostre ipotesi. Le variabili indipendenti, cioè i dati e gli aspetti oggettivi, osservabili a priori, sono: 1. Il grado di coinvolgimento (engagement) previsto dalla normativa vigente; 2. La tempistica (timing) con cui la normativa è entrata in vigore; 3. Gli interessi in gioco (stake) per i quali i gruppi esercitano la loro pressione. Per contro, le variabili dipendenti, quelle dall’esito aperto, che vanno riscontrate ex post, sono: 1. L’implementazione (compliance) delle previsioni di legge nella prassi operativa dei rapporti tra le parti; 2. Il livello di trasparenza (accountability) delle attività di lobbying nell’ambito dei processi legislativi regionali; 3. La valutazione (assessment) dell’impatto delle azioni di influenza sugli esiti del policy-­‐making. Variabili Indipendenti Variabili Dipendenti VI1 Engagement VD1 Compliance VI2 Timing VD2 Accountability VI3 Stake 19 VD3 Assessment La misurazione del grado d’intensità della correlazione tra le variabili indipendenti e le variabili dipendenti servirà come parametro per corroborare la sussistenza di una serie di ipotesi di ricerca, in antecedenza formulate: 1. Una prima ipotesi riguarda la non unicità delle modalità di accesso, sebbene strutturate, dei rappresentanti dei gruppi d’interesse presso il decisore pubblico, quanto piuttosto la contemporanea esistenza di canali diversi, sia formali che informali, riflesso di quel modello associativo di matrice neo-­‐corporativa che sembra mantenere una certa prevalenza sul modello pluralistico, tipico del lobbismo; 2. Una seconda ipotesi investe un aspetto cruciale, anzi costitutivo del lobbying, cioè a dire la trasparenza. Si ritiene che, nonostante la regolazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e portatori d’interessi particolari costituisca un buon antidoto contro fattori patogeni di corruttela e malaffare, la sua azione sarà tanto più incisiva quanto più sarà accompagnata da altre misure volte a rinsaldare l’autonomia della politica da logiche di tornaconto personale (c.d. revolving doors); 3. Una terza ed ultima ipotesi coinvolge l’ambito delle ripercussioni, e della loro quantificazione, che l’azione di lobbying provoca sulle decisioni assunte dagli organi politici regionali. Ferma restando la necessaria prudenza con cui si possono far risalire i contenuti di un atto normativo ad una specifica audizione o ad un determinato position paper, sembrano esserci aree di policy regionale maggiormente appetibili per l’attività di rappresentanza degli interessi (es. gli appalti pubblici), e verso le quali i gruppi di interesse sembrano disposti a mobilitare ingenti risorse, di natura economica, relazionale e professionale. Il taglio volutamente empirico, che abbiamo inteso dare al nostro lavoro, ci ha spinti a verificare, o, per dirla con Karl Popper, a falsificare, le sopraesposte ipotesi, basandoci sulle informazioni contenute nelle risposte raccolte, dopo la somministrazione, il più delle volte verbale, di questionari ai rappresentanti dei gruppi di pressioni e a funzionari dei Consigli regionali, interessati dal processo di regolamentazione del fenomeno lobbying50. Per la sua esiguità, non riteniamo il “campione” intervistato sufficientemente rappresentativo. 50 Per la Regione Toscana: la dott.ssa Raffaella Fattorini ed i gruppi Cittadinanzattiva Toscana, Confalavoro-­‐Confederazione PMI e Pro Animals. Per la Regione Molise: il dott. Domenico Boccia ed i gruppi Associazione Bancaria Italiana (ABI); Confcooperative; Lega delle Cooperative. Per la Regione Abruzzo: la dott.ssa Donatella Terpolilli ed i gruppi Abilbyte-­‐Associazione di volontariato di utilità socio-­‐
informatica, Naturalmente a Sinistra e Federazione Nazionale Autonoma Imprenditori e Liberi Professionisti; 20 Tabella riassuntiva. Quesiti rivolti ai soggetti, pubblici e privati, in sede di intervista51 N. 1 N. 2 N. 3 N. 4 Quali sono i canali Quali sono le aree Che tipo di istanze Qual è impatto preferiti dai di policy rispetto vengono dell’azione di rappresentanti di alle quali i promosse dai lobbying sugli esiti interessi per rappresentanti di rappresentanti di del processo di avere accesso al interessi chiedono interessi decision-­‐making Soggetti processo più spesso di nell’ambito delle regionale? pubblici decisionale essere coinvolti interlocuzioni Esistono regionale? E cosa nei processo intercorse con il strumenti idonei è cambiato decisionale? decisore per misurarlo? dall’entrata in pubblico? vigore della normativa sul lobbying? N. 1 N. 2 N. 3 N. 4 Attraverso quali modalità la vostra della normativa organizzazione si organizzazione sul lobbying ha ritiene soddisfatta vostri rapporti difende i propri rappresentato un del risultato con gli organi interessi presso incentivo ad ottenuto dal legislativi l’amministrazione interagire con la coinvolgimento regionali (proficui, nel processo continuativi, L’entrata in vigore La vostra Come possono essere definiti i Soggetti regionale? E da Regione e ad privati cosa dipende il essere parte attiva decisionale occasionali, maggiore/minore nel processo regionale? Le irrilevanti)? E grado di legislativo? Come vostre istanze qual è il vostro formalizzazione siete venuti a sono state interlocutore di dei rapporti? conoscenza tradotte in riferimento? dell’istituzione del emendamenti al Registro? provvedimento in discussione? 51 Per la formulazione delle domande, contenute nei questionari, abbiamo preso spunto dal rapporto I-­‐Com (Istituto per la Competitività), intitolato “Rappresentanza di interessi e territori.”, di recente pubblicazione; 21 Conclusione Pienamente consapevoli dello stadio embrionale del nostro studio e della necessità di un ulteriore approfondimento delle ricerche finora condotte, ci sentiamo di condividere, come premessa alle nostre provvisorie conclusioni, la lucida disamina compiuta da Maria Cristina Antonucci sui caratteri peculiari del lobbismo professionale nella sua declinazione italiana: “1. è un tipo di rappresentanza di interessi non regolamentata dal punto di vista normativo; 2. è un esempio di pressione dei gruppi particolarmente condizionato dalla cultura politica italiana [...]”, che si connota per la persistente egemonia dei partiti nel ruolo di cinghia di trasmissione tra il tessuto socio-­‐economico e le istituzioni politiche, “3. è un modello di relazione istituzionale più orientato all’esercizio del potere e della influenza come relazioni sociali [...]; 4. è, infine, un sistema della rappresentanza basato maggiormente sui rapporti diretti e immediati tra lobbista e soggetto decisionale [...]”52. A sua volta citato da M. C. Antonucci, come incipit alle proprie riflessioni, riteniamo utile richiamare anche il laconico giudizio espresso da Gigi Graziano su: “il lento e tuttora incompiuto enuclearsi del lobbismo come professione autonoma [...] e il legame, supposto o reale, tra lobbying e corruzione”53. Trasferendo, adesso, le nostre attenzioni sul piano regionale, possiamo cominciare con l’osservare come le Regioni italiane abbiano saputo sfruttare, chi più chi meno, la window of opportunity aperta dalla riforma del Titolo V della Carta costituzionale e dal conferimento di maggiori poteri d’intervento agli enti territoriali. Hanno, così, dato vita ad un’esperienza inedita di normazione in tema di rappresentanza degli interessi particolari all’interno del sistema politico territoriale – sulla falsariga, va detto, della best practice offerta dall’omologo modello regolatorio europeo – individuando regole, procedure e formule, in un originale mix di sussidiarietà e glocalizzazione54. A fronte di questa tendenziale convergenza nelle intenzioni espresse dai legislatori regionali, le modalità di realizzazione evidenziano marcate divergenze, ed esiti non sempre conformi alle aspettative. I provvedimenti legislativi emanati dalla Regione Toscana (L.R. 5/2002) e dalla Regione Molise (L.R. 24/2004), pur essendo identici nei contenuti, hanno trovato implementazione in territori che differiscono tra loro per tradizione, cultura e articolazione socio-­‐economica: il primo appare contraddistinto da un tessuto produttivo 52 ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi. Il lobbying nelle istituzioni politiche europee e italiane, Carocci, 2012, p. 110; 53 MATTINA L., Le lobbies, Laterza, 2002, p. 99, op. cit. in ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi. (vedi supra), p. 110; 54 E’ sempre M. C. Antonucci a segnalare che “...i testi di legge appaiono maggiormente improntati ai principi ispiratori della disciplina europea, frutto della policy di trasparenza...”, ed anche che “[i]l concetto di g-­‐localizzazione e l’intersezione della dimensione substatale con il contesto sovranazionale possono essere utilmente impiegati per descrivere questa tendenza regolativa del lobbying regionale”, in ANTONUCCI M. C., Rappresentanza degli interessi oggi. (vedi supra), pp. 159 e 168; 22 particolarmente vivace e da una cittadinanza storicamente vocata alla partecipazione; il secondo, invece, risente di una scarsa densità di insediamenti industriali e di una ridotta mobilità sociale, spesso mediata da partiti di natura localistica. Non stupisce, allora, come la medesima normativa abbia ricevuto, nelle due regioni, accoglienze antitetiche. A queste divergenze di tipo fattuale, si aggiunge l’incongruenza di un impianto normativo che sembra non tener conto del mutato assetto della governance regionale, poiché si limita a disciplinare l’attività dei gruppi di pressioni nei confronti dei soli Consiglieri, lasciando fuori Presidente e Giunta, vero baricentro del potere decisionale. Un discorso a parte va fatto per la legge della Regione Abruzzo (L.R. 61/2010), che ha recepito appieno i nuovi rapporti di forza tra gli organi regionali e li ha riversati in un’accezione più estensiva dei “decisori pubblici” destinatari di lobbying, includendo in essa tutte le più alte cariche politiche regionali. Tuttavia, se una critica va mossa alla legge abruzzese, questa deve appuntarsi sulla non obbligatorietà dell’iscrizione al Registro, e sulla permanenza di una pluralità di canali, a disposizione dei portatori d’interessi, per accedere al proprio interlocutore politico. Da ciò si ingenera una inevitabile confusione e una mancanza di trasparenza55. In termini generali, è possibile sostenere che, dalle risultanze ottenute incrociando analisi teorica e ricerca empirica, il lobbying regionale si configura come fenomeno dominato da rapporti di tipo bilaterale, esercitato da singoli gruppi di pressione nei confronti del decisore pubblico, su specifiche issues. Lo sforzo di un inquadramento normativo, se non debitamente accompagnato da misure complementari, ad es. la professionalizzazione della figura del lobbista e la adeguata formazione dei quadri della pubblica amministrazione, rischia di rivelarsi velleitario. E’ vero, d’altra parte, che le risorse economiche necessarie per influenzare il processo decisionale, in nome di un proprio interesse particolare, non sempre sono a disposizione delle piccole realtà imprenditoriali italiane o delle associazioni no profit costituite dai cittadini. Risulta, per questo, strategico il ruolo di aggregazioni funzionali, quali le reti, i consorzi, etc., anche come garanzia di una più trasparente comunicazione verso l’opinione pubblica, e di un definitivo superamento della invalsa accezione negativa del termine lobby, da rimpiazzare con quella, positiva, di innescatrice di meccanismi virtuosi tra soggetti privati ed istituzioni pubbliche. 55 Può forse spiegarsi così il fatto che, dall’istituzione del Registro abruzzese, i gruppi portatori d’interesse che hanno chiesto e sono stati auditi in Commissione sono solo due: Autismo Abruzzo Onlus, in V Commissione, in merito al ddl n. 136 del 2015, recante “Disposizioni in favore dei soggetti con disturbi specifici di apprendimento (DSA)”; e Collegio Regionale Maestri di Sci – Abruzzo, in II Commissione, in merito alla legge regionale n. 39 del 2012, come modificata dalla legge regionale n. 1 del 2015, recante “Proroga termini e altre disposizioni urgenti”, approvata nella seduta del Consiglio regionale, in data 23 dicembre 2014. 23 Riferimenti bibliografici •
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