Enrico Sacchetti. Vita d`artista (Libero Andreotti). Con 30 disegni

Transcript

Enrico Sacchetti. Vita d`artista (Libero Andreotti). Con 30 disegni
Enrico Sacchetti. Vita d’artista (Libero Andreotti). Con 30 disegni originali dell’autore e 13 tavole fuori testo. Milano, Treves, 1936.
Un volume in 8°; brossura editoriale illustrata; ritratto fotografico di Libero Andreotti in antiporta fuori testo; pp. (4), 202, (4) + 12 tavole fotografiche fuori testo (sculture varie di L. Andreotti). Disegni originali di Sacchetti nel testo.
In tanti anni che siamo stati assieme non mi ha mai detto esattamente la sua età e io non gliel'ho mai chiesta. Quand'è morto ho saputo che aveva cinquantotto anni. Ed è morto proprio come mi ero sempre immaginato che dovesse morire: d'un colpo, facendo appena ah! Tra meravigliato e irritato. Era il mio più caro amico e gran parte della mia giovinezza s'è mescolata alla sua.
Nella Firenze di inizio Novecento, la città degli artisti di belle speranze che vivono il sogno parigino, la città degli scrittori, delle riviste, dei caffè frequentati dai migliori intellettuali dell'epoca, due artisti si incontrano e decidono di condividere lo studio e... la fame. Uno dorme su tre sedie avvicinate che gli fanno da letto, l'altro arreda a camera da letto un piccolo ripostiglio, e ci mette anche il calco in gesso della testa di una ragazza morta, con qualche capello rimasto attaccato. Sulle sedie dorme Enrico Sacchetti, all'epoca già attivo come prolifico illustratore di libri e riviste, col suo tratto inconfondibile, “rapido” ma raffinatissimo. L'altro è Libero Andreotti, oggi noto come scultore, ma all'epoca presentatosi a Sacchetti come il misterioso Turop, il caricaturista più bravo del mondo (e bravo a disegnare caricature lo era davvero, garantisce lo stesso Sacchetti, che di caricature se ne intendeva). Nacque così un'amicizia durata molti anni, raccontata con toni leggeri, talvolta commossi, da Enrico Sacchetti.
Ogni poco cominciava un capolavoro. Sissignori, un capolavoro. Mi chiamava: ­Vieni qua Sacchetti, guarda che bellezza!­ Era sempre innamorato di quel che faceva. Io dicevo: ­Bene, benone, mi piace.­ Qualche volta duravo troppa fatica a ammirare e dicevo: ­Non mi piace. ­ Allora lui scoppiava a ridere di cuore, seguitava a contemplare ammiratissimo l'opera sua, la carezzava affettuosamente con sguardi paterni e poi strascicando le parole mi licenziava: ­ Vai, vai, vedrai che meraviglia. Allora si stava volentieri insieme e basta. D'altra parte io ero contento d'avere un amico che di sé non parlava mai, che non raccontava mai se stesso. Il pensiero di Andreotti aveva sempre i caratteri d'una azione, mai quelli del vagabondaggio. Di tutto questo io ero soddisfattissimo anche perché per capire il mio amico ero costretto a carpirgli uno a uno i suoi segreti ed è proprio questo che mi è sempre piaciuto: capire quando è difficile capire. E d'altronde capire un uomo vuol dir sempre rubargli qualche segreto.
Il libro solo teoricamente è una monografia d'arte su Libero Andreotti. Ci sono pure 12 tavole fotografiche che mostrano alcune delle sue sculture più significative. In realtà Sacchetti parla più che altro di se stesso e dei suoi rapporti con l'amico e i disegni dell'autore, a piena pagina, sono di gran lunga più numerosi delle tavole che mostrano le opere di Andreotti . Il titolo stesso già suggerisce che l'argomento dell'opera, più che un saggio estetico sui lavori dello scultore, è il diario di un modo di vivere che era proprio di molti dei protagonisti della vivacissima vita culturale e artistica della Firenze di quei tempi. La “vita d'artista”, appunto, che solo incidentalmente ha qui come protagonisti Sacchetti e Andreotti, ma che potrebbe essere la biografia di molti di coloro che saranno poi riconosciuti maestri dell'arte italiana contemporanea.
Esistono altre memorie, scritte da altri protagonisti della Firenze di quell'epoca, e tutte caratterizzate da un denominatore comune, quello della povertà, dei debiti, della fame.
Al digiuno io ero allenatissimo. Da più d'un anno (da quando avevo smesso di disegnar spaccati di turbine e movimenti di terra nello studio di un ingegnere) io consideravo come una chimera la possibilità di mangiare due volte al giorno, e come un ideale quasi irraggiungibile quella di mangiare poco o molto tutti i giorni regolarmente.
Tutte le tappe dell'amicizia tra i due artisti sono ripercorse. Il passaggio di Andreotti dalla pittura alla scultura, da autodidatta, senza che nessuno gli insegnasse nulla, ha del miracoloso. Poi, la separazione, con la partenza di Sacchetti per l'Argentina. Il ritorno, e il nuovo incontro dei due nella città­mito per ogni artista di allora, Parigi. Molte figure, più o meno celebri, passano sullo sfondo, e la grande storia è solo evocata in lontananza, con l'esclusione, in parte della Grande Guerra. Tutto è in secondo piano rispetto alla smania creativa di Andreotti e alle necessità spicciole, quotidiane, di Sacchetti. Il libretto, che non ha grande valore nel mercato antiquario, probabilmente perché non particolarmente raro, è comunque da consigliare a tutti gli appassionati di edizioni del Novecento e di monografie di artisti, per la piacevolezza dell'edizione in sé, con le belle e sempre gradevoli illustrazioni di Sacchetti, per le notizie utili sugli artisti di allora, per la lettura più che piacevole, per la ricostruzione di un ambiente culturale che tutti gli appassionati di edizioni novecentesche amano e riconosceranno d'acchito, avendolo già incontrato in altre opere, forse più apprezzate nel mercato librario, ma non necessariamente più apprezzabili dal punto di vista culturale. Consigliatissimo ai neofiti che si sentono portati verso il Novecento.
Libero Andreotti. (Pescia 1875 ­ Firenze 1933)
Dopo un breve periodo passato a Firenze (dove realizzò alcune illustrazioni satiriche per la rivista La Battaglia, per le quali, a suo dire, fu anche sfidato a duello), trovò lavoro in una modesta tipografia di Firenze. Dopo aver condiviso lo studio con Sacchetti, ricevette ospitalità nello studio di Mario Galli e fu lì che, nel 1902, si avvicinò alla scultura modellando la creta. La sua prima esposizione, a Milano nel 1905, suscitò l’attenzione di Grubicy, famoso mercante d’arte, che lo aiutò ad esporre, con successo, al Salon d’Automne a Parigi dal 1909 al 1914. Partecipò alla prima guerra mondiale e al suo ritorno si stabilì nuovamente a Firenze, dove insegnò plastica al Liceo d’Arte e fu a capo del Cenacolo detto dell’antico Fattore. Le sue opere hanno influenzato notevolmente la scultura italiana del Novecento e si trovano in numerose gallerie e musei italiani e stanieri.
Una curiosità. Com’è che Sacchetti divenne illustratore
Correva l’anno 1900, e Sacchetti aveva già affittato lo studio da pittore in Via Nazionale con Libero Andreotti. Tuttavia ancora non dormiva nelle famose tre sedie allineate nello studio, ma in una cameretta in affitto in piazzertta Santa Caterina. Gliel’avevano affittata quelle che lui chiamava le “vecchiette dell’aceto”, due povere donne che nel libro lui descrive come poverissime, ma orgogliose nella loro miseria, e riservate quanto basta per non chiedergli mai di pagare l’affitto (che lui non pagò mai), senza avere nemmeno il coraggio di buttarlo fuori. Quella notte il pittore sognò male, forse aveva mangiato l’aringa, una delle poche cose che poteva permettersi, ma che gli causava, a suo dire, brutti sogni. Sognò il volto di Jan Paderewsky, musicista polacco di aspetto per nulla rassicurante. Svegliatosi di soprassalto, pensò di esorcizzare la terribile immagine realizzando su un foglio di carta, con un carboncino, una caricatura del musicista. Il giorno dopo, recatosi nello studio, la fece vedere ad Andreotti che esclamò: ­Hai trovato un filone d’oro! E gli consigliò di fare altre caricature di musicisti famosi, come Verdi, Leoncavallo , Massenet. Il Sacchetti le fece, e l’Andreotti gli consigliò di portarle ad una tabaccaia guercia in Via Calzajoli, raccomandandogli di pretendere almeno 120 lire. Solo 60, ne ottenne il pittore dalla tabaccaia guercia, ma 60 lire tutte insieme lui non le aveva mai viste da quando si era dedicato all’arte. Volevano dire avere di che mangiare due volte al giorno per diversi giorni. Quel giorno cominciò la carriera di uno dei più grandi illustratori italiani del Novecento