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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
IV FORUM INTERNAZIONALE DELLE POLIZIE LOCALI
RIVA DEL GARDA, 24 – 26 OTTOBRE 2011
“Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva”
ATTI DEL CONVEGNO
24/10/2011
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Indirizzi di saluto
Moderatore Giuseppe Cesaro – Ufficio stampa ACI:
Possiamo dare inizio alla cerimonia inaugurale del IV Forum Internazionale
delle Polizie Locali.
Il tema di questi tre giorni di lavori è: “Dalla sicurezza soggettiva alla
sicurezza oggettiva”, un tema di cui non serve sottolineare la rilevanza, soprattutto
a una platea come questa, di Riva del Garda.
Siete anche tutti consapevoli del ruolo che le Polizie Locali hanno, rispetto a
questo tema. Darei la parola, per il primo indirizzo di saluto di questa cerimonia
inaugurale, al Vice Sindaco di Riva del Garda, Bertolini.
Vice Sindaco Alberto Bertolini:
Buongiorno a tutti e benvenuti a Riva del Garda per la IV edizione del
Forum Internazionale delle Polizie Locali. È con grande piacere che vi porto il
saluto della città, dell’amministrazione comunale e del Sindaco Mosaner, che mi
ha incaricato di portare il saluto da parte della città.
Un saluto all’arcivescovo monsignor Bressan, qui presente in sala, e un
ringraziamento da parte della città agli organizzatori della manifestazione. In
particolare un saluto al Presidente dell’ACI, Avvocato Gelpi, alla Provincia
Autonoma di Trento, qui presente con l’Assessore Alessandro Olivi.
Un benvenuto da una città che ha nella sua proposta congressuale uno dei
suoi principali fattori di attrattiva turistica e, oltre alla classica proposta vacanziera
che si ha nei periodi estivi, propone con l’attività congressuale un momento
importante per la destagionalizzazione dell’offerta turistica.
L’attività turistica poi negli ultimi anni ha visto sempre più crescere attività
all’aria aperta, come l’arrampicata e il bike, oltre a quelle storiche della vela e del
surf e questo significa una forte interazione tra residenti che vivono il territorio e
ospiti che stanno qui per alcuni giorni, per la loro vacanza.
Il tema della sicurezza che voi affrontate nel convegno è dunque
estremamente vivo e presente, soprattutto nella logica di arrivare a una sicurezza
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oggettiva, come dichiarato nel vostro titolo, per il gran numero di ospiti stranieri da
tutta Europa e da tutto il mondo presenti in Alto Garda.
Qui, più che in altri luoghi della nostra Provincia, c’è una presenza
importante di imprese agricole, artigianali e industriali, che articolano le
potenzialità economiche del nostro territorio ma al contempo ne rendono più
complessa la gestione. Infatti è di pochi mesi fa il rinnovo del patto di sicurezza del
lago di Garda, che vedrà collaborare nei prossimi tre anni anche le Regioni del
Veneto, della Lombardia e la Provincia Autonoma di Trento, le Prefetture di
Verona e di Brescia e il Commissariato del Governo di Trento e tutti i Comuni del
lago, proprio per garantire la sicurezza di questo territorio, che è vasto e
complesso, ma soprattutto giurisdizionalmente articolato.
È per questo che la città di Riva del Garda guarda con grande interesse ai
lavori di questo convegno, che vi auguro sia interessante e proficuo. In questo
territorio abbiamo dato vita, con gli altri cinque Comuni dell’Alto Garda, al Corpo di
Polizia Locale intercomunale dell’Alto Garda e Ledro, che sta prendendo piede e
superando le difficoltà organizzative degli inizi.
Concludo augurandovi un piacevole soggiorno a Riva del Garda. Grazie.
Moderatore:
La parola adesso all’Assessore all’industria, commercio e artigianato della
Provincia Autonoma di Trento, Alessandro Olivi.
Alessandro Olivi - Assessore all'Industria, Commercio ed Artigianato della
Provincia Autonoma di Trento:
Buongiorno a tutti, unisco ai saluti della Comunità di Riva del Garda quelli
della Provincia Autonoma di Trento. Anche io rivolgo un benvenuto alle numerose
autorità e ovviamente il nostro arcivescovo.
Un forum Internazionale a Riva del Garda credo veda un’ambientazione
coerente. Riva è una città per vocazione, tradizione e aspirazione, Internazionale,
anche per la confluenza di numerosi ospiti. Il tema della sicurezza in Trentino è
vivo e al centro delle politiche di programmazione della Giunta provinciale, che qui
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ho l’occasione di rappresentare, soprattutto a nome del Presidente Dellai, che vi
porge i suoi saluti.
Questa Provincia infatti ha investito sul tema della sicurezza per tempo,
credo che l’autonomia ancora una volta abbia fatto buon uso delle sue prerogative
e anche della sua responsabilità di essere, su alcuni processi, laboratorio
avanzato, in quanto con una legge del 2005 noi abbiamo istituito un progetto
speciale che detta nuove regole e individua percorsi innovativi per far sì che la
sicurezza sia un fattore di sistema, che il ruolo delle Polizie Locali sia fortemente
implementato di nuove funzioni, per far sì che le Polizie Locali siano un attore del
sistema sicurezza, maggiormente incardinato dentro il sistema delle istituzioni.
Non a caso qui il progetto sicurezza si articola per ambiti territoriali omogenei, che
oggi riflettono la nuova architettura istituzionale, che vede nelle Comunità di Valle,
che sono delle aggregazioni comunali, il luogo in cui si incardinano le politiche di
programmazione.
Qui si è cercato e si sta cercando di favorire sempre di più l’interazione tra i
corpi di Polizia Locale e municipale con le altre espressioni che hanno la funzione,
le prerogative, la responsabilità di implementare il tessuto della sicurezza a favore
dei cittadini e del territorio e mi riferisco in particolare alle forze della Protezione
civile.
Ringrazio di aver scelto il Trentino e in particolare Riva del Garda e
l’Automobile Club d’Italia per questi vostri lavori: credo che rappresentino anche
per noi un’occasione per mettere a confronto il nostro modello organizzativo con
quello che si sta facendo in Italia e con uno sguardo anche al di fuori dei confini
nazionali.
A contributo di questa riflessione noi portiamo il modello trentino, che credo
si avvicini alla volontà di fare della sicurezza qualcosa di oggettivo, con la
sicurezza della comunità. Siamo convinti che solo favorendo l’integrazione, non
solo tra espressione del pubblico, ma anche chiamando a una responsabilità i
soggetti del privato – qui ce n’è una componente fondamentale – potremo
garantire al Trentino e all’Italia di essere avanzati rispetto al tema della sicurezza
dei cittadini, che non è una funzione puramente istituzionale. Credo che sia un
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fatto di giustizia sociale, di qualità della vita, di responsabilità e anche di maggiore
democrazie.
Da questo punto di vista dunque ringrazio per la scelta di portare qui a Riva
una riflessione su un tema così importante e così centrale. Buon lavoro.
Moderatore:
Grazie Assessore Olivi. È il momento del Presidente dell’Automobile Club di
Trento, Roberto Pizzinini.
Roberto Pizzinini – Presidente dell’Automobile Club di Trento:
Autorità, signore e signori, cari colleghi Presidenti degli Automobile Club
italiani, a tutti voi un cordiali benvenuto in Trentino. In particolare un saluto anche
da parte mia all’arcivescovo Bressan, che oltre tutto è sempre stato molto
interessato e vicino all’Automobile Club di Trento.
Saluto con vero piacere l’inizio dei lavori del IV Forum Internazionale delle
Polizie Locali che si apre oggi a Riva del Garda. Il titolo del convegno, “Dalla
sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva”, è eloquente sulla necessità di
sicurezza nella nostra società.
Credo che gli approfondimenti di questo convegno daranno un contributo
concreto a questioni molto importanti per i cittadini, quali la sicurezza e la vivibilità
in ambito urbano. Temi condivisi in pieno da sempre dall’Automobile Club.
Oggi la sicurezza è diventata una priorità, un’esigenza irrinunciabile.
Sentirsi protetti, sicuri, nel proprio territorio, nel proprio ambiente, dove passiamo
la nostra vita, con i nostri cari, è un diritto e la Polizia Locale, quale Forza
dell’ordine vicina, spesso garantisce questo diritto, come quando presiede i rioni,
le scuole e i pedoni sulle strade.
Gli obiettivi di questo forum vanno dalla valorizzazione delle competenze e
delle esperienze in materia di circolazione e sicurezza stradale al presidio del
territorio, alla necessità di promuovere e sviluppare iniziative comuni in materia di
mobilità, di sicurezza stradale, di promozione dell’ambiente, di analisi del
fenomeno automobilistico dei nostri tempi, con i quali ci confrontiamo ogni giorno.
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Vale la pena evidenziare nel corso dei lavori i progetti che individuano e
avviano le strategie politiche comuni per la sicurezza in ambito urbano, attraverso
un’analisi e un confronto delle migliori pratiche e delle migliori esperienze, con la
comparazione di varie realtà nazionali e internazionali, che in così grande numero
già da oggi pomeriggio saranno partecipi al dibattito proprio su questo tema.
Questi obiettivi che ACI, con il Forum di Riva del Garda, ha promosso e
sostenuto, sono valori preziosi, che vanno sviluppati e perfezionati sempre di più,
sia a livello nazionale che Internazionale, per garantire la sicurezza di noi tutti.
La conoscenza di esperienze e di iniziative realizzate in diversi Paesi, vuole
ampliare e arricchire l’attività convegnistica nazionale, creando un momento
istituzionale che rappresenti e diventi sempre di più un sicuro riferimento per tutte
le Polizie.
La necessità di favorire azioni di coordinamento tra le forze di Polizia
chiamate ad agire in materia di circolazione stradale e di sicurezza del territorio, è
sicuramente una priorità anche legislativa. La stagione delle riforme che
attendiamo avrà sicuramente delle ricadute in termini di attività degli agenti che
operano quotidianamente sui territori delle nostre città.
Ognuno per la propria parte di competenza, dobbiamo adoperarci perché
ciò avvenga il più presto possibile.
Anche quest’anno il Forum è arricchito del secondo criterio, che prevede
una gara ti tiro operativo, per esibire la professionalità dei singoli operatori e dei
corpi che quotidianamente svolgono queste attività, ma anche per dare una
dimostrazione ai cittadini della perizia e dell’abilità raggiunta dagli agenti di Polizia
Locale.
Auspico infine che questo momento congressuale mostri alla cittadinanza e
alle amministrazioni locali il costante sforzo di aggiornamento svolto dagli
operatori delle Polizie Locali, evidenziando i molteplici compiti e le professionalità
raggiunte dagli agenti nell’ambito della loro attività di tutti i giorni.
Chiudo ringraziando la Provincia Autonoma di Trento, in particolare il
Presidente Dellai, che sempre ha creduto in questo Forum e in questa iniziativa da
parte dell’ACI, intervenendo con risorse umane ed economiche. Sono certo che
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questo Forum contribuirà anche a migliorare le conoscenze e la sicurezza per la
gente del Trentino.
Ancora buon lavoro e buon soggiorno a Riva del Garda.
Moderatore:
Grazie Presidente Pizzinini.
È stato citato da tutti gli interventi svoltisi fino ad ora: pregherei quindi
l’arcivescovo monsignor Bressan di portare il suo saluto.
Mons. Bressan:
Buonasera a voi tutti e benvenuti in questa città che mi è particolarmente
cara, anche perché qui ho potuto esercitare il ministero sacerdotale, come giovane
prete. Benvenuti anche nella nostra comunità diocesana, che io presiedo.
Ringrazio per il riferimento e apprezzo che l’ACI non si interessi soltanto
delle automobili ma, come sua tradizione, anche del benessere delle persone e
qui, anche in un convegno sostenuto dalla Provincia Autonomia di Trento, ha
invitato un rappresentate della Chiesa per dare il proprio contributo specifico.
A questo proposito vorrei menzionare che la Santa Sede ha un dipartimento
denominato Pontificio Consiglio, che segue le questioni della mobilità umana nei
suoi vari aspetti. In corrispondenza poi ci sono uffici e commissioni a livello
nazionale.
Mi soffermo su alcuni principi: anzitutto vi è il diritto alla comunicazione, già
nel 1500 il grande internazionalista laico, non sacerdote, Francisco de Victoria,
scriveva: “All’inizio del mondo, quando tutte le cose erano comuni, era lecito a
chiunque dirigersi e percorrere le regioni liberamente e non sembra che tale diritto
sia stato annullato dalla partizione delle terre. D’altra parte non vi fu mai intento
delle genti di impedire la comunicazione tra gli uomini”. Ovviamente questa potrà
essere regolata, salvo però il diritto principale, recepito del resto dalla nostra
Costituzione, del potersi spostare e comunicare.
Il secondo principio è quello della corresponsabilità, per le persone, la
natura, l’ambiente. La Bibbia afferma infatti, fin dall’origine, che Dio ha affidato la
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Terra all’uomo perché la coltivasse e la custodisse. Questi due verbi esprimono
l’impegno per il progresso e una preservazione intelligente del Creato, il quale
mantiene sempre una finalità universale, anche quando si riscontrano proprietà
private, come hanno una destinazione universale anche i mezzi tecnici prodotti
dall’uomo.
È necessario quindi rispettare il giusto equilibrio tra libertà personale,
potenzialità tecniche e servizio alla comunità. Con uno sguardo rivolto all'intera
umanità e anche alle generazioni future. In tal senso la preoccupazione ecologica
non è nuova nella morale cristiana che gli dà appunto un ampio respiro,
salvaguardando soprattutto il primato dell'uomo. Un terzo principio è quello del
valore della vita umana, già nel catechismo, nella chiesa cattolica del 1992 si dice:
"Coloro che in stato di ubriachezza, o per smodato gusto della velocità, mettono in
pericolo l'incolumità altrui e la propria sulle strade, o in mare o in volo, si rendono
gravemente colpevoli”. Certo, nelle proposte di esame di coscienza che noi
facciamo per i bambini e per i ragazzi, non si pone relativa domanda, ma
chiaramente, in conseguenza di quanto asserito, essa sorge per gli adulti. Come ci
comportiamo, moralmente, sulle strade? Anzi, ad un cristiano orientato ad un
amore positivo viene posta quella se abbia cercato non solo di evitare il male, ma
di compiere il bene. Nel 2007 poi, il Pontificio consiglio sulla mobilità, che ho
menzionato sopra, ha pubblicato un consistente documento proprio sulla pastorale
per gli utenti della strada. In esso, tra vari aspetti, si afferma: "La strada non era
più soltanto una via di comunicazione, essa diviene luogo di vita nel quale si
passa gran tempo, gran parte del proprio tempo. Con l'uso di un veicolo viene
favorita la vita sociale e lo sviluppo economico. Un altro aspetto positivo della
mobilità è la possibilità di migliorare la dimensione umana di ciascuno, grazie alla
conoscenza di altre culture e persone, di religione, di etnie, di costume differenti”.
Nel documento vengono enucleati anche gli aspetti etici, nel lato positivo e
negativo dell'etica, sia per gli autisti, sia per i pedoni. Ma già Paolo VI dichiarava:
"Troppo sangue si riversa ogni giorno in un'assurda contesa con la velocità e il
tempo".
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Poiché la cura della vita e della stessa salute è dovere di tutti, il Pontificio consiglio
sviluppa il tema dell'educazione stradale, che include il servizio al prossimo, le
virtù della prudenza e della giustizia. È compito della Chiesa, lo sentiamo come
nostro, evangelizzare l'ambiente della strada, al riguardo non dimentichiamo che il
cristianesimo, nei primi decenni, era chiamato: "La via". Nel Trentino sono sorti,
nell'alto medioevo, oltre 50 ospizi che accoglievano i viandanti del tempo.
Infine devo esprimere anche la mia gioia, la mia soddisfazione che questo
convegno, rispondendo alle istanze pratiche, economiche ma anche etiche, si
rifletta sul modo migliore per migliorare oggettivamente la sicurezza stradale,
attraverso le norme legislative già stabilite, o auspicabile. La prevenzione di un
traffico eccessivo, il comportamento dei singoli, la qualità degli automezzi, le
condizioni dei percorsi stradali, l'assistenza della polizia al servizio del cittadino
della comunità, con grande rispetto e riconoscenza, a volte rendete questo
servizio. Accanto alla responsabilità individuale infatti vi è anche quella delle
istituzioni, certo, il campo, come indicano i titoli delle numerose relazioni affidate
ad eminenti personalità, è vasto, ed esprimo riconoscenza per la vostra dedizione
al bene comune ed anche un fervido augurio per un ottimo congresso. Tanti
auguri a voi tutti, buon lavoro.
Moderatore:
grazie Monsignor Bressan per il suo autorevole richiamo alla centralità della
persona umana nel quale il tema della sicurezza sicuramente si fonda. Era l'ultimo
degli indirizzi di saluto di questa cerimonia inaugurale, ora diamo inizio alla parte
più propriamente politica degli interventi, con il vicepresidente della commissione
permanente trasporti della camera, onorevole Silvia Velo.
Silvia Velo – Vice Presidente della Commissione permanente Trasporti della
Camera dei Deputati:
buonasera, innanzitutto desidero ringraziare per l'invito, per l'opportunità,
l’ACI e gli altri organizzatori di questo forum, le autorità locali, che ci ospitano è in
questa bellissima località. Io, lo dico francamente, vengo da lontano, dalla
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Toscana, devo rientrare a Roma, ma il luogo valeva comunque la pena del
viaggio. Saluto l'arcivescovo e lo ringrazio per le parole che ha detto, per la
riflessione che dovremo fare ogni giorno sul rispetto della vita umana e sulle
priorità che si dovrebbero guidare nella nostra attività legislativa e parlamentare.
Poi ringrazio per il contesto di grande prestigio, per i temi trattati, per la qualità
degli ospiti, dei relatori e dei presenti.
Il tema ha impegnato me e la nona commissione trasporti della camera, di cui
sono vicepresidente, per tanto tempo e ci sta impegnando tuttora, per una buona
parte del nostro lavoro. La nostra commissione trasporti e telecomunicazioni copre
un ambito di attività molto ampio, ma al tema della sicurezza stradale abbiamo
dedicato molto spazio dei nostri lavori parlamentari. Per prima cosa mi vengono, in
questo quadro, anche a seguito delle parole dell'arcivescovo, due riflessioni
rapidissime. La prima è questa: si parla spesso di sicurezza nel nostro paese era
forse bisognerebbe riflettere e cogliere l'occasione in questo contesto, per dire
quanto sono pari a sproposito. Se chiediamo agli italiani quali sono le loro
preoccupazioni per la sicurezza, viene sicuramente fuori la questione relativa alla
criminalità, o ancora all'immigrazione, a reati comuni contro la persona. In realtà in
Italia muoiono, i dati sono in calo, quasi 5000 persone ogni anno sulle strade. Se
ci pensate questo è un numero enorme, da guerra, 13-15 morti al giorno, un
numero altissimo di giovani e giovanissimi. Gli incidenti sulla strada sono la prima
causa di morte per i ragazzi sotto i trent'anni, un costo altissimo. Naturalmente in
termini di vita umane, questo è l'unico parametro che ci può interessare, ma
anche, se vogliamo essere cinici e più pragmatici, in termini di costi effettivi. Si
parla di circa 35 miliardi di Pil, tra costi diretti e indiretti. Una cifra enorme, stiamo
discutendo di manovre aggiuntive di contenimento della spesa pubblica e non
ragioniamo di quanto si potrebbe utilmente investire in sicurezza stradale,
riuscendo non solo a salvare un numero enorme di vite umane, ma anche a
risparmiare sui costi che complessivamente il sistema sostiene per gli incidenti, i
risarcimenti, le assenze dal lavoro, le invalidità. Il 51-52% di incidenti sul lavoro
sono i cosiddetti incidenti in itinere, c'è cioè quelli che avvengono nel tragitto casalavoro e viceversa, che pure incidono nei costi dell'Inail e quant'altro. Un terreno di
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lavoro rilevantissimo, che dovrebbe, a mio avviso, essere di primario interesse
nell'attività legislativa, parlamentare, nella discussione politica e che invece io mi
trovo ad affrontare in contesti quasi sempre settoriali, tematici, marginali, diciamo
così, rispetto al dibattito politico più generale.
Questa è una grande responsabilità che secondo me noi addetti ai lavori abbiamo,
cioè quella di rendere questa discussione, questo dibattito una vera priorità del
paese e dell'Europa, perché poi noi siamo nella media, ma il tema è ricorrente in
tutta Europa. Se si parla di sicurezza in Italia, la priorità sono i morti sulle strade,
non è un'ovvietà, ma è un dato oggettivo, purtroppo di gran lunga la più rilevante
di tutti gli altri elementi di insicurezza che possiamo trovare nella nostra vita
quotidiana. Io credo che questi contesti abbiano una grande responsabilità,
grande pregio di dibattere di questioni tecniche, normative ed organizzative, ma
anche il dovere di sensibilizzare noi politici che l'opinione pubblica su un tema così
rilevante, che riguarda quasi 5000 vite umane ogni anno irrimediabilmente.
L'altra riflessione è sul termine incidenti. Io credo che bisognerebbe, tutti insieme,
decidere di smettere di usare questo termine, perché in realtà, nella grande
maggioranza dei casi, quello che succede sulle strade non è frutto di incidentalità,
di un caso imprevedibile o fortuito. Spesso, anzi, nell'80-90% dei casi, secondo le
statistiche, è frutto di un comportamento umano sbagliato. Poi c'è l'infrastruttura, la
strada non adeguata, ma è il nostro comportamento sulla strada dovrebbe
adeguarsi alla cattiva qualità di cui infrastruttura. Non incidenti, ma frutto di
comportamenti errati, come tali evitabili, lo ripeto: come tali evitabili. Su questo io
credo che una grande operazione di verità e culturale debba essere svolta, perché
senza di essa questo tema non diventerà la priorità della politica, quindi non
diventa una priorità per chi può emanare leggi, e per chi può decidere dove
investire le risorse pubbliche. Ormai, anche comprensibilmente vi si investe anche
in funzione del consenso che si ha su quell'investimento: se un tema non è
all'attenzione, nessun amministratore locale, provinciale, comunale, regionale, fino
allo Stato
centrale, decide di investire in quel settore. Invece, in questo caso,
appunto, con risorse adeguate, che non sono i 35 miliardi di costo, ma un quinto,
un sesto, si potrebbero salvare tantissime vite umane.
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La prevenzione, l'educazione, la formazione e l'informazione dovrebbero essere le
nostre priorità. Io devo dire che da questo punto di vista, parlo da parlamentare
dell'opposizione, sono comunque soddisfatto del lavoro che si è fatto in
commissione trasporti dall'inizio della legislatura. Nel 2000 e 10 abbiamo preso
legge una riforma del codice che peraltro partiva da un testo voluto dal precedente
governo, quindi di altro segno politico, poi via via aggiornato, in cui ci siamo
concentrati sui temi della prevenzione, dell'educazione, della formazione nonché
della repressione. Siamo intervenuti, nella riforma del 2010, con grande impegno
sui comportamenti a maggior rischio di causa di incidenti: guida in stato di
ebbrezza, sotto l'effetto di stupefacenti, eccesso di velocità. L'abbiamo fatto e
irrigidendo il regime sanzionatorio, attirandoci naturalmente anche un po' di
impopolarità, ma con buoni risultati. Le forze dell'ordine ci dicono che le norme più
severe hanno ridotto numero di incidenti, perché sanzioni più severe hanno indotto
anche una modifica nei comportamenti, soprattutto dei giovani. L'introduzione del
tasso alcolemico zero per i neopatentati per i primi tre anni, è stato uno strumento
che ha portato non solo repressione, ma anche prevenzione. I ragazzi hanno
cominciato a ragionare non di non bere più, purtroppo, o comunque di bere meno,
che sarebbe meglio, ma di organizzarsi per esempio con il guidatore designato,
quello che appunto, a turno, quando si esce, decide di non fare uso di alcol. Ci
siamo concentrati anche sulla prevenzione, di introduzione della guida
accompagnata a 17 anni per i ragazzi che possono, per un anno, cominciare con
un accompagnatore a guidare l'auto, quindi trovarsi con l'esame per la patente già
adeguatamente formati, è stata un'altra riforma che secondo noi sta andando
buoni risultati. Poi il test pratico per i ciclomotori, le norme sulla mini vetture,
fenomeno soprattutto romano e milanese, che purtroppo, per gravi incidenti, è
balzato all'attenzione della cronaca.
Abbiamo fatto un lavoro importante, che ha visto la commissione lavorare in
maniera congiunta tra maggioranza, opposizione e governo; un lavoro che ha
portato all'approvazione di un testo all'unanimità. Oggi, lo dico sperando di
lasciare il testimone al sottosegretario Davico, che ancora non è arrivato, si
aspettano ancora molti decreti attuativi di emanazione ministeriale. Molti decreti
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attuativi che potrebbero permettere l'attuazione di questa riforma in maniera più
efficace ed efficiente. Siamo in ritardo, c'è un ritardo rilevante, colgo questa
occasione per sollecitare l'attuazione da parte del Governo di questa norma. Molto
è stato fatto, come ripeto, con soddisfazione di maggioranza e opposizione, molto
resta da fare. I decreti attuativi e, come, un segnale più rilevante in termini di
controllo sulle strade, perché l'inasprimento delle pene è importante, ma se non
viene attuato attraverso un adeguato numero di controlli, rimane inefficace. Ora,
su questo c'è il tema delle risorse alle forze di polizia, c'è il tema del
coordinamento dei vari soggetti che operano sulla sicurezza sulle strade, c'è il
tema, lo dico qui avendo discusso più volte in commissione con i colleghi eletti in
queste zone del paese, di un'Italia che, anche in questo senso, non è uguale
dappertutto. Infatti le sanzioni più severe trovano un'ampia applicazione in alcune
parti del Paese e in altre no. Quindi un ulteriore inasprimento creerebbe forse
un'ingiustizia eccessiva. Su questo ancora c'è molto da fare e credo che da luoghi
come questi debba venire, anche in questo caso, una sollecitazione al Governo
per fare più e meglio.
Oggi però siamo ripartiti, è di questi giorni l'avvio di un percorso di legge
delega al governo, su una riforma organica del codice, perché nel 2010 siamo
intervenuti in quei segmenti specifici che citavo prima nelle parti del codice legate
soprattutto alla sicurezza. In quel lavoro ci siamo accorti che le modifiche del
codice, dal 92 ad oggi, si sono stratificati nel tempo, creando un numero enorme di
articoli di legge, spesso, anzi, talvolta in contraddizione tra loro, talvolta in
contrasto, per esempio, con le norme comunitarie, oppure con la prassi
comunitaria. Stiamo depositando, sia il presidente Vaòlducci che io, due proposte
di legge delega al governo, di riforma, e in cui diamo indicazioni al Governo
perché si vada ad emanare un codice relativo alle norme di comportamento degli
individui,
è
indirizzato
alla
delegificazione,
alla
semplificazione,
all'omogeneizzazione delle sanzioni su quadro europeo. Una parte, invece, di
natura regolamentare, relativa alle norme tecniche, ovvero caratteristiche dei
veicoli, caratteristiche delle strade, e quant'altro. Noi crediamo che questo possa
essere un indirizzo di lavoro al Governo, utile per rendere il codice più leggibile,
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quindi più efficace nella sua applicazione. C'è poi una questione che lascio qui in
sospeso, su cui stiamo ragionando: l'introduzione del nuovo reato di omicidio
stradale, su cui c'è una discussione aperta. Siamo tutti consapevoli che ci vuole
una maggiore tutela delle vittime, perché ci sono troppi casi di comportamenti non
incidentali, ma chiaramente a rischio, ad esempio chi guida ubriaco, chi ha avuto
più volte comportamenti di questo tipo e la derubricazione a reato corposo rende
le pene inadeguate, anche rispetto alla tutela delle vittime e dei familiari delle
vittime. Stiamo ragionando se l'introduzione di una nuova fattispecie di reato sia lo
strumento più adeguato. Io personalmente ho dei dubbi in questo senso, perché
allora ci sarebbero l'omicidio sul lavoro e molti altri ancora. Io riterrei, ma su
questo poi mi rimetterò alla discussione che si farà in commissione, con le
audizioni, più utile una revisione, una limitazione del ricorso alle pene accessorie,
del patteggiamento e quant'altro.
Comportamenti di questo tipo e la derubricazione a reato colposo rende le
pene inadeguate anche rispetto alla tutela delle vittime e dei loro familiari, stiamo
ragionando se l’introduzione di una nuova fattispecie di reato sia lo strumento più
adeguato. Personalmente ho dei dubbi in questo senso perché allora ci sarebbe
l’omicidio sul lavoro e quant’altro; riterrei – ma su questo mi rimetterò alla
discussione che si farà in Commissione con le audizioni – più utile una limitazione
del ricorso alle pene accessorie, del patteggiamento e quant’altro perché la
fattispecie del reato non garantisce la tutela delle vittime ma dico questo per
rendere evidente che abbiamo avviato un percorso di discussione sulla revisione
del Codice ampio e approfondito, con l’attenzione non solo a chi guida e a chi
opera, ma anche a chi subisce e a chi rimane vittima dei così detti “incidenti
stradali”. E’ un lavoro rilevante che, ripeto, a me dispiace che venga visto anche
dai colleghi come un lavoro di settore; quando si discute con i colleghi della
maggioranza e dell’opposizione del nostro lavoro in Commissione sul Codice della
strada, siamo “quelli di settore”, “i tecnici”, per cui veniamo trattati come i tecnici,
un po’ rompiscatole perché a nessuno fa piacere vedere inasprire le pene sulla
strada, specialmente se colpiscono il loro comportamento. In realtà è un tema di
grande rilevanza, che riguarda milioni di italiani e le loro famiglie e, purtroppo,
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migliaia di vittime. Io ho citato le 4.800 vittime che sono i morti, ma sono più di 200
mila le vittime di incidenti: un numero altissimo.
Concludo dicendo con altro elemento di soddisfazione: il lavoro bipartisan
della Commissione trasporti e il lavoro parlamentare. In una legislatura in cui
siamo andati avanti e stiamo andando avanti a colpi di decreti di fiducia, l’esempio
della Commissione trasporti, da questo punto di vista, è un grande esempio e un
Paese in cui i problemi da risolvere sono tantissimi e enormi, se questo metodo
venisse usato anche per altre questioni, forse ci consentirebbe di crescere e di
fare qualche passo in avanti anche in un contesto europeo che ci dà qualche
dispiacere come italiani, a prescindere dalla nostra collocazione politica.
Grazie.
Moderatore:
Grazie, Onorevole. La parola al Presidente dell’Automobile Club d’Italia
Enrico Gelpi
Enrico Gelpi – Presidente Automobile Club d’Italia
Buona sera a tutti. Saluto anch’io l’arcivescovo Mons. Bressan, la comunità,
le Forze dell’Ordine, le Polizie Locali oggi così numerose, non solo italiane ma
anche straniere; saluto i Presidenti degli Automobile Club provinciali così
numerosi; un saluto in particolare al Presidente Roberto Pizzinini dell’Automobile
Club di Trento che ci ospita; saluto e ringrazio tutti coloro che hanno collaborato
alla riuscita di questo convegno.
Mi ricollego anch’io alle parole che ha pronunciato l’arcivescovo Bressan,
sottolineando non quello che è stato rimarcato da chi mi ha preceduto, ma la parte
che ci riguarda più da vicino. L’arcivescovo ha detto che l’ACI, con questo
convegno, non si occupa solo di automobili ma si occupa soprattutto di
automobilisti, delle persone, delle persone che si muovono. Questo convegno,
infatti, è parte integrante della Mission di ACI.
Il Forum Internazionale delle Polizie Locali, giunto alla sua IV edizione,
come recita il titolo, è finalizzato alla ricerca di un percorso comune: dalla
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva. Per centrare questo obiettivo
occorre la predisposizione, a livello europeo, di regole e comportamenti omogenei
e condivisi; in prospettiva anche un modello unico di Polizia Locale, applicabile a
livello europeo: l’idea intorno alla quale fra poco si confronteranno numerosi ospiti
internazionali che ringrazio nuovamente per aver accolto il nostro invito e ai quali
auguro una felice permanenza a Riva del Garda, confronto che potrà avvalersi
dell’analisi contenuta nel primo dei tre studi che la Fondazione dell’ACI, Filippo
Caracciolo, ha prodotto per quest’evento.
Un ringraziamento particolare va quindi all’Automobile Club di Trento per il
lavoro prezioso di collegamento e di coordinamento con gli enti territoriali; saluto i
rappresentanti del Comune e della Provincia. Con l’occasione quindi saluto anche
i numerosi Presidenti di Automobile Club che, nei rispettivi ambiti provinciali,
manterranno vivi – come sempre fanno per tante altre iniziative ACI – i temi che
saranno qui dibattuti. Tra l’altro molti Presidenti qui in questa sede sono
accompagnati proprio dai Comandanti delle Forze di Polizia Locale delle rispettive
Provincie e dei rispettivi capoluoghi.
Un sincero apprezzamento da parte di tutti, ne sono certo, merita l’impegno
organizzativo assicurato dalle strutture ACI, dalla Fondazione Filippo Caracciolo e
dalle associazioni delle Polizie Locali che con noi collaborano al successo
dell’evento.
Grazie e buon lavoro, fin d’ora, per la prossima edizione del Forum.
L’attuale edizione del Forum si svolge in un periodo in cui l’attenzione del Paese è
volta, in massima parte alla crisi economica Internazionale e alle azioni per
fronteggiarla. Ritengo tuttavia che ci sia spazio per offrire momenti di riflessione e
di approfondimento anche su problematiche che, per come si presentano e per la
loro stessa natura, nondimeno incidono sulle condizioni generali di tranquillità
sociale rispetto alle quali le Polizie Locali sono chiamate a svolgere un ruolo di
rilievo.
Non è certamente questa la sede appropriata per rilanciare istanze di
categoria, però è oggettivamente difficile non evidenziare il ritardo sulla definizione
della legge quadro che le riguarda, oppure non richiamare ancora una volta
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
l’attenzione sulla necessità di creare al più presto la banca dati sulle attività
alimentate da tutti i Comandi, tanto più che per la prossimità al cittadino e per la
complessità della vita nelle aree urbane, le Polizie Locali stanno via via
assumendo quella centralità necessaria a non vanificare la portata dei
provvedimenti che ogni singola Amministrazione ritiene di dover adottare nel
tentativo di mettere in condizione i propri cittadini di vivere meglio e di più il proprio
contesto urbano. Ciò vale per il problema della sicurezza urbana, della sicurezza
ambientale e, soprattutto, per la mobilità e sicurezza stradale, tutti settori che
rientrano tra le principali missioni istituzionali dell’ACI.
Voglio a questo proposito sottolineare la positiva collaborazione tra gli
Automobile Club provinciali e i Comandi di Polizia Locale e Municipale. Sono
diverse le iniziative, che insieme realizzano, di promozione della cultura della
sicurezza stradale e della convivenza civile, fatta del rispetto delle regole e della
legalità; altre se ne potrebbero aggiungere: penso, ad esempio, a trasporti più
sicuri e adatti per il sociale.
Proficua, inoltre, la collaborazione con le Polizie Municipali nel campo della
infomobilità locale, con la Centrale Luce Verde che è già operativa a Roma,
Milano e in tutto il Lazio, un’esperienza che ha buone probabilità di essere estesa
ad altre realtà locali. Grazie al ruolo svolto dagli Automobile Club provinciali di
affiancamento e di stimolo alle istituzioni territoriali, più Amministrazioni e rispettivi
Comandi di Polizia Municipale locale, stanno dimostrando crescente interesse per
questo tipo di attività. Di questo tipo di servizio al cittadino sarà difficile farne a
meno perché, soprattutto nelle aree urbane, ad una mobilità informata
corrisponde, senza dubbio, una mobilità più sicura, più efficiente e sostenibile,
quelle aree urbane in cui vanno concentrati gli sforzi maggiori in favore della
mobilità per tutti, sostenibile dal punto di vista sociale, economico e ambientale;
ancora: quelle stesse aree urbane che continuano a far registrare, purtroppo, il più
alto numero di incidenti stradali verbalizzati dalle Forze dell’Ordine. La più che
probabile conferma di questo primato arriverà tra due settimane quando, insieme
con l’Istat, presenteremo i dati ufficiali 2010 sull’incidentalità stradale in Italia, anno
in cui, tra l’altro, è stata avviata una fase sperimentale di comunicazione rapida dei
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dati da parte delle Polizie Municipali, risultata più efficace quando la
collaborazione è stata diretta, senza cioè il passaggio attraverso altri organi di
rilevazione intermedi. Resta da migliorare la qualità dei dati; le informazioni
ricevute si sono infatti rivelate sottostimate rispetto al dato consolidato. C’è il
problema dell’osservanza delle norme sulla circolazione, che ovviamente vanno
rispettate e fatte rispettare. L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi: l’azione di
controllo sulla strada da
parte delle Forze dell’Ordine è uno dei pilastri che
reggono gli interventi per la sicurezza stradale, proprio perché il 66% degli
incidenti stradali si verificano nelle aree urbane, il compito delle Polizie Locali e
Municipali è di fondamentale importanza nel contribuire a contrastare i
comportamenti più a rischio, quale ad esempio, il ricorrente e preoccupante
fenomeno rappresentato da veicoli che circolano senza una reale copertura
assicurativa.
Sulla base degli ultimi dati disponibili, le infrazioni relative all’obbligo di
assicurazione rilevate dalle Polizie Locali nei principali Comuni capoluogo e dalle
altre Forze dell’Ordine, sono oltre 100 mila, in costante aumento. Circa 22 mila
sono gli indennizzi del fondo di garanzia per le vittime della strada per i sinistri
causati da veicoli sprovvisti di copertura assicurativa, un dato del +10% negli ultimi
tre anni! Si stima che siano 3,5 milioni i veicoli senza assicurazione, il 7% dei 48
milioni di veicoli iscritti al Pubblico Registro Automobilistico. E’ invece accertata
l’esistenza di un mercato di polizze RC auto false, vendute a poche decine di euro,
il fiorire di compagnie fantasma o di compagnie prive di titoli per operare nel
settore auto. A questo fenomeno è urgente porre argine; non è per altro affatto
escluso che a tale situazione di illegalità non siano pure da ricondurre gli ormai
sempre più frequenti episodi di pirateria della strada, altrettanto preoccupanti.
Vi invito quindi alla consultazione dello studio che l’ACI, attraverso la
Fondazione Filippo Caracciolo, ha realizzato sul falso documentale negli illeciti
stradali che sarà illustrato domani mattina. Lo studio sarà messo a disposizione
del Parlamento e, in particolare, della Commissione industria del Senato, la quale
è al lavoro per licenziare, in via definitiva, un testo unificato antifrodi nel settore
assicurativo, approvato già dalla Camera dei Deputati. In materia di RC auto sono
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
circa il 3% quelli accertati; in Inghilterra sono 4 volte di più e in Francia il doppio
ma non perché gli automobilisti di questi due Paesi siano più propensi alle frodi,
ma piuttosto perché – come ha sostenuto anche recentemente il Presidente
dell’Antitrust – in Inghilterra e in Francia trovano conveniente, rispetto a noi,
svolgere un’adeguata attività di controllo sui sinistri. L’ACI segnala che le frodi
collegate all’elusione dell’obbligo dell’RC auto stanno assumendo dimensioni tali
da non poter essere sottovalutate. E’ pertanto auspicabile che nel testo in
discussione al Senato, siano inserite idonee, ulteriori, misure preventive che
potranno garantire la sicurezza della circolazione ma, soprattutto, un risparmio sul
premio di assicurazione pagato dagli automobilisti onesti, fortemente penalizzati
dalle truffe alle compagnie. Ne proponiamo una di forte contrasto, che si integra
con quella della de materializzazione dei contrassegni e cioè l’obbligo di
comunicazione della copertura dell’RC auto per il rilascio e l’aggiornamento dei
documenti di proprietà e di circolazione dei veicoli. Soltanto così sarà possibile
scoprire le irregolarità ancor prima della messa su strada del veicolo. E’ solo in un
contesto che veda opportunamente combinato “il prima e il dopo” che può inoltre
trovare ragione di esistere la formazione, prevista nel testo unificato, di un elenco
di veicoli da utilizzare per l’invio ai proprietari di una comunicazione sulle
conseguenze che deriva dall’evasione dell’obbligo assicurativo. Come accade già
per lo svolgimento di servizi a valore aggiunto, collegati ad esempio all’ordine
pubblico, all’economia, all’industria e al commercio, sicurezza ambientale, anche
in questo settore il Pubblico Registro Automobilistico – e questo non lo scopriamo
oggi – è ormai da tempo un sistema flessibile e sempre più garante delle filiera
della legalità, gestito tra l’altro dall’ACI con proprie risorse economiche e il ricorso
ad avanzate tecnologie. Anche nell’azione di contrasto alle frodi RC auto, il
Pubblico Registro Automobilistico è pronto, in un quadro di collaborazione
istituzionale, ad assicurare il proprio contributo.
Sempre con riferimento alle frodi vorrei segnalare che si ricorre alle
situazioni di irregolarità anche per mancanza di disponibilità economiche. Nelle
famiglie dove si è costretti a rivedere al ribasso il budget per coprire le spese fisse,
il pagamento del premio RC auto viene rimandato ad un periodo migliore e scende
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
continuamente di uno scalino. Lo dico in modo netto: soprattutto per l’obbligo
assicurativo la condizione di difficoltà economica non può assolutamente costituire
un’attenuante per nessun automobilista.
Veniamo ora ai costi della mobilità privata. Spostarsi con il proprio veicolo –
lo abbiamo dimostrato più volte – è una necessità dettata da situazioni critiche
esistenti. Di fronte alla costante crescita della domanda, l’offerta di mobilità in
ambito urbano rimane inadeguata; i tagli dei trasferimenti agli Enti Locali
penalizzano ulteriormente il trasporto pubblico, già di suo lontano dalla pista del
decollo definitivo. A Roma e a Venezia il cittadino utilizza il trasporto pubblico
meno di 600 volte l’anno; a Milano meno di 500; per Torino, Firenze e Napoli
siamo addirittura sotto la soglia di 200 volte l’anno. In queste città il trasporto
pubblico è utilizzato più dai turisti che non dai residenti. La necessità di spostarsi
con il proprio mezzo è pagata dagli automobilisti italiani da un prezzo, per così
dire, “fuori mercato” e non intendono fare di questa necessità virtù, se mai
qualcuno volesse loro consigliarlo. L’ultima edizione dell’annuario statistico ACI ha
stimato in centosettantacinque miliardi di euro il costo delle famiglie per l’suo
dell’auto, costo in aumento, come pure il gettito fiscale, pari a circa 58 miliardi di
euro.
Un dato che abbiamo provveduto ad aggiornare subito, visti i recenti
provvedimenti del Governo di consolidamento dei conti pubblici, sui quali l’ACI ha
certamente molto da recriminare.
Proiettata a dicembre 2011, la stima indica che gli automobilisti
spenderanno circa 3 miliardi di euro in più: 3 miliardi in soli tre mesi. Come il
medico fa con i propri pazienti, anche l’ACI tocca il polso a un milione e oltre dei
suoi associati; avvertiamo “stanchezza da stress” e soprattutto sfinimento a causa
di ripetuti prelievi forzosi di sangue che non viene, neppure in parte, restituito al
sistema circolatorio.
Fuori di metafora: a fronte dei 165 miliardi di euro garantiti dall’uso dell’auto,
l’ACI chiede risorse adeguate e proporzionate, da destinare a interventi per
elevare gli standard di qualità della mobilità, dall’ammodernamento della rete
stradale, attraverso anche sistemi intelligenti di trasporto, alla messa in sicurezza
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dei tratti stradali più pericolosi, allo sviluppo di un sistema di informazione
all’utenza moderno ed efficiente.
Poi ci aspettiamo, pur non ignorando le difficoltà contingenti, un segnale sul
fronte della riduzione dei tributi che gravano sull'uso dell'auto.
C'è di che scegliere, a cominciare dalla soppressione di alcune accise sulla
benzina, che resistono a ogni tempo e a tutti i governi, per finire alla rimodulazione
e semplificazione del bollò auto. Se il bollo tornasse essere bollo di circolazione,
quindi da pagare in proporzione ai kilometri percorsi o in base all'emissione di
CO2, si realizzerebbe sicuramente un sistema più equo, una soluzione che può
essere resa operativa con il ricorso all'attuale tecnologia satellitare.
Un segnale deve venire anche dai Comuni, ai quali l'ACI ricorda il vincolo in
bilancio di destinare il 50% dei proventi delle multe a finalità di sicurezza stradale.
Non è dato sapere quanti Comuni, in particolare tra i più grandi, hanno deliberato
interventi – mi limiterò a indicarne due – per la manutenzione della segnaletica
stradale o per la realizzazione di corsi di formazione, come li obbliga il Codice
della Strada dopo le modifiche in vigore da luglio 2010, di cui parlava anche
l'onorevole Velo, che ringrazio per il suo costante impegno per migliorare sempre
di più la sicurezza stradale attraverso le modifiche legislative della sua
Commissione.
L'ACI aveva proposto di aggiungere un'altra modifica: l'introduzione, cioè, di
sanzioni per i Comuni inadempienti; una proposta che rimane tuttora valida,
perché non è eliminato del tutto il rischio che il valore della norma, ancorché
modificata, perda di efficacia, che rimanga quindi, come nella versione del 1992,
una norma programmatica.
Abbiamo stimato per il 2010 il dato degli introiti delle multe per i Comuni
capoluogo: si tratta di un miliardo e 140 milioni. I conti sono presto fatti: il 50% da
impiegare per la sicurezza stradale nelle aree urbane è pari a 570 milioni di euro,
una montagna di soldi che gli automobilisti vogliono vengano spesi per la
sicurezza loro e di tutti.
Mi avvio alla conclusione: vorrei fare un accenno veloce alla sicurezza
ambientale, settore che vede l'ACI in primissima linea. Anche per questo tema vi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
rimando al testo integrale nell'intervento e ricordo un'iniziativa che abbiamo fatto
assieme a Legambiente, presentando 15 giorni fa a Roma una proposta
congiunta, al Governo e al Parlamento, proprio in tema di sicurezza ambientale,
legata alla mobilità.
Tra le attività e le iniziative che portiamo avanti, cito soltanto la recentissima
costituzione presso l'ACI del Comitato per la gestione dei pneumatici fuori uso, di
cui ci è stata affidata la Presidenza, con la gestione del relativo fondo.
L'affidamento di quest'ultimo compito delicato è un ulteriore riconoscimento
del bagaglio di conoscenze accumulate in oltre cent'anni di storia e di competenze
maturate nel settore della mobilità, che l’ACI traduce in iniziative di stimolo
all'individuazione di opportunità per un'Italia più moderna e in servizi di elevata
qualità, a beneficio di tutti i cittadini.
Rinnovo quindi il mio ringraziamento a tutti voi seduti in platea e ai tanti
relatori che in questi giorni proporranno nuovi approfondimenti sul ruolo delle
Polizie Locali, certo che non saranno trascurati aspetti importanti relativi a
formazione, specializzazione, risorse e organizzazione. Grazie e buon lavoro a
tutti.
Michele Giardiello – Presidente Fondazione Filippo Caracciolo
Buona sera a tutti quanti. Desidero innanzi tutto ringraziare a nome della
Fondazione, tutti coloro che hanno collaborato con noi alla realizzazione di questi
studi: noi ne presenteremo tre questa sera sull’organizzazione delle Polizie Locali
in Europa; domani mattina – come ha annunciato il Presidente Gelpi –
presenteremo l’analisi sul falso documentale e mercoledì mattina presenteremo,
invece, la prima parte relativa alla prima anagrafe delle Polizie Locali. Non c’è, in
Italia, una ricerca di questo genere e noi stiamo cercando, come Fondazione
Caracciolo e come Automobile Club d’Italia, di fornirla mettendola a disposizione
degli operatori.
Permettetemi di ringraziare quindi i Comandanti di tantissimi Paesi e di
tante Capitali europee che hanno risposto ai nostri questionari; permettetemi di
ringraziare tutti gli 8.094 Comandanti d’Italia: tanti sono i questionari che abbiamo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
inviato; ne abbiamo già ricevuti oltre sei mila e continueremo con questo lavoro
per arrivare – questo è quanto ci auguriamo – al prossimo Forum Internazionale
con l’anagrafe pronta. Voglio anche aggiungere che questi lavori sono il frutto di
passione, intelligenza, creatività.
Permettetemi anche di ringraziare i miei colleghi, i ricercatori, i collaboratori
della Fondazione, il Presidente Dott. Rozera, nonché i colleghi dell’Automobile
Club, la Direzione Studi e Ricerche, la Direzione Attività Istituzionali, la Direzione
Comunicazione e l’Ufficio Relazioni Esterne ed Eventi.
Prima di entrare nel merito, raccogliendo le belle parole che l’arcivescovo
mons. Bressan da detto, vorrei riportarvi - per qualche secondo – indietro, alla
giornata di ieri, in cui abbiamo vissuto tutti quanti un momento di grande tristezza,
ma succede quando i personaggi sono noti. Silvia Velo ci ricordava che succede
tante volte, ogni giorno, nel nostro Paese. Ieri è morto, seppur per motivi diversi –
era una gara – Marco Simoncelli: io vorrei, da questo luogo, mandargli un saluto a
nome di tutti quanti voi per dire che questo ragazzo che ha portato il nome del
nostro Paese, con le sue gare sportive, in tante parti del mondo; lui era un grande
corridore ma anche un grande testimonial della sicurezza stradale; vorrei che
questa sala rendesse omaggio a Marco Simoncelli.
(applausi)
Filmato
La necessità che abbiamo avvertito, anche in una stagione di riforme che vi
è nel nostro Paese, la riforma tanto attesa delle Polizie Locali, di cui parlerà il Sen.
Saia, alla riforma dell’organizzazione dello Stato, abbiamo cercato di capire come
negli altri Paesi sono organizzate le Polizie Locali e vi devo dire che è stata
un’indagine molto interessanti. Innanzi tutto va detto che hanno risposto
diciassette Paesi, diciassette Capitali europee, che ci hanno fornito una fotografia
di quelle che sono le Polizie Locali, i loro compiti, funzioni, limiti, i coordinamenti
che hanno tra di loro. La prima cosa che abbiamo pensato quando abbiamo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
cominciato a raccogliere le risposte, è stata l’espressione “Polizia Locale” perché
molti interlocutori, alla domanda: “Com’è organizzata la Polizia Locale”, per
termine “Polizia Locale” fanno riferimento ad un’organizzazione dello Stato che ha
i suoi referenti sul territorio. Per esempio, la nostra Stazione dei Carabinieri, per
loro, è la Polizia Locale, mentre i nostri poliziotti locali – per loro – sono i nostri
ausiliari del traffico. Vi è quindi un’organizzazione da parte delle Polizie che molto
dipende – ma questo era necessariamente così – dal tipo di organizzazione che
ha il Paese in cui operano. La struttura delle Polizie Locali, da chi dipendono, quali
sono i punti di riferimento istituzionali è illustrata in questa tabella che mostra
come sono organizzati e quali sono le gerarchie, la piramide organizzativa che
hanno i vari Paesi. E veniamo alle competenze: abbiamo scoperto che quasi tutte
le forze di Polizia Locale hanno competenza in materia di Polizia stradale e di
ordine pubblico. Questo è un elemento che accomuna tutti quanti; altre Polizie
Locali, a volte, sono intese come una struttura che svolge una funzione molto
simile a quella svolta dai nostri ausiliari del traffico; è questo, per esempio, il caso
di Cipro. Spesso la competenza interessa anche la funzione di polizia criminale,
ossia il contrasto di fatti costituenti reato, per lo più penale, cioè quella che in Italia
più comunemente chiamiamo “Polizia giudiziaria”; è questo il caso di Finlandia,
Regno Unito, Francia, Grecia. Assai più rara è l’attribuzione di alcune competenze
in materia di polizia commerciale, edilizia, venatoria, dell’immigrazione. E’ il caso,
ad esempio e in positivo, di Lettonia, Regno Unito e Spagna.
Vi sono dei limiti alle competenze; uno dei quesiti proprio sulle competenze
riguardava la connotazione dell’essere Polizia Locale e questo ne fa seguire delle
limitazioni oggettive.
Il modello di riferimento su cui abbiamo basato lo studio era quello italiano,
in cui la struttura è incardinata in Comandi di Polizia comunale o Provinciale.
Qui vedete i poteri di limitare la libertà personale. Questo è uno degli
elementi interessanti delle ricerche, nel senso che era un importante banco di
prova capire quali poteri, realisticamente, erano conferiti alle Polizie Locali;
ebbene, le Polizie Locali d’Europa ne escono rivalutate; solo in Estonia, Polonia e
Cipro le Polizie Locali sono sprovviste dei poteri necessari per procedere
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
all’arresto o al fermo dell’indagato. La Polizia Locale di Cipro non può procedere
alla limitazione della libertà personale dell’indagato, ma va precisato che questo
non si riferisce all’unica polizia esistente sull’isola, bensì alle guardie municipali del
traffico, soggetti – come detto prima – sostanzialmente assimilabili ai nostri
ausiliari del traffico. La risposta negativa della Polonia – come vedete nella tabella
– deve essere letta in relazione a quella fornita dal questionario del Comando
polacco che ha precisato che in quel Paese la Polizia Locale può procedere a una
sorta di fermo dell’indagato, ma dopo tale fermo, lo devono consegnare alla
Polizia di stato che, a sua volta, dialogherà con la Magistratura.
Gli operatori. Questa è un’altra di quelle risposte che noi abbiamo trovato
molto interessanti, sempre nel paragone con la nostra situazione. In Italia noi
abbiamo – mediamente – 1,2 agenti per ogni 1000 abitanti; la maggior parte degli
Stati ha una media di operatori locali – ogni 1000 abitanti - compresa tra il 2 e il 4;
sempre in positivo va segnalata la situazione dell’Austria con 4,81 agenti per mille
abitanti, mentre il dato che sorprende più di ogni altro è quello della Francia che
ha dichiarato di avere 15 agenti ogni mille abitanti. Un numero altissimo. Qualche
cattivo – e io sono tra questi – potrebbe dire che, adesso, si capisce perché il
numero di controlli della Francia rispetto alla media europea è così alto. Un
recente studio ha stabilito che, per esempio, per la guida in stato di ebbrezza un
cittadino francese viene controllato – mediamente – ogni quattro anni; in Italia – lo
dicono i numeri, non ve la prendete con me – un cittadino viene fermato per
questo controllo ogni 40 anni! E capite perché.
Le armi in dotazione. Qui vedete come sono organizzate le Polizie nei
diversi Paesi: alcuni hanno le pistole, altri le manette. C’è il caso del Regno Unito
dove gli agenti hanno le manette, i manganelli e non hanno le pistole ma possono
procedere agli arresti. In altri Paesi hanno in dotazione pistole e manette ma non
possono procedere al fermo delle persone; in Finlandia, Slovenia e Irlanda, ad
esempio, gli agenti fanno uso di spray urticanti al peperoncino che, da noi, sono
vietati perché la legge li considera “armi improprie”.
I veicoli in dotazione. Anche qui l’analisi è molto interessante perché qui
spicca il dato del Regno Unito con 2,5 autoveicoli ogni 5 agenti; diversamente, per
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
quanto attiene i motoveicoli, il dato di gran lunga superiore a tutti gli altri è quello
dell’Austria, dove la Polizia dispone di quasi 5 motociclette ogni 10 operatori, quasi
ogni 2 agente.
L’ultima nota dolente: il trattamento retributivo. Quando ho accennato
questo dato al Convegno di Roma, qualche collega ha sollevato delle critiche ma
devo dire che il trattamento economico delle Polizie Locali rispetto al resto
d’Europa, è molto diversificato. La media italiana – e questo voi lo sapete meglio
di me – del trattamento economico delle Polizie Locali è intorno ai 1.500 euro. Ci
sono Paesi che hanno livelli retributivi molto più alti e hanno differenze di
trattamento economico molto diverse.
Io approfitto della presenza di Maurizio Saia che, insieme a Barbolini, da
anni si impegna per la riforma che, francamente, non so se arriverà mai! Penso
che ce ne sia bisogno come il pane
e dico questo conoscendo, da anni, gli
operatori. Naturalmente occorre la riforma, gli strumenti e le dotazioni e qualche
soldino per mettere in condizioni i nostri poliziotti locali di operare meglio, con più
professionalità e, soprattutto, con più serenità.
Grazie mille.
Moderatore
Grazie a Michele Giardiello. Riprendiamo l’ordine dei lavori e do la parola al
Sen. Maurizio Saia. Prego.
Sen. Maurizio Saia – Commissione permanente Affari Costituzionali del
Senato della Repubblica:
Buon giorno a tutti. Innanzi tutto devo dire che personalmente ritengo molto
utili queste ricerche - ricordo anche quella dello scorso anno – che considero
strumenti importanti per capire che cosa ci circonda in questo mondo nell’ambito
della sicurezza urbana.
Non voglio aggiungere nulla e mi limito a fare la fotografia della situazione.
Partirei da Riccione dove c’erano molte persone presenti anche oggi. In realtà c’è
stata qualche delusione sul convegno finale dell’Anci poiché si era percepito che
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
c’era qualcosa che non andava tra i relatori, tra il sottoscritto e Barbolini, e il
Governo, nelle risposte che stavano dando al nostro testo unico, al quale stiamo
lavorando ormai da tre anni, con una serie di difficoltà. Penso che le
incomprensioni nate in occasione di quel convegno ci abbiano tuttavia aiutati a
rimuovere alcuni ostacoli. Lo dico con molta chiarezza, al di là degli schieramenti
politici di maggioranza e minoranza: devo ringraziare il ministro Maroni perché è
stato risolutivo nelle problematiche che si erano arenate nel testo e che
riguardavano alcuni punti. In realtà, alcuni punti erano stati in parte risolti mentre
poi – proprio come la tela di Penelope – si sono ulteriormente ingarbugliati perché,
come sapete, i funzionari sono sempre stati l’ostacolo principale quando si è
trattato di avere il coraggio di spingere sulla normativa. Ebbene, il ministro ha
voluto fare un incontro politico con il sottoscritto e con l’amico Barbolini – che mi
ha chiesto di giustificare la sua assenza e che mi autorizza comunque a parlare
anche a suo nome – con il Presidente della Commissione Vizzini e con il
Presidente Bianco che è il capogruppo dell’opposizione, del Partito Democratico.
I punti, in estrema sintesi, erano questi: i limiti territoriali e temporali. Il
ministro ha concordato sull’opportunità che siano rimossi e questo, a mio parere, è
la prima grossa novità. Negli emendamenti del Governo non c’era la volontà di
dare l’armamento su tutto il territorio nazionale per le Polizie Locali. Io trovavo
questo una sciocchezza ma, soprattutto, una mancanza di rispetto nei confronti di
una forza di polizia che, sia pure locale, non si capisce perché non possa portare
l’arma, anche fuori dal servizio e anche fuori dal territorio di competenza di lavoro.
L’esempio che, da sempre faccio, è che le guardie private portano l’arma su tutto il
territorio nazionale; per quanto possiamo individuare l’agente di Polizia Locale
meno preparato sul territorio nazionale, non posso immaginare che sia a livelli tali
da non poter portare l’arma al di là del suo territorio. Questo non significa che
abbiamo agenti di Polizia Locale che si mettono a fare attività di P.G. o di P.S. in
giro per l’Italia, ma credo che sia un fattore di sicurezza – sia per l’operatore, sia
per i cittadini – sapere che anche fuori dell’orario di lavoro, così come
intervengono i carabinieri e i poliziotti, non possano invece intervenire – o non
possano difendersi – gli agenti di Polizia Locale. Tutto questo era abbastanza
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
incomprensibile.
Quest’ostacolo
è
stato
rimosso;
nel
testo
di
legge,
concordemente tra i relatori e il Governo, sarà previsto un porto dell’arma senza
limiti sul territorio nazionale. Non vi saranno limiti, neppure temporali, per cui la
funzione di P.S. e di P.G. rimane fuori dagli orari di lavoro e questo porta a far sì
che l’operatore abbia le sue funzioni e quindi anche una difesa giuridica che
rimane “h24” nella sua attività finché è in servizio, cioè dipendente di un Comune o
di una Provincia. Abbiamo rimosso gli ostacoli sull’accesso allo SDI, che era
un’altra richiesta importante. In quest’importante convegno di Riva del Garda si
parla molto di sicurezza stradale, che è un tema fondamentale. Ebbene, è il
Ministero degli Interni che ci dice che la maggior parte del controllo stradale viene
effettuato dalle Polizie Locali (per oltre il 52% - 56% a seconda degli anni) per cui
sembra impossibile che, ancora oggi, la Polizia Locale che ferma più auto e più
macchine rispetto alla Polizia stradale, non abbia la possibilità di sapere chi è la
persona che ferma. Questo anche per la tutela dell’operatore ma anche del
cittadino, per evitare che i furbi e i delinquenti, se vengono fermati dalla Polizia
Locale, possano pensare che il controllo che gli agenti fanno si limita alla patente
e all’assicurazione, mentre uno è ricercato e l’agente di Polizia Locale non lo sa, a
meno che non abbia la compiacenza di qualche amico carabiniere o di qualche
agente della Polizia di Stato che gli dà precise informazioni. A parte che la
richiesta di queste informazioni è comunque difficile, va anche detto che c’è un
problema di operatività ed immediatezza delle risposte. Ebbene, finalmente
l’accesso allo SDI, non nella sua completezza ma ad un livello maggiore rispetto a
quello che inizialmente il Governo aveva deciso di dare, è un fatto estremamente
positivo. Tutte le Polizie italiane, quindi, potranno accedere allo SDI e così gli
agenti avranno la possibilità di verificare, immediatamente, se una persona che
viene ferma ad un posto di controllo, sia ricercato, o meno, ed anche per quali
motivi. Altre cose sono, invece, le ricerche su altri aspetti, sulle indagini in corso,
etc. che, francamente, interessano relativamente gli agenti; la cosa importante è
sapere chi è la persona che viene fermata che, se è un individuo che va arrestato,
deve essere segnalato alle Forze dell’ordine competenti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
L’altro punto che è stato superato è quello contrattuale. Nelle ultime slide si
è accennato all’aspetto economico. A me pare che sia stata fatta troppa
propaganda su questo punto; gli articoli sul contratto e sulla previdenza non
passano perché non ci sono le risorse. Questo è vero, ma non è vero che non
passano gli articoli relativi, perché si può decidere la tipologia di contratto che la
categoria deve avere, si possono definire una serie di parametri sulla previdenza e
sulle assicurazioni che oggi non ci sono ed è inevitabile che tutto ciò venga
rimandato a momenti migliori o, comunque, ai tempi in cui si programmerà di
avere anche gli eventuali aumenti. Ciò che è importante è stabilire dei principi di
diritto sulla tipologia del contratto e della previdenza perché, se in questa riforma
si chiedono più doveri da parte degli operatori, a fianco ci sono anche –
ovviamente – più diritti. E’ chiaro che le due cose devono essere accompagnate.
Un altro punto importante, che il Ministro ha voluto che fosse inserito nel
nostro disegno di legge – dico nostro perché io e Barbolini siamo i due relatori - è
la parte relativa alle Ordinanze sindacali. Voi sapete che, a marzo, c’è stata una
sentenza della Corte costituzionale che ha tolto dal pacchetto sicurezza di due
anni fa la parte relativa alle Ordinanze per cui c’è un vuoto legislativo al quale il
Governo e il Ministro tenevano parecchio che fosse risolto. Si è deciso di seguire
la linea che abbiamo proposto noi relatori, assieme a molti tecnici e amici
Comandanti, forze sindacali, costituzionalisti, nel senso che, partendo dalle
obiezioni della Corte costituzionale, abbiamo cercato di proporre soluzioni
innovative. Siamo convinti che sia la strada giusta per arrivare ad un impianto
giuridico per quanto riguarda le Ordinanze che regga e sia inattaccabile; tutto
questo coinvolgendo il Sindaco sia come ufficiale di governo, sia come capo
dell’Amministrazione. Nelle nuove norme è previsto anche il tema del regolamento
di Polizia urbana, che avrà soltanto un passaggio in più perché passa attraverso il
Consiglio comunale. In ogni caso si dà una maggiore solidità giuridica per poter
emettere quest’Ordinanza. Si tratta di una parte molto delicata, sulla quale il
Governo si giocava un po’ la faccia: è stato accettato il fatto che nell’urgenza di
voler formulare questo passaggio sulle Ordinanze si evitasse di fare un decreto,
come si vociferava insistentemente negli ultimi tempi. Questa è la dimostrazione
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che il Ministro crede nell’iter di questo testo legislativo come velocità superiore
rispetto al fatto di fare un decreto del Governo. Questa è la controprova che, sia
noi, sia il Governo e la Commissione Affari costituzionali, sono assolutamente
concordi sulla necessità di chiudere rapidamente questo iter.
Voglio spendere alcune parole sull’iter. Noi abbiamo fatto dei comitati
ristretti, dove gran parte degli emendamenti che avevano preoccupato la categoria
nell’ultimo anno, vengono ritirati dai vari gruppi di riferimento; in particolare, quelli
che per alcuni aspetti creavano più preoccupazione, erano quelli che provenivano
dal gruppo di riferimento del Ministro, ossa dalla Lega Nord, giustamente
preoccupata che le Regioni che erano più avanti con le normative, con le leggi
quadro della Polizia Locale – e in quel caso il riferimento era alla Lombardia – non
venissero penalizzate da una legge che le riportava indietro. Ovviamente non è
così e noi abbiamo inserito una serie di norme di salvaguardia per cui l le Regioni
che sono in fase più avanzata sul piano normativo (Emilia Romagna, Lombardia e
Veneto) non saranno sicuramente danneggiate da questo testo. Ci sarà
comunque un limite minimo oltre il quale le Regioni devono rispettare questa
normativa; in molti casi molte Regioni non hanno ancora una normativa di questo
tipo per cui dovranno legiferare in materia, visto che in questa materia hanno una
competenza che è stata loro delegata dall’art. 17 della Costituzione. Domani
abbiamo l’ultimo incontro al Ministero e poi avremo il penultimo incontro di
Comitato della Commissione per qui la settimana prossima usciremo dalla
Commissione con un testo approvato. A quel punto andremo in aula: questo è un
fatto abbastanza nuovo e, per la verità, ormai quasi più nessuno credeva che
saremmo riusciti a raggiungere i punti che vi ho elencato prima. E’ ovvio che la
situazione politica non è delle più serene e delle migliori; vorrei dire che, forse,
tutto questo ci ha aiutati perché in una fase di legislatura a rischio di tenuta – in
termini temporali – la sensazione è che una proposta di legge che sta andando
avanti da così tanto tempo sicuramente non sarebbe giunta in porto. I tempi biblici
che abbiamo impiegato per arrivare a questo testo, ci hanno aiutato perché c’è
stata un’accelerazione importante e credo di poter dire che, entro l’anno,
consegneremo il testo alla Camera per il passaggio in Commissione e quindi in
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Aula. Tutto questo a meno che non intervengano modifiche sostanziali, cosa che
non è certo auspicabile.
Volevo infine sottolineare un’altra cosa che tuttavia non è una novità perché
ne avevo fatto cenno già a Riccione. Il Ministero, e in particolare la Polizia
stradale, spingono perché in questa riforma sia inserito un emendamento (che
diventa un articolo bis) per quanto riguarda gli ausiliari del traffico. E’ tra noi il
Comandante della Polizia di Torino, Famigli, che è l’autore del testo di legge sugli
ausiliari del traffico. C’è questa novità per cui il problema del taglio degli organici,
del loro invecchiamento e la fase economica che stiamo attraversando con i
vincoli imposti dalla difficile situazione economica e finanziaria, che impedisce di
intervenire sugli organici di tutte le Forze dell’Ordine nazionali (ed in particolare su
quello della Polizia stradale) e delle Polizie Locali ha portato il Dipartimento della
Polizia stradale a chiedere di inserire quest’emendamento per cui possa essere –
e sottolineo questo “possa” – affidata ai privati la rilevazione degli incidenti
stradali: ciò, ovviamente con l’autorizzazione del Prefetto e a determinate
condizioni. Se in territorio urbano, di giorno o di notte, c’è una serie di incidenti
stradali che impegna tutte le Forze dell’ordine locali o nazionali esistenti sul
territorio, gli operatori sanno che, in quella parte di territorio, si va in crisi. In
situazioni di questo genere, in particolare le Forze dell’ordine nazionali, si trovano
a non poter fare determinati interventi, anche di una certa importanza, gravità ed
urgenza. Nei casi cui gli organici, soprattutto nelle ore notturne, non consentono di
intervenire con tempestività, le rilevazioni stradali possono essere affidate a
strutture private, preparate idoneamente; ogni intervento sarà comunque
coordinato dalle Forze nazionali o territoriali a seconda delle competenze. Tutto
questo solo nel caso di incidenti stradali, senza vittime o feriti; se ci sono dei feriti,
deve trattarsi di feriti lievi (colpo della frusta, etc.). Il tutto a discrezione della
Forza di polizia competente per territorio.
Una cosa che ci ha messi un po’ in crisi perché non tutti sono d’accordo; ho
sentito alcuni operatori che intravedono in questa norma una sottrazione di poteri
ma non è così perché i poteri rimangono in capo ai componenti dello Stato, che
siano locali o nazionali poco importa, tanto più se gli incidenti sono di una certa
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
gravita, con morti e feriti. Tra l’altro sappiamo che, nel caso in cui vi siano delle
vittime, deve intervenire anche la Magistratura e quindi è ovvio che non stiamo
parlando di questi casi. Il fatto invece che sia prevista la possibilità di chiedere la
collaborazioni di privati – come ho detto poc’anzi, particolarmente preparati e con
le debite autorizzazioni – credo sia positivo e alleggerisca il lavoro delle Forze di
polizia, che sono già oberate di lavoro e con organici al minimo. Devo sottolineare
ancora che questo testo è fortemente voluto dalla Polizia stradale e stiamo
discutendo in questi giorni i suggerimenti che ci sono pervenuti: vedo che anche
qui in sala ci sono pareri discordanti. Noi siamo ovviamente disposti ad accogliere
suggerimenti e proposte ma chiedo che, prima di fare eventuali osservazioni, sia
presa visione dell’articolato dove sono chiaramente precisati i requisiti richiesti a
chi vorrà candidarsi allo svolgimento di questo servizio. Mi riferisco ai soggetti
privati e alle organizzazioni del volontariato e della protezione civile, che potranno
appunto svolgere questo tipo di servizio, sempre se in possesso dei requisiti
previsti dalla legge. Stiamo parlando di incidenti stradali di lieve entità, che tuttavia
creano disagio alla circolazione e richiedono un notevole impegno alla Polizia
Locale.
Non ho null’altro da aggiungere. In questi giorni siamo molto impegnati
nell’esame definitivo di questo testo perché non vogliamo che ci sfugga nulla e, in
tal senso, chiediamo a tutti quanti vogliono dare il loro contributo di farci pervenire
eventuali osservazioni.
Vi ringrazio.
Moderatore:
L’intervento che chiude la parte politica è affidato al Sottosegretario del
Ministero dell’Interno, On.le Michelino Davico.
On.le Michelino Davico – Sottosegretario Ministero dell’Interno
Buona sera a tutti. La vostra presenza, così numerosa in questa bella
località, dà un valore aggiunto a questo Forum. Il tema che avete scelto, “la
sicurezza”, “le sicurezze”, è sicuramente importante e poi c’è un aspetto, quello
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che riguarda la vostra figura istituzionale che noi seguiamo da tempo.
Personalmente ho la delega agli Enti Locali e non del Ministero dell’Interno o della
P.S.; però siete operatori degli Enti Locali, anche se avete delle competenze che
vanno oltre ed è proprio quella situazione che, per tanto tempo, ha bloccato il
rinnovo della vostra figura, l’aggiornamento, l’ammodernamento, di quelle che
sono le vostre competenze. Noi siamo abituati a pensare al “vigile urbano” in
questo nostro Paese che trova difficoltà a muoversi. Oggi, invece, dobbiamo
pensare che, forse, da qualche parte ci sono ancora i vigili urbani. Abbiamo 8 mila
Comuni, abbiamo quelli avanzati, ci sono le grandi aree metropolitane, ci sono poi
i “comunelli” (io vengo da uno di quelli, e lo dico con tanto rispetto e con tanta
attenzione), dove magari l’operatore della Polizia Municipale fa anche il messo,
giustamente o ingiustamente che sia, perché questo Paese ha tante diversità;
però proprio questa situazione ibrida della vostra figura nel tempo ha creato quella
situazione di stallo a cui accennava prima il Sen. Saia a cui dobbiamo e dovete –
insieme al Sen. Barbolini – tutto il percorso che state facendo. Io l’ho seguito in
parte, per quello che è di mia competenza, ma ci siamo sentiti e ci sentiamo
regolarmente e, soprattutto, ne ho parlato anche con il Ministro. Non sto a ripeterlo
perché le considerazioni che ha fatto sono il frutto di tre anni di lavoro e sono
quindi situazioni portate avanti, mediate, discusse, contrastate, riprese, etc. e sono
il frutto migliore, la situazione migliore a cui si può arrivare in questo momento. Se
riusciranno in Commissione, nei prossimi giorni, a licenziare quel testo, io penso
sarà un passaggio importante, anche storico; se poi, approfittando del Presidente
Schifani o dei Funzionari d’Aula riusciremo a canalizzarlo il prima possibile,
auspicabilmente entro fine anno possiamo, e ad avere questa riforma in questa
legislatura, possiamo finalmente portarla a compimento in lettura in entrambi i rami
del Parlamento. Quindi, facciamo un passaggio storico, importante, dovuto, voluto.
E questo è il primo aspetto che mi sento di sottolineare.
Ci saranno poi delle cose che non saranno complete, che saranno da
migliorare e, forse, anche da cambiare, ma mi pare che la mediazione a cui siamo
arrivati su quel testo ci ha portati a concordare e quindi presentare il miglior testo
possibile, almeno in questo momento, con la contingenza storica che si è creata,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che ci ha obbligati a far fronte a tante situazioni. Noi vogliamo – e mi sento di dirlo
anche a nome degli altri colleghi e del Governo – che la Polizia Municipale e
Locale sia una Forza di Polizia importante, che concretizzi quella vicinanza ai
territori che i cittadini chiedono perché, alla fine, quello che i cittadini vedono nei
quartieri e nelle strade sono gli operatori, non i Sottosegretari o i politici o i relatori
e nemmeno i Comandanti. Costoro hanno bisogno della prima sicurezza, che è
quella del loro lavoro e la garanzia e il riconoscimento della loro competenza, della
loro professionalità e capacità di agire, con i mezzi che la modernità ci mette a
disposizione.
Questo Paese è però un Paese che ha difficoltà a cambiare e a
modernizzarsi, a procedere e, oggi, siamo in un’altra situazione, se non di
emergenza, ma sicuramente una situazione nella quale la sicurezza è traballante;
con la riorganizzazione generale del Paese nel contesto anche Internazionale, di
una crisi difficile. Oggi non possiamo vivere soltanto di rivendicazioni o solamente
di intereressi propri, anche se legittimi, ma occorre un passaggio culturale, politico
e sociale diverso: bisogna collaborare. Si parla in questi giorni del decreto sviluppo
e della possibilità di individuare chissà quali prospettive, ma non è così semplice.
Non penso che il nostro Paese abbia bisogno di ulteriore sviluppo, anche perché
gli sviluppi in questo Paese sono sempre stati legati a incentivi che ora non ci
sono più e che, probabilmente, è sempre più difficile trovare. Questo è un Paese
sviluppato, cresciuto, bello, positivo, anche se ci sono i problemi che tutti
conosciamo. La qualità della vita è buona e questo è un dato di fatto abbastanza
riconosciuto e, quindi, lo sviluppo non può più essere incrementato o portato
all’inverosimile; oggi lo sviluppo passa attraverso la gestione di quello che siamo e
la sinergia e il fare sistema per far sì che questo sviluppo possa continuare e
proseguire, garantendo tutti i diritti costituzionali importanti, primo fra tutti la
sicurezza o le sicurezze che i cittadini meritano. Tutto il resto sono chiacchiere; ci
hanno abituati i giornali, i telegiornali, i talk show a tutte le polemiche. Io penso
che la politica debba essere, soprattutto, concretezza e noi oggi sappiamo che
non è possibile pensare a una rivoluzione in avanti; che cosa vogliamo ancora? Di
che cosa abbiamo bisogno? Di ulteriore sviluppo? E’ chiaro che tutti puntiamo ad
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
una migliore qualità della vita, ma soprattutto non è più possibile pensare a questa
fase con i sistemi tradizionali, ma capire questo diventa difficile. Bisogna solo
riorganizzare l’economia, le finanze, cioè “fare i conti in casa” e noi abbiamo
cercato di fare quello con il federalismo fiscale. Il solo fatto di fare i conti in casa, di
rimettere in ordine i conti, diventa difficile perché siamo aggrappati a situazioni
precedenti, situazioni ideologiche di ciascuno, giuste o sbagliate che siano. Noi
siamo aggrappati a situazioni consolidate che non funzionano più. Oggi ciascuna
comunità deve organizzarsi per far sì che quei diritti fondamentali della persona
siano garantiti. Ecco quindi che anche la sicurezza – uno dei punti importanti del
vostro lavoro – deve essere frutto di quella sinergia, di quell’azione coordinata,
concreta, diffusa, tra tutte le forze e gli operatori e, in questi anni di cose ne
abbiamo fatte, passando – per quanto è stato possibile – proprio attraverso i
Sindaci. Tutto questo per far sì che ci sia più sicurezza. Voi avete visto quante
azioni su questo fronte abbiamo fatto. C’è la grande sicurezza legata alla
criminalità organizzata, ma c’è anche quella più spicciola, legata alle tifoserie, alle
tessere del tifoso, quella legata alla circolazione stradale che è più vicina all’attività
vostra, soprattutto quella delle realtà più piccole.
Su questa qualità della sicurezza si può agire. Leggevo i dati nei giorni
scorsi: ci sono più pedoni che muoiono di tutti i morti che ci sono sull’intera rete
stradale italiana. Questi sono problemi concreti: muoiono più pedoni nelle strade
cittadine che non sulla rete autostradale. Ecco allora che l’esperienza ci deve
insegnare qualcosa. Come mai si è arrivati a questa situazione? C’è un contesto
diverso, ci sono delle concessionarie, c’è una direttiva che va avanti da tempo e
c’è una programmazione, c’è il pedaggio che permette di avere risorse
economiche fresche e importanti, perché su quei chilometri si sono concentrate
molte attenzioni con le quali si è arrivati a fare dei progetti concreti che anche
l’Europa ha sposato. L’abbattimento del 50% delle vittime della strada dovrebbe
essere un obiettivo per tutti. In questo senso anche la nostra e la vostra azione
deve fare sistema con quella di tutti gli altri, andando oltre le semplici o le legittime
rivendicazioni ma creando una sinergia nuova, che non arriva più dall’alto, o solo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dall’alto, ma deve arrivare dal coordinamento territoriale e dal miglioramento
territoriale.
A livello di Stato le cose stiamo cercando di farle. Ci sono progetti
importanti sul Codice della strada; c’è il reato sull’omicidio stradale che è stato
depositato tempo fa e che è in discussione in cui noi crediamo molto, perché ci
vuole anche quest’azione repressiva e forte. C’è poi l’aggiornamento del Codice
della Strada, con tutto quello che è stato fatto, dalla patente a punti al nuovo
Codice della strada e poi l’applicazione delle nuove norme. Tutto questo porta
all’esigenza di aggiornarci, di rivedere, di cambiare, in una continua creatività e in
un continuo lavoro che è in progressione e deve migliorare.
Mi pare che i temi siano importanti, tanti e favorevoli, in un momento in cui
non si deve più fare riferimento soltanto alle risorse che dovranno arrivare ma
dobbiamo, invece, tutti insieme, offrire. Non è che fino ad ora non abbiate dato,
ma questo è un ragionamento nuovo, diverso, a cui forse in questo Paese un po’
immobile non eravamo abituati, ma la contingenza dei tempi ci obbliga a fare e
non ci lascia altre possibilità di manovra. Tutto questo anche perché, se non ci
riorganizziamo in questo modo – e l’esperienza e gli sforzi di altri Paesi sono sotto
i nostri occhi – non riusciremmo a uscire da questa situazione di difficoltà. Se,
quindi, da una parte sottolineiamo una parte del successo di quello che abbiamo
fatto con il nostro impegno nei mesi scorsi, dall’altra parte penso che un convegno
come questo possa essere l’occasione per mettere insieme quella possibilità di
relazionarci tra pezzi diversi delle Istituzioni per far sì che riusciamo a costruire un
Paese che sia veramente migliore, che sia più bello, a misura del cittadino. Al
centro di tutta la nostra attenzione e dei nostri sforzi ci deve essere il cittadino che
ha dei diritti costituzionalmente garantiti e che a noi si rivolge, arrabbiandosi,
quando questi diritti non vengono rispettati. Il cittadino scontento crea un sistema
che, aiutato dai media e dall’esasperazione di questi ultimi tempi, diventa un
atteggiamento anti-politico – come si dice – ma in realtà anti-sistema nei confronti
di tutti. Quello che noi cerchiamo di fare con il nostro impegno e con i nostri sforzi
è un tentativo di andare avanti nella strada democratica che abbiamo intrapreso e
che ha portato questo Paese fin qui. Di qui in avanti ci siamo resi conto, da
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
qualche tempo,che non funzionava più e che bisognava, per forza, riorganizzarlo,
rivederlo, rimetterlo a sistema, per far sì che possiamo continuare a chiamarci
Paese moderno, all’avanguardia, come meritiamo, con un impegno di questo
genere su cui forse nessuno potrebbe – o dovrebbe – sorridere.
Grazie e buon lavoro.
Moderatore:
Grazie. Il suo era l’ultimo intervento di questa sessione politica.
Ringraziamo, quindi, nuovamente il Sottosegretario Davico, l’On. Saia e anche il
Presidente Gelpi, che sono stati i relatori di questa prima parte, per dare avvio alla
sessione propriamente convegnistica di questo pomeriggio.
Sessione convegnistica sul tema
“POLIZIA LOCALE E ORGANIZZAZIONE DELLO STATO”
Moderatore Fabrizio Cristalli – Direttore Generale Vicario della Regione
Lombardia:
Diamo il via a questa seconda parte della giornata che, come sapete,
rappresenta un punto importante di analisi e di opportunità conoscitive, per quanto
riguarda il resto del mondo. È una parte più tecnica, che riguarda le Polizie Locali
in un diritto comparato.
Abbiamo ascoltato le posizioni di carattere politico per quanto riguarda
l'evoluzione del settore della Polizia Locale e abbiamo appreso le novità che
riguardano questo settore a livello italiano.
Io credo che questo momento costituisca un'opportunità, come dicevo
prima, poiché ci consente di fare un viaggio. Normalmente le Polizie Locali nella
loro attività sviluppano la conoscenza del diritto comparato a livello professionale
cercando, alle volte, di viaggiare e di andare in altri Paesi, per comprendere realtà
diversificate da questa.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Questa di oggi invece, attraverso ACI, che ringraziamo, è un'opportunità per
fare un viaggio nell'ambito di circa un'ora nelle esperienze di un settore così
importante del quale le Polizie fanno parte, negli altri Paesi.
In premessa vorrei dire che le Polizie Locali, all'interno di questo Stato,
innanzitutto hanno una dignità fatta di duecento anni, perché esistono sul territorio
proprio da questo tempo. È circa dal 1860 che si sono sviluppate nelle principali
città e poi ne hanno caratterizzato i passaggi epocali, adattandosi a determinate
circostanze sociali.
Mentre ascoltavo gli interventi "politici", mi sono venuti in mente alcuni
aspetti fondamentali. È stato nuovamente posto l'accento sulla sicurezza stradale:
nel 1950 le Polizie Locali sviluppavano la loro professionalità prevalentemente in
ambito di sicurezza stradale e nel tempo, negli anni ’60 e ’70, a seguito delle
diversificate situazioni sociali, le Polizie Locali hanno cambiato orientamento
professionale.
È stata dunque una richiesta da parte della società che ha orientato
l'intervento delle Polizie Locali nel tempo. Vorrei spezzare una lancia sul fatto che
le Polizie Locali hanno sempre avuto chiara la distinzione che le caratterizza
dall'ordine pubblico e dalle altre Forze di polizia, non negando però l'alto senso di
dignità e l'appartenenza a questo corpo.
Credo che questo sia fondamentale, perché è stata la barra del timone che,
pur tra mille difficoltà, ha orientato le Polizie Locali a svolgere bene il proprio
servizio sul territorio.
È una cosa che volevo premettere perché negli ultimi anni, a seguito di
cambiamenti epocali sotto il profilo sociologico, le Polizie Locali hanno dovuto
nuovamente riadattarsi sul concetto di sicurezza, entrando in una professionalità
che non appartiene loro ma per la quale, con attenzione, senza travalicare i limiti e
i
confini
che
vedono
nell'ordine
pubblico
una
competenza
statuale,
costituzionalmente sancita, ciononostante sono entrate a pieno titolo in un lavoro
che oserei definire non complementare ma altamente professionale, di risposta ai
bisogni dei cittadini.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Questa risposta ai bisogni dei cittadini è quella che anima il concetto di
prossimità, perché le due anime delle Polizie Locali, secondo me, si possono
ricomprendere in coloro che vivono la prossimità come l'unico traguardo, l'unico
obiettivo a cui accedere, mentre l'altra anima è quella di fare un salto di qualità,
uniformandosi sempre più allo svolgimento di attività simili a quelle dell'ordine
pubblico. Credo che questo debba essere detto, con onestà.
Su questo però bisogna fare una riflessione e la giornata di oggi si orienta
proprio a capire come sono organizzate le altre Polizie Locali sul territorio
europeo, per avere uno stimolo nel capire ancora più approfonditamente quali
sono le esigenze dei comandi di Polizia Locale per quanto riguarda il futuro di
questa nazione.
Vorrei cominciare subito con il tema che ci riguarda, quindi l'organizzazione,
anche in relazione al problema della qualità della vita, con il relatore italiano, il
comandante di Roma, che ha l'esperienza gestionale organizzativa probabilmente
più grande e importante di questo territorio, essendo nella capitale.
È la più impegnativa, sotto certi profili, quindi chiedo al comandante Giuliani
di illustrarci il suo punto di vista, al di là della libertà di esprimere i limiti delle
organizzazioni, suoi spunti e le sue idee, anche alla luce di quanto è stato detto
oggi e quanto potrà rappresentare per il futuro e per il bene di questo settore
italiano.
Angelo Giuliani – Comandante della Polizia Roma Capitale:
Grazie, dottor Cristalli. Ovviamente l'argomento è intenso e ringrazio l’ACI e
la Fondazione Caracciolo per l'invito. Ho ascoltato molto attentamente il dottor
Giardiello, quando ha analizzato e ha fatto dei paragoni con le altre Polizie Locali
ed europee.
Dopo 25 anni devo dire che la nostra legge non è così male, perché
comunque noi abbiamo i poteri, l'armamento e le qualifiche: il nostro è un discorso
dettato non da rivendicazioni di categoria, ma da una difficoltà strumentale nel fare
al meglio il nostro lavoro.
Dott. Cristalli, noi non vogliamo fare quello che fanno gli altri, sappiamo
molto bene che il bene primario della sicurezza è appannaggio di altri, lo dice la
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
legge 121 e tanto basta. Ma ciò non significa che sia noi che loro, con estrema
collaborazione, non possiamo comunque dare un prodotto, ognuno per la propria
quota parte, di qualità diversa per i cittadini e la nazione.
Non ci sono rivendicazioni di alcun tipo, ma come sanno tutti siamo l'unica
nazione con cinque corpi di Polizia statali, nonostante ci sia già stato fatto qualche
rimprovero, anche ufficialmente. Questo non significa che i Carabinieri e la Polizia
di Stato stiano facendo male, non è il discorso che voglio fare, ma probabilmente
qualcuno deve avere il coraggio di riordinare il tutto, in maniera sapiente,
garantendo le prerogative e la specializzazione, garantendo le altissime
professionalità che ognuno esprime, anche noi della Polizia Locale.
Le rivendicazioni che facciamo sono infatti legate al territorio, legate ad un
allargamento di qualifiche che già abbiamo. Sono poca cosa rispetto ad alcuni
Paesi in cui, invece, queste qualifiche neanche esistono.
Noi viviamo un periodo in cui la Polizia Locale è stata sotto pressione, alla
luce dell'intervento legislativo che ha dato quel potere ordinatorio ai Sindaci nel
2008, poi cassato dalla Corte costituzionale. Non poteva essere altrimenti, ma sia
io che i miei colleghi già al momento dell'emanazione di quell'intervento ci
ponemmo una domanda ben precisa: perché hanno dato un potere ordinatorio al
Sindaco, rispetto alla sicurezza urbana, in qualità di ufficiale di governo e non in
qualità di Sindaco? Perché è un potere di ordinanza "ordinario"?
Io spero che le parole del Senatore Saia facciano andare verso questa
strada: perché non si fa una legge al riguardo e non si ridefiniscono i confini della
sicurezza urbana, che è il nostro ambito di intervento? Il Sindaco dovrebbe
intervenire non come ufficiale di governo ma come Sindaco. Perché questo potere
di centralizzare il tutto non viene bypassato e messo da parte? Perché il potere
locale da una parte riceve una cosa mentre dall'altra parte questa gli viene tolta?
Di cosa abbiamo paura? Di cosa ha paura il legislatore?
Noi siamo pronti ad assumerci le nostre responsabilità, ma loro devono
avere più coraggio. Noi ne abbiamo e l'abbiamo dimostrato, su questo non ci sono
dubbi.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Non posso non intervenire su alcune parole che mi hanno lasciato alcuni
dubbi, Senatore Saia, in merito all'infortunistica stradale. Per carità, tutto è
possibile, anche che intervengano i privati e che si rilevi un incidente stradale con
gli elicotteri, questo non è il problema: il problema è, rispetto alla normativa
esistente, la qualità dell'intervento.
Noi sappiamo benissimo che la Polizia stradale è d'accordo, ma la Polizia
stradale rileva un quarto degli interventi che fa la Polizia Locale. Hanno un
magnifico centro studi, che è un esempio e certo dobbiamo seguirlo, ma anche noi
ci intendiamo un po' di queste cose.
Con quale qualità si interviene, quando potenzialmente qualsiasi incidente
può rivestire la caratteristica di un intervento di natura penale? La segretezza
dell'indagine, da chi è garantita? Dirò di più, la trasparenza dell'intervento, da chi è
garantita? Noi lo facciamo gratuitamente, il nostro intervento è gratuito e
probabilmente anche i privati lo offriranno gratuitamente, non lo so. Va però fatta
una riflessione, anche ascoltando i tantissimi professori e maestri che si intendono
di queste cose.
Noi dobbiamo andare al passo con l'Europa, dobbiamo armonizzarci:
abbiamo degli esempi che funzionano, prendiamo ad esempio la Spagna, su
questo dobbiamo misurarci. Abbiamo le qualifiche, adesso tutte le Regioni hanno
aggiunto le funzioni di polizia tributaria. Quando hanno bisogno di noi, quando
hanno bisogno di riempire una casella vuota e sono con l'acqua alla gola, pensano
a noi e fanno bene. A noi fa piacere, perché innalziamo la nostra qualità
dell'intervento, c'è professionalità.
Non vorrei impressionare i colleghi europei, ma io qui gioco in casa e
potrete perdonare la mia enfasi e la direzione verso cui va il mio discorso. Come
sapete, noi siamo organizzati a strati, nello Stato italiano. Noi interveniamo sul
nostro territorio, con i nostri limiti territoriali e con qualche limite funzionale,
facendo un po' di tutto. Fino a poco tempo fa era impensabile che ci occupassimo
a tutto campo, in tutta Italia – qualche città è già partita tempo addietro – non solo
di microcriminalità ma anche di criminalità organizzata.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Era impensabile che si rispondesse al potere ordinatorio del Sindaco con
l'elasticità e la duttilità propria dell'agente di Polizia Locale. È questa la nostra
forza: la duttilità dell'intervento. La capacità di adattarsi alle richieste del sindaco,
la capacità, ovviamente, di rispondere nell'immediato perché la politica ha questo
ruolo: il sindaco ci dà delle indicazioni e se noi ci riflettiamo sei mesi, il problema si
incancrenisce e non lo risolviamo davvero. La nostra forza è proprio questa, ed è
anche
la
caratteristica
che
non
dobbiamo
perdere,
fermo
restando
il
coordinamento prefettizio, il coordinamento con le altre forze. I patti per Roma
sicura - io porto il mio esempio - fatti con la Regione, con la Provincia e tenuti in
piedi dal Prefetto, sono senz'altro una via da seguire. Ognuno ha le proprie
prerogative, ognuno ce la mette tutta, ma il disegno e l'obiettivo sono unici: dare
sicurezza ai cittadini italiani, ai cittadini europei. Non dobbiamo dimenticarcelo, noi
siamo cittadini europei, addirittura, oso dire, prima di essere cittadini italiani.
Quindi, in quest'ottica, noi ci dobbiamo un po’ sintonizzare, perché ce lo dice
l'Europa: noi dobbiamo attrezzarci, lo dobbiamo fare proprio sotto il profilo della
sensibilità intellettuale, perché siamo già pronti sotto il profilo organizzativo. Non
tutti, perché abbiamo una realtà frastagliata, ma la Polizia Locale ha fatto un salto
di qualità enorme, anche grazie quell'intervento sbagliato, nel 2008, del potere
ordinatorio. Ad ogni modo ci ha dato grande visibilità e spero che la politica, che
ha la responsabilità di tenere in piedi il Paese e di perseguire i propri obiettivi,
aumenti la stima nei nostri confronti, perché è tutto lì.
È un discorso di stima, che io a Roma vedo aumentata a livello istituzionale
con tutti, lo vedo dalla qualità delle indagini che la Procura ci affida e ci delega.
Questo è noto, e non solo, se noi rispondiamo, se noi diamo servizi, con qualità,
non abbiamo nessun problema e qualsiasi obiettivo è per noi raggiungibile. È un
problema di coordinamento, di superare degli steccati che sono semplicemente
ideologici, che io posso pure comprendere, ma noi non vogliamo nulla che non sia
nostro. Abbiamo già un nostro campo di intervento, però io chiedo che ci facciano
fare il nostro lavoro con gli strumenti adeguati. Oggi il Senatore Saia ci ha
rincuorato, perché a livello procedimentale questa legge che ci riguarda arriva ad
un punto in cui, in 25 anni, non era mai arrivata, questa è già una cosa importante.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Mi ha rincuorato, in questo senso, ciò significa che, sotto il profilo politico, c'è
un'unità di intenti che spinge affinché la cosa vada in porto. Questo ci deve
rincuorare. A noi non rimane altro che lavorare di più, nient'altro. Vi ringrazio.
Moderatore:
Grazie Comandante. Un intervento apprezzato, che ha messo in luce alcuni
aspetti. Ha citato il concetto di duttilità dell'intervento, io mi annoto alcuni appunti,
perché poi, da questi spunti, verso la fine, trarrò qualche conclusione, almeno
cercherò di farlo. Sulla duttilità dell'intervento però mi verrebbe molto chiaro la
domanda: come fare, in presenza di tantissime difficoltà, che normalmente i corpi
di Polizia Locale incontrano nella farraginosità burocratica nella quale un po' sono
invischiati? Anche la semplificazione del sistema garantirebbe quello che il
comandante Giuliani chiama aumento ulteriore della professionalità: se da un lato
vi è stato e vi è, a quanto capiamo, il gradimento, potrebbe migliorare ancora.
Su questo punto la Spagna, che lui ha citato nel suo intervento, devo dire
che è piuttosto avanti. Per esperienza personale, avendo potuto riscontrare a
Barcellona l'attività di formazione che avviene in modo congiunto, Mossos de
esquadra e Guardia civil, ho potuto riscontrare, come ci siano, in ambito
formativo, uniformità, omogeneità di formazione tra le forze di polizia sull'intero
Stato. Questo da noi manca ancora: abbiamo una situazione di formazione buona
a livello di polizia sul territorio, parlo di Polizia Locale, ma non vi è una reciprocità
di formazione. A volte le docenze da parte del mondo di Polizia di stato e
Carabinieri si sviluppano presso le Polizie Locali, ma non altrettanto le Polizie
Locali assumono un ruolo docente presso i Carabinieri o la Polizia di Stato. Non si
vuole creare una sorta di gioco a chi ne sa di più, ma quantomeno uno scambio di
informazioni dirette all'Italia, anche perché se la professionalità è così alta, di fatto
occorre che in qualche modo venga resa sempre più visibile, dati gli aumenti che
ci sono stati in questi anni.
La Spagna, come ripeto, è molto attenta allo sviluppo formativo e non solo,
anche a quello organizzativo e quindi darei la parola, molto volentieri, a Teodoro
Pérez Garcia, Comandante della Polizia Municipale di Madrid, perché ci illustri i
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
suoi sistemi, ci dia consigli, ci faccia capire come, di fatto, nel viaggio che stiamo
percorrendo in questo momento, la Spagna si sta muovendo.
Teodoro Pérez Garcia – Comandante della Polizia Municipale di Madrid:
Buon pomeriggio, innanzitutto voglio ringraziare, a norma del Corpo della
Polizia Municipale di Madrid, per questo invito, rivoltoci dagli organizzatori di
questo Forum Internazionale delle Polizie Locali. È una buona opportunità per
scambiare informazioni, a quanto sto sentendo. La mia presentazione riguarderà,
come ha già detto il moderatore, il Corpo di Polizia Locale di Madrid, perché
possiate capire quali sono le nostre competenze e le nostre funzioni, che sono in
linea con quanto viene discusso qui. Come è già stato detto, nel 2013 la nostra
Polizia festeggerà il 175º compleanno, essendo stata fondata nel 1838 e questo
ribadisce l'importanza della Polizia Locale nell'organizzazione e nella sicurezza dei
municipi. Fondamentalmente la Polizia Municipale di Madrid ha registrato un
grande progresso negli ultimi vent'anni, in particolare, proprio nel momento in cui
noi abbiamo aumentato le competenze. Siamo passati dallo svolgere semplici
funzioni di traffico, a diventare una Polizia che è veramente completa, integrale.
La Polizia Municipale di Madrid svolge le proprie funzioni nel territorio di
Madrid, su una superficie di oltre 60.000 ettari, con una popolazione di 3.300.000
abitanti. Qui vediamo il nostro organico attuale: 6900 agenti effettivi che, com'è
stato detto prima, rappresentano un rapporto di 2,1 × 1000 abitanti. Soffriamo,
come tutti, i problemi di tagli di bilancio, abbiamo anche dei prepensionamenti.
L'organizzazione è strutturata in questo modo: abbiamo un piano tecnico, un piano
esecutivo, abbiamo tre turni, mattina, pomeriggio e notte, otto ore quotidiane,
quaranta ore settimanali di lavoro, di servizio prestato. Ci sono due giorni di riposo
settimanale; ci sono due fine settimana continuativi, sabato e domenica, e poi, la
terza settimana successiva, un giorno infrasettimanale. Per quanto riguarda le
competenze, o meglio, l'aumento delle competenze, innanzitutto questo fa
riferimento al servizio ai cittadini. La pressione dei cittadini nei confronti dei
rappresentanti politici in Spagna, attraverso le associazioni dei residenti, le
associazioni dei commercianti, ha fatto sì che i politici più vicini, quindi il municipio,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
gli assessori e il sindaco, percepissero questa pressione da parte dei cittadini.
Questo ha fatto in modo che la Polizia Locale acquisisse sempre maggiore
competenza, perché il cittadino chiede una garanzia per quanto riguarda la sua
sicurezza, una sicurezza soggettiva, vuole che quando passa per la strada non gli
capiti nulla.
La sicurezza soggettiva viene misurata con alcuni indici, per cui c'è una
percezione che vuole che i reati siano diminuiti e negli ultimi 20 anni la Polizia
Municipale di Madrid ha acquisito tutta una serie di competenze. L'organizzazione
della Polizia Municipale di Madrid dipende dal sindaco e poi c'è stata una modifica
importante. Il massimo responsabile operativo è l’Ispettore capo. L'organizzazione
si basa su due criteri, il territorio, con delle unità sul territorio, con i commissariati,
e le specializzazioni, ovvero unità che intervengono in base alla specializzazione
sul territorio, poi ci sono delle unità di appoggio, di supporto. Queste sono le unità
di appoggio all'ispettorato e qui vediamo, in grande, la colonna vertebrale
dell'organizzazione
che
lavora
sul
territorio
e
le
unità
basate
sulla
specializzazione. Nel commissariato del corpo abbiamo le unità che aiutano e
appoggiano l'ispettore capo nel ripartire i servizi, o nel garantire il buon
funzionamento del corpo stesso. Qui abbiamo indicato le varie unità, quindi
abbiamo un'organizzazione dei servizi, un'unità che svolge tutte le istruzioni per i
vari servizi che vengono svolti, nel caso di eventi che vengono organizzati nella
città di Madrid. La cifra non si vede molto bene, comunque ci sono circa 19002000 ordini, vediamo anche il logo della Giornata Mondiale della Gioventù di
Madrid, questo è un caso del grande evento. A fine anno si arriva a 4000 ordini.
C'è un'unità che riguarda il personale, le nomine, un'unità relativa ai
protocolli, di rappresentanza, poi abbiamo creato un'unità che si occupa di
statistica, che registra tutti gli interventi che vengono svolti. Fino a poco tempo fa
lavoravamo e non si traeva vantaggio da questo lavoro. Oggi, grazie a questa
unità, vengono analizzati tutti i dati e, in tale modo, riusciamo ad avere una sorta
di prospettiva di sicurezza per i cittadini di Madrid e anche a potenziare l'intervento
della Polizia in questi punti. Poi abbiamo un'unità di rappresentanza e protocollo,
che si occupa della rappresentanza dell'ispettore capo, che organizza tutti gli
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
interventi protocollari. Poi c'è l'unità degli affari interni, il nome stesso lo dice,
sappiamo anche dal mondo del cinema a che cosa si dedica questa unità. Si tratta
di interventi che dipendono direttamente dal commissariato. Poi c'è un'unità che si
occupa di ricevere le chiamate del cittadino. Come dicevo prima, c’è
un'organizzazione territoriale: Madrid ha 21 distretti amministrativi e ci sono 22
commissariati di distretto, un commissariato per ogni distretto, ad eccezione del
centro storico di Madrid, nel quale esistono due commissariati, considerata la
complessità, la quantità e l'affluenza di persone che si trova proprio in questa
zona, il distretto di Madrid centro. Le unità di distretto rappresentano la colonna
vertebrale del corpo e coprono il 70% degli effettivi di Polizia.
Quali sono le competenze? Sono svariate, quando la complessità o la
specializzazione indicano che serve una competenza specifica; abbiamo il caso
delle competenze amministrative, per i controlli amministrativi che riguardano
norme statali e norme regionali, nonché norme locali, ovviamente, per quanto
riguarda gli esercizi commerciali, i locali, i luoghi di divertimento eccetera. Poi le
competenze di traffico, quelle che riguardano, appunto, la gestione del traffico.
Abbiamo poi competenze anche penali, svolte nel caso dei crimini che si possono
verificare, con l'arresto di persone e vediamo che, in alcuni casi, per determinati
reati, si procede anche alle prime fasi dell'istruttoria, che poi viene rinviata alle
autorità giudiziarie. È un lavoro fondamentale quello che viene svolto dalla Polizia
Locale, anche a livello di prevenzione, quindi di sicurezza in termini preventivi. Nel
panel precedente abbiamo sentito dire che molte volte non si apprezza questo
intervento, ma con la presenza della Polizia Locale è possibile anche verificare la
persona che viene fermata, che viene controllata.
Poi due sezioni che fanno riferimento a due ambiti di distretto, ovvero gli
agenti tutor e poi l'ufficio di assistenza al cittadino: sono novità degli ultimi anni e
hanno portato grandi risultati positivi. Questo ufficio di assistenza al cittadino si
occupa delle richieste dei reclami, delle lamentele, dei residenti. C'è una sede
fisica nel commissariato e c'è una sede mobile, che si sposta nei vari punti del
distretto e raccoglie tutte le lamentele che possono essere presentate in forma
scritta, via e-mail o in forma personale dai cittadini, alle quali si deve rispondere
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
entro un mese. Poi ci sono casi in cui queste lamentele vengono rinviate agli uffici
competenti del Comune.
Ci sono poi sessioni relative agli agenti tutori, che sono i poliziotti
specializzati nel relazionarsi con gli alunni, con i ragazzi delle scuole elementari e
medie inferiori, nelle scuole pubbliche, nei licei e negli istituti tecnici. Effettuano
funzioni di due tipi: un lavoro preventivo, dal punto di vista della sorveglianza e
del pattugliamento della scuola, quando i ragazzi entrano ed escono e durante gli
intervalli, oltre a controlli grazie alle richieste dei direttori o dei capi studio, per
problemi che potrebbero insorgere all'interno della scuola. Lì agiamo solo se ci
viene richiesto di farlo dai direttori, dai rettori o dai presidi.
Questo ha avuto un'ottima accoglienza da parte dei cittadini. All'inizio c'è
una certa reticenza, perché i presidi credevano che in quel modo avremmo
ficcanasato nelle loro competenze. Con il tempo invece si sono resi conto che
quello che facciamo in realtà è essere complementari al loro operato pedagogico.
Sempre su loro richiesta poi organizziamo delle conferenze e delle lezioni sia per
gli alunni che per i docenti, con associazioni di genitori e di madri degli alunni,
sulle droghe, sull'alcolismo, sulle bande; la cosa più recente, che è diventata di
moda, è il bullismo. Noi offriamo dunque delle conferenze affinché siano preparati
sia gli alunni che i docenti e.
Abbiamo poi un ispettorato che si occupa di tutte le unità speciali e ora
vedremo nel dettaglio tutte le unità speciali che costituiscono il corpo della Polizia
Municipale di Madrid.
La prima è relativa alla tradizione storica della Polizia di traffico, cioè quella
che redige i verbali di circolazione e che deve fare delle indagini su tutti gli
incidenti che avvengono nella città di Madrid. Tutti gli incidenti vengono indagati
da questa unità di traffico che non solo fa delle indagini ma raccoglie tutte le
denunce dei cittadini che sono stati testimoni o che sono stati la causa o le vittime
attive o passive nell'ambito di un incidente stradale. Questa unità si incarica altresì
di effettuare tutti i controlli di alcolemia nell'ambito della città di Madrid.
Un'altra è l'unità di salvaguardia e di protezione, che vuole offrire protezione
agli edifici municipali e pubblici e a tutte le autorità municipali: si tratta dell'unità
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che scorta tutti gli Assessori, per il problema che abbiamo avuto finora, il che
implica un controllo e una vigilanza costanti. È dunque un’unità abbastanza
importante nell'ambito della Polizia.
Abbiamo poi un'unità di protezione e assistenza alla famiglia, che deve
istruire e redigere tutte le relazioni relative ai reati riconducibili alla violenza di
genere e alla violenza domestica. Tutte le denunce vengono sottoposte a
indagine, quindi il colpevole dovrà passare alla disposizione del giudice. Devono
anche assicurare l'ordine di protezione, soprattutto per la salvaguardia delle
donne, quando chiedono un controllo ventiquattr'ore al giorno o anche una
vigilanza più sporadica e puntuale.
Poi abbiamo la polizia a cavallo, che troviamo in quasi tutte le Polizie Locali,
che in questo momento si sta trasformando a sua volta perché da lavori
prevalentemente protocollari, che ad esempio enfatizzano il rilascio delle
credenziali ad un nuovo ambasciatore, quando vengono accreditati in Spagna
davanti al re, quando vengono consegnati le chiavi della città, sono sottoposti a
una riconversione e in particolare si occupano della sorveglianza dei parchi e negli
ultimi due anni hanno iniziato a occuparsi anche della vigilanza e della
sorveglianza del distretto storico e centrale di Madrid, dove c'è una grandissima
affluenza di persone, turisti e residente.
Le pattuglie a cavallo si basano sulla necessità di creare un senso di
sicurezza soggettivo. Non ne girano tante, a livello oggettivo, ma soggettivamente
il cavallo si vede da lontano e le persone si sentono protette. I turisti peraltro
vogliono anche farsi fotografare assieme a loro.
Abbiamo poi l’unità di protezione dell'ambiente che deve vigilare sul
patrimonio naturale della città di Madrid, in tutti gli ambiti, per quanto riguarda la
flora, la fauna e le acque. Svolgono la propria attività investigativa e devono
vegliare sui parchi, sulla tranquillità e la sicurezza delle zone forestali di Madrid. Ci
sono due sezioni: una ciclistica e una con le moto.
C’è poi una sezione che si occupa di rilevare il livello di rumorosità dei
veicoli. C'è inoltre un'unità cinofila che ha dei cani specializzati nel rilevamento di
esplosivi, stupefacenti e missioni di salvataggio. Sono a disposizione di tutte le
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
altre unità, distrettuali o speciali, ma soprattutto si occupano di rilevare droghe ed
esplosivi. Poche volte abbiamo dovuto agire nell'ambito dei salvataggi, quando è
successo però i risultati sono stati davvero ottimi.
Abbiamo poi un'unità centrale di indagine investigativa, che è l'ultima di cui
vi voglio parlare, la quale ha avuto il maggiore progresso negli ultimi tempi e ci
porta a parlare del lavoro investigativo della Polizia Municipale di Madrid. Su
richiesta delle autorità, delle altre unità o dell'autorità giudiziaria, passa a indagare
su qualunque tipo di reato, ad esempio falsificazione di documenti in particolar
modo vincolati al traffico. Ha tre competenze specifiche: le indagini sugli incidenti
sul lavoro; tutti i reati contro la proprietà intellettuale, ad esempio la falsificazione
di dvd e di cd, e tutti i reati relativi alla contraffazione della proprietà industriale,
quindi borse, abiti, capi d'abbigliamento.
Questa sezione dispone di una sottosezione a mio parere mal posta che si
occupa della sorveglianza di determinate rotte e linee di bus: in pratica evita che si
verifichino dei furti sulle linee più pericolose. Come dicevo, è inquadrata
nell'ambito di questa unità ma io credo che non dovrebbe appartenerle, mi
permetto di criticarla visto che non sono a casa mia.
Abbiamo poi l'unità di educazione stradale, composta da poliziotti
specializzati che offrono lezioni di educazione stradale nelle scuole elementari,
medie inferiori, medie superiori e, su richiesta, anche nelle università. Ultimamente
le hanno fatte anche nei centri anziani perché nella città di Madrid spesso gli
anziani vengono investiti, anche se non sono loro a produrre gli incidenti d'auto.
Per evitare tutto ciò abbiamo cominciato a offrire delle lezioni e delle conferenze
per sensibilizzarli, perché devono attraversare come tutti gli altri. Spesso, poiché
sono anziani, credono di poter attraversare dove vogliono e per questo motivo si
creano degli incidenti.
A volte abbiamo addirittura delle difficoltà a coprire tutte le richieste che ci
arrivano dalle scuole e in più possediamo anche un parco per l'educazione
stradale presso la sede dell'unità, dove tutte le scuole che ce lo chiedono possono
fare delle pratiche di educazione stradale.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
C'è poi l'unità speciale traffico, che ovviamente ha molto a che vedere con
la tradizione della Polizia Locale municipale, che deve scortare tutti i capi di Stato
stranieri e i Presidenti del governo che visitano la nostra città. Inoltre devono
offrire una scorta alla famiglia reale e al Presidente del governo, nei loro
spostamenti all'interno della città di Madrid. Quando non c'è questo servizio da
offrire svolgono funzioni nelle principali arterie di traffico della città.
Abbiamo poi un'unità di analisi urbana e stradale, la quale deve controllare
tutte le vie e le arterie urbane allo scopo di migliorare i flussi di traffico. La
questione urbana è stata aggiunta pochi anni fa, perché la sicurezza non solo
stradale, ma la sicurezza con la S maiuscola, non si basa solo sul pattugliamento:
anche gli architetti delle città devono collaborare. A volte non collaborano, fanno
piazze bellissime, ben progettate, ma magari c'è poca luce, ci sono nascondigli e
angoli bui, focolai di insicurezza.
Quello che fanno queste unità è far sì che quando viene effettuata la
modifica di una piazza, di una zona municipale con arredo urbano, noi stendiamo
una relazione informativa dicendo che quella modifica architettonica proposta
rispetta tutti i parametri di sicurezza e non costituirà un focolaio di insicurezza,
come invece succedeva anni fa a Madrid.
Queste sono le unità di intervento della Polizia Municipale, create nel 2008
in conseguenza di alcuni eventi del 2007 quando, dopo una festa patronale, in una
zona molto tradizionale di Madrid, alla fine è stata attaccata la Polizia Locale. La
Polizia Municipale non aveva una risposta pronta e i politici hanno deciso che
doveva essere creata quest'unità di intervento speciale, che agiva proprio nei casi
di grande agglomerazione, come ad esempio quando si celebra il Capodanno o
nel luglio scorso le Giornate mondiale della gioventù.
Credo che questo forum sia eccellente, le Polizie Locali sono le più vicine ai
cittadini, quelle che hanno la maggiore capacità e duttilità nell'adeguarsi ai nuovi
eventi, alle nuove richieste e istanze del cittadino, ovvero le persone che
dobbiamo servire. Abbiamo dunque una potenzialità enorme e credo che
dobbiamo saperla cogliere.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Moderatore:
Grazie comandante Garcia.
Ho annotato due punti di continuità tra quanto diceva il comandante Giuliani
e quanto ha detto il comandante Garcia. Giuliani dice di dare sicurezza ai cittadini
e Garcia parla della pressione dei cittadini per una maggiore sicurezza. Siamo
sempre nello stesso ambito: c'è sempre una richiesta di risposta.
Da questi due interventi di carattere Internazionale ci stiamo avvicinando a
quanto già conosciamo, che può essere lo spazio che le Polizie Locali occupano
con grande professionalità.
Ora è il turno della Germania, con Ralf Molocher, Direttore della Polizia di
Monaco di Baviera, che ci illustrerà gli sviluppi della Germania.
Conosco personalmente la realtà tedesca e, per quanto potuto osservare a
Monaco, vi è una sottocategoria organizzativa di Polizia Locale perché loro, come
ben sapete, sono incentrati a livello di Polizia federale.
Lascio a lui il compito di spiegarci meglio questo concetto. Grazie.
Ralf Molocher – Direttore della Polizia di Monaco di Baviera:
Buonasera cari colleghi e gentili ospiti.
La situazione della Polizia a Monaco è simile a quella di Madrid, con compiti
analoghi, abbiamo una struttura analoga, con degli specialisti diversi, ma, rispetto
alle altre Polizie, abbiamo un determinato vantaggio: abbiamo solo una Polizia. In
Germania abbiamo i vari Länder ed ogni Land ha la propria Polizia, ci sono delle
differenze anche nell'organizzazione dei compiti. Hanno tutti la loro importanza, a
livello Internazionale collaboriamo con le Polizie europee e con la Polizia federale,
che però non è analoga ad altri organi che voi avete, come ad esempio i
Carabinieri. Abbiamo una Polizia che deriva dalla Polizia di frontiera di una volta.
La nostra Polizia è unica nel Land della Baviera, ha solo 65 anni e questo porta
alcuni vantaggi ma anche altri svantaggi. Il vantaggio è che noi siamo organizzati
in modo molto moderno, non abbiamo alcuni vecchi compiti tradizionali. In Baviera
abbiamo iniziato con le Polizie comunali e provinciali, quindi le varie città hanno le
proprie Polizia e ci sono le cosiddette Polizie regionali, che, negli anni ‘70 e dopo,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
sono entrate a far parte di una Polizia bavarese unica. I compiti sono stati
suddivisi, nelle varie regioni e io sono il rappresentante della Polizia di Monaco.
Abbiamo una struttura molto chiara nei compiti di un grande Comune. Vi posso
dare alcuni dati che riguardano la Polizia di Monaco: noi seguiamo 1,7 milioni di
abitanti, con l’Oktoberfest naturalmente, abbiamo un arrivo di massa per cui
dobbiamo gestire 6 milioni di persone in una volta sola: è divertente, ma abbiamo
1000 chilometri quadrati da sorvegliare e ho a disposizione 6 mila poliziotti e
poliziotte. Questi 6 mila operatori sono suddivisi in sezioni regionali, le così dette
“centrali di polizia”, che vedete in basso nella mia presentazione; sono 248 le
centrali di polizia in tutta la Baviera e circa 30 sono a Monaco; poi c’è la polizia
criminale che pure fa parte della nostra organizzazione ed io sono responsabile e
capo della polizia criminale. Abbiamo circa 1000 poliziotti della polizia criminale a
Monaco; poi abbiamo la polizia stradale. Noi siamo soltanto una parte delle
Autorità di pubblica sicurezza dello Stato; gli altri sono i Governi provinciali e
quindi abbiamo 10 presidi di polizia, 7 governi provinciali. Normalmente un
presidio riguarda governo provinciale; abbiamo 71 amministrazioni distrettuali e,
infine, abbiamo 1056 Comuni. Complessivamente quindi in Germania abbiamo
circa 200 Polizie diverse.
Per ritornare alla polizia di Monaco, noi seguiamo ogni anno 320 mila
interventi, quindi chiamate di emergenza da parte del cittadino, che ci chiama al
numero 110; io ho a disposizione, in media, 120 team di polizia, che seguono
questi interventi e, quindi, viene effettuato un intervento ogni minuto, circa. Questi
team sono sottoposti ad un gruppo a livello regionale, ma devono lavorare per la
mia centrale di Monaco. Oltre ai 320 mila interventi ci sono 5 mila grandi
manifestazioni, come ad esempio, i campionati di calcio o altre manifestazioni
politiche (ad esempio, il Vertice dell’Economia). Insieme all’Amministrazione della
città di Monaco, che ha 30 mila dipendenti, cerchiamo di garantire la sicurezza di
Monaco. Fortunatamente Monaco è considerata la metropoli più sicura; in tutta
Europa siamo una delle più sicure, anche se abbiamo una densità di 4.500 abitanti
per chilometro quadrato. Praticamente è la regione più densamente popolata di
tutta la Germania. Noi quindi suddividiamo i compiti della sicurezza tra misure non
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
urgenti e misure urgenti, che riguardano la polizia. C’è una collaborazione tra le
Autorità di sicurezza e quelle di polizia sulla base di disposizioni di legge, ovvero il
quando e il come noi collaboriamo è determinato da norme di legge e quindi
dobbiamo comportarci in base ad esse. Se ci sono tematiche del trasporto, delle
grandi manifestazioni, lavoriamo autonomamente, ma relazioniamo anche al
Sindaco e all’Amministrazione.
Alcuni compiti classici che non segue la polizia a Monaco, sono: l’Ufficio
amministrazione, le questioni sanitarie, la protezione antincendio e anche la
materia relativa all’immatricolazione degli autoveicoli, le patenti, i controlli sanitari
e tutto il settore dell’edilizia, il controllo dei cantieri, etc. che facciamo solo se c’è
urgenza e se l’Autorità di pubblica sicurezza classica non ha tempo o non ha
personale con cui poter intervenire, ovvero, prima verifichiamo le competenze del
Comune e, se non ci sono o se non è possibile perché non c’è il personale, come
durante il fine settimana o la notte, assumiamo noi questo compito e poi
relazioniamo. Noi offriamo un supporto operativo ma, per quanto riguarda il settore
degli arresti, è la polizia che deve naturalmente intervenire nel momento in cui c’è
bisogno di un intervento immediato; tutti gli altri compiti vengono seguiti dal
Comune.
Alcuni esempi di collaborazione, per quanto riguarda, ad esempio, la
richiesta del porto d’armi: troppe persone hanno armi legali ma molte anche armi
illegali e quindi la polizia collabora perché abbiamo una banca dati centrale che
riguarda tutta la Germania, tutta la Baviera naturalmente, e quindi nell’ambito del
controllo del trasporto – quando fermiamo delle persone – possiamo verificare
subito i dati e vedere se, ad esempio, nel nord della Germania la persona ha un
procedimento pendente o meno. Noi abbiamo un accesso diretto a tutto il sistema
“informazioni di Schengen” che ci dà anche dati dall’estero, naturalmente se sono
stati immessi nel sistema.
Per quanto riguarda il ritiro della patente, si è detto che ci sono molti veicoli
che transitano senza assicurazione; anche noi abbiamo indicato questi dati e
quindi possiamo verificare i dati del veicolo, verificare se l’assicurazione è valida,
altrimenti il veicolo viene sequestrato. Noi quindi possiamo arrivare anche al
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
sequestro del veicolo se necessario. Verifichiamo solo le disposizioni viabilistiche;
il collega di Madrid diceva che, a volte, viene modificato l’arredo urbano e non si
chiede il nostro parere. Un’altra tematica sono le adunanze e le manifestazioni,
nonostante la quantità della polizia, non è sufficiente per evitare, a volte, dei
problemi e abbiamo bisogno anche della collaborazione dei colleghi stranieri, ad
esempio, per quanto riguarda l’Oktoberfest ci sono sempre dei colleghi italiani che
ci coadiuvano nel nostro lavoro. Non solo i tedeschi vengono a Riva del Garda,
ma anche gli italiani vengono a Monaco e quindi abbiamo bisogno di un reciproco
supporto; penso che in futuro sarà necessario fare riferimento ad altre Polizie;
questo significa anche - e mi rivolgo il mio collega di Roma – di una formazione
comune. Abbiamo bisogno di un linguaggio comune e abbiamo bisogno di
competenze comuni per poter realizzare il nostro lavoro.
Per concludere vorrei presentarvi un altro aspetto: naturalmente non tutto
funziona bene, con il Comune e con il Sindaco e quindi abbiamo creato un gruppo
di lavoro che aiuta a incontrarsi; l’acronimo è SAMI; che significa “Alleanza per la
sicurezza e l’intervento”. E’ un organo che permette di scambiarsi l’esperienza tra
Polizie e il Sindaco.
Vi ringrazio dell’attenzione; qualora aveste domande sono lieto di essere a
vostra disposizione.
Moderatore:
Ringraziamo il Comandate Molocher per questa sua illustrazione, anche per
aver rispettato i tempi, perché dobbiamo stare attenti a non sforare dai 15 minuti
che sono stati assegnati a ciascun relatore. Lo ringrazio per la concisione con cui
ha presentato la Polizia di Monaco, e dal suo intervento traggo alcuni spunti che
mi aiuteranno nel riepilogo. Innanzitutto ha citato, in connessione al Comandante
di Madrid, il concetto di vicinanza alle famiglie, a proposito di un'iniziativa che è
stata varata, proprio per quanto riguarda la prossimità e l'ascolto. Sicuramente
quello dell'ascolto è un tema che la Polizia Locale mette in atto ogni giorno. È
importante anche la formazione, magari congiunta, anche il comandante Giuliani
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ha detto che siamo prima cittadini europei e poi cittadini italiani. Credo abbia
ragione su questo punto, per cui anche la formazione è un discorso sul quale,
secondo me, è necessario puntare e riflettere in futuro. L'ultimo aspetto è dato
proprio dal discorso organizzativo. Proprio parlando di sistemi organizzativi,
proseguiamo questo viaggio e saliamo ancora di più a livello di meridiani: siamo
partiti dall'Italia, poi siamo passati dalla Spagna, siamo andati in Germania,
adesso arriviamo a quella che è considerata la culla delle Polizie moderne. Ci
riferiamo al Regno Unito, sappiamo tutti, a livello di conoscenza storica,
l'importanza di questo sistema di Polizia,: ci interessa conoscerlo e approfondirlo
da vicino. In questo viaggio ci accompagnerà David Jones, Sovrintendente Capo
della Central Motorway Police Group di Birmingham. Grazie.
David Jones – Sovrintendente Capo della Central Motorway Police Group di
Birmingham:
Buona sera. Grazie per avermi invitato in un posto così bello! Grazie
davvero.
Come avete sentito, sono a capo di una piccola unità, la Central Motorway
Police Group, in Inghilterra, Regno Unito. Nei prossimi quindici minuti cercherò di
spiegarvi chi siamo - e utilizzerò, per autodefinirci, l’acronimo CMPG - e che cosa
facciamo e riuscirete spero a capire, a comparare e confrontare, quello che noi
facciamo e quello che fate voi nelle vostre giurisdizioni e dai vostri posti di lavoro.
Il nostro modello è abbastanza unico in Gran Bretagna ma credo che ci
saranno sempre più esempi di collaborazione tra le forze in Gran Bretagna e in
Europa, dato che i fondi a disposizione della polizia continuano a ridursi. Questo
modello è stato sviluppato nel 1990 e, da allora, funziona per noi, per i nostri
partner e per le agenzie, ma soprattutto funziona per gli automobilisti in generale,
sulla rete autostradale del West Midlands e viene spesso citato come esempio di
best practice nazionale.
Allora, chi siamo? Il Central Motorway Police Group ha una collaborazione
di funzionari di tre forze di polizia inglese; in realtà in totale ne abbiamo 38. I costi
totali della collaborazione vengono messi insieme e pagati da ogni forza in
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
conformità con una formula di finanziamento concordata alla fine di ogni anno
finanziario. Il gruppo ha come responsabilità primaria il controllo delle autostrade
nella rete stradale e strategica che copre sei Contee ed ha un’estensione di circa
700 chilometri. La nostra area urbana principale è quella di Birmingham, che è al
cuore del West Midlands e include aree che, probabilmente, conoscete più per le
squadre di calcio che non in quanto siano città inglesi.
Le nostre autostrade, la M5, la M6, la M42, la M50, la M54 e l’autostrada a
pagamento, M6, incorniciano geograficamente la città di Birmingham. La maggior
parte dell’infrastruttura risale agli anni ’70, con molti soprapassi e include anche la
tristemente nota “spaghetti junction” che, forse, avete già sentito nominare. La
nostra rete stradale è estremamente circolata con grandi volumi di traffico che
attraversano questa strettoia di importanza economica fondamentale 24 ore al
giorno per sette giorni alla settimana. Questa sezione della M5 – M6, è parte
dell’infrastruttura critica del nostro Paese e quindi è essenziale ridurre al minimo la
congestione
e
mantenere
il
traffico
sempre
in
movimento.
Questa
è
particolarmente importante data la crisi economica attuale, dato che mi hanno
detto che, per ogni ora in cui l’autostrada è chiusa, c’è un costo per l’economia
britannica pari a circa 500 mila sterlina, ovvero, 620 mila euro, sotto forma di PIL
perso. Quindi un posto ostile, pericoloso, per i nostri agenti dove lavorare e, di
conseguenza, ricevono sempre una formazione adeguata per poter lavorare in
sicurezza. L’anno scorso 39 persone sono rimaste uccise o gravemente ferite in
collisioni stradali, non in incidenti e altre 37 persone hanno commesso – o tentato
di commettere – suicidio sulle nostre strade. Molti sono saltati dai 125 sovrapassi
che abbiamo che attraggono anche coloro che gettano pietre e creano altri
problemi ad un flusso sicuro di traffico. Noi quindi dobbiamo controbilanciare le
nostre reazioni per garantire che sia possibile effettuare un’investigazione
adeguata sulla scena della collisione, ma al contempo dobbiamo riaprire la
viabilità il più presto possibile. Questa è un’area nella quale, secondo me, lavorare
in partnership è assolutamente fondamentale per avere successo.
Abbiamo un totale di 158 funzionari specializzati, con una flotta di veicoli
versatili, con veicoli identificabili come “veicoli della polizia” e autocivetta.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Utilizziamo berline, station wagon, di Audi, Bmw e Jaguar e le nostre range rover
ci hanno la possibilità di sfruttare le quattro ruote motrici, fondamentali per la
natura del nostro lavoro.
Ogni veicolo è equipaggiato con l’ANPR, cioè il sistema automatico di
riconoscimento del numero di targa, utilissimo per rilevare e prevenire il crimine.
Abbiamo tre basi operative principali, un quartier generale e un centro di
controllo regionale che condividiamo con la UK Agency, un reparto del nostro
governo che ha il compito di controllare il modello operativo di sicurezza
dell'infrastruttura autostradale. È un ottimo modello, che ci consente di
intraprendere azioni coordinate nei confronti di eventi che richiedono una
multidisciplinarietà, ad esempio in presenza di collisioni nel traffico con incidenti
mortali, condizioni meteorologiche estreme o veicoli in panne.
Tra le nostre priorità il contrasto alla criminalità – o quello che noi
preferiamo definire “impedire ai criminali l’utilizzo della strada” – è stata una delle
più importanti, per tutti noi. Recentemente il modello di Polizia nazionale britannico
si è ulteriormente concentrato sull'erogazione di servizi alla comunità locale,
ponendo l'enfasi sulla risoluzione locale dei problemi e sulle responsabilità locali.
Oltre ai 16.000 agenti di Polizia che perderanno il proprio posto di lavoro nei
prossimi tre anni, le risorse verranno ulteriormente ridotte a svantaggio delle unità
specialistiche e dei quartieri generali. Questo però può comportare dei vantaggi
peri i governi locali e per le città: noi sappiamo che le attività di polizia sono
comunque estremamente complesse e quindi dobbiamo organizzarci per gestire le
minacce e i problemi a livello locale, regionale, nazionale e Internazionale.
Sappiamo anche che ogni giorno molti criminali si organizzano e
attraversano l'intero Paese o addirittura vengono e vanno da e verso altri Paesi
per commettere i propri crimini: questo va tutto a danno delle comunità locali che
potrebbe ridurre la fiducia nei confronti del servizio di polizia garantito.
È proprio qui che il nostro gruppo fa la differenza, nel contrastare i criminali
in movimento. Nonostante la Gran Bretagna stia pianificando di sviluppare
un'agenzia per il crimine nazionale per il futuro, in seguito ai Giochi olimpici del
2012, credo che comunque questa agenzia dovrà concentrarsi sulla criminalità a
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
livello nazionale e Internazionale e di livello più alto e quindi rimarrà ancora spazio
per collaborazioni regionali, come la nostra, che spero continueranno ad esistere
ed essere operative.
L'utilizzo del controllo di polizia, in collaborazione con l'intelligence, è
importantissimo e ci consente di intercettare i criminali in movimento 24 ore al
giorno, sette giorni alla settimana, in tutta la nostra regione. Abbiamo un sistema
di intelligence primario e siamo collegati alle forze regionali e alle squadre
operative, quindi cerchiamo di capire immediatamente quali sono le minacce
emergenti.
Per quanto riguarda la lotta al terrorismo, la regione delle West Midlands è
stata in grado di attirare fondi importanti circa quattro anni fa, da parte del nostro
governo, per installare una rete di telecamere ANPR, quindi in grado di conoscere
le targhe dei veicoli, supportate da un insieme di televisioni a circuito chiuso.
Possiamo dunque ben dire che non è possibile guidare un veicolo sulla
nostra rete stradale senza essere osservati, in qualche momento, dalle nostre
telecamere. Recentemente abbiamo intercettato un gruppo criminale di Liverpool
che parlava della nostra zona come di un “covo di vipere” e noi prendiamo questo
come un complimento, per la nostra efficienza nel perseguire le attività illegali.
So
che
alcuni
ritengono
che
l'utilizzo
dell’ANPR,
il
sistema
di
riconoscimento delle targhe, possa essere utilizzato in modo spropositato e che
possa violare i diritti dell'uomo e la normativa sulla privacy, ma noi non siamo di
quest'avviso, anche perché ci limitiamo a registrare le targhe e poi il nostro
sistema di intelligence crea delle segnalazioni che molto spesso portano ad arresti
e sono comunque importanti opportunità investigative.
Attualmente leggiamo le targhe di 2,2 milioni di veicoli e quindi abbiamo la
possibilità di classificare queste registrazioni in base alle informazioni di
intelligence che ci vengono fornite.
Abbiamo già accennato alle strutture tecnologiche che abbiamo, ma
disponiamo anche di quattro elicotteri, gestiti in modo centralizzato dalla zona
delle Greater Midlands e garantiscono comunque anche la possibilità di un
controllo regionale.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Tutto questo è possibile perché possiamo condividere i costi del personale,
della formazione, della manutenzione e dell'assicurazione: questi velivoli coprono
sia le West che le East Midlands, in virtù di un accordo regionale.
In futuro però questi elicotteri probabilmente passeranno dal modello
regionale a quello nazionale e questo accadrà in aprile 2012: ancora una volta una
scelta motivata dalla situazione economica.
Un terzo dei nostri agenti porta dei teaser devices e tutti sono stati formati
al Tactical pursuit and containment, il TAPC, un sistema che consente di
realizzare un contratto tattico con i veicoli che vengono inseguiti, allo scopo di
poter risolvere la situazione in modo controllato e sicuro. Spesso la nostra unità
viene ripresa da una serie televisiva della BBC, con il titolo di “Motorway cops”.
Questo vuol dire che gli inseguimenti e gli accertamenti da parte delle vettura della
Polizia stanno diventando un programma molto seguito dalla popolazione.
Queste tattiche migliorano la nostra capacità di gestire i criminali incalliti e
quotidianamente lavoriamo anche con gli esperti delle armi da fuoco per essere
sicuri di garantire zone di sicurezza e facilitare l'intervento di funzionari armati.
Anche noi abbiamo una serie di agenti che ricoprono mansioni innovative:
recentemente ad esempio abbiamo realizzato varie operazioni con caravan e con
rimorchi per trasporto merci, utilizzando sistemi come il Tracker e la SmartWater
per arrestare i criminali. Infatti i camion che entrano nel nostro Paese, da varie
regioni europee, devono garantire un appropriato periodo di riposo prima di poter
procedere verso la destinazione finale, in Gran Bretagna. Molto spesso sono
bersaglio dei criminali, soprattutto nelle zone destinate al riposo.
Inoltre i nostri agenti hanno noleggiato un camion che affianca i veicoli
pesanti e li registra, li riprende: abbiamo notato che molti utilizzano telefoni
cellulari, laptop, dvd e addirittura mangiano la propria cena mentre guidano
sull'autostrada.
La notizia si è sparsa velocemente e abbiamo registrato in breve tempo una
diminuzione del numero di violazioni e quindi anche del numero di incidenti con il
coinvolgimento di automezzi pesanti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Ogni incidente fatale costa all'economia nazionale 1,48 milioni di sterline,
ovvero 1,66 milioni di euro. È quindi fondamentale continuare a contrastare le
collisioni letali.
Dobbiamo dimostrare la nostra redditività: se non l’avessimo fatto fino ad
oggi non saremmo riusciti a sopravvivere, soprattutto data la crisi economica
attuale.
Oltre agli aspetti appena citati, i nostri agenti hanno formato e riformato
18.000 autisti durante l’anno appena trascorso, segnalati per una serie di
violazioni come l’alta velocità oppure la guida noncurante o pericolosa. Questo è
stato fondamentale per garantire la riduzione delle persone decedute o
gravemente ferite sulle nostre strade. È stata una riduzione pari al 25% nella
nostra zona, rispetto all'8% ottenuto a livello nazionale. Vogliamo quindi la
protezione delle nostre comunità. Grazie per l'attenzione.
Moderatore:
Il mio ringraziamento è particolare, per i concetti che ha espresso, alcuni mi
hanno davvero colpito. Innanzitutto questa giornata sembra quasi un crescendo
che abbiamo visto secondo i vari Paesi, le diverse conformità ed organizzazioni.
Non so, forse è un caso, ma stiamo andando avanti secondo un arricchimento dei
concetti che credo interessi un po’ tutti. Lui ha toccato un elemento importante,
che riguarda anche le Polizie Locali, in particolare loro, che è quello del costo. Non
ci siamo mai soffermati su questo tema, forse bisognerebbe fare un altro
convegno su questo concetto, perché sarebbe interessante, (forse un po' noioso),
entrare nei profili economici. Credo lo abbia sfiorato prima l'onorevole Giardiello,
quando ha parlato del concetto della retributività degli agenti di Polizia Locale: ma
quant'è la produttività degli agenti di Polizia Locale? A me viene questa domanda,
non so se è sorta anche a voi, però sarebbe interessante approfondirla. In che
termini e con quali benefici le Polizie Locali del territorio apportano un
miglioramento economico al Pil di carattere nazionale? Tutto ciò non solamente in
tema di repressione per quanto riguarda la contravvenzione e quindi il ritorno alle
casse comunali, ma in termini di prevenzione
di costo sociale. Proviamo a
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
pensare a quanta prevenzione viene fatta dalle Polizie Locali, in termini di attività
di servizio. Credo possiamo fare un rapporto - diviene così un tema molto caldo con i costi a livello sanitario, ovvero a quanti malati in meno, sulle strade, riguardo
all'incidentalità procurata a livello di lesioni personali e di morte, ci sono grazie al
lavoro delle Polizie Locali. Questo è un aspetto che secondo me sarebbe
importante toccare.
Poi, un'altra novità, le tecnologie, di cui ha parlato per quanto riguarda la
situazione inglese, che sono sicuramente avanzatissime anche negli altri Paesi, i
cui relatori lo hanno preceduto, quindi Spagna e Germania. È un altro tema sul
quale anche le Polizie Locali si sono impegnate a livello di investimento, sempre di
più occorrerebbe fare un'analisi di questo aspetto.
Io mi auguro che anche i prossimi relatori vadano avanti, con una sorta di
filo conduttore che ci porterà alla fine, passo la parola a Zbigniew Leszczynski,
Direttore della Guardia municipale di Varsavia. Andiamo ora ad approfondire
l'evoluzione che c'è stata nell'est europeo.
Zbigniew Leszczynski – Direttore della Guardia municipale di Varsavia:
Egregi signori, vi ringrazio moltissimo per l'invito alla conferenza di oggi, per
me è veramente una grande onore, sono veramente contento di poter presentare
le soluzioni che abbiamo utilizzato in Polonia e le modalità che abbiamo adottato a
Varsavia. Questa unità, la Guardia municipale di Varsavia, è la più grande
formazione tra 500 unità simili in Polonia ed è una delle più vecchie: quest'anno, in
giugno, abbiamo festeggiato il ventennio dalla nascita. Siamo forse un fenomeno,
in Polonia, perché noi abbiamo la possibilità di impegnare circa 1900 persone.
Signore e signori, prima di tutto vorrei presentarvi le soluzioni generiche,
vorrei dirvi come funzionano le cose in Polonia e poi vi racconterò come funziona
la Guardia municipale di Varsavia. La trasformazione politica della fine degli anni
‘80, ha introdotto la decentralizzazione dei sistemi, nell'ambito di questi
cambiamenti abbiamo avuto anche la riforma della sicurezza pubblica.
Ovviamente, noi facciamo parte di un’entità, di un’unità di sicurezza pubblica,
dunque abbiamo alcuni compiti che dobbiamo rispettare. La Guardia municipale in
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Polonia esiste dal 1990, all'inizio ci basammo su una legge per la Polizia,
dall'inizio del 1998 abbiamo una legge che riguarda proprio la Guardia municipale,
che ne regola completamente il funzionamento. Io naturalmente non vi illustrerò
tutta questa legge, volevo soltanto citare alcune cose. Non è obbligatorio che ci
sia un corpo di Guardia municipale, il Comune può decidere di creare un corpo di
Guardia municipale, o di rinunciarvi.
La legge indica i compiti della Guardia municipale, quello che qui vedete
non è un catalogo chiuso, in quanto questa legge elenca alcuni esempi. Io volevo
soltanto soffermarmi sul primo punto: la tutela della sicurezza pubblica, dell'ordine
pubblico. Anche se l'ordine pubblico è un bene protetto, è un'entità poco definita e
non molto ben precisata. Ovviamente è difficile precisarli, ma i compiti che
abbiamo sono molto diversi, a seconda delle priorità indicate dal Comune, dei
pericoli che ci sono nei vari comuni e delle possibilità. La legge precisa i diritti che
ha la Guardia municipale svolgendo il proprio compito. Prima di tutto la Guardia
municipale ha la possibilità di fare le osservazioni, può chiedere i documenti e può
comminare le multe, può fare i controlli personali e può fermare i criminali e i
veicoli. La Guardia municipale può svolgere chiarimenti, può chiedere di mandare
le persone fermate in prigione. Nel caso di criminali, oppure di persone che non
hanno dato la possibilità di essere fermate, la Guardia municipale può usare la
forza fisica per fermare queste persone, utilizzando le manette, i manganelli, gli
strumenti paralizzanti. Le Guardie municipali hanno anche le armi, alcune hanno i
cani, che pure possono costringere una persona a fermarsi.
Per quanto riguarda Varsavia, nella diapositiva voi potete vedere qual è lo
schema organizzativo del nostro sistema di Guardia municipale. Qui abbiamo una
colonna dove ci sono i gruppi dove lavorano le guardie che ci sono sul territorio, ci
sono circa 1600 guardie municipali. Nella terza colonna vedete l'amministrazione,
nell'ultima vedete le singole entità, che, a causa delle leggi diversificate,
dipendono anche da me.
La colonna più importante, più numerosa è la numero 77, che corrisponde
al Commissariato di Polizia Municipale, in questo modo ogni Capo della Polizia è
un partner del Comandante della Polizia cittadina. Tutto questo dipende dal
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
territorio, dal numero degli abitanti e dai compiti che svolgiamo. I funzionari
operativi non dipendono, non sono divisi a seconda del territorio, come si vede su
queste foto ci sono le Guardie municipali, i cosiddetti punti di reazione veloce, che
si occupano del controllo del traffico e di catturare gli animali selvatici che capitano
nelle città. Qui vedete le divise delle nostre Guardie municipali.
In Polonia tutte le Guardie possono essere chiamate al numero 996, noi
riceviamo, a Varsavia, così tante chiamate che per coordinare quest'attività
abbiamo creato un'unità di coordinamento; lo scorso anno abbiamo ricevuto quasi
mezzo milione di chiamate. I cittadini che ci chiamano, di solito lo fanno per
problemi con il traffico, per le persone che hanno bevuto troppo, oppure per altri
problemi.
Il problema più grande dei cittadini è rappresentato dal traffico, come
vedete qui noi cerchiamo soprattutto di evitare le persone che parcheggiano nei
posti destinati alle persone disabili. Stiamo portando avanti azioni sistematiche
quando abbiamo casi di cambiamento del traffico, per abituare i cittadini alle
variazioni che ci sono stati. Poi procediamo al trasporto degli ubriachi, perché la
Polizia passa a noi queste persone e noi dobbiamo occuparcene.
Varsavia è la capitale della Polonia e, nonostante ciò, abbiamo il problema
degli animali selvatici, che arrivano in città. Abbiamo dunque un'unità speciale, si
chiama unità ecologica, formate da Guardie che sono state istruite, che, come si
vede sulle foto, hanno catturato 8000 animali, a volte, molto spesso, animali
esotici. Sappiamo dai sondaggi che per i cittadini di Varsavia la cosa più
importante è la sicurezza dei loro figli e, in seguito alle indagini che facciamo, a
partire dal 2003, durante le prove su un campione di abitanti, l'80% di coloro che
fanno parte di un livello alto o altissimo, dicono che la sicurezza in queste zone è
importante. Per quanto riguarda la sicurezza dei bambini, abbiamo 200 Guardie
municipali che si occupano della sicurezza dei bambini e dei ragazzi. Noi portiamo
avanti anche una specie di formazione, di prevenzione nelle scuole.
Varsavia è una città dove si svolgono manifestazioni di svariato genere.
Ogni anno garantiamo la sicurezza collaborando con gli organizzatori delle
manifestazioni: noi garantiamo la sicurezza su più di 1000 manifestazioni ogni
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
anno. Quando le manifestazioni sono piccole, collaboriamo con gli organizzatori,
quando, ovviamente, ci sono manifestazioni molto più grandi, dobbiamo
collaborare con la Polizia. Oltre a fornire queste garanzie, affrontiamo eventi
speciali, l'anno scorso, per esempio, abbiamo avuto l'alluvione, sono passate due
ondate di acqua alta sulla Vistola. L'efficacia delle nostre azioni ovviamente
richiede la collaborazione con vari soggetti. Noi collaboriamo soprattutto con la
Polizia, con i pompieri, con i doganieri, con i controllori fiscali e anche con il
dipartimento della sanità.
Fra la Guardia municipale e la Polizia esiste l'obbligo di collaborazione, che
riguarda soprattutto l'informazione sui rischi. Dobbiamo coordinare lo spostamento
e la dislocazione della Polizia e delle Guardie municipali e organizzare la
formazione. A Varsavia facciamo anche controlli in comune, azioni insieme, ci
occupiamo del trasporto delle persone arrestate, garantiamo la sicurezza durante
le manifestazioni e rispondiamo anche alle chiamate fatte alla Polizia.
Su questa diapositiva potete vedere uno degli elementi di questa
collaborazione: persone che sono state arrestate, che le nostre Guardie municipali
sono obbligate a trasferire alla Polizia. Molto spesso questo riguarda persone che
hanno guidato la macchina in stato di ubriachezza, oppure che hanno assunto
droghe. Poi, durante vari eventi e manifestazioni, ci sono guardie che fanno
funzioni di rappresentanza.
Alla fine vorrei dire soltanto che cosa noi facciamo per il pubblico. Abbiamo,
per esempio, i corsi per le donne, “La città di Varsavia sicura": i nostri istruttori che
si occupano della formazione delle Guardie municipali insegnano alle signore
come evitare le zone pericolose e come comportarsi in caso di aggressione.
Naturalmente non posso neanche dimenticarci delle altre persone, dunque
abbiamo i donatori di sangue, che hanno donato oltre cinquecento litri di sangue.
Abbiamo varie Guardie municipali che hanno donato sangue.
Vorrei invitarvi a visitare la nostra pagina Internet: pubblichiamo le
informazioni che riguardano i cittadini, i quali possano vedere qual è il sistema di
sicurezza nel proprio quartiere oppure analizzare la sicurezza in senso lato.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Penso che questo potrebbe essere molto utile ai turisti e per tutti quelli che
vorranno visitare la nostra capitale. Vi invito tanto a visitare Varsavia.
Moderatore:
Grazie Leszczynski. Si tratta di una congiuntura favorevole, perché anche
in questo caso ci rendiamo conto di un passo in avanti, costituito dall'aspetto
sociale a cui è attento questo sistema di Polizia. Ha toccato vari temi e ha detto
che è difficile un'interpretazione del concetto di ordine pubblico: sulla linea di
questa sua interpretazione è avanzato mettendo in risalto un aspetto che mi ha
colpito, come quello del trasporto delle persone ubriache.
Se vogliamo leggerlo e comprenderlo nell'ambito dell'aspetto sociale, si
sposa perfettamente con il taglio organizzativo di questo corpo di Polizia, attento
in particolare addirittura al rischio e alla protezione civile. In merito a questo mi
riservo un'osservazione finale.
Passerei ora la parola a un'altra esperienza, scendendo verso la Grecia,
con Theodoros Paraskevas, Segretario generale della Corporazione pan ellenica
delle Polizie Municipali del Pireo.
Theodoros Paraskevas – Segretario generale della Corporazione pan
ellenica delle Polizie Municipali del Pireo:
Signore e signori, buonasera. Vorrei ringraziare gli organizzatori del Forum
che mi hanno cortesemente invitato e mi hanno dato quest'occasione per
presentare i servizi della Polizia Municipale greca.
Innanzitutto vorrei dire che non è la prima volta che mi trovo in questo luogo
veramente splendido, per parlare e scambiarsi opinioni in merito alla Polizia
Locale.
Sappiamo che la Polizia Municipale è un servizio che non solo differisce da
un Paese all'altro ma anche da una città all'altra: io sono il Direttore della Polizia
Municipale del Pireo e, contemporaneamente, sono anche Segretario generale
dell'associazione Pan ellenica del personale di Polizia per le indagini preliminari:
oltre all'immagine della Polizia Municipale del
Pireo vorrei anche presentarvi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
molto brevemente la Polizia Municipale del resto della Grecia, perché ci sono
alcune differenze.
A mio parere è molto utile lo sforzo che si fa all'interno di questo Forum, di
individuare i vantaggi e gli svantaggi, in modo tale da arrivare a un modello
ottimale di Polizia Municipale. Mi riferisco a un modello di Polizia che deve riuscire
anche a prendere in considerazione il fatto che senz'altro dovremmo occuparci
della legalizzazione dell’opera delle autorità locali.
Quali sono i confini del nostro servizio? Sono i confini geografici del
Comune. In base alla Costituzione greca noi ci occupiamo dei casi locali e siamo
quindi l'ente comunale che si occupa di risolvere i casi che si verificano all'interno
della nostra competenza. Possono esserci delle eccezioni, nel senso che per i
Comuni che non hanno una Polizia Municipale c'è la possibilità di rivolgersi ad altri
Comuni e potrebbe quindi esserci un corpo di Polizia che si occupa della
necessità di due Comuni. In questo caso i limiti dell'attività non sono quelli
geografici del singolo Comune, ma hanno un limite più ampio.
In Grecia il ruolo e le competenze della Polizia Municipale sono basati su
una legge del governo centrale, quindi abbiamo una divisa comune, funzioni
comuni, mentre le competenze vengono eseguite in base al numero dell'organico,
superiore o minore di 50 poliziotti. I servizi che hanno meno di 50 persone in
organico hanno minori competenze, ma il Consiglio comunale può decidere di
aumentare il numero delle competenze anche di questi corpi. Molto spesso questo
dipende dai desideri del governo locale.
Queste osservazioni si basano sul fatto che alcune Polizie Locali,
nonostante l'ampiezza delle competenze previste, esercitano un numero molto
ristretto di queste competenze e si occupano solo delle infrazioni stradali, del
commercio clandestino e illegale e dell'occupazione impropria del suolo pubblico.
Altri Comuni, invece, prevedono altri compiti per le proprie Polizie e le
occupano soprattutto in ambiti di natura amministrativa.
Un altro problema è che fino all'anno scorso avevamo molti più Comuni e
comunità, ma ci sono poi state delle fusioni tra diversi Comuni e tra diversi enti: in
questo modo abbiamo evitato situazioni di organici costituiti solo da due o tre
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
poliziotti, i quali si trovavano a dover lavorare anche sette giorni alla settimana e
24 ore al giorno, il che è impossibile.
Le competenze sono: le infrazioni stradali, la direzione del traffico, la
rimozione dei veicoli abbandonati, che sono fonte di inquinamento, i lavori stradali,
l'ambiente, l'estetica della città, la sorveglianza dei parchi e dei luoghi destinati ai
bambini, il controllo del commercio clandestino all'esterno e il controllo di tutti gli
esercizi soggetti al rispetto delle norme di igiene, come i bar e i ristoranti,
l'inquinamento acustico, la chiusura degli esercizi commerciali illegali, il controllo
dell'orario di apertura dei negozi, il rispetto dei regolamenti urbanistici, i cantieri
pericolosi, la prevenzione degli incendi, la pubblicità esterna, il rispetto della legge
antifumo nei locali pubblici, la protezione della proprietà privata, la protezione
civile e il controllo della legislazione comunale. Dobbiamo dunque anche
occuparci delle riforme legislative.
Noi non abbiamo il diritto ma l'obbligo di arrestare l'autore di atti illegali e
assicurarne il trasferimento presso il Pubblico ministero. Non dobbiamo solo
arrestarlo ma dobbiamo occuparci anche del suo trasferimento e della redazione
degli atti per il trasferimento degli accusati di atti illegali.
Sotto il profilo penale dobbiamo occuparci della flagranza di reato,
dell’arresto e della traduzione del contravventore presso il Pubblico ministero.
Le cose sono andate acutizzandosi, i problemi ultimamente sono peggiorati.
Siccome non possiamo portare armi molto spesso andiamo incontro a pericoli:
non sono stati pochi i casi di agenti feriti, visto che abbiamo a disposizione solo le
manette, come equipaggiamento.
Mentre sono qui a presentarvi questo servizio, il mio servizio in Pireo si
occupa di una flagranza di reato e dell'irruzione in un negozio.
Vorrei dire inoltre che non abbiamo una proporzione tra il numero di
poliziotti e il numero di abitanti: in questo momento la proporzione è di un poliziotto
per 2800 cittadini. Ho sentito i colleghi italiani e spagnoli e mi sono chiesto perché
in Grecia siamo così pochi. La nostra Polizia ha cominciato a funzionare nel 2003
e 2004, mentre mi sembra che in Europa la Polizia abbia una storia più lunga,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
radicata nel passato, il nostro servizio è ancora “bambino” e speriamo di riuscire
ad affrontare tutte le malattie infantili e a rafforzarci con il tempo.
I Comuni non sono obbligati ad assumere personale, quindi alcuni hanno
scelto di assumerne e altri no.
Per quanto riguarda l'attrezzatura siamo attrezzati con le radio, in alcuni
Comuni c'è un equipaggiamento moderno, mentre altri hanno solo carta e penna.
Abbiamo veicoli, motociclette e in alcuni Comuni i poliziotti hanno le biciclette. Ci
sono in alcuni casi delle auto elettriche e naturalmente in alcuni Comuni la Polizia
ha un solo veicolo oppure addirittura nessuno.
Tutto quello che vi descrivo non è preciso e non può esserlo perché stiamo
attraversando una crisi economica veramente terribile, pertanto le cose sono in
continuo movimento.
Per quanto riguarda lo stipendio, ad esempio, una settimana fa avrei potuto
dirvi con precisione a quanto ammonta, mentre solo giovedì scorso è stata votata
una legge che riguarda tutti i dipendenti pubblici e quindi anche quelli dei corpi di
Polizia, con pesanti decurtazioni dello stipendio.
In ogni caso gli stipendi si dividono in tre categorie, a seconda della
preparazione e della scolarizzazione: coloro che hanno una laurea ricevevano
circa € 2.500, prima di questa legge, più gli straordinari. Adesso c'è stata una
riduzione drastica, del 35-40%, e quindi dovete prendere tutto ciò cum grano salis
perché in questo momento non siamo in grado di essere precisi.
Per quanto riguarda il collegamento tra lo stipendio e l'efficienza, finora non
c'era alcun collegamento, mentre con la votazione di questo disegno complesso si
presenta anche un agganciamento, di cui potrò parlare quando ne saprò di più.
Per quanto riguarda l’orario di lavoro, la giornata è di otto ore e naturalmente
dobbiamo coprire tutte le 24 ore con apposita turnazione per i sette giorni della
settimana.
Per quanto riguarda i dirigenti, la partecipazione allo straordinario è
inesistente, anche se naturalmente fanno dello straordinario nei propri servizi.
Dobbiamo anche stigmatizzare il fatto che molto spesso abbiamo un
organico insufficiente a coprire i sette giorni della settimana e le 24 ore al giorno.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Infine vorrei parlarvi della collaborazione con altri enti e altre forze:
collaboriamo soprattutto con gli uffici dei Pubblici ministeri, dal momento che
abbiamo l'obbligo di arresto e di traduzione dei criminali presso l'ufficio dei Pubblici
ministeri: tutto ciò avviene sotto la sorveglianza e sotto gli ordini del Pubblico
ministero. Le cose per questo sono un po’ difficili, spesso ci troviamo di fronte a
problemi operativi a operare in fattispecie di flagranza di reato.
Un servizio con 30 o 50, oppure anche 100, persone ha dei problemi a
gestire una situazione di flagranza di reato, tanto più quando il Comune è piccolo
e non si è in grado di intervenire come prevedrebbe la legge, per quanto riguarda
la flagranza di reato.
Ci sono diverse collaborazioni con altri enti e la Polizia, ad esempio nel
Comune unificato di Rodi la Polizia Municipale si deve occupare anche della
repressione del commercio illegale nella zona del porto, in collaborazione con la
Capitaneria di Porto. Collaboriamo anche con gli uffici urbanistici del Comune per
reprimere l'infrazione del Codice urbanistico e dobbiamo occuparci della
protezione delle condizioni sanitarie di tutti quegli esercizi che sono obbligati a
rispettare le norme di igiene.
Molto recentemente ci è stata attribuita anche la competenza della
prevenzione degli incendi nei luoghi pubblici o privati e qui ci troviamo ancora
nell'infanzia.
Infine c'è la collaborazione con quella che potremmo definire la Guardia di
Finanza, la Polizia che si occupa di reati economici.
Vorrei concludere con una proposta: in Grecia abbiamo molto lavoro da
fare, soprattutto come amministratori del servizio di Polizia Municipale. Spesso
abbiamo degli impedimenti che ci vengono dalle autorità locali, che ci mettono i
bastoni tra le ruote. Grazie.
Moderatore:
Ringrazio anche il responsabile greco per la sua relazione, che ha toccato
argomenti non sono molti diversi da quelli con cui anche noi dobbiamo fare i conti.
I problemi relativi agli organici credo siano una materia conosciuta un po' da tutti
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
quanti in platea. I problemi derivanti dai sistemi amministrativi, che non sempre
capiscono l'urgenza e la poliedricità degli interventi delle Polizie Locali, credo
siano abbastanza frequenti pure questi. Di fatto lui ha toccato temi che riguardano
da vicino l'ambito della Polizia Locale. Il modello ottimale, sui confini geografici del
Comune, è un argomento che mi serve come spunto. È stato detto dall'onorevole
Saia che probabilmente scomparirà la competenza dei confini territoriali, su questo
occorrerebbe forse fare una riflessione, ma la faremo al termine, molto
velocemente.
Adesso vorrei dare la parola a Monica Rand, Direttore del Dipartimento di
Polizia Municipale di Tallin in Estonia. Grazie.
Monica Rand – Direttore del Dipartimento di Polizia Municipale di Tallin:
Buonasera. Innanzitutto voglio ringraziarvi per avermi invitato, mi ha fatto
veramente molto piacere ricevere questo invito e far parte di questo Forum. Il
reparto di Polizia Municipale di Tallin è stato creato come Dipartimento del
Reparto dei Vigili del fuoco il 16 ottobre 2003. L'ambito di supervisione è stato
definito in conformità con la normativa per il mantenimento dell'ordine pubblico, la
protezione della proprietà individuale e le normative relative agli animali domestici.
L'anno 2005 ha portato però tutta una serie di cambiamenti, infatti il reparto di
Polizia Municipale è entrato a far parte del Consiglio ambientale di Tallin, con
nuovi ambiti di giurisdizione. Infatti, alle nostre responsabilità, è stata aggiunta la
supervisione di altri aspetti, per esempio per quanto riguarda la legge sull'utilizzo e
il consumo di alcol. Ebbene, a questo scopo sono state create delle unità,
consistenti in due o tre agenti attivi nei vari distretti della città.
Nel 2005 la struttura è stata ulteriormente cambiata e nel 2006 il Consiglio della
Città di Tallin ha approvato la normativa numero 70, in virtù della quale è stata
creata un'agenzia amministrativa della città che deve partecipare al processo per
garantire l'ordine pubblico, e supervisionare le normative della città di Tallin,
gestire il traffico in caso di problemi ed effettuare compiti di ordine interno. Nel
2009 sono state aggiunte altre competenze ed è partito il progetto più recente,
l'unità di supervisione scolastica, school watching. Questo fa riferimento alla
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
normativa sul tabagismo vigente nel nostro Paese. A partire dal febbraio 2010 gli
ispettori della school watch hanno tenuto una serie di conferenze e di lezioni
sull'effetto del fumo e dell'alcol, indirizzata a studenti, insegnanti e genitori.
Siamo poi entrati a far parte dell'Unione delle città baltiche e del gruppo di
lavoro, la cui idea principale è quella di scambiare esperienze e pratiche tra
diverse città, affinché le città baltiche possano diventare più sicure per i loro
cittadini. Nel 2011 il gruppo di lavoro è stato trasformato in una Commissione,
l'anno prossimo l'incontro di questa Commissione si terrà a Tallin. Nel 2011 ci
sono state ulteriori cambiamenti, a partire dal 10 gennaio, infatti, io sono a Capo
del reparto della Polizia Municipale di Tallin e devo dire che negli ultimi nove mesi
siamo stati estremamente attivi. Il reparto della Polizia Municipale svolge attività
insieme ad altre agenzie amministrative e organizzazioni civili. Quest'anno siamo
diventati un'importante partner per i nostri cittadini in diverse questioni di sicurezza
nello spazio urbano.
Veniamo ora alle normative. Le responsabilità del nostro reparto riguardano
la supervisione e la prevenzione nei seguenti ambiti: la normativa per il
mantenimento dell'ordine pubblico, per la difesa della proprietà, per la gestione dei
cani e gatti per la gestione dei rifiuti, per gli scavi, per i trasporti, per il consumo di
alcol, per il traffico, per la protezione della natura, per l'edilizia, per il tabagismo e
per i taxi. Abbiamo 164 funzionari, che lavorano a Tallin e 7 diverse unità: il
reparto amministrativo, il reparto del registro che si occupa di tutti gli aspetti
documentali, il reparto che si occupa del trasporto pubblico, con il controllo dei
biglietti sugli autobus. Poi abbiamo un sistema di monitoraggio di ventiquattr'ore,
che riceve tutte le telefonate relativamente alle violazioni dell'ordine pubblico.
Abbiamo un sistema per il controllo dei parcheggi e i reparto di controllo dei taxi.
Lo school watch è il programma di cui parlavo prima . Abbiamo quattro diversi
distretti, nel proceeding department, che ha come compito principale la
supervisione della legalità all'interno della nostra municipalità.
Io vi ringrazio e, se avete domande, nel mio rapporto scritto c'è il mio
indirizzo elettronico, quindi contattatemi se avete bisogno di ulteriori dettagli.
Grazie per l'attenzione.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Moderatore:
Grazie a Monica Rand, che ha illustrato un po' le attività che conosciamo, il
suo Corpo di Polizia è relativamente giovane, ma di fatto si è già organizzato
come gli altri Corpi che hanno un storia molto più datata. L'ultimo relatore
è
Gedusevs, Comandante della Polizia Locale di Riga, in Lettonia, che ascoltiamo
volentieri,
perché
chiude
questa
carrellata.
Lui
ci
racconterà
qual
è
l'organizzazione del suo servizio. Grazie.
Janis Gedusevs – Comandante della Polizia Locale di Riga:
Buonasera, abbiamo visto dalle presentazioni la collaborazione esistente
tra le varie unità di Polizia e anch'io parlerò di questo. In Lettonia abbiamo la
Polizia di Stato, la Polizia di sicurezza, che rientrano nel Ministero degli interni e
poi la Polizia Municipale e la Polizia portuale che, invece, rientrano fra le
competenze dei comuni. Quali sono le differenze e come funzionano le due unità
di Polizia? Naturalmente ci sono problemi di bilancio, che valgono per tutti, vedete
che il denaro della Polizia di Stato viene dal Ministero degli interni, mentre i nostri
fondi provengono da un finanziamento municipale.
Vedete che il capo della Polizia è il Sindaco, noi siamo una Polizia molto
rapida, perché possiamo intervenire e reagire velocemente, possiamo anche
cambiare le voci di bilancio, abbiamo un'amministrazione molto rapida. È
importante la collaborazione, per essere al servizio dei cittadini, perché loro
vogliono una Polizia che reagisca velocemente. Abbiamo dunque un centro di
controllo operativo della Polizia, che racchiude sia i Poliziotti di Stato che la Polizia
Municipale e lì ci occupiamo delle chiamate di emergenza. Poi noi dividiamo le
chiamate in base alla priorità, se si tratta di un reato penale se ne occupa la
Polizia di Stato, mentre altri problemi sono di competenza della Polizia Municipale.
Noi però siamo sempre pronti a reagire.
L'equipaggiamento è lo stesso della Polizia di Stato, abbiamo le armi,
abbiamo i dissuasori elettrici, abbiamo lo spray urticante, non c'è nulla di diverso
tra noi e la Polizia di Stato, perché se un Poliziotto vede un incidente, deve
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
reagire. È vero però che noi, come Polizia Municipale, non ci occupiamo delle
indagini per i casi penali.
Poi vediamo il Centro di sorveglianza video, noi copriamo praticamente tutti
i quartieri di Riga e ogni anno, gradualmente, copriamo altre strade e altri quartieri,
con le telecamere, perché pensiamo che la tecnologia si importantissima per il
lavoro della Polizia.
Abbiamo cominciato questo lavoro cinque anni fa e abbiamo avuto ottimi
risultati, per esempio le evidenze per le indagini penali vengono proprio da questo
Centro di video sorveglianza. Questo vale anche per le operazioni speciali che la
Polizia di Stato svolge. Noi talvolta mettiamo su Internet alcuni filmati, presi dal
Centro di video sorveglianza, per far capire ai cittadini quello che veramente la
Polizia fa.
Possiamo contare su un piano di pattugliamento della città, perché la città è
grande e la Polizia Municipale non può coprire tutti i quartieri. Allora abbiamo un
piano per organizzare le varie unità. Poi ci aiutiamo tra di noi, tra la Polizia
Municipale la Polizia di Stato. Inoltre, come altre Polizie europee, anche noi
facciamo lezioni nelle scuole, poi abbiamo delle riunioni con i cittadini, con i
residenti e parliamo di tutti i problemi esistenti: i problemi sociali, i problemi della
scuola eccetera.
Infine, se ci sono visite di politici importanti dall'estero, oppure se ci sono
dimostrazioni, manifestazioni eccetera, anche noi collaboriamo con la Polizia di
Stato, sulla base dei piani che vengono redatti. Grazie.
Moderatore:
Abbiamo terminato qualche minuto prima, questo mi consente innanzitutto
di ringraziare ACI per questa giornata, personalmente ho imparato molto, non so
se anche voi, ma credo di sì. La cosa più bella, forse più produttiva, è riuscire a
cogliere alcuni spunti, che provo a riassumere. Da oggi, secondo me, emergono
alcune relazioni, innanzitutto il concetto di centrare il settore di Polizia Locale e di
internazionalizzarlo, per tutta una serie di ragioni. Ci sono omogeneità dei compiti
di organizzazione, vi è, un po' ovunque, la capacità di ascolto, con attenzione alla
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
famiglia e ai giovani e nell'ambito dell'evoluzione della professionalità del corpo.
Molti hanno parlato - ed è già esistente - di un sistema di rete attraverso la
formazione comune; la parola chiave che ci può aiutare è formazione.
Poi la regionalizzazione di sistema, io, come sapete, faccio parte di
Regione Lombardia e ho puntato molto su questo concetto di regionalizzazione,
però nel pieno rispetto dell'autonomia degli Enti Locali, cioè lasciare gli enti nel
loro alveo, ma soprattutto farli sentire insieme, quindi condividere le problematiche
del settore. Per fare questo, com'è emerso anche qui oggi, occorre una banca dati
comune; si è parlato di criminalità in movimento, pensate alla possibilità di poter
costruire una sorta di SDI di tutte le Polizie Locali italiane. Lo SDI forse arriverà a
livello istituzionale, ma non faremmo fatica se volessimo, con la banca dati che
deteniamo, costruire uno SDI delle Polizie Locali, sarebbe anche molto utile, io
credo.
Poi le tecnologie, che aiutano le conoscenze e, attraverso le segnalazioni,
contribuiscono a migliorare sempre la professionalità.
L'ambito sociale viene
tenuto nella massima considerazione già oggi dalle Polizie Locali, ma sempre in
un concetto di internazionalizzazione: abbiamo sentito anche le altre Polizie
europee hanno ben presente questo tema. Non vi sono più, per molti, i confini
geografici, noi ne abbiamo ancora, su questo pare che la rivoluzione legislativa
vada oltre, dovremo capire fino a quando questo sistema potrà reggere. Non
dobbiamo scordare l'attenzione alle riforme legislative, che tengano conto dei
problemi degli organici, che sono innegabili, così come quelli degli altri Paesi, che
si spingono però a creare un sistema di protezione della popolazione - oggi è
emerso un altro concetto chiave, secondo me, quello della protezione della
popolazione - a vari livelli. È un fenomeno multidimensionale. In conclusione credo
che anche il numero unico per le Polizie Locali potrebbe essere un'evoluzione
tecnologica di sistema, una cosa alla quale stiamo già lavorando, che dovrebbe
poi evolvere sempre di più a livello nazionale.
Io ringrazio veramente tutti voi della pazienza avuta, siete rimasti fino a
tardi, credo che un arricchimento comune consenta a tutti noi di riflettere e
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
soprattutto di continuare su questa strada, che mi sembra la migliore per
arricchirsi sempre di più e migliorare professionalmente. Grazie a tutti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
IV FORUM INTERNAZIONALE DELLE POLIZIE LOCALI
RIVA DEL GARDA, 24 – 26 OTTOBRE 2011
“Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva”
ATTI DEL CONVEGNO
25/10/2011
SESSIONE MATTUTINA
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Sessione convegnistica sul tema
“LEGALITÀ SICUREZZA URBANA E STRADALE”
Moderatore Vincenzo Manna – Giudice di Pace:
Buongiorno a tutti. Mi chiamo Vincenzo Manna, già comandante del corpo della
Polizia municipale della città di Torino. Ho avuto l'incarico di svolgere il ruolo di
moderatore di questa sessione e possiamo quindi dare inizio ai lavori con il primo
intervento, dell'onorevole Michele Giardiello, per conto della Fondazione Filippo
Caracciolo, della quale è stato Presidente.
Ci presenterà lo studio predisposto dalla Fondazione stessa sul “Falso documentale
negli illeciti stradali: il ruolo della Polizia Locale”.
Michele Giardiello – Fondazione Filippo Caracciolo:
Buongiorno a tutti. Prima di entrare nel merito di questo studio, che presentiamo
questa mattina, elaborato dalla Fondazione Filippo Caracciolo, su questionari inviati alle
città capoluogo di Regione, sul falso documentale, vorrei informarvi del fatto che ieri non è
stato distribuito il volume degli studi sulla comparazione delle organizzazioni delle Polizie
locali in Europa, ma è stato fatto stamattina. In ogni caso, chi volesse approfondire e
trovare gli studi di ieri e di oggi, oltre a quelli presentate nelle scorse edizioni, può visitare
il sito della Fondazione Filippo Caracciolo.
Approfitto della presenza delle associazioni e dei comandi di Polizie locali per dire
che su questi temi, come Fondazione Filippo Caracciolo, intendiamo aprire un forum con
tutte i comandi e le associazioni per avere un dialogo costante e permanente
sull'aggiornamento non solo dei dati ma anche delle idee e delle proposte.
A tal proposito, così come è avvenuto in questi anni, assieme al dottor Leanza
organizzeremo, subito dopo la conclusione di questo IV Forum, un incontro a Roma, con
tutte le associazioni, per decidere assieme quali saranno i temi oggetto di studio e ricerca e
quindi di confronto e discussione per il V Forum delle Polizie locali.
La ricerca sul falso documentale è stata realizzata attraverso un'indagine condotta
presso i corpi di Polizia Locale delle città capoluogo di Regione. L'idea, condivisa con le
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
associazioni che avevano suggerito questo tema, che è anche una novità nel panorama
degli studi e delle ricerche, era quella di raccogliere una base di dati dai quali trarre delle
primissime indicazioni.
Lo studio ha operato una ricognizione anche teorica della materia, con la finalità di
facilitare la comprensione di un certo disagio operativo che incontrano quotidianamente gli
operatori del settore.
In particolare ci siamo concentrati su quei reati di falsità documentale riscontrabili a
condizioni ordinarie in un controllo di Polizia stradale che possa maturare nei centri abitati.
Per questo vorrei ringraziare tutti i comandi delle città capoluogo di Regione: purtroppo
non ci è stato possibile recepire il solo dato di Catanzaro, ma speriamo, in questo confronto
permanente che metteremo in atto, di recuperare anche i dati di quella realtà, naturalmente
cercando di allargarla ad altre realtà del Paese.
Il primo spunto che emerge dalla lettura dei dati sul falso documentale è quello che
riguarda la patente di guida: come vedete il 48% dei documenti ritirati o sequestrati dalle
Polizie locali riguarda proprio la patente di guida. Non si tratta di un'esplosione improvvisa
di un fenomeno criminale ma, avendolo riscontrato anche in alcune situazioni con delle
eccellenze, si tratta di uno sviluppo straordinario delle professionalità che le Polizie locali
hanno saputo mettere in campo.
Questa è la prima riflessione, che poi troverete analiticamente più motivata negli
studi che vi sono stati consegnati agli ingressi. L'indagine mette in evidenza che i corpi di
Polizia Locale hanno sviluppato al loro interno nuclei specializzati per il contrasto a tali
fenomeni di falsità documentale.
Il dato sull'insistenza di casistiche di targhe false vede l'1%, quello delle carte di
circolazione false il 5%, e va interpretato anche alla luce di altri fattori: quello della
falsificazione della targa è un tema più complesso e sicuramente incide una minore
oggettiva e corretta su tale fenomeno, perché è complicato falsificare una targa, e c’è anche
una normativa più stringente sul tema, dove il confine tra rilevanza penale e rilevanza
amministrativa è molto sottile, quindi è molto più complesso e complicato cimentarsi in
questa falsificazione.
Ricorderete che alcuni anni fa c'era stato il fenomeno delle cosiddette targhe
clonate, che si è un po' sgonfiato, forse anche per la questione di cui parlavo prima, per una
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
maggiore capacità di contrasto data da un'elevata e accresciuta professionalità delle Polizie
locali.
Per quanto riguarda il fenomeno della falsificazione delle carte di circolazione, si
possono trarre le stesse conclusioni: vi è una specializzazione, soprattutto nei grandi
comandi, Milano, Torino, Roma e Napoli, chi vive sul territorio ogni giorno, davanti a
questi problema, lo sa meglio di me.
Non trovate Roma nei dati, non perché non sia stata fatta l'indagine, anzi, è stata
fatta e Roma è un caso particolare, perché i dati della capitale sono stati forniti in modo
aggregato, nel senso che non erano selezionati per tipologia. Il ritiro della patente è stato
inserito nello stesso dato analitico se è stato fatto per guida in stato di ebbrezza, per
eccesso di velocità o perché si trattava di un documento falso.
Solo da alcuni mesi il comando della Polizia di Roma ha potuto selezionare questi
dati e quindi nei prossimi anni potranno essere molto più dettagliati. In ogni caso vedete
qual è la situazione, nel triennio 2006-2008, della capitale del nostro Paese. Vista la
straordinarietà della stessa, potete immaginare che alla voce “permesso per accesso alla
zona traffico limitato” vi sia un'esplosione.
Se si analizza nel merito e si va a verificare quanti sono i varchi presenti nella
capitale per l'accesso al centro storico e quante sono le auto circolanti – ai milioni di
abitanti se ne aggiungono altrettanti che vengono da fuori – e dato che in quel punto della
città risiedono le maggiori istituzioni di questo paese, il Parlamento, la Presidenza della
Repubblica, la Corte costituzionale e i Ministeri, potete immaginare che il dato si sgonfia
moltissimo.
I dati della ricerca sulle patenti false evidenziano la posizione di rilievo occupata
dai corpi di Polizia municipale di Torino e di Milano. L'attività posta in essere dagli
operatori dei due comandi di Polizia Locale risulta molto proficua e interessante. Ai
risultati del capoluogo piemontese, come potete vedere, seguono a molta distanza quelli dei
corpi di Polizia municipale di Venezia, 78 patenti false rilevate nel 2008, 35 a Firenze, 22 a
Bologna e nessuna patente falsa ritirata invece nei comandi di Trieste, Aosta, Potenza, Bari
e Palermo. Nessuna inoltre ritirata a Napoli, su questo non commento.
Per l'attività di contrasto al fenomeno delle carte di circolazione spiccano i risultati
straordinari ottenuti dalla città di Milano, cosa che abbiamo potuto notare anche al
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
convegno dell’ANVUR di Sulmona a inizio dell'anno, dove il comando di Milano ha
presentato uno studio specifico sul proprio territorio, dal quale emerge una grande
professionalità.
Quello dei contrassegni assicurativi è un altro degli elementi molto diffusi. Con
questi dati parliamo di 20 città capoluogo di Regione, parliamo di difficoltà oggettive che
hanno i comandi nel contrasto di questo falso documentale, ma provate a immaginare se
questa professionalità e questa capacità di controllo fosse estesa a tutto il Paese:
evidentemente il fenomeno sarebbe molto più esteso, soprattutto per quanto riguarda il
contrassegno assicurativo. Su questo abbiamo dati molto contrastanti: anche in questo caso
Milano fa un lavoro straordinario, ma anche Napoli, Bologna e Venezia sono alla pari.
Vi ho spiegato quanto sia difficile non solo falsificare una targa ma anche fare un
controllo oggettivo su questa evidenza. Qui emergono i risultati dei corpi di Polizia Locale
di Torino, di Firenze, di Venezia, di Perugia, di Napoli, Bari e Palermo che, nonostante le
difficoltà, sono riusciti a scovare alcuni casi importanti di targhe contraffatte.
Al contrario delle altre falsificazioni, qui sorprende il dato di Milano. Il comando di
Milano dichiara di non aver accertato alcuna falsità nelle targhe circolanti nella propria
città e questo è un fenomeno che andrebbe studiato meglio.
Andiamo avanti velocemente. Io penso che l'attività di contrasto al falso
documentale sia una delle priorità, delle attività che bisognerebbe mettere in campo. I dati
ci dicono qual è il fenomeno, ma forse non ci dicono quanto sia esteso e sviluppato nel
nostro Paese. Nel corso della discussione sentirete il dottor Pensa, dirigente
dell'Automobile Club, che illustrerà le iniziative importanti ed straordinarie, anche nuove,
che l'Automobile club d'Italia ha messo in campo e le proposte necessarie per combattere
tale fenomeno. Io penso, lo ha detto ieri il presidente Gelpi, vorrei sottolinearlo, che
l'Automobile Club d'Italia possa proporsi come garante di un progetto che governi l'intera
filiera, per il contrasto al falso documentale, per la legalità e la sicurezza dei cittadini. Io
penso che questo possa essere uno degli impegni, insieme a tanti altri, straordinari e
strategici, che l'Automobile club può darsi.
Naturalmente poi ci sono i permessi ZTL nelle città, potete vedere da soli qual è il
risultato, come ripeto le grandi città hanno numeri più grandi, perché Roma, Milano,
Torino, Firenze, hanno centri storici molto più importanti e una massa di veicoli circolanti
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
molto più consistente. Poi ci sono i permessi per la sosta per le persone invalide, ma questo
è un fenomeno molto diffuso, anche qui Palermo è la città che spicca di più. Nella mia
amata, Napoli, non risultano rilevati permessi falsi per invalidi! Non commento. Io vi
ringrazio e vi saluto.
Moderatore:
Grazie Onorevole, abbiamo visto una serie di dati veramente interessante,
bisognerebbe da destinare e dedicare tutta la sessione all'esame di questi dati, che, come
ripeto, sono davvero interessanti. Io mi permetto di dare soltanto una chiave di lettura
immediata, cioè che quasi sempre i risultati che derivano da questi prospetti, salvo casi di
falsità grossolana, risibile e riscontrabile immediatamente da qualsiasi appartenente le
forze dell'ordine, quasi sempre questi falsi, soprattutto per quanto attiene certi documenti,
ad esempio la patente di guida e la carta di circolazione, oggi come oggi sono fatti
veramente bene. Per cui serve un personale decisamente qualificato per effettuare questi
controlli e se non si vanno a predisporre dei servizi adibiti, nell'ambito dell'organizzazione
dei corpi, è ben difficile che questi falsi possono essere rilevati e perseguiti. Ecco, in
quest’ottica leggo quelle enormi differenze che abbiamo riscontrato tra i risultati dei vari
Corpi di Polizia municipale.
La mattinata si svilupperà su due tematiche, che ovviamente rientrano entrambe
nell'ambito del tema fondamentale, che, come sapete, è “Legalità, sicurezza urbana e
stradale”. Prima di tutto continueremo ad occuparci del falso documentale, con due
relazioni che seguiranno immediatamente, poi passeremo a trattare la sicurezza stradale
vera e propria, con numerosi interventi. Proprio in ragione del fatto che ci sono numerosi
interventi, e che il tempo a disposizione non è moltissimo, prego i signori relatori di
limitare il loro intervento intorno a 15-20 minuti al massimo. Sarò costretto, se si dovesse
andare oltre questo tempo, ahimè, ad intervenire, altrimenti ne subirebbe la conseguenza il
relatore successivo, che avrebbe a disposizione un tempo più ridotto. Anche perché ci
tengo poi a che relatore finale, il professor Cascetta, abbia del tempo a disposizione per
sviluppare la sua relazione conclusiva, che non dico sia la più interessante, ma sicuramente
una delle più pregnanti. Io mi fermo qui, perché non voglio rubare a mia volta del tempo,
quindi, con una piccola variazione concordata tra i relatori, darei la parola al dottor
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Vincenzo Pensa, Direttore centrale della Direzione servizi delegati dell'ACI, il quale ci
informerà su: “Il falso documentale in campo automobilistico: l'azione di contrasto svolta
dal Pubblico Registro Automobilistico". Prego dottore.
Vincenzo Pensa – Direttore centrale della Direzione servizi delegati dell'ACI:
Buongiorno a tutti, il mio intervento, che segue immediatamente l'esposizione dello
studio fatto dalla Fondazione, tende, in qualche modo, ad allargare un po' l'ambito di
analisi. Abbiamo visto una serie di dati frutto di attività svolte dalle Polizie municipali, di
contrasto soprattutto alla circolazione di documenti falsi, quindi una rilevazione fatta
sistematicamente attraverso la loro attività. Quella che svolge il Pubblico Registro
Automobilistico è un'attività a tappeto, su tutte le pratiche amministrative che attengono
alla vita del veicolo. Un'attività che viene svolta praticamente sul 100% delle transazioni
che avvengono a livello commerciale. L'attività del Pubblico Registro Automobilistico si
concentra su un fenomeno che è particolarmente preoccupante, perché il contesto
economico sicuramente tende ad aggravare la situazione.
Vediamo infatti che, nel momento in cui si presentano situazioni di disagio, c'è la
tendenza a trovare meccanismi per eludere, o addirittura evitare, gli adempimenti
amministrativi, sia per problematiche di natura economica che soprattutto per dare vita a
delle attività che possiamo definire illecite. Questo avviene attraverso varie forme, in
particolare noi notiamo che sul fenomeno delle radiazioni, che sono sostanzialmente la
cancellazione dei veicoli dai registri, queste attività, soprattutto per l'esportazione
all'estero, stanno diventando terreno di pratiche ai limiti della legalità, se non spesso
nell'illegalità e nascondono fenomeni sui quali tornerò successivamente.
L'attività che il Pubblico Registro Automobilistico svolge è concentrata sul
contrasto dell'abusivismo, sul contrasto della produzione dei documenti e di atti falsificati,
anche atti che, in questo caso, stanno a rappresentare i documenti che attestano l'avvenuto
pagamento, come bollettini postali, o il fenomeno più ampio delle cosiddette intestazioni
fittizie. Sui contrassegni di assicurazione contraffatti abbiamo già avuto modo di
intervenire e lo farò anche al termine di questa mia relazione. Dicevamo che la
falsificazione, nelle sue varie forme, cioè la contraffazione, la produzione di documenti
falsi grossolani, o addirittura di fantasia, o nella sua forma più insidioso, quella
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dell'alterazione del documento, che abbina elementi di veridicità ad elementi falsi, è uno
degli aspetti. L'altro aspetto su cui io tendo a richiamare la vostra attenzione è quello
dell'utilizzo di documenti autentici a copertura di attività illecite. È il caso, appunto, delle
radiazioni per l'esportazione.
Questo effettivamente è un fenomeno che va tenuto sotto controllo. Quali sono le
attività che noi, quotidianamente, svolgiamo? Intanto il controllo su tutti gli atti e sulle
relative autentiche, quindi la falsità documentale sta anche nel verificare la cronologia dei
fatti che sono rappresentati sui documenti, la veridicità dei contenuti delle dichiarazioni e,
oltre a questo, la veridicità dei supporti. Uno dei contrasti che possiamo mettere in campo è
proprio quello del documento stesso, che deve rappresentare comunque una prima barriera
al contrasto della falsificazione. I documenti ovviamente dispongono di alcuni
accorgimenti, quali quelli consueti della carta filigranata, l'applicazione di ologrammi, i
caratteri di sicurezza, il codice a barre e la grammatura della carta. Sono tutti elementi che
contribuiscono a rendere il documento più sicuro, ma che non raggiungono al 100% il
risultato che noi ci prefiggiamo. Infatti le tecnologie di cui oggi si può disporre a basso
prezzo paradossalmente aiutano i comportamenti falsificatori. Non è più necessario mettere
in piedi dei veri e propri laboratori di falsificazione, oggi, con degli strumenti facilmente
reperibili sul mercato, è possibile produrre dei documenti che, a prima vista, possono
effettivamente trarre in inganno e quindi necessitano di un controllo più approfondito.
Una delle forme più efficaci di contrasto a questa attività è sicuramente quella che
avviene attraverso l'integrazione delle banche dati, perché, al di là dei controlli che
possono essere effettuati sul territorio o dei controlli che vengono effettuati
sistematicamente su ogni singolo documento, quello che sicuramente rappresenta un
elemento di fortissimo contrasto è proprio l'incrocio delle banche dati. Se il dato viene
acquisito in maniera originale e quindi controllata, è possibile fare una serie di verifiche
che ci dicono immediatamente se quello che in quel momento abbiamo sotto gli occhi è
qualcosa che corrisponde al vero o meno. Questo al di là dell'esperienza degli operatori,
che pure rappresenta un fatto di primaria importanza e quindi l'aspetto formativo e di
aggiornamento continuo e professionale è un ulteriore elemento da mettere in campo. Non
dimentichiamo poi le verifiche sulle marche da bollo, sui bollettini postali e quant'altro può
essere messo in campo.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Come dicevo, anche l'attività di controllo sull'abusivismo, cioè su coloro sono
chiamati professionalmente ad operare nei vari settori, rappresenta un valido baluardo nei
confronti di chi è intenzionato a mettere in essere pratiche illecite. Ovviamente poi esiste la
segnalazione agli organi competenti di quanto viene rilevato a livello di controllo da parte
dei nostri uffici.
Nel caso delle misure antiriciclaggio, di cui ACI si è fatto parte attiva nei confronti
del comitato di sicurezza, citiamo il decreto legislativo del 2007, che ha, come finalità,
anche quella di prevenire e contrastare il terrorismo.
Per quanto riguarda il contrasto al traffico e l'esportazione all'estero, a copertura di
attività illecite, dicevo che è un tema sul quale stiamo riflettendo proprio in quest'ultimo
periodo, perché forse molti di voi ricorderanno il fenomeno delle cosiddette radiazioni per
ritiro sull'area privata, che non rappresentavano nient'altro che un modo per eludere alcuni
obblighi, soprattutto di natura fiscale e tributaria. Con il venir meno di questa possibilità
abbiamo notato la crescita delle cosiddette radiazioni per esportazione, cioè i veicoli
vengono sostanzialmente cancellati dai registri italiani e vengono esportati all'estero. È una
prassi lecita e consentita, però la frequenza e i numeri inducono a ritenere che sotto
possano esserci altri tipi di attività e in effetti così è. Spesso, in collaborazione con le forze
dell'ordine, seguendo la pista del documento falso o delle attestazioni che non
corrispondono al vero, si è riusciti a risalire a vere e proprie organizzazioni criminali,
dedite a questo tipo di attività, che possono avere molteplici fini. Ad esempio quello di
ripulire il veicolo e magari reintrodurre lo stesso all'interno del Paese italiano, dal quale
probabilmente non riesce nemmeno. Oppure alimentare traffici di veicoli verso Paesi
esteri, in particolare Nord Africa ed Europa orientale, o addirittura quello che in questo
momento sta effettivamente attirando la nostra attenzione, ovvero l'esportazione di rifiuti
verso l'estero. Voi sapete che il veicolo costituisce un rifiuto speciale e, come tale, è
soggetto ad una normativa molto restringente in termini di controllo, soprattutto per quanto
attiene la sua movimentazione sul territorio. Quindi è molto più facile far uscire un rifiuto
speciale come se fosse un veicolo che è stato venduto, piuttosto che come un vero e
proprio rifiuto speciale. Questo sta alimentando dei veri e propri traffici di oltre confine,
sui quali a breve non interverremo, ovviamente con gli strumenti messi a disposizione, che
sono quelli che ci fornisce il diritto amministrativo, quindi la regolamentazione degli atti
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
tramite disposizioni interne. Su questo, molto probabilmente, il legislatore dovrà prendere
in considerazione l'ipotesi di intervenire in maniera più precisa.
Un’altra iniziativa è quella della creazione di un repertorio: tutti gli atti autenticati
sono poi rintracciati attraverso banche dati che ci dicono effettivamente da chi è stato
autenticato quell'atto, chi erano i soggetti, ovviamente con la possibilità di poterne
produrre una copia nel caso in cui fosse smarrito l'originario o fosse necessaria una nuova
copia.
Con il Ministero della giustizia e il Ministero dell'interno, ACI coopera da tempo
attraverso l'integrazione dei sistemi informativi, al controllo e alla produzione di flussi
documentali che transitino direttamente tra le due organizzazioni senza l'ausilio della carta,
che rappresenta una criticità all'interno dei processi amministrativi.
Siamo arrivati addirittura alla trascrizione in via telematica dei provvedimenti
cautelari sul PRA, questo in collaborazione con le Forze dell'ordine, in particolare con la
Polizia stradale e con il Ministero di giustizia.
Un altro aspetto su cui richiamo l'attenzione è che tutti noi che operiamo nel settore
della pubblica amministrazione siamo alle prese con due esigenze: la prima è quella della
semplificazione e della necessità di consentire al cittadino di usufruire dell'opportunità che
la legge fornisce, in particolare l'autocertificazione, la dichiarazione di fatti a lui noti, cose
che quotidianamente ci troviamo a trattare; ma dall'altra parte l'esigenza di controllo,
perché queste garanzie e opportunità hanno un senso se dall'altra parte l'amministrazione
svolge un controllo puntuale e sistematico sulle dichiarazioni stesse. Altrimenti si apre un
facile varco all'introduzione, all'interno dei sistemi, di informazioni e documentazioni non
veritiere. Il controllo sistematico richiede tempo ma sicuramente produce dei risultati.
Vorrei soffermarmi sulla digitalizzazione del procedimento: come dicevo prima,
sicuramente uno degli aspetti più efficaci in questo tipo di attività è quello della completa
digitalizzazione e informatizzazione dei processi. Meno si rende presente all'interno degli
stessi un intervento discrezionale o rimesso al singolo operatore, più noi abbiamo garanzia
che quel processo possa terminare con un risultato che raggiunge la sua efficacia al 100%.
Con l'integrazione delle banche dati e la disponibilità delle informazioni, in forma
cooperante, a tutti gli operatori, crediamo che si possano effettivamente fare grossi passi in
avanti, anche in termini di controllo e di monitoraggio delle attività. Richiamo dunque alla
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
cooperazione con il Ministero di giustizia, che ricordo essere il Ministero vigilante sul
Pubblico registro automobilistico, è ovviamente il Ministero dell'interno.
Alcune proposte, alcune semplici e di facile attuazione, altre più ambiziose, sulle
quali occorrerà riflettere e creare del consenso. Da subito è possibile procedere all'ulteriore
estensione
delle
formalità
che
transitano
attraverso
lo
Sportello
telematico
dell'automobilista, in ossequio al principio di cui parlavo prima, che più le attività vengono
acquisite da sistemi sicuri e certi, che garantiscono l'integrità delle informazioni, più noi
abbiamo garanzia che quel tipo di procedimento, di attività o di garanzie che vogliamo,
siano corrette.
Il PRA tratta oggi circa 14 milioni di pratiche, tutte trattate singolarmente, non c’è
un’acquisizione massiva. Sono controllate una per una ma ancora il 20% di queste pratiche
non rientra nello Sportello telematico dell'automobilista, ma abbisogna di una trattazione
più normale e operativa.
Potrebbe essere arrivato il momento di introdurre la firma bilaterale per
l'effettuazione delle transazioni: ha dato buona prova di sé la dichiarazione unilaterale, ma
forse l’atto bilaterale, reso obbligatorio, potrebbe essere un effettivo strumento di
sicurezza.
Ad esempio potrebbe essere semplice autorizzare gli uffici che trattano queste
attività al rilascio delle marche da bollo, perché su questi valori spesso abbiamo notato che
si concentra l'attività di falsificazione. Se venissero acquisiti direttamente alla fonte,
elimineremmo il rischio di questo tipo di traffico, che non è secondario. La ragione è che
oggi le marche da bollo valgono molto.
Il progetto più ambizioso è la carta elettronica del veicolo: non credo sia lontano il
tempo in cui potremo avere un supporto su cui conservare tutti i dati del veicolo, sia quelli
tecnici sia quelli amministrativi, sia quelli di natura fiscale, sia quelli attinenti alla stessa
manutenzione del veicolo. Credo che questo potrebbe essere un ulteriore tema su cui
concentrare la nostra attività.
Concludo con uno degli aspetti toccati dal direttore della scuola, Giardiello, cioè
quello delle assicurazioni. Si pensa di risolvere il problema attraverso un incrocio delle
banche dati, però successivo e non in maniera preventiva. Questo ci consente di capire
cos'è successo ma solo in un momento successivo.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Così come diceva ieri il Presidente Gelpi, noi invece pensiamo che, come accade in
molti altri Paesi, il momento della registrazione del veicolo non sia semplicemente un
adempimento di natura amministrativa, ma che sullo stesso possano essere concentrate
altre attività che, senza alcun aggravio per il cittadino, ma solo attraverso l'utilizzo delle
informazioni di cui le amministrazioni di fatto già possono disporre, si potrebbero fare dei
controlli e delle verifiche che consentirebbero di effettuare in un unico contesto più
controlli; non solo la registrazione del passaggio di vendita, ma ad esempio anche la
verifica se quel determinato bene abbiamo pagato l'assicurazione e sia in regola con le
norme fiscali e tributarie.
Come ricorderete in precedenza era possibile esportare all'estero i veicoli soggetti a
fermo amministrativo: successivamente siamo intervenuti e abbiamo impedito che questo
avvenisse, perché questo è un modo per sottrarre al fisco delle forme di garanzia su crediti
che vantava nei confronti del contribuente inadempiente.
In sostanza noi proponiamo un controllo preventivo sull'esistenza del contratto di
assicurazione al momento della trascrizione delle formalità, sia in fase di immatricolazione
che in fasi successive. Nella vita di un veicolo sono molteplici gli eventi soggetti a
controllo e registrazioni. Se in ognuno di questi eventi noi operassimo questi controlli,
probabilmente avremmo una mappatura e uno screening molto chiaro ed evidente, ma
soprattutto potranno essere più incisivi, potremmo impedire di fare quel tipo di atto se non
si è in regola dall'altro punto di vista.
Questi controlli potrebbero poi essere svolti in maniera trasparente e chiara
attraverso le banche dati al momento del pagamento della tassa automobilistica, sia quello
della prima, sia successivamente.
Ne
consegue
una
riduzione
dell'evasione:
ricordo
che
nel
pagamento
dell'assicurazione c'è anche una quota relativa al Servizio sanitario nazionale, che di fatto è
un ulteriore tributo evaso in questi casi, che ricade sulla collettività costretta ad accollarsi
l'onere di questa parte di contribuenti che non fanno il proprio dovere. È una maggiore
sicurezza per tutti i cittadini: per noi è una riforma non solo possibile ma abbastanza
semplice da realizzare, con benefici e a costo zero per i cittadini.
Vi ringrazio.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Moderatore:
Un ringraziamento al dottor Pensa anche da parte nostra.
Passiamo subito all'altra relazione, che concluderà la parte relativa al falso
documentale. Ascolteremo adesso il dottor Alessandro Santoliquido, Direttore generale
della SARA Assicurazioni S.p.A., che tratterà il tema della frode in campo assicurativo:
strumenti di possibile intervento. È un tema di enorme attualità perché il fenomeno è in
aumento e quindi occorre vedere quali sono gli interventi più pratici, semplici e risolutivi
nel contrastare il fenomeno.
Alessandro Santoliquido – Direttore generale della SARA Assicurazioni S.p.A.:
Buongiorno a tutti. Provo a sintetizzare un tema su cui si fanno vari convegni e che
richiederebbe vari giorni di lavoro.
Ho diviso il mio intervento in due parti, con alcuni numeri sulle frodi assicurative
in Italia e poi cosa si potrebbe fare per risolvere questo problema, che ha una rilevanza
sociale enorme, specialmente in alcune aree del Paese.
Se osserviamo i dati ufficiali l'Italia sembrerebbe un Paese virtuoso: abbiamo circa
2,3% di sinistri sospetti di frode, contro la Gran Bretagna che ne dichiara 12%, la Francia il
il 5%, la Spagna il 4% la Germania il 7%. Dai dati ufficiali sembreremmo un Paese
virtuoso: probabilmente no o, meglio, senz'altro no.
I dati ufficiali sono senz'altro sottostimati, perché effettivamente è difficile fare
delle querele in campo assicurativo. In Italia si è sempre esposti al reato di calunnia, quindi
di prima di fare una querela io devo essere abbastanza sicuro che venga poi seguita dagli
uffici giudiziari e di avere dati sufficienti per non essere esposti a un rimbalzo da parte
della persona che abbiamo querelato.
Possiamo stimare che in Italia in realtà le frodi sulla RC Auto riguardino perlomeno
il 10-20% del totale liquidato livello nazionale. È una stima prudenziale e credo che in
realtà il fenomeno sia più rilevante.
Questo 2,3% di media nazionale in realtà già oggi si divide molto tra le varie zone
del Paese. Diventa 0,33% nel Trentino, 0,32% in Friuli e quasi 10% in Campania, molto di
più a Napoli, quasi 6% in Puglia eccetera. È quindi già un dato molto diversificato a livello
nazionale.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
In realtà quello che si crea oggi nel mondo assicurativo è un circolo vizioso: c’è una
legislazione sui risarcimenti molto permissiva. In Italia è molto facile frodare
l'assicurazione, per una serie di motivi. C'è una sottostima del comportamento antisociale
di chi froda: così come non ci rendiamo conto del fatto che quando uno non paga le tasse in
realtà ci sta truffando tutti, così non ci rendiamo conto che chi non paga l'assicurazione non
sta frodando la compagnia ma sta frodando il sistema assicurativo nel suo complesso.
C'è una prevalenza di altri diritti, su quello dell'impresa, a tutela del proprio
patrimonio: ad esempio la privacy è un tema molto rilevante in Italia. L’ANIA qualche
tempo fa aveva una banca dati di truffatori che erano stati identificati, c'era uno scambio di
informazioni tra le compagnie per cercare di reprimere questo fenomeno ma il Garante
della privacy ha detto che non era possibile avere questa banca dati, perché queste persone,
i truffatori, subivano un danno nella propria privacy.
Personalmente, come cittadino normale, sapere che qualcuno ha conservato i dati
del mio incidente, a me non tocca particolarmente, ma l'Italia è un Paese fatto in questo
modo e la banca dati è stata smantellata: oggi non esiste una banca dati centralizzata su
queste tematiche.
Manca un sistema centrale di controllo e contrasto delle frodi: c’è il problema che
queste frodi creano una crescita del premio assicurativo molto rilevante, specialmente in
alcune zone del Paese. Questo è evidente, perché una volta che io subisco una frode, come
compagnia di assicurazione, aumentano i costi di risarcimento, aumenta il premio
assicurativo. L'aumento del premio assicurativo crea un calo di immagine nella compagnia
di assicurazione e quindi io, che sono il povero utente che si vede aumentare il premio
assicurativo, sono legittimato a frodare le compagnie di assicurazioni. Torniamo in questo
modo all'inizio e si crea un circolo vizioso, concludendo con il fatto che a volte il costo
della RC Auto è doppio rispetto a molti dei Paesi con i quali ci possiamo confrontare.
Se vediamo alcuni dei fattori che direttamente o indirettamente influiscono
negativamente sull'azione di contrasto alle frodi che le compagnie possono fare, c'è il tema
dello scarso coordinamento delle diverse banche dati esistenti per i contratti assicurativi e
per i sinistri. Non scordiamo poi la tutela della privacy, di cui vi parlavo prima, che
effettivamente in Italia è preponderante, perché in Italia la privacy è trattata in maniera
molto restrittiva, quindi ci sono molti limiti nell'utilizzo delle banche dati. C'è la disciplina
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
di legge che è stata creata qualche anno fa sull'offerta risarcitoria. Noi, come compagnia,
siamo obbligati a risarcire il danneggiato, in presenza di un modulo Cid a due firme, in 30
giorni e, in presenza di un modulo ad una firma sola, in 60 giorni. Se io ho un sospetto di
frode, non posso interrompere questi termini, anche perché, se io poi non pago i sinistri con
queste tempistiche, sono soggetto a delle sanzioni da parte di Isvap, che raggiungono le
decine di migliaia di euro. Se io faccio passare, per esempio, 120 giorni dopo un sinistro,
anche da € 500, Isvap mi multa per € 60.000 su quel sinistro.
C'è poi il tema rilevante in Italia: la frode è perseguibile solo con querela di parte.
Se io ho notizie di reato, o qualcuno mi querela, oppure querela chi ha fatto il reato, oppure
il giudice non può procedere, quindi, ovviamente, come dicevo prima, nel momento in cui
una compagnia di assicurazione deve querelare qualcuno, se non ha tutti gli elementi, è poi
soggetta ad essere a sua volta querelata per calunnia. Ci dobbiamo rendere conto che
questo è un tema rilevante, perché le compagnie di assicurazione si trovano ad operare non
nei confronti del singolo cittadino indifeso, che ha un sinistro ogni 12 anni, in media, in
Italia e per alcune persone anche meno, ma di fronte a veri propri professionisti del
sinistro, che sanno usare benissimo tutte le armi a loro disposizione. Io sono certo che se io
ho un sinistro che è in sospetto di frode e credo che la frode ci sia, faccio la querela ma non
la posso provare, sono ragionevolmente certo di beccarmi una querela per calunnia, proprio
perché queste persone usano tutti gli strumenti che la legge italiana mette a loro
disposizione per gestire il sinistro.
C'è poi il problema dei termini di prescrizione del reato, che nel caso sono brevi in
Italia e che si cerca di accorciare sempre di più, anche per motivi che esulano un po' dal
discorso assicurativo.
Volendo sintetizzare, abbiamo due macro tipi di frodi: una è la frode sul sinistro
simulato, o provocato ad arte. In pratica da zero mi invento un sinistro, dopo di che chiedo
il risarcimento all'assicurazione; questa, secondo me, è ancora una tipologia molto
sviluppata ed era la tipologia prevalente fino a qualche anno fa. In pratica fino a poco
tempo orsono i danni prevalenti che le compagnie pagavano erano danni alle automobili,
danni materiali, la quota di danno alla persona era minoritaria. Vent'anni fa la quota di
danno alla persona era circa il 30% del totale del pagato, il restante 70% erano danni alle
macchine. La frode tipica prevedeva qualcuno che aveva fatto un incidente per i fatti suoi e
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
voleva farsi risarcire questo incidente: si mettevano vicine due macchine, si cercava di
creare un sinistro finto, così poi chiedeva il risarcimento. Creare un sinistro simulato
richiede delle competenze di un certo tipo, è una cosa abbastanza complicata da fare, se si
vuole avere poi il risarcimento sul danno materiale, non è qualcosa che possono fare tutti.
In realtà è successo negli ultimi vent'anni che il costo dei danni materiali e dei danni alla
macchina è rimasto più o meno costante, ma è esploso il costo dei danni alla persona. Oggi
praticamente circa il 70% di quello che pagano le compagnie di assicurazione per RCA è
relativo a danni alla persona, il 30% circa è dovuto a danni alle macchine. Si è
completamente invertita la percentuale che c'era all'inizio degli anni ’90. Il sinistro
simulato, o provocato ad arte, è diventato molto più remunerativo, perché se metto quattro
persone su una macchina, faccio tamponare questa macchina da un’altra macchina e creo
magari un danno da € 500 al paraurti delle macchine, posso dire che le quattro persone
hanno avuto un colpo di frusta tutte e quattro e questo sinistro comincia a valere 15-€
16.000. Se poi dico che magari l’ha avuto anche qualcuno di quelli che stavano dietro, il
sinistro comincia ad assumere entità di parecchie decine di migliaia di euro. Quello che sta
succedendo, che è un fenomeno in continua crescita, è l’ingigantimento del danno su un
sinistro che è veramente avvenuto. Qualcuno viene tamponato, va da un'infortunistica,
oppure da un avvocato e gli viene detto: sicuro che non ti faccia male un pochino il collo?
Questo nel caso di infortunistiche e di avvocati onesti. Se poi c'è magari un po' più di
disonestà, dice: quante persone eravate a bordo? Eri solo tu oppure c’erano anche tua
moglie e tuo figlio, così io, tuo cugino eccetera? Questo tipo di fenomeno ha avuto
un'espansione enorme negli ultimi tre o quattro anni.
Vi faccio vedere alcuni dati che sono abbastanza eclatanti. Questa è la frequenza
dei soli danni fisici in alcune province italiane: queste sono le 10 maggiori province
italiane per frequenza di danni fisici. Il 4% significa che su 100 veicoli che circolano,
quattro hanno avuto un sinistro con danni fisici. Vi ricordo che la frequenza complessiva in
Italia è l'8%, il 4% vuol dire che la metà circa degli incidenti hanno avuto un danno fisico.
Il numero di sinistri per 10 macchine è attorno al 4% complessivamente, quindi ci sono
province italiane dove sono i danni fisici hanno una frequenza maggiore rispetto a tutti i
sinistri che avvengono in Francia. Quali sono le province italiane di questo parlando?
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Taranto, Brindisi, Crotone, Bari, Vibo Valentia, Foggia, Napoli, Reggio Calabria, Avellino
e Catania.
Quali sono le 10 province che hanno una frequenza sinistri più bassa? Pordenone,
Cuneo, Verbania, Trento, Udine, Sondrio, Vercelli, Biella, Belluno e Bolzano. Trento è
una di quelle virtuose, quindi onore a chi si sta ospitando in questo momento. Vi faccio
notare che la differenza della frequenza dei danni fisici tra le province che hanno meno
incidenti, ovvero Bolzano, Belluno o Biella, e Taranto, è di circa sette volte. A Taranto ci
sono sette volte più sinistri con danni fisici per macchina che circola rispetto a Bolzano,
peraltro quest'ultima rientra nelle medie europee. Bolzano, Biella o Vercelli rientrano nelle
medie europee, quelle della Francia o della Germania. Il sud dell'Italia ha dei
comportamenti assolutamente anomali. Peraltro, a un livello di frequenza complessiva,
quindi contando anche i danni materiali, la differenza è molto minore, perché a livello di
frequenza complessiva la Provincia che ha la frequenza più bassa è Gorizia o Pordenone, a
seconda degli anni, con circa il 5%. Quella che ha la frequenza più alta è Napoli, con il
15%. C'è dunque un rapporto uno a tre. Sul danno fisico, che è molto facile da simulare, la
differenza è uno a sette, che è enorme.
Questo fenomeno è esploso nel 2008 e nel 2009 comunque continua ad esserci una
crescita un po' più limitata, in realtà su alcune province è ancora molto forte, Napoli cresce
del 21% Avellino del 10, Catania del 14, le altre sono tutte più o meno in crescita. Com’è
l'evoluzione di questi danni nelle province virtuose? È in riduzione, come è pensabile che
sia, in un mondo nel quale le macchine sono più sicure, le strade sono più sicure, c'è una
generale diminuzione degli incidenti sulla strada e così via. Nelle province virtuose il
fenomeno è in calo e nelle province meno virtuose il fenomeno è in aumento.
Effettivamente poi, se andiamo a vedere, fatti 100 i sinistri complessivi, qual è la
percentuale di sinistri che hanno un danno fisico, a Bolzano sono circa uno su 10, a
Taranto siamo a quattro su 10. Una differenza enorme dunque.
La frequenza complessiva italiana sul danno fisico è 1,7, quindi siamo lì, parliamo
di una differenziazione del territorio che è assolutamente abnorme. Che cosa si potrebbe
fare? Ci sono tre aree di intervento prioritarie. La prima è secondo me la più importante,
ma ci soffermiamo sempre poco su questa, perché si dà sempre la colpa alle compagnie che
non perseguono i truffatori, che non sono capaci di identificare le truffe. In realtà il
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
problema di base, che va risolto in Italia, che è la vera differenza dell'Italia rispetto agli
altri Paesi europei, è un altro. Io ho lavorato in molti Paesi europei, vi garantisco che le
compagnie italiane, pur con tutte le pecche che hanno e le cose che devono migliorare, non
sono senz'altro peggiori delle compagnie tedesche o di quelle francesi. Quello che cambia
in maniera radicale è che noi abbiamo una regolamentazione che rende molto facile e
molto lucrativo frodare. Se noi non cambiamo questi aspetti, in primis, è inutile cercare di
parlare delle frodi assicurative.
Lo ribadisco, facciamo l'esempio più eclatante, il colpo di frusta: noi paghiamo il
colpo di frusta a livelli abnormi in Italia. Il colpo di frusta costa tra i 3000 e € 4000, in
Francia il colpo di frusta non viene risarcito, oppure costa € 200 per un ciclo di massaggi e
basta. Simulare un colpo di frusta è una cosa banale, io vado dal medico e dico che mi fa
male il collo, tutti i referti medici che parlano del colpo di frusta non dicono che il
danneggiato ha il colpo di frusta, dicono che il danneggiato riferisce dolori al collo, o
riferisce qualcos'altro. Quando io posso riferire qualcosa e prendermi € 4000, diventa
molto difficile contrastare questo fenomeno, perché alla fine € 4000 in molte zone d'Italia
sono quattro mesi di stipendio esentasse. Diventa un tema molto rilevante. In primis
dunque è necessario modificare la regolamentazione, il secondo punto è creare un
organismo anti frode a livello di mercato, che abbia effettivi poteri investigativi. Oggi c'è
una proposta di legge in Parlamento, si parla di decreto antifrode, è frutto di decine di
rimaneggiamenti, contiene alcune cose positive, ma, alla fine, quello che si sta cercando di
creare è un gruppo di lavoro, formato da persone che si incontrano una volta al mese, una
volta ogni due mesi e parlano di frode assicurativa. Fatto così il decreto antifrode è
assolutamente inutile.
Il mondo assicurativo è fatto di dettagli, non basta fare qualcosa, bisogna farla bene,
quindi se voglio perseguire le frodi devo avere un gruppo di persone che lavorano al 100%
sul progetto, sono collegate alle forze di Polizia, ai giudici. Debbono poter avere potere
investigativo, accesso le banche dati, allora si può cominciare a parlare effettivamente di
perseguire le frodi.
Il terzo punto, ovviamente molto importante, è, da parte delle compagnie, il
rafforzamento delle strutture e del sistema antifrode.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Vediamo un po' alcune di queste fonti: la modifica della regolamentazione. Oggi
non è obbligatorio mettere a disposizione il mezzo incidentato prima del risarcimento, cioè
in teoria è obbligatorio, dopodiché però se io mi invento che quel giorno tu non ti sei fatto
trovare, che aveva un problema, io riesco a dilazionare la messa a disposizione del veicolo
e alla fine scattano i tempi per il risarcimento e la compagnia di assicurazione deve
risarcire, altrimenti si trova esposta alle multe dell’Isvap. Questa è la tipica cosa che fanno
gli avvocati dell'indennizzo diretto, per prendere una quota di compenso. Con l'indennizzo
diretto sarebbe vietato pagare gli avvocati, però questi ultimi, o l'infortunistica, non ti
mettono a disposizione il mezzo: se tu vuoi vedere il mezzo mi devi dare il compenso
come avvocato. Bisognerebbe fare una norma di legge banale che dice: hai avuto un danno
fisico o alla macchina? Prima si fa la perizia e poi paghiamo, fino a che non è stata fatta la
perizia non si viene pagati. Mi sembra una cosa abbastanza banale, ma è una delle tante
storture italiane.
Secondo punto, ancora più incomprensibile: oggi ho due anni di tempo per chiedere
il risarcimento relativo ad un incidente stradale, quindi io posso non denunciare il sinistro,
dopo un anno, 11 mesi e 29 giorni andare dalla compagnia assicurativa e dire che due anni
fa ho avuto un incidente e ho avuto questo tipo di danni. È ovvio che due anni dopo è
abbastanza difficile andare a ricostruire l'incidente e quindi chi vuole truffare la compagnia
di assicurazione cosa fa? Usa moltissimo questo strumento dei due anni. Secondo me si
dovrebbe dire che l'assicurazione RCA tutela le persone dai danni che gli altri possono fare
durante la circolazione, però per avere questa tutela tu devi avere il comportamento del
buon padre di famiglia e deve denunciare il sinistro in tempi rapidi. Se il sinistro non è
stato denunciato in due mesi, basta, a meno che non ci siano cause oggettive di
impedimento, qualcuno che si è fatto veramente male eccetera, ma sono casi sporadici, se
non è stata fatta la richiesta di risarcimento in due mesi,
viene perso il diritto al
risarcimento stesso. Anche perché, lo ribadisco, qual è la Regione o la Provincia dove i
risarcimenti avvengono più in ritardo? Vi lascio indovinare, volete provare? Qual è la
Provincia dove i risarcimenti vengono richiesti con maggiore ritardo? Napoli, la città
dell'onorevole Giardiello! Io sono della Basilicata, sono confinante, non sono di Belluno!
Rivedere i criteri di risarcimento per i danni fisici: non dev'essere più possibile
risarcire i danni che non possono essere diagnosticati in maniera oggettiva, quindi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ribadisco che o ci può essere un esame, una radiografia, un'analisi di qualche tipo che dice
che qualcuno ha avuto un danno, oppure non deve essere più possibile risarcire.
Bisogna limitare le spese accessorie risarcibili su micro danni fisici: noi abbiamo
casi di colpi di frusta dove vengono dati 50 giorni di inabilità temporanea al lavoro, questo
vuol dire che uno che ha il colpo di frusta sta 50 giorni a letto. Oppure vengono dati cicli di
fisioterapia, di massaggi, di 20, 30 o 40 sedute.
Bisogna bloccare i tempi di risarcimento in caso di sospetta frode, quindi se io ho
un sospetto di frode devo poter andare oltre i giorni che mi dà l’Isvap. Bisogna eliminare
l'attestato di rischio e il contrassegno assicurativo cartaceo, su questo c'è un progetto,
sostituendo il controllo dell'attestato di rischio e dell'contrassegno assicurativo con
l'accesso a banche dati informatiche e incrociando i dati dell'assicurazione con i dati del
P.R.A. Effettivamente è necessario andare a vedere tutte le macchine che sono registrate al
P.R.A. per vedere quali sono assicurate e quali no, andando poi a chiedere ragione di
quest'ultima tipologia.
Dopodiché ci sono moltissime cose che possono fare le compagnie, che stanno
lavorando, che stanno cominciando a fare querele, sempre di più, però ci dobbiamo rendere
conto che spesso fare una singola querela è una cosa in perdita, però le compagnie lo
fanno, si sono rese conto che bisogna farlo. Con la situazione che abbiamo, anche dal
punto di vista della giustizia italiana, dell'effettiva possibilità di perseguire questi tipologie
di reati, spesso la querela poi rimane un pezzo di carta da qualche parte.
Io ho finito, vi ringrazio.
Moderatore:
Ringrazio il dottor Santoliquido e chiedo scusa per il mio intervento, ma purtroppo i
tempi sono questi e bisogna dare spazio anche agli altri relatori. Bene, la parte relativa al
falso documentale, anche se quest'ultimo argomento proprio non rientrava nel falso
documentale, ma in un falso molto più ampio.
Passiamo alla parte relativa alla sicurezza stradale. Prima di iniziare diamo la parola
al rappresentante dell'ufficio stampa dell'Automobile Club d'Italia, per una brevissima
presentazione.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Giuseppe Cesaro – Ufficio stampa ACI:
Vi rubo poco tempo per anticipare i contenuti di un invito che riceverete, che
riguarda un tema importante, senza dimenticare quello che diceva ieri il sottosegretario
Davico a proposito del problema dei pedoni, l'anello debole della filiera della mobilità.
Il 16 novembre, nella sala assemblea dell'ACI, in via Marsala a Roma, ci sarà un
workshop di presentazione di un volume, curato dall'ACI, che riguarda le linee guida della
progettazione degli attraversamenti pedonali, che ovviamente rivestono un ruolo
fondamentale su questo tema.
Questo volume deriva dall'esperienza condotta nell'ambito dell’Eurotest EPCA,
cioè l'analisi delle caratteristiche degli attraversamenti pedonali europei. Sono stati
controllati 1800 attraversamenti pedonali in 46 città di 22 Paesi: credo sia un workshop
molto importante e riceverete questo invito per il 16 novembre in via Marsala a Roma.
Moderatore:
Possiamo passare dunque al primo intervento in campo di sicurezza stradale.
La parola all'avvocato Fabio Piccioni del Foro di Firenze, che ci intratterrà su un
argomento molto di attualità: a un anno dall'entrata in vigore dell'ultima riforma al Codice
della Strada, quali sono le questioni ancora in piedi, quali sono i risultati positivi e negativi.
Fabio Piccioni – Avvocato del Foro di Firenze:
Grazie al moderatore e all'ACI per avermi invitato a questa giornata.
Il Codice della Strada, a un anno dall'ultima riforma, sotto un certo aspetto ci ha
deluso. Speravamo di passare un'altra estate a studiare una riforma del Codice della Strada,
come è successo per ogni estate dal 2007 ad oggi.
In realtà però, appena terminata l'estate, con sorpresa il 1° settembre è stato
approvato il decreto legislativo 350, che ha comportato, come ben sapete, una grossa
riforma a livello processuale, dei ricorsi in opposizione alle sanzioni amministrative,
modificando, nella celebrazione dei suoi trent'anni, la legge 689 dell’81, abrogando due
articoli, il 22-bis e il 23, modificando il 22 della 689 e in maniera massiccia anche gli
articoli 204-bis e 205 del Codice della Strada, che disciplinavano questa materia, che ora
rientra tutta nel diritto del lavoro.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Non scenderò nei dettagli perché è interessante vedere cosa cambierà, ma ho
ritenuto di soffermarmi invece su ciò che è accaduto ancor più di recente.
Lo scorso 30 settembre è stata presentata una proposta di legge, la 46/62, di
iniziativa del deputato Valducci, Presidente della Commissione Trasporti, che reca una
delega al governo per la riforma del Codice della Strada.
Nonostante non sia ancora completata la riforma della legge 120 – numerosissimi
sono ancora i decreti attuativi che devono essere adottati – si ritiene di procedere a
un'opera di riordino complessivo di tutte quelle disposizioni che dal 1992 si sono
giustapposte nel Codice della Strada, prive di coordinamento e con scarsa coerenza. Non lo
dico io, ma lo dice la relazione al disegno di legge.
Si tratta di norme che non hanno trovato una giusta collocazione sistematica e
quindi questa proposta di legge prevede una delega di ampio respiro per una revisione
generale del Codice della Strada. L'obiettivo è quello di arrivare un Codice breve, snello,
essenziale e di immediata lettura, contenente i principi di carattere generale, la disciplina
delle norme di comportamento e la correlata disciplina sanzionatoria. Dal Codice della
Strada dunque dovrebbero essere espunti i titoli 2, 3 e 4, mantenendo soltanto il titolo 1
recante i principi generali, il titolo 5, le norme di comportamento, e il titolo 6, recante la
disciplina sanzionatoria.
Sicuramente è interessante l'obiettivo: è pregevole che il legislatore cominci a
comprendere che il Codice della Strada è l'unico vero codice non fatto per gli addetti ai
lavori: non è come il codice penale, di procedura penale o di procedura civile, fatto per
coloro che si occupano dei processi, ma è un codice per l'utente della strada e quindi deve
essere chiaro, snello e di immediata percezione.
Ricordo che a fronte delle ben quattro modifiche avute dal 2007 al 2010,
sull'articolo 186 del Codice della Strada, il 386 del regolamento continua a prevedere come
tasso alcolemico consentito, 0,8. Comprendete che questo sia in grado di trarre in inganno
la perfetta buona fede dell'utente della strada che pur voglia informarsi sui comportamenti
a lui richiesti.
Quindi abbiamo anche un riordino dei compiti di Polizia stradale alle abilitazioni e
alla frequenza di una serie di corsi di aggiornamento.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Il governo è delegato ad adottare, entro 24 mesi dalla date di entrata in vigore, uno
o più decreti legislativi per rivedere e riordinare la legislazione vigente recata dal Codice
della Strada. Siamo al quarto Codice della Strada italiano, dopo quello del ’33, del ’59 e
quello che continuiamo a chiamare il nuovo Codice della Strada, che sta per essere
superato, introducendo per fortuna – comprese già nella delega – le necessarie disposizioni
di carattere transitorio.
Molti di voi ricorderanno come, per l'assenza di disposizioni transitorie nelle scorse
modifiche al Codice della Strada, si siano creati dei problemi come il condono della lettera
a) del 186 del Codice della Strada perché non è più penale, non è ancora amministrativo, e
chiunque abbia subito una denuncia per 186, comma 2, lettera a), tra il 2007 e il 2010, si è
visto completamente esente da responsabilità, penali o amministrative che siano.
A fronte della delega 190 del 1991, che conteneva 33 principi e criteri direttivi,
della delega 85 del 2001 che, come ricorderete, aveva previsto la prima grande stagione
delle riforme al Codice della Strada, che recava 60 principi e criteri direttivi, qui vengono
distinti degli obiettivi: in primo luogo i criteri devono essere essenzialità, semplicità e
chiarezza e questo, per un tema come quello del Codice della Strada, che continua a parlare
di capacità uditiva senza l’uso delle mani, di procedimenti sulla base dei quali si devono
accertare le violazioni e a seconda che tu sia presente oppure no ti devo fare la rinotifica,
diventa particolarmente interessante. Quindi principi di carattere generale, assetto delle
competenze in relazione alle modifiche intervenute ed effettività degli istituti sanzionatori.
Ecco che quindi si comprende per la prima volta che la certezza della pena, della
sanzione parlando del Codice della Strada, non passa dall'attribuzione al magistrato, al
giudice di pace o tribunale che sia, della possibilità di applicare le sanzioni, ma passa dalla
certezza della norma. È necessario prima poter invocare che possano essere puniti gli
autori di determinati illeciti, penali o amministrativi che siano, che la norma che la prevede
sia chiara, univoca e facilmente interpretabile.
Come voi sapete, il vigente Codice della Strada così non è.
Abbiamo poi 13 principi e criteri direttivi, che prevedono la riorganizzazione delle
disposizioni secondo criteri di ordine e coerenza, il coordinamento e l'armonizzazione con
le altre norme di settore nazionale, dell'Unione Europea e degli accordi internazionali.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
La delegificazione: si tolgono dal Codice della Strada i titoli 2, 3 e 4 e si buttano
all'interno del regolamento, in maniera tale che siano facilmente gestibili anche a livello
governativo, senza necessariamente dover passare dal Parlamento.
Revisione dell'intero apparato sanzionatorio, modificando l'entità delle sanzioni
secondo i principi della ragionevolezza, della proporzionalità e della non discriminazione
nell'ambito dell'Unione Europea: qui è evidente il riferimento all'articolo 207 e a tutta la
storia che l'ha preceduto, adeguandolo anche alla sentenza della Corte costituzionale, della
Corte di Giustizia e della Corte di cassazione. Finora tutte questioni di principio.
Dopodiché compare l'introduzione di un'autonoma fattispecie di reato, da
denominare “omicidio stradale”.
Già ieri, con la rappresentante della Commissione trasporti, Silvia Velo, si diceva
che bisogna interrogarsi sulla necessità di introdurre questa nuova fattispecie di reato.
Come sapete, la storia di questa proposta di legge nasce proprio a Firenze, dal padre
del povero Guarnieri, il quale, diciassettenne in sella al suo scooter, viene travolto,
investito e ucciso da un altro conducente di un motociclo in stato di alterazione da
stupefacenti. La pena che l’offensore ha subito è stata assolutamente irrisoria e quindi
l'obiettivo del povero Guarnieri è stato di riscattare la vita del proprio figlio introducendo
una fattispecie di reato che possa essere da deterrente per tutti gli altri casi che si possono
verificare.
Nella delega si dice che l'omicidio stradale si ha ovviamente per un omicidio
commesso da un conducente in stato di ebbrezza con tasso alcolico superiore a 1,5 ovvero
per uso di stupefacenti oppure che non si sia fermato e abbia prestato soccorso.
Tecnicamente dunque 186, comma 2, lettera c), 187 e 189, commi 6 e 7.
Questo è ciò che contiene la delega: noi ci siamo "divertiti" a cercare di costruire
questa norma, perché per l'appunto Guarnieri ha chiesto alla Polizia municipale di Firenze
e all'Automobile Club di Firenze, nonché a tutte le altre associazioni locali, di mettere
mano a questo disegno di legge. Con il comandante Ancillotti e con la comandante
Manzione, quindi io ho cercato di individuare le caratteristiche da introdurre in questa
nuova norma.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Il primo grande problema è questo: si tratta di un 575-bis, cioè omicidio volontario
supplementare, oppure un 585-bis, cioè un omicidio preterintenzionale supplementare?
Questo è il primo grande problema, dove collocare questa nuova fattispecie di reato.
Poi c'è stata una proposta che diceva di fare attenzione, perché noi abbiamo già
l'omicidio colposo aggravato da chi guida in stato di ebbrezza superiore a 1,5, quindi per
introdurre l'omicidio stradale dobbiamo fare una quarta e nuova fascia di ebbrezza,
superiore a 2 grammi per litro. Ne abbiamo discusso e non è sembrata la strada più
corretta.
Siamo poi arrivati a dire che si tratta di fare quel discrimen faticosissimo sotto il
profilo giuridico tra colpa cosciente e dolo eventuale, la forma tedesca di Franck, che
distingue le due fattispecie di elemento psicologico solo sull'accettazione del rischio. Si è
inserito nella bozza che è passata alla proposta del sito omicidio stradale.it, che dice
"chiunque ponendosi consapevolmente alla guida in stato di ebbrezza cagiona la morte di
un uomo".
Il problema sta proprio nel "consapevolmente": da un lato si è ritenuto che per poter
fondare il dolo fosse necessario il "consapevolmente", dall'altra parte io ritengo che
inserire questo "consapevolmente" forse significhi proprio la morte di questo reato, perché
se occorre dimostrare la consapevolezza si ritorna al problema iniziale.
Per quanto mi riguarda io avevo pensato che collegare l'omicidio stradale solo
all'alcol e agli stupefacenti non fosse sufficiente: vogliamo dire che non vi sono altre
violazioni altrettanto pericolose? Dobbiamo porci il tema dell'illecito di pericolo
prodromico all'illecito di danno, la morte non è nient'altro che la prosecuzione della
violazione della norma di pericolo.
Vogliamo forse dire, visto che è stato introdotto il comma 9 bis del 142, che andare
oltre i 60 km/h del consentito, non è altrettanto pericoloso che chi guida in stato di
ebbrezza, magari con 08, che è la prima fascia di reato perché sotto lo 08 è ancora illecito
amministrativo? Vogliamo forse dire che chi sorpassa in curva di notte non pone in essere
un comportamento altrettanto pericoloso? Allora forse l'idea era: perché restringere questo
omicidio stradale alle sostanze alcoliche o stupefacenti che siano?
Di recente è uscita, il 15 marzo, una sentenza bellissima della prima sezione penale
della Cassazione, la 10.411, che in tantissime pagine, sono una ventina circa, dopo che in
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
primo grado c'era stata la condanna per omicidio per dolo eventuale, dice cose importanti.
Vi ricordo rapidamente la storia: c'è un tizio che sta guidando un veicolo rubato, vede la
Polizia e comincia ad avere comportamenti tentennanti, la Polizia se ne avvede e quindi gli
intima l'alt. Lui scappa, la Polizia lo insegue, in centro urbano, lui va a 110 all'ora, sfonda
tra semafori rossi, al quarto semaforo passa un veicolo, lo prende in pieno e perde la vita il
conducente dell'altro veicolo e gli altri tre occupanti ne ricavano lesioni gravi. Ebbene, in
primo grado condanna per omicidio doloso a 16 anni di reclusione, con tutti i ragionamenti
relativi alla continuazione tra i reati, al bilanciamento tra attenuanti e aggravanti. In appello
abbiamo la derubricazione da omicidio doloso a omicidio colposo, la Corte d'Assise
d'appello determina la pena in 6 anni e 6 mesi. Il ricorso per Cassazione, quest'ultima
spende tante pagine, in maniera estremamente interessante e magistralmente descritta, per
dimostrare che cosa avrebbe dovuto fare il giudice di secondo grado. Non ci dice che è
sicuramente omicidio doloso con dolo eventuale, ma rimette ad altra sezione della Corte
d'Assise, affinché voglia ricostruire l'elemento psicologico del reato ex ante, sulla base di
tutta una serie di presupposti che fa notare.
Resta che, se davvero vogliamo lavorare sul fronte della repressione, io ritengo si
possa ancora lavorare sul testo che abbiamo tirato fuori, perché nessuno di noi è ancora
convinto di quello che è uscito, né il comandante Manzione, né la comandante Ancillotti
dunque ci si può lavorare ancora sopra. L'alternativa è un'altra, prendere atto di una cosa:
2007, 2008, 2009, 2010 ogni anno gli artt. 186-187 sono stati aggravati sotto il profilo
della fattispecie sanzionatoria. I risultati sono ben pochi, abbiamo dimostrato che
continuare ad introdurre fattispecie sempre più gravi e sempre più punitive non ha
comportato grossi risultati. Allora, se non vogliamo ragionare sotto il profilo della
repressione, possiamo prendere in considerazione l'altro profilo, cioè quello della
prevenzione, ma non come bandiera, come si dice sempre: facciamo prevenzione, facciamo
giochi a scuola, facciamo i corsi. È sicuramente utile tutto questo, ma la prevenzione deve
essere fatta in maniera capillare su tutti i conducenti e deve giocare su che cosa? Sulla
patente. Se voi ci pensate, le sanzioni amministrative e pecuniarie sono veramente in grado
di fare un discrimine tra il ricco e il povero; la sospensione di patente, invece, è l'unica
sanzione che mette sullo stesso piano il ricco e il povero. Se togliamo la patente al mega
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dirigente di XWY o al cartolaio sotto casa, sono entrambi con le orecchie per terra. Allora,
come si può fare?
Mi verrebbe in mente che è necessario agire proprio a livello preventivo e non
repressivo, lo ribadisco, quindi senza procedere alla sospensione di patente per ogni
minima violazione, ma a livello preventivo. È necessario prevedere che in sede di rilascio,
previsione e conferma della validità della patente, al pari della visita medica oculistica, si
faccia una verifica sull'uso e l'abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti. Deve valere per
tutti, come se fosse una visita tesa ad individuare la capacità psico-fisica per ottenere
l'abilitazione alla guida. Si potrebbe pensare che, una volta fatta a 18 anni, si è tranquilli
per tutta la vita: no, perché abbiamo detto che, anche in sede di conferma e di revisione, si
rifà e lo si fa ancora quando il conducente commette una violazione per la quale è prevista
la sanzione amministrativa accessoria della sospensione di patente. Unitamente alla
sospensione di patente, si torna a fare la visita medica per uso ed abuso di alcol e
stupefacenti. Chiaramente, se questa visita non dovesse essere positiva, non li si rilascia la
patente, quindi l'obiettivo non è di punire chi commette l'omicidio, l'obiettivo è di togliere
dalla strada chi è potenzialmente in grado di commettere un omicidio.
Tutto questo come si persegue, ancora, estremizzando? Il decreto legislativo 507
del 99 e il decreto Bianchi del 2007 hanno rispettivamente depenalizzato e ripenalizzato la
guida senza patente. Se è vero che si va a lavorare tutti sulla prevenzione relativa al rilascio
della patente, chi guida senza patente, ricordiamoci che, ad oggi, il 218 prevede che chi
guida con patente sospesa commette un illecito amministrativo. Volete veramente dirmi
che è più pericoloso chi guida in stato di ebbrezza rispetto a chi non ha mai conseguito la
patente, o perché bocciato agli esami, oppure perché non gli interessava assolutamente?
Non possiamo ritenere che siano sullo stesso piano?
La conclusione qual è? Arrivare a potenziare il 116 comma 13 e introdurlo come
delitto. Qui c'è il dolo! Nessuno vorrà dirmi che se io non ho la patente, perché sospesa,
revocata o altro e io mi metto alla guida, non c'è dolo! Il dolo c’è ed è indiscutibile. Allora
molte altre sono le cose sulle quali potremmo attardarci, c'è la previsione della modifica, o
meglio della qualificazione giuridica della patente a punti e c'è la possibilità, da parte del
Ministero dei trasporti, di istituire una struttura tecnica di missione. È un lavoro da fare
presto, dice il progetto di legge, il modello è molto in uso alla Protezione civile. Allora, se
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
vogliamo fare presto e di istituire questa struttura tecnica di missione, caro legislatore,
questa volta siamo con te. Non siamo qui per criticare il lavoro, ma per far sì che quello
che potrà nascere da questa proposta di legge possa essere in qualche modo utile al
perseguimento della sicurezza della circolazione stradale.
Noi, da umili giuristi, rimaniamo al nostro posto, ma il legislatore deve usarci,
sfruttarci, adoperarci, impiegarci, utilizzarci, senza dimenticare di avvalersi di chi, per
mestiere, si occupa di studio del diritto stradale e di tutela della sicurezza quotidianamente.
A presto, vi ringrazio per l'attenzione.
Moderatore:
Grazie, ti chiedo scusa per l'intervento. In effetti come al solito l'avvocato Piccioni
ci sorprende sempre, non ha parlato tanto del passato quanto del futuro, però
obiettivamente le sue relazioni sono sempre molto interessanti e pertanto accogliamo ben
volentieri la novità che ha introdotto. La parola adesso al dottor Marco Seniga, collega di
vecchia data, anche se qui è presente come consigliere di amministrazione della scuola
interregionale di Polizia Locale delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana. I suoi
precedenti sono noti a tutti, è stato collega Comandante del corpo di Polizia municipale di
Firenze, poi dirigente regionale presso la Regione Toscana. Ci parlerà di: "Polizia Locale e
formazione nell’ambito delle scuole predisposte ad hoc".
Marco Seniga – Consigliere di Amministrazione della Scuola Interregionale di Polizia
Locale delle Regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana:
Buongiorno, ovviamente questa è una parentesi che si apre riprendendo i discorsi
che sono stati fatti ieri in merito alle Polizie locali, più che alle regole da rispettare. Il tema
delle Polizie locali ha un titolo diverso da tutti gli altri, non si basa tanto sull'esposizione,
sull'interpretazione, sulla lettura di regole o di norme, quanto sulla cessione del tema di
oggi, che appunto è: "Legalità, sicurezza urbana e sicurezza stradale". La Polizia Locale,
in questo caso, mi richiama il titolo del convegno: “Dalla sicurezza soggettiva alla
sicurezza oggettiva". Ovverosia se il soggetto Polizia Locale non è sicuro del proprio ruolo
all'interno del sistema della sicurezza, che non è solo quella urbana - che peraltro è
declinata in modo riduttivo dal Decreto ministeriale del 5 agosto 2008, che comprende
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
anche la sicurezza stradale - se non ha una sua identità all'interno del sistema, ci sono dei
problemi di sicurezza nella propria azione, nella sicurezza riportata sul territorio.
Qui ci si rifà ad un passaggio storico necessario, perché se è chiaro che la funzione
della Polizia è quella della garanzia dei diritti dell'uomo e del cittadino, che ha bisogno
quindi di una forza pubblica, che è istituita per il vantaggio di tutti e non per l'utilità
particolare di coloro ai quali esse affidata, ossia i Poliziotti stessi, questa non è
l'affermazione del Consiglio d'Europa di oggi, questa è un'affermazione che nasce in
mezzo alla rivoluzione francese, cioè nel 1789. Si configura fin da allora questo ruolo di
una forza pubblica che deve garantire i diritti dell'uomo. Qui siamo in Francia, ma, per
parlare sempre della Polizia, otto anni dopo, 1796, stavolta in Inghilterra, si afferma che la
Polizia è una scienza e deve essere trattata in questo modo. Non è qualcosa che si forma
per caso, è un'attività, una funzione che deve essere studiata, organizzata, sviluppata in
modo scientifico. Si distingue la funzione di Polizia dalla funzione di giudizio, che spetta
al magistrato, ma si distingue già da allora in due funzioni: una è quella della prevenzione
e della repressione del crimine, ovvero la Polizia criminale. L'altra invece è la funzione di
regolare i rapporti interni, per un ordine e un comfort della vita migliore, ed è la Polizia
municipale. È da tanto che ci sono queste due funzioni.
Ieri abbiamo sentito parlare delle esperienze, del tema della Polizia Locale, che poi,
in certi casi, non è altro che l'ufficio periferico di una Polizia centrale. In Italia abbiamo
una Polizia Locale che non è l'ufficio periferico delle Polizie centrali di Stato. È una
Polizia a sé stante, che ha una sua competenza derivante dall'appartenenza a determinati
enti, distinti dallo Stato. È noto che l'articolo 114 della Costituzione ci dice che la
Repubblica è costituita da comuni, province, città metropolitane, regioni e Stato. Quindi,
evidentemente, il sistema di Polizia è coerente con questa definizione. A questo punto però
viene da domandarsi come si inserisce questa Polizia Locale senza le sovrapposizioni,
avendo lei stessa gli strumenti giuridici a disposizione delle Polizie di Stato: funzioni di
Polizia giudiziaria e funzioni di pubblica sicurezza. Certo, non può svolgere e non svolge
le stesse mansioni. Come, allora, ci dobbiamo porre perché questo soggetto, finalmente, si
individui come una realtà a sé stante e coerente con il sistema?
Sicuramente è la formazione che deve nascere da un’identificazione del soggetto.
La formazione non può quindi prescindere dall'alto riconoscimento e la scuola
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
interregionale si può permettere il lusso di coprire un territorio vasto, anche se non
numericamente rappresentativo di altrettanta popolazione. Sono 11.000 gli operatori di
Polizia Locale che insistono sulle tre regioni - una parte di territorio estremamente vasto
da questo punto di vista - che, come campione, si pongono indubbiamente come realtà
culturali e storiche distinte,
per arrivare a definire i contenuti di una formazione che sia
coerente con un certo tipo di ruolo, bisogna andare innanzitutto a trovare il ruolo da
svolgere, qual è l’identità di questo soggetto.
Non si può prescindere dal farla venire non ex cathedra o da uno studio a tavolino,
ma da un lavoro svolto dagli stessi operatori, per cui sono stati svolti quattro laboratori, di
quattro giornate ciascuno, in cui erano rappresentati più di venti tra ufficiali e dirigenti,
rappresentanti delle Polizie locali di queste tre Regioni.
La prima operazione è stata proprio quella della ricerca dell’identità e la prima cosa
venuta fuori è che, se le funzioni di Polizia sono chiare da tempo, il problema verte sulle
modalità in cui si svolge la funzione di Polizia.
Si potrebbe aprire il filone delle regole deontologiche ed etiche, una parte che
potrebbe avere un proprio sviluppo, ma a noi interessa innanzitutto riuscire a trovare il
fulcro dell’azione, dell’identità della Polizia Locale.
Sulle regole, su come si fanno le cose, si può tranquillamente rimandare ai nove
punti che il signor Robert Peel, agli inizi dell’800, indicò come i punti fondamentali della
Polizia metropolitana di Londra. Se li rileggiamo vediamo che sono richiamati fortemente
dal Codice europeo di etica di Polizia e si vedrà anche che i punti fondamentali su cui
idealizzare la funzione della Polizia Locale, nata da questi laboratori, sono pervasi da
questi stessi contenuti.
La prima cosa sorta dalla lettura e dall'esame di questi laboratori, è stata che uno
dei valori fondamentali è che fare Polizia è un servizio e dare un servizio, parole testuali,
“è diverso dall’applicare le norme”. Già qui si comincia a capire che il meccanismo di
operatività è un meccanismo di relazione, dentro una rete che non è solo quella specifica
delle singole materie.
Dai valori che sono stati individuati, infatti, si possono desumere le azioni di
competenza di questo particolare soggetto e, da lì, gli orientamenti alla formazione.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Se noi leggiamo le prime focalizzazioni, si legge che "la formazione deve essere
meno tecnica e più pratica e quindi deve avere un ruolo centrale lo stage. L'utilizzo dei
comandi più grandi deve essere la sede degli stage per fare palestra ai neo agenti sui diversi
ambiti di intervento della Polizia Locale". A questo punto viene da sé la riflessione su
come si organizzano i vari comandi per potersi permettere questa soluzione.
“All'interno dei comandi vanno individuate persone adatte a svolgere il ruolo di
tutor che deve accompagnare il personale in questo percorso formativo, che devono essere
professionalizzati”. Non secondaria, caratteristica anche della formazione, soprattutto delle
altre forme di Polizia dello Stato, è la residenzialità ovverossia individuare sedi, luoghi in
avviare la prima formazione in un'unica sede, dove c'è il confronto. La cosa assume
rilevanza dove il personale è appartenente non a Province o Comuni diversi, ma anche a
diverse Regioni, quindi nel momento in cui si costruiscono i confronti per individuare
esattamente le efficienze o i vantaggi di una formazione fatta di competenze individuate in
un certo modo.
Se dopo il primo dei laboratori si sono individuati dei punti di riferimento,
successivamente si arrivano ad approfondire i campi privilegiati di azione, perché è lì che
c’è l'identificazione e il decalogo dell'attività e le risposte che ci si immagina debbano
essere date alla cittadinanza.
Se prima si era capito che dare un servizio non è semplicemente l'applicazione della
norma, ci si rende conto che anche l'applicazione del servizio non ha confini definiti. Il
servizio che fa la Polizia non sarà mai una funzione che inizia e finisce da un punto a un
altro, ma avrà sempre bisogno di confrontarsi con situazioni diverse, quindi avrà bisogno
di modalità di valutazione delle singole situazioni perché non c'è una risposta
regolamentare a tutte le domande che la comunità a cui appartiene in particolare questa
Polizia è in grado di dare.
Gli stessi operatori che si erano riuniti nei gruppi di lavoro inizialmente non
avevano chiesto altro che di arriva a definire puntualmente i punti di partenza e di arrivo
per ogni circostanza, azione, per ogni momento operativo. Ragionando tra loro è venuto
fuori che c'è un'estrema mobilità dei confini di questo tipo di azione.
Non si può sempre pensare che ci sia un modo per avere un elenco, per legge, che
ci dica quali sono esattamente le cose da fare e gli ambiti di competenza. A questo non
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
arrivano neanche le Polizie di Stato, per il semplice motivo che ci saranno delle priorità a
seconda dei territori nei quali si va ad operare.
Ad esempio più di una volta sono state fatte delle distinzioni tra quello che succede
da Roma in giù e da Roma in su. Probabilmente a Firenze c'è un problema di venditori
abusivi e la Polizia di Stato è coinvolta in questo tipo di operazione che è rilevante nella
sicurezza urbana, mentre a Palermo o a Casal di Principe ci sono problemi diversi rispetto
alla semplice vendita ambulante abusiva, per cui probabilmente anche le Polizie di Stato
impegnano il loro tempo in maniera diversa.
A questo punto è importante osservare che l'indicazione delle azioni porta a
individuare una serie di punti: garantire al cittadino la vivibilità e fruibilità degli spazi
pubblici; garantire al cittadino l'equa applicazione e il rispetto di regole di legalità
economica e sociale; garantire al cittadino sicurezza stradale e mobilità sostenibile;
garantire al cittadino una pacifica convivenza civile; garantire la tutela dell’incolumità e
della salute pubblica; garantire al cittadino ascolto e risposte ai problemi specifici della
comunità nella quale operano; garantire la tutela del consumatore; garantire la tutela
dell'ambiente e del territorio.
Su questa serie di indicazioni, che nascono dai fruitori e dagli operatori di Polizia,
si comincia ad avere il quadro nel quale una scuola che fa formazione deve operare.
C’è un’apparente vastità e quindi la necessità di lavorare non nello specifico
segmento tecnico ma in rete, una rete composta dalle forze di Polizia ma anche dalle altre
strutture dell'ente di appartenenza, dai soggetti istituzionali messi assieme: in ogni caso
questo comporta un approccio diverso alla funzione e alla materia, bisogna pensare in
termini di risultati e non per aree di intervento specifico.
Lavorare in termini di risultati comporta che la formazione deve essere
maggiormente pragmatica: è una formazione che si sposta dalla teoria alle esperienze e alle
riflessioni sulla stessa – lezioni attive, filmati, lavori di gruppo eccetera; una formazione
residenziale; una cura nel progetto di inserimento nel lavoro del neo assunto che prevede
vari livelli di apprendimento teorico all'inizio e poi l'impiego, all'interno delle varie
strutture dove si fanno gli stage, ovvero i comandi che possono permettersi di organizzare
l'accoglienza e che quindi seguono la possibilità e l’effettiva capacità di inserirsi nel
mestiere.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
A monte c’è il discorso della motivazione, ma tutto questo a sua volta va ad
incidere sull'individuazione del modello di selezione. Se abbiamo costruito un'immagine
del soggetto professionale “Polizia Locale” e lo formiamo dopo essere stato assunto,
necessariamente dovremo costruire un momento di selezione che già provveda a
individuare personale e motivazioni tali da poter costruire questo personaggio
professionista di Polizia Locale. Grazie.
Moderatore:
Interviene ora il relatore Luciano Mattarelli, della Polizia Municipale di Orbetello,
che ci parlerà della sicurezza stradale nell'ambito dell'organizzazione della Polizia Locale.
Luciano Mattarelli – Polizia Municipale di Orbetello:
Grazie giudice Manna. Siamo molto orgogliosi che un ex appartenente alla
categoria, ora in pensione, sia stato chiamato a fare il giudice di pace.
Parlerò oggi dell’organizzazione dei servizi. Lo Stato ci deve dire se la specialità
“Polizia Stradale” della Polizia di Stato debba rimanere o no, io parlo con colleghi a cui
tolgono i distaccamenti, le macchine e diminuiscono le pattuglie. Si vuole dare un assetto
diverso all'organizzazione del servizio di Polizia stradale? In che modo la Polizia Locale
deve partecipare alla Polizia stradale? Voi sapete meglio di me che la nostra attività di
Polizia Locale è a macchia di leopardo, si va dalla bottiglia piena al bicchiere vuoto.
Il servizio di Polizia stradale secondo me è quello con la paletta in mano sulla
strada per fare controlli, fermare i veicoli e attività di infortunistica stradale. A tale
proposito, ieri sentivo qualcuno che ha ipotizzato di dare agli ausiliari del traffico il rilievo
dei sinistri stradali, ma penso siano grosse stupidaggini. I rilievi devono essere fatti dagli
agenti di Polizia, perché sapete che ci sono le querele, si va in tribunale. Questi soggetti
possono comunque dare un grosso apporto alla Polizia Locale e dico questo perché nelle
città il servizio di Polizia stradale è fatto egregiamente dai nostri comandi.
Nelle città più piccole si fanno i tre turni, fanno tutto egregiamente, il problema
invece è fuori dalle città, nei territori esterni, dove quando va bene i nostri comandi
chiudono addirittura prima dei negozi.
Come si fa a dare un servizio di Polizia stradale serio?
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Se la Polizia stradale va fatta tout court, non si può fare la Polizia stradale 8-14 e
nemmeno 8-14 o 14-20, va garantita sempre. Allora come si deve fare, se la Polizia Locale
se ne deve occupare? Bisogna fare i distretti, bisogna che la Polizia Locale, i comuni,
abbiano la possibilità di assumere questi soggetti in fascia B, che già esistono. Si dà loro la
qualifica di ausiliario del traffico, si incaricano delle soste, di tutti i regolamenti comunali,
delle ordinanze, delle deiezioni dei cani, della spunta del mercato, delle scuole, di tutte le
attività correlate anche con gli altri uffici comunali, l'anagrafe e così via. Si sgrava di tutto
questo la Polizia Locale, che allora possiamo concentrare un po' di più sulla vera attività di
Polizia stradale. Nelle piccole entità è proprio questo gravame a causare problemi.
Punto secondo: bisogna che le Polizie locali siano organizzate a distretti, come si
sta dicendo da anni. La Regione crei delle mappe di distretti e si faccia una Polizia Locale
per distretto, nei comandi più piccoli e periferici. Si deve creare un dipartimento, con un
capitolo di soldi, di spesa, unico, alimentato da tutti i vari comandi, così che non si vada a
gravare sul numero del personale, sul tetto di spesa, sul patto di stabilità! Non si può fare
questo e poi pretendere che si fornisca un servizio.
Si crea un dipartimento, a quel
comandante si affida a un capitolo, che viene
alimentato da tutti i vari enti (poi la forma economica si trova) e lui deve avere la
possibilità di fare e di garantire i servizi. Ogni singolo Comune si prende questi ausiliari
per proprie necessità, 4, 5,10, quelli che servono, per svolgere i servizi che ho citato in
precedenza; si dà loro un’uniforme, lo stemma del Comune, senza pistola, senza p.s., senza
p.g., così c'è un risparmio a parità di funzione. Queste persone devono limitarsi a svolgere
le attività di cui sopra, quindi la Polizia Locale viene sgravata dai compiti che possono
svolgere gli ausiliari. Lo sapete, l'ho già detto lo scorso anno, a me, in un Comando, il
segretario comunale voleva mandare gli agenti a vendere la legna! Voglio dire, quando si
rientra all'interno di un Comune può succedere di tutto, vogliono tutti i servizi. Questi
soggetti di fascia B possono farlo, perché non hanno un profilo come il nostro, hanno
funzioni sanzionatorie, quindi, nel piccolo Comune, quando il pomeriggio serve che
qualcuno vada dare una mano all'anagrafe, possono andarci loro, oppure qualcuno che
guida il pulmino. In questo modo si risolverebbe il problema dei colleghi nei piccoli
comandi, che devono svolgere queste funzioni, perché poi non rimane loro tempo per
svolgere l'attività propria.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Bisogna percorrere questa strada, fermo restando che la Polizia di Stato mantiene la
specialità della Polizia stradale e secondo me la deve fare per bene, non a pizzichi e
bocconi; a quel punto l'articolo 11 dice che loro devono coordinare tutte le attività. La
Polizia Locale, organizzata per distretti, lo ripeto ancora, poi ci deve essere un
coordinamento, come il 118, ci deve essere una centrale unica che riceve le chiamate per
gli incidenti stradali e per tutto quanto. Una centrale unica, lo ripeto, che poi smista le varie
pattuglie presenti sul territorio. Io ricordo che, prima del 118 - faccio l'autista volontario
della Croce Rossa - c'era chi chiamava la Croce Rossa sul luogo dell'incidente, chi
chiamava la Misericordia, che la Pubblica assistenza e arrivavano tutte e tre. Una volta
uscite dal garage dovevano fare il foglio di marcia, chi tirava il ferito per un piede chi per
quell'altro, per decidere chi doveva caricare. Ora questo non succede più, c'è il 118, una
centrale unica, quella zona è mappata, si decide chi deve andare.
Noi dobbiamo fare la stessa cosa, non c'è bisogno di inventarsi chissà che soluzioni,
si fa una centrale unica che coordina, che riceve tutte le chiamate. L'attività di Polizia
stradale viene svolta dalla Polizia di Stato che però, come sappiamo, è impegnata molto
sulle grosse arterie di comunicazione. Non si occupa solo di Polizia stradale
amministrativa, svolge anche un'attività di Polizia stradale che poi porta gli agenti ad
indagare su grossi traffici, su traffici illeciti, addirittura sulla criminalità organizzata. È una
Polizia stradale più portata all'attività giudiziaria, che non particolarmente alle attività più
amministrativa del Codice della strada. La Polizia Locale però deve essere presente, al di là
di quel che avviene nelle grandi città, che possono garantire con il loro organico una
presenza costante. Io però sono dell'idea che anche nelle grandi città il corpo di Polizia
Locale debba essere un dipartimento a sé stante, staccato dall'organico comunale, che non
deve avere nulla a che fare con i dipendenti comunali, che non deve avere l'ambito di
bilancio comunale. Secondo me deve avere un proprio dipartimento, con un proprio
capitolo di bilancio, di cui risponde il Comandante, se fa casino va in galera! Qui si chiude
la partita!
Lo stesso vale per il territorio: la Regione mappa i territori, 5, 6,7 comuni, crea un
distretto di Polizia e allora si può fare un'attività di Polizia stradale fatta bene e un'attività
di pubblica sicurezza. In questo modo infatti non serve andare ad inventarsi le stupidaggini
di sicurezza urbana. Che cosa è? La sicurezza urbana è pubblica sicurezza, che cosa
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
andiamo a cercare? L'ha detto la Corte costituzionale nel 1959: l'ordine pubblico è
riservato a quelle attività che riguardano la tutela della Costituzione, della democrazia,
contro i gruppi eversivi eccetera. La sicurezza pubblica è un concetto più ristretto, che
attiene ai diritti fondamentali del cittadino, alla sicurezza, ai rumori, alle molestie, alla
tutela economica e tutto quanto. La sicurezza urbana è pubblica sicurezza, quindi da
dividersi dall'ordine pubblico, l'ha detto la Corte costituzionale nel 1956, in una delle sue
prime sentenze. Non serve dunque andare a tirar fuori nomi strani, sicurezza urbana e cose
varie, perché poi la Corte costituzionale taglia tutto, a dir la verità si fa anche un po' ridere,
oltre a non fornire servizi, a non essere efficaci e credibili nei confronti del cittadino.
Questa potrebbe essere la forma seria, se si vuole fare, di riorganizzazione nostra,
intesa come Polizia, che svolge anche la sua garanzia di Polizia stradale, messa però in
condizione di farlo per bene, come si vede, non solo nelle grandi città ma anche nel resto
del territorio. In caso contrario, se continuiamo a chiacchierare, a chiudere bottega la sera
alle 19.30 e ad essere gravati di tutta una serie di attività che interessano al Comune, ma
poco attengono ad un'attività di Polizia, si faccia una scelta, si ritorni ad essere vigili
urbani. Togliamo la p.s., la pistola e torniamo ai tempi di quando la p.s. su venti, nel
comando, ce l'avevano solo tre. La prefettura la dava solo a tre se c'era bisogno, a tutti gli
altri nulla. Torniamo a quella figura così si risparmiano soldi e tempo, non si litiga con i
comuni, perché poi si deve continuamente litigare con i dirigenti, con i comuni, lo sapete
meglio di me, non vi racconto nulla di nuovo, stiamo sempre a litigare con gli altri
dirigenti, con quello della ragioneria, con il segretario comunale, perché uno vuole farti
fare una cosa, l'altro non ti vuole dare i soldi così via. Diventa un problema per il cittadino,
un vero dispendio di soldi. Se si vuole fare una cosa seria, quella è la strada, speriamo di
andare in quella direzione. Si fa chiarezza sulle nostre funzioni, anche perché io ieri mi
sono intrattenuto a cena con alcuni dirigenti dell'ACI eccetera, ragazzi, è inutile, la gente
non sa chi siamo. Mi chiedono se davvero dobbiamo portare la pistola! Io, ogni anno, mi
sento male, perché si torna indietro su quello che abbiamo conquistato, si fa come
Penelope: la mattina si fa la tela, la notte si disfa, siamo ancora a discutere sulla pistola?
Nessuno mette in discussione che la guardia forestale abbia la pistola! Io non credo che la
guardia forestale faccia attività di Polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza quanto noi.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
I nostri 25 morti negli ultimi vent'anni, i 250 feriti, voglio dire, non sono caduti
dalle sedie! Conflitti a fuoco, situazioni di pericolo, ma ancora stiamo a discutere se un
agente di Polizia deve avere la pistola o meno! A me sembra che siamo veramente fuori dal
mondo. Mi sembra che siamo veramente messi male con quelle amministrazioni che
ancora insistono nel non dotarli. Poi voglio sapere come è possibile mandarli a fare attività
di Polizia stradale la sera, fuori, disarmati, a fare che cosa? Se qualcuno scappa, come si fa
ad inseguirlo? Cosa fai lì? Le soste? Ecco perché la gente si limita, attacca la multa e
buonanotte. Facciamo le cose serie, una volta tanto, ne parliamo ormai da quarant'anni, le
cose devono essere fatte per bene, con l'intervento dello Stato e delle regioni. Altrimenti,
ragazzi, facciamo come dice un amico mio: ci mettiamo dentro al comando, giochiamo a
carte tutto il giorno, si fanno meno danni, si rischia meno, si creano meno problemi!
Grazie.
Moderatore:
Chi lo conosce da alcuni decenni, conosce anche gli interventi pirotecnici del
collega Mattarelli. Lo ringraziamo. La parola ora al dottor Giuseppe Napolitano,
Comandante del corpo di Polizia municipale della città di Pistoia, che parlerà di: “I sistemi
automatici di rilevazione delle infrazioni al codice della strada”.
Giuseppe Napolitano – Comandante della Polizia Municipale di Pistoia:
Cercherò di essere particolarmente breve per rispettare i tempi, come richiesto dal
moderatore. Sentire Luciano è sempre interessante, spazia totalmente dal giuridico ai
ragionamenti di categoria. Cercherò però di essere ligio anche in questo, resistendo alla
tentazione della replica. La mia ambizione di oggi è essenzialmente quella di farmi capire
dai colleghi stranieri, considerato che anche nelle traduzioni c'è questo classico fenomeno
del Lost in translation. Io immagino quanto poco avranno potuto percepire ed apprendere
dai nostri slang, che tutto sommato già è difficile capire tra noi. Cercherò quindi di essere
semplice, diretto e succinto. Il problema dell'accertamento automatico della violazione a
mio avviso può essere letto oggi, in Italia, su due distinti piani. Un primo profilo è
sicuramente e distintamente il profilo giuridico, la difficoltà normativa che ci lascia in una
situazione decisamente imbarazzante. Lascia tutti noi operatori in una situazione
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
abbastanza critica. Il secondo tema, che è parallelo, però per alcuni versi rompe questo
parallelismo e finisce per essere tangente con l'altro, è quello di carattere etico. Premetto
che ogni famiglia ha delle persone che fanno danni e fanno confusione, anche nell'utilizzo
degli strumenti automatici, questo avviene un po' in tutte le case. Ribadisco che la mia casa
è sempre peggiore di quella degli altri, per non offendere nessuno. Questo ha generato
cattiva percezione di un lavoro che dovrebbe essere finalizzato e votato alla sicurezza
stradale. Uso il condizionale di necessità, perché, lo diciamo con molta franchezza, non è
vero che tutti gli utilizzi degli strumenti automatici, da chiunque effettuati, sono fatti
sempre e comunque in vista di migliori livelli di sicurezza stradale. Spesso e volentieri la
sicurezza stradale è una comoda occasione, un buon paravento, per poter realizzare delle
finalità pubbliche, importanti, commendevoli, straordinarie ma che però vanno lette
altrove.
La prolusione è stata fin troppo lunga, andiamo al nocciolo del problema giuridico,
che è questa: il nostro strumentario normativo, per quanto ripetutamente modificato, come
ci ha detto l'avvocato Piccioni, non ha mai preso di petto la questione dell'accertamento
automatico delle violazioni. Partiamo dalla legge 689 dell'81, quel meraviglioso articolo
13, nel quale nessun legislatore dovrebbe mai mettere le mani, che ci dice che cos'è
l'accertamento, come si fa. Su quella base, nel 1992, il Codice ricalca, in un titolo sesto,
una serie di regole specifiche, specializzate. Ovvio che nel 1992 il tema della tecnologia
come strumento a supporto dell'accertamento umano, era appena intravisto. Altrettanto
ovvio che nel 1992 una tecnologia che sostituisse l'accertamento umano forse non era
neanche immaginabile. Morale della favola: ci troviamo un mercato che si è evoluto,
offrendo strumenti di accertamento sempre più affidabili e più capaci di riscoprire
ragionevoli margini di errore, su basi di sufficiente verità, ciò che è violazione. Dall'altra
parte non c'era un inquadramento sistematico, autonomo dell'accertamento automatico
delle violazioni. Ho sempre immaginato una distinzione, resa proprio sul piano antologico,
tra l'accertamento umano e, invece, l'accertamento attraverso uno strumento che umano
non è, ma che ha dei legami con l'uomo nella fase successiva, magari di validazione.
Il legislatore non è mai riuscito a fare una riflessione accorata, seria e profonda su
questo tema, probabilmente perché neanche mai sollecitato in maniera opportuna da parte
nostra. Il tema è paradossalmente stato deviato su un fenomeno di eccezione. Se andiamo a
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
vedere le riforme degli ultimi anni, notiamo come, da quando nella stesura iniziale del
Codice si parlava dell'articolo 345 del Regolamento di esecuzione, esclusivamente del
misuratore di velocità, come modalità di utilizzo per accertare il superamento del limite di
velocità, un po' alla volta la realtà si è mangiata l'immaginazione e gli strumenti sono
diventati idonei ad accertare diversi tipi di violazione. Ricordate gli anni tra il 2000 e
2003? Si dovette cercare di mettere in linea una prerogativa del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, quella di omologare ed approvare strumenti utili per
l'accertamento delle violazioni, con il fatto che il legislatore, nella parte dedicata a come si
accertano le norme, nulla avesse detto.
Nel 2003 si arrivò a una soluzione drammaticamente semplice nel testo, a tratti
anche rozza, che interveniva a sanare un problema: mi riferisco al comma 1-bis
dell'articolo 201 del Codice. Per ovviare a un problema che riguardava l'accertamento il
legislatore inserisce una norma dedicata alla notificazione della violazione e individua,
come elemento di esclusione dell’obbligo di contestazione, una serie di casistiche ripescate
dal regolamento d'esecuzione, specificando che, quando queste violazioni, in questi casi,
vengono accertate con strumenti omologati, a tal fine non c'era necessità degli operatori.
In questo momento vi sto descrivendo un quadro normativo tendenzialmente
confuso, oppure, anche a voler ammettere che è un quadro chiaro agli addetti ai lavori, fa
rabbrividire gli amanti della sistematica giuridica. Ciò che dovrebbe essere sistemato sul
piano dell'accertamento, chi accerta, come accerta, quanto vale questo accertamento, è
stato fatto rientrare dalla finestra: si è messa una pezza sulla notifica e in quella sede si
sono dette cose ulteriori, aggiuntive.
Su questo quadro particolarmente confuso si è innestata una tematica di carattere
etico, nel senso più esteso del termine, come etica delle organizzazioni, quando parliamo
del modo in cui le Polizie hanno utilizzato questi strumenti e gli enti da cui dipendono le
Polizie hanno preteso che questi strumenti venissero utilizzati; etica delle organizzazioni in
ambiti territoriali più vasti, come presa di coscienza del fatto che bisognava, se c’era una
scelta, mandare in funzione il sistema in maniera chiara; etica del singolo accertatore che
travisa il suo ruolo; etica delle aziende private che lavorano con gli enti pubblici; etica
dell’automobilista, inserito per ultimo, in posizione di protezione, che ritiene sempre e
comunque di essere vessato da un accertamento di una violazione e forse ha anche un po’
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ragione quando, non sentendosi fermato, opposto e contestato, ma vivendo degli scenari di
“capziosa” operazione di rivelazione delle violazioni, pensa di essere stato derubato da
quelli con le divise addosso.
Il quadro è ulteriormente distorto da un fenomeno ulteriore, quello della
comunicazione pubblica.
Sappiamo tutti che il giornale si deve vendere e che i giornalisti sono lavoratori
come gli altri, di conseguenza, se c’è da dare clamore a un certo numero di sanzioni che
hanno effettivamente abbassato il numero dei morti su una determinata strada, è opportuno
comunicarlo ma non interessa a nessuno. Se domani mattina si scopre che in quella città,
quell’azienda o quel Comune frodavano il cittadino, attraverso degli strumenti, si vendono
milioni di copie.
Dato che tutti abbiamo avuto una sanzione amministrativa di violazione al Codice
della Strada perlomeno una volta nella vita e non tutti abbiamo commesso un omicidio, ci
interessa molto di più sapere come si possono annullare le sanzioni che non come cercare
in un processo di uscire da una causa che riguardi la nostra libertà individuale.
Questo contesto etico è molto complicato perché gli operatori hanno la necessità di
legittimare la bontà, validità ed eticità del proprio comportamento. In particolare lo devono
fare gli agenti di Polizia Locale alla luce di un elemento aggravante: dato che i proventi
delle sanzioni stradali finiscono sul bilancio del Comune, quel dirigente, oltre ad accertare
conformemente alla legge, offrendosi ai cittadini come soggetto che opera per il bene
comune e in coordinamento con gli altri, deve sentire l'ultima doglianza: "Vi hanno
mandato a raccattare soldi perché dovevate ripianare il bilancio".
Da qui nasce spontanea una provocazione: sarebbe molto importante che una scelta
seria, che potrebbe fare il legislatore, fosse quella di dirottare tutti i proventi delle sanzioni
stradali verso lo Stato, per il semplice motivo che a quel punto si può sgombrare il campo e
vedere effettivamente chi lavora per la sicurezza stradale e chi, invece, lo fa per diverse
finalità.
Tuttavia la linea che sta prendendo il legislatore è tutt'altra. Chi di voi, come me, si
è trovato a dover compilare le schede dei costi standard del federalismo, ha capito
qualcosa, anche prima che domenica scorsa la Gabanelli ci spiegasse cos'è il federalismo
per come è inteso oggi. Abbiamo una standardizzazione dei costi e a nessuno interessa se
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
una città di 80.000 abitanti chiude alle 19 di sera oppure se fa 24 ore su 24 per 365 giorni
all'anno. L'unica cosa che interessa è il costo e quindi i trasferimenti vengono dati in quella
misura: se vuoi mantenere i servizi utilizzi le tue entrate. Quali sono le tue entrate
extratributarie? Proprio le sanzioni stradali.
Paradossalmente dunque si innesca, oggi per il futuro, più di quanto si è fatto ieri, la
rincorsa a trovare una fonte di finanziamento dei servizi comunali attraverso questa
finalità: il meccanismo è oggetto di una pesantissima distorsione.
Forse allora mi comprenderete se vi ripeto che quel parallelismo iniziale, che
sembrava tale, tra etica e mondo giuridico, è arrivato a coincidenza. I Comuni hanno
inventato delle necessità per incrementare gli importi delle sanzioni amministrative stradali
e questo genera una distorsione di percezione.
Su questa distorsione di percezione c'è un di più: gli strumenti normativi diventano
sempre peggiori. Il legislatore è sensibile più all'opinione pubblica che non a cercare di
riparare a quel danno che sta arrivando dal federalismo fiscale. Nel fare questa operazione
viene anche un po' condizionato dagli eventi della stampa del momento – ad esempio quel
comandante di Polizia municipale che rubava in combutta con quella ditta e quindi è
necessario che gli strumenti di violazione siano comprati e non noleggiati – e nel fare
questo si arriva ad innescare un meccanismo di limitazione.
L'articolo 25, comma 2, della legge 120 del 2010 – la misurazione della velocità è
ciò che più fa vendere e fa parlare – dice che “con decreto sono definite le modalità di
collocazione ed uso degli strumenti e mezzi tecnici di controllo, che comunque fuori dei
centri abitati non possono essere utilizzati a distanza inferiore di un kilometro dal segnale
che impone i limiti di velocità”. È una norma che forse fissa un principio valido, non se ne
discute, ma bisogna avere un kilometro di strada a velocità costante prima della
misurazione.
Mi può star bene, io le leggi le applico, al limite le critico, ma quando rientro nei
panni del comandante di Polizia municipale, che si occupa di Polizia stradale in quel caso
specifico, osservo e faccio applicare fino in fondo.
Per interpretare questo decreto interministeriale per la verità, viene da pensare che
si fa troppa fatica, perché bisogna mettere assieme innanzitutto due ministeri, cosa non
facile, quando è già difficile mettere allo stesso tavolo il comandante della Polizia
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
municipale quella del Corpo forestale dello Stato a livello provinciale. Aggiungiamo che è
necessario il parere della conferenza unificata Stato – città – autonomie locali e questo
decreto non viene più realizzato.
Come si fa, dall'agosto 2010 ad oggi, a gestire questa situazione? Lo si fa con una
circolare che indica dei parametri indicativi, nel solco di un potere di coordinamento
peraltro non espressamente rievocato, come invece fu fatto, molto correttamente, nella
direttiva Maroni del 2009, in cui si comincia a interpretare.
In fondo, se ci sono gli uomini vicino agli apparecchi, il kilometro non vale; se il
limite non è imposto dal segnale in termini differenziali rispetto al limite strutturale del
tipo di strada, la norma non vale; vale in tutti gli altri casi, ma se c'è un incrocio cambiano
ancora le regole.
Io non pongo un problema rispetto al contenuto della circolare, che posso discutere
personalmente, se posso, con quell'amministrazione in particolare. Pongo un problema
diverso, quello della chiarezza delle regole, il fatto che se decreto interministeriale deve
essere, lasciamo che quello strumento voluto dal legislatore sia portato in fondo.
Personalmente ho studiato molto a fondo l'accertamento automatico, mi faccio
portatore dell'idea della necessità della sistemazione di questo argomento, ma se non si
arriva a questo non ho più voglia di rincorrere norme incerte e indicazioni di prassi a tratti
contraddittorie.
Se devo fare un lavoro per la sicurezza stradale io voglio farlo nel coordinamento,
come diceva la direttiva Maroni.
Per ciò che mi consta, tutti i miei colleghi hanno voglia di fare, però non hanno più
voglia di sentirsi additati come dei ladri, anche quando i soldi che si incassano per le
sanzioni vanno a finanziare gli asili nido per quel 50% non vincolato. Grazie.
Moderatore:
Grazie dottor Napolitano. Ora affrontiamo due relazioni con un tema comune, cioè
la normativa relativa alle cosiddette utenze deboli: si parlerà dunque delle discipline più
recenti che riguardano sia i veicoli a due ruote che i pedoni.
La prima parte, quella relativa alla disciplina relativa alle due ruote, è trattata da
Giuseppe Carmagnini, che ormai conosciamo da anni e che si interessa della disciplina del
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Codice della Strada in senso molto ampio ed è responsabile dell'Ufficio contenzioso e
supporto giuridico della Polizia municipale di Prato.
Giuseppe Carmagnini – Responsabile dell’Ufficio contenzioso e supporto giuridico
della Polizia Municipale di Prato:
Intanto vi ringrazio dell'attenzione che mi presterete: sono costretto a una relazione
lampo che non può che affrontare temi tecnici solo in maniera molto sommaria.
Mi sono limitato dunque a un'esposizione per così dire di principio, quasi
motivazionale. Vi fornirò alcuni dati su cui riflettere.
Le due ruote: il problema e il fenomeno. In Italia le due ruote rappresentano il 3,5%
della mobilità stradale quindi parrebbe un fenomeno abbastanza limitato. Tuttavia è
necessario sapere che spostarsi con i veicoli a due ruote importa un rischio di 7,2 volte
superiore rispetto all'utilizzo di altri veicoli e questo fenomeno, che all'apparenza potrebbe
apparire poco significativo, lo diventa quando si parla di incidentalità.
Il bilancio globale nel 2010 è stato rilevante, come sempre: abbiamo registrato oltre
200.000 incidenti stradali. I deceduti sono poco meno di 4.000 e i feriti addirittura 260.000,
in termini generali.
Se poi andiamo a raffrontarli con altri dati, vediamo che il fenomeno è sicuramente
rilevanti. Le forze alleate in Iraq dal 2003 a oggi, quindi in otto anni, hanno visto 4.588
deceduti, addirittura un numero inferiore rispetto ai morti sulle strade nel 2007, e quasi
44.000 feriti, meno di un sesto dei feriti sulle nostre strade. Sulle nostre strade registriamo
dunque un bollettino di guerra.
Se poi andiamo a vedere anche l'indice di mortalità per tipo di veicolo, notiamo che
gli autoveicoli sono interessati da un indice di mortalità di 0,77 contro addirittura 1,84 per
quanto riguarda i ciclisti, 1,03 per i ciclomotori e 1,96 per coloro che conducono motocicli.
È un dato molto significativo dell’incidentalità che riguarda i quadricicli leggeri,
cioè i ciclomotori a quattro ruote, dove si registra un indice di mortalità di 2,64.
Nonostante il parco veicolare dei quadricicli leggeri sia molto ridotto, l'indice di mortalità
è veramente elevato. Un altro dato statistico interessante, che si ricava dalla relazione
dell'ACI, è quello che registra il numero dei decessi dei motociclisti sulla strada, a partire
dal 2000. Voi vedete che gli incidenti che hanno coinvolto autoveicoli, che sono stati poi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
incidenti mortali, registrano un calo significativo da 2002 fino a 2009, mentre pressoché
costante è il dato che riguarda i motociclisti. Questi dati sono dovuti anche al processo
tecnologico che interessa la sicurezza attiva e passiva degli autoveicoli, rispetto a quello
che interessa le moto. È molto più semplice intervenire sulla sicurezza attiva e passiva
degli autoveicoli, rispetto ai motocicli e ai cicloamatori. Ecco, questo è invece un dato che
interessa la Polizia Locale: contrariamente a quello che si può pensare, gli incidenti stradali
avvengono in numero maggiore all'interno del centro abitati e in numero maggiore si
registrano anche i feriti e decessi. Vedete il dato dei centri abitati in celeste, quello fuori
dai centri abitati sono invece color vinaccia. Addirittura i morti che si registrano sulle
strade urbane sono superiori rispetto a quelli che si registrano sulle autostrade e sulle strade
extraurbane principali e secondarie. È chiara l'importanza della Polizia Locale, che
interviene soprattutto in ambito urbano.
Alcune annotazioni per i velocipedi. Le regole che disciplinano la circolazione dei
velocipedi sono in realtà molto poche, addirittura non sono previsti limiti di età per
condurli. Sono previsti limiti di età per condurre un animale o un veicolo a trazione
animale, ovvero un ciclomotore, ma niente si dice per l'età per condurre un velocipede. I
bambini però devono rispettare le stesse regole degli adulti, le regole sono difficili da
comprendere per gli adulti, figuriamoci per un bambino di cinque o sei anni. Figuriamoci
anche qual è la percezione del rischio del pericolo in un bambino che, per la prima volta, si
mette alla guida di una bicicletta. Ovviamente non è richiesta alcuna abilitazione, quindi
non c'è alcun controllo preventivo, prima di consentire la circolazione dei ragazzi sulle
strade; questo rende necessario intervenire a monte, sull'educazione stradale, intervenire in
famiglia, quando è possibile, quando si hanno le conoscenze per farlo, quindi intervenire a
tutti i livelli.
Per quanto riguarda il casco per i ciclisti, il legislatore aveva fatto un timido
tentativo di introdurlo per tutte le fasce di età con la legge 120 del 2010. Addirittura non è
riuscito neanche ad imporlo ai bambini, quindi oggi, liberamente, si circola su un
velocipede senza casco. È rimesso alla buona volontà di ognuno di noi, delle famiglie, ben
sapendo quanto sia importante, invece, indossare un casco, quando si circola alla guida di
un veicolo e quali sono i risultati laddove non si indossi questo dispositivo di protezione
individuale.
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Non si ha presente, quando si va ad intervenire sul Codice della strada, che la
bicicletta è un veicolo potenzialmente molto pericoloso, se noi andiamo a fare un rapporto
tra il numero dei decessi, i chilometri percorsi e il tipo di veicolo, vediamo che l'indice di
mortalità più elevato si ha proprio per i conducenti dei velocipedi, a seguire i pedoni e poi,
molto distanziati, i veicoli a due ruote a motore e infine gli autoveicoli. Sappiamo anche,
ma non interveniamo, che una delle cause maggiori del trauma cranico è proprio la caduta
dalla bicicletta, che si registra tra gli 0 ai 14 anni, ma anche, forse questo non lo sapevamo,
nella mezza età e nella terza età. Quindi era importante introdurre quella disposizione, che
andava a prevedere il casco per i ciclisti, ma non se n'è fatto più niente.
L'unica cosa che il nostro legislatore ha avuto il coraggio di fare è aver previsto
l'obbligo di indossare, per i ciclisti, un giubbotto retro riflettente, oppure le bretelle retro
riflettenti, quando circolano fuori dei centri abitati da mezz'ora dopo il tramonto del sole a
mezz'ora prima del suo sorgere, ovvero nelle gallerie. Io, sinceramente, non ho ancora
visto un ciclista che indossi questo dispositivo fuori dai centri abitati e tantomeno nelle
gallerie. L'Italia ha una tradizione nel ciclismo, molti sono i dilettanti i professionisti che si
allenano sulla strada, ma sicuramente nessuno indossa questo dispositivo.
Sarebbe sufficiente forse far rispettare le regole che già ci sono. L'articolo 58 del
Codice della strada dispone l'obbligo dei catadiottri, cioè dei dispositivi a luce riflessa, non
solamente sui pedali, ma anche ai lati dei velocipedi. L'articolo 224 del regolamento
specifica che questi dispositivi devono essere presenti su entrambi i lati e su ciascuna delle
ruote del velocipede. Quante biciclette noi vediamo con questi dispositivi in circolazione in
Italia? Pochissime, eppure la visibilità laterale è importantissima, perché una delle cause
maggiori di investimento dei ciclisti è proprio l'urto laterale, perché durante le ore serali e
notturne il ciclista non è visibile lateralmente, soprattutto se non ha l'accortezza di vestire
indumenti chiari. In Italia, ma questo vale per tutti i veicoli, basta che un mezzo abbia delle
ruote che riescano a muoverlo sulla strada, poi i dispositivi sono tutti degli optional. I
risultati poi si apprezzano sulle cronache dei quotidiani: travolto da un'auto nella notte,
spingeva la bici a mano, l'investitore dice "Impossibile vederlo”. Infatti, se vedete, nella
foto, si tratta di una mountain-bike, che non è dotata di dispositivi né a luce riflessa, né a
luce propria.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Per quanto riguarda la circolazione dei ciclomotori, anche in virtù del recepimento
delle direttive comunitarie, l'Italia ha avuto la sensibilità, nel 2005, di prevedere l'obbligo
di un'abilitazione per condurre i ciclomotori, sia per i minorenni e poi, dopo aver affrontato
alcune resistenze, anche per i maggiorenni. Dal 1 aprile 2011, anticipando anche la
direttiva 2006/126, l'Italia ha richiesto l'esercitazione alla guida e la prova pratica per il
rilascio del certificato di idoneità alla guida dei ciclomotori, cioè il cosiddetto patentino.
Ha previsto poi anche i decreti attuativi, per fare in modo che un candidato si potesse
esercitare nella guida su strada. Il legislatore ha modificato l'articolo 116 comma 11 bis,
introducendo un ottavo periodo, del tutto nuovo, dove si richiede la prova pratica e anche
idonea esercitazione su strada. Prima di fare la prova pratica il candidato si deve esercitare
per almeno un mese, dopodiché potrà, appunto, affrontare l'esame pratico su strada.
La prova è vincolata, vale a dire che, all'atto della richiesta dell'autorizzazione ad
esercitarsi, il candidato, ovvero anche il genitore esercente la potestà genitoriale, deve
dichiarare su quale tipo di veicolo intende effettuare la prova pratica. Su quel veicolo dovrà
poi effettuarla, quindi dovrà scegliere se fare l'esame pratico su un veicolo a 2, 3 o 4 ruote,
tuttavia l’esercitazione su strada avviene con qualsiasi tipo di ciclomotore, a 2, 3 o 4 ruote,
cambiano solamente le regole con cui l'esercitazione può essere effettuata.
Questa è l'autorizzazione ad esercitarsi, un semplice foglio A4 di una stampante ad
aghi, modulo continuo, dove viene riportata una serie di dati, oltre a quelli identificativi del
candidato, viene indicato che il candidato ha superato l'esame di teoria, che corrisponde
alla data di rilascio dell'autorizzazione, che è contestuale al superamento della prova
teorica. Viene indicata una marca operativa che per noi, sulla strada, è molto importante,
perché ci consente di andare a controllare questa autorizzazione, che è facilmente
falsificabile, attraverso il sistema informativo degli abilitati alla guida della
Motorizzazione civile. Vengono indicate anche la data di scadenza, cioè sei mesi dopo la
data di rilascio e infine l'eventuale prescrizione tecnica, che pure è assoggettata al
candidato. In questo caso vengono utilizzati sia i codici armonizzati previsti dalla direttiva
91439, sia la dicitura in chiaro: qui il soggetto che si esercita deve indossare gli occhiali.
Mi avvio alla conclusione, andiamo a vedere le prove. La prova sul ciclomotore a
due ruote si divide in due fasi: una prova preliminare, che prevede le stesse prove sul
circuito previste per il rilascio della patente di categoria A e una prova nel traffico, che può
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
essere affrontata solamente se è superata la prima fase. Nella prova del traffico,
ovviamente, non può essere presente l'istruttore, perché sul ciclomotore a due ruote non
può prendere posto persona in funzione di istruttore, perché non è in grado di intervenire
sulla guida del conducente. Per i tricicli a tre o quattro ruote, le prove sono 5, nella fase
preliminare sul circuito vengono effettuate senza la presenza dell'istruttore e abbiamo, tra
l'altro, la prova di frenata, la prova di curva e la prova di retromarcia. Superata questa fase
c'è la vera e propria prova di circolazione, che deve essere effettuata però con la presenza
dell'istruttore di guida e con la lettera P esposta sul veicolo.
Queste disposizioni saranno a breve superate, perché, dal 19 gennaio 2013, si
applica la direttiva 126/2006, che l'Italia recepito con il decreto legislativo 59 del 2011 e il
cosiddetto patentino sarà sostituito dalla vera e propria patente di categoria M, che, a
livello comunitario, viene rilasciata a 16 anni, con facoltà di deroga a livello nazionale di
prevedere un limite di età inferiore, 14 anni. A questo limite, ovviamente l’Italia si è
adeguata, è fatta salva la possibilità di prevedere la prova pratica, anche differenziandola
fra tricicli e quadricicli e, in questo caso, con il decreto 59 del 2011, l'Italia si è adeguata.
Tutte le patenti consentiranno - non consentono ancora oggi - la guida del ciclomotore. Le
patenti verranno sostituite da questa patente, che è un modello comunitario, che prevede la
categoria M. Il regime transitorio: ancora per 10 anni avremo patenti di categoria M che
convivranno con i patentini, che saranno sostituiti progressivamente, senza bisogno di un
nuovo esame, all'atto del rinnovo oppure in caso di duplicato.
A questo punto io salterei alle conclusioni, facendo un piccolo riassunto di quello
che possiamo fare. Lo Stato può avere il coraggio di intervenire, anche a dispetto degli
interessi economici che spesso vengono ritenuti prevalenti rispetto all'interesse pubblico
della sicurezza statale. Lo abbiamo visto con il casco. Adottare norme semplici e chiare,
questo l'abbiamo detto più volte, durante questo forum. Deve fare in modo che le norme
vengano comprese da tutti, anche in modo da deflazionare il contenzioso. Deve considerare
finalmente il minorenne abilitato alla guida responsabile delle proprie azioni sulla strada. È
inutile richiamarsi all'articolo 2 della legge 689, norma generale, quando si parla di
conducenti ritenuti idonei alla guida su strada, idonei e capaci di apprezzare il proprio
comportamento e gli effetti dello stesso sulla strada. Oggi non siamo in grado di applicare
la sospensione o la revoca della patente del certificato di abilitazione alla guida del
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ciclomotore, perché c’è uno sbarramento da parte del Ministero e da parte del legislatore,
che sarà reso ancora più chiaro con il decreto legislativo del 2011 che dovrà entrare in
vigore il 19 gennaio del 2013.
Gli enti locali devono promuovere a tutti i livelli la cultura della sicurezza stradale:
nelle scuole, nelle famiglie, attraverso campagne di stampa, con tutti i mezzi a
disposizione. Per quanto riguarda soprattutto i conducenti dei veicoli a due ruote, devono
mantenere la strada in perfetta efficienza, quanto a segnaletica, quanto ad assetto del manto
stradale. È ovvia infatti la responsabilità in caso di incidente stradale e la violazione degli
obblighi previsti dall'articolo 14 del Codice della strada. Devono investire maggiori risorse
nella Polizia Locale, qui non voglio ripetere quanto ho già detto Mattarelli.
La Polizia Locale deve intervenire nelle scuole, nell'educazione stradale, già lo fa,
lo dovrebbe fare in maniera più incisiva, anche aiutata dagli enti locali dello Stato. Deve
dare l'esempio quando si trova alla guida di un veicolo, deve indossare la cintura, o il
casco, deve avere un comportamento esemplare, che serva, appunto, di ispirazione a tutti.
Sempre riallacciandomi al discorso di Mattarelli, deve essere presente sulle strade, non così
tirata per la giacchetta da mille parti, con mille compiti che magari neanche le competono
direttamente. Uno dei nostri compiti principali è proprio quella di garantire la sicurezza
sulla strada. C'è anche una questione legata alla percezione del problema: fa sempre più
notizia un omicidio volontario, per qualsiasi motivo, che non un omicidio stradale. Voi
vedete che nel 2007 c’è un rapporto di 1 a 10, tra l'omicidio volontario e l'omicidio stradale
e scusatemi, ma io non vedo la differenza.
Ieri abbiamo parlato, giustamente, ricordando un grande campione e soprattutto un
ragazzo, ma nessuno si ricorda di Filippo, Andrea, Giovanni, se ne ricordano solamente le
famiglie. Invece noi dobbiamo averli sempre presenti, perché questo è il nostro compito
principale sulla strada.
Grazie per l’attenzione, vi lascio con questa frase. Grazie.
Moderatore:
Grazie Giuseppe, come al solito sintetico ma estremamente chiaro e preciso.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
L’ultima relazione è quella del dottor Giovanni Busacca, Direttore della Ia divisione
del Servizio di Polizia Stradale, che ci intratterrà sulla tutela dei pedoni dal punto di vista
delle novità introdotte dal Codice della Strada.
Giovanni Busacca – Direttore della Ia divisione del Servizio di Polizia Stradale:
Buongiorno a tutti. Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva è un tema
importante e fa venire in mente il tema della strategia, del metodo. La relazione che ho
preparato per voi però riguarda la parte più debole della circolazione.
Il Codice definisce il pedone come l’utente debole che merita una particolare
attenzione, una particolare protezione dai pericoli della circolazione. Parlare e ragionare di
pedoni pone di fronte a due aspetti: il primo è quello della tristezza. Ieri l’on. Davico
diceva che abbiamo quasi 600 pedoni ogni anno lasciati sull’asfalto, che rappresentano il
totale degli incidenti rilevati in autostrada su 6.000 km di tratta.
Anche se il collega Carmagnini e l’amico Zanetti parlano di norme chiare e
semplici – come richiamava anche l’avvocato Piccioni – voglio ricordare che le norme
chiare sui pedoni ci sono e, ciononostante, lasciamo a terra ogni anno 600 persone.
Su questo ho fatto una riflessione di taglio critico sui dati che i colleghi hanno già
mostrato, per cercare di capire se c'è una soluzione.
La seconda riflessione sui pedoni è quella dell'anomalia statistica. In 10 anni l'Italia
ha fatto bene: ha fatto quasi il 43,7 di recupero, se i dati del 2010 saranno confermati
dall'Istat. Invece per i pedoni siamo rimasti al palo, con un recupero di neanche 5%. Questa
è la seconda anomalia in merito ai pedoni.
Il padrone è debole: si tratta di anziani, la parte più fragile della nostra società, che
di solito hanno reazioni molto lente, sentono male e vedono poco. Si spostano a piedi
claudicando, sono incerti. La parte più debole è composta anche dai bambini, sono
improvvisi, anche se la giurisprudenza ha sempre dato torto ai conducenti con riguardo alle
responsabilità di investimento dei bambini, perché di fronte ai bambini e agli anziani da
sempre la giurisprudenza si è comportata in questo modo.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Bambini però hanno dalla loro parte l'altezza e veicoli, anche i più nuovi, non
sempre rispettano la visibilità degli angoli delle sagome: è per questo che i bambini sono
più deboli.
Carmagnini lo ricordava: dal 2001 al 2009 abbiamo una media di 6.000 morti
all'anno. È vero che c'è stato un progresso, ma la media è questa. Un primo confronto: nel
2001-2010, se saranno confermati, abbiamo avuto il 43,7% di riduzione dei morti sulla
strada nazionale. Su questo l’Unione Europea aveva fatto delle pressioni e l’Italia, con la
Polizia Locale, la Polizia stradale, i Carabinieri, si è tutta impegnata. Abbiamo avuto
43,7% e rispetto ai feriti -21%. Adesso siamo al 13esimo posto, nell'Europa ci sono 27
paesi che hanno superato la quota del 50% di riduzione dei morti e alcuni Paesi si sono
fermati al 10%. L'Italia non è così male, in fondo abbiamo lavorato.
Guardate un'altra osservazione statistica: i pedoni deceduti negli ultimi quattro anni
sono andati da 758 a 667, con una fluttuazione del 13%, mentre il totale dei decessi del
dato aggregato italiano porta al 29%. Se andiamo indietro al 2001 arriviamo addirittura al
43,7% di cui abbiamo già detto.
Noi dunque siamo riusciti a contenere gli incidenti mortali e i morti, ma non siamo
riusciti a fermare i pedoni.
Guardate i feriti: su quattro anni il totale dei feriti nell'aggregato Italia è all'11%,
mentre i pedoni sono al 3%.
Il 43,7% è un bene statistico, sarebbe bene fare 100%, ma perché non ci riusciamo
con i pedoni?
Guardate le classi di età dei pedoni. Nel 2009 la classe di età dove maggiormente si
sono verificati i morti, per il dato aggregato Italia, è 25-29 per i decessi e 20-24 per i feriti,
un dato che fluttua. Per i pedoni invece abbiamo 80-84 per i decessi e 70-74 per i feriti. Se
andate a vedere i dati tabellari Istat vi accorgerete che le classi di età in cui maggiormente
si “accumulano” morti e feriti rimangono inalterate, cioè non solo non riusciamo a
trasportare il recupero verso i pedoni, ma non riusciamo a modificare nemmeno l'incidenza
rispetto alle classi di età.
Guardate l'indice di mortalità e l’indice di gravità: l'indice di mortalità, con il dato
aggregato Italia dal 2009, è 2, l'indice di mortalità per i pedoni è 3,2, cioè per avere due
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
morti occorrono 100 incidenti – indice di mortalità Istat – mentre su 100 incidenti ci sono
3,2 decessi sui pedoni, quasi il doppio.
Guardate l'indice di gravità che è l’energia che si sprigiona in un incidente mortale.
All'interno degli incidenti mortali ci sono morti e feriti e tanto più si alza quell'indice, tanto
più è pericoloso quell'incidente.
L'indice di gravità connota l'energia e il pericolo. Osservate il dato aggregato: 1,4
nel 2009, l’indice di gravità dei pedoni invece è 3,2, quasi il doppio.
Il 15% di tutti i morti, anche in Europa, è rappresentato dai pedoni. In sostanza
cominciamo a fare qualche riflessione: sui pedoni non siamo riusciti a ottenere nessun tipo
di statistica analoga a quella del dato aggregato. Inoltre non siamo riusciti a modificare né
le classi, né l'indice di mortalità, né l'indice di gravità, questo nonostante siamo in un
segmento del Codice della Strada che forse andrebbe rivisto, ma in cui le norme, salvo la
modifica del 210, che ha solo ratificato una serie di sentenze della Cassazione in ordine
alla responsabilità quasi oggettiva dei conducenti quando investono un padrone, ci sono e
sono chiare.
Nonostante questo e nonostante il recupero del 43,7%, i pedoni sono ancora lì per
terra, in un numero che è a dir poco mortificante e vergognoso.
Cosa abbiamo fatto sul dato aggregato, per avere il 43,7%? Abbiamo detto che ci
siamo impegnati tutti, però abbiamo fatto controlli mirati. La tematica 186 e 187 non
necessario sia ripresa, voglio però dire che nell'arco di un triennio i controlli su alcol e
droga, perlopiù soprattutto alcol in verità, sono passati da 400.000 a 1 milione e mezzo.
Non sono molti rispetto alla Francia, è vero, ma intanto abbiamo quintuplicato i controlli
su alcol e droga.
Si può fare di meglio, certo, è una tematica legata alla modalità di accertamento non
tanto dell'articolo 186 quanto del più difficile 187, l'accertamento su strada e non quello
che si chiede all'ospedale, quando i feriti sono ricoverati. È proprio quello il punto di
difficoltà.
Ritornando a quello che abbiamo fatto per diminuire i decessi in questi 10 anni,
abbiamo anche cercato di far capire che eravamo presenti là nei settori dove si contavano
alcol, droga, controlli pesanti e velocità. Chiuderò il mio intervento con il caso tangenziale
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
di Napoli, per dimostrarvi che è possibile fare qualcosa, è possibile cambiare i
comportamenti delle persone.
Tornando a ciò che abbiamo fatto, si è anche modificato il Codice. Nel 2003 e nel
2007, all'indomani delle modifiche, ci sono stati sensibili cali in ordine agli incidenti
mortali, ai decessi e ai feriti.
In sostanza la prima parte del mio ragionamento è questo: purtroppo abbiamo
constatato che, nonostante le norme in questo segmento siano chiare e vi sia stato l'ultimo
ritocco della legge 120 del 2010, in questo segmento non è stato sufficiente a fermare la
strage. Questo è un dato e la statistica che riguarda i pedoni non è stata toccata in alcun
modo. È come se non ci fossimo stati, perlomeno negli ultimi quattro o cinque anni.
I pedoni però, guardando le statistiche Istat fino al 2009 e sulla base delle
esperienze che ciascuno di noi ha fatto sulla strada, muoiono per situazioni davvero banali.
I marciapiedi spesso non ci sono oppure sono occupati; di solito gli attraversamenti
pedonali sono scarsamente illuminati; le zone di visibilità, cioè il cono d'ombra dei veicoli,
ancora esiste e la funzione cornering dei veicoli non è data di default a tutti. Ma
soprattutto, quello che incide, è la velocità.
Proietto un breve filmato, di soli 50 secondi, che dimostra che, nonostante
l'illuminazione, nonostante la nostra presenza, nonostante le strisce pedonali, un pedone è
stato "falciato". Questo è un esempio di un posto di controllo attivato da forze di Polizia,
illuminato, con strisce pedonali: siamo lì, c'eravamo. Nonostante questo, sulle strisce
pedonali, un pedone è stato investito. Se questa cosa non si fosse vista nella pratica non si
sarebbe riusciti a comprendere come potesse essere possibile.
Passo alla seconda parte, quella sulle norme chiare cui si faceva riferimento
nell’attività di prevenzione sui pedoni. L'articolato non è complesso, abbiamo parlato
dell'articolo 3 nella definizione, l'articolo 140 è il faro per la sicurezza del Codice della
Strada, l'articolo 141 ovviamente tratta della velocità, che deve essere addirittura rallentata
o il conducente deve fermarsi quando i pedoni sono incerti o indugiano. L'articolo 158 e il
175 in autostrada: non si può circolare. Su questo proietterò il secondo filmato, per farvi
rendere conto di quanto l'applicazione di quelle norme, che i relatori che mi hanno
preceduto chiedevano, purtroppo non sia sufficiente. Mi avvio alla conclusione, dopo
questo secondo filmato, chiedendovi uno sforzo. L’articolo 190 e 191, l’articolato è chiaro,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ci sono diritti e doveri, in sostanza tutte le modifiche che sono state apportate all'articolo
190-191 e all'articolo 141 comma 4, danno ragione ai pedoni. Il pedone potrebbe avere
l'unico torto se rinuncia, attraversando, esplicitamente ad attraversare. In tutti gli altri casi,
ricordiamoci che il pedone ha sempre ragione.
Andiamo con l'ultimo filmato, non voglio farvelo perdere, mi dispiacerebbe tagliare
qui. È un filmato realizzato da noi, è stato girato in autostrada, per dimostrarvi che in
autostrada, dove non ci dovrebbero essere pedoni, accade anche quanto ora vi commento.
C’è un primo incidente, le persone scendono e controllano, verificano che non c'è nessuno
dentro la macchina che in questo momento è rovesciata. Alla loro sinistra il traffico è
aperto, sono passati appena due minuti, le forze di Polizia non sono ancora arrivate, in
pratica la Polizia stradale, essendo in autostrada. Dopo appena due minuti la signora si
avvicina, ma il giubbetto, le bretelle di cui abbiamo detto, articolo 162, non si sa che cosa
sono, nessuno mette un triangolo. Dentro la macchina non c'è nessuno.
Parlano, più o meno in questo momento qualcuno ha telefonato alla nostra centrale
per quella tratta, siamo sulla A 1, arrivano altri veicoli, alcuni si fermeranno dopo, altri che
non sono per nulla interessati arrivano lì, mani in tasca, bella chiacchierata, bella
passeggiata. Ancora del triangolo e delle indicazioni di buon senso che potevano essere
fatte nessuno si occupa, continuano a fermarsi persone che sono assolutamente fuori
dall'incidente, non interessate. Arrivano le prime macchine, un po' in velocità, siamo sulla
A 1, ci passano al giorno 200.000 veicoli. La prima macchina, il primo incidente, sarebbe il
secondo, intanto scendono tutti, qualcuno accorre, ma giubbetti e bretelle non se ne
vedono. Dalla Ford grigia, che voi vedete, al cui interno ci sono tre bambini, cominciano
ad aprire gli sportelli, intanto l’A1 a traffico aperto diventa una piazza, si guarda, si vede,
l'uomo in rosso bestemmia, perché praticamente ha toccato la macchina davanti. L'uomo
con i pantaloni color aragosta passeggia, senza fare nulla. Si apre lo sportello e un bambino
si affaccia, le macchine, intanto, continuano ad arrivare, nessuno ha messo le bretelle, poi
qualcuno arriva e questo è il terzo incidente. In questo incidente, che ancora non è finito,
sono passati quattro minuti, scendono in molti, come vedete la telecamera è lontana,
comincia a zoomare cercando di prendere e di capire cosa stia accadendo a sinistra. Il
ragazzo si mette le ciabatte, a sinistra, perché guidava ovviamente senza scarpe. Qualcuno,
addirittura, scavalca e va dall'altra parte, in modo snello.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Il filmato è finito, ma dimostra, senza voler togliere nessuna conclusione ai relatori
che mi hanno preceduto, che si può mettere un punto: non ci sono solo le regole o gli
articolati di legge, forse c'è bisogno di lavorare sulla persona. Nel 2011, in autostrada, in A
1, 200.000 a veicoli al giorno, una punta di 3000 veicoli all'ora, succede questo.
Nell'incidente che appena avete visto non ci sarà il morto, siamo stati fortunati, perché se al
posto dell'ultima macchina ci fosse stata una macchina più pesante, con una massa
maggiore, di quei tre bambini che avevano appena aperto lo sportello, avremmo ritrovato
ben poco. Questo lo dico perché penso, ricollegandomi all'analisi che abbiamo fatto dei
pedoni, che questi erano pedoni in autostrada, che forse la strada da percorrere è un po'
diversa. Non ho avuto, stamattina, la sensazione che si parlasse della cultura, noi dobbiamo
forse sforzarci su questo, l'apparato, l'articolato va bene, è necessario, le regole semplici ci
devono essere, però forse dobbiamo riprendere in mano la situazione delle persone, perché
quello che manca è assolutamente il buon senso.
Fino al 2020 dobbiamo rimboccarci le maniche e, per quanto riguarda i pedoni,
riprendo solo ancora pochi secondi per dire che l'Unione Europea vorrebbe - da noi il 50%
dei decessi riguarda persone che non ha ancora compiuto 14 anni - velocità inferiori anche
ai 30 km., nel centro urbano, vorrebbe migliori strutture. Dove possiamo andare?
Sicuramente nella direzione di una modifica delle strutture e delle infrastrutture, pensiamo
solamente agli attraversamenti protetti, ai marciapiedi, alla migliore visibilità, all'interno di
ogni attraversamento, dei pedoni e dei conducenti. Andiamo verso i dispositivi di
illuminazione, che di notte danno la possibilità di vedere chi abbiamo davanti. Non
dimentichiamoci della comunicazione, alla quale voglio dedicare i pochi secondi che ho
ancora davanti.
Qualcuno diceva che possiamo modificare i comportamenti con la comunicazione.
Termino con l'esempio della tangenziale di Napoli: in quest'aula ci sono magistrati, ci sono
professori e ci sono amici con i quali ho lavorato a Napoli. Comandavo allora la Stradale di
Napoli, era il 2007-2008, misura 22,8 km, nel 2009 abbiamo avuto 9 morti e 361 feriti. A
marzo del 2009 installiamo il tutor, con l'intelligenza di chi conosceva la localizzazione e i
punti di accumulo degli incidenti, abbiamo fatto un'opera di comunicazione e vi devo dire
che i verbali li abbiamo mandati entro 20 giorni, ancora prima dei termini di notifica. Chi
sbagliava riceveva a casa la notifica dell'errore. Nel 2010 abbiamo avuto 2 morti e 255
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
feriti, la solita tangenziale di Napoli. Qualcuno prima sorrideva, chiedendosi se davvero a
Napoli si può cambiare qualcosa, beh, lì il comportamento siamo riusciti a cambiarlo, il
piede lo abbiamo tolto dall'acceleratore. Forse abbiamo anche insegnato qualche cosa.
Anno 2011, dato di quattro giorni fa, quando ho preparato le slide: un morto e 212 feriti,
l'88% in meno di morti e il 41% in meno di feriti. La comunicazione, forse, sarà quella
cerniera tra le persone e una legislazione che ci auguriamo sia sempre più chiara. Grazie.
Moderatore:
Grazie al dottor Busacca. Vi prego di rimanere in aula, siamo ormai alle
conclusioni, invito a prendere posto il professor Cascetta per le considerazioni finali. Il
professor Cascetta è professore ordinario di pianificazione dei trasporti presso l’Università
degli Studi di Napoli Federico II e il Presidente del Comitato scientifico della Fondazione
Filippo Caracciolo. Prego.
Ennio Cascetta – Professore Ordinario di Pianificazione dei Trasporti presso
l'Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Presidente del Comitato Scientifico
della Fondazione Filippo Caracciolo:
Buongiorno a tutti, grazie per l'invito, la mattinata è stata ricca di spunti, più che di
conclusioni, che sarebbe impossibile spiegare, mi limiterò a fare qualche riflessione sullo
stato di salute della sicurezza stradale del nostro Paese. Abbiamo sentito più interventi che
parlavano delle misure, delle iniziative, delle cose che si sono fatte in Italia e che sono state
spinte da normative europee che chiedevano la riduzione dei morti ed interventi sulla
progettazione delle strade, farò riferimento a questo più avanti.
Insomma un'Europa che non solo in tema di economia e di finanza ci dà degli
obiettivi, ci spinge ad essere un po' migliori di quelli che siamo e rispetto alla quale,
adeguandoci, talvolta in ritardo, riusciamo a ottenere dei risultati. Si è fatto riferimento alla
Direttiva europea che richiedeva agli Stati membri, entro il 2010, il dimezzamento dei
morti, si è detto che questo obiettivo è stato sostanzialmente raggiunto in Italia. Faremo
una breve analisi di quali sono i meriti principali di questo risultato. È stato detto che c'è
una nuova direttiva che, entro il 2020, richiede un'ulteriore dimezzamento del numero dei
morti. È stato detto, lo riprendo, che è vero che si sono dimezzati i morti, ma il numero di
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
feriti e il numero di incidenti si sono ridotti molto meno del 50%. In altri termini, ci sono
un po' meno incidenti, il 10-15%, un po' meno feriti rispetto a 10 anni fa, 10-15%, molti
morti in meno, quasi il 50%. Questo già ci dice che probabilmente si è intervenuti in modo
più significativo sulla gravità degli incidenti e vedremo come; quindi il 50% di morti in
meno, ma solo il 10-15% in meno di incidenti e di feriti.
Se andiamo a vedere dove sono avvenuti questi incidenti, dove si sono avute le
riduzioni più significative, ci accorgiamo che non tutte le tipologie di strada hanno dato gli
stessi risultati. Più in particolare, i tassi di mortalità (quindi il numero di morti per 100
incidenti), sono diminuiti negli ultimi 10 anni del 46%, quindi del 50% sulle autostrade,
del 33% sulle strade urbane, solo del 26% sulle strade extraurbane. Lo stesso vale per i
feriti, dove addirittura i tassi sono aumentati. Stringendo la sostanza, i passi avanti più
importanti si sono fatti sulle autostrade, un po' meno sulle strade urbane, si è fatto molto
poco sulle strade extraurbane, che sono comunali, provinciali, regionali e statali; sono le
strade più pericolose, quelle dove avviene la massima concentrazione, ovvero il massimo
rischio di incidenti, di feriti e di morti.
Che cosa abbiamo fatto, e che cosa non abbiamo fatto in questi 10 anni in Italia?
Che cosa possiamo fare per cercare di raggiungere l'obiettivo europeo 2020, che, per la
prima volta, oltre al 50% generico di morti in meno, pone anche degli obiettivi più
specifici sui pedoni, per la prima volta sui feriti, giustamente. Dal punto di vista
economico, sebbene il morto sia ovviamente più grave dal punto di vista umano e
sentimentale, i dati europei ed italiani dicono che il danno economico per i feriti della
strada, essendo davvero molti di più, rappresenta il 75% del danno economico legato
all'incidentalità. Fa bene l'Europa dunque a imporci non solamente il 50% di morti, ma
anche il 40% di feriti in meno.
In questi 10 anni, approssimativamente, in Italia gli effetti si sono viste grazie a
diverse cose, innanzitutto ai veicoli. Io penso che quanto si è fatto nel campo dell'industria
automobilistica abbia il principale merito per la riduzione degli incidenti. Qui la pressione
del mercato globale, perché le automobili si vendono e si producono in tutto il mondo, ha
spinto le case automobilistiche ad investire molto sulla sicurezza stradale. Vi do solo un
dato: nel 2000 il 50% delle automobili che erano immatricolate aveva un indice, il Cap -,
un parametro che ci dice quanto è sicura una macchina - alto, 4 o 5, e il 50% aveva un
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
indice basso, 1, 2 o 3. L'anno scorso il 90% delle macchine immatricolate aveva un indice
alto e solo il 10% un indice basso. Ormai il consumatore e il produttore non vogliono più le
macchine meno sicure.
Che cosa significa sicurezza dell'automobile? Significa interventi sui sistemi di
sicurezza attiva, ABS, EPS e così via; sulla sicurezza passiva, ovviamente, cinture di
sicurezza, air bag, che ormai tutte le automobili hanno in dotazione. Ci sono ancora tanti
altri sistemi che si stanno cominciando ad affermare sul mercato, per esempio quello
contro i colpi di sonno, che sono tra i responsabili importanti degli incidenti, soprattutto
extraurbani. Vedete ormai le pubblicità, una volta era impensabile che un'automobile
venisse pubblicizzata perché ti costringeva a prendere un caffè. L'industria automobilistica
dunque ha fatto e farà, perché c'è una competizione mondiale per cui l'auto più sicura
vende meglio, così come prima vendeva meglio l'auto più potente, più veloce.
Gli stessi passi non sono stati fatti in altri settori. Le norme, le regole: che cosa
abbiamo cambiato normativamente, in Italia, in questi 10 anni? Ebbene, il Codice della
strada ha subìto tante modifiche, ci sono state tante dotte relazioni, non starò qui a
ricordarle. Sostanzialmente la patente a punti è stato un elemento di cambiamento di
comportamento, ha portato gli automobilisti italiani verso comportamenti più attenti al
tema della sicurezza stradale. È stato sicuramente un parametro, una modifica di regole che
ha avuto un effetto positivo. Sappiamo pure che le sanzioni che hanno sottratto più punti,
quindi quelle che in qualche modo sono state più impattate dall'introduzione della patente a
punti, sono state proprio il superamento dei limiti di velocità e il passaggio con il semaforo
rosso: due comportamenti entrambi molto pericolosi molto lesivi in termini di incidentalità.
È stata positiva dal punto di vista normativo anche la riduzione del tasso alcolemico,
anche se abbiamo ascoltato stamattina che non si è ancora del tutto perfezionato questo
provvedimento della riduzione da 0,8 a 0,5 della concentrazione massima di grammi al
litro. Anche qui potenzialmente positiva, ma non ancora attuata, la direttiva Maroni che
consente il frazionamento elettronico, automatico, di alcune infrazioni su determinati assi
di particolare pericolosità.
Dico che queste norme sono potenzialmente positive, perché ancora entrambe non
hanno visto, nella sostanza, una significativa attuazione pratica. Sul campo delle strade,
delle infrastrutture, sia in ambito extraurbano che in ambito urbano, abbiamo fatto quasi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
nulla, c’è una Direttiva europea - ancora l'Europa che ci interroga - del 2008 che impone ai
gestori delle strade, almeno di quelle che appartengono alla rete europea, alla TEN, quindi
le grandi strade nazionali, di prevedere determinate caratteristiche tecniche di
progettazione. Quando pianifico un asse stradale, devo verificare prima che quell'asse
migliorerà la sicurezza stradale, non vederlo dopo. Questo si chiama, Vis valutazione di
impatto sulla sicurezza stradale; oggi, quando progettiamo una strada, andiamo a valutare
l'impatto sull'ambiente, la famosa Via, ma non valutiamo l'impatto sulla sicurezza. Quindi
una strada può essere, in teoria, una strada che migliora l'ambiente, ma uccide più persone,
oggi è possibile.
L'Europa ci chiede, almeno per le strade di interesse europeo, che prima di
progettare e costruire una strada nuova, valutiamo l'impatto sulla sicurezza stradale. Questa
è una normativa del 2008, è stata recepita dal nostro Paese pochi mesi fa, prima in un
modo che vorrei definire timido e si potrebbero usare anche aggettivi più forti. Che cosa
significa un recepimento timido? La normativa europea diceva che queste norme potevano
essere applicate sulle strade europee, cioè i grandi assi, ma che era possibile applicarle
anche sulle altre strade. L’Italia, ovviamente, si è ben guardata dal richiedere che venissero
applicate su tutte le strade e abbiamo visto che quelle extraurbane, non autostradali, sono le
più pericolose.
L'Europa ha detto che dal 2020 in poi si potranno applicare anche sulle altre strade,
con una resistenza, in parte comprensibile, in parte inaccettabile, dei gestori delle altre
strade, che hanno temuto che, dovendo applicare una direttiva di questo tipo, aumentasse il
loro livello di responsabilità. Un comportamento, come ripeto, comprensibile dal punto di
vista amministrativo, ma ovviamente non accettabile dal punto di vista di chi ha a cuore la
sicurezza dei guidatori e dei pedoni. L’Italia, che ancora deve emanare il decreto finale,
perché c'è sempre qualche decreto successivo, dopo il quale entra in vigore la direttiva, al
momento prevede che solo per le strade della rete Ten deve essere applicata questa norma
europea, che richiede che il progetto sia verificato in termini di sicurezza nella fase di
pianificazione, nella fase di progettazione. Si chiama Road safety audit, un’analisi
dettagliata del progetto stradale, per vedere se risponde alle buone norme per la sicurezza.
Poi prevede che, in fase di esercizio, ci siano delle safety inspections, cioè delle ispezioni
sul livello di sicurezza di quella strada. Dicevo che queste norme varranno solo, al
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
momento, per le strade europee, con l'eccezione - questa mi sembra veramente tutta
italiana - delle strade previste dalla legge obiettivo.
120 miliardi di euro di investimenti stradali, quindi le strade più importanti;
ovviamente non si fanno 120 miliardi di nuove autostrade in Italia, sappiamo bene che non
abbiamo risorse per farlo, ma le autostrade nuove che si faranno, l'Aurelia, per fare un
esempio qualunque, la Brebemi, la Tibre, la Salerno-Reggio Calabria, quello che vi pare,
nei prossimi 10 anni in Italia non dovranno rispettare le norme europee sulla sicurezza
stradale. Questa mi sembra veramente una ciliegina.
Sulle strade urbane, dove ci sono tanti morti e tanti incidenti, dove tanti utenti
deboli sono colpiti, siamo decisamente in ritardo. Ci sono pochi enti locali virtuosi,
qualche Regione, qualche Provincia, qualche comune che hanno finalmente affrontato il
problema del piano urbano ed extra urbano della sicurezza stradale, che sanno dove
succedono gli incidenti, perché succedono incidenti e
quindi intervengono in funzione
degli incidenti che avvengono laddove si verificano. La gran parte dei comuni, delle
province, delle regioni però non ha nessuna informazione del fenomeno della sicurezza
stradale sulle strade di propria competenza. È vero, ci vogliono dei soldi, delle risorse per
fare questo tipo di analisi, di progettazione, su questo tono nostro minuto.
L'ultimo tema che voglio trattare, per vedere che cosa è successo in questi 10 anni
in Italia, riguarda l'uso delle tecnologie, si chiama ITS, Intelligence Transportation
Systems. Ormai anche qui c'è una norma europea che ci imporrà, come sempre, tra un
anno, entro il 2012, di adottare delle normative che consentano in modo più sistematico
l'uso dei sistemi di trasporto intelligenti sulle strade italiane. Questi sistemi hanno un
potenziale molto alto e molto sottoutilizzato. Il più significativo di questi sistemi, quello
che ha avuto gli effetti più forti, è il cosiddetto tutor sulla rete autostradale, che ha
cambiato veramente la percezione e i comportamenti degli italiani, lo ha fatto anche sulla
tangenziale di Napoli, come ricordava prima il comandante. All'epoca io ero Assessore
regionale, ho finanziato e imposto questo intervento, perché non lo si voleva fare.
Bene, i dati in nostro possesso ci dicono che il tutor sui 2000 km. di rete
autostradale su cui è stato installato, ha avuto degli effetti molto significativi: il 30-40% (si
tratta di percentuali importanti), di incidenti e di feriti in meno. Quindi funziona, anche se
le autostrade, consentitemi di dirlo da ricercatore, tengono questi dati un po' troppo vicini a
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
sé. Danno poca visibilità a come, dove e perché ha funzionato il tutor, in modo che altri
possano imparare, però statisticamente, in termini di numeri secchi della Polizia stradale, il
tutor funziona.
Ha funzionato, rompendo quelle resistenze tipiche dell'introduzione di nuove
norme, di nuove regole, di nuove limitazioni e ormai tutti lo accettiamo, guidiamo sulle
autostrade italiane in modo diverso da come guidavamo qualche anno fa. Ebbene, a questo
punto ci si domanderebbe, dal momento che il controllo della velocità media funziona, per
quale motivo non si applica laddove c'è il massimo tasso di pericolosità, cioè sulle strade
extraurbane, sulle strade statali, sulle strade provinciali. La norma lo consentirebbe, se una
strada come l'Aurelia fosse dichiarata ad alta pericolosità, sarebbe possibile su di essa,
secondo il decreto Maroni, se dichiarata tale dal prefetto, montare un sistema di controllo
medio della velocità.
Vi do solo dei numeri, quindi non esprimo commenti, li lascio a voi. L’Anas nel
2008 ha annunciato la sperimentazione di tre tutor su tre tratti autostradali in Italia, le tre
più pericolose tratte, questo intervento è finanziato al 100%: non è stato ancora montato,
dopo tre anni, uno solo di questi tutor. Adesso possiamo discutere per quale motivo, per via
della gara, per il ricorso, ma il dato è che dopo tre anni noi non sappiamo ancora, in questo
Paese, se il tutor sulle strade extraurbane ad una corsia per verso di marcia, può salvare
qualche centinaia di vite o meno. Da questo punto di vista, sulle infrastrutture, con
l'eccezione delle autostrade, si è fatto troppo poco.
Si parlava prima di incidenti pedonali, è evidente che ci sono tante misure che si
possono prendere in ambito urbano, per rendere meno insicuri gli attraversamenti, da quelli
sopraelevati all'illuminazione che è stata citata e così via. È chiaro che poi, di fronte ad un
comportamento dell'uomo nulla tiene, però statisticamente si dimostra che, sia sulle strade
urbane che su quelle provinciali, sulle strade extraurbane, sapendo come intervenire e dove
farlo, si può fare qualcosa.
La percezione del fenomeno: in questi 10 anni il fenomeno della sicurezza stradale
è cambiato nella percezione degli italiani. Qui c'è una bella indagine, ACI - Censis, che ha
chiesto agli italiani quali erano le cose più pericolose, in termini di incidentalità stradale e
gli italiani rispondono. Il 60% ritiene che la guida sotto l'uso di alcol sia la cosa più
pericolosa e questa percezione sale, da un anno all'altro aumenta. La seconda causa
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
percepita come pericolosa è quella dell'eccesso di velocità, ma diminuisce la percentuale
che percepisce l'eccesso di velocità come un fattore di pericolosità, mentre aumenta molto
la terza causa, secondo cui, per il 30% degli italiani uno dei fattori critici per la sicurezza è
l'attenzione, o meglio la disattenzione. Gli italiani sono convinti che la prima causa di
disattenzione sia l'uso dei cellulari, hanno ragione, lo sanno perché lo fanno loro per primi
e si vede dalle altre macchine quando uno sta parlando al cellulare. Chi guida vede
immediatamente che l'autista, il guidatore di un'altra macchina sta parlando al cellulare,
con o senza mani. Ci sono dei dati, delle ricerche svolte in tutto il mondo, che dimostrano
che quando si parla al cellulare, con o senza mani, i tempi di reazione si allungano del
50%. Questo significa che si guida in uno stato di minore reattività rispetto anche all'aver
fumato uno spinello, rispetto anche ad avere un tasso di alcol di 1,5 non 0,8. Noi
accettiamo tranquillamente che una quota significativa dei guidatori dei veicoli che
circolano sulle strade italiane, per alcuni minuti, o alcune decine di minuti, siano
completamente ubriachi, o sotto l'effetto di droghe leggere.
Questo è un punto delicato e impopolare, però è una di quelle cose su cui vale la
pena fare una battaglia etica, oltre che un discorso puramente tecnico.
Infine, la questione delle risorse: è evidente che fare di più richiede più risorse.
Innanzitutto richiede più cultura di chi amministra, di chi è responsabile della
manutenzione delle strade e anche da parte di chi è preposto alla sanzione, al controllo
delle infrazioni.
Però non c’è dubbio che ci vogliano più soldi, sulla sicurezza investiamo troppo
poco. Qui è stato richiamato il tema delle sanzioni amministrative, della quota che deve
essere dedicata agli interventi sulla sicurezza. È già la quota di una quota, quindi è già
poco, ma anche quel poco non è ancora attivo perché manca il famoso decreto
interministeriale. Questo Paese sta morendo di decreti mancati. Non possiamo fare altro
che auspicare che venga rapidamente conclusa almeno questa fase, che consenta agli enti
locali, alle Polizie, ai gestori delle strade di avere delle risorse da dedicare a questo settore.
Ogni morto è sempre di troppo e c’è una giusta preoccupazione del nostro Paese per
i troppi morti sul lavoro. In Italia ogni anno muoiono sul lavoro circa 1.000 persone, di cui
400 mentre sono sulla strada.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Quando si fa una gara per aggiudicare l’appalto di una costruzione pubblica o
privata, le spese per la sicurezza del cantiere sono escluse dal ribasso di gare, cioè se io
voglio vincere la gare per la costruzione di un ospedale, dimostro che mi serve un milione
di euro per la sicurezza del cantiere e quella somma è esclusa dal ribasso per la
realizzazione dell’ospedale. Giusto, si potrebbe fare così anche per la sicurezza stradale. Si
potrebbero prendere dai ribassi delle realizzazioni delle nuove infrastrutture le risorse per
fare almeno alcune delle cose di cui abbiamo parlato oggi. Grazie a tutti.
Moderatore:
Grazie al professor Cascetta che ha concluso la sessione mattutina con una
relazione dotta e validissima. Grazie anche a voi che avete avuto la costanza di seguire tutti
i lavori. Arrivederci.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
IV FORUM INTERNAZIONALE DELLE POLIZIE LOCALI
RIVA DEL GARDA, 24 – 26 OTTOBRE 2011
“Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva”
ATTI DEL CONVEGNO
25/10/2011
SESSIONE POMERIDIANA
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Sessione convegnistica sul tema
“LA SICUREZZA AMBIENTALE – UNA SFIDA PER IL FUTURO”
Moderatore Giuseppe Cesaro – Ufficio Stampa Automobile Club d’Italia:
Gli interventi di questa sessione pomeridiana dedicata alla “Sicurezza ambientale:
una sfida per il futuro”, saranno molto interessanti, forse in qualche caso anche divertenti.
Vedremo in quanti modi diversi il concetto di sicurezza si possa declinare: avremo
due interventi dedicati ai rifiuti, uno alla movimentazione transfrontaliera e l’altro agli
abbandoni, con qualche elemento di particolare interesse in relazione a degli errori nel
Testo unico ambientale rilevati da uno dei comandanti che prenderanno la parola.
Avremo un intervento che si caratterizzerà per l’analisi della SCIA in edilizia, cioè
la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Ci sarà un intervento che parlerò di incidenti
in cui sono coinvolti degli animali. L’ultimo intervento poi verterà sulle esperienze della
Polizia di Roma capitale che sottolineerà quanto il degrado ambientale e urbano spesso
possano diventare un problema di sicurezza sociale vero e proprio.
Vi presento rapidamente i relatori di oggi: Antonella Manzione, comandante della
Polizia municipale di Firenze, che si occuperà del disturbo della quiete pubblica correlato
alle attività produttive; il comandante Michele Palumbo della Polizia municipale di
Monopoli, che parlerà dell’attività di controllo territoriale a tutela urbanistico-ambientale;
l’ufficiale di Polizia municipale di Palermo, Osvaldo Busi, che si occuperà della
movimentazione dei rifiuti con riferimento allo smaltimento dei rifiuti nell’Unione
Europea; il comandante della Polizia municipale di Lioni, che parlerà dello scippo ai
Comuni dei proventi delle sanzioni dell’abbandono dei rifiuti, rilevando un errore nel
Testo unico dell’ambiente; il comandante del corpo di Polizia Provinciale di Bologna,
Maria Rosaria Sannino, che si occuperà della pirateria stradale, in particolare la neointrodotta pirateria contro il mondo animale; e infine il coordinatore di sezione per i servizi
operativi di Roma Capitale, Renata Petracca, che parlerà di degrado ambientale e sicurezza
sociale.
Passiamo la parola dunque al comandante Manzione della Polizia Municipale di
Firenze.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Antonella Manzione – Comandante della Polizia Municipale di Firenze:
Buongiorno a tutti. Io devo intrattenervi su un tema che assilla tutti e riguardo al
quale non ci sono particolari soluzioni, se non dei pionierismi giuridici che vanno tentati
per contemperare le esigenze della quiete degli elettori, con le esigenze dell’imprenditoria.
Questa pioggia sembra un pochino allontanare la problematica, che si ripresenterà
costante e puntuale alla prossima primavera, con le richieste di soluzione a fronte dei
fenomeni che ora vengono denominati, perché noi siamo particolarmente esterofili, della
“movida”, in relazione ai quali ci troviamo di fronte a situazioni genericamente di attentato
alla sicurezza urbana, sostanzialmente tutti gli avventori dei pubblici esercizi che si
concentrano in una determinata zona che i nostri giovani individuano come luogo di
ritrovo, per cui non si circola più, il giorno dopo c’è un concentrato di rifiuti e
naturalmente c’è il tema specifico del disturbo della quiete pubblica. A chi ascrivere il
disturbo della quiete pubblica e come intervenire, a livello sanzionatorio e preventivo.
I temi possono essere affrontati da varie angolazioni, il primo è di tipo processualpenalistico: siamo di fronte a un fenomeno di schiamazzi che disturbano la quiete da un
numero indefinito di soggetti, che sono gli avventori di un pubblico esercizio talvolta
nemmeno agevolmente individuabile perché su una determinata strada si affaccia una
pluralità di pubblici esercizi.
La giurisprudenza penale ci aiuta se ci abituiamo a fare bene attività di polizia
giudiziaria, infatti ormai da qualche anno a questa parte – l’ultima sentenza edita a questo
proposito è la 3359 del 5 aprile 2011, Cassazione penale – si parla di responsabilità del
gestore per non aver impedito gli schiamazzi degli avventori e per non aver impedito il
disturbo causato dalle emissioni sonore provenienti dal suo locale.
Questa sentenza non è particolarmente interessante in punto di motivazione ma
contiene i richiami a tutti i precedenti in materia e spiega in modo inequivocabile che cosa
debba fare la Polizia giudiziaria per tentare di cucire addosso al gestore la responsabilità
omissiva per il disturbo causato dall’avventore.
Immaginiamo la situazione tipo: serie di chiamate in centrale operativa, si sa che è
il solito soggetto che abita sopra il bar. L’operatore risponde che non c’è la pattuglia, è
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
impegnata in altro, non si sa che fare e poi fa la relazione sulla scheda di centrale con
scritto “Arrivata chiamata per disturbo, non intervenuti per motivi di ordine pubblico”.
Come si fa, operativamente, a cercare di dare una risposta a questo tipo di
fattispecie? Bisogna cercare di motivare bene, attraverso atti di polizia giudiziaria ben fatti
e che non espongano il personale a situazioni di pericolo, che oggettivamente ci possono
essere quando il numero degli interlocutori è eccessivo.
Il personale dunque deve limitarsi a osservare la situazione per diverso tempo e poi
congelarla in quel tipico atto di polizia giudiziaria che è il verbale di accertamenti urgenti.
Quello che però va fatto capire ai nostri collaboratori è che ciò che si congela non è
soltanto la descrizione della confusione che c’è: siccome il problema vero è come attribuire
quella confusione al gestore e siccome il reato è fatto da un elemento materiale e un
elemento psicologico, bisogna cercare nel nostro verbale di accertamenti urgenti di far
emergere l’elemento della colpa, che sappiamo poter sussistere in termini omissivi solo
quando il soggetto non fa qualcosa che aveva l’obbligo giuridico di fare. Questo è il
problema vero.
Cosa si desume dall’analisi attenta della giurisprudenza di Cassazione per dare
un’indicazione operativa spicciola? Cosa bisogna cercare di cucire addosso al gestore per
poter sostenere che gli sia ascrivibile, a titolo di colpa, la responsabilità per il reato di cui al
659?
Nella maggior parte dei casi la situazione è quella di un pubblico esercizio che ha
una superficie interna piuttosto ridotta, che si colma immediatamente e tiene le porte
sistematicamente aperte. Riguardo a tale situazione voi osservate una costante osmosi tra la
clientela che sta dentro e quella che sta fuori. Inoltre assistete a quello che, in termini di
Polizia annonaria, non costituisce illecito ma è una perfetta facoltà del gestore, cioè la
vendita per asporto del prodotto che può somministrare, ovvero il suo "alibi”, quando
andate a contestargli che la gente esce con il bicchiere di plastica, si intrattiene con i clienti
fuori, entra a prenderne un altro, in un atteggiamento di costante indifferenza da parte dei
dipendenti del locale.
Questo è l'atteggiamento omissivo che può essere ascritto al gestore, per il reato di
cui al 658, secondo l'aspetto di polizia giudiziaria. Come sempre si dice occorre fare il
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
carottaggio all'orientamento della nostra giurisprudenza penale, ma noi siamo la Polizia
giudiziaria e l'unico tipo di intervento è questo, e va ben costruito.
Si dice anche poi di prendere a sommaria informazione tutto il condominio. È vero
che ci vuole molta pazienza, ma credo sia importante non dare una risposta standard al
cittadino che chiama in centrale, dicendogli che deve andare il giorno successivo a
sporgere denuncia: non funziona così, la sua denuncia lui l'ha fatta verbalmente. Se vi
dicesse che hanno ammazzato qualcuno a coltellate sotto il viadotto lo prendereste in
considerazione, spero, quindi se dice che esiste un fenomeno di disturbo siete di fronte
nello stesso modo alla rappresentazione di un fatto di reato, avete un testimone, astratta,
futura persona offesa, e dovete andarlo a prendere a sommarie informazioni.
Siccome non fa piacere a nessuno essere coinvolti nella farraginosità del processo
penale, andarlo a prendere a sommarie informazioni significa anche responsabilizzarlo e
questo vale certo per il problema di cui parliamo oggi ma anche per tutti i fenomeni di 659:
per esempio la vecchietta che si lamenta del cane che abbaia nell'appartamento vicino e si
aspetta che vuoi, da mediatori sociali, siate in grado o di strozzare il cane o il proprietario o
ancora di portare a spasso il cane in modo tale che non abbai. L'ultima cosa che le viene in
mente è che stia facendo un'attività di polizia giudiziaria al riguardo.
Questo serve a confezionare bene il 659, attorno al quale diamo altre notazioni di
diritto, di contorno, non da poco: si tratta di un reato di pericolo, il che significa che per
potersi configurare un 659 occorre che la situazione sia idonea a disturbare un numero
indeterminato di persone. Anche questa indicazione, apparentemente banale, che ci viene
dai giudici di legittimità, è importantissima, perché il disturbo concreto e potenziale di una
persona sola non attiene all’ambito penale di tutela, ma alla causa civilistica.
Il codice civile, in particolare l’articolo 844, divieto di immissioni, contiene delle
limitazioni, perlomeno sulla carta, e dà i rimedi a fronte dei quali la vostra risposta deve
essere di rivolgersi a un avvocato.
Un problema di miglioramento della nostra operatività oggettivamente si pone e
queste sono le poche indicazioni che si possono dare, andando a vedere com'è costruito
dalla giurisprudenza di legittimità il reato di cui al 659. Questo però è solo un aspetto del
modo di affrontare i fenomeni di disturbo della quiete.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Ci sono poi le cosiddette risposte immediate, cioè al comitato cittadino che abita in
quella determinata zona, il fatto che voi rispondiate di aver fatto l'impossibile, di aver fatto
una bellissima attività di polizia giudiziaria, di aver relazionato alla procura della
Repubblica, senza che accada nulla, ovviamente interessa poco, perché loro vorrebbero che
voi con il napalm disintegraste tutti gli avventori.
Rimanendo invece sul piano strettamente giuridico, quali sono le possibili
conseguenze di una notizia di reato ben costruita e in che misura il Comune ha dei rimedi
amministrativi preventivi o sanzionatori a fronte di questo accertamento? La faccenda qui
apparentemente si complica e dico apparentemente perché il primo aspetto, sul quale prima
si insisteva molto, è la possibilità di intervenire con un'ordinanza ex articolo 54, motivata
da esigenze di sicurezza urbana.
Non voglio parlare dell'articolo 54 nella sua accezione generale di sicurezza urbana,
ma l'articolo 54 del Testo unico degli enti locali contempla anche un comma specifico che
prende in specifica considerazione la limitazione dell'orario delle attività produttive e mette
questa norma all'interno di una disposizione che attiene alla tutela della sicurezza urbana e
che quindi non va confusa con il potere di ordinanza di regolamentazione degli orari di cui
all'articolo 50 del medesimo Testo unico degli enti locali.
Faccio questa distinzione, perché se ci si diverte a spigolare tra la giurisprudenza
amministrativa ci si accorge che molte sentenze di limitazione degli orari non hanno retto
in punto motivazionale perché si è fatta confusione fra l'uno e l'altro tipo di provvedimento.
Chiarito questo, ora rimane l'altro problema, cioè quello che prima dell'intervento della
Corte costituzionale sull'articolo 54 avevamo bypassato, intervenendo con ordinanza
ordinaria, con la limitazione dell'orario.
Oggi non lo si può più fare e l'unico rimedio che ha astrattamente il Comune è
un'ordinanza che deve essere di tipo contingibile e urgente. Anche questa è un'indicazione
operativa non da poco, perché se il reclamo si protrae da un anno o addirittura è una
situazione consolidata nel tempo, in relazione alla quale la Polizia municipale riferisce
all'ufficio sviluppo economico all'interno dell'ente, che sarà proposto a curare l'istruttoria di
quel determinato provvedimento, rigorosamente a firma del Sindaco, è evidente che sono
venuti meno i presupposti della contingibilità e dell'urgenza che ormai sono richiesti e il
provvedimento non può reggere sul piano della sostenibilità giuridica.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
In effetti a questo proposito sono interessanti tutte le oscillazioni e i dibattiti
giurisprudenziali che vertono su questo aspetto.
Attenzione a un'altra cosa: alcuni Comuni hanno tentato un'altra strada, anche
questa a livello preventivo. Hanno provato a inserire nel regolamento, ad esempio di
Polizia urbana o comunque lo si denomini, una sorta di obbligo di attivazione, cioè quello
che io vi ho descritto come fonte della responsabilità penale del gestore, codificandolo a
monte, cioè hanno scritto che il gestore deve farsi carico di evitare che gli avventori
stazionino davanti al locale.
Paradossalmente, se questo regolamento non è stato impugnato – e non è detto che
non lo sia nel momento in cui andate a verbalizzare la violazione, visto che sapete che si
può impugnare un provvedimento amministrativo anche attraverso un suo atto attuativo –
se dovesse andare a giurisprudenza amministrativa, posso dirvi che purtroppo la
giurisprudenza consolidata è in senso contrario a questo tipo di provvedimenti, perché
parte dal presupposto che non si possa far gravare, a livello di regola generale, la
responsabilità sul gestore dandogli funzioni di ordine pubblico.
Io
addirittura
avevo
portato
alcune
sentenze,
delle
quali
una
attiene
all'annullamento, in sede di ricorso straordinario al capo dello Stato, di un regolamento
adottato in materia di pubblici esercizi di somministrazione, dal Comune di Lucca e, in
questo caso, è stato annullato proprio facendo leva su questo principio.
Altro è individuare la responsabilità singola che attiene all'attività di polizia
giudiziaria o presumerla in una norma a carattere generale che magari neanche rispetta i
criteri di tassatività. Questo per mettere da parte l'articolo 54, che comunque ci dà spazio a
tutti i livelli, ivi compresa la limitazione singola dell'orario del pubblico esercizio, purché
si tenti di motivare.
Il Consiglio di Stato comunque ha dato un'altra indicazione importante: ha detto
che se l'ordinanza di limitazione dell'orario è fatta bene, cioè è motivata, ad esempio sulla
pluralità dei reclami. Nel caso di specie il Comune interessato era quello di Verona e c’era
una relazione della Polizia municipale, una relazione del difensore civico che accoglieva le
istanze dei cittadini che lamentavano il disturbo in quella determinata zona e una
segnalazione arrivata in Prefettura, che la trasmette per riferire su quanto effettuato. Nel
caso di specie il Comune aveva revocato il provvedimento e cambiato la disciplina degli
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
orari perché aveva adottato un protocollo d'intesa con le categorie commerciali, arrivando a
una situazione di tipo diverso, anche in termini di presupposti di fatto.
Il Consiglio di Stato dice che, se è motivata bene, viene meno comunque l'incubo
che paralizza le mani di chi istruisce l'ordinanza per la firma del Sindaco, risarcitorio
conseguentemente all'asserita illegittimità dell'atto che sta nell'avvenuto annullamento.
Fino a qualche tempo fa c'era un altro rimedio, al quale vi accenno perché se si fa
formazione si tenta di farla a 360° e, perlomeno, sappiamo interloquire con i nostri
amministratori che periodicamente ci pongono questo problema, facendo comprendere la
complessità giuridica nazionale di questa tematica, che non sempre nasce da una nostra
mancata voglia di risolvere i problemi.
L'altra questione nasce dunque dal tipo di strumenti di polizia amministrativa che
ha l’ente per incidere sul titolo di legittimazione. Qui si apre una voragine, perché dipende
dal tipo di fonte che ha causato il disturbo. Noi stiamo parlando di un disturbo cagionato
dagli avventori e, nel nostro esempio, si tratta di un pubblico esercizio di somministrazione
di alimenti e bevande.
Aprire questa parentesi ci comporterebbe il domandarci se oggi, a ultima modifica
dell'articolo 19 della legge 241 del 1990, attuata della manovra finanziaria di settembre,
quindi dalla legge 148 del 2011, abbia ancora senso parlare, in relazione a questo tipo di
attività, di un titolo di legittimazione denominabile “autorizzazione di Polizia”.
Voi sapete che l'articolo 19, nel riscrivere la normativa sulla SCIA, ha detto
chiaramente, recependo le indicazioni che venivano dall'indicazione della sentenza del
Consiglio di Stato, dal punto di vista del diritto inattaccabile e quindi molto facile da
commentare in cattedra, che dal punto di vista della pratica le attività assoggettate o
assoggettabili a SCIA sostanzialmente sono libere, perché la SCIA non è un titolo di
legittimazione ma un'assunzione di responsabilità da parte del privato che dice che “questa
cosa io lo faccio perché sono in possesso di tutti i requisiti, nel caso di specie igienicosanitari oppure urbanistico-edilizi, che la normativa mi richiede”.
Sotto il profilo del nostro approccio al tema questo diventa deflagrante perché si
scontrano le esigenze degli uffici, che ragionano per favorire la liberalizzazione, anche
perché tutti i testi usciti nella frenetica estate del 2011 hanno detto che un parametro di
virtuosità del Comune è quello di garantire la liberalizzazione delle attività economiche e
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
figuriamoci se si vuole arrivare a un'interpretazione restrittiva e dire che questo tipo di
attività non sono assoggettate a SCIA. Ma nel momento in cui si ammette che sono
assoggettate a SCIA purtroppo cade l'aggancio normativo che prima avevano chiarissimo,
che stava nell'articolo 152 del regolamento di esecuzione TULPS, che diceva che in questo
tipo di materia, anche se si rilascia un titolo, comunque denominato, previsto ad esempio
da una legge regionale, questo vale anche come autorizzazione di pubblico esercizio.
Questo ci consentiva di ragionare in termini di possibilità di sospensione o revoca
del titolo, per abuso dello stesso, cioè di applicare la norma di cui all'articolo 10 del
TULPS, peraltro norma che con poco coraggio si è voluta perseguire, ma che era davvero
la cartina di tornasole di tutti i nostri problemi. Il concetto dell'abuso del titolo è un po' lo
stesso dell'uomo da bar quando parla di abuso della divisa, cioè non siamo di fronte ad una
sanzione accessoria che risponde ai principi di legalità, per cui se hai commesso questa
violazione deve pagare, ma siamo di fronte a un atteggiamento che viola delle norme, viola
l'ordinamento giuridico, e a fronte del quale l'ordinamento giuridico risponde con una
misura cautelare particolare, ovvero la sospensione o revoca.
Ci sentiamo di sostenere oggi la stessa cosa, a liberalizzazione professata e ad
attuazione dell'articolo 19? Se fossi anche il dirigente dell'ufficio commercio, come sono
da oggi, forse avrei qualche piccolo problema in questo senso. Sarebbe stato molto più
facile che potrebbero sorprende o revocare cercando di far cessare l'attività sfruttando
l'articolo 10. Questo ovviamente salvo e fino a quando qualcuno, compreso il ministero,
non ci dirà, come è stato fatto in passato, che queste attività continuano ad avere anche una
valenza "di polizia".
D'altro canto da ultimo, non in epoca particolarmente passata, ce l'aveva detto il
decreto legislativo 59 del 2010, in recepimento della Bolkenstein: “questo tipo di attività
sta ancora anche nelle autorizzazioni di polizia”. Ora siamo un po' confusi, nelle more di
maggiori chiarimenti e per non rischiare di essere tacciati di scarso virtuosismo per non
aver liberalizzato le attività sul nostro territorio, suggerirei un'interpretazione davvero più
cauta.
Quali sono i rimedi, tolto l'articolo 54 e se non si ha il coraggio pionieristico di
continuare a sostenere l'articolo 10?
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Qui il tema ritorna alla Polizia municipale, cioè a quei pochi audaci che – non la
sera stessa, cosa che sconsiglierei dato che non uscirebbero vivi dall'intervento – ma a
seguire propongano, tentino un sequestro preventivo di iniziativa, ancora nell'ambito del
codice di diritto penale, articolo 121 del codice di procedura penale.
L’articolo, dato che è una misura cautelare particolarmente forte e, se assunto di
iniziativa, particolarmente responsabilizzante – non in termini risarcitori, perché è soggetto
a doppia convalida – ma impone a monte di aver costruito l'attività e gli atti di polizia
giudiziaria in maniera davvero ben fatta, tornando quindi a un verbale di accertamenti
urgenti ben costruito, a sommarie informazioni ben fatte eccetera.
Chiudo con un richiamo: attenzione il 321 talvolta viene attuato solo sulla fonte di
emissione sonora, talvolta può avere ad oggetto l'intero locale ed è molto bello quando sui
nostri siti alcuni studiosi commentano "ammesso il sequestro preventivo del locale", ma
bisogna vedere chi ha avuto il coraggio di farlo. Il locale è inteso come mezzo per
commettere il reato ed è sequestrato per impedire che il reato venga portato a ulteriori
conseguenze, ma attenzione perché non dobbiamo dimenticare che l'esecuzione di un
sequestro preventivo effettuato su un bene immobile, così come su un bene mobile
registrato, ai sensi del 104 delle disposizioni di attuazione, impone anche la trascrizione ai
registri immobiliari, con una complicazione procedurale e un raccordo con la Procura, che
dia indicazioni al riguardo, davvero non da poco.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Moderatore:
Non mentivo dicendo che i temi erano interessanti e in questo caso addirittura
avvincenti, sebbene la materia sia complessa.
Più volte dal comandante Manzione è stata citata la SCIA, che è il cuore
dell'intervento del comandante della Polizia Municipale di Monopoli, Michele Palumbo.
Michele Palumbo – Comandante della Polizia Municipale di Monopoli:
Buonasera a tutti. Introduco un argomento sicuramente non nuovo della Polizia
municipale: i controlli in termini di polizia edilizia.
Per tutti gli addetti del settore ma anche per chi non conosce nel dettaglio l'attività
della Polizia Locale, credo sia noto quanto sia differente e multiforme la nostra attività, nei
vari campi.
Abbiamo visto in tutti gli interventi quali sono i nostri ambiti di operatività, dove si
va a esplicare l'attività di controllo della Polizia Locale. Questa mattina abbiamo visto
l'ambito della Polizia stradale, che molti confondono come attività esclusiva o quasi
preponderante di un operatore di Polizia Locale, con il controllo di Polizia stradale o
magari nel controllo bagatellare del divieto di sosta all'interno dei centri abitati, mentre
invece si disconoscono tutte le attività e le altre funzioni che ci impegnano allo stesso
modo.
Tra queste, non di secondo piano ma sicuramente molto importanti per l'attività di
controllo del territorio, sono le attività nell'ambito di controllo di polizia edilizia. Si tratta
di un controllo nel quale mi sento di appuntare alcune osservazioni importanti: in alcune
città, particolarmente nei grossi capoluoghi di Provincia, sembra sia un ruolo che si vuole
sottrarre o quasi scippare alla Polizia Locale. Parlo anche per esperienze dirette:
nell'ambito della Regione Puglia in molti capoluoghi di Provincia o grosse città questo
ruolo di controllo viene sottratto alla Polizia municipale e affidato all'interno di nuclei di
vigilanza tecnica ed edilizia costituiti all'interno degli uffici tecnici, che dovrebbero
lavorare in maniera indipendente dagli organi amministrativi o magari dal dirigente tecnico
al quale, ai sensi dell'articolo 27 del Testo unico dell'edilizia, è affidata l'attività di
controllo e vigilanza del territorio. Dovrebbero avere una loro autonomia, che io però vedo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
a volte condizionata da determinati atteggiamenti o indirizzi operativi che possono essere
impartiti dal dirigente o dal funzionario responsabile del settore.
Io credo che questa autonomia, questa competenza, questa responsabilità nel
controllo del territorio, in particolare soprattutto nell'ambito dei controlli di Polizia edilizia,
debba restare una prerogativa, perché è un'attività importante per gli organi di Polizia
Locale. è importante perché noi - non credo di dire qualcosa di nuovo -, siamo quelli che
conosciamo il territorio, che viviamo quotidianamente la realtà delle nostre città, piccole o
grandi che siano, per settori di competenza e di vigilanza di cui abbiamo l'incarico nelle
disposizioni di servizio.
Credo che noi ci differenziamo da un rilievo dall'alto, fatto con gli strumenti
informatici, o di monitoraggio satellitare che oggi sono frequentemente utilizzati di altre
forze di Polizia, come dalle indagini che frequentemente vedono impegnata anche la
Guardia di finanza sul controllo del territorio, grazie ad accordi e quadri di intervento
organizzati anche con l'Agenzia delle entrate. Strumenti informatici che si limitano magari
a georeferenziare il territorio oggetto di analisi e passare poi dei dati asettici alle Polizie
Locali, che stanno sul campo e ai corpi forestali, che operano sul territorio, sui quali poi
ricade l'attività di controllo diretto. Per questo non va dimenticata, secondo me, l'attività
diretta del controllo del territorio sul campo, cioè nella zona, nell'immediatezza magari di
quelle attività illecite che si verificano durante la nostra attività di pattugliamento della
città, del territorio urbano ed extra urbano. È quella peculiarità che, come ripeto, non va
dimenticata, non va sottaciuta la sua importanza.
La Polizia edilizia: con le poche slide che riusciremo a leggere, ho voluto
rappresentare i principi cardine che dovrebbero essere alla nostra attenzione. La Polizia
edilizia vigila sull'esatta applicazione delle leggi e dei regolamenti in materia urbanistica e
di attività edilizia. Va a prevenire e a reprimere gli abusi e le violazioni da parte dei privati,
diciamo che questa è una definizione di stile e riveste una duplice funzione; questo è
chiaro, o dovrebbe essere chiaro a tutti. La Polizia edilizia è l'organo di Polizia
amministrativa, con il compito di vigilare sull'osservanza degli strumenti urbanistici
comunali, ma è anche un organo con funzioni di Polizia giudiziaria. Credo sia noto a tutti,
ai sensi dell'articolo 5 della legge 65/86, la nostra legge quadro sui Corpi di Polizia
municipale. È una funzione che ci rinviene anche in via diretta dall'articolo 57 del secondo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
comma lettera b del Codice di procedura penale. Abbiamo l'obbligo poi di riferire
all'autorità giudiziaria le eventuali notizie di reato di cui siamo venuti a conoscenza durante
l'attività di vigilanza sul territorio.
La nostra funzione di Polizia giudiziaria è importantissima, perché rinviene
direttamente dalla nostra legge-quadro, poi ripresa in tantissime altre leggi regionali che
hanno fatto seguito alle modifiche al titolo V della costituzione, la famosa legge
costituzionale del 2001. Ha una funzione importante e basilare per le nostra attività sulle
quali invece continuo - credo che questo sia una cosa all'attenzione di tutti quanti - a vedere
degli scippi sulle nostre competenze da parte del legislatore, o addirittura delle circolari
ministeriali che affrontano il problema. È vero che andiamo verso un'attività di
deregulation, questo è l'indirizzo governativo ma anche comunitario, con la Bolkenstein
che richiamava Antonella Manzione prima: i numerosi indirizzi comunitari e il
recepimento delle direttive comunitarie da parte delle varie norme nazionali ci portano
verso questo quadro di deregulation.
Io credo però, non come operatore di Polizia Locale ma come cittadino, che
un'attività di controllo in particolar modo in alcuni territori, ma credo in tutta la realtà
nazionale, non vada trascurata. Il controllo di tutte le attività in maniera naturalmente
discreta ed ordinata, dovrebbe essere una delle attenzioni massime che il legislatore
dovrebbe avere. Va bene liberalizzare il più possibile le attività, ma è necessario mantenere
una forma di controllo puntuale sulle attività cosiddette “dei furbetti”, credo sia dovuta e
doverosa.
Ritengo che chiunque di noi, operatori del settore, si sia imbattuto negli
accertamenti in materia igienico sanitaria e abbia avuto magari modo di affrontare questa
problematica nel dettaglio. A nessuno di noi sarà sfuggita, soprattutto a chi lavora in
campo annonario, quindi anche, di verso, anche per l'attività di Polizia giudiziaria che si
svolge, quella competenza che ci è stata sottratta con la circolare ministeriale, dove si
diceva, in termini di notifica di DIE sanitario o di accertamenti igienici sanitari, che la
competenza rimane in capo ai nuclei specialistici dei Carabinieri o delle ASL. Nel mio
territorio, ad esempio, a questo riguardo abbiamo effettuato nel periodo estivo dei controlli
nell'ambito dei pubblici esercizi, discoteche eccetera, sui problemi attinenti più o meno
l'argomento di cui parlava prima Antonella Manzione. In questa occasione abbiamo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
riscontrato delle deficienze in termini igienico sanitari, addirittura mancata notifica della
DIA sanitaria dovuta, che richiama il Regolamento CEE 852/2004, con gli aspetti
sanzionatori previsti dal D.P.R. del 2007. Qui ci siamo scontrati con una modalità
operativa fissata dal dirigente della ASL, che, addirittura, nel nostro territorio, rifiuta
l'applicazione puntuale di un indirizzo ministeriale. La componente sanzionatoria ricade in
capo alla ASL e rimanda gli atti alla Polizia Locale che aveva eseguito gli accertamenti.
In pratica, giusto per chiarire il quadro: la famosa attività di Polizia giudiziaria a
360° che doveva interessare la nostra attività, è stata razionalizzata - non so con quale
criterio, condivisibile o meno, dal legislatore - dando la competenza in maniera specifica a
determinati settori ed uffici. Per alcuni argomenti la competenza è stata sottratta alla
Polizia Locale, però poi in tante realtà - credo che la nostra non sia diversa da altre che si
trovano in diversi territori - ci troviamo operativamente a far cadere nel vuoto tutta
quell'attività di controllo e di vigilanza che è stata posta in atto dalla Polizia Locale, perché
magari c'è scarsa coordinazione tra gli uffici interessati.
Immaginate quando questi atti tornano indietro, se magari sono passati i famosi 90
giorni dalla notifica del verbale, se non è stata contestata immediatamente la violazione al
trasgressore, quindi il decorso di tutti i termini. Io ho scelto la strada di riprendere in mano
tutta l'attività procedimentale, naturalmente verificati i termini entro i quali è possibile
proseguire il procedimento amministrativo e tornare a notificare. Qui aspetto il ricorso
della parte che eccepirà l'incompetenza della Polizia Locale a contestare e sanzionare
determinate violazioni. Spero di tirar fuori qualche indirizzo giurisprudenziale in merito,
che possa servire ad altri colleghi interessati dalla stessa problematica.
Poi non dimenticate la querelle del Sistri, che credo poi sarà affrontata anche da
altri colleghi, dove veniamo tirati fuori dall'attività di controllo delle procedure di Sistri,
limitando le attività di vigilanza e controllo a determinati organi di Polizia, tra i quali non
ci siamo. Credo sia una defaillance del legislatore, è vero che sono richieste determinate
competenze, dovrà essere possibile accedere a dei dati informatici on line per i quali non è
possibile, almeno secondo una prima impostazione della norma, la condivisione con più
forze di Polizia. Io credo proprio che in un'attività seria di controllo del territorio la Polizia
Locale non possa essere estrapolata da questo contesto di vigilanza.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Credo che queste considerazioni siano importanti nell'ambito di tutta la nostra
attività di Polizia Locale e giudiziaria e quindi, di riflesso, anche sull'attività di controllo
del territorio che ci interessa in termini di Polizia edilizia. Credo che a molti di voi non sia
sfuggita la precisazione, la previsione all'interno delle recenti modifiche in termini di legge
di bilancio emanate dal legislatore. Al fine di limitare il numero dei controlli sulle attività
commerciali, imprenditoriali, artigianali e altro, quindi perché, all'interno di questo
contesto, non prevedere le attività edilizie che si svolgono sul nostro territorio, corre
l'obbligo di non eseguire controlli indiscriminati nei confronti del cittadino, dell'onesto
cittadino che svolge le sue attività imprenditoriali, ma le stesse devono essere in qualche
modo organizzate e periodicamente stabilite dal Comune. Voi immaginate questa
previsione, la ricaduta sui nostri comuni e al loro interno, sul nostro ufficio commercio, sul
nostro Suap, che poi è lo sportello unico per l'attività produttiva, che dovrebbe, tra l'altro, a
meno che non ci siano altri indirizzi operativi da parte del Comune, ricevere e gestire i
procedimenti in materia edilizia, urbanistica ed ambientale. I nostri uffici, i nostri Suap, i
nostri uffici commercio, dovrebbero gestire, o calendarizzare, i controlli che gli organi di
Polizia devono fare nei confronti di determinate attività e soggetti. Immaginate cosa può
significare coordinare non solo la Polizia Locale, ma tutte le forze di Polizia interessate sul
territorio ad una serie di controlli. Forze di Polizia che, tradizionalmente, mantengono le
gerarchie e un'organizzazione di tipo militare, come i Carabinieri o la Guardia di finanza
per certi aspetti. Coordinare tutte queste forze di Polizia in un'attività di vigilanza del
territorio, secondo degli indirizzi - che, mi permetto di dire, qualcuno potrebbe anche
rappresentare in forma discrezionale - attuati o previsti dall'ufficio comunale, che viene
visto poi sempre con una certa diffidenza anche dagli altri organi di Polizia.
Le osservazioni quali sono? Va bene andare verso la deregulation, la
liberalizzazione delle attività, ma non va persa di vista l'attività di controllo che è
importantissima, perché in questo mondo di furbetti, di gente che cerca di bypassare le
regole usando modi non proprio pragmatici per raggiungere determinati obiettivi, credo
che l'attività di controllo sia importantissima e vada organizzata in modo serio e non
lasciata a delle norme estemporanee, che niente hanno di pratico e troveranno sicuramente
tantissime difficoltà operative per la loro attuazione.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
In queste slide ho più o meno richiamato i contenuti, quindi, tornando al nostro
discorso di Polizia giudiziaria, nell'ambito dell'attività di controllo del territorio, e a quello
di Polizia edilizia, credo sia importante tenere come riferimento determinati concetti o
previsioni da parte della normativa. Non va dimenticato il permesso di costruire che, con il
nuovo testo unico dell'edilizia, il Dpr 380/2001, praticamente fa uscire di scena la vecchia
autorizzazione edilizia, riducendo i titoli autorizzatori a due. Poi, come vedremo,
diventeranno anche più di due, con le recenti modifiche normative che sono entrate in
vigore.
Con il nuovo testo unico il legislatore ha inteso restringere l'attività autorizzatoria, i
provvedimenti autorizzatori a due sole tipologie: il permesso di costruire e la denuncia di
inizio attività. Il permesso di costruire è rilasciato dall'ufficio tecnico comunale, a firma del
dirigente, a seguito di un procedimento particolare al termine del quale verifica la
conformità dell’opera al progetto che si vuole realizzare. È relativo, così come poi viene
puntualmente definito dall’articolo 10 del testo unico dell’edilizia, obbligatorio per quegli
interventi di nuova costruzione. Per tali si intendono quelli di trasformazione edilizia
urbanistica non rientranti nelle categorie delle manutenzioni e ristrutturazioni edilizie
varie. Il permesso di costruire naturalmente ha dei termini, viene rilasciato ed entro un
anno dal rilascio il soggetto deve dare inizio alla costruzione e terminarla entro 3 anni.
Sono ammesse delle proroghe, ma sono alquanto circostanziate, motivate e valutate
attentamente dal responsabile del procedimento.
Poi la denuncia di inizio attività: qui l’ho riproposta, come vedremo è superata per
determinati aspetti. La Dia è una fattispecie residuale rispetto al permesso di costruire ed è
prevista per tutti gli interventi che non rientrano tra le attività di edilizia libera, né in quelli
presenti nell’elencazione dell’articolo 10 del
Testo unico. Poi c’è la Dia alternativa:
è una fattispecie che continua a sussistere, anche con le ultime modifiche introdotte dal
legislatore. La Dia alternativa al permesso di costruire: la cosiddetta Super Dia, che si
inventò il legislatore dopo la legge obiettivo del 2001. Rientrano in questa fattispecie anche
alcuni degli specifici interventi di cui all’articolo 10.
Superiamo questa definizione della denuncia della Dia, perché poi l’affronteremo
meglio nel dettaglio in qualche slide successiva, naturalmente se avrò il tempo di farlo. Il
DPR 380/2001, quindi il Testo Unico dell’edilizia, ha subito delle modifiche recenti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Queste sono state riprese sia dalla legge 73 del 2010 di conversione del Decreto Legge
40/2010, che ha ampliato le fattispecie e le attività di edilizia libera che erano già previste
all’articolo 6 del Testo Unico edilizio e ha distinto tra le attività totalmente libere e quelle
soggette a preventiva comunicazione di inizio lavori. Io ci tengo a rappresentare questi
concetti, perché credo che siano un aspetto basilare della nostra attività di controllo. Oggi
entrare in un cantiere dove sono in corso attività edilizie, guardarsi intorno e capire qual è
il tipo di violazione o la regolarità di quell’intervento in corso, non è un aspetto secondario.
Ci porta spesso a fare errori di valutazione che secondo me sono determinati, a volte, da
scarso approfondimento della norma.
Oggi non è più come prima, non entriamo in un cantiere e troviamo la palazzina di
3 piani, o il palazzo di 4 piani, come negli anni ‘80, completamente abusivo, senza
permesso di costruire. Attualmente dobbiamo andare a leggere nei titoli autorizzatori, che
sono presenti in cantiere (se ci sono), sul cartello esposto davanti alla recinzione, se c’è,
per vedere che cosa contiene. Dobbiamo andare a leggere gli atti che sono presso l’ufficio
tecnico e capire, nelle pieghe di quella attività, se ci sono delle irregolarità o meno. La
nostra attività, oggi, in campo edilizio, deve essere ancora più certosina e professionale, il
più possibile, perché abbiamo a che fare con imprenditori preparati, che conoscono la
normativa forse meglio di noi, o tentano di bypassare informazioni o aspetti di
quell’attività edilizia che magari possono anche essere recepiti dall’ufficio tecnico.
La nostra preparazione, la nostra capacità di distinguere, all'interno delle attività
che si svolgono, gli aspetti irregolari e quelli regolari, è importantissimo. Salvo poi andarci
a confrontare – questo è un aspetto non indifferente della nostra attività - con il modus
operandi, il modo di pensare o l'interpretazione che dà il nostro dirigente di riferimento
dell'ufficio tecnico, con il quale io ritengo vada tenuto comunque un alto profilo nel
rapporto di collaborazione e di confronto specifico e continuo su qualsiasi attività noi
andiamo a svolgere. Se manca questo feeling, questo rapporto diretto tra organo di
vigilanza - se lo rappresentiamo noi, all'interno dei nostri corpi di Polizia Locale,
nell'ambito urbanistico edilizio sul territorio - e il dirigente dell'area tecnica, che magari, ai
sensi dell'articolo 27, continua a mantenere la responsabilità in termini di vigilanza
urbanistica ed edilizia del territorio, credo non si vada molto lontani che nell'attività di
controllo. Non è infrequente che le attività di contestazione prodotte dagli organi di Polizia
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Locale, poi non trovino riscontro nelle determinazioni e nei provvedimenti assunti
dall'organo tecnico, A volte però c’è scarsa comunicazione, perché delle attività vengono
riportate, magari sulla base di precedente attività che erano state svolte sugli stessi aspetti,
sugli stessi permessi edilizi, senza confrontarsi con l'evoluzione normativa o l'indirizzo
interpretativo che l'ufficio tecnico, nell'ambito della legalità e della normativa, voglia dare
all'attività edilizia del proprio territorio.
Altre modifiche sulle edilizia sono state introdotte con la legge 122 di conversione
del decreto-legge 78 del 2000 e 10, che ha istituito la segnalazione certificata di inizio
attività, quella di cui parlavamo nell'altro intervento, che è andata a modificare l'articolo 19
della legge 241 del 90. Qui che cosa c'entra l'articolo 19 della legge 241 del 90 con i
termini edilizi? Si incastra in maniera preponderante, perché all'inizio della sua
emanazione, la sua previsione, all'interno della normativa nazionale, era stata considerata
poco attinente a modificare la normativa in campo urbanistico edilizio. Qui c'era stata una
levata di scudi da parte delle Regioni, che hanno sollevato i conflitti di competenza
costituzionale tra Stato e Regioni, quindi andare a modificare una materia il cui ambito è
riconosciuto di competenza delle Regioni, da parte dello Stato, quindi l'incongruenza di
alcune previsioni dell'articolo 19 nella normativa urbanistico edilizia. Invece qui poi si è
sviluppato un ampio dibattito dottrinale, se, nell'ambito della S.C.I.A. debbano o meno
essere considerate alcune attività previste nel Testo Unico dell'edilizia. Poi il legislatore ha
sciolto la prognosi, diciamo così, nel senso che creda tutti sia noto che quest'anno, con una
norma interpretativa inserita nell'articolo 19, la 241, a specificate chiarito che la S.C.I.A. si
applica anche in ambito urbanistico edilizio, dando, addirittura, delle definizioni specifiche
e puntuali, nell'ambito dell'articolo 19.
Qui ha scelto la tecnica di non andare ad incidere direttamente sul Testo Unico
dell'edilizia, bensì una tecnica di riflesso, cioè andare a modificare un istituto, quello della
C.I.A., previsto all'interno dell'articolo 19 della legge 241 del 90, per andare ad incidere su
una materia normativa specifica, che quella prevista dal Testo Unico edilizio. Invece non
l'ha fatto in altro ambiti, quando è andato a modificare il procedimento per il rilascio del
permesso di costruire, dove il legislatore ha modificato in maniera espressa l'articolo 34, ad
esempio, del Testo Unico dell'edilizia. Ha modificato l'articolo 20 del Testo Unico
dell'edilizia, che riguarda il procedimento amministrativo per il rilascio del permesso di
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
costruire, andandolo a ricomprendere all'interno di quei provvedimenti in cui prende vigore
l'istituto del silenzio assenso. Una cosa nuova, sulla quale noi dobbiamo iniziare a
confrontarci nel prossimo futuro, nell'immediato addirittura. Con la S.C.I.A. ha scelto la
strada della modifica in via indiretta, cioè andando a modificare l'articolo 19 della 241 del
90 poi ha inserito quel 6 bis all'articolo 19, che va a puntualizzare che nell'ambito edilizio
quel procedimento a determinate caratteristiche. È una tecnica legislativa criticabile,
sicuramente, perché lascia poca chiarezza sul campo e apre ad interpretazioni di tutti i tipi.
Il decreto sviluppo, quindi, ha inserito delle disposizioni di carattere interpretativo,
con la quale si è confermato che la S.C.I.A. - questo l'ha precisato con il decreto sviluppo sostituisca la D.I.A. per tutti gli interventi edilizi già previsti ai sensi dell'articolo 22 del
Testo Unico dell'edilizia. Conferma quindi il legislatore l'applicazione della D.I.A., quella
che dicevamo prima, la cosiddetta super DIA, alternativa o sostitutiva al permesso di
costruire e riduce, addirittura, il termine riconosciuto all'amministrazione comunale per
evitare la prosecuzione dell'attività edilizia oggetto della S.C.I.A. Da 60 giorni previsti per
il termine per l'intervento della pubblica amministrazione per tutte le segnalazioni di
certificati di inizio attività presentati alla pubblica amministrazione, per l'aspetto
urbanistico edilizio il legislatore ha voluto ridurre a 30 giorni il termine entro il quale la
pubblica amministrazione può interrompere, o sospendere la validità del provvedimento
presentato dall'utente.
Il decreto sviluppo che cosa ha fatto? Ha introdotto il silenzio assenso per il rilascio
del permesso di costruire, quello che dicevo prima, ad eccezione dei casi in cui sussistano
comunque vincoli ambientali, paesaggistici e culturali. Con l'articolo 5 ha introdotto altre
cose, importantissime, perché sottraendo più o meno ai comuni le previsioni regolamentari
che quasi tutti i comuni hanno inserito nei propri regolamenti edilizi, è andato a stabilire ex
lege quello che per il legislatore non costituisce violazione. Dice che la difformità
nell'attività costruttiva non superiore al 2% delle previsioni progettuali non costituisce
difformità, quindi nell'ambito di questo valore, del 2%, non ci sono violazioni urbanistiche
a carattere edilizio. Lo ha detto il legislatore, come norma di rango nazionale, alla quale
naturalmente non è possibile derogare in alcun modo.
Che cosa è cambiato, allora, oggi nell'attività edilizia? C’è un'attività edilizia
totalmente libera, ci sono tutti quegli interventi edilizi per i quali non è richiesto il compito
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
abitativo, né è prevista alcuna specifica comunicazione. C’è un'attività libera, edilizia,
previa, però, comunicazione di inizio attività; si tratta di quegli interventi edilizi eseguibili
senza alcun titolo abitativo, ma previa comunicazione dell'inizio dei lavori. C'è un'attività
edilizia soggetta a permesso di costruire, questo aspetto rimane, si tratta di quegli interventi
edilizi puntualmente stabiliti e previsti dall'articolo 10 del Testo Unico dell'edilizia.
Quell'attività edilizia che si può intraprendere con la cosiddetta super DIA, alternativa al
permesso di costruire, questa è rimasta nell'ambito delle previsioni normative. Poi c'è
l'attività edilizia soggetta a S.C.I.A., si tratta, in particolare, di tutti quegli interventi edilizi
non rientranti tra quelli di attività edilizia totalmente libera, di attività edilizia libera previa
comunicazione di inizio lavori, di attività edilizia soggetta a permesso di costruire o di
attività edilizia soggetta a super dia. Quindi abbiamo cinque tipologie di titoli cosiddetti
autorizzatori.
Oggi, in particolare, cosa va rappresentato? Che il privato deve assumersi la
responsabilità della regolarità dell'intervento edilizio e lo deve attestare tramite un tecnico
professionista, deve tra l'altro dichiarare che tutto è conforme alla normativa urbanistica
edilizia, oltre che ai parametri costruttivi e igienico sanitari. Non dimentichiamo che
l'articolo 19 della 241 oggi punisce, per le false attestazioni contenute all'interno della
S.C.I.A., prevedendo una sanzione fissa, cioè è diventato un delitto che prevede la
reclusione da uno a tre anni. Diciamo che ha estrapolato un contesto positivo dalle false
autocertificazioni previste dal D.P.R. 445 del 2000, in termini di autocertificazione, ma ha
previsto un procedimento sanzionatorio penale, specifico, per chi attesti, all'interno delle
S.C.I.A., false circostanze che invece non ricorrono.
Su questo, naturalmente, si svilupperà poi il dibattito dottrinale, o gli
approfondimenti sulle contestazioni e sui ricorsi che naturalmente seguiranno. La
normativa edilizia, quella prevista, l'aspetto sanzionatorio, tolto quello procedimentale
amministrativo, ma soprattutto quello penale previsto dal Testo Unico dell'edilizia, oggi,
allora, possono considerarsi superati dalle previsioni normative? Io credo che rimangano
comunque ferme, questo lo dice anche il legislatore in quell'articolo 19 della 241, quando
parla di S.C.I.A. in campo edilizio urbanistico ed edilizio; rimangono comunque valide
tutte le previsioni sanzionatorie contenute all'interno del Testo Unico edilizio. Qui credo
che il dibattito poi assumerà aspetti rilevanti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
La maggiore responsabilità è quella che vi ha rappresentato prima, diciamo che
sono tantissime poi le schede che avevo preparato, ma non c'è il tempo per illustrarle, vi
invito poi magari ad acquisire il file per approfondirle meglio. Grazie.
Moderatore:
Grazie Comandante, la complessità delle tipologie di controllo evidentemente la
dice lunga sulle difficoltà del lavoro della Polizia, quando deve controllare. Il terzo
intervento del pomeriggio, cambia ancora una volta il quadro, il tema di riferimento,
diventa: “La movimentazione transfrontaliera dei rifiuti con riferimento allo smaltimento
dei rifiuti nell'Unione Europea”. L'ufficiale della Polizia Municipale di Palermo, Osvaldo
Busi, ce ne parlerà.
Osvaldo Busi – Ufficiale della Polizia Municipale di Palermo:
Buon pomeriggio a tutti, passiamo da un settore all'altro che riguarda l'ambiente,
l'oggetto della mia relazione, del mio breve intervento pomeridiano, è anche uno stimolo su
una materia completamente nuova per le forze di Polizia Locale, ma che ritengo debba
essere sempre più oggetto di attenzione nell'ambito dei controlli, anche perché siamo in
pochi su strada. Mi riaggancio al collega che mi ha preceduto, quando diceva che ci hanno
tolto dal Sistri. È vero, ci hanno tolto dal Sistri, infatti mi dispiace che non sia presente
nessun rappresentante del Ministero dell'ambiente, se non altro la Ministra è una mia
conterranea, più volte abbiamo discusso di queste cose. Io credo che, alla fine, ci
rimettano, ma non perché ci ritengano chissà che, ma perché noi siamo necessari, con la
nostra presenza, perché ormai siamo solo, all'infuori di qualche altra forza speciale, che
non cito per una questione di campanilismo, ad essere presenti sul territorio. La tematica di
oggi è abbastanza complessa e l'ho voluta inserire in questo convegno internazionale delle
Polizie Locali, proprio perché riguarda la movimentazione dei rifiuti nell'ambito
dell’Unione Europea. È il Regolamento comunitario 1013 del 2006, che riguarda, oltre alla
movimentazione all'interno e l'Europa, in entrata e in uscita, anche la movimentazione
verso Paesi terzi, quindi fuori dallo spazio dell'Unione Europea, in attuazione di una serie
di conferenze internazionali, non ultima quella di Basilea, che è stata recepita in una serie
di ulteriori direttive e regolamenti successivi.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Come vedete, la direttiva che il Regolamento 1013 del 2006 recepisce, tra l'altro
prima c’era la direttiva 2006-12, per chi non la conosce e non è un esperto in materia, è la
vecchia Direttiva europea sui rifiuti, oggi sostituita dalla 2008/98 che tutti conosciamo
all'interno del Testo Unico ambientale e siamo già giunti alla sesta revisione. Ho voluto
tracciare l'intervento di oggi solo sugli aspetti esteriori, perché è un intervento molto
tecnico, ci sono delle normative e degli allegati tecnici, rimando ovviamente alla relazione
e poi a futuri incontri specifici sul settore.
Quello che mi preme far osservare oggi all'uditorio sono i documenti che le
pattuglie o i normali servizi di controllo debbano controllare. In particolare, da questa
statistica recente, datata 2007, è evidente come nell’ambito dell’Unione Europea la nostra
principale esportazione di rifiuti va verso la Germania, rifiuti non pericolosi 573.000
tonnellate e rifiuti pericolosi in 718.000 tonnellate, poi vengono Grecia e Olanda.
Vediamo come l'esportazione dei rifiuti principalmente riguardi 232.000 tonnellate,
con il CER, Codice Europeo dei rifiuti, 19.05.01, cioè rifiuti prodotti dal trattamento
anaerobico dei rifiuti urbani, seguiti da 375.000 tonnellate di rifiuti pericolosi che sono
sempre costituiti da rifiuti prodotti da impianti di trattamento. Questo per fornire un dato
statistico sulla movimentazione in uscita – quella entrata è più o meno la medesima – dei
rifiuti che transitano giornalmente sul nostro territorio.
Accanto a questi dobbiamo considerare anche quelli che arrivano e partono via
mare oppure sulla ferrovia. Capite dunque qual è il numero, le movimentazioni enormi e i
vantaggi economici per gli eco-furbi.
Questo dato mostra come gli importi dei traffici di rifiuti si pongano subito dopo al
traffico degli stupefacenti, pari cioè a 22 miliardi di euro all'anno. Un altro elemento
importante, per coloro che operano nel settore, è che è in continuo aumento, verso i Paesi
dell'Europa a cosiddetta economia debole, il flusso di questi movimenti di rifiuti, proprio
perché ci si avvantaggia economicamente del fatto che in questi territori le aziende che
trattano i rifiuti, oltre ad avere una manodopera a costo zero, hanno pochissime normative
ambientali da far rispettare, a fronte delle normative comunitarie che invece sono
abbastanza restrittive.
Un dato importante si può ricavare dall'Europol. Come sapete è l'Ufficio europeo di
Polizia, all'interno del quale c'è una serie di attività investigative, tra cui anche quella che
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
riguarda il traffico internazionale di rifiuti. Una statistica dell'anno scorso pone il traffico
europeo dei rifiuti al 71%, in particolare fra i cosiddetti shopping normativi, cioè i flussi di
rifiuti si indirizzano verso quelle nazioni in cui esiste un apparato sanzionatorio e penale
molto blando.
A tal proposito ricordo a tutti con la recentemente la direttiva 2008/99/CE, recepita
nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 121 del 2011, anche noi abbiamo
adeguato il nostro sistema penale ad alcune direttive comunitarie, in tema di materia
ambientale, con alcuni reati ambientali nuovi. Questo perché si tenta di uniformare, a
livello europeo, le sanzioni.
Guardate che differenza c'è fra le sanzioni penali dei 27 Stati dell'Unione Europea:
le pene vanno da tre mesi a sei anni e le sanzioni pecuniarie da € 3.000 a 850.000, con un
range notevole e disarmonico.
Ancora dalla penuria dei controlli è emerso, da un'indagine condotta in 13 porti
dello spazio europeo, che nella movimentazione rifiuti il 50% di questi movimenti e di
queste spedizioni è anormale, cioè non rispetta le norme sulle regole per il trasporto, con le
relative violazioni, sia amministrative che penali. Questo serve a dare un quadro del perché
dobbiamo porci questo problema. Vedete infatti quali attività economiche e finanziarie si
muovano dietro questo fenomeno.
Il regolamento 1013 del 2006 indirizza la sua attività in una serie di procedure
amministrative verso una serie di soggetti e per una serie di controlli. Quello che a noi
interessa maggiormente è l'origine dei rifiuti, la destinazione – recupero o smaltimento –sia
per quanto riguarda le attività di trattamento in sito, sul luogo finale o nel luogo intermedio
del rifiuto, nonché per quanto riguarda l'ambito territoriale delle spedizioni.
Vedremo che sul nostro territorio applicheremo la nostra normativa sul trattamento
della gestione dei rifiuti. Nel passaggio sul nostro territorio, oltre ad avere la
documentazione prevista dal regolamento, i soggetti che movimentano rifiuti, quindi
soggetti esteri ma anche nazionali, con rifiuti che entrano ed escono sul nostro territorio,
devono essere iscritti all'Albo nazionale gestori ambientali, devono utilizzare la
documentazione prevista dall'ambito della gestione dei rifiuti e quindi, se necessario, anche
il formulario oltre che il documento di trasporto internazionale. Inoltre, se necessario,
anche l'adeguamento al Sistri, che come tutti sapete partirà il 9 febbraio 2012.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Andando per ordine e vediamo il nostro progetto. Il sistema di spedizione è
fondamentalmente basato su due procedure, in particolare sono due e mezza. Si tratta di
una procedura di notifica, la relativa autorizzazione e poi la procedura di informazione.
Vediamo quali sono le differenze fra le due procedure: in particolare la differenza sta sulla
destinazione dei rifiuti, recupero o smaltimento, e sulla tipologia, dal punto di vista
chimico o fisico, del rifiuto: se ha certe caratteristiche rientra in un codice cosiddetto
Elenco ambra oppure verde, codici che contengono tipologie differenti di rifiuti secondo le
loro condizioni chimico-fisiche. Se siamo in presenza di Elenco ambra o di Elenco verde, a
certe condizioni non procederemo alla procedura di notifica bensì con quella di
informazione, che è molto più semplificata.
Innanzitutto abbiamo tre soggetti fondamentali nella procedura del trasporto dei
internazionale rifiuti: il notificatore, il destinatario, e le autorità interessate. Il notificatore è
il soggetto che vuole effettuare la spedizione dei rifiuti e viene individuato dal regolamento
comunitario secondo questa gerarchia: parte dal produttore iniziale per finire, se il
produttore è sconosciuto, al responsabile della movimentazione dei rifiuti, che è il
detentore. Ricordate che a monte di tutto dobbiamo essere chiari sul concetto di rifiuti. Con
il nuovo decreto legislativo 205 del 2010 il concetto di rifiuto è cambiato rispetto alla
prima versione del 152: quando facciamo un controllo di uno di questi mezzi è
fondamentale sapere se siamo o meno in presenza di un rifiuto secondo il nuovo concetto
sancito dal 183, comma 1, lettera a), del Testo unico ambientale riveduto e corretto dal 205
del 2010.
Il notificatore ha una serie di competenze e quindi redige un apposito modulo
previsto nell'ambito del regolamento comunitario, che contiene una serie di dati e, riempito
questo modulo con tutte le caratteristiche, la tipologia del soggetto destinatario e del rifiuto
stesso, viene inviato all'autorità competente di spedizione. A sua volta questa provvede a
inoltrarla all'ulteriore autorità di destinazione finale.
Il soggetto notificatore, in particolare per l'importazione e per il transito dei rifiuti
nell'ambito dello spazio comunitario, deve essere individuato nella persona fisica o
giuridica designata dal legislatore del Paese di spedizione, quindi in questo caso dall'Italia,
o dal soggetto detentore del rifiuto, nel momento in cui questo arriverà nel luogo di
destinazione finale.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Il destinatario ovviamente è il soggetto, la persona o l'azienda, che riceve nello
Stato di appartenenza il rifiuto, per destinarlo a operazioni di recupero o di smaltimento.
Le autorità interessate, i terzi soggetti partecipanti a questa attività, sono l'autorità
di spedizione, che è l’autorità dello Stato da cui parte il viaggio di spedizione, l'autorità
competente di destinazione, quella che riceve l'operazione di movimentazione rifiuti, e poi
l'autorità di transito, quella che si trova nel mezzo del viaggio, se questo interessa più Stati.
In Italia è l'articolo 194 a stabilire chi sono questi soggetti, le Province autonome o
le Regioni. L’autorità di transito è il Ministero dell'ambiente, l'autorità corrispondente
anche.
L'atto propedeutico per l'attivazione di una movimentazione rifiuti è la notifica,
quindi la prima cosa che dobbiamo fare quando intercettiamo e controlliamo questi mezzi.
Vi ricordo che le attività di controllo possono essere fatte dalla Polizia municipale prima
della zona dello spazio doganale, perché lì diventa di competenza esclusiva dell'agenzia
delle dogane o della Guardia di Finanza, lo spazio minimo deve essere a 10 km dalla zona
doganale e cinque miglia marine in caso di zona marina.
Il documento che dobbiamo controllare dunque è la notifica, copia della quale deve
essere sempre a bordo del mezzo di trasporto. Il notificatore compila la notifica scritta e la
manda all'autorità competente per la spedizione.
L'autorità competente provvede poi, a sua volta, a inoltrarla all'ulteriore attività di
transito o di destinazione. I documenti fondamentali dunque sono i documenti di notifica e
il documento di movimentazione, che segue sempre il trasporto.
Accanto a questo, vedete come il notificatore debba pagare delle garanzie
fideiussorie e/o assicurative: anche queste fanno parte dei nostri controlli, perché hanno,
secondo il classico principio che chi inquina paga, dei fini risarcitori in caso di danni
provocati dal trasporto di rifiuti.
La modifica riguarda ogni singola spedizione di rifiuti e ogni tipologia, per cui se
viaggiamo con più tipologie di rifiuti abbiamo bisogno di tanti documenti di notifica
diversi.
Accanto alla notifica abbiamo poi una notifica generale, molto più semplificata e
proceduralmente più semplice, che riguarda alcune tipologie di movimentazione rifiuti.
Intanto occorre che vi siano delle omogeneità dal punto di vista chimico-fisico delle
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
tipologie di rifiuto trasportato, se sia destinato al recupero o allo smaltimento, occorre una
periodica spedizione di questi rifiuti nello stesso destinatario e presso lo stesso impianto,
quindi una ripetitività dell'attività di spedizione. Occorre inoltre l'unicità del tragitto
seguito nell'ambito del trasporto internazionale.
Possiamo vedere la notifica attraverso questa immagine, quindi il notificatore invia
il documento all'autorità di spedizione, l'autorità di spedizione entro 3 giorni invia il
dossier competente con tutti i dati all'autorità di destinazione, se transitiamo presso un altro
Stato competente è l'autorità di transito e nel più breve tempo possibile deve inviare una
copia di ritorno al notificatore, timbrata e vidimata dall'autorità di spedizione.
A questo punto la prima fase della prassi burocratica che porta all'attivazione del
trasporto internazionale di rifiuti è compiuta. Cosa manca per partire? La vera e propria
autorizzazione da parte dell'autorità competente, infatti entro 30 giorni dalla trasmissione
della conferma, le autorità competenti, di destinazione, di transito o di spedizione, possono
prendere una delle seguenti decisioni: dare l'autorizzazione, senza condizioni; autorizzare
sotto condizione il trasporto; oppure sollevare delle osservazioni, dando dei tempi tecnici
per apportare gli opportuni adeguamenti.
Se nei 30 giorni non viene sollevata alcuna osservazione vi è la cosiddetta
autorizzazione tacita da parte dell'autorità di transito e quindi può tranquillamente partire il
trasporto.
Dopo un anno civile dal momento del rilascio, scade, quindi questo trasporto non
deve partire automaticamente il 31esimo giorno, ma ha un tempo di 365 giorni per poter
iniziare il suo movimento.
L’autorizzazione può anche essere scritta, quindi proviene da parte dell'autorità di
destinazione, ma può essere revocata quando non vi è una conformità nell'indicazione dei
documenti e nella conformazione dei rifiuti; quando non sono rispettate delle condizioni
minime imposte dall'autorità di spedizione; quando i rifiuti non sono recuperati o smaltiti
secondo le condizioni dell'impianto che li doveva ricevere e per le operazioni
conseguenziali.
I rifiuti sono stati recuperati, smaltiti secondo modalità conforme alla
documentazione autorizzatoria e nei documenti di movimentazione o nel documento di
notifica.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Questo è l'aspetto burocratico essenziale perché possa partire in maniera regolare
un trasporto di movimentazione dei rifiuti transfrontaliero.
Vi sono delle eccezioni legate ai cosiddetti rifiuti inseriti nell'Elenco verde, che non
hanno bisogno né di notifica né di un particolare aspetto burocratico: è sufficiente che
vengano inseriti in un documento di accompagnamento, se rientrano in quel determinato
Elenco verde. Ovviamente devono rispettare le condizioni che devono avvenire all'interno
della comunità, all'interno dei Paesi OCSE, oppure possono uscire dai Paesi OCSE se vi
sono ulteriori condizioni dettate dal Paese che riceve il rifiuto.
Detto questo, c'è un'ulteriore documento importante nell'ambito dei controlli. Il
certificato di avvenuto smaltimento.
Nella norma che riguarda il trasporto nazionale dei rifiuti, articolo 193, ricordate
quello che facciamo con il, FIR, Formulario identificazione rifiuti? Per un principio
comunitario inserito nell'ambito del Testo unico la responsabilità del produttore di rifiuti
dura fino a quando non torna la quarta copia firmata, datata e timbrata dal destinatario del
rifiuto. Anche questo documento serve ad avere una garanzia il soggetto che ha spedito, il
famoso notificatore, sempre per il principio della responsabilità del produttore del rifiuto,
abbia compiuto il suo ciclo completando tutte le sue fasi. Infatti questo documento attesta
il completamento delle operazioni. Inoltre ci dice che le operazioni sono andate a buon fine
e questo è un ulteriore documento che serve nell'ambito dei nostri controlli.
Sapete che è il Sistri è quel sistema di controllo informatizzato, computerizzato,
satellitare della movimentazione dei rifiuti. Nasce da un’esigenza dell'Unione Europea per
controllare la tracciabilità, ma non è un sistema esteso a tutta l'Unione Europea in questo
momento, vige per ogni singolo Stato, tant’è che la Direttiva comunitaria 2008/98/CE,
recepita nel Testo unico ambientale, istituisce l'articolo 188-ter, il Sistri, proprio sulla
sull'esplicita richiesta che viene dall’Unione Europea inserita nella direttiva 2008, proprio
per creare questa tracciabilità del rifiuto dal momento in cui parte fino a quando arriva a
destinazione.
Il sistema Sistri in questo momento è nazionale, ma sicuramente è osservato da tutti
gli Stati dell’Unione Europea, per essere poi inserito in un sistema comunitario di
movimentazione dei rifiuti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Vediamo come dovrebbe funzionare questo sistema. Attualmente non funziona, ma
viene detto nel 188-ter che le schede Sistri non sostituiscono il documento che deve
accompagnare i rifiuti, in forza del regolamento comunitario. Il documento è la notifica,
assieme al documento movimentazione rifiuti. Al momento in cui partirà il Sistri io dovrò
seguire le regole del Sistri ma anche avere a bordo ancora questi due documenti.
Vediamo i casi che si possono presentare. Uno è il caso di importazione di rifiuti
dall’estero, cioè vedo arrivare sul mio territorio un trasporto proveniente da uno Stato
straniero che interviene nel mio territorio. Il trasporto però può essere effettuato da un
soggetto iscritto al Sistri, ma anche da un soggetto non iscritto al Sistri. Vediamo quali
sono le possibilità e cosa occorre dal punto di vista documentale.
Importazione di un rifiuto dall’estero con conferimento a impianti destinati in Italia
effettuati da un’impresa di trasporti iscritta al Sistri. Chi deve fare la scheda area
movimento dati del soggetto Sistri? Sapete che occorre che un soggetto si faccia
riconoscere dal sistema Sistri e che compili la cosiddetta scheda cronologica Sistri. In
questo caso il soggetto Sistri che si fa riconoscere, creando una scheda di movimentazione
Sistri, è il primo soggetto che risulta iscritto al Sistri nel territorio nazionale. Se è una ditta
italiana provvederà a caricare questo documento nella scheda area movimentazione Sistri.
Il trasportatore dovrà inserirsi nel sistema Sistri, stampare la scheda Sistri, area
movimentazione rifiuti, caricarla attraverso il mezzo con la cosiddetta black box e la
chiavetta Usb è poi partire e recarsi all’impianto di destinazione finale, dove ovviamente
immetterà i dati sul sistema per chiudere il ciclo del controllo Sistri. Anche in questo caso,
oltre a seguire il sistema Sistri bisogna sempre avere a bordo i documenti previsti dal
regolamento 1013 del 2006.
Se, invece, non sono un soggetto Sistri, devo effettuare il trasporto avendo a bordo i
documenti previsti dal regolamento comunitario. Se opero nel territorio italiano devo
essere iscritto all’Albo nazionale gestori ambientali, articolo 212; devo avere tutta la
documentazione di trasporto prevista dalla normativa italiana e il gestore iscritto al Sistri,
quando riceverà i rifiuti dal trasportatore, entro due giorni dovrà inserire i documenti nel
sistema Sistri e il soggetto che ha trasportato i rifiuti, non iscritto al Sistri, li deve porre nel
famoso campo annotazioni del documento di movimentazione internazionale dei rifiuti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
È una questione molto farraginosa, bisogna conoscere tutte queste documentazioni
e, a maggior ragione, devono conoscerle le persone che effettuano il controllo su strada.
Altra ipotesi, legata al futuro sistema Sistri, è quella in cui i rifiuti dall’Italia vanno
verso l’estero. Può essere effettuata da una ditta di trasporti italiani iscritta al Sistri e il
sistema funziona normalmente, come per qualsiasi ditta iscritta al Sistri: il produttore di
rifiuto si inserisce nel sistema Sistri, compila la scheda area movimento cronologico Sistri,
indica quanti rifiuti e la tipologia che ha prodotto o ha generato ed entro 10 giorni deve
fare quest’operazione; in ogni caso prima che parta il rifiuto.
Quando decide di far partire propriamente il rifiuto ha un tempo minimale, quattro
ore prima nel caso di rifiuti pericolosi e poco prima o allo stesso momento della partenza in
caso di rifiuti non pericolosi, deve compilare l’area movimentazione rifiuti Sistri. Il
delegato della ditta di trasporto che sa di dover andare a prelevare quel determinato rifiuto
presso quell’azienda dovrà farsi riconoscere dal Sistri, compilare la scheda area
movimentazione Sistri, dire al sistema che due ore prima nel caso di rifiuti pericolosi sta
per andare a fare il recupero o, se si trova in presenza di rifiuti non pericolosi, poco prima
dell’inizio dell’operazione di trasporto.
Il Sistri verifica tutti questi dati, carica sul mezzo, attiva il suo black box, mette la
chiavetta e parte il viaggio. In questo caso però il sistema non segue tutto il percorso
all’estero. Come sapremo allora che questo rifiuto è andato in porto, secondo il sistema? Il
sistema della tracciabilità a questo punto diventa cieco, si interrompe, perché non avendo
un’estensione territoriale che fuoriesce dallo Stato italiano, non sapremo se il sistema
riceve tutti i suoi passaggi.
Dunque una volta che il soggetto della ditta italiana iscritta al Sistri compie
l’operazione arriva a destinazione, annoterà sulla scheda cartacea Sistri – ricordate che con
il sistema Sistri non sparisce il documento cartaceo, a bordo dovrà ancora esserci una
scheda area movimento rifiuti cartaceo, quindi i trasportatori non potranno dirvi di essere
iscritti al Sistri, che hanno solo la Usb e non hanno bisogno di documenti cartacei.
Per l’autista che porterà i rifiuti in Polonia ad esempio l’impresa di trasporto
inserirà nel sistema Sistri il dato cartaceo nel sistema informatico, per chiudere il cerchio
del movimento dei rifiuti. È una situazione abbastanza complessa.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Nel caso, invece, di rifiuti verso l’estero effettuati da una ditta non iscritta al Sistri,
il sistema segue le vecchie norme, cioè bisogna andare avanti con il documento di trasporto
previsti dalla normativa internazionale. Nel caso in cui il produttore produca dei rifiuti, se è
in Italia dovrà caricare i dati sul sistema Sistri, se la ditta di trasporto non deve essere
iscritta – perché come sapete ci sono ditte che sono obbligate a iscriversi e altre che
possono iscriversi volontariamente – segue le norme sulla movimentazione internazionale
e quindi deve adeguarsi al regolamento 1013.
Questa è la documentazione che bisogna conoscere e saper leggere, ma quando e
come fare questi controlli? La fase dei controlli ovviamente è quella più difficile, perché –
specie nel campo dei rifiuti internazionali – noi dovremmo fare questi controlli prima che
entrino negli spazi doganali, perché successivamente non abbiamo più competenza. Quindi
l’operatore di Polizia deve limitarsi a fare dei controlli accertando intanto se si è in
presenza di rifiuti, cioè l’operatore su strada in quei brevi momenti dovrà decidere se è in
presenza di un rifiuto oppure di un sottoprodotto.
Se è in presenza di un rifiuto deve conoscere le condizioni perché sia tale e se si è
in presenza di un sottoprodotto deve conoscere quali sono quei parametri. La mancanza di
un requisito consente di rientrare nella normativa dei rifiuti e viceversa, quindi chi fa questi
controlli deve conoscere bene questa normativa.
Articolo 183, comma 1, lettera a) parla del vecchio concetto di rifiuto e dice che “il
soggetto produttore di rifiuto avesse deciso di disfarsene o avesse la volontà di disfarsene”
e quindi all’elemento soggettivo bisognava unire l’elemento oggettivo, cioè che il rifiuto
doveva appartenere a un allegato A. Oggi manca l’elemento oggettivo, si tratta solo di un
elemento soggettivo: siamo noi operatori quindi, con le nostre conoscenze, che dobbiamo
stabilire se siamo in presenza o meno di un rifiuto. Non basta che ci sia il codice CER,
questo è solo un indizio.
Un altro elemento da controllare è il sottoprodotto e vi rimando a leggere il 184-bis
che ha completamente rivisto il sistema del sottoprodotto. Ricordate che potreste trovare
anche delle materie prime secondarie, con altri problemi. Come capite è un controllo molto
specialistico.
A quali norme rifarci: norma sul regolamento 1013 del 2006 e successive
variazioni, ricordo che nel 2007 sono state introdotte altre due direttive comunitarie e un
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
regolamento, che ha cambiato il modello del documento e della notifica. Il 194 del Testo
unico ambientale ci dice che bisogna essere iscritti all’Albo nazionale gestori, articolo 212,
altrimenti la ditta non può operare e si configura il trasporto illecito di rifiuti, perché manca
il diritto autorizzatorio. La prima cosa da controllare dunque è vedere, se operano in Italia,
l’iscrizione all’Albo.
Altro elemento fondamentale è che il nostro è un controllo sulla carta, su documenti
cartacei: ricordate sempre che nel campo dei rifiuti, per l’esperienza che abbiamo acquisito
sull’argomento, quasi sempre i documenti cartacei combaciano, bisogna saperli leggere.
Bisogna fare attenzione a prendere degli spunti per approfondire e vedere se è
possibile anche un riscontro visivo.
I controlli possono avvenire in fase ante e post conferimento, siano in un impianto
di recupero che in un impianto di destinazione finale di smaltimento.
Nella fase precedente al conferimento bisogna fare la verifica della documentazione
di notificazione, quindi verificare se l’atto di notifica è avvenuto in maniera regolare, se è
timbrato dalle autorità e se è conforme a quello che effettivamente è stato dichiarato.
Bisogna controllare la fideiussione, che copre una serie di aspetti, non guardandola
asetticamente ma con interesse.
Occorre fare un controllo sui rifiuti in partenza, quindi leggere la comunicazione di
partenza del rifiuto. Tutto questo è un lavoro fatto sul cartaceo.
Il controllo nella fase successiva al conferimento: controllo del formulario,
controllo del Sistri, dei registri di carico e scarico della ditta di trasporto, della
documentazione di movimentazione dei rifiuti, delle polizze fideiussorie e come sono state
svincolate. La mia attività ispettiva dunque dovrà ricostruire tutta la documentazione,
comprendendo tutte le attività, comprese quelle dell’impianto di destinazione finale o di
deposito, anche temporaneo, del rifiuto.
Occorre verificare, attraverso ulteriori attività investigative, quali possono essere
fotografie, certificati di analisi, comunicazioni con gli enti e ispezioni verbali, tutto quanto
ci possa essere utile a ricostruire la fase della movimentazione internazionale.
Il nostro purtroppo sarà sempre un controllo cartaceo e si riferisce a fatti che si sono
cristallizzati, quindi difficilmente riusciremo a cambiarli.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Infine gli aspetti penalistici, quali sono le normative di riferimento penale. Articolo
259 del Testo unico ambientale che prevede due ipotesi di reato: chiunque effettua la
spedizione di rifiuti costituente traffico illecito, ai sensi dell’articolo 26 del regolamento
259. Avevo detto che questo regolamento non esiste più, ma il nostro legislatore cita
ancora nel 2006 un regolamento che è stato sostituito dal 1013 dell’Unione Europea, una
piccola svista. Tant’è però che lo stesso regolamento, all’articolo 61, dice di fare sempre
riferimento, dove c’è scritto 259, al nuovo regolamento: questo ci permette di poter
applicare le sanzioni penali per questa materia.
Infine, si applica il 259, nella seconda ipotesi, a chi effettua una spedizione di
rifiuti. Secondo il regolamento oggi non c’è più il traffico illecito, ma la spedizione illegale
di rifiuti, secondo le norme in violazione di questi articoli, che vi farò velocemente vedere
in questa diapositiva. La pena è l’arresto fino a due anni e l’ammenda va da € 1.550 a €
6.000. La pena in caso di rifiuti pericolosi ovviamente viene aumentata.
Ci sono varie ipotesi di spedizione illegale dei rifiuti, con il vecchio traffico illecito,
riportata dall’articolo 26, comma 1, del vecchio regolamento, oggi articolo 2, numero 35,
del regolamento 1013 che prevede spedizioni illegali di rifiuti.
È una spedizione illegale di rifiuti far partire i rifiuti senza la notifica; senza la
relativa autorizzazione; con documenti falsi o false dichiarazioni, utilizzando sistemi in
frode al meccanismo; o tutta un’altra serie di problematiche.
Ultima ipotesi è l’articolo 260, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, il
solo eco-delitto nell’ambito del Testo unico ambientale, che ci permette di organizzare
un’attività investigativa molto più complessa ricorrendo anche ad attività di intercettazioni,
ulteriori situazioni, dal punto di vista Polizia giudiziaria, molto più complesse e delicate,
per arrivare anche ad attività a più ampio spettro.
Vorrei anche ricordarvi velocemente una sentenza della Cassazione del 2006, che ci
dice che dichiarare, in tema di movimentazione internazionale dei rifiuti, alcuni dati
erronei corrisponda all'attività di traffico illecito di rifiuti.
Vi ringrazio per la pazienza.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Moderatore:
Grazie dottor Busi, anche per la complessità di questi percorsi che ci ha illustrato,
che ci dicono chiaramente che a volte non si riesce ad essere onesti neanche volendo. Non
ci stupisce il fatto che il traffico di rifiuti illeciti sia secondo solo alla droga.
Credo ci sia un supporto psicologico da parte dell'ACI per persone come lei che
sono in difficoltà a relazionare su questi argomenti.
Rimanendo ancora in tema di rifiuti, il relatore che segue è il comandante della
Polizia Municipale di Lioni, Giuseppe Aiello, che tra l'altro ha individuato un errore nel
Testo unico dell'ambiente per il quale ha scritto al Ministro Prestigiacomo ma anche alle
Commissioni di Camera e Senato.
Giuseppe Aiello – Comandante della Polizia Municipale di Lioni:
Dovrei parlarvi di cose serie e la nostra speranza era che fosse presente un
rappresentante del governo, a testimonianza del fatto che la Polizia Locale non è un organo
di controllo che si limita ad applicare la norma, ma che va al di là, capisce quali sono i
problemi dell'ente locale al quale appartiene e vuole essere sempre una forza propositiva,
cercando di tirare le orecchie anche al legislatore.
Vi assicuro che in campo ambientale il legislatore combina molti guai, a causa di
distrazioni enormi. Oggi ad esempio vi dirò cosa noi, come Polizia Locale, stiamo
proponendo al governo.
Vorrei parlarvi dell'abbandono di rifiuti e mostrarvi con questo filmato cosa accade
quotidianamente nei nostri prati e fiumi e qual è il ruolo della Polizia Locale in materia.
Vedete qui un galantuomo che riversa i propri rifiuti in un fiume e va via. Il rifiuto poi lo
ritroviamo sotto forma di compost, misto a rifiuti tossici. La maggior parte di questi traffici
illeciti e di abusi avviene sotto i nostri occhi, perché oggi non si va più a delinquere, in
campo ambientale, essendo degli sprovveduti.
Io purtroppo ho la fortuna-sfortuna di avere quasi quotidianamente davanti a me
consulenti ambientali e avvocati specializzati in questa materia: una virgola cambia tutto e
poi abbiamo una legge particolare che aiuta più chi delinque che chi fa i controlli.
Perché parlare di abbandono dei rifiuti? Se tutti i rifiuti che vengono illegalmente
smaltiti fossero inseriti in un'unica area, formerebbero una piramide alta 1970 metri, con
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
una base di 3 ettari: questo è il risultato di un'indagine di Legambiente, per farvi capire
quanto è drammatico e pericoloso questo aspetto della materia ambientale.
Noi operatori addetti ai controlli abbiamo bisogno di strumenti snelli, dei prontuari.
Il Testo unico ambientale non ci permette di averli, è un codice molto veloce perché la
normativa ambientale ha degli interessi di parte da garantire: quando parlo di interessi di
parte quasi mai parlo della tutela dell'ambiente. Ogni argomento, ogni comma, tutto ciò
che si introduce nel Testo unico ambientale salvaguarda gli interessi di parte, cioè la
maggior parte di coloro i quali producono dei rifiuti in tutti i modi tentano di farli
declassare a sottoprodotti, materie prime oppure ancora non-rifiuti.
Vi confesso che io mi occupo di un piccolissimo aspetto, quello della gestione dei
rifiuti e mi accorgo di non capire nulla perché il legislatore cambia in modo talmente
veloce che dall’inizio del 2006 a oggi ci sono stati oltre 35 provvedimenti normativi diretti
di modifica, 35 leggi che hanno cambiato una legge. Solo nell'anno 2010 ci sono stati 10
provvedimenti, che addirittura hanno stravolto alcuni istituti. È veramente difficile starvi
dietro.
Il motivo per cui questo Testo unico doveva essere modificato con il tempo era già
presente nella legge delega, perché infatti doveva adeguarsi al riassetto normativo.
Vi parlo di una novità, se così ancora può essere definita, che è il decreto legislativo
205 del 2010. Parlo di questo aspetto perché è uno dei problemi che ci può riguardare nella
quotidianità dei controlli e, per l’appunto, riguarda il sistema sanzionatorio degli
abbandoni di rifiuti.
Mi avevano garantito che ci sarebbe stato un interlocutore del governo che si
poteva occupare di portare innovazione sulla normativa ambientale.
Il primo ministro, Matteoli, è stato l'artefice del Testo unico ambientale, colui che
ha voluto la riforma e l'ha seguita. Nel 2006, subito dopo il Testo unico ambientale, è
arrivato Pecoraro Scanio, come nuovo Ministro dell'ambiente, con una formazione
diametralmente opposta a quella del Ministro Mattei, che disse una cosa incredibile. Mi
telefonò e mi disse di non leggerlo più, perché l'avrebbe cambiato in pochissimi giorni. Nel
2006 Testo unico era arrivato ad aprile e a giugno-luglio ricevetti questa telefonata. Poi
andò via anche Pecoraro Scanio, cambiando molto poco, e arrivò Prestigiacomo, nuovo
Ministro dell'ambiente.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Il 29 aprile, quando è stato pubblicato il testo, mi sono accorto che c'era un errore.
Chiamai il mio amico Giuseppe Napolitano e gli dissi che avevano sbagliato a mettere le
sanzioni del Testo unico ambientale. Mi disse di tenerlo per me, perché, se nessuno se ne
fosse accorto, nel 2011 al convegno a Riva del Garda avrei potuto essere il primo e l'unico
a dire questa cosa. Ci ho creduto e adesso sono qui a dirlo.
Quando uscite di qui e vi trovate di fronte a un abbandono dei rifiuti dovete sapere
cosa fare, bisogna imparare a fare i verbali per gli abbandoni dei rifiuti.
Il sistema sanzionatorio in tema di abbandono di rifiuti è bipartitico, cioè si divide
in sanzioni amministrative e sanzioni penali. Se un soggetto privato abbandona un rifiuto
pericoloso, tossico, non viene denunciato né arrestato, non gli succede nulla, perché la
legge considera questo comportamento una mera violazione amministrativa e quindi si
applica l'articolo 255. Se invece si tratta di un ente o di un'impresa si applica l'articolo 256,
sanzioni amministrative oppure tutela penale.
Logicamente il legislatore ha ritenuto grave il comportamento commesso da una
ditta, da un ente, piuttosto che quello di un cittadino. Su questo nascono i primi problemi
applicativi: cosa fa un addetto al controllo quando trova un cittadino che si dichiara
formalmente privato, ma ad esempio abbandona copertoni? Non si deve limitare alla
semplice attestazione o al semplice fatto che si dichiari privato. Se si tratta di una ditta o
un'impresa bisogna verificare se il rifiuto viene dall'attività di un'impresa, di un ente,
oppure è un rifiuto che proviene dall'attività della propria abitazione. Questo è
fondamentale, su questo giocano moltissimo agli avvocati.
La stessa cosa si può dire nel momento in cui si coglie un pulmino di una ditta di
imprese di pulizia che abbandona una busta d'immondizia. Non si può dire che lo sta
facendo come titolare dell'impresa perché potrebbe essere la propria immondizia casalinga.
Sono piccole cose fondamentali, che molte volte non vengono applicate.
Passiamo al sistema sanzionatorio amministrativo. Mentre tutti i Vigili urbani
d'Italia a dicembre erano alle prese con tredicesima e premi di produttività per cercare di
comprare il cappotto nuovo, il legislatore ci ha fatto un regalo. Il 25 dicembre è entrato in
vigore il decreto 205 del 2010. Sostanzialmente è stato modificato il sistema delle sanzioni
per quanto riguarda gli abbandoni, sono state aumentate. Prima c'era l'abbandono da parte
di un soggetto privato, in violazione dell'articolo 192: chiunque abbandona o deposita un
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
rifiuto è soggetto ad una sanzione amministrativa. In passato la sanzione che si dava per
l'abbandono di una busta di immondizia era di € 50, nel momento in cui i rifiuti non erano
pericolosi o ingombranti. Ad esempio la vecchietta che butta il sacchetto.
I proventi, in base all'articolo 262 e 263, erano devoluti alla Provincia e la
competenza a decidere in merito era della Provincia stessa. Logicamente il Comune, nel
caso in cui si fossero dovuti togliere i rifiuti, avrebbe emanato un'ordinanza, quindi un
sistema particolare dal punto di vista della verbalizzazione, prima l’avvertenza fatta
dall’agente, subito dopo l'ordinanza e quindi eventualmente la denuncia. Tutto doveva
essere seguito per bene perché altrimenti il Comune rimuove i rifiuti con il proprio denaro
e non riesce ad avere il ristoro da parte del trasgressore.
Con il 25 dicembre c'è una grande novità, hanno cambiato le sanzioni e non di
poco. Da € 50 la busta di immondizia passa a € 600, all'improvviso. Immaginatevi di
sorprendere una vecchietta con una busta, alla quale dovete togliere € 600.
Cominciamo a parlare male di chi fa le leggi, perché questa norma si applica per i
rifiuti ingombranti e per i rifiuti non ingombranti, mentre in passato c'era una
differenziazione.
Il legislatore non ha distinto questa fattispecie, cosa che era prevista prima nella
vecchia previsione di legge. Allora, ingombranti o non ingombranti, si applicano i 600
euro, purché il rifiuto non sia pericoloso, però il legislatore ha deciso di fare il cattivo e che
cosa ci ricorda? Signori, questo è un convegno internazionale, io ho visto amici della
Sicilia, amici della Calabria, amici della Campania. Noi siamo uniti nella sventura di avere
tanta immondizia, per questo Osvaldo si è specializzato nel mandare via dalla nostra Italia i
rifiuti. Io però devo dire questa cosa, perché sono stato recentemente in una Regione
d’Italia dove ho scoperto che forse neanche i magistrati riescono a capire bene quale norma
applicare, talmente veloce è il cambiamento. Sto parlando dei territori sottoposti a stato di
emergenza, quali sono? In questo momento è la Regione Calabria ad essere sottoposta a
stato di emergenza, per i rifiuti, poi la Provincia di Palermo mentre invece la mia Regione,
la Campania, che è molto avanti in materia di rifiuti – noi siamo proprio espertissimi – ha
risolto il problema dell’emergenza. Noi non stiamo più in emergenza, da un anno e mezzo,
per legge noi non siamo più in emergenza, abbiamo quasi capito che i rifiuti non li
abbandoniamo noi per strada, qualcuno viene da altre Regioni e ci porta i rifiuti. Per punire
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
queste persone noi che cosa abbiamo fatto? La legge 1 del 2011, una legge dello Stato e
con l’articolo 7 ter ci siamo inventati un sistema sanzionatorio speciale. Che cosa abbiamo
fatto? Noi non ci troviamo in emergenza, ma se becchiamo qualcuno, lo sottoponiamo allo
stesso trattamento posto in atto in Calabria e Sicilia.
Che cosa è successo? La vecchietta che abbandonava un busta di immondizia, in
tutta Italia, dove non c’è l’emergenza, pagava 600 euro; se lo fa nei territori martoriati,
sapete quanto paga? 200 euro! Il nostro legislatore è bravo! Ci si chiede se sia mai
possibile una cosa del genere. Sì, perché sa che da noi ci sono molte immondizie e non
abbiamo troppi soldi, allora da noi tutto è rapportato alla nostra terra. Questa è una
questione illogica, da noi si dovrebbe pagare almeno il doppio! Il legislatore non sapeva
che nei territori di emergenza c’era questa norma che faceva pagare 200 euro.
Andiamo avanti, perché ve ne potrei raccontare tantissime! Nella vecchia
previsione normativa, chi abbandonava un rifiuto ingombrante e pericoloso, un privato
cittadino, pagava 206 euro. Il legislatore ha pensato che non bastassero 206 euro, che fosse
una cifra ridicola, quindi ha aumentato la cifra. Qui ha dato il meglio di se stesso! Osvaldo,
tu ti ricordi bene che le norme devono essere facilmente applicabili, il diritto
amministrativo punitivo, la 689, dice che se qualcuno viene colto in flagranza, deve
pagare, poi va a casa e finisce lì, non deve essere più disturbato, deve solo pagare. Allo
stesso modo ha agito il nostro legislatore: se un privato cittadino abbandona un rifiuto
pericoloso, è soggetto ad una sanzione enorme. Il privato cittadino che abbandonava il
rifiuto non pericoloso pagava € 600 adesso, nel momento in cui il rifiuto è pericoloso,
dovrà pagare una sanzione aumentata fino al doppio. Tutti quanti, l'indomani, dicevano che
il doppio di 600 erano € 1200, quindi eravamo pronti a fare la contestazione al soggetto.
No, signore, il legislatore voleva fare questo, nel suo intento c'era proprio questo, però si è
dimenticato l'articolo 16 della 689, che dice: il pagamento in misura ridotta, quando è
previsto il minimo e il massimo, il doppio del minimo e un terzo del massimo. Quando non
sono previsti minimo e massimo, che cosa si fa? Quando non sono previsti minimo e
massimo non si può applicare la sanzione in misura ridotta, quindi che cosa farà l’agente?
Farà l'accertamento ai sensi dell'articolo 13 del 689, contrasterà l'infrazione alla parte, dirà
che una volta ogni 100 persone ne prende una, che gli è proprio dispiaciuto prendere
quella, però, visto che ha abbandonato un rifiuto pericoloso dovrebbe pagare il doppio di €
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
600,00, però fa lo sconto. Poi trasmette il rapporto alla Provincia, che è competente in
materia e poi la Provincia chiamerà la persona, quel momento si deciderà e la persona che
è stata colta in flagranza di reato potrà decidere di pagare il doppio. Questo è.
Lasciamo perdere gli abbandoni, le sanzioni amministrative e parliamo un po’
dell'aspetto penale, perché da noi una ditta che abbandona un rifiuto è soggetta a chissà che
cosa. Vediamo se è vero. La vecchia previsione della 152 è rimasta invariata, praticamente
nel momento in cui una ditta, un'impresa, abbandona un rifiuto non pericoloso, non può
applicarsi il sistema politico amministrativo, ma ci troviamo di fronte ad un illecito penale,
sanzionato dall'articolo 256. Guardate bene: è previsto l'arresto da tre mesi a un anno e
l’ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00. Signori, è un reato contravvenzionale.
Logicamente anche il Comune dovrà fare l'ordinanza, e poi vedremo che cosa succederà
quando ci sarà l'ordinanza. La stessa cosa: il legislatore ha mantenuto sempre questa
diversificazione. Nel penale, quindi nel comportamento illecito della ditta, ha stabilito che,
nel momento in cui il rifiuto è pericoloso, sempre in virtù dell'articolo 256, aumentiamo la
pena quindi l'arresto da sei mesi a due anni e l'ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00.
Vediamo che cosa succede nei territori martoriati, Sicilia e Calabria e Campania. In
queste Regioni io ho consigliato ai comandi di Polizia municipale di dotare di 1 metro ogni
operatore che esce in strada, perché qui non parliamo di rifiuti ingombranti, pericolosi, né
se vengono commessi illeciti da parte delle ditte. Tutti coloro i quali commettono un
illecito abbandonando un rifiuto, che abbia almeno un lato di 50 cm., non subirà sanzione
amministrativa, ma diventa un reato penale, quindi è soggetto alla reclusione fino a due
anni e sei mesi e vi è l'arresto in flagranza facoltativo. Si procede, nel corso delle indagini,
a fare il sequestro preventivo del veicolo utilizzato. Guardate, io sono stato in Calabria e
mi hanno chiesto se ero sicuro di questa norma, ho risposto affermativamente mi hanno
chiesto da quando la si applica, dal 2008 ho risposto, è la legge 210 del 2008. Guardate,
questo è il rapporto che abbiamo spedito alla procura della Repubblica, lo abbiamo
denunciato in base all'articolo 256 ed il provvedimento è stato praticamente archiviato.
Va bene, parliamo invece del provvedimento in ottemperanza all'ordinanza, perché
ancora oggi qualcuno di noi, ricordando il vecchio e beneamato decreto Ronchi, denuncia
il soggetto in virtù dell'articolo 650: non ha ottemperato l'ordinanza sindacale. Non si fa
più è un reato autonomo ed è previsto praticamente all'articolo 255 comma 3: coloro i quali
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
non ottemperano l'ordinanza sindacale commettono un illecito previsto dal Testo Unico
ambientale. La denuncia sarà per non aver ottemperato l'ordinanza del sindaco e, in base
all'articolo 253 comma 3, viene riferito all'autorità giudiziaria. È previsto l'arresto fino ad
un anno. Eccoci qui, Osvaldo prima ha anticipato, perché c'eravamo messi d'accordo, lo
sforzo che ha fatto IL nostro legislatore di dare maggiore tutela all'ambiente, una tutela
penale. Osvaldo, sono fesserie! Il legislatore ha perso l'ennesima possibilità di fare questo,
non abbiamo e non diamo tutela penale. Il 16 agosto 2011 è entrata in vigore, è stata
recepita la direttiva, con il decreto legislativo 7 luglio 2011 numero 121. Che cosa fa? Tutti
si sono riempiti la bocca: finalmente oggi abbiamo una maggiore tutela dell'ambiente
perché abbiamo inserito dei reati del Codice penale.
Andiamo a vedere quali sono e controlliamo che utilità danno alla tutela
ambientale. Il nuovo articolo 727 bis, il nuovo articolo 733 bis, signori: si tratta di
distruzione e danneggiamento di habitat all'interno di un sito protetto. Ancora, l'altro
riguarda la tutela degli animali e delle specie selvatiche protette, questi sono gli unici due
articoli, le uniche due notifiche che sono state fatte. Secondo me è un decreto solo di
facciata, c'era il dovere di inserire qualcosa, lo hanno fatto, distraendoci ancora una volta
dai problemi grossi che abbiamo. Non potevano fare propaganda a qualche cosa,
all'indagine Cassiopea, che cos'è? È quello che ha ispirato il film Gomorra, forse l'unico ad
aver fatto i soldi da quest'indagine, oltre a chi ha commesso illeciti, è Saviano, ma che fine
ha fatto Cassiopea? Signore, i reati sono stati tutti quanti prescritti, 95 imputati sono stati
mandati a casa, perché non c'era modo di punirli. Sono persone che hanno avvelenato i
territori, sotterrando quintali, tonnellate di rifiuti pericolosi. Noi abbiamo, in quelle località
- io ci lavoro spesso anche come consulente - un indice enorme di morti per tumore e ciò
non è dovuto all'aria fresca del Vesuvio. L'operazione Cassiopea quindi si è chiusa con un
nulla di fatto perché i reati sono prescritti, ma capiamo anche che cosa si trova nel Testo
Unico ambientale. Signori, ci sono, nel nostro Testo Unico ambientale, solamente sei
delitti e per il resto sono tutti reati contravvenzionali. Io dico solo una cosa: se non sbaglio,
quando ho studiato per raggiungere il ruolo che ho, mi fu detto che la prescrizione nel caso
del delitto non può essere mai inferiore a sei anni, nel caso della contravvenzione quattro
anni. Due anni la fanno lunga in materia di abbandono di rifiuti nelle discariche.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Non diamo tutela all'ambiente, vi faccio questo semplice esempio: noi
immaginiamo che chi commette un abuso grave, tipo una discarica di rifiuti pericolosi, o
l’abbandono di rifiuti pericolosi, possa essere soggetto ad una pena enorme, perché noi
moralmente condanniamo queste persone. Invece no, succede proprio il contrario, signori,
se uno di voi ha fame, esce fuori di qua e prende una mela dal supermercato, è soggetto
all'articolo 624 Codice penale, che punisce chiunque, per trarre, per sé o per altri, un
ingiusto profitto, si impossessa della cosa altrui ed è punito con la reclusione da sei mesi a
tre anni, con una multa da euro 154 a 516. Vogliamo vedere che cosa succede se qualcuno
di voi prende dei rifiuti pericolosi, li mette in un campo e sopra ci fa crescere i pomodori,
poi li rivende al mercato? È una cosa che da noi è successa. Ebbene, viene punito con
l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda da € 2.600,00 a € 26.000,00, signori,
qualcosa non va nel nostro sistema, non funziona proprio. Il furto di una mela è punito in
modo diverso e più pesante dalla realizzazione e gestione di una discarica abusiva. Avrei
voluto dirlo a rappresentante del governo.
Arriviamo noi, che sappiamo tutti che se questo convegno fosse stato organizzato a
spese nostre, dei comuni, ci sarebbe forse un terzo dei partecipanti, perché (non è colpa
nostra) i comuni non hanno più soldi per mandare i Vigili in giro a fare i corsi. Io vi parlerò
di una cosa, mi assumo tutta la responsabilità, perché non c'è nessun altro che sta dicendo
questa cosa in giro per l'Italia, l’ho omologata con il copyright, quindi se avrò sbagliato mi
daranno del fessacchiotto, se sarò il primo ad aver detto questa cosa, qualcuno mi chiamerà
e che mi chiederà di convincerlo di più, o almeno si preoccupava di guardare bene.
Che cosa è successo? Ricordate il decreto Ronchi? Quando trovavamo un signore
che abbandonava un rifiuto, gli si applicava la violazione dell'articolo 14 e veniva
sanzionato, a seconda dei casi, rifiuti non ingombrante non pericolosi, in virtù dell'articolo
50 e pagava € 50,00. Se invece i rifiuti erano pericolosi e ingombranti pagava € 206,00.
Signori, quello che mi interessa dirvi è questo: i Vigili facevano un sacco di verbali, perché
i soldi andavano al Comune, erano le uniche sanzioni dove la competenza a riscuotere in
materia di tutto il decreto Ronchi, era del Comune, così come la competenza a decidere in
merito, autorità amministrativa competente, era il Comune. Logicamente il Comune
doveva poi fare l'ordinanza ed eventualmente rimuovere i rifiuti a spese proprie. Che cosa
è successo? È cambiata la norma, con il Testo unico ambientale e, all'indomani, tutti quanti
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
abbiamo scoperto che la Provincia ha un ruolo diverso in questo Testo unico, perché le
vanno i proventi ed è diventata l'autorità competente in materia, in virtù degli articoli 262 e
263.
In parole povere, mentre prima prendevamo gli unici proventi nel decreto Ronchi,
dall’aprile 2006 questi soldi per incanto sono andati alla Provincia, che è diventata
l’autorità competente.
Io provocai qualcuno più bravo di me e chiesi perché secondo loro i proventi vanno
alla Provincia, mi hanno risposto che questa ha assunto un nuovo ruolo in materia di rifiuti.
Ma a noi cosa è rimasto?
Nel Testo unico cominciai a leggere che è vero che ci hanno tolto l’abbandono dei
rifiuti ma ci hanno dato qualcos'altro, ovvero gli imballaggi in discarica. Cioè se qualcuno
va in una discarica, per gli imballaggi l'autorità competente a decidere in merito alla
sanzione è il Comune. Io ho cercato di capire quanti verbali sono stati fatti per gli
imballaggi in discarica: nessuno. Quei soldi vanno al Comune. Cosa c'entra il Comune con
gli imballaggi in discarica?
Se il Vigile si presenta in discarica, chi gestisce la discarica non lo fa entrare. È
difficile che un agente di Polizia Locale possa fare un normale controllo in discarica, è
molto più probabile che riesca a prendere qualcuno che butta l'immondizia in mezzo alla
strada.
Forse non tutti sapete che la riforma ambientale è nata nel 2004 con la legge delega
308, cioè il governo è stato delegato a fare una riforma sull'ambiente e doveva scrivere uno
o più testi con una certa scadenza. Quando si parla di leggi logicamente si parla di effetti
politici e nel 2004, nel momento in cui si è legiferato in materia, si è data la scadenza per
cui entro 18 mesi bisognava riordinare la normativa ambientale. Il Ministro Matteoli per
fare la riforma non poteva certo chiamare Peppino Aiello o un comandante della Polizia
municipale, quindi nominò 24 saggi, professori universitari e persone illustri, che
iniziarono a lavorare molto velocemente
Il 3 ottobre del 2005 questa Commissione terminò i lavori e presentò a Matteoli
cinque testi diversi. Il primo si occupava di rifiuti e bonifiche di siti contaminati, poi c'era
la difesa del suolo, l’aria e l’emissione di danno ambientale. Matteoli aveva una necessità,
quella di portare immediatamente l'iter della legge a conclusione entro aprile 2006 e quindi
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
si rese subito conto che tutti i testi non potevano reggere le varie tempistiche e le
Commissioni. Dunque fece un'operazione semplice: furono riuniti in un unico Testo unico,
700 pagine, 318 articoli, 45 allegati, all'origine.
L’errore è stato proprio questo. Andando a studiare la bozza che parlava dei rifiuti,
la numero 1, mi resi conto che all'articolo 86 c'era qualcosa che non andava, perché era il
copia e incolla dell'articolo del decreto Ronchi, identico, non era neanche stato modificato
il riferimento all'articolo 50. L'articolo 86 diceva: "È tutto competente della Provincia, fatta
eccezione per l'articolo 50". L'articolo 50, però, è diventato articolo 86 e se si fa
riferimento al 50 c'è qualcosa che non va, pensavo però che qualcuno se ne sarebbe
accorto. Il riferimento all'articolo 50 era un copia e incolla del vecchio Ronchi. Mentre
però l'articolo del Ronchi rinviava all'articolo 50 per gli abbandoni, con l'articolo 86 del
nuovo testo rinviando all'articolo 50 non c'era più il collegamento con gli abbandoni dei
rifiuti.
Nella bozza all'articolo 87 si parla dei proventi delle sanzioni, che altro non è che la
copia dell'articolo 55 e fa riferimento anch’esso all'articolo 50.
Non riuscivo a capacitarmi di questa grossissima pecca del legislatore e pensai ad
una coincidenza. Andai a leggere tutti i lavori delle Commissioni e mi accorsi che il
legislatore non poteva cambiare le competenze, perché era vietato dalla legge delega. Non
poteva sopprimere competenze e affidarle ad altri enti, perché era esplicitamente previsto
dalla legge 308.
In tutti i passaggi in Commissioni e sottocommissioni, da nessuna parte si leggeva
che la volontà del legislatore era quella di sottrarre queste competenze. Poi però mi resi
conto che non conoscevo nessuno, non sono un esperto che ha dei rapporti e vorrei
chiedere all’ANCI dov’erano: hanno sottratto i soldi ai Comuni e non se ne sono accorti.
Mandai una lettera come quella che ho mandato al Ministro e spero che da questo
palco prima o poi qualcuno possa farsene portavoce.
L'articolo 87 è la copia precisa dell'articolo del decreto Ronchi, ma a questo punto
le cose cambiano: nel momento in cui il legislatore ha dovuto molto velocemente – perché
c'erano le elezioni e c’era un’ondata di cambiamento, bisognava arrivare alla riforma
ambientale prima delle elezioni, perché si capisce quale normativa si debba fare prima o
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
quale si poteva rinviare – i cinque testi unici messi assieme hanno fatto diventare gli
articoli 86 e 87 gli articoli 262 e 263, come in una normale pratica di codifica.
Per questo motivo a noi sono state sottratte le competenze e sono stati sottratti i
proventi. Se qualcuno ha la fortuna di avere un verbale per imballaggi di scarico però ci
hanno dato quelli.
Molto umilmente da questo palco io ho preso spunto e ho mandato una lettera che
avrei voluto consegnare personalmente a un esponente del governo. L’ho inviata
all’onorevole Prestigiacomo, alla XIII Commissione permanente del Senato, all'VIII
Commissione della Camera e in più all'Associazione nazionale Comuni d'Italia, all'Unione
delle Province italiane, al Sindaco del mio Comune, che si è già fatto portavoce, e poi alla
mia associazione, la Marco Polo.
Per rimediare all'errore basterebbe modificare l'articolo 262 e noi abbiamo fatto
questa proposta: “Fatte salve le altre disposizioni della legge 24 novembre, per tutte le
violazioni è competente la Provincia, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 255,
comma 1, in relazione al divieto di cui all'articolo 192. In questo modo abbiamo riportato
la competenza al Comune.
Proposta migliorativa dell'articolo 263: “Ad eccezione delle sanzioni previste
dall'articolo 255 comma 1, in relazione all'abbandono dei rifiuti”.
Spero di aver assolto al mio compito, vi saluto e vi do appuntamento alla prossima
occasione.
Moderatore:
Grazie comandante Aiello.
È interessante, anche se non del tutto confortante il quadro che emerge. Siamo agli
ultimi due interventi. Il primo è affidato al comandante del corpo di Polizia Provinciale di
Bologna, Maria Rosaria Sanino, che si occupa di incidenti con il coinvolgimento di
animali.
Maria Rosaria Sannino – Comandante del corpo di Polizia Provinciale di Bologna:
Buona sera a tutti. Come comandante della Polizia Provinciale non so se essere così
contenta dell'errore di cui si è accorto il nostro collega.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
L'argomento che mi riguarda parla della pirateria stradale, neo-introdotta pirateria
contro il mondo animale. Rimaniamo ancora in ambito ambientale, ma facciamo un
piccolo passo indietro e recuperiamo il discorso e gli argomenti che sono già stati
ampiamente trattati questa mattina da altri colleghi, tant'è che sorvolerò su alcune parti
della mia relazione, che sono già state ampiamente trattate questa mattina.
Questa mattina infatti i colleghi hanno parlato di incidenti stradali e hanno detto che
effettivamente si riscontra una riduzione degli incidenti. A questa riduzione però non
corrisponde, ad esempio, una riduzione degli incidenti con le categorie deboli della strada,
i ciclisti e pedoni per esempio.
Mi aggrego a questo filone per dire che, nonostante la diminuzione degli incidenti
stradali, si riscontra un aumento degli incidenti stradali dovuti alla presenza di animali
sulle strade.
Quali le cause? Molteplici, tra cui riscontriamo l'aumento della fauna selvatica
perché ci sono molte norme a protezione della stessa; il cambiamento dell'ambiente e
l'aumento della rete stradale; la frammentazione dell'habitat degli animali; il fenomeno del
randagismo che in alcune realtà territoriali è molto diffuso; e l'abbandono di animali,
fenomeno che si ripresenta ad ogni estate, come sappiamo.
Per quanto riguarda la fauna selvatica è in primavera e in autunno che riscontriamo
il maggior numero di incidenti e in particolare nelle ore notturne, quelle in cui la fauna
selvatica più facilmente si muove sul territorio.
Gli animali si trovano inseriti in un mondo mutato troppo rapidamente per dare loro
il tempo di sviluppare il senso di pericolo sulle strade. Noi spesso dunque possiamo
trovarci di fronte a situazioni di questo tipo: proprio l'altro giorno mi chiamava un Sindaco
della nostra Provincia, un Comune di montagna, dicendomi che tutte le notti in piazza si
radunano dei cervi. È sicuramente un problema grave di sicurezza stradale ma anche per le
persone.
Molte sono le azioni di prevenzione, Comuni e Province pongono le apposite
segnaletiche, si sperimentano vari esperimenti di dissuasori visivi e acustici. Nella
costruzione di nuove strade e autostrade si prevedano appositi sottopassi per il passaggio
degli animali.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Per le reti, invece, c'è un doppio effetto: da una parte si impedisce agli animali di
entrare sulla carreggiata ma, se per qualche motivo l'animale è comunque entrato,
difficilmente può uscirne. È un sistema con effetti controversi.
I sistemi di prevenzione come abbiamo visto comunque non possono garantirci
completamente dal rischio di incidenti e talvolta non risulta neanche sufficiente fare
affidamento alla massima attenzione, alla tutela e al buon senso, perché comunque
dovremo sempre confrontarci con animali a volte troppo lenti, a volte troppo veloci oppure
troppo imprevedibili.
Purtroppo frequentemente abbiamo tristi epiloghi, come potete vedere dalle
immagini. Spesso quello che rimane sulla carreggiata è una semplice sagoma di un
animale.
Nella nostra Provincia le statistiche sono abbastanza allarmanti: si considera che
una parte degli incidenti non viene considerata nella statistica perché gli incidenti non
vengono denunciati. Dal 2005 al 2010 abbiamo avuto un aumento esponenziale degli
incidenti, la maggior parte dovuta ad ungulati.
Dal 2005, con 29 incidenti denunciati, passiamo al 2010, con 175 incidenti
denunciati. Probabilmente la crescita non è dovuta solo all’aumento degli incidenti, ma
anche la fatto che c’è stato un aumento delle richieste di risarcimento, perché sappiamo poi
che le Province stipulano le assicurazioni e quindi risarciscono il danno in caso di incidenti
causati dalla fauna selvatica.
Il legislatore ha dovuto, gioco forza, entrare nel vivo del problema con la riforma
operata con la legge 120 del 1010. Tra le innovazioni, appunto, il trasporto e soccorso degli
animali vittime dell'incidente stradale. Come lo fa, come si adopera, come si muove in
questa riforma? Attraverso l'integrazione degli articoli 177 e 189 del Codice della strada.
L'articolo 177 lo conosciamo tutti, riguarda la circolazione degli autoveicoli e dei
motoveicoli adibiti a servizi di polizia, antincendio, delle ambulanze, inserisce l'uso dei
dispositivi acustici e supplementari, la luce lampeggiante blu, anche ai conducenti delle
ambulanze, dei mezzi di soccorso per il recupero di animali o di vigilanza zoofila
nell'espletamento dei servizi urgenti di istituto - cosa sulla quale torneremo- individuati
con decreto. Continua poi con il concetto: "Con il medesimo decreto saranno poi
disciplinate le condizioni in base alle quali il trasporto di un animale in grave condizione di
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
salute potrà essere considerato in stato di necessità anche se effettuato da privati". Nella
prima parte si introduce l'uso del dispositivo acustico anche per i conducenti di ambulanze,
di mezzi di soccorso per il recupero di animali, nell'espletamento di questi servizi urgenti
di istituto, individuati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
Il concetto di stato di necessità, lo abbiamo visto prima: a quali condizioni il
trasporto potrà essere considerato stato di necessità? Quando ci si potrà appellare allo stato
di necessità nel trasporto ai fini di salvare un animale da un pericolo attuale di un danno
alla salute? Sarà il decreto che chiarirà tutto questo, ma a che punto è questo decreto? Il
decreto - queste sono notizie freschissime, perché io ho chiamato un paio di giorni fa il
Ministero, per fornirvi dei dati i più aggiornati possibile – è ancora in itinere, è quasi
pronto per la parte che riguarda le ambulanze e i mezzi di soccorso, ma è fermo per lo
sviluppo dei concetti di servizio urgente di istituto e stato di necessità. Tant'è che pensano
addirittura di suddividere il decreto e quindi far uscire quello per i mezzi di soccorso e le
ambulanze, mentre, invece, la parte del servizio urgente di istituto e stato di necessità è
ancora al vaglio e alla discussione. Ovviamente qui ci sarebbe, soprattutto sullo stato di
necessità, una rivoluzione di pensiero, perché voi capite che conferire uguale dignità
giuridica e sociale all'uomo e all'animale è una rivoluzione. Poi, probabilmente, si sta
valutando anche il rischio di interpretazioni eccessivamente estensive, per tutto ciò che
riguarda i servizi urgenti, la considerazione dei servizi urgenti di istituto. Il decreto non è
ancora stato emanato. Di stato di necessità si parla in varie norme, lo ritroviamo nel Codice
penale, nel Codice civile, nella legge 689 ma, ad oggi, è esclusivamente riferito alle
persone.
Passiamo all'articolo 189, che cosa ci dice di nuovo? “L'utente della strada, in caso
di incidente, comunque ricollegabile al suo comportamento - anche qui ci sarebbe qualcosa
da dire - da cui derivi danno ad uno o più animali d'affezione, da reddito o protetti, ha un
duplice obbligo: quello di fermarsi e di porre in essere ogni misura idonea ad assicurare un
tempestivo intervento dei soccorsi agli animali che abbiano subito il danno”. Prosegue
dicendo: “Le persone coinvolte in un incidente con danno ad uno o più animali di
affezione, da reddito o protetti, devono porre in essere ogni misura idonea ad assicurare un
tempestivo intervento di soccorso”. A carico dell'utente della strada, c’è un duplice
obbligo: fermarsi e porre in essere ogni misura idonea, le persone coinvolte hanno
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
l'obbligo di fermarsi. Entrambe le tipologie prevedono sanzioni amministrative, nel primo
caso a carico dell'utente, una sanzione un po’maggiore dal punto di vista economico, pari a
€ 389, nel secondo caso pari a € 78. Chi sono gli utenti della strada? Ce lo dice il Codice
della strada: pedoni, ciclisti, scooteristi, motociclisti, automobilisti. Chi sono le persone
coinvolte? Anche nei maggiori prontuari che circolano viene riportata la più ampia
estensione, cioè per persone coinvolte si intende chiunque. Lo dice anche il Ministero della
salute, lo sottolinea nuovamente il Ministro della salute: anche in questo caso ribadisce che
l'obbligo dell'intervento di soccorso spetta non solo all'investitore, ma anche a chiunque sia
coinvolto. Per chiunque cosa possiamo intendere? Il trasportato? L'eventuale testimone?
C'è la massima estensione su questo concetto.
Chiarita l'interpretazione dal punto di vista del trasgressore, andiamo ad analizzare
invece il concetto di animali di affezione, da reddito e protetto. Una prima riflessione: per
ciò che riguarda gli animali di affezione e da reddito, c'è ampia discussione in merito. Gli
animalisti, da parte loro, ovviamente apprezzano lo sforzo del legislatore e la sensibilità
dimostrata verso il mondo animale. Dall'altra parte, il mondo degli animalisti, degli
ambientalisti non è pienamente soddisfatto, perché si dice che, per quanto riguarda il
richiamo agli animali di affezione e da reddito, il soggetto tutelato non è l'animale in
quanto tale, ma l'uomo, ovvero la sofferenza dell'uomo per il proprio animaletto, o per la
perdita economica, dovuta all'animale da reddito. Questa è una discussione che abbiamo
già visto, con la legge 189 del 2004, che ha introdotto il titolo nono bis del Codice penale,
il delitto contro il sentimento degli animali. La stessa discussione si ha con gli articoli 544
bis e ter, uccisione e maltrattamento di animali: al centro della normativa non c'è l'animale
in quanto tale, ma l'interesse dell'uomo e il sentimento dell'uomo. Animali protetti: questo
invece è un interesse sovranazionale, non del singolo individuo ma dell'uomo in quanto
collettività.
Per quanto riguarda gli animali di affezione, tutto è abbastanza chiaro, sono quelli
considerati da compagnia, che vivono con l'uomo, che sono portatori di diritti di tutela
particolare, come l'abbandono, la vendita, la detenzione e in genere parliamo di cani e gatti,
qualcuno lo estende ai furetti. Lo stesso vale per gli animali da reddito, non ci sono grosse
perplessità, sono tutti quelli che vengono allevati dall'uomo per motivi economici: bovini,
ovini, suini, caprini, animali da cortile, tutti gli animali selvatici allevati.
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Quando arriviamo a parlare di animali protetti, si apre, evidentemente, la
discussione. Chi sono gli animali protetti? Sono tutte le specie appartenenti alla fauna
selvatica, sia autoctona che esotica, considerati a rischio di estinzione dalle varie norme e
convenzioni, sia nazionali che extra nazionali, oppure, seppure non a rischio di estinzione,
per l’importante ruolo che svolgono nell’ecosistema.
Se analizziamo la normativa, gli animali protetti, la normativa principe, in questo
campo, è la legge 157 del 92, nota come legge sulla caccia, che recepisce tutte le varie
convenzioni e direttive internazionali, quali la famosa convenzione di Berna del 1979, con
gli allegati.
Il legislatore, parlando di animali protetti, introducendo questa specifica di animali
protetti, ha posto un limite all'obbligo di soccorso, che escluderebbe tutte le altre specie
non protette? L'applicazione della norma comporta quindi, da parte degli operatori e degli
utenti della strada, l'individuazione delle categorie di specie degli animali. Il Codice della
strada non riporta un elenco degli animali protetti, pertanto la norma dovrà essere
interpretata. La legge 157 del 1992, norme per la protezione della fauna selvatica e per il
prelievo venatorio, per prelievo venatorio intende un'attività gestionale, qui non si parla di
caccia intesa come sport, ma di un'attività che garantisce un equilibrio ambientale.
L'articolo 1, dal titolo fauna selvatica, dice che: "La fauna selvatica è patrimonio
indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed
internazionale". L'articolo 2: “Oggetto della tutela sono le specie di mammiferi ed uccelli
dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente, o temporaneamente, in stato di naturale
libertà nel territorio nazionale”. Continua dicendo che sono particolarmente protette curioso il termine protette - anche sotto il profilo sanzionatorio, mammiferi, uccelli (poi li
elenca dettagliatamente) e tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni
internazionali indicano come minacciate di estinzione. Le norme della presente legge non
si applicano alle talpe, ai ratti, ai topi, alle arvicole.
Andiamo ad analizzare più nel dettaglio, abbiamo visto che la fauna selvatica è
patrimonio indisponibile ed è tutelata nell'interesse, ma il termine tutela e il termine
protetto sono la stessa cosa? Sono sinonimi? Il termine tutela è generico, che cosa significa
per tutela? Si intende mantenere, salvaguardare un patrimonio ed un capitale naturale. Con
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
il termine protetto, si indica proprio una categoria giuridica indicata nella legge 157, si
indica la singola specie.
Quali sarebbero le specie su cui non è stato posto l'obbligo di soccorso da parte del
Codice della strada? È possibile dire che non sono protette tutte le specie escluse dalle
precedenti leggi e direttive? Questo forse sì, analizziamo la legge 157 che ci indica due
grosse categorie: le specie protette, in cui fa rientrare quelle particolarmente protette ai
sensi dell'articolo 2 che vi ho letto in precedenza; quelle sono sicuramente specie protette e
sono elencate dettagliatamente, come particolarmente protette. Oppure le specie nei cui
confronti la caccia non è consentita, quindi le specie non cacciabili, queste sono specie
protette, non ci sono dubbi.
Sulle specie cacciabili, che cosa dobbiamo dire? Sono specie protette o no? Se
parliamo della 157, chi opera quotidianamente con questa normativa, sicuramente la
Polizia Provinciale, si confronta giornalmente con questa normativa, sa che queste specie,
le specie cacciabili, non rientrano nelle specie protette. Quindi, per le specie protette, non
ci sono dubbi sull'obbligo di soccorso da parte del conducente e delle persone coinvolte,
ma, invece, ai sensi del Codice della strada, sono escluse le specie ricomprese negli elenchi
delle specie cacciabili? Sono escluse le volpi? Sono esclusi i cervi?
Poi arriviamo ad alcuni paradossi, la nutria, ad esempio, è una specie esotica, ma è
considerata a tutti gli effetti fauna selvatica, stabilmente presente sul territorio nazionale e,
non essendo inserita nell'elenco delle specie cacciabili, a tutti gli effetti è protetta. Tuttavia,
ad esempio, nella nostra Provincia, come in tutte quelle che si affacciano sul Po, vi sono
dei provvedimenti di carattere locale che ne prevedono addirittura l'abbattimento e
l'eradicazione, ma parliamo di una specie protetta.
La normativa sicuramente ha messo in risalto una maggiore sensibilità verso il
mondo animale, però ha posto, sia l'utente della strada che l'agente accertatore, in una
posizione di difficoltà, perché bisognerebbe conoscerla molto bene, da parte di entrambi.
Se per quanto riguarda l'operatore di polizia, ovviamente, è un dovere, per l'utente della
strada è un po' più difficile conoscere esattamente tutte le specie animali e l’elenco in cui
sono inserite.
A complicare ulteriormente la problematica c’è l'eventualità che, su base locale, ad
esempio alcune Regioni, potrebbero avere escluso dai propri calendari venatori alcune
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specie, come il cervo in Puglia. In questo caso, in quel territorio, il cervo si considererebbe
protetto, a differenza di quanto avviene nella nostra regione, in Emilia-Romagna, dove il
cervo è specie cacciabile. Quale deve essere il comportamento dell'organo di Polizia
nell'ipotesi di mancato soccorso da parte del conducente di un veicolo che ha investito, ad
esempio, un cinghiale? È applicabile il Codice da strada? Il cinghiale, ai sensi della 157,
non è considerata specie protetta, ma è comunque patrimonio indisponibile dello Stato, di
conseguenza è un bene da tutelare nell'interesse della collettività. Voi capite che
abbracciare una versione o l'altra vuol dire conseguenze diverse. Ad esempio, in questo
caso, l'organo di polizia che sanzionasse l'utente della strada perché ha omesso di fermarsi
e di prestare soccorso ad un cinghiale in una regione come la nostra, ovviamente darebbe
spazio agli avvocati per eventuali ricorsi, anche con esito positivo, basandoli sul fatto che il
cinghiale non è specie protetta. Però abbiamo detto che si tratta di patrimonio disponibile
dello Stato, di conseguenza un bene da tutelare nell'interesse della collettività, infatti, al di
là del Codice della strada, le normative in materia di soccorso ci sono. Lo Stato delega le
funzioni di gestione alle Regioni, su questo tema la legge 157, all'articolo 4 comma 6
recita: "Le Regioni emanano norme in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea e
alla successiva liberazione di fauna selvatica in difficoltà. Le Regioni, a loro volta, cosa
fanno? Demandano alle Province il compito di provvedere, attraverso o propri centri, o
avvalendosi dell'attività di terzi. Le Province poi stipulano, nella maggior parte delle volte,
convenzioni con i centri di soccorso.
La nostra legge regionale, quella dell’Emilia-Romagna numero 8 del 1994,
all'articolo 6-bis, “Controllo sanitario della fauna selvatica”, dice che "la Regione emana
specifiche direttive in ordine al soccorso, alla detenzione temporanea e alla successiva
liberazione di fauna selvatica in difficoltà, nonché al funzionamento degli appositi centri
per il recupero degli animali selvatici. Tali direttive disciplinano inoltre le modalità di
consegna e segnalazione di capi di specie selvatica rinvenuti morti, feriti o debilitati".
Pertanto comunque il ritrovamento di capi di specie selvatiche, morti, feriti o
debilitati, deve essere segnalato alla Provincia territorialmente competente. La norma pone
poi l'obbligo di segnalare i trattamenti e affida alle Province il compito di attuare le
disposizioni in materia di soccorso, provvedere all'istituzione dei CRAS, Centri di recupero
di animali selvatici.
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Sulla base di queste disposizioni, il ritrovamento di capi di specie selvatiche morti,
feriti o debilitati, deve essere segnalato alla Provincia territorialmente competente e, in
caso di inosservanza e di omissione di queste segnalazioni, è prevista comunque una
sanzione amministrativa pari a € 102.
In questo caso non viene specificato se l'animale ferito in difficoltà sia stato vittima
di incidente o se la difficoltà è dovuta ad altre cause, naturali.
A chi deve essere rivolta la segnalazione? La circolare del Ministero della salute del
4 agosto 2010 esorta tutte le amministrazioni coinvolte ad assicurare un servizio di
reperibilità e pronto soccorso per gli animali. La normativa quindi non individua i soggetti
cui spetta l'intervento di pronto soccorso: ovviamente l'aspettativa è verso le autorità
competenti e individuabili nell'USL-Servizi veterinari, nei Comuni per quanto riguarda gli
animali d'affezione, nelle Province per quanto riguarda la fauna selvatica.
Ovviamente l'istituzione di un unico numero pubblico per il soccorso degli animali
feriti risulterebbe di grande utilità.
In recepimento della circolare del Ministro della salute, la nostra Regione ha dato
indicazioni sul contenuto dei vari protocolli che potrebbero essere adottati, quindi i
riferimenti a cui i cittadini devono rivolgersi, la definizione di chi deve effettuare la prima
valutazione clinica sul’animale, chi effettua il trasporto, i centri di cura individuati,
l'eventuale smaltimento delle carcasse e i percorsi di formazione del personale.
Attualmente, sul fronte del soccorso, in caso di incidenti con animali feriti
naturalmente è necessario rivolgersi alle strutture di soccorso, ma in casi in cui il cittadino
non sia in possesso dei riferimenti è sempre possibile fare una segnalazione alle Forze
dell'ordine.
Attualmente molto è lasciato al mondo del volontariato, alla collaborazione tra enti
pubblici e volontariato: ci sono iniziative lodevoli sul territorio, ad esempio la prima
ambulanza per gli animali. L’Enpa ha ottenuto dei finanziamenti realizzando un'ambulanza
di soccorso per gli animali: “Soccorriamoli, è un gesto di civiltà" è la campagna nazionale
che hanno intrapreso, intesa a sensibilizzare le istituzioni e la popolazione sulla necessità di
un 118 veterinario.
La Provincia di Bologna ha adottato una propria convenzione con i CRAS, i cui
recapiti ovviamente sono stati pubblicizzati e diffusi attraverso i mezzi di informazione,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
per cui l'intervento può essere attivato direttamente dall'utente o attraverso il corpo di
Polizia Provinciale, in alternativa alle altre forze di Polizia. In realtà quello che noi
constatiamo è che l'utente della strada si considera già sollevato dall'onere di comunicare
nel dare informazione a qualsiasi organo di polizia, siano essi i Carabinieri, la Polizia di
Stato, il Corpo forestale, ma in realtà tutte queste telefonate e informazioni
necessariamente vengono dirottate alle Polizie Provinciali locali, perché sono l’organo più
vicino al mondo animale, quello più competente su questo tema. A noi dunque vengono
dirottate tutte queste comunicazioni.
La Polizia Provinciale in materia di fauna selvatica è l'organo chiamato per legge a
operare in questo specifico settore e dispone delle conoscenze di base per effettuare il
primo intervento, in attesa dei soccorsi.
Piccoli accorgimenti: mettere in sicurezza la strada è ovvio e poi, per affrontare la
fauna in difficoltà, parlare sempre a bassa voce, evitare bruschi movimenti, per quanto
riguarda uccelli o animali di piccole dimensioni utilizzare prevalentemente piccole scatole
di cartone, leggermente più grandi della dimensione dell'animale. A volte la gabbia può
essere controproducente perché può provocare delle lesioni all'animale che, spaventato,
tenta di uscire e quindi in caso di uccelli è preferibile utilizzare scatole di cartone.
Per quanto riguarda la fauna di grosse dimensioni il consiglio è di evitare
assolutamente di avvicinarsi. Il trattamento della fauna selvatica, ferita o in difficoltà,
infatti richiede particolari conoscenze ed esperienze, sia per rendere più efficace
l'intervento, senza ulteriori danni agli animali, sia per tutelare gli stessi soccorritori: la
fauna ferita può spesso risultare pericolosa. Le persone sovente non hanno gli strumenti per
avvicinare una fauna di questo tipo.
Questa è una lupa che abbiamo soccorso, a cui è stato poi posto un radio-collare e
abbiamo seguito i suoi movimenti per un anno e mezzo.
Vorrei lasciarvi con questo messaggio: la fauna selvatica soccorsa deve essere
liberata nel suo ambiente naturale nel più breve tempo possibile, perché tutti noi possiamo
contribuire alla salvaguardia del nostro ambiente e, su questo concetto, che vorrei vi
rimanesse, vi regalo un piccolo filmato, che vede il salvataggio di un piccolo capriolo.
Grazie.
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Moderatore:
Grazie comandante. Siamo giunti all'ultimo degli interventi previsti per questa
serata, un intervento che cambia ancora prospettiva e ci segnala come il degrado urbano
possa diventare disagio ambientale e sociale; e quindi un problema di sicurezza. Relatore è
il coordinatore di sezione per i servizi operativi della Polizia di Roma Capitale, Renata
Petracca.
Renata Petracca – Coordinatore di sezione per i servizi operativi della Polizia di
Roma Capitale:
Buonasera. Roma gode di una situazione territoriale e ambientale estremamente
favorevole: ha 2.864.000 abitanti, con un'estensione di 1.288 km². È il Comune italiano
con il maggior numero di aree verdi: tra parchi, ville, giardini attrezzati, il verde ricopre il
28% della superficie. La parte esterna della città, invece, comprende il più grande centro
agricolo d'Europa, 517 km², pari al 40% del territorio.
Ha la fascia costiera più estesa, per essere una città, con 20 km di costa. Dal punto
di vista idrografico ha due fiumi che l’attraversano, il Tevere e l'Aniene, il tutto in un
contesto articolato tra pianure e colline.
Con una bassa densità abitativa, se consideriamo solo le zone urbanizzate, la città
conta 80 abitanti per ettaro, contro i 240 di Londra, ad esempio, che possiede una
dimensione territoriale simile. Gli aspetti positivi evidenziati fino adesso però sono
controbilanciati da una struttura urbanistica disordinata e dispersa sul territorio, con un
sistema viario insufficiente e scarsamente interconnesso, causata da ben due fenomeni che
hanno compromesso lo sviluppo organico della città negli anni ’70 e ’80.
Uno è stato l'abusivismo edilizio, per il quale le zone rurali a ridosso della città, per
effetto dell'aumento del valore dei terreni, hanno assunto la fisionomia di borgate con la
totale assenza di servizi pubblici, illuminazioni, strade, marciapiedi e asili. Il secondo, non
meno importante, è l'edilizia popolare che nasce condizionata dalla necessità di costruire il
maggior numero di alloggi impegnando minori dimensioni di terreno. La presenza di questi
fattori ha compromesso il piano urbanistico della città e il progetto di piano regolatore,
assorbendone ingenti risorse economiche dirottate nella politica di risanamento.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Per la dispersione delle periferie e le difficoltà di interconnessione tra rapporto
pubblico e quello privato, la mobilità a Roma si svolge per oltre il 60% con mezzi privati,
che ingenerano congestioni, inquinamento, sprechi di carburante e fanno di Roma una delle
città europee con il più alto tasso di motorizzazione, primato che si accompagna alla
velocità media di percorrenza per kilometro più bassa d'Europa.
Per dare un'idea di quanto sto dicendo basti pensare che su una popolazione
residente di circa 2,8 milioni, ossia un terzo rispetto a Londra, il tasso di motorizzazione a
Roma è pari a 978 veicoli circolanti ogni 1000 abitanti, contro i 398 riscontrati a Londra e
415 a Parigi.
Per quanto riguarda, invece, i ciclomotori e i motocicli, la somma delle due città più
Barcellona è pari al parco circolante a Roma, sulle due ruote.
Peggiora lo sconsolante quadro appena descritto la presenza di almeno 25 milioni di
turisti che ogni anno usano e consumano la città e che annualmente portano nel centro
storico oltre 200.000 bus turistici. Garantire agli abitanti di una città come Roma il diritto
alla sicurezza e alla qualità della vita urbana necessità dell'azione congiunta di più livelli
della pubblica amministrazione, nell'ambito delle responsabilità di ognuno.
Questa azione deve soprattutto prevenire situazioni di degrado perché vi è uno
stretto legame tra disagio sociale, per cui percezione della sicurezza, e degrado ambientale.
Il concetto di sicurezza presuppone una forte responsabilizzazione delle
amministrazioni locali per quanto attiene la qualità urbana, l'assetto economico e culturale
del territorio, oltre alla necessità di convivenza civile e di una forte partecipazione sociale.
Garantire la sicurezza urbana delle persone, dei beni e degli spazi, vuol dire prima
di tutto preservare la qualità della vita dei cittadini attraverso lo sviluppo locale, nella
consapevolezza che la sicurezza si vive, si elabora, si migliora, a partire dalle strade e dai
quartieri delle città. Questi sono stati i fondamenti che hanno portato a sottoscrivere, nel
2007, alla presenza del Ministro degli interni, del Prefetto, del Sindaco, del Presidente
della Provincia di Roma e del Presidente della Regione Lazio, il patto per Roma sicura,
con l'obiettivo di intervenire e definire gli interventi sul tessuto urbano per il recupero del
degrado atmosferico, ambientale e la conseguente riqualificazione, come ad esempio per le
aree liberate da insediamenti abusivi.
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Patto poi integrato nel 2008 e che a breve verrà di nuovo implementato. Il Corpo di
Roma Capitale assume così un ruolo fondamentale in questo nuovo progetto di azione
integrata e anche la Regione Lazio, con l'articolo 15 della legge regionale 26 del 2007,
partecipa e finanzia iniziative tese a rendere operativi i Vigili di prossimità, nei Comuni
che abbiano articolato il proprio territorio in circoscrizioni di decentramento e le cui linee
di intervento su cui si sviluppano le iniziative siano finalizzate al miglioramento della
sicurezza, attraverso la riqualificazione degli spazi pubblici e delle condizioni di vita nelle
città, alla prevenzione della microcriminalità e la riduzione del rischio.
La promozione della Polizia di prossimità avviene nella convinzione che solo una
conoscenza capillare del territorio, l’ascolto e l'accoglienza delle problematiche dei
cittadini, possano permettere di favorire l'ordinato svolgimento della vita quotidiana, per
contrastare l'abusivismo in generale e il commerciale in particolare.
Il tutto a sostegno della mobilità e della sicurezza stradale. Tutto questo ha dato
vita, nel mese di gennaio 2010, all'istituzione del Cigile di prossimità presso 12 municipi
del Comune di Roma. Nell'arco dell'anno della sperimentazione nei 12 quartieri sono stati
effettuati ben 16.113 controlli, dai quali sono scaturiti 255 sequestri di costruzioni abusive,
28 demolizioni, due lottizzazioni abusive, la rimozione di ben 3.919 veicoli abbandonati e
9.748 accertamenti dei regolamenti edilizi di igiene e di ambiente. Sono state rilevate 1214
violazioni amministrative, 1.455 penali e 1.728 attività di indagine delegata.
Al reparto già impegnato quotidianamente nel monitoraggio della viabilità, delle
aree lungo i fiumi, degli spazi verdi e dei territori interessati da fenomeni di degrado, sono
state assegnate una serie di delicate attività per la tutela del territorio che, nell'anno 2010,
hanno permesso l'individuazione di ben 210 insediamenti abusivi di persone senza dimora,
successivamente sgomberati, 180 discariche bonificate e due depositi di auto di
provenienza furtiva. Il tutto documentato per oltre 3500 rilievi fotografici ad uso della
magistratura.
Sotto un altro profilo, per il miglioramento della qualità dell'aria nell'intento di
favorire la viabilità in città, nel 2009 è stato istituito il servizio Luce verde, realizzato con
entusiasmo in sinergia assieme al Segretario generale dell'ACI, dottor Rozera, che ne ha
permesso il totale finanziamento e che ringrazio.
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Un grazie anche al Presidente Gelpi per le parole di apprezzamento espresse ieri,
ma è con un certo rammarico che ho appreso che una parte di queste sinergie, a causa di
scelte dettate più dall'estetica che dalla competenza, ne ha compromesso il valore e la
credibilità, sminuendo l'operato delle persone che ci lavorano con impegno e che hanno
portato Luce verde a più di un milione di ascoltatori al giorno e a più 300.000 contatti nelle
pagine Web.
Il quadro degli interventi descritti è completato dei dispositivi di sorveglianza nelle
aree considerate critiche, tra le strutture del corpo di Polizia Roma capitale viene attivato la
sala Sistema Roma, una centrale all'avanguardia dotata di tecnologia di ultima generazione,
di video sorveglianza, con circa 2500 telecamere, considerata punto di riferimento e di
integrazione tra collaborazioni con tutte le altre forze di Polizia operanti sul territorio.
Ricordiamo gli esiti positivi degli ultimi episodi di danneggiamenti alle fontane di
piazza Navona, di Trevi, dell'aggressione alle stazioni metro, nella sorveglianza del traffico
e nella risoluzione degli incidenti con esito mortale; negli ultimi episodi di danneggiamenti
alla manifestazione di Roma che, grazie alle registrazioni, ha costituito e costituisce tuttora
punto di forza nell'identificazione dei malviventi, il tutto affinché si rafforzi nell'animo del
cittadino la percezione della sicurezza e il rispetto di quanto ci circonda.
Ma la vera presa di coscienza della necessità di tutelare l'ambiente è stata introdotta
nella legislazione italiana con la legge 349 dell’86, prevedendo l'azione penale del danno
ambientale e l'obbligo del risarcimento, affermando il principio che chi rompe paga.
Oggi tutelare dell'ambiente deriva dal crescere dell'opinione pubblica, in tema di
prevenzione dell'inquinamento: è chiaro quindi che l'attività preventiva e repressiva della
Polizia Locale ha visto posti in essere numerosissimi interventi in questo campo, fermo
restando però che il rispetto di quanto ci circonda, così come per le persone, deve essere
insito nel nostro animo, come espressione di civiltà. Grazie.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
IV FORUM INTERNAZIONALE DELLE POLIZIE LOCALI
RIVA DEL GARDA, 24 – 26 OTTOBRE 2011
“Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva”
ATTI DEL CONVEGNO
26/10/2011
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Sessione convegnistica sul tema
“LA SICUREZZA SOCIALE – VIVERE LA CITTÀ”
Moderatore Francesco Delvino – Comandante della Polizia Locale di Frosinone:
Signori, buongiorno.
Audio in greco
È riuscito a sintetizzare questa qualificazione professionale, dalle più antiche
esperienze di Polizia Locale in Europa alle più recenti, così come sono state presentate. Io
sono stato in silenzio, qualcuno mi ha sentito parlare e mormorare, fuori sala, sono stato in
silenzio; però purtroppo, scusatemi, non perdo il vizio di dire la mia opinione. Volevo
riportare la discussione su due cose principali, la prima: io voglio rivolgere prima di tutto
un apprezzamento sostanziale, non solo formale, alla macchina organizzatrice. Un
convegno così numeroso, a mia memoria, negli ultimi 10 anni, non lo ricordo, se qualcuno
invece lo ricorda, per favore, contribuisca a rinfrescarmi la memoria. Questo significa che
probabilmente avere 1000 persone in una sala, per fare un convegno a sessione unica, su
temi avvertiti e partecipati da tutti, vuol dire che continua ad essere una formula vincente
per una Polizia Locale che avverte fortemente l'esigenza di non perdersi in chiacchiere, su
temi trascritti da relatori chiamati a scrivere libri velocemente, per fare cassa. Parliamo,
invece, di soggetti qualificati e preparati, come tutti quelli che ho visto dall'altro giorno ad
oggi, che sono consci - quelli di oggi li presenteremo, ma io personalmente li conosco da
una vita - del proprio livello sacrificale e dell'alto livello professionale raggiunto in tutti
questi anni.
Alla Fondazione Caracciolo, all'ACI, a tutti coloro che lavorano per queste due
sigle, in particolare Enzo, Federico, Michele e tutta la macchina organizzatrice, io devo
dire grazie, perché ci avete dato l'opportunità di rivederci tutti e di ritornare a delle
esperienze storicamente passate, quelle di Viareggio, giusto per capirci, o le prime di
Riccione, che ci hanno dato la possibilità di parlare. È quello che a noi serve, per aiutarci,
per spingerci, per abbracciarci, così da affrontare i problemi della quotidianità. Per cui, da
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
questo punto di vista, vi chiederei di fare un applauso agli organizzatori, che sicuramente
lo meritano.
La seconda considerazione è che si dà il dolce e si dà l'amaro. Tra i comuni esteri
ospitati c'è un grande assente: il Belgio. Io continuo ad arrabbiarmi su questa cosa, perché
forse pochi sanno che l'unico Paese europeo che si è adeguato alla direttiva CEE del 1998
sull’unicità delle forze di Polizia è proprio il Belgio.
Il Belgio ha costituito un'unica forza di Polizia, a conduzione prettamente
territoriale, con un centro nazionale di supporto per mezzi, attrezzature e supporto
intellettivo, intelligence. Ironia della sorte, signori, noi dobbiamo imitare proprio un Paese
piccolino, del Nord Europa, che sta dando lezione di perfetta organizzazione, seppure con
1000 problematiche, perché le rivoluzioni non si fanno in un giorno, hanno bisogno di un
adeguamento nel tempo. Loro però sono arrivati a rispettare quello che significa
effettivamente comunità, integrazione, sinergia tra le forze. I rumors portano
probabilmente, nel giro di tre anni, ad un modello molto simile in Italia, per cui scusate se
lo dico da moderatore di questa sessione, ma anche come Presidente nazionale di Marco
Polo, che mi onoro di rappresentare ormai da molti anni, io non credo che avremo nessuna
legge, anche perché è anticostituzionale. La Polizia Locale è una materia che appartiene in
esclusiva alle Regioni, non appartiene più allo Stato, dal 7 ottobre 2001. Per cui questo
continuare a dire che avremo una legge sulla Polizia Locale, scusatemi, almeno il danno
ma non la beffa: non voglio essere più preso per i fondelli da nessuno.
Stanno per uscire i decreti, anche particolari, ma se qualcuno sogna ancora una
legge quadro sulla Polizia Locale, per cortesia, con dignità, la smetta di sognare
inutilmente, perché questa battaglia, oggi, la possiamo risolvere solo con un diligente
coordinamento fra le leggi regionali. Se vogliamo, da un certo punto di vista, è anche
giusto così, non dobbiamo scandalizzarci, perché noi abbiamo dei centri di formazione
regionali che sono a livello del modello Barcellona, o quasi; abbiamo dei responsabili
regionali della sicurezza in Italia che sono qualificati, per fortuna ex Comandanti. Abbiamo
delle belle esperienze, dei grandi modelli, il grosso sforzo è quello di omologarli, in modo
tale che il modello di riferimento diventi poi la norma, la regola in tutta Italia.
Signori, se esce un decreto fra qualche giorno, non una legge, ma un decreto, che
riconosce queste nuove figure di ausiliari della viabilità per la rilevazione degli incidenti
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
stradali, noi non dobbiamo preoccuparci, non ci stanno togliendo nulla, noi dobbiamo dire
grazie. Invertiamo il processo cognitivo delle nostre capacità professionali. Voi avete paura
che se non facciamo più l'incidente senza feriti non sappiamo cos'altro fare? C'è un sacco
di roba da fare, non riusciamo a fare tutto, ce n'è abbastanza per far rispettare la nostra
dignità. La rilevazione di un incidente senza feriti è solo ed esclusivamente una combinata
civilistica, per anni abbiamo fatto inutilmente i consulenti alle compagnie assicurative, è
arrivato il momento che non lo facciamo più. Invece di criticare quello che non faremo più,
cerchiamo di giocarci la palla come una qualificazione intelligente e funzionale del nostro
lavoro. Questo significa vedere il bicchiere dall'altra parte, imparare a mettersi degli
occhiali nuovi, diversi, ridimensionare un servizio che in tutti questi anni è stato
considerato una Polizia residuale. Tutti ciò che gli altri non fanno, lo fa la Polizia Locale e
ormai questa è una competenza specifica della Polizia Locale. Senza questa logica,
probabilmente, la famosa medaglietta di qualificazione professionale, riusciremo a
conquistarla, soprattutto se è vero che, addirittura i Carabinieri, la Finanza e la Polizia
hanno bloccato la fornitura delle divise per i prossimi anni, perché sta serpeggiando
l'unicità della Polizia. È un obiettivo che oramai è determinante, da un certo punto di vista,
destabilizzante dall'altro, ma assolutamente inesorabile per risolversi nel prossimo
quinquennio. Prepariamoci a questo cambiamento, sicuramente riusciremo, con grande
stile e con la storicità che ci appartiene in termini professionali, ad affrontare la battaglia
del cambiamento, diventandone, questa è la cosa più importante, protagonisti.
Io sono onorato, qui, di godere del piacere di presiedere una tavola rotonda, una
sessione, che ha degli illustri relatori, sono tutti amici, sono tutti professionisti eccellenti,
c'è qualche new entry, qualche persona che voi non conoscete. Io spero di poterlo fare nel
modo migliore, spero anche di essere gradito alla platea, ma vi informo che ci sarà una
sorpresa, dopo l'intervento della dottoressa Gamberini. È una sorpresa a cui io sono
emotivamente legato, lo capirete dopo, che per me rappresenta il punto di partenza di un
impegno che va avanti da oltre 10 anni.
Iniziamo a fare le cose seriamente, io ho l'onore e il piacere di presentarvi Michele
Giardiello, grande amico della Polizia Locale e colonna portante della Fondazione Filippo
Caracciolo, che è un'espressione importante dell'ACI in Italia. Loro hanno elaborato uno
studio, interessantissimo, che può partire dalla banalità di una semplice anagrafe, cioè da
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
una sorta di conta di tutti quanti noi, ma che in realtà contiene, alle spalle, un'analisi
puntuale e precisa del nostro piccolo grande mondo.
Michele Giardiello: “La Polizia Locale in Italia, dai grandi ai piccoli comuni”.
Grazie.
Michele Giardiello – Fondazione Filippo Caracciolo:
Buongiorno a tutti, siccome, io spero che questo sia l'ultimo intervento che faccio a
nome della Fondazione, in questo straordinario Forum che, come ricordava il dottor
Delvino, ha avuto successo eccezionale, non solo per la meravigliosa partecipazione di
tanti comandi di Polizia locali, nazionali ed internazionali, ma anche per la qualità, che io
vorrei sottolineare, dal punto di vista culturale e scientifico, dei relatori che in questi
giorni, hanno preso e prenderanno la parola da questo palco.
Grazie a tutti, noi, con i rappresentanti delle associazioni, ci rivedremo nei prossimi
giorni per cominciare a lavorare al prossimo Forum, che apriremo attraverso il nostro sito
Internet, per cercare di tenerci in contatto, per sviluppare un confronto, un dibattito, sui
temi che saranno all'ordine del giorno prossimamente. Certamente ci sarà quanto Francesco
annunciava prima sulla riforma possibile o meno, delle Polizie Locali; insieme studieremo
e dibatteremo i meriti e le conclusioni di questo iter legislativo. A chiusura della giornata,
il dottor Rozera, Segretario generale dell'Automobile Club e Presidente della Fondazione
Filippo Caracciolo, trarrà le conclusioni di questi tre giorni di confronto e di appuntamenti
di Riva del Garda.
Questo è l'ultimo studio che vi presentiamo, stiamo cercando di realizzare
l'anagrafe delle Polizie Locali, perché con Francesco e con gli altri Comandanti, con gli
altri responsabili dell'associazione, ci siamo chiesti: ma quanti sono i componenti delle
Polizie Locali in questo paese? Ebbene, non lo sa nessuno, ahimè, neanche il Ministero
degli interni. Quanti sono, come sono organizzati, quali sono i livelli di inquadramento,
quali sono le dotazioni che hanno, gli strumenti le risorse, la formazione e così via? Noi
abbiamo cercato di fare una fotografia di quelli che sono, come dire, i rappresentanti in
divisa sul territorio nazionale. Abbiamo inviato, come Fondazione, un questionario a tutti
gli 8094 Comuni italiani, abbiamo pregato di risponderci, chi lo ha fatto tramite e-mail, che
lo ha fatto usando la finestra che vi è sul nostro sito, chi compilando il questionario, chi via
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
fax. In ogni modo, al 31 luglio ci siamo fermati, naturalmente sono continuate ad arrivare
le risposte, per poter elaborare, come potete immaginare, decine e decine di migliaia di file,
di dati. Esce fuori una fotografia a mio avviso molto interessante: i 5638 questionari
elaborati corrispondono a circa il 70% del campione, ma se il rapporto lo facciamo verso la
popolazione residente in quei comuni, noi siamo ad un campione che sfiora il 90% delle
popolazioni residenti, in alcune realtà come, per esempio, lo vedremo dopo, la Toscana. È
un lavoro molto importante e significativo.
Quelli che vedete sono i comuni rispondenti su base regionale, vedete come, tranne
qualche eccezione, vi è un dato omogeneo fra tutte le regioni, ci hanno risposto con
interesse, con tempestività e quindi vi sono dati molto omogenei per ogni regione che
risponde. Ci sono alcuni picchi, come sempre accade, la Toscana all’82%, però
mediamente siamo attorno al 67-70%. Poi, se andiamo alla tabella successiva, vedete che
ci sono i dati in confronto con la popolazione residente. Questo rende ancora più evidente
l’importanza del lavoro e del campione.
Il personale in organico. Per consentire una lettura più agevole di questi dati,
abbiamo scelto di confrontare gli operatori di Polizia Locale rapportandoli ad una
popolazione di 10.000 abitanti. A livello nazionale, in media, lavorano 10,4 operatori ogni
10.000 abitanti, se vedete questa tabella ci sono due realtà che colpiscono l’attenzione: la
Sicilia, che ha il rapporto più alto, 15,4 operatori ogni 10.000 abitanti, e il Veneto, che ha il
rapporto più basso, 7,7 operatori ogni 10.000 abitanti. Come ripeto non li abbiamo
elaborato tutti, sarà un lavoro enorme che faremo nel prossimo Forum, dove presenteremo
la ricerca, abbiamo elaborato qualche dato che a noi sembrava interessante e degno di
sottolineatura immediata. Per esempio vorrei citare il dato relativo al personale in organico
in riferimento alle donne, è un rapporto molto significativo quello tra uomini e donne: a
livello nazionale si può affermare che il rapporto è di 1 donna ogni 4 operatori di Polizia
Locale. Su 5 agenti, 4 sono maschi e solo 1 è donna. In alcune realtà ci sono delle punte
più avanzate, come la Toscana, dove il 40% dell’organico delle Polizie Locali è composto
da donne.
I due estremi sono la Toscana, con oltre il 40% e la Campania, che ha la
percentuale più bassa, con l’11,5% delle presenze femminili sugli interi organici di Polizia
Locale. potete notare come la presenza femminile sia più alta al nord, in alcune regioni
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
come l’Emilia Romagna, la Toscana, il Piemonte è quasi il triplo rispetto ad altre regioni
del centro sud del nostro paese. Qualcuno ha dato una spiegazione, dicendo che la donna
Poliziotto locale è stata assunta solo nel 1972, dal comando di Roma. Ricordate che qui
qualche anno fa è stato trasmesso quel video storico molto suggestivo, anche dal punto di
vista culturale, dove si mostrava questa prima donna Poliziotto locale, che è poi diventata
una star, era su tutti i giornali e i telegiornali, perché rappresentava una novità assoluta.
Parliamo appunto del 1972.
L’altro dato, che qui è ancora più marcato, è l'inquadramento per genere. Il numero
di operatori di categoria C, agenti e agenti istruttori, e di categoria B, personale
impiegatizio eventualmente adibito a funzioni di Polizia Locale, femminile, è vicino al
30%, mentre i dirigenti donna sono meno del 17%.
Questo la dice lunga sulla strada ancora lunga da percorrere nel nostro Paese e, più
in generale, per quanto riguarda la parità tra uomini e donne, soprattutto nei posti di
responsabilità dei comandi delle Polizie Locali. Questa è una questione che riguarda
l'intero sistema-Paese, dal Parlamento ai Consigli comunali, alle aziende pubbliche e
private.
Il tasso di operatori di Polizia Locale ogni 10.000 abitanti. Nello studio che vi è
stato consegnato vi sono tutte le elaborazioni, anche con le considerazioni teoriche e
culturali attorno ai dati stessi.
L'ultima cosa che vorrei sottolineare, prima di passare alle dotazioni, che mi sembra
un altro argomento importante, è che, in relazione al numero di operatori di Polizia Locale,
il numero di ausiliari del traffico e di personale amministrativo, risulta limitato. Ad
eccezione della Sicilia, in cui ci sono in media 1,5 ausiliari e 1,5 impiegati amministrativi
ogni 10.000 abitanti, nel resto del Paese il rapporto è molto più basso. In Regioni come la
Toscana e l’Abruzzo c’è un ausiliare del traffico ogni 50.000 abitanti, mentre in Sicilia ve
ne è 1,5 ogni 10.000 abitanti.
Abbiamo poi dei dati sugli agenti muniti di arma da fuoco. Ricordo una discussione
che fu fatta rispetto alla necessità o meno di armare il corpo di Polizia municipale della
capitale, poi da un'indagine risultò che il 75% dei poliziotti locali è già armato. Inventiamo
discussioni, filosofie culturali ed etiche, per capire poi che questo Paese in realtà va da solo
in tutt'altra direzione.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Un'ultima considerazione è quella sugli strumenti in dotazione. Possiamo fare tante
discussioni, ma se ogni 10.000 abitanti abbiamo 6,2 misuratori di velocità e solo 2,2
etilometri, facciamo fatica a fare la battaglia per la sicurezza stradale. Sicuramente
avremmo bisogno di una legge, di attenzione e di risorse, ma se non dotiamo le Polizie
Locali degli strumenti necessari, delle professionalità, non facciamo un buon servizio a
questo Paese.
Siccome in questi anni abbiamo imparato a conoscere questo mondo, abbiamo
imparato a conoscere l'intelligenza e l'abnegazione che ha questo corpo, ci auguriamo che
questo Paese capisca di poter contare certo sulla Polizia di Stato, sui Carabinieri, sulla
Guardia di Finanza ma anche e soprattutto, per il controllo del territorio, per la conoscenza
capillare che questi hanno, sui comandi, sugli uomini e le donne delle Polizia locali. Grazie
a tutti.
Moderatore:
La mia curiosità mi porta a chiederti quanto prima un resoconto su tutti i dati,
perché si scoprono cose meravigliose. L'analisi fatta dall'onorevole Giardiello ovviamente
è legata a una lettura asettica, meno passionale di quella che potremmo fare noi, ma
dobbiamo delle risposte a lui e a chi non ci conosce.
Il fatto che il 75% sia armato per noi non è un valore positivo, ma negativo. Chi vi
parla ha subito una sparatoria, ma non crede nell'utilità dell'arma. Chi vi parla non crede
nella funzionalità della pistola per la Polizia Locale, ma crede che sia necessario che la
Polizia Locale sia dotata delle armi, come minimo ai fini della sicurezza sui luoghi di
lavoro, esaltando il sistema burocratico italiano.
Il fatto di esserne dotati e di essere pronti è una necessità sulla quale non ci si può
porre il problema. Se la Polizia Locale compartecipa al modello di sicurezza urbana non è
necessario chiedersi se armarsi o no, ma se è dotata oppure no e nelle dotazioni c'è anche
l’opacimetro. Dappertutto ci dovrebbe essere tutto quello che riguarda gli strumenti, le
strutture e i sistemi per la Polizia Locale, se la si vuole efficiente. Altrimenti cadiamo nella
trappola della politica, che preferisce avere un corpo di Polizia inefficiente per poterlo
criticare e farlo diventare l'oggetto del desiderio del dissenso popolare. Queste sono
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
tecniche da politici, non da tecnici che subiscono sulla propria pelle l'attacco politico. Si
tratta di un'altra ottica.
In secondo luogo, ben vengano le donne, è ovvio che in Toscana ci sono più donne
che in Campania, io ho lavorato in entrambi i luoghi. Non esiste un'unica Polizia Locale in
Italia, ne esistono differenti. Provate a fare un intervento di Polizia edilizia in Sicilia e
provate a farlo in Toscana: è completamente diverso, non ci si può prendere in giro. Essere
vigilessa in Toscana è ben più tranquillo che essere vigilessa in Sicilia, in Campania o in
Puglia: si può fare, se vogliamo ritornare al maschilismo del phisique du role, ma in realtà
c'è un sistema sociale diverso.
Adesso stiamo affrontando il tema della socialità della Polizia, quando comandavo
a Massa avevo sette vigilesse che provenivano dalla Sicilia e avevano fatto il concorso
proprio lì, non in Sicilia. C'è una fuga legata anche alla realtà territoriale e con questo
bisogna fare i conti.
Possiamo ora continuare la nostra sessione e parliamo proprio con una vigilessa,
perché Samantha Gamberini prima di fare questo bellissimo lavoro, che io ho avuto il
piacere di fare oltre vent'anni fa, cioè il consulente di direzione aziendale e la formatrice
professionista, Samantha ha fatto per sette anni in modo attivo la vigilessa a Bologna. Lei
quindi conosce bene molto bene il nostro mondo e oggi si permette il lusso di formarci,
perché è stata anche docente in molti corsi legati al mondo della Polizia Locale, alle
tematiche dell'analisi comportamentale.
Da grande esperta, ci parlerà della visione della Polizia Locale da parte del
cittadino.
Samantha Gamberini – Esperta in formazione manageriale:
Ringrazio per la presentazione, per l’invito al convegno e per il tipo di argomento
che mi viene concesso di trattare. Lo anticipo: a parte essere stata una portatrice sana di
uniforme, qualche tempo fa mi avevano detto che non sembravo una vigilessa e devo
ancora capire cosa intendessero, l'intervento che farò si baserà brutalmente su stereotipi e
pregiudizi sulla Polizia municipale, quindi sarà politicamente scorretto e provocatorio.
Vorrei fosse letto proprio in questo senso.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Inoltre ho deciso di utilizzare i dati di una datata ricerca della Regione EmiliaRomagna, commissionata alla Doxa, che potete trovare anche al sito Internet della
Regione, oltre a dati che ho reperito su Internet.
Le prima domanda che mi sono posta, che vorrei condividere assieme a voi, è di chi
stiamo parlando. Non è così scontato conoscere il soggetto.
Tempo fa sono andata in comando di una città che non conoscevo, e il Gps mi ha
lasciata a piedi. Ho chiesto a una persona che passava per strada dove fosse il comando di
Polizia Locale e una signora gentile mi ha detto di non saperlo. Però non voleva mandarmi
via senza risposta quindi ha fermato un'altra persona che stava passando e ha chiesto anche
a lei, ma non lo sapeva. Non paghe, si sono recate in un negozio, hanno rapito il
fruttivendolo e hanno chiesto a lui la stessa cosa. Nessuno sapeva dove fosse il comando di
Polizia Locale. Stavo per partire quando una delle signore mi chiede se per caso non stessi
cercando i Vigili, che mi sono stati indicati.
Non è così assodato che si chiami Polizia Locale? Devo dire che è andata peggio ad
alcuni colleghi che adesso rivestono ruolo di Vigili di quartiere, che si sono sentiti chiedere
dai se li avessero degradati.
Ho fatto una ricerca che chiedeva nella Regione Emilia-Romagna se Polizia
municipale e Vigili urbani fossero la stessa cosa: non so 3%, no 27%, sì 70%. Ho cercato
quindi su Google digitando questi due termini: per Vigile urbano 3.650.000 pagine, per
Polizia Locale 4.690.000. Tutto sommato il soggetto della nostra trattazione non è così
identificato nell'opinione pubblica.
Cosa fa la Polizia Locale? Se lo chiedo a un cittadino, cosa mi risponde?
Rispondono che fanno le multe. Probabilmente parlando con i cittadini vengono fuori altre
cose, si rendono conto che l'attività non si limita a quello, anche perché altrimenti non si
spiegherebbe un elemento che a mio avviso è esoterico, ovvero il fatto che la Polizia
Locale viene chiamata su qualsiasi cosa, di qualsiasi natura e, a volte, interventi che
richiedono super poteri che oggettivamente nemmeno la Marvel ha pensato per i propri
supereroi.
Ho dunque stilato un piccolo divertente elenco di alcuni elementi veramente
richiesti, ai quali ho assistito in prima persona o come testimone indiretto. "Vorrei
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
intervenisse nei confronti del venditore ambulante, il cappotto che ho comprato è senza
tasche ". Voglio rassicurarvi, erano solo cucite.
"Voi che siete la legge, non potete fare nulla per quelli che al mercato toccano la
frutta e non la comprano?".
"Chiamo dagli Stati Uniti d'America, mia figlia in Italia ha dimenticato in
autostrada la borsa con dentro i documenti e le carte di credito. L'autogrill è a circa
trecento kilometri dalla vostra sede, potete fare qualcosa?". "Mi sa dire dove ho
parcheggiato l'auto? C'erano degli alberi". "Mi hanno fatto pagare un caffè € 1,20, posso
denunciarli per truffa?".
"Sono in vacanza e a casa mia è andata via la luce, ho un sacco di roba in freezer,
potreste fare un salto voi?".
Il capitolo animali merita, come è stato citato anche dei relatori della giornata di
ieri, una piccola parentesi, perché sugli animali a 360°, cani, gatti, ma anche invasioni di
cimici, vespe, galli che si svegliano troppo presto, per tutto viene chiamata la Polizia
municipale. Il momento di gloria è stato quello dell’aviaria, molti comandi si sono visti
recapitare degli scatoloni con uccelli morti che i cittadini volevano venissero analizzati e
c'è anche qualcuno che ha telefonato dicendo di aver trovato delle carcasse di lepri che
probabilmente, avendo mangiato degli uccelli, avevano preso l’aviaria.
Abbiamo un'altra piccola contraddizione: da un lato fanno solo le multe, da un altro
chiamo la Polizia Locale per qualsiasi cosa.
Altro elemento: a cosa serve in realtà la Polizia Locale? Al primo giorno di lavoro
il mio capopattuglia, una signora con grande esperienza, mi disse: “Samantha rassegnati, se
porti un'uniforme sarai sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato a fare qualcosa
che tutto sommato non serve". In quel momento la guardai con un po' di compassione,
pensando che fosse demotivata, non era proattivo, come diciamo noi consulenti.
La mia esperienza personale è stata questa: fermavo qualcuno per divieto di sosta e
la risposta era "A me fate la multa, che sono fermo e non do fastidio a nessuno, con tutti
quelli che passano con il rosso e sono un pericolo pubblico?". Sanzione a chi passa con il
rosso: "A me, che lavoro tutto il giorno, con quelli che corrono a trecento kilometri orari e
fanno delle stragi?".
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Autovelox: "A me, che pago le tasse e quindi, vi pago e quindi siete al mio
servizio?". Qui c'è già una confusione tra servizio e servo, che a volte capita. "A me fate
questa cosa, con tutti gli extracomunitari – questi vanno di moda – che delinquono? Con
tutti i tossici e i ladri?".
All’inizio della mia carriera mi capitò di fare un arresto per un reato peraltro grave,
con resistenza. Stavo portando la persona ammanettata alla macchina e, devo ammetterlo,
gongolavo, pregustando già il momento in cui il cittadino finalmente, guardandomi,
avrebbe detto che la Polizia Locale serve finalmente a qualcosa. Da lontano vedo un
signore anziano – a Bologna si chiamano “umarells” – quelli che guardano i cantieri e
hanno un amore sfegatato per l'uniforme e i peggiori sono gli ex colleghi. Si muovono in
modo particolare, con le mani dietro la schiena, un po' claudicanti, sembra siano spariti e li
si ritrova dietro la schiena.
Mi guarda, si avvicina, non si cura delle manette, non si cura dello stato e mi dice:
"Lei è un Vigile urbano? Allora cosa devo fare con quelle auto in doppia fila qui davanti,
devo chiamare i Carabinieri?".
La Polizia municipale è buona o cattiva? C'è anche una terza via, che sia
equilibrata. La ricerca della Regione dice: troppo rigida 29%, equilibrata 42%, troppo
conciliante 19%. In realtà qui emerge la sindrome dell'allenatore di calcio, cioè quella per
cui una persona che non ha mai giocato a calcio in vita sua comunque si sente in diritto, se
gioca la Nazionale, di dare suggerimenti all'allenatore di turno perché lui o lei sì che
saprebbero come gestire la squadra.
La stessa cosa capita con la Polizia Locale: se mi dà la paletta e l’uniforme le faccio
vedere come si fa, come si gestiscono queste cose". Solo in Italia però esiste anche un altro
piccolo problema, quello cioè relativo all'allergia alle regole, tanto che solo nel nostro
Paese le cose non sono vietate, sono “severamente vietate”. Se sono vietate e basta è
un'opzione, puoi decidere come comportarti, in fondo è un suggerimento.
Di conseguenza a mio personalissimo avviso la percezione è questa: la Polizia
Locale è chiaramente rigidissima quando sono io il trasgressore, ma è lassista ai limiti della
nullafacenza se il trasgressore è qualcun altro.
Vi avevo anticipato che avevo dato un'occhiata anche su Internet ad alcuni dati e
voglio condividerli con voi, perché la Polizia Municipale ha la grande forza di essere
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
vicina al cittadino, anzi, radicata sul territorio. Il plurale da questo punto di vista è
sacrosanto.
Il problema forse è che è troppo vicina al cittadino, tanto che non è possibile andare
a prendere un bicchiere d'acqua dopo due ore di viabilità o bere un caffè in santa pace
senza essere non solo guardati male ma ripresi e postati su YouTube. Quando c'è un
sinistro adesso le persone prima di chiamare i soccorsi fanno il video. È una cosa che
spesso facciamo finta di non vedere.
Ho fatto una ricerca sulla Polizia municipale e i Vigili urbani anche su Facebook ed
escono delle pagine meravigliose, alcune impossibili da citare in pubblico perché sono un
po' pesanti. Ne ho trovate tre che però danno tutto sommato un'idea: “Emarginiamo i Vigili
urbani”, “I Vigili urbani incentivano il traffico”, “Promoter declassati al ruolo di Vigili
urbani”. Va molto meglio però se cerco il termine Polizia Locale, ci sono molte meno
pagine e un’audience molto più bassa.
Su YouTube con i Vigili urbani si scatena l'inferno: migliaia di utenti che cliccano
video disparati fatti da operatori improvvisati che denigrano l'operato del Vigile urbano.
Va leggermente meglio, ma non di tanto, digitando Polizia Locale. Con questo non vorrei
rasserenarvi e farvi stare tranquilli, nel senso che alla fine i cittadini hanno un pessimo
rapporto con i Vigili urbani ma un rapporto discreto con la Polizia Locale, perché non è
esattamente così.
Quello che vorrei ribadire, per terminare il mio intervento, è che il modo di
rapportarsi delle persone con la pubblica amministrazione è cambiato enormemente in
questo periodo.
Qualcuno se n'è accorto, qualcuno un po' meno. L'importante è fare bene, ma se
non si riesce a farlo sapere, utilizzando gli strumenti più adeguati, si rischia di inficiare
tutto il lavoro svolto. Grazie.
Moderatore:
Ero certo, Samantha, di come sarebbe stato questo intervento, ti faccio i
complimenti a nome di tutti.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Vorrei ricordare un passaggio del tuo intervento che spesso viene dimenticato:
l'Italia è l'unico Paese dove non esiste solo il “vietato”, esiste il vietato, il severamente
vietato e l’assolutamente vietato, non ho ancora capito qual è la differenza.
L'Italia è questa ed è quella che ci ha presentato Samantha: un'Italia molto
particolare che vede la Polizia Locale oggetto del desiderio degli italiani. Hai detto una
frase bellissima: probabilmente è troppo vicina al cittadino, pensateci, forse è l'origine dei
nostri mali. Prego Giuseppe Cesaro.
Giuseppe Cesaro – Ufficio stampa ACI:
Vi rubo poco tempo perché il tema è interessante e molto animato, soprattutto dopo
l'intervento pirotecnico della dottoressa che ci illumina forse più di quanto non sia successo
in questi giorni.
Spiegare a un convegno internazionale delle Polizie Locali il valore della Polizia
Locale è quasi pleonastico, abbiamo visto quali sono la rilevanza, le competenze, la
professionalità, la passione e i problemi. Noi qui conosciamo queste cose, ma fuori è molto
diverso, per questo motivo quando il comandante Delvino ci ha chiesto di ospitare questo
progetto, che vuole rompere una barriera, cercare di ridisegnare l'immagine della Polizia
Locale nell'opinione comune, nell'immaginario collettivo, abbiamo detto che non c'era
miglior occasione del IV Forum internazionale delle Polizie Locali.
Se siamo alla quarta edizione significa che tra l'Automobile Club d'Italia e le
Polizie Locali c'è un rapporto intenso e profondo, soprattutto tra le Polizie Locali e gli
Automobile Club locali. C'è una confidenza, c'è una condivisione e un interesse reciproco.
Questo progetto che Marco Polo e ANVU, si chiama "C'è bisogno di un caffè" e
credo che questo sia il luogo più giusto per presentarlo. Tra l'altro vi stanno consegnando
un questionario con il quale vi chiedono di pronunciarvi su quello che state per vedere,
cioè il promo di un progetto di una fiction, nel tentativo di cambiare quello che abbiamo
appena sentito dalla dottoressa, cioè quest'immagine imprecisa e scoordinata delle Polizie
Locali e di renderla nuova.
Rispetto a quanto è scritto qui, posso dire che è la storia di Paolo, comandante e
uomo della Polizia municipale e se potessi dare un suggerimento nel rispondere a questo
questionario, chiederei subito perché non una donna, vista l'esperienza che ci ha raccontato
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Samantha. Così cambierebbe anche l’immagine della poliziotta che ricordiamo dagli anni
’70, sotto un certo tipo di spoglie.
La IV edizione del Forum internazionale delle Polizie Locali, quindi, come cornice
per presentare questo progetto, questo promo di un film, "C'è bisogno di un caffè".
Moderatore:
In realtà non esiste ancora un protagonista del promo, siamo anche disponibili a
cambiarne il protagonista e farlo diventare donna. Nei suggerimenti, se qualcuno ritiene
che sia più importante avere la grande Edwige può suggerirlo: è un progetto in evoluzione
e quindi potremmo anche farla diventare Paola invece di Paolo.
Dopo il promo vi presenterò una minima parte dei ragazzi che hanno lavorato a
questo progetto, solo per il rispetto della gloria.
Proiezione filmato
Moderatore:
Al centro c’è Leo, che fa il coprotagonista, poi Nicola, insomma sono questi pazzi
ragazzi che hanno investito in questa idea; sono persone che hanno partecipato al concorso
internazionale, hanno una società di produzione, sono persone che amano la Polizia
municipale e questo per noi è già molto importante. Grazie a voi.
Per favore compilate la scheda, tra poco passeranno a ritirarla, è molto importante,
perché è un progetto in evoluzione, guardate che io ho prestato la voce e le spalle al
protagonista, perché sappiamo già chi potrebbe farlo, che ha già dato il via libera ma non
posso dirlo perché ha un contratto in esclusiva, che sbloccherà in questi giorni, quindi non
posso dichiararlo ufficialmente. Oltre a Giancarlo Magalli, alla persona su cui si sta
lavorando come protagonista, ci sono Mimmo Mancini e molti grandi attori che stanno
dietro progetto. Stanno aspettando una sceneggiatura che sarà costruita, assieme all'ACI,
alla Fondazione, principalmente, insieme alle associazioni, ad ANVU e ANCPUM, che
collabora insieme a Marco Polo. Una sceneggiatura che verrà costruita anche in funzione
di questo sondaggio che oggi abbiamo voluto fare qui, proprio per dimostrarvi che un'idea
così non può appartenere ad una singola associazione, o alla pazzia di una sola persona.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Progetto che deve vederci coinvolti tutti, perché con Lino Banfi che ci ha fatto ridere, con
Alberto Sordi che ci ha seppellito, ora basta, parliamo di noi seriamente e lo facciamo
come sanno fare gli altri; ci mettiamo, senza vergogna, a farlo come lo fanno gli altri.
Grazie ancora, ora torniamo le cose serie, ricominciamo a dare ordine ai nostri lavori, e
continuiamo con gli interventi. Passo la parola alla persona che ho davanti ai miei occhi da
sempre, benché non lo veda allo stesso livello, devo passare un po' gli occhi per vederlo,
ma è come se fosse un ginocchio tenendoli sempre alzati. Io ho un rispetto reverenziale nei
confronti di Mauro Famigli, che, insieme ad Aldo Zanetti, hanno rappresentato per me i
due punti di riferimento: Aldo il passionale, l'arrabbiato, qualche volta non sente ragioni,
Mauro invece il modello di gestore, il primo manager della Polizia Locale in Italia. Questa
è la definizione che io do di Mauro Famigli, soprattutto, è l'inventore della Polizia
Municipale nel quartiere. A me fa sempre piacere sentirlo, nonostante io conosca le sue
battute, il suo modo di esporre, però si inventa sempre qualcosa di nuovo e dunque sono
curioso di sentire che cosa si inventa oggi.
Mauro Famigli, Comandante della Polizia Municipale di Torino, parlerà di: "La
Polizia di prossimità”.
Mauro Famigli – Comandante della Polizia Municipale di Torino:
Io devo parlare della polizia di prossimità, non nascondo che c'è una certa
stanchezza su questo sostantivo, prossimità, che nel corso degli anni è diventato un
sostantivo, come spesso capita in altri casi, privo di significato, nel senso che
se
provassimo a distribuire un questionario qui, chiedendo che cosa si intende per prossimità,
salterebbero fuori duecento o trecento definizioni, l'una diversa dall'altra. Le definizioni
sono, per loro natura, molto soggettiva, allora quando si parla, invece, di una attività di
polizia, io credo che sarebbe necessario un minimo di glossario, perché altrimenti va a
finire che c'è chi parla di una cosa però l'altro però ha in testa un altro concetto e si finisce
per non capirsi. Nel corso del tempo sono state date 40.000 definizioni di prossimità, a
partire da quella francese iniziale, l'ultima che ho sentito - che mi ha fatto molto piacere definiva la prossimità come una filosofia. Manca solo, nell'elenco delle definizioni di
prossimità, che sia anche un'inclinazione sessuale, così come sono gli etero, gli omo, i
prossimi e poi c'è tutto!
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Io continuo a ritenere, almeno per quanto riguarda noi, che sia semplicemente un
modo di fare polizia, un modo di agire il mestiere di polizia, che ha due o tre caratteristiche
fondamentali, che poi proverò a declinare, soprattutto un modo di fare polizia per risolvere
problemi. Io credo anche qui senza inventare nulla di nuovo una definizione generale
dell'attività di polizia è quella di una funzione di servizio, per risolvere dei problemi di
oggi, quindi dentro il concetto di polizia, soprattutto quello di prossimità, è di non cadere
nella tenaglia o nella tentazione autoreferenziale, di continuare a fare sempre quello che si
è fatto. Una caratteristica fondamentale è quella di essere disponibili al cambiamento,
perché se cambiano i bisogni, i problemi da risolvere, bisogna cambiare anche il modo di
agire, di strategie, tutte le azioni messe in campo.
Una prima condizione che c'è, per risolvere problemi, se questa è una funzione
della credibilità e dell'affidabilità della forza di Polizia che è chiamata a farlo. Sì, è vero
quel che diceva Franco, o, ancora prima, la Gamberini: sulla affidabilità, sulla credibilità
qualche problema c'è. Io credo che un male fondamentale sia - a parte, non bisogna
nasconderlo, qualche errore interno, ma non è determinante secondo me la campagna
nazionale, con le punte più accese di città in città, che identifica l'attività della Polizia
municipale, locale e dei Vigili come quella che serve per fare cassa. Non contano niente
tutte le attività, tutti i servizi di Polizia giudiziaria, più o meno qualificati, di Polizia
commerciale, tutto quello che ogni Polizia Locale fa in tutta la città, l'unica cosa che si
sente dire è che noi lavoriamo per fare cassa. Io penso sia offensivo per tutti quelli, fra noi,
che lavorano tutto il giorno per il rispetto della legalità, per l'applicazione di alcune regole,
per risolvere i problemi. È un discorso ingigantito dai media, dai giornali, dalle tv, che in
questo modo fanno un pessimo servizio al bene comune, perché più si fa calare
l'affidabilità di una forza di Polizia, più ci rimettono tutti. Non succede soltanto allo
sbeffeggiato, ma la questione è che così non si risolvono i problemi, perché viene a cadere
la credibilità, nessuno crede che noi siamo in grado di fare cose giuste, perché facciamo
solo multe, perché lavoriamo solo per fare soldi.
Un'altra considerazione è che, purtroppo, siamo più o meno rimasti l'unico Corpo di
Polizia che mette le mani in tasca ai cittadini e, soprattutto di questi tempi non è una cosa
che piaccia, che porti consensi. Nonostante ciò bisogna farlo. Ieri l'amico Fabio Piccioni ci
parlava di una delega per un'ennesima modifica del Codice. Io dico che se il problema è
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che noi siamo cattivi perché facciamo pagare dei soldi, io spero che ci sia questa proposta
di modifica del codice della strada, anche se non ieri Piccioni ne ha parlato. Per quale
motivo non si eliminano le multe, ad esempio per la sosta, perché non si rimodella tutto
l'apparato sanzionatorio? Si elimina la sanzione pecuniaria, così non si fa più cassa e si
sostituisce con una sanzione accessoria di nuova modulazione. Ad esempio si potrebbe
fornire una mazzetta con il logo del Comune: per un divieto di sosta normale, quello da €
39, un colpo di mazzetta sul cofano; per il divieto d fermata o di sosta permanente, due
colpi. Questa è una cosa che ho scoperto su YouTube, è stata ripresa dappertutto, la potete
trovare. Il Sindaco di Vilnius, la capitale della Lituania, era molto arrabbiato, perché sul
viale principale c'è il divieto di sosta, magari anche qualche posto riservato agli invalidi e
così via, ma c'erano sempre le auto in sosta vietata. Nel video si vede che il Sindaco sale
sul carro armato e stira tutte le auto in divieto di sosta, poi, tutto contento, si affaccia dalla
torretta del carro armato. Dopo averle sfondate tutte, scende con la ramazza e raccoglie i
detriti.
Ieri sentivo il Sottosegretario e Piccioni dire una cosa giustissima sull’effettività
della pena, della sanzione: magari, sarebbe proprio indispensabile, lo sa ognuno di noi che
fa un mestiere di Polizia. Allora però si potrebbe pensare anche un'altra cosa, sempre per
via delle sciocchezze: le auto di nuova immatricolazione potrebbero venir dotate di una
scatola nera (come gli aerei), che registrasse tutti i comportamenti, così poi si farebbero la
multa da sole! Questa sarebbe una bella cosa, ma ho paura che, nonostante tutto, queste
modifiche al Codice non ci saranno.
Allora, per la prossimità, intesa come modo di fare di Polizia, i punti fondamentali,
i punti cardine sono due o tre, ormai ampiamente accettati da tutta la dottrina, perfino dai
Ministeri. Il centro dell'attività di Polizia non è soltanto il contrasto al crimine, ma,
soprattutto per quel che guarda noi, il lavoro per migliorare la qualità della vita. Tutti
sappiamo - cerco di riannodare alcuni concetti ampiamente conosciuti - che sulla qualità
della vita non incide soltanto il reato. Le indagini infatti hanno dimostrato che in parecchi
contesti, in presenza della diminuzione degli indici di criminalità, dei reati, a volte aumenta
il senso di allarme, il senso di paura, che è determinato non soltanto dai reati, ma anche da
come si vive in un determinato contesto. Sulla percezione della sicurezza incide molto il
senso di allarme, la paura.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Ci fu una volta il capo della Polizia di Stato, qualche anno fa, che disse - io sono
convinto che avesse centrato il punto - che uno dei compiti non di poco conto, forse uno di
quelli principali dell'attività di Polizia, sia quello di garantire alle persone la libertà dalla
paura. È un bell'impegno, perché la paura è determinata da tante cose, dai fatti della vita
quotidiana che conosciamo tutti, che capitano frequentemente. Questo è, credo, sulla
qualità della vita, sui disturbi, sul degrado, su tutto quello che compone la filiera
dell'attività nostra, lo spazio più o meno esclusivo in capo alla Polizia Locale.
Un'altra caratteristica, pure ampiamente discussa e accettata, è relativa non più e
non soltanto all'oggettività, ma alla percezione soggettiva. Anche qui si scopre l'acqua
calda, credo che una delle caratteristiche fondamentali dell'attività di prossimità,
variamente denominata, sia quella di prendere in considerazione le persone, di agire sulla
metà del problema della sicurezza relativo alla rassicurazione. Io ritengo che sia ovvio che
ognuno di noi quando ha un problema, se qualcuno è disposto ad ascoltarlo, a prendere in
considerazione le sue lamentele, in quel momento, si sente meglio, anche se si tratta di una
cosa che non finirà mai nelle statistiche criminologiche. Io credo che in questo modo una
buona metà del problema della sicurezza sia risolto, perché tutti noi amiamo essere presi in
considerazione, ci sentiamo vivi, stiamo meglio, se qualcuno ci ascolta, soprattutto se
abbiamo un problema, dalle malattie a tutto resto.
È importante ascoltare, questo è l’inizio, sono le prime esperienze di prossimità.
Ricordiamo il Vigile di quartiere, con l'enfatizzazione che ne è stata data, anche in
riferimento al Poliziotto di quartiere e al Carabiniere di quartiere; come dice Franco, oltre
alla pattuglia che girava a piedi, un po' più discosto c’era sempre un altro agente con la
telecamera che riprendeva. Questa era una sua battuta! È importante ascoltare, raccogliere
le segnalazioni. Ascoltare il negoziante che racconta il suo problema magari con i
mendicanti o con i ragazzi indisciplinati, è una delle prime cose da fare. Se ti fermi soltanto
ad ascoltare, rischi di diventare, dopo poco tempo, inutile. È vero che la prima volta
funziona, perché magari prima nessuno lo ascoltava e allora diventa importante quello che
fai. Infatti se qualcuno ha un problema e arriva una persona in divisa con la quale può
parlare delle vicende sue, questa presenza è importante. Se però tutto si ferma all’ascolto e
alla rassicurazione, si rischia di diventare in breve tempo una terapia inutile. Dopo un po'
una persona si sente troppo ascoltata ma il problema rimane, allora si sente presa in giro.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Questo per ragionare sempre sulla teoria antica, che però io credo sia ancora attuale per
l'attività di Polizia, del problem solving, ovvero: c'è un problema, ti ascolto e ti rassicuro, ti
prendo in considerazione, agisco sulla tua percezione soggettiva. Se però sotto casa tua
continua il disagio dovuto al gruppo dei ragazzi che non ti fanno dormire da tre mesi, ti
avrò anche ascoltato 15 volte, ma non ti ho risolto il problema.
Io vedo che da molte parti, compresa la città in cui lavoro, si è cercato di fare un
passo avanti, di concentrare l'attività sul fare le cose: va bene ascoltare, però bisogna anche
fare. Adesso è un po' diversa, l'attività di prossimità, al puto tale che non so se sia possibile
chiamarla ancora in questo modo, ma tanto ormai è invalso l'uso. Se in un'organizzazione
di Polizia Locale non c'è la parola prossimità, se non c'è qualcosa che faccia prossimità,
questo è politicamente scorretto e non va bene.
Io ho visto parecchie esperienze, compresa la mia, molto diverse dall'iniziale Vigile
di quartiere, dalla raccolta di segnalazioni, di problemi, dal portare in giro la divisa, dal
farsi vedere, dall’ascoltare la gente così via. Adesso stiamo cercando di lavorare su alcune
direttrici di specializzazione, quindi il nostro è diventato - almeno nella mia esperienza,
come in quella di altre città - un nucleo ad alta specializzazione, che fa alcune cose di alta
qualità e con grande specializzazione. Quali cose? Io credo che questo nucleo, questa
attività di prossimità sia quella più esposta al cambiamento, perché ritengo che debba
specializzarsi ed intervenire sui problemi di quell'area di problematica, sulla convivenza
civile, sulla qualità urbana di un contesto che magari a Torino è in un modo, a Verona in
un altro, a Frosinone in un altro ancora, su quelli che sono prioritari momento per
momento. Se tutti noi continuiamo a fare le stesse cose - nelle attività di Polizia c'è una
forte tendenza al conservatorismo - a fare oggi quello che facevamo ieri, non va bene.
Questa è una difesa personale, è una sicurezza personale malintesa, perché se continuo a
fare quello che facevo ieri, so come si fa, sono tranquillissimo e sicuro. Se devo fare delle
cose nuove, invece, il cambiamento diventa un po' difficile, ti chiedi se saprai farlo oppure
no, devi inventarti qualcosa di nuovo. Io penso faccia parte di una matrice fondamentale
dell'attività della Polizia urbana, o dei Vigili urbani: imparare sul campo, essere
continuamente stiracchiati per la giacchetta, una delle tante che portiamo in giro, e doversi
inventare sul lavoro, direttamente sul posto, una soluzione, una professionalità. Questo non
ci ha mai spaventato.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Dicevo che adesso vedo, anche con strumenti comuni, due o tre aree di
specializzazione abbastanza diffuse in tutte le città, che si prestano molto bene. Una è
quella delle aggregazioni giovanili, del bullismo, delle baby gang e così via, la seconda è
l'attività dello stalking, allargata a tutti i maltrattamenti in famiglia, la terza è quella dei
conflitti di caseggiato, di condominio, che sono un una miriade ovunque. In questi campi
possono essere messe in piedi moltissime attività di collegamento, ad esempio protocolli
d'intesa con le Procure: nella mia città, come in altre, questo è stato fatto. Sui
maltrattamenti in famiglia è possibile, perché ho visto che c'è disponibilità, fare protocolli
d'intesa con la comunità di riferimento: ci si impegna a fare qualcosa anche loro. Noi
abbiamo sottoscritto un protocollo con una comunità ortodossa, perché capita questo: sarà
malamente inteso un mediatore culturale, però è vero che sui maltrattamenti in famiglia la
pensiamo da italiani. Nell'ambiente può essere, molto spesso, che gli stranieri non
capiscano, perché non si tratta di maltrattamenti, per loro è un modello educativo un po'
tirato, un sistema di relazioni familiari, fra coniugi, un pochino tirato, e stiamo parlando di
botte. Il fatto oggettivo è che si tratta di botte. Allora, con l'intervento della comunità di
riferimento, io credo che si possa intervenire in maniera migliore, perché se sono i loro
referenti a spiegare che non va bene picchiare il figlio o la moglie, forse vengono ascoltati.
Se, invece, questo viene spiegato loro da uno dei miei vigili, quest’ultimo diventa il cattivo
della situazione.
Un'ultimissima cosa: non so se serva una modifica legislativa, io credo che
potrebbe essere fatta anche come indirizzo operativo, mi riferisco allo stalking, con un
ammonimento del Questore. Tutti ci si interessa, giustamente, della vittima del reato, ma
dello stalker non si interessa nessuno: verrà condannato, verrà ammonito eccetera, ma se
non si interviene su di lui, c'è un'altissima probabilità che lo rifaccia. Per quale motivo non
pensare che nell'ammonimento si possa inserire la prescrizione? So che esistono già
esperienze di questo tipo fuori dall'Italia, purtroppo: si tratta di obbligare lo stalker a
frequentare dei momenti rieducativi, che in qualche maniera - è meglio di niente,
sicuramente - possono contribuire a migliorare la situazione. Lo stalker deve frequentare
un corso, questa è una prescrizione dell'ammonimento.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Io credo che tutte le cose che ho detto, in maniera confusa, oggi siano il significato
più concreto e reale di una parola, prossimità, che sennò rischia di rimanere solamente una
bandiera e basta. Grazie.
Moderatore:
Grazie Mauro. Nell'ambito del concetto generale di sicurezza sociale, Mauro ha
indicato quello che può essere la mera nomenclatura di Polizia di prossimità, inserendo non
solo un fatto di tecnologia, lo stalking, o quant'altro, ma soprattutto questa analisi
territoriale, sociale, che la Polizia Locale deve fare.
Sicuramente può essere un indice interessante di lavoro preventivo per esempio
sull'uso improprio di alcol, che poi può ricadere sulla sicurezza stradale. Tutto può essere
collegato e sicuramente questa evoluzione del concetto di Polizia di prossimità è
interessante, della quale dobbiamo prendere atto.
Uno degli interventi di politica sociale di moda negli ultimi 10 anni invece è
l'abuso, nel senso di iper-uso, dei sistemi di videosorveglianza. Abbiamo iniziato quasi per
moda e davanti a me ho visto uno dei primi negli anni a parlare di videosorveglianza, che
negli anni si è trasformato in un ottimo consulente per le pubbliche amministrazioni, in tal
senso.
Mettere la telecamera per strada era diventata quasi una moda, un “salvare l'anima a
Cristo” da parte degli Assessori o dei Sindaci di turno, che non un costrutto intelligente. In
materia di videosorveglianza bisogna fare i conti con l'evoluzione, occorre avere un
regolamento sul trattamento dei dati, occorre saper gestire le registrazioni, la raccolta, la
tenuta. Occorre anche imparare intelligentemente a usare le telecamere.
Su questo tema abbiamo un autorevole relatore, amico e collega. Quando lo
presento lo prendo sempre in giro, perché abbiamo una cosa in comune: lui ha origini
pugliesi e si vergogna a dirlo, perché esalta più la sua origine austriaca, ma abbiamo
scoperto casualmente che le nostre famiglie hanno dei passaggi iniziali nella stessa città.
Luigi Altamura viene dalla Polizia e quando ha iniziato a fare questo lavoro lo ha
amato e lo sta dimostrando ormai da anni, nel ruolo di Comandante della Polizia
municipale di Verona.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Luigi Altamura – Comandante della Polizia municipale di Verona:
Buongiorno a tutti. Ringrazio per la presentazione, ma non è vero che mi vergogno
mie origini pugliesi. I miei genitori sono residenti a Bolzano, quindi è vero: sono un
miscuglio tra Nord e Sud.
Innanzitutto ringrazio l'ACI per l'invito a questo importante evento, mi onoro di
partecipare da qualche anno e l'argomento che mi è stato affidato è di grande attualità:
abuso, moda, vedremo anche qualche utilizzo intelligente.
Prima di iniziare vorrei fare qualche riflessione: oggi le Polizie Locali sono
protagoniste in senso positivo. Faccio un piccolo appunto e non me ne vogliano l’ACI e il
suo Presidente, ma guardando le agenzie tra ieri e l'altro ieri è stato fornito il dato di un
miliardo e rotti di euro di multe fatte dalle Polizie Locali. È stato ovviamente ripreso da
tutte le agenzie di stampa, dalle televisioni e dai giornali, oggi però mi piacerebbe che da
questa sessione uscisse qualche notizia realmente positiva per il mondo della Polizia
Locale, cioè cosa realizziamo, non solo per la sicurezza urbana.
Ho sentito anch'io del disegno di legge per gli incidenti stradali in cui gli ausiliari
dovrebbero andarli a rilevare e ciò potrebbe toglierci sicuramente una parte di lavoro.
Ricordiamo però che il 9 novembre ci sarà la comunicazione ufficiale da parte di ACI e
Istat sul numero di incidenti stradali rilevati nel 2010. Da questi dati emerge che oltre il
70% è rilevato dalle Polizie Locali e un domani, chiudendo le Polizie Locali, per fare una
provocazione, nessuno li rileverebbe.
Nella mia città rileviamo il 97% degli incidenti stradali, siamo quelli che vanno in
emergenza. Questa mattina, prima di venire qui, ho visto che in Liguria a fianco delle
popolazioni alluvionate c'era la Polizia Locale. Parlando con il comandante di Vicenza, mi
ha detto che domenica hanno avuto un bomba-day, evacuate centinaia di persone e c'era la
Polizia Locale.
Ringrazio l'Onorevole Giardiello, perché sia importante che la Fondazione
Caracciolo divulghi i dati relativi alla consistenza numerica: i risultati che si stanno
ottenendo sono importanti, credo che sia un orgoglio essere appartenenti alla Polizia
Locale.
Mi ha fatto piacere vedere il Veneto, dove siamo in numero ridotto e otteniamo
grandi risultati. Poi ho visto con grande piacere che siamo la regione con più etilometri: 4,4
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
strumenti ogni 10.000 abitanti. Portate quel dato a casa e ponetelo a fianco al numero di
incidenti e di morti che ci sono nei vostri territori.
Io ho già avuto la prova che da questi controlli qualcosa emerge. Negli ultimi
cinque anni la Regione Veneto ha avuto un calo del 40% e oltre di morti. Forse sarà dovuto
anche a qualche etilometro in più che abbiamo acquistato.
Vorrei partire facendo un'analisi attenta con alcuni confronti che ho trovato in una
pubblicazione del Forum europeo sulla sicurezza urbana, legato al numero di apparati di
videosorveglianza esistenti oggi in alcune zone.
Questi sono dati del 2010: Bologna ad esempio ha 291 telecamere, la cui
responsabilità è del comando della Polizia Locale. Prima il moderatore diceva che è una
moda, un abuso, ma attenzione perché quando un'amministrazione impone l'installazione
di un sistema di videosorveglianza questo ricade comunque e sempre sulla Polizia Locale.
Sicuramente ai Lavori pubblici non ne vogliono neanche sentir parlare, per cui il
comandante, in quanto responsabile della videosorveglianza, ha ulteriori oneri.
Genova ha 60 telecamere con responsabilità del Comune. Poi andiamo all'estero e
prendiamo una città come Londra, con 7 milioni di abitanti, 60.000 telecamere. Voi sapete
che in Inghilterra in questi mesi c'è una grandissima polemica, in cui si stanno mettendo
sotto processo i sistemi di videosorveglianza dicendo che ormai sono inefficaci, sono
diventati come i lampioni, nessuno ci fa più caso, nessuno guarda ed estrapola le immagini.
Ho portato qui una ricerca fatta dalla mia Regione, il Veneto, con circa 2000
telecamere la cui totale responsabilità ricade sempre sui Comuni, in particolar modo sulla
Polizia Locale. Questo deve far riflettere: l'Inghilterra è avanti rispetto all'Italia, sulle
installazioni legate alla sicurezza urbana. Oggi però c'è un cruccio che ci deve far riflettere:
la crisi economica impone sicuramente un minor investimento sui sistemi di
videosorveglianza e in particolar modo sulle manutenzioni.
È bello installarle e inaugurarle, ma dopo due anni che la manutenzione ordinaria
va a farsi benedire, noi siamo senza e dobbiamo gestirla da soli.
Che cos'è un sistema di videosorveglianza? Si tratta comunque di tecnologia,
costituita da apparati di acquisizione, archiviazione, trasmissione, visualizzazione di flusso
audio e visivo, in particolar modo visivo, in grado di effettuare riprese in ambienti esterni e
interni.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
La tecnologia va sempre ponderata: una tecnologia poco attenta al territorio, alla
criticità che vogliamo combattere, non serve a nulla. Avere un sistema di
videosorveglianza che non dà risultati è come non averlo.
Le norme di riferimento: portò ad esempio ai punti 6 e 7 il provvedimento dell’8
aprile 2010, che vi consiglio di leggere quando un amministratore vi convoca nel proprio
ufficio per analizzare un sistema di videosorveglianza. Soprattutto vi consiglio la
cosiddetta Carta di Rotterdam, per un utilizzo democratico della videosorveglianza. È stata
fatta proprio attraverso l'analisi del Forum sulla sicurezza urbana, in cui sono stati emanati
dei principi molto semplici, che forse già il buon senso ci impone di realizzare.
In particolar modo per l'installazione di un sistema di videosorveglianza
innanzitutto serve la realizzazione di una diagnosi preliminare, dobbiamo capire territorio e
leggerlo: oggi le Polizie Locali sono in grado di leggere il territorio e qualcuno ha definito
la Polizia Locale come quella dell'ultimo miglio, mentre io direi anche delle ultime tre
miglia, perché oggi come oggi realizziamo un percorso di attenzione e di ascolto cittadino
senza uguali.
Poi occorre fare delle valutazioni periodiche, demandate a chi gestisce il sistema di
videosorveglianza: queste valutazioni devono permettere o il rafforzamento o anche la
modifica del posizionamento. Nessuno ci impone che quella telecamera sia nata e debba
morire in quel luogo. Di recente, grazie a un'analisi fatta anche con la Prefettura, che è il
detentore dei dati, visto che noi non potremmo mai accedere a questi dati, abbiamo cercato
sapere in quel territorio cos'è successo dopo l'installazione di un sistema di
videosorveglianza, capire se un'esigenza reale sussiste ancora, avere la forza di andare dal
proprio amministratore, dal proprio Sindaco, e magari far comprendere che vi è la
necessità che quella telecamera venga posizionata in altre arterie, in altri luoghi, in altre
zone dove sussistono dei problemi.
C'è poi un argomento che mi sta particolarmente a cuore: la realizzazione di un
percorso formativo degli operatori. Mi ha fatto piacere che l'amico Francesco abbia
mostrato dei filmati, si parla di Polizia Locale: dobbiamo dare delle certezze agli operatori,
affrontando argomenti difficili quando si va a parlare con il collega dell'ufficio personale,
non ci sono soldi per la formazione, non ci sono soldi per le missioni, ma dobbiamo dare
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
qualche sicurezza agli operatori, facendo anche alcuni sacrifici. La formazione degli
operatori nella gestione di un sistema di videosorveglianza è diventata basilare.
Poi, quarto ma non ultimo, la realizzazione totale del rispetto dei principi previsti
dai provvedimenti governativi e di legge.
Novità importanti per i Comuni: la circolare del capo della Polizia del 6 agosto
2010, circolare che il Prefetto Frattasi, responsabile dell'ufficio di coordinamento e
pianificazione, ha fatto comprendere come oggi l'utilizzo delle finalità per la sicurezza
urbana possa far affievolire quelle previsioni, anche in materia di segnaletica che deve
essere apposta, proprio perché probabilmente anche al Ministero dell'interno si stanno
accorgendo che oggi la sicurezza urbana ha un valore aggiunto rispetto all'utilizzo che i
Comuni potevano farne prima dell'emanazione del decreto ministeriale 5 agosto 2008.
Poi c'è un documento di cui si è parlato poco ma che è necessario rileggere, ovvero
le linee guida dell’ANCI. Finalmente l’ANCI ha dato uno sprint ulteriore: se ne sta
parlando tra Comuni e tra comandi. Proprio in questi giorni l’ANCI ha mandato un
prospetto a tutti i comandi per avere i dati dal 1° gennaio al 30 settembre relativi al
contrasto del commercio abusivo ambulante. Sono dati che noi non riusciamo a
raccogliere, l'ha dimostrato prima l'onorevole, dicendo che non siamo neanche in grado di
contarci.
Iniziamo a dire anche le cose positive, soprattutto alla stampa: alla stampa le cose
vanno raccontate perché i cittadini sono i primi a rivolgersi al giornalista di turno per
raccontare i lati negativi della nostra attività.
Vi anticipo poi il punto 10, una novità che uscirà nelle prossime settimane: si tratta
di un protocollo tra il Ministero dell'interno, Dipartimento della Pubblica sicurezza,
coordinamento pianificazione forze di Polizia e ANCI, proprio in materia di
videosorveglianza.
A seguito delle linee guida, a seguito della circolare del Ministero dell'interno, si
vuole mettere ordine in un settore nel quale qualche Comune sta subendo delle situazioni
poco piacevoli, addirittura con delle ispezioni da parte del nucleo privacy della Guardia di
Finanza, con sanzioni anche pesanti.
Documenti più recenti: il provvedimento del garante dell’8 aprile 2010, la Carta di
Rotterdam e le linee guida dell’ANCI. Sono tutti documenti che trovate su Internet e che i
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
vostri responsabili di centrale operativa, o di privacy – perché finalmente all'interno del
comando abbiamo dei responsabili che si occupano a tempo pieno di privacy – devono
assolutamente leggere.
Quali sono gli utilizzi maggiori che vengono svolti dai comandi di Polizia Locale
all'interno dei propri territori? Sono due: il primo è quello della sicurezza urbana e ho
portato un paio di esempi di cui parlerò tra poco.
Nei Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica, quando vengono
affrontati determinati argomenti, ad esempio i writers, l'accattonaggio o l'abbandono e il
degrado di strutture private, di cui si parla all'interno del decreto ministeriale del 5 agosto
2008, spesso i responsabili delle Forze dell'ordine girano la testa dall'altra parte, ritenendo
che sia solo un problema del Sindaco e, a cascata, della Polizia Locale.
Non è così: le modifiche che ci sono state all'articolo 54 del Testo unico degli enti
locali dice chiaramente che le forze di Polizia, ex articolo 16 della legge 121, devono
occuparsi di questi argomenti e lo devono fare con il controllo del territorio, con le loro
pattuglie, con le loro energie, certamente in sinergia con l'autorità sindacale, che ha una
responsabilità diretta nella gestione della sicurezza urbana.
Poi c'è un altro argomento, visto che siamo a casa dell'ACI, ovvero quello della
sicurezza stradale. Sicuramente la sicurezza stradale può essere aiutata dai sistemi di
videosorveglianza, vi ho portato due video per dimostrare che la Polizia Locale è anche
qualcosa di tecnologicamente avanzato, per fortuna non siamo più ai tempi di Alberto
Sordi. Quest'utilizzo intelligente della sicurezza stradale ci sta dando grandi risultati.
A Verona, credo come unica città d'Italia, abbiamo censito tutti gli impianti di
videosorveglianza sia pubblici che privati. È stato un lungo lavoro, abbiamo chiesto l'aiuto
alle associazioni di categoria, Confcommercio, Confesercenti, Camera di commercio, API
e altre associazioni. Il risultato è stato stupefacente, nel senso che vedere su una mappa del
nostro sistema informativo territoriale integrato il numero di telecamere presenti ma,
soprattutto, della proprietà di quel sistema di videosorveglianza: addirittura abbiamo
l'informazione, ad ogni pallino si apre una finestra per cui noi sappiamo se quel sistema di
videosorveglianza è dotato del sistema registrazione. Voi sapete che molti sistemi non
hanno il sistema di registrazione all'interno, per risparmiare.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Non solo, molte telecamere sono finte. Quando abbiamo fatto un sopralluogo su
alcune zone cittadine abbiamo scoperto decine di telecamere finte perché vedere la
telecamera è un deterrente fino a quando non capita la rapina. A quel punto viene fuori il
guaio.
Se in piazza c'è una rapina, l'operatore che deve andare sa perfettamente quali sono
i sistemi di videosorveglianza pubblici e privati a disposizione e vi posso garantire che
questo per un operatore della squadra mobile del reparto investigativo o anche per noi,
quando andiamo a verificare la fuga di un piccolo post-incidente stradale, credo sia molto
importante, perché lo si fa direttamente dalla propria scrivania.
Sicurezza urbana: io porto due esempi, ad esempio uno è quello dei writers.
Stranamente siamo noi a dovercene occupare: a Verona abbiamo trovato una
collaborazione con l'arma dei Carabinieri che hanno fatto un'attività di indagine molto
avanzata, ma molto spesso le nostre telecamere vanno a riprendere soggetti che poi sono
immortalati nelle loro opere: danneggiamento al patrimonio artistico monumentale con
conseguenze di non poco conto, anche per il Comune che poi deve andare a ripulire i
monumenti.
L'abbandono dei rifiuti sta diventando un'emergenza, non solo nel Sud dell'Italia,
ma anche al Nord. Nel luglio di due anni fa abbiamo chiesto al garante di poter sanzionare
ai sensi dell'articolo 13 della legge 689 del 1981. Quando, nel provvedimento del 2010, il
garante ci ha dato parere favorevole, per me è stata una gioia, perché in poche settimane,
con la nostra municipalizzata, noi siamo riusciti a installare otto telecamere sul territorio e
l'abbandono dei rifiuti è stato combattuto. Abbiamo pochissimi episodi e pochissime
sanzioni, nel 2011 sono 13, ma soprattutto abbiamo individuato soggetti che
abbandonavano amianto e rifiuti tossici.
Abbiamo individuato soggetti che, addirittura, nella gestione di cooperative di
risanamento appartamenti o altro, erano abitudinari nell'abbandonare i rifiuti.
Questa cosa naturalmente ha anche portato lustro alla nostra attività di Polizia
Locale, ma soprattutto un'attesa spasmodica da parte di molti cittadini, che di mese in mese
non vedono l'ora di vedere la propria area videosorvegliata, perché ogni mese le otto
telecamere vengono fisicamente spostate e ricollocate. Addirittura sul sito dell'Azienda
municipalizzata di Verona vengono indicati i luoghi, per cui non si fa nessuna truffa,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
nessun inganno, nessun agguato, perché è anche di questo che dovremmo iniziare a parlare
con qualche giornalista. La Polizia Locale fa gli agguati, quando gli altri utilizzano
l'autovelox invece no.
Vorrei mostrarvi ora due video, uno molto recente, risalente al 12 ottobre 2011, nel
pieno centro di Verona, con in atto un inseguimento a un cittadino extracomunitario che si
è dato alla fuga a un posto di controllo. Mentre tutte le pattuglie arrivano in pochi secondi,
c'è un altro soggetto con una moto di grossa cilindrata, rubata una settimana prima e
vedrete che cosa accade.
Proiezione video
Grazie a questo video abbiamo potuto spiegare al Pubblico ministero cos'era
successo, senza neanche bisogno di commentarlo.
Un altro video che porto sempre con me, gelosamente, riguarda la sicurezza
stradale. Una bella giornata di agosto, in pieno sole, guardate cosa accade a pochi metri
dalla fiera di Verona.
Proiezione video
Noi gestiamo 120 telecamere di sicurezza urbana e sicurezza stradale: il fatto è che
la videosorveglianza ormai è uno strumento che va curato, altro che moda e abusi, è uno
strumento che va coccolato così come va coccolato il personale adibito alla gestione dei
sistemi di videosorveglianza. Non serve il più avanzato sistema di videosorveglianza se il
personale che lo gestisce gioca al computer, non ha nessun tipo di valenza. Il sistema dà il
meglio di sé solo con una componente umana e la sua intelligenza.
Vi lascio i miei riferimenti e ringrazio ancora l’ACI per l'invito.
Moderatore:
Grazie Luigi, il tuo intervento è stato completo e aggiungerei l'aspetto più
romantico, che è il lavoro preparatorio, probabilmente più un messaggio ai politici che non
ai tecnici, quando si vuole la soluzione immediata dello strumento tecnico, dimenticando
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
che c'è tutto un iter da sviluppare per arrivare a concretizzare anche i risultati di quei
filmati, che sono comunque simboli di efficienza sotto tutti i punti di vista.
Da relatori impregnati di Polizia Locale passiamo a un osservatore attento ed
esperto. È un professore dell'Università di Ferrara, Donatello Ghezzo, da sempre attento
critico del mondo della Polizia Locale.
Entra oggi nell'aspetto romantico cui si faceva riferimento prima, cioè la potestà
regolamentare dei Comuni, opportunità e rischi.
Donatello Ghezzo – Professore dell'Università di Ferrara:
Buongiorno a tutti. Ringrazio l'ACI e la Fondazione Caracciolo per la possibilità
che mi viene data di condividere con voi alcune riflessioni su un tema che credo stia
particolarmente a cuore a voi operatori, in questa fase politica e giuridica.
Il mio intento è quello di fare con voi una riflessione di una decina di minuti su un
tema di estrema attualità. In questo modo tradisco un po' il titolo che mi era stato assegnato
in origine, che si limitava ai regolamenti comunali, ma io preferisco spaziare un po' e
discutere con voi il tema di regolamenti, ordinanze e sicurezza urbana.
È una riflessione che vuole fare il punto della situazione, dal punto di vista
giuridico e dal punto di vista fattuale. Mi sono cioè soffermato a pensare e vorrei
condividere con voi questi pensieri affinché, rientrati nei vostri comandi, possiate
ulteriormente rifletterci sopra e sicuramente elaborare ulteriormente la questione. Mi sono
fermato a pensare da dove veniamo, quindi le ordinanze così come pensate nell'articolo 54
modificato dal famoso pacchetto sicurezza; per dove siamo passati, quindi la sentenza della
Corte costituzionale 115 del 2011 e le ragioni che sottendono a questa decisione, troppo
spesso dimenticate, come mi pare di capire; infine dove stiamo andando, in diverse realtà
infatti colgo le più variegate soluzioni, che spesso mi lasciano alquanto perplesso dal punto
di vista giuridico. Vorrei poi concludere questo percorso dando dei piccoli suggerimenti, in
termini di prospettiva, non tanto a voi quanto al legislatore, su quelle che dovrebbero
essere, a mio modesto modo di vedere, le soluzioni giuridicamente corrette al problema
che si va delineando.
Dalle ordinanze dei Sindaci ai regolamenti dei Comuni: partirei dalle ordinanze
sindacali ordinarie, quindi dal testo dell'articolo 54 del Testo unico enti locali, così come
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
modificato dal pacchetto sicurezza del 2008. Tutti ricorderete che in quel testo si diede la
possibilità ai Sindaci di adottare delle ordinanze al fine di prevenire ed eliminare gravi
pericoli che minacciano l'incolumità e la sicurezza pubblica, in via ordinaria, quindi al di
fuori della consueta previsione della contingibilità e dell'urgenza.
In questo senso è accaduto che vi è stata una produzione alluvionale, frammentata e
creativa delle più disparate ordinanze, con contenuti giuridici a volte fantasiosi a tal punto
da risultare difficili da collocare all'interno del nostro sistema giuridico e costituzionale, in
materia di prostituzione, di simboli religiosi, di attività commerciali, di lavavetri e
accattonaggio, di decoro urbano e sicurezza urbana intesa in senso lato, di sostanze
stupefacenti e poi ordinanze davvero creative, che non avrei saputo come catalogare
diversamente, relative al divieto di sostare in più di tre persone all'interno dei parchi
pubblici di notte oppure di sedere in più di due sulle panchine eccetera.
Credo che ognuno di noi, anche a un non giurista, potessero sorgere dei dubbi, che
magari accantonavamo in un angolo perché erano altre le esigenze che volevamo
fronteggiare. C’erano però dubbi sorti sulla legittimità dei provvedimenti che si stavano
configurando: i principi costituzionali chiamati in causa da ordinanze di questo tipo sono
numerosissimi. Li ho elencati per riportarli alla vostra memoria: il principio d'uguaglianza
di cui all'articolo 3 della Costituzione, inteso in due direzioni, cioè uguaglianza nel senso
di discriminazione all'interno del Comune tra cittadini e non cittadini, ma anche
uguaglianza nel senso di differenziazioni accentuate di disciplina tra un Comune e l'altro;
la libertà religiosa, le condizioni dello straniero, la libertà personale, la libertà di
circolazione e di soggiorno, la libertà di riunione, la libertà di manifestazione del pensiero,
la libertà di iniziativa economica e il diritto di proprietà.
Infine c'è un principio che pervade tutti gli altri, quello di legalità, che esige che la
Pubblica amministrazione, nell'intervenire con propri provvedimenti, sia previamente
autorizzata e, in qualche misura, indirizzata dal legislatore nazionale. Questo è un principio
che troveremo nella pronuncia della Corte costituzionale.
A questo momento dello stato dell'arte, ancora nelle ordinanze, prima della Corte
costituzionale, avevo già fatto alcune riflessioni che vedevano un arretramento forte
dell'autonomia locale rispetto allo Stato. Contrariamente a quanto si possa pensare, a una
prima lettura della norma, non è assolutamente vero che attraverso la modifica dell'articolo
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
54 sono state attribuite alle autonomie locali maggiori poteri di intervento, tutt'altro, perché
non dobbiamo dimenticare che il Sindaco interveniva in qualità di ufficiale di governo,
quindi in qualità di soggetto gerarchicamente subordinato al Prefetto e al governo. Il
Sindaco non interveniva come rappresentante dell'autonomia locale. Questo era un forte
arretramento della potestà disciplinare del Comune e un accentramento, in capo allo Stato,
di interventi sulla realtà del territorio comunale.
Poi vi era una forte regressione dei livelli di democrazia municipale perché queste
ordinanze spesso andavano ad intervenire in ambiti in passato disciplinati dai regolamenti
di Polizia urbana. Il regolamento di Polizia urbana prevedeva l'approvazione, da parte del
Consiglio comunale, con tutto quel che ne consegue dal punto di vista della discussione
pubblica, del confronto e delle garanzie di rappresentatività, mentre l'ordinanza adottata da
un organo monocratico pregiudicava fortemente questo tipo di partecipazione democratica
alla vita della realtà municipale.
Vi era anche un'ipertrofia ordinamentale: di fronte a un ordinamento per cui
cominciamo a lamentarci continuamente di avere troppe norme, il legislatore ha dato la
possibilità ai Sindaci di adottarne altre. Sono norme che nel 90% dei casi non facevano e
non fanno altro che riprendere, in qualche misura più o meno accentuata, in parallelismi
più o meno forti, norme già presenti nell'ordinamento. A volte si trattava di norme di non
facile applicazione nella realtà del singolo municipio, ma in ogni caso erano norme che in
qualche angolo recondito del nostro ordinamento erano e sono già previste. C'era dunque
un rischio forte di antinomia tra le norme adottate con le ordinanze sindacali e quelle già
presenti nell'ordinamento, con innumerevoli difficoltà, da parte degli operatori, nel
risolvere questi conflitti. Molto spesso ci si trova a dover decidere, in via quasi arbitraria –
non potete negare che questo accada – se applicare una sanzione amministrativa,
applicando l'ordinanza del Sindaco, oppure fare una notizia di reato perché la stessa
fattispecie è prevista da una norma sanzionata penalmente. Capite che questo deve lasciare
fortemente e necessariamente perplessi.
Vi era dunque una produzione di micro-ordinamenti comunali accomunati dalla
presunta urgenza di provvedere a emergenze o pericoli che, a mio modo di vedere, in realtà
non sono adeguatamente affrontati a livello nazionale. Si tratta di situazioni e di contesti
irrisolti a livello nazionale e strutturale che, sempre a mio modesto modo di vedere,
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
dovrebbero essere affrontati non a livello comunale ma a livello ordinamentale
complessivo dello Stato.
In questo contesto emerge con forza una nozione di sicurezza urbana, davvero
difficile da delimitare dal punto di vista giuridico. Ho preferito dunque partire dalla
definizione sociologica del termine e ho ricostruito tre profili che rientrano e vanno a
formare il concetto di sicurezza urbana: tutela dell'ordine pubblico, quindi i fenomeni
criminali, sicuramente di competenza statale; disordine pubblico, comportamenti che
pregiudicano l'ambiente urbano, e possiamo fare l'esempio dei graffiti o degli atti
vandalici, o che disturbano la convivenza civile e si può fare l'esempio di situazioni che
determinano schiamazzi o altre fonti rumorose di disturbo; e stress culturale, inteso nel
senso dei rapidi mutamenti della società che inquietano perché la sicurezza spesso è legata
alla routine e alle abitudini e quando queste vengono alterate c'è un senso di inquietudine.
Questa è la definizione sociologica di sicurezza urbana, l'unica definizione
veramente completa che sono riuscito a trovare. Dal punto di vista giuridico io preferisco
sposare la tesi di alcuni giuristi che preferiscono non definire la sicurezza urbana, cioè
arrivano a concludere che la sicurezza urbana non è una materia ma è un punto di incrocio
tra materie e competenze diverse. Probabilmente in questo caso è davvero opportuno
rinunciare a dare una definizione che, in qualsiasi caso, viene ad essere lacunosa, e invece
ragionare sul fatto che ci troviamo in un punto di incrocio tra competenze e materie
diverse, con tutte le difficoltà che ne conseguono.
La Corte costituzionale ha dovuto dare una definizione e, in modo piuttosto
semplicistico, nella sentenza 169 del 2009, rifacendosi al decreto ministeriale 5 agosto
2008, ha assimilato il concetto di sicurezza urbana al concetto di sicurezza pubblica.
È vero che troviamo definizioni di sicurezza urbana anche nel famoso decreto
ministeriale 5 agosto del 2008, che andava integrare la norma di cui all'articolo 54 e su
questo andrei veloce perché non ci dà nessun aiuto, soprattutto l'articolo 2 è molto ambiguo
perché da una parte richiama concetti che riguardano la prevenzione situazionale e
dall'altra parte, quando si richiama alla prostituzione o a proposito di sostanze stupefacenti
sembra che faccia riferimento direttamente a concetti attinenti la sicurezza pubblica. In
ogni caso andrei molto veloce perché è superata dalla pronuncia della Corte costituzionale
di cui dirò tra un attimo.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
A questo punto è doveroso una considerazione su tutte, peraltro quella che ho già
anticipato prima, ovvero la sicurezza urbana, anche se non perfettamente coincidente, ha
un'attinenza con la sicurezza pubblica e la sicurezza pubblica è materia di competenza
legislativa esclusiva dello Stato, secondo l'articolo 117, comma 2, lettera h) della nostra
Carta costituzionale. Questo è un punto fermo che bisogna mantenere e poi capirete dove
voglio arrivare.
Nell'aprile di quest'anno interviene la Corte costituzionale e dichiara illegittimo
l'articolo 54, comma 4, del Testo unico, nella parte in cui ha dato la possibilità ai Sindaci di
adottare provvedimenti di ordinanze anche in assenza di contingibilità e urgenza. Non
dobbiamo fermarci qui, dobbiamo vedere cosa sta dietro questa pronuncia, perché presi
dalle mille attività che ogni giorno siamo costretti a porre in essere, ci fermiamo alla
pronuncia della Corte in termini di incostituzionalità. Tutti ricordiamo dunque questa
sentenza come quella che ha detto che i Sindaci non possono "anche" adottare, ma
dimentichiamo le ragioni che hanno portato la Corte a pronunciarsi in questi termini. In
realtà sono più importanti le ragioni che le conclusioni.
Le ragioni sono sostanzialmente quattro: sono quattro profili di incostituzionalità
che dobbiamo necessariamente tenere presenti perché condizionano anche soluzioni
alternative che qui e lì emergono nelle diverse realtà. Premesso che, per la Corte, queste
ordinanze comunque dovevano rispettare le norme di legge del nostro ordinamento, al
contrario di quanto avviene per le ordinanze contingibili e urgenti che devono attenersi
semplicemente ai principi generali dell'ordinamento, la Corte dice che queste ordinanze,
così come è scritto nel testo normativo, devono rispettare tutte le norme contenute nel
nostro ordinamento.
Nonostante questo vincolo forte, vi sono ben quattro profili di illegittimità
costituzionale. Il primo è la violazione del principio di legalità, sostanziale nell'attribuzione
dei poteri amministrativi: la Corte ci ricorda che per poter autorizzare la Pubblica
amministrazione a intervenire con i propri provvedimenti è necessario che, a monte, il
legislatore con una legge indichi gli ambiti in cui la Pubblica amministrazione si può
muovere, altrimenti vi sarebbe una discrezionalità illimitata ed è questo ciò che viene
rimproverato.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Secondo passaggio fondamentale è la violazione dell'articolo 23 della nostra Carta
costituzionale, dove si prevede che nessuna prestazione personale o patrimoniale può
essere imposta se non in base alla legge, quindi riserva di legge in materia di prestazioni
personali e patrimoniali. Riserva di legge che per la Corte è stata violata nella misura in cui
si è attribuita la possibilità ai Sindaci di intervenire in materie coperte da questa riserva. La
Corte ci dice che le ordinanze oggetto di scrutinio, per il tipo di finalità, quindi incolumità
pubblica e sicurezza urbana, e per i loro destinatari, rientrano necessariamente nella riserva
di legge di cui all'articolo 23.
Se adesso, con uno strumento normativo diverso, andiamo a intervenire
nuovamente con quelle materie, ci riscontreremo nuovamente con la violazione
dell'articolo 23 della Carta costituzionale. Cambiando il nome allo strumento normativo
non possiamo aggirare i diktat della Corte.
Terzo profilo di illegittimità, forse meno interessante per quello che vorrei dire
dopo, è l'articolo 97 della Costituzione: la Pubblica amministrazione per garantire
l'imparzialità si deve muovere in base alla legge previamente introdotta nel nostro
ordinamento. Il quarto punto, fondamentale, è il principio di uguaglianza: la Corte lamenta
come i provvedimenti frammentati sul territorio, in virtù dei singoli campanili, violino i
principi di uguaglianza perché in un Comune mi devo comportare in un modo e in quello
accanto in modo diverso.
Quali sono state le reazioni dal punto di vista pratico? Qualcuno ha cominciato a
riproporre le stesse ordinanze cercando, surrettiziamente, di motivarle in termini di
contingibilità e urgenza. Questo è ciò che vedo nel panorama di ogni giorno: i
provvedimenti che prima erano ordinari ora, pur di farli restare in piedi, sono diventati
contingibili e urgenti e capite qual è la forzatura.
La seconda soluzione è fare un copia e incolla di queste ordinanze e farle diventare,
per magia, dei regolamenti comunali, diversamente denominati, ad esempio polizia urbana,
decoro urbano o sicurezza urbana.
Devo necessariamente fare della critica a questa trasmutazione di ordinanze in
regolamenti: la prima critica è che avevamo detto che la sicurezza urbana era materia di
competenza esclusiva dello Stato, tant'è che per primo lo Stato, nell'attribuirla ai Sindaci,
l'ha fatto in qualità di ufficiale di governo, non di rappresentante dell'amministrazione
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
locale. Com'è allora che quella competenza che prima veniva svolta in termini di ufficiale
di governo adesso è diventata competenza dei Comuni e la possono utilizzare per
disciplinare le stesse fattispecie all'interno dei regolamenti? Non so quale sia la risposta,
ma evidentemente stiamo normando delle situazioni che fuoriescono dalla competenza del
Comune.
L'indicazione della Corte, in virtù dell'articolo 23 della Costituzione, cioè che senza
una previa disposizione di legge non è impossibile imporre delle prestazioni personali
patrimoniali ai cittadini, vale anche per i regolamenti comunali. Siccome non si chiama più
ordinanza e non regolamento non vuol dire che possiamo imporre ai cittadini qualsiasi tipo
di prestazione patrimoniale o personale: ci deve essere una previa disposizione di legge che
dia questa possibilità e che la vincoli.
Terzo punto: l'articolo 3, se prima facevamo delle disparità di trattamento con le
ordinanze non vedo perché ora si possano fare con i regolamenti comunali, il problema
rimane.
Possibili soluzioni giuridiche: un serio intervento da parte dello Stato, utilizzando
gli strumenti che gli sono attribuiti dalla nostra Carta costituzionale. Se vuole attribuire
questo tipo di competenze ai Sindaci, interviene così come la Corte costituzionale gli ha
insegnato, cioè con delle leggi che vanno a normare il potere dei Sindaci e a disciplinare
l'ipotesi in cui i Sindaci possono intervenire.
Attenzione, comunque l'intervento è escluso nelle ipotesi di riserva di legge
assoluta, articolo 13 e seguenti della Carta costituzionale, riserva di legge assoluta: non
può intervenire nessun altro se non il Parlamento, quindi dimentichiamo il fatto che
domani mattina il Sindaco possa intervenire a limitare la libertà personale o la libertà di
circolazione. In questo caso il legislatore nazionale non potrebbe nemmeno attribuire al
Sindaco uno spazio di intervento, gli è vietato.
Seconda ipotesi: sfruttare la possibilità data dall'articolo 117, comma 2, lettera p)
della Costituzione che dà la possibilità allo Stato di attribuire e normare le funzioni
fondamentali dei Comuni, quindi si potrebbe ipotizzare in qualche misura che la sicurezza
urbana è una funzione fondamentale del Comune e questo mi troverebbe d'accordo, perché
è un'impostazione che va verso il principio di sussidiarietà, quindi avvicina il legislatore al
cittadino.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
In questo senso, con una legge si potrebbe attribuire questa possibilità di intervento,
che però rimarrebbe vincolata nel contesto della legge stessa e quindi non si potrebbe più
spaziare dalla mattina alla sera ma ci si dovrebbe muovere all'interno dei principi fissati
dalla legge dello Stato.
Terza e ultima possibilità: si potrebbe sfruttare anche l'articolo 118, comma 3, che
dice che la legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle
materie di cui alla lettera b) e h). La h) è proprio la lettera che riserva allo Stato la potestà
legislativa in materia di ordine pubblico e sicurezza. Con una legge dello Stato si dovrebbe
avere il coraggio di fare queste leggi: se il governo non è in grado di portare in Parlamento
una legge di questo tipo purtroppo non possiamo pensare che, a livello locale, si dia una
soluzione a questioni che non si riescono a risolvere a livello centrale. Gli strumenti ci
sono ed è il caso di utilizzarli fino in fondo. Grazie.
Moderatore:
Professor Ghezzo, una domanda provocatoria: l'articolo 3, comma 4, del 267
prevede l'autonomia statutaria regolamentare e poi c'è la strana parola, anticostituzionale,
che prevede l'autonomia normativa per i Comuni, oltre all'autonomia finanziaria e
contabile. Io credo che stia lì tutta la soluzione: se prendiamo "normativa" come
un'estensione del potere regolamentare e quindi come un potere ordinatorio, credo che
avremmo la soluzione.
Io penso che infine debba essere esaltata l’autonomia dei singoli Comuni: il
problema è che bisogna avere dei Sindaci e dei politici che abbiano il coraggio di
esprimere una cosiddetta norma, mi faccia passare questo termine improprio, all'interno del
territorio comunale, che risponda alle aspettative dei cittadini. Credo che sia più un fatto
mentale e politico che non normativo. Sbaglio?
Donatello Ghezzo:
È vero che esiste questa potestà normativa dei Comuni ed è vero anche che
qualcuno ritiene che questa potestà ricavi un proprio spazio di competenza riservata ai
Comuni, ma è altrettanto vero che allo stato dell'arte la dottrina e la giurisprudenza in
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
materia ritengono che questa potestà normativa debba essere attuata nel rispetto del
principio gerarchico rispetto alla legge. In mancanza di una legge...
Moderatore:
La legge 81 riconosce al Sindaco la responsabilità piena in materia di sicurezza
presso i cittadini che l'hanno eletto.
Donatello Ghezzo:
Sì, però non contiene quei parametri che limitano la sua discrezionalità.
Moderatore:
È ovvio, non parliamo di sceriffi nelle città, non parliamo di situazioni dittatoriali
ma di norme che regolamentano la vita sociale. Il Sindaco può esprimersi negli spazi della
legge: è questo il dubbio che veniva fuori nel sentirla. Concordo con tutti i limiti di
riferimento, ma un Sindaco che vuole gestire il suo ruolo di responsabile della sicurezza
del territorio ad oggi può farlo.
Donatello Ghezzo:
Certo, può farlo, però dal punto di vista normativo deve rispettare l'inquadramento
complessivo dell'ordinamento. Sicuramente ha ampi spazi di manovra, sicuramente un
Sindaco può farlo.
Moderatore:
Grazie professor Ghezzo, perché ha aperto un varco importante. Possiamo dare
tranquillità e sicurezza ai nostri Sindaci, quando spesso mettono in dubbio la nostra
capacità di supporto tecnico.
Ora andiamo ad ascoltare un amico ma anche un grande professionista. Ho una
stima particolare per Roberto Mangiardi, Comandante della Polizia municipale di Genova,
lo considero un sacrificale, poco passionale apparentemente, perché rimane sempre
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
abbastanza freddo: i pochi amici che ha – e credo di rientrare tra questi – conoscono invece
il vero Roberto, ovvero una persona molto emozionale, passionale e attaccata al lavoro.
Quando, parlando di questa tavola rotonda, avevo pensato di consigliare il tema
sulla sicurezza sul luogo di lavoro, vi assicuro che la sua prima reazione è stata di
mandarmi a quel paese, nonostante il suo proverbiale aplomb.
Poi mi ha richiamato, dopo qualche giorno, e mi ha detto che stava cominciando a
pensare che forse si poteva darne un'interpretazione particolare. Insomma, ieri ha ancora
cambiato il suo intervento, dopo aver sentito i colleghi.
Ci parla della sicurezza sul luogo di lavoro.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Roberto Mangiardi – Comandante della Polizia municipale di Genova:
Faccio un doveroso ringraziamento, anche da parte mia, all'ACI e mi associo alle
considerazioni circa la riuscita di questo evento.
Dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva: parliamo però di safety e non di
security. Non voglio annoiarvi con le prescrizioni del decreto 81 del 2008 che ha superato,
integrato e reso ancora più complicato il 626.
I tre soggetti, i tre parafulmini, sono il datore di lavoro, il dirigente delegato e il
preposto, tenendo conto che il problema della sicurezza nei luoghi di lavoro deve essere
affrontato con correttezza, con onestà intellettuale, tenendo conto degli effetti sostanziali di
una corretta esecuzione, da parte di chi ne ha la responsabilità, dei propri compiti.
Il timore è che abbiano le stesse conseguenze della 626. La 626 ha avuto una
conseguenza, cioè ha disboscato una parte dell’Amazzonia: si sono fatti migliaia di
documenti di centinaia di pagine, con tabelle, grafici, analisi e varie valutazioni, ma
sostanzialmente tutto si è esaurito in quel modo.
Invece c'è la necessità di superare l'aspetto formale, sia che l'azienda abbia più di 10
lavoratori o che ne abbia meno di 10 – questo è il grande discrimine tra le complessità di
adempimento da parte di chi ha la sventura di essere datore di lavoro. Il perno di tutto il
sistema è il documento della valutazione dei rischi, che dev'essere un work in progress, che
deve essere costantemente aggiornato e flessibile.
Con il Presidente del Tribunale noi abbiamo appena sottoscritto una convenzione
per avere, presso di noi, dei lavoratori di pubblica utilità che sono probabilmente già stati
nostri clienti perché sono in conversione di pena per sanzioni di natura penale in materia di
circolazione stradale.
Per una questione di bon ton, ho chiesto che non fossero assegnati direttamente al
corpo, perché sembrava brutto porli a lavorare a fianco di chi aveva accertato loro la
violazione, ma abbiamo previsto come una pena accessoria, per coloro i quali svolgano
lavori di pubblica attività in conto espiazione pena, uno stage all'infortunistica dove faremo
mettere loro a posto i nostri dossier fotografici di tutti gli incidenti stradali che abbiamo
rilevato nel corso degli anni. In alcuni ci sono esempi di sopraffina macelleria,
particolarmente adatti a stimolare le sensazioni e le emozioni.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Avere una persona che viene a interferire, all'interno della propria organizzazione
del lavoro, richiede di adeguare e aggiornare il proprio documento di valutazione dei
rischi. Può sembrare un aspetto meramente compilativo, che si risolve solamente con
l'inserimento di clausole di stile in un documento standard, ma in questo contesto è
estremamente importante, sia per le aziende grandi, sia per coloro i quali sono in aziende
con meno di 10 dipendenti, dove non è proprio richiesto un documento di valutazione dei
rischi che abbia tutte le caratteristiche, ma comunque un documento scritto opponibile
qualora ci fossero dei problemi.
Qualora ci fossero dei problemi, cari colleghi, in un contesto come quello attuale,
dove le risorse sono limitate, ricordo che dal trasferimento del 2006 al trasferimento del
2012 noi segnaliamo -130.000.000 di euro, come Comune di Genova, quindi un taglio
significativo delle risorse finanziarie a disposizione dell'Ente per garantire i servizi alla
cittadinanza, in un contesto particolare quale quello che stiamo vivendo, dove gli effetti
della crisi portano minore liquidità da parte degli enti.
Lascio stare tutte le considerazioni sui 40 miliardi di euro che gli enti locali
potrebbero immettere domani nel circuito economico, ma che non si può fare per il rispetto
del patto di stabilità. Questo è un problema che esula i tecnici e riguarda di più l'alta
amministrazione che si occupa delle cose politiche.
Oggi come oggi, soldi per adeguare sedi, strutture, attrezzature, affinché siano
mantenuti o raggiunti, ove non siano stati precostituiti prima: in genere una sezione, un
distretto, un nucleo della Polizia municipale, della Polizia Locale o dei Vigili urbani, nasce
in un sottoscala, in un garage ristrutturato. L'importante è avere la presenza della Polizia
Municipale sul territorio, poi se il locale è idoneo a contenerli, se ha i requisiti, se ci sono
delle scale per cui occorre essere Messner per raggiungere il piano superiore, pazienza,
tanto c'è il dirigente, il datore di lavoro o il proposto che in caso di evento negativo fanno
da parafulmini.
Preposti, dirigenti e datori di lavoro: l'articolo 18, comma 3, prevede che non ci sia
possibilità di addebitare al dirigente, al datore di lavoro, al preposto, una carenza dovuta a
un intervento strutturale o di manutenzione, che sia stato richiesto. In questo momento di
scoramento, quando non c'è una lira, molte volte può capitare di non inoltrare richieste per
l’adeguamento delle strutture. Questo è importante perché, per tutto ciò che riguarda
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
interventi strutturali di manutenzione, se sono interventi di natura organizzativa non c'è
nessuno che può salvarti.
A noi raramente dicono di fare cassa, anche se questa è l'opinione comune: molto
probabilmente ai comandi provinciali dei Vigili del Fuoco e alle Aziende sanitarie locali
qualcuno ha chiesto di essere più attenti. Per raccontare i fatti di causa mia, posso dire che
il Comune di Genova nell'anno 2011 ha già collezionato € 36.000 di sanzioni
amministrative che, per evitare la tramutazione in illecito penale… non sono ancora venuti
da noi ma, dovessero farlo, potrebbero mettermi in galera e buttare le chiavi. Io tra l'altro
sono a metà di un grattacielo e la prima cosa che ho fatto è buttare via dalla videoteca
“L'inferno di cristallo”, perché mi dava un po' di ansia.
Mi chiedevo se siamo figli di un Dio minore: io credo che la Polizia Locale, rispetto
alla Polizia municipale, sia un concetto di genere a specie. Preferisco parlare di Polizia
municipale, perché l'insieme delle Polizie municipali e delle Polizie provinciali, oltre a gli
altri organi di vigilanza che sono strutturali e connessi a enti di natura locale, anche non
territoriale, danno l’insieme della Polizia Locale. In questa accezione, preferisco parlare di
Polizia municipale.
C'è un po' il sentimento di essere il Paperino, il parente povero, il figlio di un Dio
minore della situazione: se guardiamo l'articolo 3 del decreto 81, quando parla del campo
di applicazione, dice che si applica a tutti ma nei riguardi delle Forze armate e di Polizia,
del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei
servizi di Protezione civile, nonché dall'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di
quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di
ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni del decreto 81 si applicano tenendo conto delle
effettive e particolari esigenze connesse al servizio, cioè cum grano salis.
Ci troviamo dunque ad avere un’esclusione da questo aspetto, perché quando
parliamo di forze di Polizia il nostro riferimento non può non essere nel diritto positivo
vigente, all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981 numero 121, dove le forze di Polizia ai
fini della sicurezza e dell'ordine pubblico sono indicate – ed è vero che abbiamo della
giurisprudenza per ciò che riguarda gli aspetti di edilizia convenzionata, dove gli
appartenenti ai corpi di Polizia municipale possono legittimamente partecipare a
cooperative edilizie riservate a forze di Polizia – ma questo è il grande problema.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
In una fase della mia esperienza professionale, con un eufemismo avevo delle sale
di attesa protette, per non chiamarle camere di sicurezza. Mi sono trovato un interlocutore
dell’ASL che voleva mettessi un maniglione antipanico. Diceva: se prende fuoco, come
fanno ad andare via? Dicevo che mettevamo quelle persone lì perché non volevamo che
andassero via, lo scopo era un altro. È stata dura farglielo comprendere.
Mi sono un po' incaponito, perché a me piacciono le sfide, soprattutto quando ci si
trova davanti qualcuno testardo, che non vuole sentire ragioni. Sono andato allora a cercare
il decreto ministeriale 14 giugno 1992, numero 450, cioè il regolamento per la Polizia di
Stato e il corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, perché Carabinieri e Guardia di Finanza
avendo la stelletta a cinque punte hanno un sistema loro, che porta ad avere delle garanzie
o comunque un autocontrollo, piuttosto che un controllo di natura esterna.
Questo decreto ministeriale, l'articolo 1, parlava ancora della 626. Tra l'altro non so
ancora se sia in vigore perché queste norme transitorie nelle varie proroghe del decreto
ministeriale di attuazione del comma 2 dell'articolo 3, se non sbaglio, sono scadute il 30
luglio 2010, quindi il decreto ministeriale a quel punto doveva uscire. Io sto ancora
aspettando il decreto di attuazione della 287 del 1991, quindi sicuramente c'è tempo.
Non so se si possa considerare l'ultrà-attività di questa norma, ma intanto questa
dice che possono essere applicate le norme nel rispetto delle caratteristiche strutturali,
organizzative e funzionali, preordinate a realizzare la tutela del personale operante,
commisurata al rischio effettivo delle sedi di servizio, contro il pericolo di attentati,
sabotaggi, aggressioni ovvero interruzione di servizi essenziali; la prevenzione della fuga
delle persone legittimamente arrestate o fermate, ovvero trattenute nei casi previsti dalla
legge, in una struttura dell'amministrazione.
Il quarto comma di questo articolo 1 dice che i capitolati particolari delle
attrezzature di protezione, individuali e di reparto – è scritto per la Polizia di Stato quindi è
calzato su quella realtà – e i mezzi operativi e addestrativi rimangono disciplinati dalle
specifiche di disposizioni, previo controllo tecnico – questa è una nostra difficoltà – da
parte del personale tecnico dell'amministrazione dell'interno, in possesso dei requisiti
professionali e culturali.
Una delle altre cose che ci fa pensare di essere figli di un Dio minore: un giorno ho
avuto modo di apprezzare, non da trasportato, un furgone della Polizia penitenziaria per il
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
trasporto dei detenuti, che sarebbe stato comodo, in aggiunta alle autovetture con le celle di
sicurezza, quando si devono fare particolari interventi di grandi quantità numeriche.
Dopodiché mi sono fermato, perché ho pensato che nessuna Motorizzazione mi
avrebbe mai immatricolato un veicolo per trasporto di persone, per oltre nove persone
compreso il conducente, che avesse le grate alle finestre, le inferriate interne eccetera. Loro
mi hanno detto di prendere il veicolo, di immatricolarlo e poi lo avrebbero attrezzato. Io
però in teoria sono uno di quelli che dovrebbero far rispettare le leggi: questa è stata una
delle difficoltà che abbiamo, cioè di non poterci gestire l'aspetto tecnico. Noi abbiamo una
targa, che dice “Polizia Locale” e questa è particolare, non è speciale, non serve la patente
di servizio per guidare un veicolo con scritto “Polizia Locale”, perché nel complesso del
combinato disposto delle norme è una targa che, bontà del legislatore, viene data a quei tipi
di veicoli, ma passa direttamente attraverso la trafila di tutti i veicoli che qualsiasi privato
intende mettere in circolazione.
Mi avvicino alla conclusione dando un segno di speranza: l'articolo 74 del decreto
81 – do per scontato che una minima nozione di cosa sono i Dispositivi di protezione
individuale sia nota a tutti – dice che non costituiscono Dpi gli indumenti di lavoro ordinari
e le uniformi, non specificamente destinati a proteggere la sicurezza. Lettera c): le
attrezzature di protezione individuale delle Forze armate, delle forze di Polizia e del
personale del servizio per il mantenimento dell'ordine pubblico; lettera d): attrezzature di
protezione individuale propria e dei mezzi di trasporto; lettera f): materiale per l'autodifesa
o dissuasione.
Questi non costituiscono Dpi, il che non vuol dire che non ci debba essere
l'attenzione che chi ha delle responsabilità deve rivolgere verso questo tipo di attività:
l'uniforme non è Dispositivo di protezione individuale e noi stiamo sperimentando una
cravatta che non abbia il girocollo ma sia appuntata attraverso una clip perché, soprattutto
per le persone che fanno i trattamenti sanitari obbligatori, non costituisca uno strumento
non solo di presa ma anche di strangolamento da parte della persona.
Sulle attrezzature di protezione individuale, vigente il 626, feci un quesito al
Ministero dell'interno, al Ministero del lavoro e al Ministero della salute e mi rispose solo
quest'ultimo. La domanda era: la pettorina di cui all'articolo 183 del Codice della Strada,
perché se la utilizza un operatore della Polizia di Stato non è Dpi e se la utilizza un
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
operatore della Polizia municipale lo è? Feci loro un racconto sulle forze di Polizia e il gli
altri Ministeri dal 2005 non sono pervenute. La domanda era provocatoria: è possibile che
il diverso regime contrattuale, a parità di funzioni, porti a una disparità di trattamento? Il
Ministero della salute, posta così, non poté che confermare che anche per la Polizia
municipale quella pettorina, di cui al 183 del regolamento del Codice della strada, non
costituisce Dpi.
La lettera d), che è stata inserita nel 2009: è vero che le attrezzature di sicurezza dei
veicoli non costituiscono Dpi? Io ho il terrore degli airbag, soprattutto perché in
combinazione con la cintura di sicurezza sono devastanti. Visto che ormai comprare dei
veicoli senza airbag è complicato ed è altrettanto complicato far usare le cinture di
sicurezza a tutti i nostri collaboratori, consiglio vivamente a tutti di fare una riflessione in
merito e trovare una soluzione organizzativa o comunque che questo rischio sia valutato.
Vi ringrazio e buona giornata.
Moderatore:
Grazie comandante Mangiardi.
Ora parlerà il comandante della Polizia municipale di Campi Bisenzio, sulla
normativa riguardante gli stranieri, a seguito della legge 129 del 2 agosto 2011, risvolti
sulla sicurezza urbana.
Sergio Bedessi – Comandante della Polizia Municipale di Campi Bisenzio:
Ringrazio l'ACI, la Fondazione Caracciolo e l'onorevole Giardiello. Do
velocemente alcune tracce di un lavoro che abbiamo fatto assieme a Fabio Piccioni sugli
stranieri.
Cercherò di ricollegarmi anche a quanto hanno detto i colleghi: questa mattina
abbiamo parlato di immagine della Polizia municipale, con una cornice normativa. Il
professor Ghezzo ci ha parlato dei regolamenti e poi abbiamo parlato anche di modelli
organizzativi, quello della Polizia di prossimità ad esempio, che conosciamo da tanti anni e
che tutti applichiamo, oltre che di approcci.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Abbiamo parlato di risorse tecnologiche con il comandante di Verona e di ambiti
specifici, come l'ultimo. L’ultimo era più un tema quasi manageriale, perché si parla della
sicurezza sul nostro luogo di lavoro più che all'esterno.
Credo che il filo logico, dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva, fosse
presente in tutti questi temi.
Nell'ambito della sicurezza ci sono fattori soggettivi, oggettivi, collettivi e
individuali e, contemporaneamente, fattori sociologici, psicologici, culturali ed economici.
Questo passaggio dalla sicurezza soggettiva alla sicurezza oggettiva presuppone la gestione
di tutte le tematiche che abbiamo sentito stamane.
Tornando alle tematiche, una era quella delle norme. Tra le norme, un ulteriore
tassello normativo è stato inserito dal decreto-legge 89 che ha modificato la normativa
sull'immigrazione e sugli stranieri, convertito poi in legge 2 agosto 2011 n. 129.
Il decreto-legge aveva un duplice scopo, completare l'attuazione della direttiva
2004/38/CE sulla libera citazione di cittadini comunitari, interni all'Unione Europea, e
recepire la direttiva 2008/115/CE, relativa al rimpatrio dei cittadini dei Paesi terzi,
irregolari.
A un primo sguardo, questa norma effettivamente sembrerebbe finalizzata a
tamponare questo problema: la procedura di infrazione dell'Unione Europea verso l'Italia,
causata dall’incompleto e non corretto recepimento della prima direttiva, affermando la già
avviata procedura di infrazione per la seconda. In realtà se si legge il provvedimento si
capisce che si inserisce già in un filo logico diverso.
A mio avviso il provvedimento si inserisce in questo filo logico, che parte dalla
legge 192, passa dal decreto ministeriale 5 agosto del 2008, andando poi a finire,
transitando per la legge 94, alla sentenza della Corte costituzionale 115, che poi ha messo
in forse tutto il meccanismo delle ordinanze dei Sindaci che non possono più essere
permanenti, come i regolamenti, ma devono essere solo per motivi contingibili e urgenti.
La Regione Toscana sta pensando a una legge regionale che riguarda una parte
della sicurezza urbana, quella sui fenomeni di degrado, per tentare di uniformare i
regolamenti che i Comuni adotteranno e che saranno riformati da questa legge.
Su questo schema ho diviso in quattro tipologie le norme che riguardano
l'immigrazione e gli stranieri. Il primo gruppo è quello delle norme sulla libera
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
circolazione, quelle effettive; un altro gruppo è quello delle norme sull'immigrazione; poi
le norme del pacchetto sicurezza e, infine, un gruppo di norme omnibus, che hanno dentro
un po' di tutto.
Partendo dal 1990, dai primi provvedimenti abbastanza congrui con il tema,
all'inizio i provvedimenti normativi effettivamente sono in tema di libera circolazione e di
immigrazione, piano piano però c'è una sorta di scivolamento verso gli altri due temi, cioè
si va sempre più verso la sicurezza urbana e poi ci sono le norme omnibus, pacchetti di
norme con dentro tutto, dal costo delle marche da bollo agli stranieri.
Peraltro vedete nello schema che in realtà alcuni decreti legge furono adottati sulla
base di fatti di cronaca molto gravi, avvenuti a Roma, e poi regolarmente decaduti. Quello
che è rimasto in piedi alla fine è il nostro decreto-legge 89.
Io e il collega Piccioni, scrivendo questa cosa, abbiamo visto il decreto 89 come
l'ennesimo provvedimento che si inserisce in una sorta di processo di produzione quasi
compulsivo-ossessiva, di tipo emergenziale, si fanno uscire numerosi decreti legge, come è
successo per il Codice della Strada, che vede come humus anche un clima politico
particolare che tende a far tornare tutto al tema generale della sicurezza, anche quando
sono temi leggermente diversi.
Credo che infine sia una sorta di ennesima toppa su un vestito abbastanza logoro e
strappato, ovvero quello delle norme sull'immigrazione. Dal punto di vista della tecnica
normativa sicuramente si sarebbe potuto fare meglio, in sede di conversione in legge si
sarebbe potuta togliere l'applicazione indiscriminata di determinati obblighi diretti a evitare
il rischio specifico di fuga. Si sarebbe potuto prevedere un effettivo contraddittorio tra
cittadino e autorità di P.S., quando si va alla convalida. Questo contraddittorio non è
obbligatorio, cioè non c'è l'obbligo della difesa tecnica.
La struttura del d.l. è questa: è suddiviso in due capi, mentre il primo è quello che
va ad ottimizzare la normativa italiana in merito alla prima direttiva, il secondo lo fa per la
seconda direttiva. Il primo parla di cittadini interni all'Unione Europea, il secondo dei
cittadini esterni.
La parte normativa del decreto-legge è composta da quattro articoli: l'articolo 1
modifica il decreto legislativo 30, il 2 modifica l'articolo 183-ter del codice di procedura
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
penale; il 3 modifica il Testo unico sugli stranieri, il decreto legislativo 286 del’98; infine
modifica le competenze del Giudice di pace.
Su questo schema ho messo alcune innovazioni: la previsione di un permesso di
soggiorno per motivi umanitari, rilasciato dal Questore, una previsione che c'era già anche
prima ma era un po' fumosa; la riduzione dell'area di applicabilità del reato di ingresso e
soggiorno illegittimo, estendendo questa esclusione anche a chi esce dal territorio
nazionale, cioè se sta uscendo dal territorio nazionale non commette questo reato, si deroga
a chi se ne va spontaneamente; l'espulsione amministrativa caso per caso, cioè non può
essere un provvedimento indiscriminato ma deve essere correlata al caso specifico; il
divieto di espulsione dello straniero in uscita, articolo 13, comma 2, correlato all'articolo
10.
Vi sono poi nuove ipotesi di espulsione in caso di pericolosità effettiva del
soggetto, nel caso del rischio di fuga e della inosservanza del termine concesso per la
partenza volontaria.
Poi viene valutato con criteri specifici il rischio di fuga che prima era molto
generico. Cioè nell’ordinamento vengono inseriti dei criteri specifici per valutare se in
effetti il soggetto potrebbe darsi alla fuga oppure no.
La partenza volontaria come modalità ordinaria del rimpatrio: il rimpatrio per
quanto è possibile deve avvenire con la partenza volontaria e non in modo forzoso. C'è
l'introduzione di misure utili a scongiurare il rischio di fuga, come la consegna del
passaporto, un obbligo di dimora, l'obbligo di presentazione all'autorità di Pubblica
Sicurezza ma anche garanzie di tipo economico da parte del soggetto.
Infine c'è l'estensione a 18 mesi per la permanenza nel CIE. Tra l'altro c'è una
rimodulazione del reato di permanenza sul territorio italiano, cioè viene tolta la pena
detentiva.
Il rischio è che tutto questo diventi una sorta di gioco del Monopoli: dopo un fermo
per identificazione ed eventuale fotosegnalamento, un possibile giudizio a presentazione
immediata o a citazione contestuale, per il reato di ingresso e soggiorno illegale nel
territorio dello Stato, un decreto di espulsione seguito da un provvedimento di
trattenimento, un giudizio di convalida dinanzi al Gip, il concreto trattenimento nelle
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
prigioni del CIE, che a questo punto è prorogabile fino a un massimo di 10 volte per un
totale di 18 mesi.
Si arriva a passare dal Parco della Vittoria che poi consente la liberazione dello
straniero, previo ordine di allontanamento. A questo punto inizia una complicata e
farraginosa procedura a carico dello straniero che risulti inottemperante all'ordine di
passare per il “Vicolo stretto” dei confini territoriali, con la conseguenza della possibilità di
contestargli ipotesi di reato diversificate in ragione delle probabilità e degli imprevisti che
erano sottese alle motivazioni dell'originario provvedimento di espulsione.
Quindi dopo un ulteriore giudizio, a presentazione immediata o a citazione
contestuale, si passerà nuovamente dal Via per ritirare un nuovo provvedimento di
espulsione che farà ripartire l'intero meccanismo procedurale. Nuovo trattenimento, nuovo
giudizio di convalida e così via, fino a un nuovo ed eventuale ordine di allontanamento. È
proprio come il gioco del Monopoli.
Per questo, lo straniero destinatario del provvedimento di espulsione che continui a
tirare i dadi, violando l'ordine di passare dal vicolo più corto dei confini territoriali,
commetterà una nuova ipotesi di reato, punita con la sanzione più elevata rispetto
all'identica trasgressione di cui all'ordine precedente.
Sembra che vada all'infinito: l'unico scopo che sembra avere è quello di dare una
sorta di legittimità giuridica all'illimitata moltiplicazione del periodo massimo di
trattenimento presso il CIE.
Lascio i miei riferimenti per rispondere a vostre eventuali domande.
Moderatore:
Da noi si dice che la cera si consuma e la processione non cammina: è il gioco del
Monopoli che hai magnificamente disegnato, assieme a Fabio.
Signori, il mio compito sta per finire. Un aspetto formale è il saluto del Sindaco
Michele Emiliano, che era previsto nella chiusura della mattinata del convegno. Leggo il
passo principale del saluto: "Mi congratulo con l'iniziativa che sintetizza l'impegno
dell'Ente nella promozione e condivisione di strategie tese alla promozione di politiche di
sicurezza ambientale e stradali, l'occasione mi è gradita per porgere i più cordiali saluti a
tutti gli intervenuti".
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Una considerazione finale: grande presenza al convegno, questa mattina eravamo
meno perché dopo due giorni di bagordi si rientra a fare le persone "serie" nei nostri
comandi.
A voi dell'ACI posso dire ciò che ho sentito, faccio la spia: da tanti anni non
avevano così tanta gente, ho sentito che è stato accolta con piacere la formula intelligente
di utilizzare anche il sostegno dell'ACI e di altri fondi pubblici con un rimescolamento
all'interno della stessa zona territoriale, tra alberghi, ristoranti e strutture del posto. È una
scelta intelligente che abbiamo apprezzato, anche in termini qualitativi. La pioggia vi ha
dato una mano per cui siamo rimasti bloccati qui.
Vi preghiamo di continuare in tal senso: un consiglio che viene dalla base è che
abbiamo bisogno di non parlarci più addosso e siccome finalmente siamo riusciti a parlare
a un altro partner, ovvero l'ACI, vi chiediamo la prossima volta di parlare ai nostri politici.
Pensiamo quindi per il prossimo Forum a una presenza massiccia di Sindaci e Assessori
invitati a parlare di noi e anche a formarsi su di noi, perché probabilmente il vero motivo è
quello della mancata conoscenza, dell'ignoranza intesa come non conoscenza. Potrebbe
essere un modo per rinnovare il Forum.
Il secondo passaggio è un taglio sulle prospettive europee, sulle potenzialità
economiche che possono venire fuori dall'Europa e che i soggetti istituzionali, come l’ACI
e come la Fondazione, possono utilizzare mettendo in collegamento la rete europea che
ormai da quattro anni avete messo fuori grazie alla presenza di questi illustri colleghi che
ci hanno raccontato di loro. Al di là della conoscenza, iniziamo a fare dei progetti europei
che vedono coinvolte le Polizie Locali degli Stati europei.
Ringrazio tutti dell'attenzione, ringrazio i relatori di oggi per la loro competenza,
per aver rispettato i tempi e ringrazio l'organizzazione, sperando che nel prossimo Forum
potrà dare un contributo.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Conclusione dei lavori del “4° Forum Internazionale delle Polizie Locali”
Ascanio ROZERA, Segretario Generale dell’ACI e Presidente della Fondazione
Filippo Caracciolo:
Siamo veramente alla conclusione di questo IV Forum internazionale delle Polizie
Locali.
Il comandante Delvino mi ha dato un assist, quasi quello dal quale sarei comunque
partito. Mi spiana la strada per il discorso che mi appresto a fare, una breve conclusione.
Siamo arrivati alla IV edizione di questo Forum internazionale con un successo di temi, di
trattazioni e di presenze veramente straordinario in assoluto. È ancora più straordinario
considerando anche il momento difficile di crisi che c'è nel Paese e che non sempre
favorisce questi momenti di aggregazione.
Ci siamo arrivati partendo, quattro anni fa, da una scommessa di pochissimi: è stata
un'impresa inizialmente quasi folle, che abbiamo voluto mettere in piedi e che abbiamo
realizzato progressivamente, sempre più con il concorso di tutti. Oggi siamo arrivati a un
livello che penso possa far dire che questo convegno è il più importante a livello europeo.
È una soddisfazione per l'ACI, per la Fondazione, ma se permettete credo sia
essenzialmente una soddisfazione per tutti voi.
L'ACI è un'associazione e questo significa persone, quindi credere nella centralità
della persona, sia come soggetto attivo delle cose, chi fa le cose, sia come soggetto
destinatario delle cose che vengono fatte. L'ACI, per un fatto miracoloso nella storia della
Pubblica Amministrazione di questo Paese, riesce a coniugare queste due cose. Siamo
tanti, 1.250.000 soci, in crescita in un momento difficile, ma soprattutto siamo in grado di
parlare a tutto il territorio.
Anni fa mancava ancora un segmento importantissimo, di chi sta sul territorio, che
lo rappresenta, ovvero le Polizie Locali, le quali hanno avuto e sicuramente hanno
occasioni di tanti dibattiti eccellenti e straordinari, ma dal nostro punto di vista non
avevano ancora avuto una platea alla quale abbiamo provato a dare un senso e un
significato.
L'abbiamo fatto con un senso di scommessa e siamo riusciti nell'intento di far
discutere. Ricordo l’edizione in cui venne qui il ministro Maroni, forse all'inizio del suo
percorso, in cui riuscimmo a creare un tipo di attenzione, anche politica, che non era
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
ancora presente e di cui noi, come ACI e come Fondazione, non possiamo che essere
orgogliosi.
Abbiamo fatto un percorso secondo un filo logico che abbiamo cercato di
condividere e che siamo contenti di aver potuto condividere con tutti voi, ovvero quello
della sicurezza.
Alla fine infatti, tutto ciò di cui si discute e si dibatte, anche i fatti apparentemente
più tecnici e specifici sull'organizzazione delle Polizie Locali, sulle problematiche
spicciole, verte verso l'obiettivo finale della sicurezza dei cittadini e del territorio, intesa in
tanti sensi.
Siccome l'ACI ha nei propri geni istituzionali, tra gli altri, quello della sicurezza, era
inevitabile e necessario che prima o poi queste esigenze e queste volontà si coniugassero e
dessero luogo a quello che abbiamo realizzato.
Penso che questo sia il motivo di fondo per cui siamo qui a discutere di queste cose;
tutto il resto, anche se è altrettanto importante, viene di conseguenza.
Lo sapete tutti, l'ACI non fa della sicurezza un tema occasionale ogni tanto. Ci
devono essere dei momenti significativi e istituzionali in cui si parla di sicurezza e l'ACI si
picca di essere capace di rappresentare uno di questi momenti. L'abbiamo sempre fatto,
perché l'ACI ha sviluppato una cultura della sicurezza, nei decenni, assolutamente coerente
e molto forte. Non devo ricordare cos'hanno significato le conferenze di Stresa prima e di
Riva poi in materia di sicurezza stradale, per lo sviluppo della sicurezza stradale del nostro
Paese.
Questioni come la patente a punti, come molti di voi sapranno, originano da
convegni dell'ACI, dalla Conferenza del Traffico e della Circolazione. Dal momento in cui
quel progetto fu varato alla realizzazione sono passati 15-20 anni ma questo è un fatto
italiano.
È un dato di fatto: come ACI abbiamo presentato una proposta di legge di iniziativa
popolare con moltissime firme per l'educazione stradale obbligatoria nelle scuole, quando
il Presidente della Camera era l'onorevole Iotti, quindi qualche anno fa. Questo vuol dire
che c'è un percorso in materia di cultura della sicurezza che l'ACI non ha mai tradito e
anche nei momenti in cui si è trovato ad affrontare situazioni difficili, periodi economici
meno buoni, non l’ha mai trascurato.
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Penso che mai potrà farlo, tant'è vero che abbiamo organizzato dei convegni e
abbiamo fatto delle azioni, abbiamo realizzato la guida sicura, le autoscuole con un valore
culturale specifico molto forte, che oggi hanno superato il numero delle cento unità, dopo
neanche un anno, netto, di lavoro.
Abbiamo cioè realizzato fatti e attività che vanno in questa direzione, per cui
peraltro nessuno ci ha pagato, perché l'ACI per queste cose non ha contributi né
finanziamenti, ma si organizza e le autogestisce.
C'è dunque tutto un percorso di cultura della sicurezza che abbiamo da sempre,
nella storia dell'ACI, tracciato e seguito. Questo tipo di convegno, questo forum, per noi
costituisce un momento di sintesi, probabilmente il momento di maggior pregio e di valore
per ciò che riesce ad esprimere.
Quello che esprime un convegno come questo, le cose che vengono dette, le
problematiche che vengono sollevate, non devono restare lettera morta perché il lavoro
della Fondazione e, conseguentemente, dell'ACI, non si esaurisce nel convegno. Noi ci
lavoriamo sopra per 12 mesi e devo dire che da domani mattina la Fondazione si rimetterà
al lavoro per l'organizzazione della prossima edizione di questo Forum, nel mese di
maggio prossimo, in questo contesto.
Queste cose infatti non vanno trascurate, non vanno lasciate cadere, vanno
implementate. Naturalmente questo richiede una collaborazione ancora più ampia e più
forte da parte di tutte le componenti che l'hanno realizzato, tutte quelle che
quotidianamente alimentano, con dati, informazioni e notizie, il lavoro della Fondazione e
che quotidianamente ci danno forza e lo spunto per continuare, anche in momenti
abbastanza complessi e difficili.
Dico questo perché tengo a sottolineare, davanti a tutti voi, che è un impegno preso
dall'ACI e dalla Fondazione, non sono considerazioni fini a se stesse. L'impegno dell'ACI e
della Fondazione per le prospettive future è quello di lavorare ancora molto di più su questi
temi. Si stanno già elaborando ipotesi di lavoro su questi argomenti, di enorme valore e di
grande qualità.
È vero che il discorso, come diceva il comandante Delvino, si allarga a livello
europeo: ci sono temi che, ormai, per quanto abbiano dei riferimenti locali, come
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
sicuramente è quello delle Polizie Locali, non possono non stare in un contesto di più
ampio respiro, quale quello nazionale e poi europeo.
Sicuramente questo dovrà essere fatto e d'altra parte avendo invitato qui i
rappresentanti di tante Polizie Locali di Paesi importanti, europei ed extraeuropei, è la
testimonianza che questa linea, che è stata iniziata da quattro anni, sarà proseguita in
maniera ancora più forte.
In conclusione noi, come ACI e come Fondazione, riteniamo di essere impegnati su
questi temi e sicuramente ci lavoreremo ancora di più, sicuramente chiederemo sempre più
la collaborazione di tutte le Polizie Locali, di tutti gli organismi atti a fornire
collaborazione, senza fare grandi discorsi inutili, senza fare grandi filosofie ma puntando al
sodo, ai problemi che ci sono, alla soluzione dei problemi, a evidenziare tutte le criticità
che a volte non trovano una sede adatta neanche per essere evidenziate.
Sicuramente faremo questo e lavoreremo in maniera quotidiana su questi temi.
Naturalmente i comandanti delle vostre organizzazioni sanno benissimo che questo è già in
corso.
Questo è l'impegno dell'ACI e della Fondazione. In conclusione però vorrei
ringraziare innanzitutto la Provincia di Trento che ha creduto e crede in questo momento
importante in questa località.
Tengo a ringraziare la struttura della Fondazione che ha lavorato in maniera
diuturna e per tutto l'anno, senza alcuna interruzione, al di là a volte delle fisiche umane
possibilità.
Ringrazio gli uffici dell'ACI che si sono occupati di questo in perfetta integrazione
con la Fondazione: se c'è stata qualche sbavatura, spero comunque che non sia stata troppo
grave e speriamo che non si ripeta negli anni venturi.
In conclusione voglio ringraziare tutti voi che siete intervenuti, voi rappresentanti
delle Polizie Locali, delle amministrazioni e degli Enti presenti. Credo che questa sia
l'unica vera testimonianza del conseguimento di un risultato o di un fallimento rispetto a
qualsiasi iniziativa: il fatto che in un momento di questo genere ci siano numeri così
importanti, circa mille presenze il primo giorno, non riscontrati altrove, ci dà la
soddisfazione di aver lavorato bene e ci dà anche l'orgoglio che, come ACI e come
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Studio Acta – IV Forum Polizie Locali – 24.10.11 – Trascrizione in prima stesura revisionata
Fondazione, non ci vergogniamo di manifestare, di aver saputo mettere in piedi qualcosa
nel tempo, che speriamo rimanga e dia un segnale anche per il futuro. Grazie.
Premiazione
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