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Tre vocabolari a Torino
Un’importante strenna della casa editrice Utet dedica i suoi contenuti alla storia
della lessicografia italiana
/ 23.01.2017
di Stefano Vassere
«Tempo dopo, abbastanza inopinatamente, mi accadde di essere nominato ministro della Pubblica
istruzione nel governo Giuliano Amato. Qualcuno eccepì col Presidente osservando che non avevo
esperienza parlamentare e politica. E Ciampi avrebbe risposto allegramente ai critici: se ha saputo
portare a termine un dizionario come il Gradit, può ben fare anche il ministro della pubblica
istruzione».
Alcuni dei maggiori dizionari della nostra lingua sono stati prodotti nella capitale piemontese
Il Gradit è il Grande dizionario italiano dell’uso e quell’antico ministro è ovviamente il da poco
scomparso Tullio De Mauro, linguista, dei linguisti italiani il più grande. La storia sulla battuta del
presidente Ciampi è in un capitolo dedicato al Gradit in un tanto elegante quanto ricco, interessante
e colorato libro che si intitola Utet. Il laboratorio della parola, che esce nella collana «Strenne Utet»
in queste settimane (a chi venga recapitata e donata una Strenna Utet non si sa bene: alle librerie, ai
clienti, alle maestranze o semplicemente a chi la richiede, chi lo sa?).
Il volume fa la storia delle imprese della casa editrice torinese nell’ambito della pubblicazione di
vocabolari e porta due contributi (di Claudio Marazzini e di Massimo Fanfani), dedicati a come
Torino e la Utet in particolare hanno configurato questa attenzione particolare al settore, e una serie
di documenti e due testimonianze di curatori (De Mauro sul Gradit appunto e Raffaele Simone sul
Grande dizionario analogico). Che Torino possa essere considerata una sorta di capitale dei grandi
vocabolari italiani è ipotesi determinata dal fatto che dall’Ottocento ai primi anni Duemila la
lessicografia del Paese ha prodotto in successione, in quella città e da quell’editore, tre opere
poderose e da tutti rispettate: il grande Dizionario della lingua italiana di Nicolò Tommaseo e
Bernardo Bellini, ritenuto la maggiore opera del genere del periodo risorgimentale e pubblicato in
otto volumi tra il 1861 e il 1874; l’enorme Grande dizionario della lingua italiana in ventuno volumi
pubblicati tra il 1961 e il 2002 (si usa chiamarlo «il Battaglia», dal nome di Salvatore Battaglia, che
lo avviò, ma almeno altrettanto merito va attribuito a Giorgio Bárberi Squarotti, che lo concluse); il
Gradit, appunto.
La questione di un genius loci della lessicografia è questione discussa e discutibile che interessa
molto l’editore e può interessare meno il lettore e fruitore. Che però da par suo si appassionerà alle
fabbriche e alle epopee. Per esempio al fatto che il Tommaseo definisce il cane sbrigativamente
«quadrupede noto, il più familiare e il più intelligente degli animali domestici. Ce n’è di molte
specie», mentre alla voce gatto riporta: «Nome di un genere di mammiferi dell’ordine de’ carnivori,
della famiglia dello stesso nome, digitigradi, con unghie ritirabili, lingua ruvida, coda lunga, agile
ecc.» e via per righe e righe di ulteriore definizione diffusa. O che lo stesso Tommaseo classifica
locomotiva solo come femminile di locomotivo. O che il Battaglia, «formidabile documentazione
storica ed estremo e supremo omaggio verso una tradizione straordinariamente ricca di testi
d’arte», inventò letteralmente la citazione letteraria all’interno delle voci, una consuetudine che
acquisì poi regolarità nella lessicografia non solo italiana.
Il Gradit di Tullio De Mauro, infine, ha molte scelte che ne disegnano il primato: è il primo a fare
altissimo omaggio a quella che i tedeschi chiamano Umgangssprache e che noi diremmo «lingua
corrente», «lingua colloquiale»; è il primo a separare per la prima volta in modo massicciamente
sistematico gli ambiti d’uso; è il primo a dichiarare con onestà le fonti usate per il lemmario, per la
scelta delle voci; è il primo (giù giù) a non avere paura di registrare attimino, arancio (per arancia),
redarre (per redigere). Insomma, in questi giorni nei quali la linguistica italiana perde il suo padre
migliore, è il primo.
Bibliografia
Utet. Il laboratorio della parola, «Strenna Utet 2017», Torino, Utet, 2016.