Amore e possesso - Filosofia dell`Eros

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Amore e possesso - Filosofia dell`Eros
Amore e possesso
Analisi di un capitolo de Le cose dell'amore di Umberto Galimberti
Mutuando la concezione che ne ha Nietzsche, Galimberti propone una riflessione sulla reale natura
dell'amore, che si cela al di là delle maschere della generosità e che lo vorrebbe contrapposto
all'egoismo.
La passione amorosa segue, in effetti, in molti casi la via del possesso, che impone all'amato un
distacco dal mondo, carico di tentazioni, e da ogni altra sorte di relazione umana, per attuare una
perfetta e totale adesione al sentimento tra i due.
Un ruolo fondamentale viene sicuramente giocato dalla gelosia, “un inquieto bisogno di tirannide
applicato alle cose dell'amore” (M. Proust). La finalità del rapporto tra i due è la conoscenza e il
controllo totale da parte dell'amante nei confronti del partner.
L'amante brama di trovare nell'amato un nuovo possesso, che sopperisca, con l'amore ricevuto,
l'insopportabile vuoto causato dal mancato amore di sé.
Ma l'amato diviene anche un rifugio per l'amante, dove si ripara per sfuggire al mondo che lo
circonda, nei confronti del quale riconosce la sua impotenza, e trovare un luogo dove possa
esercitare il suo controllo.
Ciò non potrebbe, però, sussistere se l'amato non accondiscendesse e corrispondesse questo
sentimento, ribaltando i ruoli del gioco. Infatti l'amante, con la sua volontà di conquistare, si ritrova
a dipendere proprio dalla volontà di quella persona che dovrebbe essere oggetto, e non soggetto, del
sentimento amoroso. In questo si rivela la reale condizione di questo tipo di amante, che nel
desiderio di possesso nasconde la volontà di rimettersi totalmente nelle mani dell'altro, affermando
così pure anche la propria impotenza.
È allora interessante soffermarsi sul perché di un tale atteggiamento. Se, in ultima analisi, l'amante è
tra i due il più debole, dove riesce a trovare la forza interiore per poter conquistare l'amato?
L'amante, nell'atto di imporsi sull'altro, crea un'immagine di sé tanto potente e convincente da
persuadersi a sua volta che quella sia la sua vera natura. La fragilità che viene mascherata dal
dominio (che, a differenza del confronto, è un rapporto unilaterale) risiede nell'incapacità di
relazionarsi col mondo esterno. L'atteggiamento risoluto dell'amante possessivo apparentemente
nega la necessità di tale contatto, tramite il “rifugio nell'amato”, ma più o meno inconsciamente ne
ammette l'esigenza profonda. Il possesso serve a rendere partecipe qualcun altro della propria
difficoltà relazionale e a sfruttarlo per poter entrare a contatto col mondo, colmando con la
sottomissione altrui un proprio deficit. Tanto più il divario tra il proprio Io e il mondo è ampio, tanto
più grande sarà l'immagine di potenza che l'amante si costruisce. Però, questa dimostrazione di
forza è più una richiesta d'aiuto che un vero e proprio atto di costituzione di una nuova personalità.
Ma se l'amante fosse consapevole di quale sia il vero motivo che lo spinge a tali atteggiamenti,
persevererebbe nel suo comportamento? Il possesso si fonda sul desiderio, ed è per questo che
l'amante si affida nelle mani dell'amato. Solo se questo non accetta di assecondare il desiderio
dell'amante, quest'ultimo può fare esperienza della sua reale condizione. Egli vorrebbe un mondo a
sua misura, su cui poter imporsi, come sull'amato. Il suo animo si spinge idealmente verso il
possesso del mondo esterno in toto ma, se viene a mancare il presupposto-tramite che è l'amato,
l'enorme specchio dove egli crede di poter riflettere in pienezza la sua potenza va in frantumi, e con
esso tutta la teatrale architettura del possesso. Forse è proprio il rifiuto di tale tipo di amore da parte
dell'amato che permette all'amante di liberarsi dalla necessità di conquista per poter avere un
diverso rapporto con l'esterno. Ovviamente, tanto più era forte il controllo che si voleva esercitare,
tanto più grande è la consapevolezza che si deve avere nell'accettare la propria natura.