Seminari di presentazione dell`attività di ricerca dei dottorandi in

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Seminari di presentazione dell`attività di ricerca dei dottorandi in
Dipartimento di Scienze
della Cognizione e della Formazione
SEMINARI DI PRESENTAZIONE DELL’ATTIVITA’
DI RICERCA SVOLTA DAI DOTTORANDI IN
SCIENZE PSICOLOGICHE E DELLA FORMAZIONE
(XXIV° CICLO)
Lunedì 6 giugno 2011
Sala Convegni – I° piano Palazzo Fedrigotti
14.00: FASOLI FABIO
Effetti delle etichette denigratorie sull'infra-umanizzazione dell'out-group e
dell'in-group: il caso degli omosessuali e le donne
Abstract
Le etichette denigratorie (i.e. frocio, negro) sono termini che veicolano un atteggiamento
svalutante nei confronti del gruppo o persona a cui sono dirette (Simon & Greenberg,
1996), si differenziano quindi dalle etichette categoriali (es. gay, Afro-Americano) che si
limitano a denominare una categoria o gruppo. Sino ad oggi sono state indagate le
conseguenze di tipo valutativo (i.e. atteggiamento) e descrittivo (i.e. attivazione dello
stereotipo) dell’esposizione alle etichette denigratorie. In particolare, da alcuni studi è
emerso che, quando le persone sono esposte a termini denigratori (vs. categoriali), esse
tendono a valutare il gruppo o la persona oggetto dell’offesa in modo maggiormente
negativo (Greenberg et al., 1985; Kirkland et al., 1987; Galdon et al. 2009). Le etichette
denigratorie, inoltre, sollecitano un maggiore pregiudizio rispetto al gruppo a cui si
riferiscono (Carnaghi & Maass, 2007). La presente ricerca si focalizza sulle conseguenze
dell’esposizione ad etichette denigratorie sulla percezione del gruppo destinatario. In
particolare viene esaminato il fenomeno dell’infra-umanizzazione, che può essere
descritto come quel fenomeno intergruppi per cui le persone tendono a percepire il
proprio gruppo di appartenenza (in-group) come più umano rispetto ad un gruppo
esterno (out-group; Leyens et al., 2001).
Nelle ricerche comprese in questo lavoro di tesi sono state considerate le etichette
denigratorie riferite a due gruppi sociali (i.e. omosessuali e donne) in due prospettive
diverse, quando queste sono rivolte verso l’out-group oppure l’in-group. Nello specifico,
nel caso degli omosessuali, sono stati analizzati gli effetti delle etichette denigratorie a
carattere omofobo sulla percezione del gruppo degli omosessuali in partecipanti
eterosessuali. In 3 studi ho mostrato come le etichette denigratorie omofobe (es. frocio)
determinavano una negazione di umanità attribuita al gruppo degli omosessuali, che non
emergeva quando i partecipanti erano esposti ad una etichetta di tipo categoriale (es.
gay). Tale effetto di infra-umanizzazione dell’out-group è emerso sia in Italia che in
Australia, provando l’indipendenza del processo in questione dal contesto linguistico e
culturale. Inoltre, le etichette denigratorie di tipo omofobo determinano anche delle
conseguenze di tipo comportamentale. Inoltre, in uno studio è stato evidenziato che le
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etichette omofobe aumentano la volontà dei partecipanti eterosessuali a mantenere una
distanza fisica verso una persona omosessuale.
Al contrario, nel caso delle etichette denigratorie rivolte alle donne mi sono focalizzato
sulle etichette di tipo sessista (es. troia) e sugli effetti relativi ai membri del gruppo a cui
i termini sono riferiti: le donne. Le etichette di tipo sessista sono interessanti in quanto
variano per la connotazione a loro attribuita. Infatti, alcune sono percepite come
offensive, denigratorie e svalutanti (i.e. puttana), altre come maggiormente gratificanti e
accettabili (i.e. gnocca). Al tempo stesso il tipo di contesto e il genere della persona
(uomo vs. donna) che utilizza l’etichetta possono influenzarne l’accettabilità. Tale
informazione è emersa in un primo studio volto a comprendere come queste etichette
fossero percepite nella nostra società. Successivamente sono state analizzate le
conseguenze sull’infra-umanizzazione dell’in-group, ossia come le partecipanti esposte ad
un linguaggio sessista (es. gnocca, puttana) tendessero a percepire il loro gruppo di
appartenenza come meno umano, rispetto a quando i termini erano di natura categoriale
(es. donna). Nello specifico, i risultati mostrarono che le donne quando esposte ad
etichette sessiste attribuivano meno umanità all’in-group rispetto a quando il termine era
un etichetta categoriale.
I due filoni di ricerca evidenziano come il linguaggio denigratorio omofobo e sessista
abbiano delle conseguenze nella percezione dei gruppi destinatari. Infatti, l’infraumanizzazione come processo intergruppi determina da un lato una negazione di
umanità all’out-group, come nel caso degli omosessuali e dall’altro anche una minore
attribuzione di umanità al proprio in-group, qualora sia esso etichettato e descritto in
modo denigratorio. luce Questi risultati suggeriscono come il fenomeno dell’infraumanizzazione possa essere moderato da stimoli linguistici, come ad esempio il
linguaggio denigratorio.
15.00: POLONIO LUCA
Unrevealing mental processes in interactive decision-making
Abstract
Game theory proposes that optimal interactive decision making requires subjects to
employ different strategies according to the game. In particular, deliberative processes
are necessary to solve dominant solvable games, but are inefficient in coordination
games, where intuition is required. We aimed to link distinct visual analysis patterns of
games to these two processes. To do so we used Eye-tracking to examine how subjects
visually analyzed games and investigated whether this would predict subsequent choices.
We clustered subjects into “types” according to the prevailing payoff comparisons they
made in their visual analyses. This resulted in 3 general types of players: Altruistic
players, which focus their attention mostly on possible game outcomes; Own focused
players, which focus their attention prevalently on their own payoffs; and strategic
players, which employed a relatively balanced mixture of visual analyses types. Although
clustering was performed on 1 type of game, it predicted players’ responses in all of the
other ones. We suggest this might be due to limited visual analysis patterns, which could
lead to misrepresenting the games. Altruistic players’ visual patterns suggest they are
using intuition. This may drive the appropriate strategy selection in stag hunt games but
may induce them towards out of equilibrium strategies in dominant solvable games.
Conversely, strategic players’ visual analyses suggest they are using deliberative
processes in solving the games. This is supported by the observation that they detect
dominant strategies when present, but appear unable to identify the possibility to
coordinate in stag hunt games. Own focused players almost never try to predict their
counterparts’ responses and appear to follow elementary heuristics.
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