Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Bruno Cartosio
Transcript
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli Bruno Cartosio
Fondazione Giangiacomo Feltrinelli -PAPERS- GLI ARCHIVI DEL PRESENTE DAL DOCUMENTO TRADIZIONALE AL DOCUMENTO DIGITALE. FONTI PER UNA STORIA DEI MOVIMENTI SOCIALI CONTEMPORANEI MILANO 2-3 DICEMBRE 2004 THE ARCHIVES OF THE PRESENT FROM TRADITIONAL TO DIGITAL DOCUMENTS. SOURCES FOR A HISTORY OF CONTEMPORARY SOCIAL MOVEMENTS MILAN 2-3 DECEMBER 2004 Bruno Cartosio Il Centro di documentazione e ricerca sui movimenti sociali contemporanei della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Primi passi e prospettive Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – Papers I “Papers” sono costituiti da testi proposti nell’ambito delle iniziative promosse dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli. Si tratta di lavori “in progress” proposti come strumenti per la ricerca e la discussione critica. I “Papers” sono pubblicati dalla Fondazione per gentile concessione dell’autore. © 2005 – by Bruno Cartosio Il Centro di documentazione e ricerca sui movimenti sociali contemporanei è nato sulla base di alcune considerazioni fondamentali e dalla constatazione di un problema. La prima considerazione è la seguente: i nuovi movimenti sociali sono nuovi, per le caratteristiche che hanno, per come comunicano e si esprimono e per i mezzi che usano per comunicare ed esprimersi. La seconda considerazione si collega strettamente al problema fondamentale che il Centro intende affrontare. Come sappiamo, qualsiasi ricerca su qualsiasi movimento sociale ha il problema dell’accesso ai documenti e qualsiasi biblioteca-archivio o istituto di ricerca ha il problema della loro raccolta, conservazione, messa a disposizione dei ricercatori. I movimenti sociali attuali pongono nuovi problemi, oltre a quelli tradizionali, ben noti a noi e a tutti i presenti. Sono i problemi che vengono affrontati in questo convegno e che altre istituzioni hanno affrontato o stanno affrontando: la raccolta, conservazione e fruibilità di documenti digitali. Sui caratteri e sull’importanza dei nuovi movimenti sociali I nuovi movimenti sociali rientrano nell’evoluzione recente delle culture politiche nella parte di mondo di cui l’Italia e l’Europa fanno parte. In tale evoluzione, che ha registrato – in termini negativi – la crisi delle forme tradizionali di organizzazione politico-sindacale, i nuovi movimenti sono – in positivo – l’espressione di tentativi diversificati di dare forma ad attività di critica dell’esistente e di ricerca e proposizione di alternative. Essi sono anche espressione di nuove sensibilità per sfere d’interesse da cui la vecchia cultura politica si era tenuta lontana, con poche eccezioni. E’ stato nel corso degli anni Novanta che ha preso consistenza ed è diventata evidente la trasformazione nella cultura politica che ha portato a nuove sensibilità, a nuove aperture di interesse, a nuove modalità di comportamento e di espressione. E’ già diventato convenzionale fare risalire l’emersione di tale complesso di elementi alle manifestazioni di Seattle del novembre 1999. E’ tuttavia evidente che la base materiale su cui quegli avvenimenti hanno poggiato era costituita da componenti diverse tra loro e preesistenti. In primo luogo, dunque, “Seattle” non è nata nel vuoto e dal vuoto. Anzitutto, esisteva una cultura politica della protesta dalle radici profonde, le cui evoluzioni, appariscenti e non, nel corso dei decenni precedenti avevano però portato componenti diverse a ramificazioni e differenziazioni anche molto consistenti. Per studiare come si è arrivati a Seattle sarebbe necessario ripercorrere molte strade, che includono i grandi scenari della dissoluzione dell’URSS, delle storie dei partiti e dei sindacali nelle diverse nazioni, dell’evoluzione economico-finanziaria mondiale – la globalizzazione – e dei mutamenti culturali ad essa interconnessi. Non dimentichiamo che le manifestazioni di Seattle avvennero contro il WTO e che il loro immediato precedente erano state le proteste di Ginevra contro il Multilateral Agreement on Investments (MAI). In secondo luogo, “Seattle” non sarebbe neppure stata pensabile senza i mutamenti radicali nel sistema delle comunicazioni, con la creazione e la progressiva adozione da parte di organizzazioni e soggetti collettivi diversi dei nuovi strumenti e delle nuove modalità di comunicazione. Questi nuovi strumenti e queste nuove modalità, in connessione con altri fattori (il mondo reso “più piccolo” dai nuovi modi di comunicare, da una crescente circolazione internazionale delle persone e dalle migrazioni, da un nuovo interesse per altri mondi e altre culture, da una nuova sensibilità per i problemi sociali di altre parti del mondo…) hanno favorito la crescita progressiva di una nuova cultura politica. A questa ha contribuito anche, in parte, la crescente evidenza dell’incapacità delle organizzazioni tradizionali (partiti e sindacati nazionali), dei governi nazionali e delle agenzie sovranazionali (ONU, WTO, FMI, Banca mondiale…) di rispondere a bisogni elementari di grandi quantità di persone in ogni parte del mondo. In conclusione, “Seattle” ha – ripetiamo – reso evidente qualcosa la cui gestazione durava da anni. Dopo il novembre 1999, si sono succeduti molti eventi che hanno confermato e rafforzato quanto a Seattle era emerso in forme ancora aurorali. A distanza di cinque anni crediamo si possa affermare che i movimenti sociali attuali sono nuovi, rispetto al passato. Si possono proporre alcune generalizzazioni, valide non soltanto per l’Italia: hanno una fisionomia sociale che non si fonda sui requisiti dell’appartenenza di classe, di razza, di etnia o di religione e, anzi, hanno fatto del rifiuto di tali requisiti uno dei punti basilari del loro stesso costituirsi. La cultura politica che presiede alla loro esistenza, in generale, non rifiuta l’organizzazione, ma non prevede modelli classici di organizzazione gerarchica, né strutture e ruoli organizzativi rigidi e permanenti, preferendo la disponibilità alla mobilitazione volontaria (in questo viene adottato più l’esempio del volontariato e “missionariato” delle organizzazioni cristiane che quello della militanza dei vecchi partiti comunisti), il collegamento orizzontale a quello verticale (o di comando) e l’intercambiabilità in molti ruoli (mantenendo però vive funzioni di leader, portavoce, rappresentante che rivelano in molti casi la loro discendenza spuria: da una parte, quella, ormai molto mediata, da modelli organizzativi politico-sindacali precedenti; dall’altra, quella, tutta interna al sistema della comunicazione, secondo cui tutti i messaggi hanno un emittente singolo, che può “parlare” anche a nome di altri e destinatari precisi, singoli anche se numerosi). Infine, è spesso nuovo l’oggetto attorno a cui si coagula il nuovo soggetto collettivo: si va da issues anche molto limitate, locali, di nicchia a grandi mobilitazioni per la pace o contro la guerra; da interventi in difesa dell’ambiente di rilevanza locale ad altri di scala planetaria; da iniziative di solidarietà (spesso assai diversificate) mirate alla soluzione di problemi locali o nazionali ad altre, altrettanto mirate, indirizzate a luoghi, paesi e realtà sociali molto lontane; da comportamenti ispirati alla nonviolenza (altro lascito di precedenti stagioni di mobilitazione sociale e di altri movimenti) ad altri che affermano il diritto alla violenza contro obiettivi (in genere non contro le persone, se non per autodifesa, a differenza dei militanti di un passato radicalismo) individuati come rappresentativi di arricchimento ai danni delle comunità locali, di pratiche di sfruttamento (per es. del lavoro minorile o carcerato) o di repressione di minoranze (come nel caso delle azioni contro i Centri di detenzione temporanea degli immigrati) eccetera. In sostanza, l’oggetto dell’attività del nuovo soggetto politico di movimento è, in generale, ben presente all’attenzione di un pubblico attento ai problemi sociali locali, nazionali e globali, ma le attività stesse tendono a essere poco visibili agli occhi di quello stesso pubblico, se si escludono le manifestazioni di massa fatte apposta per dare visibilità a una o più issues. Questa è la ragione che spiega alcuni grandi incontri nazionali e internazionali, periodici come i World Social Forums e gli European Social Forums, oppure occasionali come la manifestazione mondiale del 15 febbraio 2003 contro la guerra in Iraq. Alcuni soggetti collettivi producono riviste o pubblicazioni occasionali a stampa, che hanno circolazioni variabili, molti no; tutti, però, comunicano tra loro e al loro interno, e offrono informazioni su di sé, attraverso la rete. Su questo torneremo. Di sicuro, per chi li osservi o li studi, le basi programmatiche, le finalità, i modi di funzionamento interni, la consistenza delle affiliazioni (e la loro matrice ideale) non sono più individuabili secondo le vecchie modalità e sulla base di documenti programmatici, congressuali e di altro tipo che l’organizzazione stessa diffonde e poi i media nazionali riportano o di cui danno notizia. I nuovi movimenti sociali condividono la caratteristica della carsicità: emergono alla vista o spariscono dalla vista a intervalli; sono capaci di grandi mobilitazioni cui partecipano centinaia o migliaia di soggetti collettivi diversi e che richiamano l’attenzione dei grandi media e hanno lunghe fasi di assenza dalla scena pubblica e mediatica; sono magari attivi, presenti e “conosciuti” localmente e ignorati da tutti (eccettuati gli altri soggetti a cui sono collegati, magari in altri continenti) a pochi chilometri di distanza. Tuttavia, non c’è dubbio che, come in passato attraverso il filtro delle organizzazioni del movimento operaio, oggi attraverso la lente dei movimenti si arriva a vedere come e dove nella società si articola la critica alle politiche dei centri di potere economico-finanziario e culturale, dei governi nazionali e delle grandi istituzioni sopranazionali. I modi e i terreni di aggregazione, profondamente diversi rispetto al passato, sono la spia di profonde mutazioni ormai avvenute e di altre in atto. Non entriamo, qui, nella loro descrizione; ci limitiamo ad alcune osservazioni essenziali che ci sembrano indispensabili per il discorso che stiamo facendo. Anzitutto, la novità dei nuovi movimenti sociali, sia in Italia, sia fuori, è anche il lontano prodotto del processo di “individuazione” avviato dai movimenti sociali della Nuova sinistra e del femminismo in polemica con la “massificazione” prevalente nelle organizzazioni tradizionali della sinistra. Esistono tuttavia organizzazioni “di movimento” che sono strutturate e si concepiscono come stabili e durature. Molte altre hanno fisionomie diverse, irriducibili a uno o a pochi modelli. Quasi tutte sono espressione della pratica diffusa del “prendere la parola”, vale a dire dell’affermativo costituirsi come soggetto sociale, politico, culturale indipendentemente dalle dimensioni del gruppo. Non sono le dimensioni e la natura dell’affiliazione a dare legittimità al soggetto. Lo stesso concetto di “gruppo di affinità” sposta la logica associativa fuori dal terreno tradizionale dell’organizzazione permanente che trae legittimazione dall’esterno e la immette sull’altro terreno dell’autolegittimazione basata sul consenso interno. Questa autolegittimazione è intesa fin dall’inizio come un dato fluido, fondato sull’adesione spontanea, anche contingente e comunque non vincolante delle persone. Essendo fluidi buona parte dei ruoli interni – diversamente da quanto succede nelle grandi organizzazioni gerarchiche – anche la rilevanza degli individui in quanto tali cambia. I soggetti collettivi di movimento sono costituiti di persone che assumono quasi sempre volontaristicamente ruoli e funzioni, che saranno quindi caratterizzati dai modi, dalle capacità, dalle disponibilità di tempo e dalle continuità/discontinuità dell’apporto individuale. Nelle grandi organizzazioni i ruoli e le funzioni sono stabili e le mansioni legate al ruolo sono predefinite; la persona che ricopre quel ruolo è spesso prescelta sulla base di assunzioni formali o selezioni interne o indicazioni politiche e se il ruolo non è di leadership, la funzione sarà poco caratterizzata dall’apporto individuale, che sarà comunque stabile, regolare e regolato da norme sul lavoro esterne all’organizzazione. Infine, i nuovi movimenti comunicano tra loro e con la società circostante in modi nuovi. Continua, naturalmente, la produzione di documenti tradizionali, a stampa: riviste a periodicità regolare, rivistine occasionali o a uscita irregolare, numeri unici in occasione di avvenimenti eccezionali, volantini e manifesti, libri, documenti programmatici eccetera. E’ aumentata a dismisura, rispetto a un passato anche recente, la produzione di registrazioni audio e soprattutto di documenti fotografici e in video. Ma la caratteristica qualificante dei nuovi movimenti è l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali e della rete. Gran parte della comunicazione tra soggetti (collettivi e individuali), della discussione interna alle diverse aree di movimento e della comunicazione con l’esterno avviene tramite Internet. E’ quest’ultimo aspetto che pone problemi del tutto nuovi a chi si ponga l’obiettivo di documentare le realtà dei nuovi movimenti e di costituire le basi per future attività di ricerca incentrate su di essi. I nuovi movimenti sociali sono realtà da studiare I nuovi movimenti sociali costituiscono argomento di studio, da parte di un’istituzione come la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli che ha nell’attenzione per i movimenti sociali e politici la sua stessa ragion d’essere. Nello specifico, sono le novità stesse del fenomeno rispetto alle esperienze del passato a rendere i nuovi movimenti oggetto di interesse. Per documentarne le attività e per studiarli, il Centro di documentazione e ricerca sui movimenti sociali contemporanei si dedica a tre ordini di attività: la raccolta documentaria tradizionale, la “mappatura” dei soggetti di movimento e degli archivi esistenti, la costruzione di un archivio digitale e la costituzione di un nodo attraverso cui far circolare e mettere in collegamento le informazioni provenienti dai movimenti. L’obiettivo è quello di mettere a disposizione del pubblico e dei ricercatori documentazione primaria, letteratura critica e informazioni bibliografiche per la ricerca; costituire e rendere disponibile in rete un indirizzario dei soggetti e degli archivi e centri di ricerca, ordinato in modo sistematico e con la possibilità di fare ricerche incrociate per settore di attività, per collocazione regionale eccetera; costituire un nodo nella rete di relazioni tra soggetti di movimento, archivi e ricercatori; elaborare, anche sulla base di confronti internazionali, e quindi mettere a disposizione di tutti i soggetti interessati indicazioni utili per affrontare il problema della raccolta e conservazione delle fonti digitali. Non ci dilungheremo, qui, sui problemi e sulle modalità di raccolta e descrizione archivistica di documenti tradizionali, a stampa o comunque non digitali, per i quali verranno adottati gli standard ISAD. Ricordiamo soltanto lo schema di catalogazione sistematica che abbiamo adottato per il materiale librario. La biblioteca della Fondazione è costituita da sezioni librarie che sono dotate sia di un catalogo topografico, sia di un catalogo sistematico. Il nuovo materiale librario sarà descritto adottando le regole di catalogazione del catalogo partecipato SBN a cui la biblioteca della Fondazione ha aderito dal 1988. Per la natura particolarmente rigida dell’albero biblioteconomico della biblioteca, si è ritenuto opportuno aprire una sezione libraria specifica dedicata ai nuovi movimenti sociali in Italia, che raccolga monografie, opuscoli e periodici che hanno come oggetto il caso italiano. In essa saranno collocate anche quelle monografie che, pur non rispondendo strettamente a questo criterio, contribuiscono però a formare la cultura diffusa dei movimenti, nonché quelle che hanno contribuito a costituire gli strumenti concettuali fondamentali per la comprensione e l’analisi dei nuovi movimenti sociali. Questa sezione si integrerà con le acquisizioni che la biblioteca aveva già dedicato al tema dei nuovi movimenti sociali nel corso degli anni Novanta. Nello specifico, la funzione principale del catalogo sistematico, sarà proprio quella di permettere il recupero delle informazioni librarie già classificate e inserite in sezioni librarie preesistenti, evitando di ricorrere a una nuova descrizione e classificazione. In questo senso, per esempio, verrà inserita nel nuovo catalogo sistematico una parte della letteratura dedicata alla storia dei movimenti e alle esperienze di movimento che, nel corso degli anni Novanta, è stata descritta all’interno delle singole sezioni librarie nazionali dedicate alle “Nuove sinistre”. Per la nuova sezione libraria che verrà costruita all’interno delle collezioni librarie della Fondazione dedicate ai movimenti sono state individuate, così, sei chiavi di classificazione, le cui titolazioni sono: 1. Geografia dei movimenti 2. Repertori documentari, antologie di testi, guide e inventari 3. Tematiche di discussione economica 4. Tematiche afferenti le problematiche sociali 5. Eventi 6. Letteratura Geografia dei movimenti sarà rivolta a fornire un atlante dei movimenti e delle forme associative; Repertori conterrà il materiale librario dedicato a inventari, antologie, guide bibliografiche, regesti…; Tematiche di discussione economica sarà incentrato sulla “globalizzazione economica”. La sezione sarà suddivisa in due settori: Luoghi di produzione, che avrà come tema il rapporto produzione/lavoro, e Modelli di comportamento, dedicato alla riflessione sulle dinamiche di sviluppo; Tematiche afferenti alle pratiche sociali sarà dedicato alle Tematiche su cui si attivano le esperienze di movimento (per esempio: Solidarietà, ambiente, lavoro, diritti, povertà, forme aggregative e di socialità alternativa, strumenti e strutture di comunicazione) e ai Settori di intervento prescelte dai movimenti (per esempio: Campagne di varia natura, nazionali e internazionali, emergenze sanitarie, protezione ambientale, diritto al lavoro, formazione professionale, assistenza all’infanzia, accoglienza, associazionismo laico e religioso, media e reti telematiche informali…); Eventi, raccoglierà le opere a stampa dedicate ai World Social Forums e agli European Social Forums e ad altri eventi di carattere nazionale; Letteratura conterrà materiale librario riferito all’indagine sociologica, culturale, e storico-sociale delle esperienze di movimento e, più in generale, allo studio dei nuovi movimenti sociali in quanto esperienze di aggregazione e organizzazione. Per quanto riguarda i “primi passi” che ci portano verso il nuovo terreno della rete e del digitale, il Centro ne ha individuato e compiuto uno, preliminare: attuare una “mappatura” sia dei soggetti collettivi di movimento, sia degli archivi che, in Italia, sono impegnati nella raccolta documentaria e nella ricerca sui nuovi movimenti sociali (e spesso anche sui movimenti sociali dei decenni trascorsi). Abbiamo preparato due questionari, da inviare e compilare via web: uno per i soggetti di movimento e uno per gli archivi – attraverso cui chiediamo informazioni sull’anagrafe, sui campi di attività, sulla produzione documentaria e sulle raccolte eccetera – che arricchiscono un database relazionale. Questo ci permetterà di eseguire queries e ricerche incrociate. Una parte dei dati sarà resa pubblica sul sito del Centro di documentazione. Il primo invio, nello scorso novembre, è stato indirizzato a 1500 soggetti che presumiamo siano interessati a un’interrelazione con noi. Le risposte che hanno cominciato ad arrivare non costituiscono un campione significativo; per ora testimoniano soltanto l’inizio del percorso relazionale. In realtà, relativamente alla messa in campo degli strumenti tecnologici e alle soggettività coinvolte, le sfide che vogliamo affrontare sono ben più impegnative. Infatti, per chi si ponga obiettivi come i nostri, sono presenti una serie di problemi tecnici, metodologici, relazionali e forse anche epistemologici. Negli ultimi dieci anni, quasi tutti i gruppi e movimenti sono entrati in piena sintonia, usandoli e reintepretandoli, con i più innovativi strumenti informatici e telematici: siti web, mailing lists, forum, wiki, e tutti i formati audio e video nelle loro varie articolazioni. Media evoluti, complessi, in mutazione nelle forme e nei contenuti. Da ricercatori ci chiediamo: è possibile “congelare” qualche momento della loro evoluzione per poterli fissare su una scheda catalografica? E se no, come rendere al meglio la loro caratteristica evolutiva, di contenitori il cui contenuto è in continuo divenire? Le risposte stanno fondamentalmente nell’impostare un rapporto con i soggetti, che nei fatti deve essere reciprocamente proficuo, soprattutto per ciò che riguarda la trasmissione di alcuni saperi e competenze, tra noi e chi gestisce questi media. Dovremo essere compatibili con numerose logiche architettoniche; dovremo utilizzare strumenti multi-piattaforma slegati dal vincolo degli standard rigidi; dovremo poter liberamente programmare i nostri stessi strumenti di elaborazione dei dati; dovremo riuscire a evitare la seduzione e il rischio di costruire labirinti informativi da cui poi sarebbe impossibile uscire. Infine, come dicevamo, ci troviamo di fronte a soggetti, i quali – più che in passato, o comunque in modi diversi, se guardiamo alla storia dei movimenti sociali – stanno tentando di costruirsi una loro narrazione. Questa nuova narrazione in fieri è oggi multimediale, costituita di veri e propri archivi gestiti “dal basso”, ma tecnicamente complessi ed evoluti, e in cui anche il soggetto singolo acquista importanza centrale. Nel tentativo di connettere mondi così diversi, forse consiste la sfida più complessa. Non potremo affrontarla con le nostre sole forze. In concreto, per quanto riguarda i soggetti di movimento riteniamo di poter procedere – siamo sempre ai primi passi – raccogliendo i loro documenti fondativi e gli statements politici e programmatici principali, le prese di posizione in occasione di grandi eventi e altri materiali resi pubblici negli scorsi anni o che comunque essi ritengano di rendere disponibili. Ma è prevedibile che, con l’allargamento dei rapporti, oltre alla collaborazione diretta con i soggetti sarà necessario coinvolgere anche centri di elaborazione dati esterni alla fondazione. Anche le nostre strategie operative sono in fieri. E incontri come questo sono utili al Centro per aiutarlo a definire i termini per approfondire il ragionamento sui sistemi più opportuni e condivisibili per il trattamento, l’organizzazione e la messa a disposizione dei documenti digitali. La finalità non è soltanto quella di accedere, e di contribuire a creare il patrimonio internazionalmente condiviso di conoscenze propriamente tecniche necessarie per rispondere alle nuove esigenze, ma anche, poi, di riuscire a proporre ai soggetti e agli archivi interessati nel nostro paese eventuali soluzioni ai problemi che ognuno sta affrontando per conto suo. Fondazione Giangiacomo Feltrinelli – Papers 1 – Salvatore Veca, Il modello cosmopolitico di Kant e i suoi eredi (novembre 2004) 2 – Abdelaziz Abid, Preserving Our Digital Heritage: A UNESCO Perspective (dicembre 2004) 3 – Rudolf Schmitz, Archiving the Web Sites of Political Parties in Germany. A Joint Project of the Archives of Political Foundations Funded by the Deutsche Forschungsgemeinschaft (dicembre 2004) 4 – Françoise Blum, Social History and Electronic Archives in France: Insights and Commentary (dicembre 2004) 5 – Tomás Maldonado, Gli archivi del presente. Relazione introduttiva (dicembre 2004) © Fondazione Giangiacomo Feltrinelli -PAPERS-6 Febbraio 2005