13 anni di difesa del suolo

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13 anni di difesa del suolo
13 ANNI DI DIFESA DEL SUOLO
AUTORE: Pasquale Alberti, nato a Lauria (PZ) il 4.09.1957, residente a Lauria (PZ) in Vico 1°
Moncenisio n.8, laureato in Ingegneria Civile Edile presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di
Roma il 28.03.1984, abilitato alla professione di Ingegnere e iscritto all’Ordine Degli Ingegneri
della Provincia di Potenza al n.667, funzionario della Regione Basilicata, Dipartimento
Infrastrutture e Mobilità, Ufficio Difesa del Suolo di Potenza con Posizione Organizzativa: Opere
Idrauliche e Idrogeologiche.
PROGETTO GRAFICO: Laviero Laurino, nato a Tito (PZ) il 30.12.1961, residente a Tito (PZ) in
Vico 1° San Nicola n.1, Geometra diplomato presso l’Istituto Leonardo da Vinci di Potenza,
Istruttore Direttivo presso la Regione Basilicata, Dipartimento Infrastrutture e Mobilità, Ufficio
Difesa del Suolo di Potenza.
Hanno partecipato alla stesura ed edizione del volume l’Ing. Angelo la Notte, l’Ing. Guido
Cirigliano, il Geom. Vincenzo Cavallo e il Geom. Antonio Meduri del Dipartimento Infrastrutture e
Mobilità della Regione Basilicata, ai quali va il più caro ringraziamento.
INDICE
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Introduzione
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La legge quadro e la definizione di Bacino Idrografico
Pag.
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Altre Innovazioni introdotte dalla legge quadro
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Il Decreto Legge 11 giugno 1998, n 180 (Decreto Sarno)
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Indicatori della sostenibilità dei programmi di difesa del suolo
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Principali problemi e potenzialità di sviluppo della difesa del suolo
ESEMPI COMPIUTI DI PROGETTAZIONE DI OPERE DI DIFESA DEL SUOLO
Pag. 24
Intervento di difesa idraulica in sponda sinistra del fiume Sinni a valle del centro
abitato di Episcopia (PZ)
Pag. 62
Lavori di sistemazione idraulica del sotto bacino del torrente Sarmento, in località
Casa del Conte – bacino fiume Sinni – località Casa del Conte in Terranova di
Pollino
Pag. 65
Intervento Urgente di difesa spondale in destra idraulica del fiume Noce, in
corrispondenza del Km 3 + 300 della SS N. 585
Pag. 86
Interventi Urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed
alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Castelluccio Inferiore (PZ)
Pag. 97
Recupero statico e Rinaturazione del pendio sul fosso Varcaturo nel Comune di
Calvello (PZ)
Pag. 107
Lavori di consolidamento del costone a valle di Vico del Sole nel Comune di
Gallicchio (PZ)
Pag. 116
Lavori di consolidamento dell’abitato, salvaguardia idrogeologica e riequilibrio
ambientale nella località Scannagallina del Comune di Trivigno
Pag. 123
Bacino del fiume Noce – Lavori di recupero briglia a valle del viadotto Parrutta
lungo la SS 585, sistemazione idraulica del torrente Fiumicello rinaturazione sponda
destra del torrente Carrosio
Pag. 134
Lavori di sistemazione idraulica nel bacino dell’Ofanto – sotto bacino del torrente
Giannattasio – Comune di Filiano
Pag. 137
Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed
alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Lauria
Pag. 158
Lavori di sistemazione idraulica e riequilibrio ambientale nel tratto lucano del fiume
Ofanto a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta
Pag. 199
Bibliografia
Appendice legislativa tratta dalla raccolta De Agostini Professionale
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INTRODUZIONE
Sono le 5,15 del 27 di marzo 2003, nel primo pomeriggio ho avvertito tutti quei segnali
tipici dell’inizio della primavera, ho cercato disperatamente di lavorare intorno alle pratiche di
routine con il risultato di sentirmi doppiamente stanco e con un cerchio in testa.
In effetti ho sempre sognato di scrivere un libro, un grande romanzo di grande contenuto, il
Gattopardo, il Cristo si è fermato a Eboli, oppure il Rosso e il Nero, ma dov’è il talento per farlo?
Oggi inizio questo libro che contiene una parte della esperienza della mia vita ed è
sicuramente più facile raccontarla, è quello che posso fare, ma lo dedico con lo stesso amore a
Alessandra, Francesco e Antonio, perché almeno trovino traccia di tante fatiche e battaglie.
A luglio si compiono tredici anni di lavoro presso la Regione Basilicata nell’Ufficio Opere
Pubbliche e Difesa del Suolo, oggi Ufficio Difesa del Suolo, ieri semplicemente e più efficacemente
definito Genio Civile di Potenza.
C’era, e c’è tutt’ora, un simpatico usciere del Comune di Lauria che si pregiava di conoscere
molti funzionari e impiegati dei vari uffici potentini.
Ricordo che eravamo ragazzi di liceo e un giorno passeggiavamo con un mio cugino
buontempone quando incontrammo il nostro usciere.
Mio cugino Felice gli chiese se conosceva un signore di Potenza dal nome (inventato)
Landolfi, Geppino rispose con prontezza “ come no, Genio Civile secondo piano “.
Ciò per dire che il vecchio Genio Civile era un riferimento immediato, accostato quasi di
default, come si dice oggi, dai cittadini della provincia alla Potenza capitale delle nostre miserie.
Comunque io ci arrivai in una splendida mattina del 9 luglio 1990, in comando dal Comune
di Sant’Arcangelo, dove avevo esordito come ingegnere nella Pubblica Amministrazione, e mi
sembrava di aver fatto un progresso luccicante tanto che mi guardavo intorno e pensavo: sono
davvero io o è un brillante travestimento?
Comunque mi salvai dalla sezione sismica perché il 18 maggio dell’anno prima era stata
promulgata la Legge 183/89, norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo,
che all’art.31 prevedeva la elaborazione degli schemi previsionali e programmatici da trasmettere
entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge al Comitato dei ministri.
Con qualche opportuna proroga tale termine era stato fissato al 31 ottobre 1990 e non
c’erano più margini.
Naturalmente mi tuffai in questo lavoro che mi sembrava interessantissimo trattandosi delle
problematiche dei bacini idrografici sia dal punto di vista fisico e idraulico ma anche dal punto di
vista delle problematiche sociali ed economiche su cui, naturalmente, l’assetto del territorio ha
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immediati riflessi, specie in rapporto alle macchie di umido delle cantine di Sant’Arcangelo, ai
problemi tra confinanti, agli abusi edilizi che sino ad allora avevano assorbito gran parte del mio
tempo.
Ma su Sant’Arcangelo tornerò diffusamente perché si è trattato di una esperienza
eccezionale e perché lì vi abita gente eccezionale per simpatia, ospitalità e talvolta genialità.
2 LA LEGGE QUADRO E LA DEFINIZIONE DI BACINO IDROGRAFICO
L’entrata in vigore della legge 18 maggio 1989, n.183, “Norme per il riassetto organizzativo
e funzionale della difesa del suolo” giunge alla conclusione di un lungo dibattito culturale e politico
svoltosi in Italia.
Tale dibattito affonda le sue radici nella costituzione della “Commissione De Marchi”
avvenuta nel 1966, ne sono seguiti, in più di trenta anni, la elaborazione e quasi la metabolizzazione
dei concetti base del progetto legislativo.
Per un corretto approccio alle problematiche della difesa del suolo occorre riflettere sui
seguenti due elementi.
1) “La Commissione De Marchi aveva lucidamente individuato nel bacino idrografico l’unità fisica
inscindibile all’interno della quale, con unitarietà di visione e di criteri, debbono essere inquadrati
gli interventi per la difesa idraulica e per la sistemazione del suolo, da attuarsi secondo uniformi
concezioni tecniche.
I capisaldi concettuali posti dalla Commissione risultano oggi interamente recepiti nella legge 183
che, nel fissare un quadro di soggetti, procedure e strumenti, delega alla successiva fase attuativa la
precisazione e la definizione di metodi, indirizzi e norme mirate al pieno adempimento delle finalità
proposte”.
La legge rappresenta dunque una riforma generale della pianificazione dell’ambiente compreso nel
contorno del bacino idrografico e, nell’insieme dei bacini, dell’intero territorio nazionale.
Tale riforma è incentrata sulla visione integrata delle molteplici problematiche di difesa del suolo,
di salvaguardia ambientale delle risorse, in una ottica di multidisciplinare intersezione di fattori
anche sociali ed economici.
Ne deriva una profonda innovazione del pensare sul territorio, ma ne deriva anche una notevole
complessità nella migliore comprensione dei metodi da utilizzare per intervenire in modo utile e
positivo sul territorio stesso.
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DEFINIZIONE DI BACINO IDROGRAFICO
“Un elemento morfologico fondamentale della circolazione superficiale è il bacino
imbrifero.
Si definisce bacino imbrifero di una sezione di un corso d’acqua, che prende a sua volta il
nome di sezione di chiusura del bacino, quella parte di superficie terrestre il cui ruscellamento
superficiale contribuisce ai deflussi attraverso la sezione stessa.
Vale a dire che tutta l’acqua che precipita sul bacino imbrifero e non filtra e evapora,
defluisce prima o poi per la sezione considerata.
Attraverso la sezione di chiusura del bacino defluiscono anche parte dell’acqua infiltrata,
che non esce dal bacino imbrifero per altra via, ma viene restituita al corso d’acqua a monte di essa
nonché eventuali apporti sotterranei provenienti da altri bacini imbriferi
Come si vede, il concetto di bacino imbrifero è analogo a quello di bacino idrogeologico;
tuttavia tra bacino imbrifero e bacino idrogeologico non c’è sempre coincidenza, perché la strada
che prendono le acque infiltratesi nel terreno può essere completamente diversa da quella presa
dalle acque superficiali, se la giacitura degli strati impermeabili è differente da quella della
superficie del suolo o se le acque sotterranee trovano uno sbocco a quota più bassa in un altro
bacino.
Le caratteristiche del bacino imbrifero hanno una influenza determinante sui deflussi.
Innanzi tutto vanno considerati i fattori topografici: il rilievo, la forma del bacino, il tipo e la
densità del reticolo idrografico.
L’altezza media del bacino rispetto alla quota della sezione di chiusura dà una prima idea
dell'energia di cui l’acqua dispone per ruscellamento.
Essa ha importanza perché caratterizza il deflusso sia dal punto di vista idrologico
(formazione dei deflussi), soprattutto in relazione alle piene, sia da quello di utilizzazione
dell’acqua, sia infine dal punto di vista dell’erosione degli alvei e dei versanti.
Maggiori indicazioni a questo riguardo sono fornite dalla curva ipsografica , illustrata nella
figura I.113, che lega l’altezza y rispetto alla sezione di chiusura, all’area A posta al di sopra di tale
altezza.
L’area può essere espressa anche in percentuale totale.
Oltre alla topografia hanno un’influenza determinante, la natura geologica del bacino, che
regola l’infiltrazione e i rapporti tra le acque superficiali e quelle sotterranee; la copertura vegetale,
che agisce sul ruscellamento e sull’infiltrazione e da cui dipende l’evaporazione; lo stato di
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imbibizione del suolo, dipendente dalle vicende meteorologiche, che influisce anch’esso
sull’infiltrazione.
3 ALTRE INNOVAZIONI INTRODOTTE DALLA LEGGE QUADRO
“La prima novità è l’istituzione delle Autorità di Bacino, le quali, assumendo come
contesto territoriale di riferimento l’area del bacino idrografico, non saldata a dimensioni
amministrative consolidate, contribuisce, unitamente alla legge 8 giugno 1990, n.142,
sull’ordinamento delle autonomie locali, a ridisegnare un nuovo modello organizzativo
dell’intervento pubblico a livello territoriale, in risposta alle attuali esigenze di nuove e più adeguate
forme di aggregazione e di più avanzati sistemi di relazioni intersoggettive.
Un’altra fondamentale novità della legge è l’introduzione del Piano di Bacino idrografico
quale strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo per affrontare in una visione sistematica
tutte le problematiche legate alla salvaguardia del territorio ed alla corretta gestione delle sue
risorse.
Nel sistema di gerarchia delineato dalla legge, il piano di bacino assume una posizione
sovraordinata nei confronti degli altri strumenti di pianificazione di settore, ponendosi come vincolo
anche rispetto alla pianificazione urbanistica.
A quanti hanno ritenuto in un primo momento tale opzione legislativa irrealistica e frutto di
una forzatura, ha lucidamente risposto la Corte Costituzionale nella sentenza n.85/1990.
La Corte ha infatti osservato che il carattere vincolante delle prescrizioni finalizzate alla
salvaguardia fisica del territorio è legato all’esigenza logica che il fine conservativo del piano di
bacino ed il raggiungimento di condizioni uniformi di sicurezza del territorio si pongono come
pregiudiziali condizionanti rispetto agli usi dello stesso ai fini urbanistici, civili, di sfruttamento di
materiali e di produzione.
Ulteriore elemento di significativa innovazione contenuto nella legge è quello della
riorganizzazione dei Servizi tecnici nazionali in un sistema coordinato e unitario collocato presso la
Presidenza del Consiglio dei Ministri in posizione di piena autonomia tecnica, scientifica,
organizzativa e funzionale”.
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4 IL DECRETO LEGGE 11 giugno 1988, n.180 (Decreto Sarno)
Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri
franosi nella regione Campania.
Il 5 e 6 maggio 1998, in seguito al verificarsi di eccezionali precipitazioni piovose,
avvennero disastri idrogeologici nell’area del sarnese, nella regione Campania.
L’11 giugno 1998 venne emanato il Decreto legge n.180, denominato Decreto Sarno con la
finalità di individuare le aree a più elevato rischio idrogeologico ed alla conseguente adozione di
idonee misure di salvaguardia e prevenzione.
In particolare, l’art.1 del D.L.180/98, fissava il termine del 31 dicembre 1998 per la
adozione, da parte delle autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i
restanti bacini, dei piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico, redatti ai sensi del comma 6ter dell’articolo 17 della legge 18 maggio 1989, n.183 e successive modificazioni, che contengono
in particolare l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico.
Il D.L. 180/98 rappresenta un passo avanti di settore rispetto alla pur encomiabile ed
efficace legge quadro 183/89.
In sostanza, se pur sulla base della emotività scatenata dalla tragedia di Sarno, la difesa del
suolo inizia a divenire, nella mente del legislatore, una attività preventiva, non soltanto una attività
di cura dei mali ormai già scatenati sul territorio italiano che, come si cercherà di evidenziare nel
prosieguo, è quasi interamente esposto al rischio idrogeologico.
Il D.L. 180/98 impone agli organi individuati dalla legge quadro di individuare le zone a più
elevato rischio idrogeologico, nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori
pericoli per le persone, le cose e i valori ambientali, nonché gli interventi più urgenti per la
riduzione del rischio ed i relativi soggetti attuatori.
Ai sensi dell’articolo 2 della legge 183/89, entro quindici giorni dalla data di entrata in
vigore del Decreto 180/98, le Amministrazioni statali, gli enti pubblici, le università e gli istituti di
ricerca comunicano a ciascuna regione e provincia autonoma i dati storici e conoscitivi del territorio
e dell’ambiente in loro possesso, senza oneri ed in forma riproducibile.
Gli organi di protezione civile, come definiti dalla legge 24 febbraio 1992, n.225, e dal
decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, provvedono a predisporre, per le aree a rischio
idrogeologico, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell’incolumità
delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l’allarme e la messa in salvo preventiva,
anche utilizzando i sistemi di monitoraggio.
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Entro novanta giorni dalla entrata in vigore del Decreto 180/98, il Comitato dei Ministri, di
intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome,
adotta un programma per il potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico,
mirato alla realizzazione di una copertura omogenea del territorio nazionale..
Il programma è predisposto, sulla base del censimento degli strumenti e delle reti esistenti,
dal Servizio idrografico e mareografico nazionale, d’intesa con il Dipartimento della protezione
civile, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale, le regioni e le province autonome ed il
Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle
ricerche.
Il Decreto 180/98 fu convertito con modificazioni dalla legge n.267 del 3 agosto 1998 e
successivamente fu promulgato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre
1998 recante l’atto di indirizzo e coordinamento per la individuazione dei criteri relativi agli
adempimenti da compiere in merito alla individuazione e perimetrazione delle aree esposte a
diversi livelli di rischio.
In base ad esperienze di pianificazione già effettuate è possibile definire quattro classi di
rischio, secondo le classificazione di seguito riportate.
Le diverse situazioni sono aggregate in quattro classi di rischio a gravosità crescente (1 =
moderato, 2 = medio, 3 = elevato, 4 = molto elevato), alle quali sono attribuite le seguenti
definizioni:
moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali;
medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio
ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità
delle attività economiche;
elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali
agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di
funzionalità delle attività degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche
e danni al patrimonio ambientale;
molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone,
danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione de attività
socio-economiche.
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Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 traccia anche la fase
di programmazione della mitigazione del rischio.
Detta fase si sostanzia in analisi ed elaborazioni, anche grafiche, sufficienti ad individuare le
tipologie di interventi da realizzare per la mitigazione o rimozione dello stato di rischio, a
consentire la individuazione, la programmazione e la progettazione preliminare per l’eventuale
finanziamento degli interventi strutturali e non strutturali di mitigazione del rischio idraulico o
comunque per l’apposizione di vincoli definitivi all’utilizzazione territoriale, a definire le eventuali,
necessarie misure di delocalizzazione di insediamenti.
5 INDICATORI DELLA SOSTENIBILITA’ DEI PROGRAMMI DI DIFESA DEL SUOLO
Ridurre il rischio idrogeologico
-
percentuale della popolazione nelle aree critiche
-
percentuali degli addetti all’industria e servizi
-
superficie interessata
-
elementi valutativi della situazione di rischio (idraulico e da frana)
Recuperare la funzionalità dei sistemi naturali
-
lunghezza della rete idrografica principale
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lunghezza della rete idrografica minore
-
valore e complessità degli interventi già realizzati
-
superficie montana interessata dalle sistemazioni, idrauliche e forestali, dei versanti
Conservazione dei suoli
-
superfici agricole ad uso controllato
-
superfici interessate da interventi di forestazione
Condizioni d’uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi naturali
-
superficie interessata dalle fasce fluviali
-
superficie a destinazione residenziale interessata dalle fasce fluviali
-
superficie a destinazione produttiva interessata dalle fasce fluviali
-
volume di costruzione interessato dalle delocalizzazioni
Protezione delle coste
-
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lunghezza delle coste
-
lunghezza delle coste in erosione/ripascimento
-
lunghezza delle coste interessate da fenomeni di instabilità dei versanti che coinvolgono centri
abitati o infrastrutture
-
valore delle attività economiche interessate
Equilibrio ambienti fluviali e gli ambiti urbani
-
superficie delle pertinenze fluviali interessate
-
superficie urbana interessata
-
popolazione residente
-
flusso turistico annuo (popolazione)
Gestione e presidio del territorio
-
numero e qualificazione degli addetti nella pubblica amministrazione in relazione alle
caratteristiche territoriali
-
addetti nel volontariato
-
numero delle stazioni di misura
-
numero delle stazioni in telemisura
-
dotazione strumentale degli uffici
Formazione e ricerca
-
personale coinvolto in sistematiche attività di formazione
-
addetti alla ricerca nel settore pubblico
-
addetti alla ricerca nel settore privato
PRINCIPALI PROBLEMI E POTENZIALITA’ DI SVILUPPO DELLA DIFESA DEL
SUOLO ( Fonte: Rapporto Interinale Difesa del Suolo - aprile 1999 – Ministero LL PP e Ministero
Ambiente )
L’estrema fragilità idrogeologica del territorio italiano è motivo di costante preoccupazione
delle autorità di governo, centrale e locale, e dei cittadini.
Le condizioni orografiche e podologiche del territorio rappresentano una peculiarità nel
panorama europeo e il ripetersi di fenomeni metereologici con caratteristiche più intense e più
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rapide sembra costituire una tendenza che rafforza la necessità di robuste azioni preventive, in
grado di contrastare il degrado di origine naturale.
I problemi derivanti dalla presenza di una diffusa instabilità idrogeologica sono poi
enfatizzati sia da una intensa e talvolta indiscriminata urbanizzazione, accompagnata da diffusi
fenomeni di abusivismo edilizio, sia da una diffusa antropizzazione delle aree di pianura.
A tali problemi si aggiungono quelli dovuti ad un insufficiente presidio idrogeologico e a
mancata manutenzione ordinaria e straordinaria.
Una tale situazione ha portato ad una crescente fragilità strutturale del territorio che
comporta, anche a parità di eventi piovosi, un progressivo aggravamento degli effetti.
In molte parti del Paese la sicurezza del territorio è diventata un elemento della competitività
del sistema fisico ed infrastrutturale ed ha assunto il carattere di priorità di intervento per la
sostenibilità dello sviluppo nonché di emergenza ricorrente.
Fin dai lavori della Commissione De Marchi fu rilevato che lo 0,47% della superficie del
territorio nazionale si trova allo stato di frana, costituendo un non invidiato primato europeo.
Recenti analisi effettuate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno documentato che
nessuna delle regioni italiane è al riparo da situazioni di rischio: negli ultimi 50 anni i comuni
colpiti da alluvioni sono stati 1.500 e oltre 2000 quelli danneggiati da frane e smottamenti.
Nelle regioni dell’Obiettivo 1 è particolarmente preoccupante la diffusione e la frequenza
degli eventi calamitosi.
Nel periodo 1918 – 1994 sono stati colpiti 1100 comuni, di questi 287 sono stati colpiti
simultaneamente da alluvioni e frane, in almeno 96 casi si è registrata anche una elevata ripetitività
dei fenomeni.
Nel periodo 1945 – 1990 le vittime dei dissesti sono state 3.500 circa, di cui 2.500 per frane
e smottamenti.
Il rapporto del Servizio Geologico di Stato del 1992 ha stimato che i soli eventi franosi
hanno causato danni per circa 33.000 miliardi di lire, la sola alluvione che colpì il Piemonte nel
1994 ha provocato un esborso per la finanza pubblica di oltre 11.000 miliardi di lire.
Per la complessità dei fenomeni naturali ed i loro immediati riflessi sulla vita sociale
degli uomini e donne residenti ed agenti sul territorio, l’assetto idrogeologico è ormai da
considerarsi infrastruttura complessa, diffusa capillarmente, con proprie esigenze di governo,
di sviluppo, di conservazione e manutenzione, con necessità di proprie regole e limiti d’uso.
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L’attuale dotazione finanziaria, per interventi nel settore, pari a 700 miliardi per ciascuno
degli anni 1999, 2000, 201, cui si aggiungono 495 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000
disposti dalla legge 267/98 (la legge di conversione del Decreto 180/98 detto Sarno) per interventi
più urgenti, copre, come si vedrà, una quota percepibile e significativa, ma non ancora del tutto
decisiva, del fabbisogno del settore.
La tendenza futura, anche attivando il cofinanziamento di fondi europei, deve essere
orientata alla programmazione di interventi di prevenzione delle catastrofi, di manutenzione del
patrimonio di difesa esistente e non a fronteggiare le emergenze già esplose sul territorio.
La vulnerabilità idrogeologica rappresenta un ostacolo reale ad una pianificazione
territoriale i cui insediamenti siano in permanenza minacciati da eventi calamitosi (Sarno per tutti.
ma anche Crotone, Sidemo. Niscemi. i comuni dell’Appennino Dauno, Genova, Alessandria, la
Valtellina, ecc.).
L’identificazione dei livelli di rischio accettabili, secondo metodologie omogenee ed estese
all’intero territorio nazionale, rappresenta una esigenza non derogabile nell’ottica della salvaguardia
della vita umana, delle attività produttive, delle infrastrutture e dei beni di particolare pregio
naturalistico e/o culturale. Tale obbiettivo è stato riconosciuto primario dalla Corte Costituzionale.
I risultati in tal senso si presentano alquanto diversificati nel Paese: laddove sono da tempo
operanti le autorità di bacino, soprattutto nel Centro Nord, dove sono presenti i bacini di rilievo
nazionale, la pianificazione di settore, generalmente eseguita per piani stralcio, è alquanto avanzata
e si comincia ad avere contezza sui livelli di rischio, esistenti e da raggiungere, sulla
programmazione degli interventi, strutturali e non strutturali, sulle scelte strategiche di uso del
territorio. Nelle altre zone del Paese la situazione è meno avanzata: la conoscenza e la
pianificazione si presenta adeguata solo in aree limitate, a macchia di leopardo, ed è quindi
importante il forte impulso operativo della legge 267/98 di conversione del D.L. 180/1998 che
prescrive la identificazione delle aree a rischio idrogeologico da eseguire entro il 30 giugno 1999.
L’attività prevista dal D.L. 180/98 rappresenta uno stimolo ed accelerazione per le situazioni meno
avanzate, e costituisce un traguardo sostanzialmente già raggiunto laddove la pianificazione di
settore è adeguata. Essa risponde inoltre all’obbiettivo di intervenire con rapidità di fronte ai casi di
rischio conclamato.
E’ auspicio comune che l’attuazione del D.L. 180/98 concorra all’inversione di tendenza che
riconduca gli interventi di emergenza alla logica e alle prassi della pianificazione: la ricorrenza delle
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emergenze e l’azione di protezione civile hanno dato luogo ad una continuità dell’intervento che è
andata a sovrapporsi o addirittura a sostituire quella legata alla pianificazione di bacino in un
perverso meccanismo di urgenza che, lacerando le regole della legge 183/89 e in materia di
progettazione e appalto, ha rallentato la formazione di chiari centri di responsabilità amministrativa
e tecnica alla scala territoriale appropriata.
In un contesto territoriale e socio-istituzionale piuttosto diversificato appare fondamentale
creare le condizioni per parificare e rendere omogenea la pianificazione di settore a livello
nazionale e quindi redigere programmi di intervento finalizzati a raggiungere prefissate condizioni
di rischio. Ad una normativa che accelera il processo di pianificazione devono seguire strumenti e
mezzi che ne concretizzano l’attuazione: occorre evitare che il piano, a causa di ritardi o di carenza
di fondi, perda la sua attualità prima della conclusione delle azioni ivi indicate.
Le azioni previste dall’art.3 della legge 183/89, relative alla sistemazione e difesa del suolo
e dei corsi d’acqua, nonché all’utilizzo delle risorse idriche superficiali e profonde, se attuate in
comprensori di bonifica sono considerate “di bonifica”. Ai fini dell’equilibrio e della sicurezza
idraulica tale azione riveste particolare rilievo in quanto produce beneficio immediato non solo alle
campagne ma anche ai territori urbanizzati e alle infrastrutture civili e industriali.
I consorzi di bonifica gestiscono numerosissime opere ed impianti idraulici (circa 100.000
chilometri di canali di scolo, 16.930 chilometri di argini. 33.760 briglie e sbarramenti per
laminazioni di piene, 631 impianti idrovori, 1 .097 impianti di sollevamento) operando su circa il
50% della superficie del territorio nazionale, e sul 52% delle aree dell’obiettivo 1. Le azioni di
manutenzione, ristrutturazione e ripristino di tali opere e impianti sono di notevole interesse al fine
di assicurare efficienti sistemi scolanti. sia ai fini di difesa idraulica che di risanamento ambientale,
in un territorio che nell’ultimo cinquantennio è stato ampiamente urbanizzato.
Nell’ambito dell’ordinamento statale e regionale, i consorzi di bonifica sono configurati
quali enti pubblici a struttura associativa e svolgono un importante ruolo anche nell’attività di
manutenzione.
La funzionalità del territorio, la conservazione o il ripristino delle sue connotazioni naturali
e costruzioni di linee di equilibrio tra le naturali dinamiche dei fattori ambientali interessati e le
attività umane, costituiscono il comune denominatore della pianificazione di bacino. Assume
risalto, in questo ambito la logica della manutenzione, che privilegia gli interventi strutturali a
carattere diffuso che producono benefici immediati e garantiscono le esigenze di integrabilità con il
modellamento naturale dei corsi d’ acqua, di conservazione degli equilibri dei versanti raggiunti
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anche con opere di sistemazione idraulico-forestale, con un uso del suolo appropriato, soprattutto
nelle zone montane. In questo contesto, gli interventi non strutturali (manutenzione, norme d’uso,
misure di salvaguardia, incentivi) offrono risultati concreti ed immediati, a fronte dei ricorrenti
fenomeni di “sollecitazione idrogeologica”.
Il diffuso depauperamento della copertura vegetale provoca una forte riduzione della
capacità di ritenzione dell’acqua da parte del suolo e, oltre a poter essere considerata una delle
cause antropiche di esaurimento delle risorse acquifere, concorre ai processi di erosione idrica che
si manifestano più rapidamente su terreni privi o con scarsa copertura vegetale, caratterizzati da
forte acclività.
Occorre, allora, mettere in atto efficaci azioni di protezione e potenziamento del patrimonio
boschivo e nello stesso tempo indicare norme e indirizzi che deftniscano le modalità di gestione e i
programmi di utilizzo eco-compatibili delle risorse agro-forestali.
Il piano di bacino costituisce lo strumento per contemperare le esigenze di sicurezza, di
conservazione della natura e di uso del suolo, per salvaguardare e verificare lo sviluppo delle
attività umane, eliminando e/o riducendo le interferenze antropiche negative sull’ambiente e
rendendo il processo di sviluppo stesso compatibile con la dinamica evolutiva dei sistemi naturali.
In tale prospettiva l’intervento comunitario, facendo prioritario riferimento alla linea
finanziaria FESR e con la convergenza di azioni finanziate con il FEOGA, dovrà soddisfare
l’enorme fabbisogno pregresso di interventi mediante:
a) il soddisfacimento mirato del fabbisogno di interventi infrastrutturali, stimato dal
Ministero dei lavori pubblici con il documento “Per restare in Europa” in 50.000 miliardi di lire
Tale stima è in linea con le differenti analisi di settore condotte in varie sedi. Sulla base della
ricognizione dei fabbisogni attivata con il coinvolgimento delle Regioni per la redazione del
rapporto interinale di che trattasi, è emersa una richiesta di oltre 13.000 miliardi per le aree
dell’obiettivo 1, di cui 5.000 mld circa solamente per la Regione Campania. (dato parziale in attesa
dei dati regionali di Sardegna e Molise);
b) la realizzazione degli investimenti censiti in vista dell’attuazione delle delibere CIPE
richiamate al punto 1.1 (progetti amministrativamente e tecnicamente appaltabili per un totale di
3.800 mld di cui solo 976 hanno trovato copertura) e costituenti fasi attuative della pianificazione di
bacino, caratterizzati da un’elevata propensione all’appaltabilità (dei 976 mld di interventi finanziati
ben il 70% è stato appaltato nell’arco di pochi mesi);
13
c) sostenere l’accelerazione del processo pianificatorio come definito dalla L. l83/89, in
materia di difesa del suolo, ed in particolare di rischio idrogeologico, con particolare riferimento
alle autorità di bacino che ancora non. hanno provveduto a realizzare i piani stralcio per l’assetto
idrogeologico; il D.L. 180/98, impone infatti il termine temporale del giugno 1999 per
l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e l’Atto di indirizzo e
coordinamento approvato con D.P.C.M. del 29 settembre del 1998, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1999, ha individuato i criteri per l’esecuzione ditali adempimenti.
d) la riduzione degli squilibri attraverso l’integrazione degli interventi strutturali e non
strutturali come risultato della pianificazione di bacino. Le manutenzioni del reticolo idrografico e
territoriale, la forestazione, le norme d’uso, le misure di salvaguardia, la gestione delle criticità e la
scelta delle forme di incentivazioni anche verso colture appropriate e di indennizzo rappresentano
azioni ad alto beneficio in termini di riduzione del rischio, da perseguire con l’obiettivo di non
aumentare il grado di “rigidità” del sistema naturale esistente, di rendere efficiente, organizzato ed
ordinato l’intervento sul territorio.
Ci si muove generalmente su problemi di ampia portata:
a) gli interventi relativi al dissesto idrogeologico in senso stretto, nei quali rappresentano un
importante strumento anche gli interventi non strutturali, quali:
• la identificazione delle aree di rispetto e di esondazione dei corsi d’acqua e delle aree ad
alto rischio di frana;
• la loro gestione;
• le scelte di delocalizzazione;
• il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e di preallarme degli eventi critici come
strumento di recupero degli insediamenti a rischio;
• il coordinamento e l’integrazione degli strumenti di pianificazione.
b) Il controllo dell’evoluzione e della dinamica costiera.
Le azioni sui bacini idrografici producono sensibili ripercussioni sulle coste e la legge
183/89 include nello stesso bacino idrografico il litorale marittimo influenzato.
Le modifiche della costa sono prodotte da fenomeni naturali (ad esempio: subsidenza.
eustatismo, dinamica del moto ondoso e delle correnti) e da interventi artificiali (ad
esempio:
incremento o sottrazione del trasporto solido sui fiumi, spostamenti artificiali delle foci,
14
interventi di difesa delle coste, subsidenza indotta da attività estrattive nel sottosuolo).
Oltre ai più noti interventi di difesa degli abitati e delle infrastrutture interessate
dall’erosione costiera occorre promuovere il controllo delle dinamiche evolutive dei litorali
ricercando situazioni di equilibrio attraverso programmi di ripascimento mirati e una
pianificazione della fascia costiera diretta a ridurre le cause di alterazione e squilibrio.
Le notevoli indeterminatezze presenti nei problemi di dinamica costiera richiedono
una costante azione di monitoraggio sull’efficacia degli interventi realizzati in modo da
poter produrre in tempo le dovute correzioni nei programmi successivi, qualora il loro
effetto non sia risultato soddisfacente.
c) Le condizioni delle città attraversate da fiumi.
L’integrazione del fiume nel tessuto e nelle abitudini urbane rappresenta un importante
punto di sviluppo per la città. Le attività ricreative, turistiche e di godibilità visiva, talora di
trasporto leggero, legate all’uso del fiume e delle sue pertinenze rappresentano generalmente
consolidate tradizioni ed è molto importante conservare una funzionalità del corso d’acqua
in relazione agli usi che sono andati formandosi in ambito urbano.
d) I sistemi di monitoraggio e di preallarme, che costituiscono gli strumenti indispensabili
per la pianificazione di bacino e per la gestione delle situazioni critiche.
Nell’ambito del sistema di monitoraggio previsto dalla legge n. 183/89 sulla difesa del
suolo, particolare rilevanza assumono le grandezze meteorologiche, idrologiche e della
qualità delle acque. I dati del sistema di monitoraggio organizzati in un sistema informativo
unico, dovrebbero fornire le informazioni sia in fase ordinaria (archiviazione ed
organizzazione dei dati, in modo da renderli fruibili ai fini di una attività progettuale:
formazione dei bilanci idrologici, il controllo della qualità delle acque, ecc) che in fase
straordinaria (raccolta dei dati in telemisura e organizzazione dei sistemi di allarme e
preallarme, ai fini dell’attivazione dei servizi di piena e di pronto intervento idraulico,
nonché di allertamento delle autorità e delle popolazioni ai fini dell’esecuzione dei piani di
protezione civile).
Fabbisogno da soddisfare nelle regioni dell’Obbiettivo 1
Nelle tabelle che seguono sono riportati i dati sui finanziamenti attivati nel periodo di
programmazione 1994-1999 nonché le previsioni dei fabbisogni espressi dalle Regioni per il
15
periodo di programmazione 2000-2006.
A richiesta del Ministero dei lavori pubblici nell’ambito del tavolo intersettoriale le regioni
hanno presentato il, seguente quadro di fabbisogno, da completare per le previsioni delle
regioni Molise e Sardegna.
Periodo 1994-1999
Regioni inserite
nell’obiettivo 1 nella
programmazione 1994-99
Importo
programmi
finanziati
di cui in aree
depresse
Periodo 2000-2006
Quota
comunitaria
attivata in
POP regionali
Fabbisogno
di cui in aree
depresse
Fondi
nazionali
attivabili
(**)
Fondi
regionali
attivabili
Importi in milioni
ABRUZZO
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
BASILICATA
CALABRIA
SICILIA
SARDEGNA
TOTALE
165.537
165.537
1.467.692
213.050
130.000
1.467.692
213.050
130.000
754.781
754.781
2.731.060
2.731.060
16.000
16.000
2.365.000
2.365.000
4.941.361
1.485.000
505.000
2.500.000
2.000.000
4.941.361
1.485.000
505.000
2.500.000
2.000.000
13.796.361
13.796.361
59.681
15.734
274.262
191.794
29.298
101.187
244.93
78.128
575.000
994.776
575.000
(**): La previsione fa riferimento alle seguenti ipotesi:
a) conferma delle quote annue di L. 700 MLD. per la difesa del suolo, fissata nella Legge Finanziaria 1999;
b) conferma dei territori inseriti negli obiettivi 1, 2 e 5b della programmazione 1994-99.
TAB. 2
Regioni inserite nell’obiettivo 1 nella
programmazione 2000-2006
Fabbisogno stimato per 6 anni
(Ministero Ambiente in miliardi)
MOLISE
CAMPANIA
PUGLIA
BASILICATA
CALABRIA
SICILIA
SARDEGNA
225
811
280
520
1.560
936
568
TOTALE
4.900
Fabbisogno da soddisfare neJle regioni dell’Obbiettivo 2
Sempre con dati forniti dalle regioni nell’ambito del Tavolo intersettoriale, pur con alcune lacune da
completare, è possibile presentare la seguente tabella, completata con le considerazioni del punto.
16
Periodo 1994-1999
Regioni inserite negli
obiettivi 2 e 5b nella
programmazione 1994-99
Importo
programmi
finanziati
di cui in aree
depresse
Periodo 2000-2006
Quota
comunitaria
attivata in
POP regionali
Fabbisogno
di cui in aree
depresse
Fondi
nazionali
attivabili
(**)
Fondi
regionali
attivabili
Importi in milioni
PIEMONTE
VALLE D’AOSTA
LOMBARDIA
TRENTINO-ALTO ADIGE
VENETO
FRULI-VENEZIA GIULIA
LIGURIA
EMILIA-ROMAGNA
TOSCANA
UMBRIA
MARCHE
LAZIO
TOTALE
1.239.948
882.041
440.000
300.000
1.135.600
(***) 220.382
296.000
196.581
398.972
380.514
205.500
1.000.000
(***) 180.000
2.000.000
(*)
97.000
1.000.000
467.116
154.070
154.273
276.790
137.509
465.000
273.292
657.317
1.000.000
2.100.000
4.747.296
1.515.106
8.941.433
144.540
598.610
134.554
4.340
27.399
14.106
80.841
29.027
66.463
32.282
100.373
38.521
29.027
199.661
180.000
756.594
(*): La Regione Friuli-Venezia Giulia si limita a fare riferimento ad alcune priorità di intervento.
(**): La previsione fa riferimento alle seguenti ipotesi:
a) conferma delle quote annue di L. 700 MLD. per la difesa del suolo, fissata nella Legge Finanziaria 1999;
b) conferma dei territori inseriti negli obiettivi 1, 2 e 5b della programmazione 1994-99.
(***): I dati si riferiscono alla sola Provincia Autonoma di Bolzano.
Obiettivi da conseguire
L’obiettivo globale da conseguire può essere così sintetizzato:
• Creare le condizioni base per la conlpetitività regionale: contribuire alla riconversione
economica e sociale tendendo alla sicurezza fisica della funzione insediativa, produttiva, e
infrastrutturale, e alla riqual~/ìcazione e conservazione ambientale.
Obiettivi da conseguire nelle regioni obiettivo 1
L’obiettivo principale del programma consiste nel garantire un adeguato livello di sicurezza dal
rischio di frane e di alluvioni sul territorio interessato dal Ciclo di programmazione attraverso la
concretizzazione della pianificazione di bacino, eseguita per stralci o mediante le forme
semplificate ed “accelerative” introdotte con il D.L. n. 180/1998, che dispone la perimetrazione
delle aree a rischio idrogeologico entro il 30 giugno 1999.
Si tratta di ridurre i differenziali di competitività tra aree territoriali provocati dalla
dimostrata debolezza idrogeologica di amplissime aree dell’obiettivo 1. che interessano sia le fasce
17
collinari e montane che i centri urbani. L’intervento sarà anche volto a eliminare la disaffezione
insediativa nei centri urbani minori e la conseguente tendenza all’abbandono di un pregevole
patrimonio edilizio storico (Puglia, Abruzzo, Calabria) provocata dai diffusi fenomeni di instabilità
idrogeologica. In questi casi l’intervento di consolidamento deve prevedere il contestuale intervento
di riordino delle reti fognarie e di raccolta delle acque meteoriche.
Le linee strategiche dell’intervento strutturale e non strutturale, con le relative priorità, sono
desunte dai documenti prodotti con la pianificazione di bacino, sede della concertazione
istituzionale. In quella sede potranno essere individuate non solo le azioni di prevenzione e
recupero, ma anche le azioni per la formazione di aree fluviali da proteggere e si pot.ranno
individuare le eccezionalità geologiche presenti nel territorio regionale per la loro promozione,
d’intesa con gli organismi preposti alla valorizzazione turistica.
A partire dal secondo anno di programmazione, si propone di inserire come criterio di
eleggibilità che gli interventi siano individuati nel quadro della pianificazione di bacino o di un
appropriato stralcio coerente, sotto il profilo metodologico e territoriale , con gli obbiettivi della
L.l83/89.
TAB. 3
ESEMPLIFICAZIONI SISTEMAZIONI INTENSIVE
ESISTENTI
(NUMERO)
MANUTENZIONI
(NUMERO)
BRIGLIE
COSTO
TOTALE
(MILIONI)
ESISTENTI
(ml)
MANUTENZIONI
(ml)
COSTO
TOTALE
(milioni)
ESISTENTI
(ml)
MANUTENZIONI
(ml)
COSTO
TOTALE
(milioni)
TOTALE
COSTO
COMPLESSIVO
(milioni)
MOLISE
2.190
220
3.300
556
0
0
19.177
2.000
100
3.400
10,0 %
CAMPANIA
2.635
540
8.100
20.022
4.000
4.000
18.000
4.000
200
12.300
20,0 %
PUGLIA
1.528
300
4.500
400
0
0
13.000
3.000
150
4.650
20,0 %
BASILICATA
4.874
980
14.700
33.009
6.600
6.600
239.049
47.000
2.350
23.650
20,0 %
CALABRIA
2.040
400
6.000
100
0
0
3.121
2.000
100
6.100
20,0 %
SICILIA
1.500
300
4.500
15.000
3.000
3.000
8.000
2.000
100
7.600
20,0 %
SARDEGNA
1.800
360
5.400
22.000
4.400
4.400
9.540
2.000
100
9.900
20,0 %
3.100
67.600
TOTALE
DIFESE SPONDALI
46.500
ALTRE
18.000
TOTALE OPERE INTENSIVE PER SEI ANNI
IMPORTI IN MILIONI
COSTI UNITARI:
BRIGLIA
DIFESE SPONDALI (ml)
ALTRE OPERE (ml)
15.000.000
1.000.000
50.000
Gli interventi dovranno mirare ai seguenti obbiettivi:
18
%
405.600
• Ridurre il rischio idrogeologico mediante interventi mirati a conseguire livelli di rischio
accettabili in aree strategiche e progressivamente omogenei e uniformi sul territorio nazionale.
Le azioni riguardano le priorità indicate dalla pianificazione di bacino e saranno programmate
avendo riguardo a favorire le soluzioni tecniche a ridotto impatto con caratteristiche di difesa
attiva. Sia nel caso di interventi strutturali che non strutturali si dovrà procedere al controllo
dell’efficacia degli interventi pregressi sui quali si va ad intervenire.
• Recuperare la funzionalità dei sistemi naturali, conservando le condizioni esistenti e/o
intervenendo sulle situazioni compromesse, nella logica del mantenimento programmato e
coerentemente distribuita nel tempo. Le azioni di manutenzione dovranno essere coordinate in
sede di bacino secondo specifici programmi per pervenire alla fine del periodo di
programmazione a programmi di land use a tini idrogeologici.
• Sollecitare la protezione delle coste e degli abitati nelle zone soggette ad erosione progressiva
nonché il ripascimento degli arenili al fine di assicurare il raggiungimento di condizioni di
equilibrio sulla dinamica costiera. Gli interventi debbono essere individuati sulla base delle unità
fisiografiche costiere attraverso una pianificazione della fascia interessata, anche mediante
l’eliminazione di insediamenti di epoca recente che hanno innescato processi di degrado e
operando, ove possibile, per l’arretramento della fascia costruita e il ripristino dei cordoni dunali
ovvero con la loro ricostruzione e protezione leggera;
• Perseguire le condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi
naturali attraverso la definizione di norme, misure di salvaguardia, indennizzi e di sistemi di
gestione delle criticità in primo luogo attraverso l’individuazione delle fasce fluviali. Una parte
delle risorse disponibili dovranno pertanto riguardare l’approntamento degli strumenti tecnicoamministrativi di governo del sistema idrogeologico locale, quali la formazione di adeguate
cartografie di uso comune e condiviso da parte delle amministrazioni interessate, la formazione
di linee guida, la diffusione delle esperienze positive e dei casi di successo.
• Conservare i suoli compensando il cambiamento dei comportamenti umani rispetto a quelli di
epoche anche recenti, che hanno prodotto la trasformazione di ecosistemi fluviali eforestali in
ecosistemi agricoli, il passaggio da pratiche agricole estensive ad una agricoltura più tipicamente
di tipo intensivo, l’incremento dell’attività di allevamento intensiva, il sovrasfruttamento delle
risorse •idriche e la ricorrente distruzione dei boschi (gli incendi nell’ultimo decennio in Italia
hanno determinato la perdita di più di 600.000 ettari di bosco) a causa degli incendi.
Le azioni da programmare saranno qui anche indirizzate a fermare quel processo di progressiva
riduzione dello strato superficiale del suolo e della sua capacità produttiva, al centro
dell’attenzione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione di Nairobi del 1997 e
19
della relativa Convenzione internazionale.
• Ricercare condizioni di migliore equilibrio tra gli ambienti fluviali e gli ambiti urbani con
l’individuazione del punto oltre il quale non può spingersi il recupero del sistema naturale, se
non a danno della conservazione delle tradizioni storiche, urbai~istiche ed architettoniche delle
stesse città, e, di converso, con la messa in atto di programmi per restituire la fruizione visiva e
fisica dell’ambiente fluviale ai cittadini e nel contempo perseguire il recupero e il mantenimento
nelle zone periferiche o di espansione le caratteristiche fluviali naturali.
• Evitare con l’individuazione delle aree di maggiore criticità e sensibilità idrogeologica che i
nuovi insediamenti anche produttivi e le nuove infrastrutture siano realizzati in aree non
appropriate sotto il profilo idrogeologico, ovvero omettendo di considerare i rischi reali che
gravano nell’area di insediamento, evitare di procedere a ristrutturazioni di siti produttivi o di
infrastrutture senza considerare la contestuale necessità di delocalizzazioni o di interventi di
presidio idrogeologico.
• La corretta attuazione del programma e il consolidamento dei presupposti per una gestione
permanente del sistema idrogeologico richiede che tra gli obbiettivi del programma rientri la
messa in opera di strumenti di “seconda generazione” destinati alla più evoluta pianificazione
per bacini e subacini, alla previsione dei livelli di piena con metodologie sofisticate, al
monitoraggio e controllo di aree particolarmente critiche, come quelle in frana, con strumenti di
telerilevamento e sensoriale.
• Lo sviluppo di metodi analitici e previsionali di seconda generazione dovrà consentire la
predisposizione di bilanci idrici di bacino anche per i bacini interconnessi secondo il
modello prefigurato dalla L.36/94 e dalla 183/89 e richiamato dal D.L.vo 112/98. Il bilancia
idrico è alla base degli accordi di programma da adottare ai sensi deIl’art. 17 della L.36/94.
Il
bilancia idrico deve individuare per i bacini idrografici interessati e per ogni settore di
utilizzo, le carenze e le eccedenze nei rapporti risorse/fabbisogni, su base temporale mensile ed
annua. Nell’elaborazione del bilancia idrico si adottano i valori idrologici di riferimento legati
alla
variabilità degli afflussi, tenendo anche conto della eventuale possibilità di regolazione
pluriennale delle opere di accumulo. In tale contesto e anche in attuazione di recenti
disposizioni legislative è necessario promuovere o rafforzare gli strumenti diretti a regolare il
governo e l’attuazione del bilancia idrico. La formazione e la gestione del bilancia idrico, che
riguardano i prelievi, le misure e le previsioni degli afflussi, la regolamentazione degli usi, nelle
varie situazioni, sono più o meno complesse in funzione dei volumi d’acqua in gioco e dei
servizi resi alle popolazioni, all’industria e all’agricoltura.
20
• L’intervento è caratterizzato da una marcata intersettorialità e rientra tra gli obbiettivi del
programma lo sviluppo della cooperazione tra i diversi livelli di amministrazione con uno
specifico coinvolgimento degli enti locali e tra i soggetti produttivi e le autorità preposte alla
difesa del suolo. L’intersettorialità dovrà riguardare in particolare il settore agricolo e anche
essere resa concreta con il ricorso integrato a fondi provenienti da linee finanziarie diverse e
quindi derivanti dal FERS, dal FEOGA, dai fondi per la formazione, dai fondi per la ricerca
scientifica.
• Obbiettivo sottostante all’intero programma è infine quello di sollecitare e rendere ineludibile il
potenziamento delle strutture della pubblica amministrazione per pervenire, alla fine del
periodo di programmazione, ad un sistema di governo e presidio idrogeologico diffuso,
efficiente e collaudato.
Obiettivi da conseguire nelle regioni dell’obiettivo 2
La programmazione per i fondi europei riguarda le zone aventi problemi strutturali di riconversione
economica e sociale, le cui superfici e popolazioni sono significative, relativamente ai settori
dell’industria e dei servizi, alle zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone
dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di crisi.
L’attuale formulazione del Regolamento generale per la programmazione dei fondi strutturali 20002006 prevede per l’obiettivo 2 la presentazione da parte degli Stati membri dei piani di
riconversione regionale attraverso lo strumento del documento unico di programmazione. Prevede
anche che gli Stati membri possano presentare un piano di riconversione generale riferito ad alcune
o a tutte le Regioni in cui si applica l’obiettivo 2. Laddove comprendano zone diverse da quella cui
si applica l’obiettivo 2, i piani operano una distinzione tra le azioni condotte nelle Regioni o zone in
cui si applica l’obiettivo 2 e quelle condotte in altre parti.
La programmazione di settore in materia di difesa del suolo deve inserirsi nel contesto
normativa e geografico del nuovo regolamento comunitario, nella versione che verrà approvata.
Nell’attuale fase di discussione della determinazione delle aree eleggibili dell’obiettivo 2, si reputa
opportuno proporre un modello di programmazione che, nell’ambito di una visione territoriale
significativa degli aspetti della difesa del suolo, evidenzi i fenomeni di crisi più rilevanti, dai quali
21
dedurre possibilità di intervento coerenti con l’obiettivo 2. Non è escluso che il negoziato in corso
sul regolamento comunitario si concluda sull’obiettivo 2 lasciando sufficienti margini di flessibilità
per tracciare la mappa delle aree ammissibili anche in base alle situazioni di crisi
idrogeologica più rilevanti e dei nodi idraulici di conclamata rilevanza (Ivrea, Asti, Alessandria,
Trasimeno ecc.).
In questo contesto, il piano di bacino, oltre a costituire lo strumento più appropriato per
definire la programmazione della difesa del suolo da proporre al finanziamento comunitario come
già indicato per le aree dell’obbiettivo 1, può rappresentare anche il documento di coordinamento
intersettoriale delle iniziative di valorizzazione ambientale relative alla protezione territoriale
(rete ecologica nazionale), contribuendo efficacemente a contrastare l’attuale dispersione delle
risorse ed a promuovere una maggiore concentrazione dei finanziamenti.
Nelle zone potenzialmente interessate dall’obiettivo 2, quelle del Centro-Nord, la
pianificazione di bacino è alquanto avanzata, seppur per piani stralcio.
Nell’ambito dell’obiettivo 2, la difesa del suolo si pone come esigenza fondamentale per rafforzare
la competitività del territorio e creare le condizioni perché il processo di riconversione economica
e sociale in un’area possa realizzarsi in condizioni di sicurezza, con adeguati servizi ed in un
ambiente fisico confortevole, con prospettive di fruibilità durature e non degradabili nel tempo. Si
pensi, anche come fenomeno tipico delle aree di riconversione infrastrutturale, al fenomeno della
risalita della falda nell’area milanese in dipendenza dei diminuiti prelievi per usi industriali.
I legami tra gli elementi posti a base della pianificazione di bacino e quelli dell’obiettivo 2
sono molteplici. Molte zone dichiarate a declino industriale, o urbane in difficoltà, sono ricadenti
all’interno di quei domini fluviali per i quali sono state evidenziate situazioni di rischio che, se non
.
attenuate, concorrerebbero ad aggravare ulteriormente le cause del declino. Di conseguenza, le linee
strategiche di intervento devono essere mirate alla difesa degli insediamenti produttivi e
residenziali; laddove, però, dette difese fossero tali da pregiudicare la sicurezza idraulica dei
territori posti a valle, occorrerà adottare misure strategiche finalizzate alle rilocalizzazioni. Nel caso
si rendessero necessari interventi di rilocalizzazione, lo Stato e le Regioni adotteranno le misure
necessarie per garantire la massima celerità degli iter autorizzativi relativi alla realizzazione dei
nuovi insediamenti, anche attraverso la definizione di apposite ed appropriate procedure
amministrative semplificate.
Anche nelle aree dell’Obbiettivo 2 il fenomeno della progressiva marginalizzazione delle
22
aree collinari e montane ha prodotto effetti anche sulla utilizzazione dei suoli e sulla stabilità dei
versanti. L’obbiettivo già indicato per le aree dell’Obbiettivo i specializzato in funzione delle
caratteristiche socio-economiche
Lo scarso interesse economico delle attività agricole e silvo
-
pastorali ed il conseguente
spopolamento ditali aree ha determinato una drastica riduzione degli interventi di manutenzione del
territorio che, seppur di modesta entità ed eseguiti a livello locale, consentivano la conservazione e
la stabilità dei suoli. Sono quindi progressivamente caduti in disuso gli interventi di manutenzione
diffusa dei boschi e dei terreni adibiti a pascolo, delle opere di difesa e consolidamento, dei
terrazzamenti, della rete idrografica minore, che costituiva il tessuto di sostegno all’equilibrio dei
versanti, per la preservazione dei suoli dall’erosione, per gli effetti sui territori di valle. Ne consegue
la necessità di promuovere un’attività di mantenimento diffuso dei territori montani e collinari,
anche nell’ambito di una gestione degli aspetti della politica agricola che concorra agli obiettivi
della difesa del suolo. Gli interventi, pur se di piccola entità, studiati in un complesso organico di
sistemazione dei sudi in aree omogenee, assumono la connotazione di una grande opera che
produce benefici tangibili a grande scala.
Per garantire la copertura omogenea e diffusa sul territorio degli interventi di mantenimento
idraulico e forestale si ricorrerà al coinvolgimento dei privati delle forme imprenditoriali di tipo
cooperativo, favorendo le forme amministrative di utilizzazione di fondi pubblici che coinvolgono
le Comunità montane, i consorzi di comuni, di bonifica e le cooperative, già sperimentato con molte
leggi regionali destinate alla Montagna.
In tale contesto deve integrarsi anche l’attività di formazione degli operatori, in modo da qualificare
dal punto di vista tecnico l’intervento sul territorio.
I benefici economici si riverberano direttamente sulle collettività locali, trattandosi di interventi ad
elevata utilizzazione di mano d’opera.
7 ESEMPI COMPIUTI DI PROGETTAZIONE DI OPERE DI DIFESA DEL SUOLO
Si espone qui di seguito una serie di esempi di progettazioni eseguite che riguardano vari
interventi di difesa del suolo.
La esposizione ha il senso di fornire informazioni non tanto sugli aspetti teorici ma su esperienze
realmente compiute e, in molti casi, riscontrabili e leggibili sul territorio mediante la visione delle
opere realizzate.
23
- Intervento di difesa idraulica in sponda sinistra del fiume Sinni a valle del centro abitato di
Episcopia (PZ). – Legge 236/1993 -.
1. PREMESSA
Nel quadro dei finanziamenti di cui alla legge 236/93 sugli incentivi all’occupazione
mediante la realizzazione di opere di manutenzione idraulica la Regione Basilicata ha trasferito con
D.G.R. n. 9033 del 31.12.1993 e D.C.R. n. 1193 del 21.01.1994 la somma di £ 314.185.000 alla
Comunità Montana Lagonegrese.
Una volta individuato l’intervento necessario alla manutenzione idraulica della sponda
sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato di Episcopia la Comunià Montana Lagonegrese, con
nota n.5603 in data 28.11.2001 ha chiesto all’Ufficio Difesa del Suolo della Regione Basilicata di
redigere il progetto esecutivo, ai sensi dell’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
La richiesta fu accettata con nota n. 1363 in data 22 gennaio 2002 e, pertanto, si è proceduto
alla redazione del presente progetto esecutivo.
La presente Relazione Generale risponde alle norme previste nell’art. 36 del D.P.R.
554/99, infatti descrive in dettaglio, anche attraverso specifici riferimenti agli elaborati grafici, i
criteri utilizzati per le scelte progettuali e per il conseguimento e la verifica dei prescritti livelli di
sicurezza.
2. CARATTERISTICHE FISICHE DEL TERRITORIO
Il fiume Sinni ha origine alla quota di circa 1.300 m.s.l.m., tra il Monte Sirino e La Serra
Giumenta.
Nasce nel territorio del Comune di Lauria da un insieme di ruscelli scaturenti dalla Costa di
Milordo che, in contrada Erbasanta, iniziano a dare origine ad un unico corso.
Dopo un primo tratto in direzione NO – SE, il corso d’acqua procede per circa 7 Km in
direzione sud, per poi ruotare verso E – NE fino alla confluenza col torrente Cogliandrino.
In questo primo tratto la valle è stretta e il fiume mantiene un andamento unicursale.
Nel tratto successivo, fino alla confluenza con il torrente Serrapotamo, la valle si apre
notevolmente, l’alveo si allarga e il corso d’acqua si suddivide in diversi rami attivi.
Poco a valle della confluenza con il torrente Cogliandrino è stato realizzato lo sbarramento
per la creazione del bacino artificiale di Masseria Nicodemo.
24
Dopo la confluenza con il torrente Serapotamo, il fiume devia verso N – NE fino alla
confluenza con la fiumarella di Sant’Arcangelo.
Tale zona corrisponde all’invaso del bacino artificiale creato con lo sbarramento all’altezza
di Monte Cotugno.
Dopo Monte Cotugno il fiume scorre in direzione SE in una valle stretta e profonda fino alla
confluenza con fiume Sarmento.
Successivamente riprende la direzione verso NE e l’alveo si allarga nuovamente, fino alla
stretta di Valsinni.
Superata la stretta l’alveo si allarga di nuovo e dopo un’ampia conversione a N di
Rotondella si dirige verso SE fino alla foce.
Dalle origini alla foce il corso misura circa 90 Km di lunghezza.
Gli affluenti sono numerosi e spesso caratterizzati da portate considerevoli; si segnalano da
monte a valle:
a) in sinistra:
-
torrente Cogliandrino;
-
torrente Fiumicello;
-
torrente Serrapotamo;
-
Fiumarella di Sant’Arcangelo;
b) in destra:
-
torrente Peschiera;
-
torrente Frido;
-
torrente Rubbio;
-
Fosso Carbone;
-
Fiume Sarmento.
Ciascuno di questi presenta caratteristiche geologiche diverse e situazioni di dissesto più o meno
diffuse ed importanti; alcuni sono stati oggetto in passato di interventi sistematori mirati a ridurre
l’erosione ed a regolare i deflussi del corso dell’acqua.
25
Nei riguardi del comportamento dei terreni del bacino con la circolazione idrica sotterranea,
le formazioni predominanti possono riunirsi in tre gruppi: permeabili, poco permeabili ed
impermeabili.
Il primo gruppo è costituito soltanto dai Calcari del Mesozoico dell’Appennino Lucano e
della Catena del Pollino.
Calcari del Trias formano il gruppo Montuoso del Sirino e si prolungano a Nord sino alla
Serra Giumenta, giacendo sugli Scisti Silicei della stessa epoca, che affiorano a quote molto elevate.
Sulla destra fino a Castelluccio si hanno formazioni di Calcari Dolomitici pure del Trias
emergenti dalle formazioni eoceniche.
Nella zona di Monte Alpi e di Latronico si rilevano Calcari del Cretaceo circondati da
arenarie e scisti eocenici.
Ugualmente del Cretaceo sono i Calcari delle alte valli del Frido e del Sarmento, sulle
propaggini settentrionali del Pollino, la cui vetta invece è costituita da Calcari del trias.
Queste formazioni permeabili sono le più importanti per l’alimentazione delle sorgenti, ma
occupano una limitatissima estensione del bacino, pari a circa il 10% dell’intera superficie.
E’ inoltre vero che nella media valle del Sinni, tra Episcopia e la confluenza col Sarmento,
esistono delle formazioni alquanto permeabili nelle quali sono incise la valle del Serrapotamo e le
basse valli degli affluenti di destra fra il Frida ed il Sarmento inclusi, ma il potere di regolazione di
esse è molto scarso ed hanno qualche importanza soltanto per ciò che riguarda l’assorbimento delle
prime precipitazioni.
Questi terreni, prevalentemente sabbiosi (Pliocene), hanno modesta circolazione sotterranea
e, come regolatori di deflusso, si differenziano nettamente dalle formazioni calcaree
precedentemente citate.
Le rocce semipermeabili comprendono formazioni sabbiose e conglomerati del pliocene,
oltre a depositi del quaternario, ed occupano la parte centrale della zona fino alla confluenza col
Sarmento.
In tali rocce è incisa la media e bassa valle del Sarmento e l’alta valle del Peschiera.
I terreni impermeabili, infine, occupano la maggiore estensione della zona e circondano le
rocce precedentemente descritte.
Essi sono prevalentemente costituiti da argille scagliose, scisti argillosi e conglomerati
dell’eocene, nonché da argille azzurre e sabbie argillose del pliocene.
26
Affioramenti di serpentine, gabbri e scisti granatiferi si hanno sulla destra del Sinni,
principalmente in corrispondenza della Tempa La Guardia, ad Est di San Severino lucano, abitato
totalmente edificato sulle serpentine.
3. CARATTERISTICHE DEL BACINO
Il bacino imbrifero del fiume Sinni si estende per una superficie complessiva di 1306 Kmq
di cui 1259 ricadenti in Basilicata e 47 Kmq ricadenti in Calabria.
La linea di displuvio del bacino imbrifero risulta così delimitata: i confini del bacino
imbrifero sono costituiti a Nord verso L’Agri, dalle propaggini dell’Appennino Lucano e a Sud da
due sistemi montuosi convergenti, le cui direzioni si possono considerare come le congiungenti dal
Pollino col Monte Sirino, ad Ovest, e col Monte Rotondella nelle prossimità della foce, verso Est.
Il Perimetro del Bacino può concepirsi come un triangolo, il cui lato più lungo costituisce il
confine settentrionale e i due lati minori, pressocchè uguali tra loro, lo delimitano a sud.
Il lato sud – occidentale forma lo spartiacque coi bacini del Tirreno, Noce e Lao: quello sud
– orientale forma lo spartiacque col Crati e con i piccoli bacini jonici compresi tra Sinni e Crati.
La cima più elevata del confine settentrionale è costituita dal Monte Alpi ( 1892 m.s.l.m.) a
Sud di Castelsaraceno, mentre procedendo verso oriente nessuna altra cima degna di nota vi si
incontra.
I sistemi montuosi più importanti si trovano invece sul confine occidentale – meridionale,
dal Monte Sirino al Pollino con le sue propaggini.
Le cime più alte sono: Monte Papa (2005 m.s.l.m.), Madonna di Sirino (1906 m.s.l.m.),
Monte La Spina (1649 m.s.l.m.), Monte Zaccana (1579 m.s.l.m.), Monte Grattaculo (1895 m.s.l.m.),
Sera del Prete (2186 m.s.l.m.), Monte Pollino (2278 m.s.l.m.), Serra Dolcedorme (2271 m.s.l.m.),
Serra di Crispo ( 2052 m.s.l.m.) Timpone Rotondella (1609 m.s.l.m.), Timpone Neviera ( 1939
m.s.l.m.).
Tra Monte Zaccana e Monte Grattaculo, su una lunghezza di circa 25 Km, il crinale
appenninico attenua il suo carattere alpestre a ripidissime pendici e presenta valichi facilmente
accessibili, pur mantenendosi al di sopra di quota 900.
Procedendo verso Est, il Timpone Neviera è l’ultima significativa asperità che si incontra e,
avvicinandosi alla foce, il crinale si abbassa gradualmente fino ai colli di Rotondella.
L’interno del bacino presenta dappertutto carattere montuoso, ma le cime più elevate si
mantengono quasi sempre di quota inferiore ai 1000 m. s.l.m..
27
Zone pianeggianti di una certa entità si incominciano ad osservare a valle di Valsinni, ma
l’unica pianura notevolmente estesa è quella che dal litorale jonico si addentra verso Ovest per circa
10 km.
Il carattere alpestre del territorio è comune a tutto l’alto bacino fino alla confluenza con il
Frido, mentre dopo tale confluenza la vallata sui allarga notevolmente, le pendici si raddolciscono
ed alcuni ripiani si notano sui colli.
Sulla totale estensione del bacino soltanto il 16% risulta al di sotto di quota 300 m.s.l.m.,
mentre più del 54% è a quota superiore ai 600 m.s.l.m. e circa il 16,8% risulta compreso tra le
isoipse 900 e 1.200.
La quota media del bacino risulta di 687 m.s.l.m..
L’area di intervento riguarda la sponda sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato del
Comune di Episcopia dove si è registrato un fenomeno di instabilità dovuto all’erosione delle acque
con conseguente mobilitazione del pendio.
Rispetto all’origine del fiume Sinni si trova a circa 30 Km di sviluppo del corso, a circa 16
km più a valle della confluenza del torrente Cogliandrino ed a circa 14 km più a valle dello
sbarramento della diga di Masseria Nicodemo.
La sezione iniziale di intervento sottende una estensione del bacino imbrifero di circa 227
kmq dei quali circa un terzo appartengono al sottobacino del Cogliandrino.
Dal punto di vista geologico ci troviamo nella parte media del bacino del Sinni con una
altitudine media dicirca 900 m.s.l.m. e l’ambiente è costituito per il 20% circa da rocce permeabili
(calcari e dolomie del trias) e per il 80% da formazioni impermeabili (scisti argillosi dell’eocene).
L’altezza media di pioggia annua sul bacino può essere indicata in circa 1100 mm,
pari cioè al valore medio del periodo 1941 – 1988 misurato nella stazione pluviometrica di San
Severino Lucano, vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche.
A circa 14 Km a monte dell’area di interesse, intorno al 1970, è stata costruita la diga di
Masseria Nicodemo che ha avuto sino ad oggi scopi idroelettrici essendo il serbatoio idrico di
alimentazione dello schema ENEL denominato Pollino Nord.
Infatti dalla diga di Masseria Nicodemo parte la derivazione che ha alimentato la condotta
forzata della centrale idroelettrica di Castrocucco.
Sinteticamente le caratteristiche fondamentali dell’invaso sono le seguenti:
28
-
Bacino imbrifero sotteso 120 Kmq;
-
Capacità totale 12.400.000 mc;
-
Capacità utile 10.000.000 mc;
-
Energia invasata 12 GWh;
-
Quota massimo invaso 670 m.s.l.m.;
-
Quota massimo svaso 658 m-s.l.m.;
-
Quota baricentro dell’invaso utile 665 m.s.l.m.;
-
Portata media derivabile di concessione 2,800 mc/sec;
-
Scarico di superficie con paratoie a ventola capacità max 326 mc/sec;
-
Scarico di fondo galleria a sezione circolare capacità max 47,60 mc/sec.
Per quanto riguarda il calcolo della portata del fiume Sinni sino alle sezioni di interesse oggi
bisogna tener conto delle mutate situazioni amministrative e di gestione della risorsa idrica invasata
nel bacino artificiale di Masseria Nicodemo.
Infatti con Ordinanza Del Commissario Delegato Emergenza Idrica 5 aprile 2002 n.1, Il
Presidente della Giunta Regionale di Basilicata ha emanato “disposizioni urgenti per il rilascio da
parte dell’ENEL delle acque invasate nella diga del Cogliandrino nel Fiume Sinni”.
In ottemperanza a tale Ordinanza la diga è stata svuotata e si ha notizia che il rilascio in
alveo è consistito mediamente, durante la primavera 2002 in 3 – 4 metri cubici al secondo per
giorno dalle ore 17.00 in poi.
29
4. CARATTERISTICHE DELLE SEZIONI DI INTERVENTO
L’intervento viene studiato in un tratto del fiume Sinni subito a valle dell’abitato di
Episcopia e a monte del ponte sulla SS 104.
Dal punto di vista geologico si riscontrano affioramenti di depositi alluvionali recenti
terrazzati, composti da cumuli argillosi e limo – argillosi, intervallati da lembi e cunei di
conglomerati poco sedimentati.
Tali affioramenti presentano mediocri caratteristiche meccaniche e permeabilità abbastanza
elevata.
In generale il territorio è anche caratterizzato dall’affioramento di Flysch con matrice
fondamentale dotata di argilliti brune e nerastre a scaglie.
In particolare sulla sponda sinistra del fiume Sinni si è notato che le formazioni argillose
presenti, erose al piede dall’azione delle acque e saturate dalle acque meteoriche, hanno dato origine
a fenomeni di instabilità estesi che potrebbero interessare le aree più vicine all’abitato di Episcopia.
In tali pericoli risiedono le motivazione dell’intervento in progetto, inoltre, é da tenere in
debito conto che in tali sezioni il fiume ha un alveo abbastanza ristretto dove la velocità dell’acqua
aumenta sensibilmente e dunque incrementa la sua capacità erosiva.
Lo studio idraulico, geologico e geotecnica che si conduce tende a ricercare una soluzione
tecnica che consenta di consolidare la sponda sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato di
Episcopia, ma, al tempo stesso non riduca ulteriormente l’ampiezza delle sezioni di deflusso.
E’, inoltre, necessario tener presente la caratteristica del tratto di corso in esame in cui si
verifica una attività di deposito del materiale di trasporto solido, infatti il ponte in muratura ad archi
che si trova poco più a valle e che consente, attraverso la SS 104, di raggiungere l’abitato di
Episcopia, presenta la luce sinistra ostruita.
La esiguità dei fondi disponibili non consente una attività di ripristino delle corrette ed
adeguate sezioni di deflusso, da perseguire attraverso asportazione dei detriti di trasporto, tuttavia si
cercherà di conferire maggiore stabilità alla sponda in esame.
5. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO
Come si è detto l’esigenza è quella di contrastare un fenomeno erosivo al piede del pendio
che prende origine dalla sponda sinistra del fiume Sinni e si propaga sul versante mobilitando colate
di materiale argilloso.
30
Altra esigenza fondamentale, date le condizioni al contorno, o per meglio dire, dato lo stato
di fatto delle condizioni dell’alveo, è quella di non creare ulteriori restringimenti delle sponde del
corso d’acqua.
Del resto dallo studio idrologico e dal calcolo delle portate effettuati in Relazione Idrologica
e Idraulica si nota che le portate in gioco sono notevoli.
Si tratta di portate massime con tempo di ritorno 30 anni Q = 338 mc/sec secondo Giandotti,
Q = 294 mc/sec secondo Viparelli, con tempo di ritorno 200 anni Q = 440 mc/sec secondo
Giandotti, Q = 381 mc/sec secondo Viparelli.
In tali condizioni e con tali risultati dello studio idraulico è apparso opportuno prevedere un
rinforzo della sponda sinistra in crisi progettando una struttura in terra armata in corrispondenza
della area di massima erosione.
La struttura sarà costruita mediante una fondazione in gabbioni metallici disposti in doppia fila
sovrapposta delle dimensioni complessive di 4.00 m. x 2.00 m.
Sopra tale fondazione saranno impostati i primi gabbioni con il telo retrostante che, per strati
sovrapposti, costituiranno la terra armata ed il rilevato strutturale.
In sostanza, sul margine lato fiume del banco di fondazione in gabbioni tradizionali, viene
impostata la prima fila di gabbioni solidali ad un telo retrostante della stessa rete a maglie
romboidali a doppia torsione della profondità variabile dal basso verso l’alto d m. 3,40 a m.
4,50.
Sul telo viene apposto uno strato di terreno di altezza pari al gabbione che verrà rullato.
Con risega di 50 – 60 cm. viene impostata la seconda fila di gabbioni con il telo retrostante ed il
nuovo strato di terreno.
Il rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben
selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere
inalterate le sue caratteristiche nel tempo.
La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il
personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle
condizioni stradali.
I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o
uguale a 0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino
a 200 mm ).
La terra armata avrà altezza massima di m. 4.00.
Il raccordo delle superfici inclinate tra sommità della terra armata e il pendio sarà costituito da
31
terreno rullato ed infine in seminato con essenze autoctone di facile attecchimento, nonché con semi
di arbusti di ginestre.
L’inserimento della terra armata potrà essere migliorato dalla messa a dimora di talee di salici o
saliconi negli strati di terreno, le superfici a vista dei gabbioni potranno essere trattate con
idrosemina di essenze autoctone.
La scelta della tecnologia di intervento citata è motivata anche dai buoni risultati che una
struttura siffatta ha già confermato in alcune situazioni simili: lungo il fiume Sarmento in località
Casa del Conte nel comune di Terranova di Pollino, lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3
+ 300 della Strada Statale n.585.
32
7. DETERMINAZIONE DEGLI AFFLUSSI
Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame,
vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla
Stazione Pluviometrica di S. Severino Lucano registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire
dagli anni ‘40 e pubblicati fino al 1988.
TOTALE OSSERVAZIONI N.=
38
PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA
"Località= S. Severino
33
"quota m=
"Bacino=" Sinni
ANNI
t=1 ora
t=3 ore
t=6 ore
t=12 ore
t=24 ore
1941
1942
1943
1945
1946
1947
1948
1949
1950
1951
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1962
1963
1964
1965
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
1975
1978
1979
1984
1985
1986
1987
1988
21.4
22.0
20.0
17.4
25.0
23.6
14.0
20.6
44.0
50.0
32.8
13.4
21.8
24.8
16.8
20.2
22.0
25.6
23.4
15.0
14.6
28.4
16.2
21.6
15.0
24.0
13.4
27.4
9.6
17.2
9.6
11.8
23.8
22.8
13.6
11.6
20.8
29.6
30.0
32.2
23.4
31.2
27.0
27.4
27.0
25.8
48.6
68.2
33.6
21.0
23.0
26.2
26.8
25.0
31.0
33.0
31.6
24.0
30.0
32.0
24.0
34.1
21.0
47.8
27.0
27.6
21.6
30.6
27.2
21.4
33.6
50.0
32.4
23.8
37.4
61.8
45.0
34.8
30.0
50.0
36.0
40.0
37.0
32.0
59.0
74.0
48.0
34.0
32.0
31.0
31.0
43.0
37.0
53.0
41.6
49.6
54.0
60.0
45.0
41.0
33.6
56.6
45.8
43.6
42.6
38.2
46.4
35.8
53.4
88.4
46.0
40.8
64.0
82.6
52.6
58.0
47.4
88.0
69.0
72.0
45.4
35.6
90.0
104.6
62.0
49.4
46.4
46.4
40.0
57.6
44.0
53.6
67.0
75.6
70.4
98.0
70.2
66.0
64.0
65.0
52.2
58.2
65.0
54.8
76.8
48.2
81.2
106.8
53.8
74.2
92.4
87.8
62.2
90.0
69.6
126.1
104.1
131.1
51.8
53.8
142.7
189.0
84.4
62.4
63.4
66.0
77.0
99.0
53.0
101.1
87.4
80.2
103.5
136.9
82.2
97.0
101.6
93.0
59.8
88.0
126.5
82.0
110.6
52.2
118.3
111.3
53.8
85.4
103.5
123.1
L’elaborazione dei dati pluviometrici relativi ad eventi di durata superiore all’ora(1,3, 6, 12
e 24 ore) è indispensabile per determinare l’altezza di pioggia che, con data probabilità, può
verificarsi in un’area: tale valore viene utilizzato per la determinazione diretta delle portate di colmo
o massima piena, laddove manchino misure dirette di portata.
L’analisi statica condotta, consente di determinare la cosiddetta Curva Segnalatrice di
Possibilità Climatica, la quale, prefissato un determinato Tempo di ritorno (T) dell’evento ,
permette di correlare le altezze di pioggia (h) con le relative durate (hp).
Lo studio della distribuzione statistica degli eventi metereologici relativi a intervalli di
tempo prefissati sulla base di un procedimento che verrà successivamente chiarito, riveste un
notevole interesse per la valutazione del Tempo di ritorno di un determinato evento.
Tale parametro, estremamente importante dalla fase progettuale a quella di verifica di una
determinata opera, esprime un indicatore di rischio, espresso come durata media in anni del periodo
in cui il valore assegnato Xd della variabile viene superato una sola volta ed è legato alla probabilità
che l’evento (x) non superi il valore Xd, cioè P(x<Xd), dalla relazione sottostante
P(x<Xd) = 1-(1/T)
Risulta che il Tempo di ritorno T = 1/[1- P(x<Xd)].
Per ciascuna popolazione pluviometrica di una determinata durata, occorre conoscere la
legge di variazione di P(x<Xd): a questo scopo sono state proposte varie relazioni di
rappresentazione della distribuzione di valori estremi in relazione alle differenti leggi
probabilistiche scelte a rappresentare la distribuzione stessa.
Le leggi probabilistiche associate ad una serie di valori estremi (dati pluviometrici raccolti)
di un campione sufficientemente grande sono funzioni di due parametri caratteristici della
popolazione di dati e cioè:
• la media (µ) valore attorno al quale tende a distribuirsi la variabile:
• lo scarto quadratico medio (σ).
La qualità dell’andamento delle leggi teoriche di distribuzione probabilistica ai dati
osservati viene controllata attraverso il test di KOLMOGOROV-SMIRNOV; tale test consente di
determinare dei valori che permettono di controllare se i dati sperimentali vengono rappresentati in
modo corretto dalle distribuzioni statistiche scelte a base delle elaborazioni.
Si è ipotizzato che la distribuzione statistica delle piogge massime annue relative ad un
determinato intervallo di tempo, segua la “ legge dei valori estremi “di Gumbel:
-y
P(h) = e-e
dove la variabile ridotta y=α*(h-ε) e nella quale i parametri ε ed α, corrispondenti rispettivamente
alla moda e ad una misura della dispersione, espressi rispetto alla µ(h) e allo scarto quadratico
medio σ(h) della variabile h sono:
α= π/(61/2 * σ(h))
ε= µ(h)-c/α
con c=0.57722 corrispondente alla costante di Eulero.
Attraverso tale elaborazione per ciascuna elaborazione di dati pluviometrici , relativi ad un
determinato tempo di pioggia è possibile ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento
meteorico con un Tempo di ritorno T pari a quello prefissato.
34
TABELLA - ELABORAZIONI STATISTICHE - METODO DI GUMBEL
38
38
38
38
38
21.179
31.561
46.205
65.516
92.711
2600.143
4191.391
7005.799
12222.611
34035.496
8.383
10.643
13.760
18.175
30.329
MEDIA DELLA
VARIABLILE RIDOTTA
0.542
0.542
0.542
0.542
0.542
SCARTO QUADRATICO
MEDIO DELLA VARIABILE
RIDOTTA
1.152
1.152
1.152
1.152
1.152
MODA
17.231
26.548
39.725
56.957
78.428
ALPHA
7.278
9.241
11.947
15.780
26.332
t=6 ore
t=12 ore
t=24 ore
N=
M=
∑h
i
N
∑X
σ=
2
∑X
2
N −1
Precipitazioni regolarizzate GUMBEL
Tempo di ritorno
t=1 ora
t=3 ore
LEGGE DI
PIOGGIA
5 anni
hmax=
28.15 mm
40.41 mm
57.64 mm
80.63 mm
117.92 mm h=26.39*t^0.45
10 anni
hmax=
33.61 mm
47.34 mm
66.61 mm
92.47 mm
137.69 mm h=31.28*t^0.4453
20 anni
hmax=
38.85 mm
53.99 mm
75.21 mm
103.83 mm
156.64 mm h=35.96*t^0.4388
30 anni
hmax=
41.86 mm
57.82 mm
80.16 mm
110.36 mm
167.54 mm h=38.66*t^0.4357
50 anni
hmax=
45.63 mm
62.60 mm
86.34 mm
118.53 mm
181.17 mm h=42.03*t^0.4324
100 anni
hmax=
50.71 mm
69.06 mm
94.68 mm
129.55 mm
199.56 mm h=46.57*t^0.4287
200 anni
hmax=
55.77 mm
75.49 mm
102.99 mm
140.52 mm
217.88 mm h=51.1*t^0.4256
500 anni
hmax=
62.45 mm
83.97 mm
113.96 mm
155.01 mm
242.05 mm h=57.07*t^0.4223
1000 anni
hmax=
67.50 mm
90.38 mm
122.24 mm
165.95 mm
260.31 mm h=61.58*t^0.4202
75 anni
hmax=
48.61 mm
66.38 mm
91.23 mm
124.98 mm
191.94 mm h=44.69*t^0.4302
A sua volta l’insieme delle coppie di valori h e t, con un tempo di ritorno T, possono essere
raccordati con una legge di regressione del tipo
h=atn
35
(1)
dove:
h= altezza di pioggia (mm.)
t= durata della precipitazione (ore)
a,n= parametri il cui valore dipende dalle caratteristiche pluviometriche della zona.
La (1) corrisponde come ricordato alla cosiddetta Curva di possibilità climatica relativa ad
un determinato tempo di ritorno (T). Questa curva risulta funzione dell’esponente (n) e cioè:
- n>0 curva crescente;
- n<0 curva decrescente.
La curva (1) è una curva interpolante non lineare nei parametri, che comunque, attraverso un
procedimento di anamorfosi, risulta linearizzabile. Passando infatti ai logaritmi si ha:
log(h)= log(a)+nlog(t) (2)
Tale espressione è del tipo :
y=Ao+A1x
dove : y=log (h)
x=log(t)
(3)
Ao= log(a)
A1=n
Pertanto l’esame della curva non lineare (1) è stato ricondotto all’esame della retta (3) ;
applicando alla (3) il metodo dei minimi quadrati sono stati valutati le costanti (Ao) ed (A1) e
quindi le costanti (a) e (n).
36
y = 38.659x 0.4357
tr 30 anni
1000.00 mm
h (mm)
167.54 mm
110.36 mm
100.00 mm
80.16 mm
57.82 mm
41.86 mm
10.00 mm
1
10
ore
Figura 1: Interpolazione su digramma bilogaritmico delle precipitazioni critiche per Tr=30 anni
37
100
Tr 200 anni
y = 51.097x
0.4256
1000.00 mm
217.88 mm
h(mm)
140.52 mm
102.99 mm
100.00 mm
75.49 mm
55.77 mm
10.00 mm
1
10
100
ore
Figura 2: Interpolazione su digramma bilogaritmico delle precipitazioni critiche per Tr=200 anni
La curva di possibilità climatica determinata con tempi di ritorno di 200 anni è:
hT=200=51.097*t 0.4256
Il Sinni, nel tratto in esame, che va Serra Giumenta ad Episcopia presenta un tracciato
idrografico piuttosto irregolare. La sezione di magra in tale tratto si presenta con sezioni variabili
dai ….mt ai 12 m. circa, delimitati da argini in terra con un’altezza media di m.3.00.
Per l’analisi del rischio di esondazione dell’argine ( di inondazione dell’area….)…… è
stato preso in considerazione un tempo di ritorno pari a 200 anni (evento eccezionale), come limite
di rischio cautelativamente accettabile in relazione alle opere realizzate.
Nell’espressione sopra riportata i valori di pioggia sono in mm. ed il tempo in ore. Questa
curva permette di calcolare la pioggia per un assegnato valore di durata e quindi la pioggia critica
una volta calcolato il tempo di corrivazione del bacino idrografico in esame.
38
8. DETERMINAZIONE DEL TEMPO DI CORRIVAZIONE
Utilizzando il metodo razionale per la determinazione della portata al colmo, prefissato il
tempo di ritorno (T), è necessario conoscere il tempo di corrivazione tc del bacino idrografico
dell’area in cui vengono effettuate le analisi idrogeologiche e litologiche.
S’intende come tempo di corrivazione tc, rispetto ad una determinata sezione di un corso
d’acqua il tempo necessario affinché una particella d’acqua caduta sui punti più distanti della
superficie scolante raggiunga la sezione di chiusura in analisi per la determinazione della portata
massima probabilistica in funzione del tempo di ritorno considerato.
Il tempo di corrivazione viene ad assumersi inoltre quale tempo che una volta eguagliato dalla
durata delle precipitazione determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella
sezione di analisi.
In poche parole la determinazione del tempo di corrivazione definito come tc immesso nella
legge di pioggia per quel determinato tempo di ritorno h=a*t^n ponendo t= tc, permetterà di
determinare l’altezza di precipitazione h=hcritica con la quale poi calcolare la portata massima.
Il tempo di corrivazione (tc) può essere calcolato attraverso diverse formule, tra cui quelle proposte
da Giandotti e Viparelli
tc = [4 · (A^ 0,5) + 1,5 · L] / [0,8 ·( (Hm - Ho) ^0,5)] (Giandotti)
tc = L / 3.6 (Viparelli)
dove:
•
•
•
•
•
A [Km2] rappresenta l'area del bacino sottesa alla sezione di calcolo,
L [Km] è l'estensione del percorso più lungo che deve compiere la singola particella
d'acqua per raggiungere la sezione suddetta,
Hm [m s.l.m.] è la quota media del bacino,
Ho [m s.l.m.] è la quota della sezione di chiusura,
(Hm - Ho) [m] è la quota media del bacino riferita alla sezione di calcolo.
DETERMINAZIONE PORTATA MASSIMA
BACINO:
Sinni
SEZIONE:
Episcopia
DATI SUL BACINO IMBRIFERO
Superficie scolante
A=
Lunghezza percorso idraulico più lungo L=
227.13Kmq
30.00Km
zmax=
1319.00m
zmin=
500.00m
Zmed=
909.00m
∆H=
409.00m
Tempo di corrivazione:
Giandotti
Viparelli
39
1
tc=
6.51ore
tc=
8.33ore
Inserendo il tc nella curva di possibilità climatica per un T=200 anni si ha che
hT=200= (Pioggia critica eccezionale) = 113 mm.
9. CALCOLO DELLE PORTATE
Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del fiume Sinni oggetto
dell’intervento….. da realizzare in località ……del Comune di Episocopia (PZ).
La estensione del bacino imbrifero sotteso da tali sezioni è stata calcolata in base alla
perimetrazione allegata e risulta pari a circa 227.13 Kmq.
La lunghezza del corso d’acqua sino alle sezioni di interesse è di circa 30.00 km.
L’altitudine media del bacino è stata indicata in 1025 m.s.l.m., mentre la altezza media del
bacino imbrifero, utile ai fini dei calcoli idraulici è stata stimata pari a 900 m.s.l.m.
Il calcolo delle portate viene eseguito trascurando l’attività di invaso e svaso della diga di
Masseria Nicodemo in quanto si è detto che con Ordinanza n.1 in data 5/04/2002 il Commissario
Delegato – Presidente della Giunta Regionale ha disposto lo svaso del lago artificiale e il rilascio
progressivo di tutte le quantità trattenute.
In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici
delbacinoidrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima piena,
prefissato determinato Tempo di ritorno T, è stata utilizzato il metodo razionale, che fornisce il
valore della portata di piena Q [m3/s], mediante l’espressione
Qmax = c * h * S * k / tc
Dove:
c=coefficiente di deflusso
S= superficie del bacino idrografico sotteso alla sezione in esame (ha)
h=altezza critica per l’assegnato tempo di ritorno (mm)
tc= tempo di corrivazione
k = fattore che tiene conto della non uniformità delle unità di misura usate: nell'ipotesi di adottare le
grandezze con le unità di misura citate k = 0,2777
La formula ricavata col metodo razionale è basata sull’ipotesi che la massima portata sia
prodotta da una precipitazione di durata pari al tempo di corrivazione tc del bacino: pertanto se hcrit
è la precipitazione caduta al tempo tc, al volume affluito sul bacino S* hcrit corrisponde un deflusso
pari a c*S*hcri*k/tc. Si suppone a sua volta per semplicità che la fase di esaurimento
dell’idrogramma di piena sia simile a quella di crescita e che quindi l’idrogramma abbia la forma di
un triangolo isoscele di base 2* tc ed area c*S*hcri*k/tc.
40
0.40 S (kmq)=
227.13
tc=
6.51
h
ic
Q
Deflusso
C=
Tr
a
n
5
26.38576555
0.4500
6.51
61.30
9.42
237.647
8.33
68.50
8.22
207.51
10
31.27557441
0.4453
6.51
72.03
11.06
279.214
8.33
80.38
9.65
243.53
20
35.96309708
0.4388
6.51
81.82
12.57
317.17
8.33
91.16
10.94
276.19
30
38.65881831
0.4357
6.51
87.45
13.43
338.995
8.33
97.36
11.69
294.97
tc
Viparelli
tc
h
ic
Q
50
42.02790762
0.4324
6.51
94.48
14.51
366.269
8.33
105.11
12.62
318.44
100
46.57126231
0.4287
6.51
103.97
15.97
403.046
8.33
115.56
13.87
350.10
200
51.09720793
0.4256
6.51
113.42
17.42
439.679
8.33
125.97
15.12
381.63
500
57.06738923
0.4223
6.51
125.88
19.34
487.999
8.33
139.70
16.77
423.22
1000
61.57896684
0.4202
6.51
135.30
20.78
524.511
8.33
150.07
18.02
454.65
Pertanto sostituendo nella formula razionale i dati misurati o calcolati si ottiene per la sezione di
verifica e per un Tr=200 anni:
Qmax= 381 m3/sec
Il parametro c(coefficiente di deflusso) è stato ricavato facendo riferimento a valori calcolati con
metodo di KENNESSEY considerando caratteristiche geologiche, acclività e uso suolo-copertura
vegetale ed è risultato essere pari a 0.4.
10. VERIFICA IDRAULICA
La verifica idraulica è stata condotta attraverso l’analisi di moto gradualmente vario,
attraverso l’utilizzo di un programma di calcolo denominato HEC-RAS.
Sono state implementate le condizioni geometriche attraverso l’introduzione di n.8 sezioni
rilevate nell’area di interesse.
La verifica è stata condotta per portate di piena calcolate con Tr=30 anni e Tr=200 anni.
Come condizioni al contorno per l’implementazione della verifica sono state prese in
considerazione l’altezza normale determinata in condizioni di moto uniforme per le sezioni iniziali
e finali e per le portate anzidette e con la pendenza media del 1% .
Nella determinazione della velocità di deflusso con la formula di Gauckler-Strickler si è
adottato un coefficiente di scabrezza n=0.035 per corsi d’acqua naturali in cattive condizioni di
manutenzione.
Conclusioni
Dalle verifiche effettuate seppure si evidenzia che sia con la portata calcolata per Tr=30 anni
che per Tr=200 anni in quasi tutte le sezioni si verifica l’esondazione degli argini e l’allagamento
delle aree golenali, pur tuttavia, poiché con l’intervento progettato non si modifica sostanzialmente
41
il regime idraulico, in quanto le dimensioni delle sezioni di verifica sono quelle corrispondenti alla
sezione naturale del fiume, ma si migliora la resistenza alla erosione ed al trasporto di materiale
solido dalle sponde si ritiene comunque che la verifica sia soddisfacente in quanto non viene
interessata dalla piena l’unica infrastruttura esistente in zona ossia la SS 653 “Sinnica”.
Per ogni sezione è riportato il relativo tabulato di calcolo per i profili per portate a 30 anni e
200 anni con i relativi parametri e caratteristiche idrauliche.
Allegati
1. Verifiche sezioni in condizioni di moto gradualmente vario per Tr=30 anni e Tr=200 anni
2. Sezioni grafiche di verifica con la massima quota del pelo libero per Tr=30 anni e Tr=200
anni
3. Vista pseudotridimensionale del tratto in analisi ed individuazione delle aree esondabili con
massimo tirante per Tr=200 anni.
Simbologia
EG= energia complessiva della corrente
Ws= altezza del tirante dell’onda di piena
Ground =terreno
Bank= livello degli argini di magra
42
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 1 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.32 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
1.41 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
456.91 Reach Len. (m)
Crit W.S. (m)
456.91 Flow Area (m2)
2.73
53.34
2.17
E.G. Slope (m/m) 0.008185 Area (m2)
2.73
53.34
2.17
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
5.26
284.5
4.24
Top Width (m)
21.47 Top Width (m)
2
18
1.47
Vel Total (m/s)
5.05 Avg. Vel. (m/s)
1.93
5.33
1.95
Max Chl Dpth (m)
2.96 Hydr. Depth (m)
1.36
2.96
1.48
Conv. Total (m3/s)
3249.7 Conv. (m3/s)
58.1 3144.7
46.9
Length Wtd. (m)
Wetted Per. (m)
4.23
18
3.31
Min Ch El (m)
453.95 Shear (N/m2)
51.73 237.88
52.73
Alpha
1.08 Stream Power (N/m s)
99.77 1268.63 102.99
Frctn Loss (m)
Cum Volume (1000 m3)
C & E Loss (m)
Cum SA (1000 m2)
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 1 Profile: Tr=200 ANNI
E.G. Elev (m)
459.12 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
1.65 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
457.47 Reach Len. (m)
Crit W.S. (m)
457.47 Flow Area (m2)
4.09
63.3
3.06
E.G. Slope (m/m) 0.007694 Area (m2)
4.09
63.3
3.06
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
8.65 366.86
6.49
Top Width (m)
22.24 Top Width (m)
2.5
18
1.74
Vel Total (m/s)
5.42 Avg. Vel. (m/s)
2.11
5.8
2.12
Max Chl Dpth (m)
3.52 Hydr. Depth (m)
1.64
3.52
1.76
Conv. Total (m3/s)
4355 Conv. (m3/s)
98.6 4182.4
74
Length Wtd. (m)
Wetted Per. (m)
5.28
18
3.92
Min Ch El (m)
453.95 Shear (N/m2)
58.42 265.34
58.81
Alpha
1.1 Stream Power (N/m s)
123.44 1537.79 124.84
Frctn Loss (m)
Cum Volume (1000 m3)
C & E Loss (m)
Cum SA (1000 m2)
43
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 1
.035
466
.035
.035
Legend
464
)
m
(
n
oti
a
v
el
E
EG 200 ANNI
462
WS 200 ANNI
460
Crit 200 ANNI
458
Ground
Bank Sta
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
44
40
50
60
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 2 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.47 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.46 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.01 Reach Len. (m)
16
16
16
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
7.26
91.74
4.17
E.G. Slope (m/m) 0.001691 Area (m2)
7.26
91.74
4.17
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
8.38 281.02
4.61
Top Width (m)
27.89 Top Width (m)
4.07
21.79
2.03
Vel Total (m/s)
2.85 Avg. Vel. (m/s)
1.15
3.06
1.1
Max Chl Dpth (m)
4.29 Hydr. Depth (m)
1.79
4.21
2.05
Conv. Total (m3/s)
7148.8 Conv. (m3/s)
203.7 6833.1
112
Length Wtd. (m)
16 Wetted Per. (m)
7.47
21.79
4.58
Min Ch El (m)
453.72 Shear (N/m2)
16.13
69.82
15.1
Alpha
1.11 Stream Power (N/m s)
18.61 213.86
16.67
Frctn Loss (m)
0.05 Cum Volume (1000 m3)
0.08
1.16
0.05
C & E Loss (m)
0.09 Cum SA (1000 m2)
0.05
0.32
0.03
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 2 Profile: Tr=2000 ANNI
E.G. Elev (m)
459.28 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.55 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.72 Reach Len. (m)
16
16
16
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
11.29 107.34
6.26
E.G. Slope (m/m) 0.001667 Area (m2)
11.29 107.34
6.26
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
13.68 362.42
5.89
Top Width (m)
34.77 Top Width (m)
7.18
21.79
5.79
Vel Total (m/s)
3.06 Avg. Vel. (m/s)
1.21
3.38
0.94
Max Chl Dpth (m)
5 Hydr. Depth (m)
1.57
4.93
1.08
Conv. Total (m3/s)
9357.4 Conv. (m3/s)
335.2 8877.9
144.3
Length Wtd. (m)
16 Wetted Per. (m)
10.66
21.79
8.62
Min Ch El (m)
453.72 Shear (N/m2)
17.31
80.49
11.86
Alpha
1.16 Stream Power (N/m s)
20.97 271.77
11.17
Frctn Loss (m)
0.05 Cum Volume (1000 m3)
0.12
1.37
0.07
C & E Loss (m)
0.11 Cum SA (1000 m2)
0.08
0.32
0.06
45
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 2
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 200 ANNI
464
)
m
(
n
oti
a
v
el
E
WS 200 ANNI
462
Ground
460
Bank Sta
458
456
454
452
0
10
20
30
40
Station (m)
46
50
60
70
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 3 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.51 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.29 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.21 Reach Len. (m)
17
17
17
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
31.49
93.56
5.64
E.G. Slope (m/m)
0.00102 Area (m2)
31.49
93.56
5.64
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
49.99 239.62
4.4
Top Width (m)
35.49 Top Width (m)
11.28
19.9
4.31
Vel Total (m/s)
2.25 Avg. Vel. (m/s)
1.59
2.56
0.78
Max Chl Dpth (m)
4.7 Hydr. Depth (m)
2.79
4.7
1.31
Conv. Total (m3/s)
9205.2 Conv. (m3/s)
1565 7502.5
137.6
Length Wtd. (m)
17 Wetted Per. (m)
13.73
19.9
7.13
Min Ch El (m)
453.51 Shear (N/m2)
22.94
47.03
7.9
Alpha
1.14 Stream Power (N/m s)
36.42 120.45
6.16
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
0.41
2.74
0.13
C & E Loss (m)
0.02 Cum SA (1000 m2)
0.18
0.67
0.08
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 3 Profile: Tr=200 ANNI
E.G. Elev (m)
459.32 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.34 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.98 Reach Len. (m)
17
17
17
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
41.59 108.79
11.5
E.G. Slope (m/m) 0.001001 Area (m2)
41.59 108.79
11.5
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
66.62 305.22
10.16
Top Width (m)
43.9 Top Width (m)
15.11
19.9
8.89
Vel Total (m/s)
2.36 Avg. Vel. (m/s)
1.6
2.81
0.88
Max Chl Dpth (m)
5.47 Hydr. Depth (m)
2.75
5.47
1.29
Conv. Total (m3/s)
12072.8 Conv. (m3/s)
2105.5 9646.3
321
Length Wtd. (m)
17 Wetted Per. (m)
17.63
19.9
11.92
Min Ch El (m)
453.51 Shear (N/m2)
23.16
53.67
9.48
Alpha
1.21 Stream Power (N/m s)
37.09 150.59
8.37
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
0.57
3.2
0.23
C & E Loss (m)
0.02 Cum SA (1000 m2)
0.27
0.67
0.19
47
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 3
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 200 ANNI
464
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WS 200 ANNI
462
Ground
460
Bank Sta
458
456
454
452
0
10
20
30
40
Station (m)
48
50
60
70
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 4 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.6 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.51 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.08 Reach Len. (m)
18
18
18
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
13.86
80.48
4.97
E.G. Slope (m/m) 0.001802 Area (m2)
13.86
80.48
4.97
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
22.58 265.42
6
Top Width (m)
26.63 Top Width (m)
6.47
17.95
2.22
Vel Total (m/s)
2.96 Avg. Vel. (m/s)
1.63
3.3
1.21
Max Chl Dpth (m)
4.48 Hydr. Depth (m)
2.14
4.48
2.24
Conv. Total (m3/s)
6925.7 Conv. (m3/s)
531.9 6252.4
141.4
Length Wtd. (m)
18 Wetted Per. (m)
8.9
17.95
5
Min Ch El (m)
453.6 Shear (N/m2)
27.51
79.23
17.56
Alpha
1.15 Stream Power (N/m s)
44.83
261.3
21.21
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
0.82
4.3
0.23
C & E Loss (m)
0.07 Cum SA (1000 m2)
0.34
1.01
0.14
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 4 Profile: Tr=200 ANNI
E.G. Elev (m)
459.42 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.6 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.82 Reach Len. (m)
18
18
18
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
19.11
93.7
9.33
E.G. Slope (m/m)
0.00176 Area (m2)
19.11
93.7
9.33
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
34.33 337.98
9.69
Top Width (m)
34.4 Top Width (m)
7.78
17.95
8.67
Vel Total (m/s)
3.13 Avg. Vel. (m/s)
1.8
3.61
1.04
Max Chl Dpth (m)
5.22 Hydr. Depth (m)
2.46
5.22
1.08
Conv. Total (m3/s)
9105 Conv. (m3/s)
818.4 8055.8
230.9
Length Wtd. (m)
18 Wetted Per. (m)
10.41
17.95
11.58
Min Ch El (m)
453.6 Shear (N/m2)
31.69
90.1
13.91
Alpha
1.21 Stream Power (N/m s)
56.95 325.01
14.43
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
1.12
5.02
0.41
C & E Loss (m)
0.08 Cum SA (1000 m2)
0.47
1.01
0.34
49
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione4
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 200 ANNI
464
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m(
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WS 200 ANNI
462
Ground
460
Bank Sta
458
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
50
40
50
60
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 5 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.66 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.68 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
457.98 Reach Len. (m)
7.5
7.5
7.5
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
10.57
71.51
5.5
E.G. Slope (m/m)
0.00226 Area (m2)
10.57
71.51
5.5
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
16.19 271.29
6.53
Top Width (m)
25.04 Top Width (m)
5.82
15.32
3.9
Vel Total (m/s)
3.36 Avg. Vel. (m/s)
1.53
3.79
1.19
Max Chl Dpth (m)
4.67 Hydr. Depth (m)
1.82
4.67
1.41
Conv. Total (m3/s)
6184.4 Conv. (m3/s)
340.5 5706.6
137.3
Length Wtd. (m)
7.5 Wetted Per. (m)
8.82
15.32
6.72
Min Ch El (m)
453.31 Shear (N/m2)
26.54 103.45
18.12
Alpha
1.19 Stream Power (N/m s)
40.65 392.45
21.52
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
0.91
4.87
0.27
C & E Loss (m)
0.05 Cum SA (1000 m2)
0.38
1.14
0.16
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 5 Profile: Tr=200 ANNI
E.G. Elev (m)
459.49 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.79 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.7 Reach Len. (m)
7.5
7.5
7.5
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
15.26
82.6
10.83
E.G. Slope (m/m) 0.002217 Area (m2)
15.26
82.6
10.83
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
26.6 341.64
13.75
Top Width (m)
31.31 Top Width (m)
7.16
15.32
8.83
Vel Total (m/s)
3.51 Avg. Vel. (m/s)
1.74
4.14
1.27
Max Chl Dpth (m)
5.39 Hydr. Depth (m)
2.13
5.39
1.23
Conv. Total (m3/s)
8113.1 Conv. (m3/s)
565
7256
292.1
Length Wtd. (m)
7.5 Wetted Per. (m)
10.35
15.32
11.81
Min Ch El (m)
453.31 Shear (N/m2)
32.07 117.21
19.93
Alpha
1.26 Stream Power (N/m s)
55.9 484.81
25.31
Frctn Loss (m)
0.01 Cum Volume (1000 m3)
1.25
5.69
0.49
C & E Loss (m)
0.06 Cum SA (1000 m2)
0.53
1.14
0.41
51
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 5
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 30 ANNI
464
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WS 30 ANNI
462
Ground
460
Bank Sta
458
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
52
40
50
60
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 6 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
458.75 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.92 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
457.84 Reach Len. (m)
8
8
8
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
6.06
63.92
4.8
E.G. Slope (m/m)
0.0032 Area (m2)
6.06
63.92
4.8
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
8.61 277.75
7.65
Top Width (m)
20.29 Top Width (m)
3.61
14.5
2.18
Vel Total (m/s)
3.93 Avg. Vel. (m/s)
1.42
4.35
1.59
Max Chl Dpth (m)
4.41 Hydr. Depth (m)
1.68
4.41
2.2
Conv. Total (m3/s)
5197.2 Conv. (m3/s)
152.2 4909.8
135.1
Length Wtd. (m)
8 Wetted Per. (m)
7.35
14.5
4.92
Min Ch El (m)
453.43 Shear (N/m2)
25.86 138.33
30.66
Alpha
1.16 Stream Power (N/m s)
36.74
601.1
48.79
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
0.98
5.41
0.31
C & E Loss (m)
0.07 Cum SA (1000 m2)
0.42
1.26
0.19
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 6 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
459.62 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
1.14 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.48 Reach Len. (m)
8
8
8
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
8.69
73.22
7.87
E.G. Slope (m/m) 0.003365 Area (m2)
8.69
73.22
7.87
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
14.59
357.2
10.21
Top Width (m)
27.6 Top Width (m)
4.58
14.5
8.52
Vel Total (m/s)
4.26 Avg. Vel. (m/s)
1.68
4.88
1.3
Max Chl Dpth (m)
5.05 Hydr. Depth (m)
1.9
5.05
0.92
Conv. Total (m3/s)
6585 Conv. (m3/s)
251.4 6157.5
176.1
Length Wtd. (m)
8 Wetted Per. (m)
8.52
14.5
11.35
Min Ch El (m)
453.43 Shear (N/m2)
33.65 166.64
22.88
Alpha
1.24 Stream Power (N/m s)
56.5 812.96
29.7
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
1.34
6.31
0.56
C & E Loss (m)
0.1 Cum SA (1000 m2)
0.58
1.26
0.48
53
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 6
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 200 ANNI
464
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WS 200 ANNI
462
Ground
460
Bank Sta
458
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
54
40
50
60
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 7 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
459.96 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
1.8 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
458.16 Reach Len. (m)
9
9
9
Crit W.S. (m)
458.16 Flow Area (m2)
7.01
43.41
4.25
E.G. Slope (m/m) 0.006852 Area (m2)
7.01
43.41
4.25
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
16.06 268.53
9.41
Top Width (m)
16.27 Top Width (m)
4
10.26
2.01
Vel Total (m/s)
5.38 Avg. Vel. (m/s)
2.29
6.19
2.22
Max Chl Dpth (m)
4.23 Hydr. Depth (m)
1.75
4.23
2.12
Conv. Total (m3/s)
3551.8 Conv. (m3/s)
194 3244.1
113.7
Length Wtd. (m)
9 Wetted Per. (m)
7.35
10.26
4.68
Min Ch El (m)
453.93 Shear (N/m2)
64.09 284.26
60.94
Alpha
1.22 Stream Power (N/m s)
146.86 1758.56 135.05
Frctn Loss (m)
0.04 Cum Volume (1000 m3)
1.03
5.9
0.35
C & E Loss (m)
0.27 Cum SA (1000 m2)
0.46
1.37
0.21
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 7 Profile: Tr=200ANNI
E.G. Elev (m)
460.95 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
1.71 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
459.24 Reach Len. (m)
9
9
9
Crit W.S. (m)
459.24 Flow Area (m2)
12.27
54.52
10.03
E.G. Slope (m/m) 0.004966 Area (m2)
12.27
54.52
10.03
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
29.55 334.32
18.13
Top Width (m)
24.76 Top Width (m)
5.71
10.26
8.78
Vel Total (m/s)
4.97 Avg. Vel. (m/s)
2.41
6.13
1.81
Max Chl Dpth (m)
5.31 Hydr. Depth (m)
2.15
5.31
1.14
Conv. Total (m3/s)
5420.8 Conv. (m3/s)
419.4 4744.2
257.3
Length Wtd. (m)
9 Wetted Per. (m)
9.37
10.26
11.8
Min Ch El (m)
453.93 Shear (N/m2)
63.73
258.8
41.41
Alpha
1.36 Stream Power (N/m s)
153.52 1586.81
74.83
Frctn Loss (m)
0.04 Cum Volume (1000 m3)
1.44
6.88
0.64
C & E Loss (m)
0.17 Cum SA (1000 m2)
0.62
1.37
0.56
55
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 7
.035
468
.035
.035
Legend
466
EG 200 ANNI
464
)
m(
n
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E
WS 200 ANNI
462
Crit 200 ANNI
460
Ground
458
Bank Sta
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
56
40
50
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 8 Profile: Tr=30 ANNI
E.G. Elev (m)
460.09 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.85 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
459.24 Reach Len. (m)
6
6
6
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
14.63
44.87
21.71
E.G. Slope (m/m) 0.002958 Area (m2)
14.63
44.87
21.71
Q Total (m3/s)
294 Flow (m3/s)
29.65 206.07
58.28
Top Width (m)
21.8 Top Width (m)
6.21
7.43
8.16
Vel Total (m/s)
3.62 Avg. Vel. (m/s)
2.03
4.59
2.68
Max Chl Dpth (m)
6.04 Hydr. Depth (m)
2.36
6.04
2.66
Conv. Total (m3/s)
5405.2 Conv. (m3/s)
545 3788.7 1071.5
Length Wtd. (m)
6 Wetted Per. (m)
9.83
8.83
9.57
Min Ch El (m)
453.2 Shear (N/m2)
43.19 147.41
65.85
Alpha
1.27 Stream Power (N/m s)
87.49 677.08 176.76
Frctn Loss (m)
0.03 Cum Volume (1000 m3)
1.1
6.16
0.43
C & E Loss (m)
0.1 Cum SA (1000 m2)
0.49
1.42
0.24
Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 8 Profile: Tr=200ANNI
E.G. Elev (m)
461.05 Element
Left OB Channel Right OB
Vel Head (m)
0.91 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
460.14 Reach Len. (m)
6
6
6
Crit W.S. (m)
Flow Area (m2)
20.88
51.58
29.7
E.G. Slope (m/m) 0.002743 Area (m2)
20.88
51.58
29.7
Q Total (m3/s)
382 Flow (m3/s)
46.47 250.35
85.18
Top Width (m)
24.58 Top Width (m)
7.63
7.43
9.52
Vel Total (m/s)
3.74 Avg. Vel. (m/s)
2.23
4.85
2.87
Max Chl Dpth (m)
6.94 Hydr. Depth (m)
2.74
6.94
3.12
Conv. Total (m3/s)
7293.6 Conv. (m3/s)
887.3
4780 1626.3
Length Wtd. (m)
6 Wetted Per. (m)
11.51
8.83
11.2
Min Ch El (m)
453.2 Shear (N/m2)
48.78 157.13
71.36
Alpha
1.28 Stream Power (N/m s)
108.57 762.67 204.66
Frctn Loss (m)
0.02 Cum Volume (1000 m3)
1.54
7.2
0.76
C & E Loss (m)
0.08 Cum SA (1000 m2)
0.66
1.42
0.61
57
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
sezione 8
.035
466
.035
.035
Legend
464
)
m(
n
oti
a
v
el
E
EG 200 ANNI
462
WS 200 ANNI
460
Ground
458
Bank Sta
456
454
452
0
10
20
30
Station (m)
58
40
50
fiume sinni
)
s/
m
(
t
hg
i
Rl
e
V,
)
s/
m
(
l
n
h
Cl
e
V,
)
s/
m
(
tf
e
Ll
e
V
59
Plan: Plan 01
01/02/2003
episcopia
7
Legend
6
Vel Chnl 200 ANNI
Vel Chnl 30 ANNI
5
Vel Right 200 ANNI
4
Vel Left 200 ANNI
Vel Right 30 ANNI
3
Vel Left 30 ANNI
2
1
0
0
20
40
60
Main Channel Distance (m)
80
100
fiume sinni
Plan: Plan 01 01/02/2003
fiume sinni episcopia
462
Legend
EG 200 ANNI
460
EG 30 ANNI
)
m(
n
oti
a
v
el
E
WS 200 ANNI
458
Crit 200 ANNI
456
WS 30 ANNI
Crit 30 ANNI
454
452
Ground
0
20
40
60
Main Channel Distance (m)
60
80
100
fiume sinni
Plan: Plan 01
01/02/2003
Legend
WS 200 ANNI
Ground
Bank Sta
6
1
4
2
3
8
5
61
- Lavori di sistemazione idraulica del sottobacino torrente Sarmento, in località Casa Del
Conte - bacino fiume Sinni - agro di Terranova Di Pollino.
DATA 16/02/1998. IMPORTO 1.193.650.000.
RELAZIONE
1 PREMESSA
La legge 183/89 sulla difesa del suolo ha avviato uno studio sullo stato generale del
territorio e delle relative problematiche dal punto di vista fisico, idraulico, ambientale e socioeconomico.
Tra le aree suscettibili di interventi in via prioritaria, gli Schemi Previsionali e
Programmatici dei Piani di Bacino di cui all’art.31 della L.183/89 redatti dalla Regione Basilicata,
con la Scheda n°9, prevedevano interventi di sistemazione idraulica del torrente Sarmento, in
località Casa del Conte in agro di Terranova del Pollino.
Il torrente Sarmento é l’affluente più importante del fiume Sinni in quanto, per lunghi
periodi dell’anno, possiede portate significative e nella parte alta del ventaglio di formazione ha un
corso caratterizzato da elevate pendenze.
Casa del Conte é una popolosa frazione che sorge sulle sponde del tratto montano del
Sarmento dove le elevate pendenze, la piovosità e la natura dei terreni danno spesso origine a
dissesti diffusi.
Dal punto di vista amministrativo ed economico gli interventi sono resi possibili dai seguenti
Decreti Ministeriali: D.M. 2300 del 16/11/1995, D.M. 101 del 24/01/1996, D.M. 1195 del
19/11/1996 e dalla Delibera di Giunta Regionale di recepimento n°5149 del 10/10/1995.
Il presente progetto programma delle opere che costituiscono soluzioni tecniche scaturite
dallo studio geologico ed idrologico dell’area ( vedi Relazione Geoidrolgica ), dai calcoli strutturali
( vedi Relazione di Calcolo ), da un attento esame degli effetti di inserimento nella’ambiente e della
percezione visiva delle aree trattate ( vedi Relazione di Impatto Ambientale ).
Il progetto é informato da criteri di ingegneria ambientale contemperati dalla
considerazione della forte esposizione ai rischi di frane, del grado di sismicità dell’area e dalla
considerazione degli stress termici a cui i manufatti sono sottoposti dal gelo e dalle avversità
atmosferiche.
2 DESCRIZIONE DELL’AREA DI INTERVENTO
La frazione del comune di Terranova Del Pollino denominata Casa Del Conte si trova a
monte del centro, sul versante occidentale delle pendici del massiccio del Pollino e naturalmente
ricade all’interno della perimetrazione dell’omonimo Parco Nazionale.
Per ragguingerla bisogna superare il torrente Balsamano il cui alveo, durante l’inverno
diviene simile ad una colata lavica perchè oltre alle acque si può osservare un flusso di terreni di
asportazione di una antica frana di dimensioni macroscopiche.
La frazione é quasi delimitata a valle dalla stretta della Garavina che é una profondissima
incisione tra le rocce dell’ampiezza di pochi metri attraverso la quale fluisce il torrente Sarmento, a
monte delle poche abitazioni il corso del torrente inizia ad avere notevoli pendenze in quanto
prende forma il rilievo del monte Pollino.
62
L’area di intervento é stata individuata a valle dell’insediamento ed a monte della stretta
della Garavina; la sua quota media sul livello del mare é di circa m.960.
L’ambiente é tipicamente montano e la natura appare quasi incontaminata.
A monte dell’area di intervento sono state realizzate delle opere di sistemazione idraulica
come alcune briglie ed un muro di sponda in calcestruzzo, poi rivestito in pietra.
Dal punto di vista geologico la configurazione morfologica del sottobacino considerato
evidenzia affioramenti costituiti da rocce prevalentemente litoidi, caratterizzati da versanti ripidi e
da rocce a prevalente componente argillosa le cui disposizioni, per formazione di detriti, si sono
attestate su pendenze piuttosto basse.
La circolazione delle acque superficiali avviene secondo un reticolo drenante detritico
impostato prevalentemente sui corpi di frana.
Il regime pluviometrico della zona presenta un massimo annuale durante l’inverno ed un
minimo assoluto in estate.
La quantità media di precipitazione annua si aggira intorno ai 1.300mm. con eventi
meteorici giornalieri anomali di notevole intensità che possono superare i 50 mm. di pioggia.
La temperatura media annua si aggira intorno ai 6° - 7° C.
Dal breve quadro riassuntivo delle condizioni fisico ambientali, analizzato peraltro nelle
Relazioni specifiche, risulta che il paesaggio , pur nella sua bellezza sevaggia, ha un aspetto molto
accidentato.
La scelta dell’area di intervento é stata dettata dal criterio di dare opportuno complemento
alle opere idrauliche già realizzate a monte ed anche dal verificarsi di ua frana che ha preso origine
dall’erosione della sponda sinistra del torrente Serrapotamo ed ha generato il dissesto della pendice
sino alle vicinanze di alcune abitazioni rurali.
3 DESCRIZIONE DELLE OPERE PROGETTATE
3.1 MURO DI SPONDA IN GABBIONI A MONTE DELLA PASSERELLA
quota 964m., picchetto 24
L’intervento inizia a quota 964 m. s. l. m. con un muro di sponda in gabbioni in destra
idraulica del torrente Sarmento.
Tale manufatto ha lunghezza di m. 35 e le seguenti dimensioni in sezione:
- fondazioni : un ordine di gabbioni m.5.00 x 1.00;
- elevazione: un ordine di gabbioni m. 4.00 x 1.00, un ordine m. 3.00 x 1.00, ultimo ordine m. 2.00
x 1.00.
3.2 SCOGLIERA DI MASSI DI PIETRA NATURALE
Sempre in destra idraulica, a valle della passerella esistente ed in corrispondenza di visibili
segni di instabilità della sponda, verrà realizzata una scogliera in massi di pietra naturale ciascuno di
dimensioni non inferiori a m. 1.20 x 1.00 x 0.60.
Tali elementi lapidei di grosse dimensioni saranno legati tra di loro mediante monconi di
acciaio del diametro minimo di 24 mm. infilati per almeno 40 cm. in ciascun masso.
3.3 TERRA ARMATA ( TERRAMESCH )
Durante l’inverno 1997 si é verificata una frana in una zona individuata dalla Planimetria in
scala 1:500 con i picchetti da n°30....n° 35 ed a quaote da 973 m. s. l. m. a 960 m..
Tale frana ha determinato uno svuotamento della collina minacciando anche alcune
abitazioni rurali.
63
Il criterio del presente intervento é quello di risarcire la frana ed il conseguente svuotamento
mediante la messa in opera di terra armata che, oltre a colmare il vuoto creatosi, ha le funzioni di
argine per il torrente al piede, e di opera strutturale di sostegno.
La terra armata, dunque, associa un livello di impatto molto contenuto, essendo in gabbioni
nei quali si inseriscono essenze arboree, ad una funzione strutturale.
Essa é composta da ordini di gabbioni di m.1.00 x 1.00 forniti di un telo della stessa maglia
costituente la rete metallica dei gabbioni e che si estende sul retro del paramento per circa m. 7.00 (
lunghezza scturita dalla apposita Relazione di Calcolo ).
Sui teli stesi si appone materiale arido commisto a terreno vegetale, poi compattato e rullato
in modo da costruire un rilevato strutturale.
Il peso degli strati di terreno compattato conferisce stabilità ai vari ordini di gabbioni che nel
loro complesso configurano un muro di sostegno.
I criteri di calcolo sono in armonia con le teorie di Coulomb.
L’opera si completa con la immissione nei gabbioni di essenze arboree che in pochi mesi
mascherano completamente il manufatto, peraltro costituito di pietre e pertanto già in armonia con
l’ambiente.
La terra armata sarà costruita in due campi lunghi l’uno 41.00 m. e il secondo circa m. 30.
La altezza massima dei campi é di m. 9.00 e degrada secondo la conformazione della collina
ad altezze minime di 5 - 6 m.
Alla base del primo ordine di gabbioni sarà messo in opera uno zoccolo di calcestruzzo
debolmente armato della dimensioni in sezione 5.00 m. x 1.50 m. che non emergerà dall’alveo ed
avrà funzione fondante della Terramesch e ne eviterà lo scalzamento ed il sifonamento.
I due campi di terra armata sono intervallati da due briglie in calcestruzzo rivestite in pietra,
così posizionate dopo approfonditi studi al fine di offrire opportuna stabilità trasversale all’alveo ed
ai sovrastanti manufatti.
3.4 BRIGLIE IN CALCESTRUZZO DEBOLMENTE ARMATO
Sia la pendenza del torrente, sia la instabilità delle sponde, sia le motivazioni esposte alla
fine del paragrafo 3.3 inerenti la stabilità della terra armata, hanno evidenziato la necessità di
prevedere delle opere trasversali.
La osservazione di opere simili già realizzate a monte ha consigliato la scelta dell’uso di
calcestruzzo debolmente armato poi rivestito, nei paramenti a vista, con pietra locale.
Sono dunque state previste tre briglie con le segunti dimensioni:
- BRIGLIA n°1: lunghezza m. 35. altezza della gaveta m. 2.50 , larghezza gaveta m. 1.90,
fondazione m. 3.00 x 4.00;
- BRIGLIA n°2: lunghezza m. 24.00, altre dimensioni come la briglia n°1;
- BRIGLIA n°3: lunghezza m. 25.00, altre dimensioni come la briglia n°1.
Altre informazioni sulle caratteristiche dei manufatti e sulla loro posizione sono desumibili dagli
elaborati grafici.
3.5 CONTRBRIGIE E MATERASSI TIPO RENO
Tali opere sono tipicamente adibite alla stabilizzazione dell’alveo.
In particolare a valle dlle briglie sono previste delle controbriglie posizionate a circa m. 6.00
costruite in gabbioni con sezione m. 3.00 x 3.00.
La loro funzione é quella di evitare lo scalzamento delle opere trasversali a monte.
Tra le briglie e le controbriglie verranno messi in opera campi di materassi tipo Reno della
sezione m. 10.00 x 0.50.
64
La loro funzione é quella di rendere omogeneo il fondo alveo tra briglie e controbriglie ed
evitare escavazioni dovute alla turbolenza del moto e al trasporto solido.
3.6 MURO DI SPONDA IN GABBIONI IN SINISTRA IDRAULICA
A monte ed a valle dell’ultima briglia, sempre in corrispondenza di segni di instabilità della
sponda destra, é stato previsto un muro di sponda in gabbioni della lunghezza di m.30.00 delle
stesse caratteristiche edimensioni di quello descritto al paragrafo 3.1.
- Intervento Urgente di Difesa Spondale in destra idraulica del fiume Noce, in corrispondenza
del Km 3 + 300 della SS N. 585 di fondo valle.
DATA 7/03/2001. IMPORTO 535.000.000. – Legge 183/89 -.
1 PREMESSA
Durante numerosi sopralluoghi svolti negli ultimi due anni da funzionari tecnici della
Regione Basilicata lungo il corso del fiume Noce è emersa l’esistenza di una area esposta a notevole
rischio per la pubblica incolumità.
Come è noto la valle del Noce è percorsa dalla Strada Statale n. 585 che spesso interferisce
con il corso dell’omonimo fiume mediante i ponti ed i rilevati; in particolare in corrispondenza del
km 3 + 300, per una serie di cause che saranno descritte, una consistente vena d’acqua si è
avvicinata alla sponda destra erodendo sensibilmente i materiali costituenti il rilevato stradale.
L’ENAS ha più volte segnalato la situazione di pericolo ed ha richiesto un intervento di
protezione della sponda.
Nel luglio del 1999 fu prodotto dall’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo un progetto
di sistemazione idraulica articolato in più località del bacino ed anche nel sottobacino del Prodino
Grande, affluente in destra del fiume Noce.
Tale elaborato fu proposto sia al Ministero dell’Ambiente che al Ministero Dei Lavori
Pubblici per il finanziamento di misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeolgico, da
attivare in via prioritaria, per interventi valutati di particolare e indifferibile necessità, ai sensi del
Decreto Legge 180/98 poi convertito nella legge 3/agosto/1998 n°267. ( Decreto Sarno ).
Sono trascorsi ormai quasi due anni e tale richiesta non ha avuto esito, mentre la situazione
riscontrata al km 3 + 300 della SS 585 ha continuato ad aggravarsi tanto che la sede viabile, nel
punto più critico, è ormai a circa 6 metri dal ciglio del dissesto.
Con D.M. n. 10380 del 24 ottobre 2000, il Ministero dei Lavori Pubblici, ai sensi della
L.183/89, ha stanziato £ 535.000.000 per interventi di difesa del suolo nel bacino interregionale del
fiume Noce e, pertanto, si è proceduto a rimodulare il precedente progetto del luglio 1999,
focalizzando l’attenzione sull’area indicata e studiando con la presente elaborazione una serie di
provvedimenti tecnici atti ad eliminare le situazioni di rischio.
2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO
65
La situazione critica in esame ha trovato origine da alcune cause concomitanti.
All’altezza del km 3 + 600 della SS 585, che in tale tratto della valle corre in destra
idraulica, era stata costruita una grande soglia di fondo in calcestruzzo la cui metà destra oggi
risulta distrutta.
Poiché poco più a valle del corso si è formato un grande deposito di materiale solido, oggi
conformato ad isolotto ricco di vegetazione, la corrente del fiume ha “scelto”, come percorso, il lato
destro, lasciando quasi in secca la parte sinistra dell’alveo ed intatta la metà sinistra della soglia di
fondo.
Conseguenza di tale evoluzione dell’alveo è stato il restringimento della sezione utile al
deflusso delle portate, l’aumento della velocità dell’acqua e la conseguente erosione della sponda
destra.
Al km 3 + 300 la sponda risale notevolmente di quota verso la pendice di una collina e la
Strada Stale corre a circa 10 metri di altezza dalla quota dell’alveo.
I materiali costituenti la sponda, costituiti prevalentemente da calcari fratturati e molto
fratturati, sono stati asportati sino a determinare il crollo del rilevato stradale.
L’erosione descritta è attualmente contrastata dalla presenza di un grande masso, di volume
tale da riuscire a sostenere sia il peso delle rocce sovrastanti e della strada, sia la azione del fiume.
Tale fenomeno non può essere abbandonato alla sua naturale evoluzione in quanto sul ciglio
della frana si notano chiaramente le fratture delle rocce rimaste in sito e, nel tempo il masso rimasto
ad ultimo baluardo protettivo della strada potrebbe incrinarsi e frammentarsi con conseguenze
disastrose.
3 IL TERRITORIO
Il fiume Noce nasce dalle falde meridionali del monte Rocca Rossa e dai contrafforti
occidentali del monte Sirino, sfocia nel mar Tirreno nella piana di Castrocucco a circa 8 km a sud di
Maratea, dopo circa 50 km di corso.
La superficie del bacino è di 378 kmq; in realtà soltanto la parte settentrionale ( 298 kmq ) è
quella propriamente ascrivibile al Noce, mentre la sezione meridionale, che costituisce il
sottobacino della fiumarella di Tortora ( kmq 80 ) si può considerare del tutto indipendente poiché il
torrente confluisce nel Noce ad appena un chilometro dal mare eppure, tale sottobacino, ricadente in
Calabria, conferisce il carattere interregionale al bacino principale.
Geologicamente i terreni sono costituiti da materiali più rigidi e più resistenti all’erosione
lungo i bordi del bacino, mentre nella parte mediana e bassa prevalgono formazioni sciolte o a
prevalente contenuto argilloso più esposte ai fenomeni morfogenetici talora interessanti vaste aree.
Climaticamente, la Valle del Noce presenta elementi di transizione tra i caratteri continentali
e quelli mediterranei: questi ultimi sono particolarmente evidenti, come è del resto comprensibile
data la vicinanza ( appena 7 – 8 Km in linea d’aria ) con il Mare Tirreno.
La pressione umana sul territorio non è molto sensibile: l’azione dell’uomo non ha creato
squilibri di particolare gravità nell’ambiente fisico.
L’agricoltura è ancora praticata sul 70% del territorio e i boschi si estendono mediamente
sul 25% della superficie totale del territorio.
Il territorio appartiene a 7 comuni, di cui uno solo, Trecchina, compreso interamente,
Nemoli quasi per intero ( 94.60% ), Rivello per l’80.33%, Lagonegro per il 77.65%, Lauria per il
45.24%, Maratea per il 32.28%, ed infine in misura molto modesta 0.56% il comune di Castelluccio
Superiore.
3.1 GEOLOGIA DEL BACINO E DISSESTI
66
Caratteristiche morfologiche
La valle del Noce risulta marcatamente delimitata dagli altri rilievi distribuiti lungo lo
spartiacque, che raggiunge la massima quota in coincidenza del massiccio del M.Sirino ( m.2005 ),
poco più a Sud dell’area di testata idrografica, collocabile tra i rilievi di Rocca Rossa (m. 1408),
Murge del Principe (m.1398), e Monte Sirino.
La mancanza di un toponimo tradizionale, e soprattutto il grado di gerarchizzazione del reticolo
idrografico, non consentono di definire un preciso ramo di testata.
Numerose sono le asimmetrie presenti trasversalmente all’asse vallivo, che mediamente
definiscono uno sviluppo maggiore della parte del bacino collocata in sinistra orografica.
Il reticolo idrografico è caratterizzato da numerose anomalie, evidenziate dalla presente dalla
presenza di tratti incassati, anche in più parti dell’asta principale, e da brusche variazioni della
direzione di deflusso ( in particolare nella parte settentrionale del bacino).
Particolarmente evidente e caratteristica risulta la stretta gola ubicata a sud di Trecchina nella
quale si insinua il fiume Noce, che prosegue poi con uno stretto solco che segna il confine calabro
– lucano e termina nella piana di Castrocucco.
Anche lo spartiacque presenta evidenti particolarità: tutto il tratto compreso tra il confine
calabro-lucano e la foce ha una direzione mediamente parallela alla linea costiera, linea dalla quale
è separato da una fascia che a sud di Maratea si restringe anche a meno di due chilometri.
Inoltre, in più punti , a ridosso della linea di spartiacque manca una fascia , solitamente presente,
di ruscellamento; ciò determina una stretta contiguità con i rami del reticolo idrografico dei bacini
adiacenti.
L’esempio più manifesto è rilevabile nel tratto di spartiacque che si sviluppa a sud del M. Sirino
(località Pecorone, comune di Lauria), che separa il bacino del fiume Noce da quello del fiume
Sinni.
Le caratteristiche delineate trovano giustificazione nel complesso quadro geologico
strutturale dell’area in esame, più avanti illustrato nelle linee generali.
Per altro la presenza lungo il margine occidentale del bacino, di terreni sabbioso-conglomeratici
di ambiente lacustre, attribuiti al Quaternario (Pleistocene), non correlati all’attuale fondovalle,
testimonia il susseguirsi nel tempo di differenti cicli morfogenetici.
Non è da sottacere, infine, che l’alto grado di sismicità, caratterizzante tutta l’area, rappresenta
una concreta testimonianza e conferma di una evoluzione tettonico-strutturale attiva anche in tempi
recenti ed ttuali, che incide non poco sulla evoluzione dei processi morfologici in atto.
-
Quadro geologico – strutturale
Nell’area del bacino del F. Noce è presente gran parte delle unità stratigrafico-strutturali mesocenozoiche che costituiscono l’ossatura dell’Appennino campano-lucano.
Tali unità traslate dagli originari domini paleografici nel corso della tettogenesi miocenica,
risultano attualmente sovrapposte, piegate e fagliate, affiorando talvolta in posizione di finestra
tettonica.
Sono inoltre presenti coperture più recenti costituite da depositi sabbioso-conglomeratici e
detritici di origine continentale attribuibili al Quaternario, sostenuti dalle predette unità.
Si descrivono sinteticamente le varie Unità esistenti con un ordine che rispecchia la
posizione originaria e la direzione dei movimenti traslativi
-
Unità dei bacini interni.
Sono rappresentate dai terreni appartenenti alle serie stratigrafiche del “Flysch del Cilento” e
delle “Argille Varicolori” in senso lato.
Affiorano ampiamente nella parte mediana della valle, tra gli abitati di Trecchina, Rivello,
Nemoli e Lauria costituendo gran parte dell’area pedemontana del bacino.
67
Litologicamente, sono formate da alternanze, spesso fittamente stratificate, di marne, marne
silicifere, argilliti, calcari siliciferi, siltiti e quarziti e, subordinatamente, di calcareniti, brecciole
calcaree, arenarie e conglomerati.
Tali formazioni, a causa delle scadenti caratteristiche geotecniche, sono spesso sede di
movimenti franosi che, localmente, possono manifestarsi con rapidità ed ampia estensione, in
corrispondenza dei contatti per sovrapposizione tettonica di differenti formazioni.
-
Unità della “piattaforma carbonatica interna”
Sono rappresentate dai terreni appartenenti alle serie stratigrafiche della piattaforma in senso
stretto e dei suoi margini di transizione ai bacini e affiorano lungo i settori occidentali e sudorientali dello spartiacque.
Dal basso, litologicamente sono formate da dolomie straterellate e massicce, da calcari
dolomitici e da calcari con intercalazioni dolomitiche, da calcareniti e calcari con intercalazioni
dolomitiche, da calcilutiti stratificate e/o stratoidi e da alternanze flyscioidi di arenarie, quarziti,
marne e argille subordinate.
Nel complesso, la prevalenza di litotipi con buone caratteristiche meccaniche conferisce al
paesaggio un aspetto accidentato, tranne che nelle zone di affioramento della parte sommitale
flyscioide delle serie stratigrafiche.
Le componenti di tale unità hanno un comportamento tipico degli ammassi rocciosi, essendo
caratterizzate da consistenza lapidea e da parametri di resistenza a compressione ed al taglio
molto elevati su roccia sana.
Tuttavia le sollecitazioni di origine tettonica e i fenomeni di dissoluzione carsica più o meno
marcati, hanno causato un indebolimento del massiccio, manifestato da famiglie talora molto
fitte di linee di fessurazione.
Ne sono conseguiti tra l’altro una permeabilità secondaria molto spiccata che consente la
formazione di grossi accumuli idrici ed indebolimento dei versanti più ripidi e sottoposti
all’azione degli agenti idrometrici.
-
Unità del “bacino lagonegrese”
E’ rappresentata dai terreni appartenenti alla serie “calcareo-silico-marnosa” lucana.
Affiora ampiamente nella parte nord-orientale dell’area in esame ed è costituita da formazioni
litologicamente molto differenziate, in successione stratigrafica o anche in sovrapposizione
tettonica.
La formazione stratigraficamente basale è la formazione del monte Facito, esposta in
affioramento a nord-est di Rivello, nei dintorni di Lagonegro e nel margine settentrionale del
bacino; è composta da una prevalenza di materiali fini, quali marne argillose e silicifere
scagliettate e siltiti variegate; in alternanza ad arenarie giallastre e grigie, calcareniti, inglobanti
grosse inclusioni di calcari massicci.
Di tali formazioni unitamente ad affioramenti di flysch è conformata gran parte della catena del
Monte Sirino e questa etereogenità di origini, formazioni e stratificazioni, unitamente
all’assunzione di acque, determina frequenti e diffusi fenomeni franosi, spesso di dimensioni
imponenti in corrispondenza delle principali linearizzazioni tettoniche.
-
Depositi continentali del Quaternario
Anche se distribuiti in affioramenti di limitata estensione, tali depositi sono di estrema
importanza per individuare la dinamica evolutiva del reticolo idrografico.
a) depositi lacustri e fluvio-lacustri affiorano lungo la fascia pedemontana orientale del monte
Coccovello (Rivello), ad ovest di Trecchina, a sud di Nemoli ed in località Parrutta e Piano dei
Peri.
68
Interessano prevalentemente il tracciato della strada statale 585 di fondo valle, importante
arteria di livello nazionale.
Si tratta di depositi sabbiosi, sabbio-conglomeratici, distribuiti in lembi talora terrazzati, essi
sono di estrema importanza nel quadro morfoevolutivo del bacino del Noce, in quanto
evidenziano le fasi più antiche di riadattamento del reticolo idrografico e di verosimile innesco
dei fenomeni franosi.
-
Depositi morenici
Affiorano sul versante settentrionale del Monte Sirino e sono costituiti da conglomerati
fortemente eterometrici immersi in abbondante matrice argilloso-limosa.
Tali depositi, databili al Pleistocene Medio-Superiore, testimoniano una notevole variazione
delsistema morfologico nel corso della evoluzione del bacino, passando da un sistema più
francamente glaciale ad un periglaciale, con conseguente variazione nella quantità del
ruscellamento superficiale e del rapporto tra ruscellamento e portata solida.
Anche tale episodio morfoevolutivo segna quindi un riadattamento del reticolo idrografico con
possibile innesco di fenomeni franosi antichi.
-
Depositi detritici di versante
Sono distribuiti in affioramenti per lo più di limitata estensione al piede dei versanti principali e
sono costituiti da brecce eterometriche, talvolta con matrice terrosa e/o cementate.
-
Depositi alluvionali recenti ed attuali
Sono distribuiti lungo gli alvei delle principali aste fluviali, a partire dalla media valle verso la
foce.
Sono costituiti da argille, limi, sabbie e ghiaie, in strati lentiformi.
-
Depositi di accumulo di frana
Si tratta di materiali mobilitati da fenomeni franosi nel corso dei cicli morfogenetici che hanno
prodotto i depositi quaternari prima descritti,
Risultano pertanto costituiti da clasti a spigoli vivi, solitamente eterometrici, spesso immersi in
matrice argilloso-siltosa, con giacitura caotica.
Sono distribuiti in quasi tutto il bacino, in affioramenti di estensione di estensione variabile in
relazione all’entità del fenomeno franoso originario.
Le scadenti caratteristiche meccaniche di tali depositi e la loro posizione in prossimità del
livello di base locale, li rendono estremamente sensibili alle variazioni del regime di
ruscellamento superficiale e quindi propensi ad una rimobilitazione per fenomeni di frana
multipli e sovrapposti.
4 IDROLOGIA
Il fiume Noce nasce dalla confluenza tra il Vallone Vardaneta, proveniente dalle falde
meridionali del monte Rocca Rossa e del Vallone dei Porcili che trae origine dai contrafforti
occidentali del monte Sirino.
69
Il Vallone della Petra drena le acque della parte nord-occidentale del bacino e confluisce nel
canale principale di formazione.
Attraversata la stretta incisione ai piedi del monte Cervaro in destra e tempa Foraporta in
sinistra, riceve in destra il modesto contributo del torrente Mala Mogliera da dove il corso d’acqua
prende il nome di fiume Noce.
Corre quindi con andamento nord-est in una ristretta valle fino a quota 489 m.s.l.m., dove,
raccolte le acque del Vallone Carboncelli (sulle tavolette I.G.M. 1:25.000 Vallone della Serra),
scende decisamente verso sud ricevendo in destra, il Vallone Trinca, il Canale Torno, il Vallone del
Lupo.
Devia quindi brevemente verso est e, dopo la confluenza in sinistra del torrente Bitonto,
compie un’ansa ai piedi dell’abitato di Rivello per proseguire ancora con andamento nord-est, fino
alla confluenza del torrente Gaglione.
Tra le ultime due confluenze citate riceve in sinistra idraulica il contributo del torrente
Sonante e del torrente Torbido, mentre in destra idraulica riceve le acque del torrente Prodino
Grande che ha un bacino abbastanza esteso ed in condizioni di degrado rilevante del suolo.
Il Noce prosegue per il suo percorso compiendo un ampio meandro attorno alle alture del
monte Messina ( 1025 m.) e con andamento nord-ovest, drenate in destra le acque del torrente
Serriaturo e del torrente Carrosio, sfocia nel Mar Tirreno dopo aver raccolto, a circa un Km dalla
foce, le acque della Fiumarella di Tortora, in territorio calabro.
La lunghezza complessiva del corso è di circa 50 Km.
Dal punto di vista della idrologia le aree del bacino sono caratterizzate da un alta piovosità
annua che intorno al Monte Sirino descrive isoiete di 2.200 mm, tale grado di piovosità va
decrescendo sino alle aree pertinenti al tratto finale del corso.
In occasione degli eccezionali eventi di pioggia verificatisi nel mese di novembre 1996 e che
generarono dissesti diffusi nella parte media del bacino ed in particolare lungo il corso del Prodino
Grande, l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa Del Suolo ha raccolto una serie di interessanti dati
pluviometrici riferiti al mese, ai giorni ed alle ore, i cui prospetti riassuntivi si allegano di seguito.
5 DESCRIZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO
Si è accennato in paragrafo 2 che all’altezza del km 3 + 600 la SS 585, che in tale tratto della
valle corre in destra idraulica, era stata costruita una grande soglia di fondo in calcestruzzo la cui
metà destra oggi risulta distrutta.
Poiché poco più a valle del corso si è formato un grande deposito di materiale solido, oggi
conformato ad isolotto ricco di vegetazione, la corrente del fiume ha “scelto”, come percorso, il lato
destro, lasciando quasi in secca la parte sinistra dell’alveo ed intatta la metà sinistra della soglia di
fondo.
Conseguenza di tale evoluzione dell’alveo è stato il restringimento della sezione utile al
deflusso delle portate, l’aumento della velocità dell’acqua e la conseguente erosione della sponda
destra.
Al km 3 + 300 la sponda risale notevolmente di quota verso la pendice di una collina e la
Strada Stale corre a circa 10 metri di altezza dalla quota dell’alveo.
I materiali costituenti la sponda, costituiti prevalentemente da calcari fratturati e molto
fratturati, sono stati asportati sino a determinare il crollo del rilevato stradale.
L’erosione descritta è attualmente contrastata dalla presenza di un grande masso, di volume
tale da riuscire a sostenere sia il peso delle rocce sovrastanti e della strada, sia la azione del fiume.
I provvedimenti urgenti da adottare per scongiurare i pericoli, a parere dei progettisti,
consistono nell’ allontanare parte della corrente dall’area critica e successivamente rinforzare
la sponda ricostruendone anche la parte perduta mediante i seguenti interventi:
70
1) Rimodellamento della svanella in sinistra idraulica in modo da convogliare parte delle acque in
sinistra dell’isolotto, dove non vi sono infrastrutture o zone abitate, e dove precedentemente una
vena del fiume era attiva.
Tale operazione può essere realizzata con un semplice movimento di materie nell’ambito
dell’alveo stesso senza variazioni ambientali, né quantitative i materia, bensì solo tramite uno
spostamento di masse la cui valutazione metrica ed economica è leggibile nell’elaborato
Computo Metrico e Stima.
2) Realizzazione in destra idraulica, in luogo della parte della soglia di fondo distrutta, di un
repellente in materiali naturali.
Il manufatto di lunghezza pari a m. 20 è progettato secondo strati di massi ciclopici di natura
calcarea o granitica, ciascuno di volume non inferiore al metro cubo, legati tra loro con barre di
acciaio del diametro di 24 mm, rese solidali ai fori con resine epossidiche, disposti in ordini
diampiezza 5 m., 4 m., 3 m., 2 m..
3) Realizzazione di una struttura in terra armata in corrispondenza della area di massima erosione
(Km. 3 + 300) che inglobi e protegga anche il masso descritto, secondo la seguente tecnologia.
Sottofondazione in massi calcarei o granitici di dimensioni non inferiori al metro cubo, legati tra
loro con barre di acciaio del diametro di 24 mm, rese solidali ai fori con resine epossidiche,
disposti in due strati per una sezione di 5.00 m. x 2.00 m.
Sopra tale sottofondazione sarà costruito un banco di calcestruzzo armato dello spessore di m.
0.70 le cui armature saranno anch’esse collegate mediante monconi ai massi sottostanti.
Sul predetto banco, che ha anche la funzione di regolarizzazione delle superfici saranno
impostati i primi gabbioni con il telo retrostante che, per strati sovrapposti, costituiranno la terra
armata ed il rilevato strutturale.
In sostanza, sul margine lato fiume del banco in calcestruzzo armato, viene impostata la prima
fila di gabbioni solidali ad un telo retrostante della stessa rete a maglie romboidali a doppia
torsione della profondità di m. 4.00.
Sul telo viene apposto uno strato di terreno di altezza pari al gabbione che verrà rullato.
Con risega di 50 – 60 cm. Viene impostata la seconda fila di gabbioni con il telo retrostante ed il
nuovo strato di terreno.
Il rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben
selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere
inalterate le sue caratteristiche nel tempo.
La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il
personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle
condizioni stradali.
I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o uguale a
0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino a 200
mm ).
La terra armata avrà altezza massima di m. 6.00.
Il raccordo delle superfici inclinate tra sommità della terra armata e il margine esterno della
Strada Statale n. 585 sarà costituito da terreno rullato ed infine protetto da materassi tipo Reno
dello spessore di m. 0.25, anche essi ancorati con cambre metalliche di lunghezza m. 1.50,
affondati nel terreno.
71
6 INSERIMENTO AMBIENTALE
Le opere da realizzare, come descritto, possono riassumersi in un movimento di materie
interno all’alveo fluviale per rimodellare la savanella, la creazione di un repellente con massi
probabilmente reperibili lungo lo stesso corso d’acqua, la costruzione della terra armata.
Tenuto anche conto dell’urgenza degli interventi, essi sono comunque improntati al rispetto
della compatibilità ambientale trattandosi di opere di ingegneria naturalistica.
L’inserimento della terra armata potrà essere migliorato dalla messa a dimora di talee di
salici o saliconi negli strati di terreno.
Le superfici a vista dei gabbioni potranno essere trattate con idrosemina di essenze
autoctone.
RELAZIONE DI CALCOLO
1 PREMESSA
La presente relazione di calcolo si riferisce ad una struttura del tipo terra armata (terramesh)
da realizzare in ordini di gabbioni speciali che hanno alla loro base un telo di rete zincata.
La opportuna ricarica con materiale naturale dei teli, man mano sovrapposti, consente di
costruire un rilevato strutturale portante.
La struttura, fondata su un banco di massi ciclopici legati tra di loro in modo da conferire un
alto valore K alla fondazione, dovrà avere sia la funzione di argine per le acque del fiume Noce, sia
di ricostruzione del rilevato stradale della Strada Statale n. 585, in corrispondenza del km 3 + 300.
Poco a monte di tali sezioni, infatti, il fiume ha distrutto la parte in destra idraulica di una
soglia di fondo, ha variato la profondità dell’alveo avvicinandosi pericolosamente al rilevato
stradale.
Nel tempo il rilevato è stato eroso sino alla sezione dove fortuitamente si trova un grande
masso di natura calcarea che oggi rimane ultimo baluardo di difesa alla importante Strada Statale.
Appare dunque necessario intervenire per circa 70 metri lungo la sponda al fine di
scongiurare pericoli per la circolazione stradale.
La scelta della tecnologia di intervento citata è motivata anche dai buoni risultati che una
struttura siffatta ha già confermato in una situazione simile, lungo il fiume Sarmento in località
Casa del Conte nel comune di Terranova di Pollino, nonché nella situazione immediatamente a
monte dell’ammasso calcareo citato dove i lavori sono stati appena eseguiti a cura dell’Ufficio
scrivente.
2 SPECIFICHE DEI MATERIALI
I principali requisiti che i materiali impiegati per costruire una struttura in terra rinforzata
devono possedere sono:
Particolari garanzie nei confronti della protezione contro la corrosione dovuta a:
72
-
aggressività dei suoli e/o delle acque;
-
fenomeni di correnti vaganti,
-
agenti atmosferici;
Sicurezza contro i danneggiamenti provocati da:
-
azioni di animali o comunque dolose;
-
incendi;
Capacità di resistenza delle armature di rinforzo e del paramento esterno.
Elementi costruttivi
Sono costituiti da rete metallica a doppia torsione a maglia esagonale tipo 8 x 10 ( conforme
a UNI 8018 ) che, oltre a fornire elevati valori di resistenza a trazione ( fino a 47 KN/m senza
fenomeni di creeping ) impedisce il rapido propagarsi di smagliature in seguito a rottura accidentale
di uno o più fili.
I teli di rete presentano inoltre una bordatura eseguita meccanicamente con filo di diametro
maggiore di quello della rete.
Zincatura e plasticatura
Tutto il filo impiegato nella fabbricazione degli elementi delle terre armate e nelle
operazioni di legatura, da effettuare comunque con filo avente diametro non in feriore a 2.20 mm
zincato e plasticato e/o con punti metallici di diametro 3.0 mm in acciaio inossidabile, deve
rispondere alle normative internazionali ( UNI 3598, BS 1052, ANFOR N.F. A91 – 131 Classe C,
DIN 1548 – 70, ASTM – A641 – 82 Classe 3 ).
Inoltre il filo di acciaio è a forte zincatura per la protezione della corrosione ( UNI 8018/79;
ASTM A 641 – 82; BS 443 – 82; ASFNOR NF A 91 – 131 Classe C; DIN 1548 – 70, ABNT NBR
8964 – 85), ed è ricoperto, in aggiunta alla zincatura, da uno strato di PVC dello spessore nominale
pari a 0,5 mm.
Le caratteristiche di resistenza al test di invecchiamento del PVC impiegato devono
rispondere alle normative internazionali in materia.
Sono riportati di seguito i valori più significativi del materiale quali:
-
colore grigio – RAL 7037 secondo ASTM D 1482 – 57 T;
-
peso specifico compreso fra 1.30 e 1.35 dN/dmc, secondo il metodo di prova ASTM D 792
– 91;
73
durezza compresa fra 50 e 60 Shore D, secondo il metodo di prova ASTM D 4112 – 92;
-
carico di rottura superiore a 210 kg/cmq secondo il metodo ASTM D 4112 – 92;
-
allungamento a rottura superiore al 200% ed inferiore al 280%, secondo il metodo ASTM D
4112 – 92;
-
perdita in peso minore del 5% dopo 240 ore a 105°C, secondo ASTM D 2287 – 92;
-
ceneri residue minori del 2%, secondo ASTM D 2124 – 62 T;
-
resistenza all’abrasione: perdita di volume inferiore a 0.30 cmq, secondo ASTM D 1242 –
56 (75), metodo di prova A.
Le prove specifiche di invecchiamento artificiale sono:
-
nebbia salina: periodo di prova 1500 ore, metodo di prova ASTM B 117 – 90;
-
esposizione raggi UV: periodo di prova 2000 ore a 63°C, metodo di prova ASTM D 1499 –
92 e ASTM G 23 – 93;
-
esposizione alte temperature: periodo di prova 24 ore a 105°C, metodo di prova ASTM D
1203 89 in accordo con ASTM D 2287 D – 92;
-
temperatura di fragilità: Cold Bend inferiore a 30° secondo metodo di prova ASTM D 132 –
89; Cold Flex inferiore a +15°C secondo metodo di prova BS 2782 – 151 A (84).
Il materiale plastico sarà ritenuto idoneo se, dopo tali prove, rispetto alle caratteristiche iniziali
viste sopra, presenterà le variazioni di seguito elencate:
-
assenza di screpolature, spellature e bolle d’aria ed, inoltre, assenza di apprezzabili
variazioni di colore;
-
peso specifico con variazioni non superiori al 6%;
-
variazioni della durezza non superiori al 10%;
-
variazioni del carico di rottura e allungamento non superiori rispettivamente al 25%;
-
variazione abrasione non superiore al 10%;
-
temperatura di fragilità: Cold Bend non superiore a 20°; Cold – flex non superiore a +18°C;
La presenza di un filo con anima in acciaio e il particolare tipo di PVC impiegato conferiscono
una ottimale resistenza alla fiamma, contrariamente a quanto accade per altri prodotti interamente in
sintesi che si distruggono completamente in caso di incendio.
Inoltre il ricoprimento in PVC del filo metallico lo isola nei confronti della conducibilità
elettrica fornendo la sicurezza richiesta riguardante i fenomeni di corrosione provocati dalle correnti
vaganti.
La resistenza nel tempo di questo materiale è ampiamente dimostrata dalla pluridecennale
esperienza maturata da strutture in gabbioni e materassi Reno, confezionati con rete metallica a
doppia torsione zincata e plastificata, utilizzati in ambiente marino o comunque aggressivo.
74
Rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben
selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere
inalterate le sue caratteristiche nel tempo.
La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il
personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle
condizioni stradali.
I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o uguale a
0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino a 200
mm ).
I risultati ottenuti dalle prove hanno mostrato che la granulometria variabile da 0.02 mm fino a 6
mm (percentuale passante 100%) rappresenta in generale un campo di valori ottimale per il rilevato.
Sono tuttavia ammesse anche granulometrie maggiori ( fino a 200 mm ) qualora si introduca un
opportuno fattore parziale di sicurezza della rete nei confronti di possibili danneggiamenti del
rivestimento PVC.
L’impiego di materiale avente elevate percentuali di ciottolame superiore ai 100 mm (10%- 15% al
massimo ), è comunque in generale sconsigliato anche perché rischierebbe di rendere più laboriose
le operazioni di compattazione.
L’impiego di materiale granulare selezionato dalle caratteristiche sopracitate garantisce la costanza
delle proprietà di ancoraggio delle reti anche nel caso di variazioni del contenuto di umidità del
terreno.
In questa ipotesi è possibile mediamente ottenere, dopo la compattazione, valori di angolo di attrito
del rilevato strutturale di almeno 36°.
Sono comunque ammessi anche materiali non corrispondenti alla classificazione sopra riportata, in
grado comunque di garantire sufficienti caratteristiche di resistenza e durabilità degli ancoraggi.
E’ opportuno impiegare per il rilevato materiale reperibile in sito, eventualmente miscelando con
altro di diversa provenienza (sabbie, ghiaie, stabilizzanti chimici etc.).
L’elemento determinante per la valutazione della resistenza e del potere di ancoraggio della rete
resta comunque sempre l’angolo di attrito interno, per il quale si consiglia di non scendere al di
sotto di valori minimi di 28°- 30°.
Il materiale di riempimento va disposto e compattato per strati successivi non superiore a 0.25-0.30
m.
La compattazione del rilevato a ridosso del paramento si dovrà effettuare con impiego di piastre
vibranti o rulli.
Il grado di compattazione da raggiungere viene di norma indicato nelle specifiche tecniche
costruttive di capitolato.
75
Generalmente in fase progettuale si assumono compattazioni tali da determinare una densità minima
del rilevato pari a 1800 Kg/mc.
3 CALCOLI STATICI DELLA STRUTTURA IN TERRE ARMATE
In riferimento ai materiali specificati per la costruzione della struttura e, tenute a base le
teorie di Coulomb, di Rankine, i metodi di Bishop, Jambu, Sarma, viene eseguito il seguente
calcolo statico della struttura progettata.
Il calcolo prevede due tipi di analisi:
Stabilità esterna
Stabilità interna
STABILITA’ ESTERNA
La stabilità esterna viene calcolata valutando le forze esterne ( Spinta terreno, sovraccarichi
ecc. ) agenti sul blocco rinforzato.
Il calcolo prevede tre tipi di verifiche:
- Scorrimento della fondazione;
- Ribaltamento del blocco rinforzato;
- Schiacciamento della fondazione.
La spinta del terreno si assume pari alla spinta attiva e si calcola nel modo usuale:
Pa = ½ γs H Ka
Dove γs = peso specifico del terreno naturale
H = altezza virtuale del muro
Ka = coefficiente di spinta attiva e vale:
sin2 (β + γ )
Ka =
Sin2 β
x
sin ( β - ε )
[1 + √
sin ( γ + ε ) x sin (γ - ε )
sin ( β - ε ) x
sin (β+ ε )
]2
Dove
γ = angolo attrito interno terreno naturale
ε = angolo di inclinazione terreno a monte
La spinta attiva sarà inclinata dell’angolo ε rispetto all’orizzontale.
L’unica azione instabilizzante sarà data quindi dalla componente orizzontale della spinta attiva che
vale
∑ H = Pa cos ε
a tale componente va aggiunta la forma sismica.
Calcoliamo Ka
Nel nostro caso, come da Relazione Geologica, allegata.
76
ϒs = 1,80 t / m3
ε = 20°
γ
Hv = 6,00 m
= cautelativamente 16°
ϒ = 16°
β = 45°
sin2 (45° + 16° )
Ka =
Sin2 45°
x
[1 + √ sin ( 16° + 20° )
sin ( 45° - 20° )
x sin (16° -20° )
sin ( 45° - 20° ) x sin (45°+ 20° )
]2
sin2 61°
Ka =
0,50
[
sin 25
x
√ sin 36°
1+
]2
x sin - 4°
sin 15° x sin 65°
0,7649
Ka =
0,50
[
0,4226
x
Pa = ½ ϒs H2 x Ka = ½
x
1+
√ 0,587
x ( - 0,0697 )
0,2588 x sin 0,9063
1,80
x
62
x
]2
= 10,50
10,50 = 340,20 t
Questa forza, come già ricordato va moltiplicata per il cos ε e incrementata della forza sismica.
Pa
x
cos ε = 340,20
x
09396 = 319,65 t
La componente orizzontale della forza sismica si esprime secondo le norme
Fh = C
x
Ixε
x
β
x
(G + W)
S - 2
C =
100
S = coefficiente di intensità sismica = 9 ( Comune di Maratea)
I = 1
β = 1
ε = 1 coefficienti assimilabili a 1 per to
G = Peso proprio della struttura
W = sovraccarico che nel caso specifico è dato dal peso del volume di riempimento sulla serie di
teli superiori ( per sicurezza si calcolano gli ultimi due teli ).
77
9 - 2
Fh =
x
( 6
x
2,2 t ) + ( 2 x 4,00 x 1,80 t ) =
100
= 0,07 x
[
( 13,20 ) + ( 14,40 )
]
= 1,93 t
l’azione destabilizzante totale si può dunque esprimere
∑ H = Pa x cos ε + Fh = 319,65 t + 1,93 t = 321,58 t
Le azioni stabilizzanti saranno invece le seguenti
∑ V = WG + Wt + Wo + Pa x sin ε
Pa x sin ε = componente verticale spinta attiva = 340,20 t
x
sin 20
WG = peso proprio dei gabbioni = 6 mt x 2,2 t = 13,20 t
Wt = peso del terreno in sovraccarico = 2 teli x 4 mt x 1,80 t = 14,40 t
Wo = peso del rilevato strutturale = 6 file x 4,00 mt x 1,80 = 43,20 t
∑ V = (6,00 x 2,20) + (2 x 4,00 x 1,80) + (6 x 4,00 x 1,80) + (340,20 t x sin 20°) =
=
13,20 + 14,40 + 43,20 + 116,35 = 187,15 t
MOMENTO INSTABILIZZANTE
MI = (Pa x cos ε + Fh) x H/3 = (319,65 + 1,93) x 6/3 = 643,16 t x m
MOMENTO STABILIZZANTE
Ms = ½ xWg x b + Wt
[
B b
-
x
b
]+
2
= ½ x 13,20 t x 1 + 14,40
x
[
Wo
5 1
-
x
[
x
/3 ( B – b) + b
]
]+
[
2
1
43,20
x
+B x
2
Pa x sin ε =
/3 ( 6 – 1) + 1
]
+6 x
116,35 =
2
= 6,60 + 28,80 + 187,20 + 698,10 = 920,70 t x m
L’eccentricità della risultante sarà
l =
B
_____
2
- ( M s – M1 ) / ∑ V
La pressione alla base è calcolata con la formula di Meyerhof, nell’ipotesi di distribuzione uniforme
delle tensioni verticali su una base effettiva B – 2 e
ϕv =
78
∑V
___________
(B–2
l)
Nella fase di primo dimensionamento del blocco terramesh si consiglia normalmente di assegnare
come valore di primo tentativo B = 0,6 ÷ 0,8 H1 di calcolare le azioni sopra descritte, controllando i
seguenti fattori di sicurezza:
SCORRIMENTO
ηs = ∑ V tang γ / ∑ H > 1,3
RIBALTAMENTO
ηr = Ms / Mi > 1,5
SCHIACCIAMENTO DELLA FONDAZIONE
ηb =
ϕ min.
__________
> 1,5 ÷ 2
ϕ max
dove pressione ammissibile sul piano fondazione ϕ amm.
Calcoleremo la eccentricità della risultante
l =
B
_____
∑ V = Wg
l =
- ( M s – M1 ) / ∑ V
2
+
5
_____
-
Wt + Wo + Pa x sin ε = 187,15 t
( 920,70– 643,16)
2
= 2,5 – 1,482 = 1,018
187,15
La pressione alla base della struttura
ϕv =
∑V
187,15
(B -2 )
l
=
(5 – 2,036)
187,15
=
VERIFICA ALLO SCORRIMENTO
ηs =
79
∑V tang γ
__________
∑V
> 1,3
2,964
= 63,14 t/m2
( Wg + Wt + Wo + Pa x sin ε ) x tang γ
ηs =
P
a
x
=
cos ε + F
h
187,15 x tang γ
=
53,66
=
319,65 + 1,93
321,58
VERIFICA AL RIBALTAMENTO
Ms
Ms = 920,70 t x m
> 1,5
Mi
= 1,43 < 1,5
Mi = 643,16 t x m
VERIFICA SCHIACCIAMENTO DELLA FONDAZIONE
ηb =
ϕ amm.
__________
> 1,5 ÷ 2
ϕ max
∑V
ϕ max =
=
(B - 2l)
ϕ amm. = 63,22
ϕv
187,15 t
187,15
=
5 – (2 x 1,018)
= 63,22 t/mq = 6,322 kg/m2
2,96
= 1,001 < 1,5
= 63,14
ANALISI DEI RISULTATI DEL 1° DIMENSIONAMENTO
I risultati delle verifiche eseguite non sono in generale soddisfacenti.
Esse però, in favore della sicurezza, sono state eseguite immaginando la struttura di terra armata
poggiata sul terreno.
In realtà il progetto prevede una fondazione particolare proprio per elevare i fattori di sicurezza: si
tratta di un blocco profondo m. 2,00 composto da massi ciclopici calcarei o dolomitici, ciascuno
80
minimo d 1 mc. legati tra di loro con barre di acciaio affogate in fori e fissate con resine
epossidiche.
Su tale blocco profondo 2 m. e ampio 5 m. viene eseguita una piastra in cemento armato con le
armature solidarizzate con chiodature ai massi.
Tali accorgimenti influiscono nettamente sullo scorrimento che diviene quasi impossibile e sullo
schiacciamento del terreno di fondazione.
La platea in calcestruzzo può essere infatti realizzata per livelli di compressione caratteristica di 200
kg/m2.
Rimane invece da migliorare il coefficiente di sicurezza al ribaltamento che nel 1°
dimensionamento raggiunge il valore di 1,43 mentre è richiesto > 1,5.
Ciò può essere ottenuto aumentando le dimensione B e cioè la estensione dei teli sul retro dei
gabbioni.
Eseguiamo una prova aumentando B a 6 m.
MOMENTO STABILIZZANTE
Ms = ½ xWg x b + Wt
B b
[
-
x
b
]+
2
= ½ x 13,00 t x 1 + 18,00
= (24,50 x 2,50)
+
x
Wo
6 1
[
-
x
[
x
1
/3 ( B – b) + b
]
]+
[
2
54,00
x
+B x
2
Pa x sin ε =
/3 ( 6 – 1) + 1
]
+6 x
116,35 =
2
234,00 + 698,10 = 993,35 t x m
MOMENTO INSTABILIZZANTE
MI = (Pa x cos ε + Fh) x H/3 = (319,65 + 1,93) x 6/3 = 643,16 t x m
VERIFICA AL RIBALTAMENTO
ηr
Ms
=
> 1,5
=
Mi
Ms = 993,35 t x m
= 1,54 VERIFICATO
Mi = 643,16 t x m
VERIFICA STABILITA’ INTERNA
L’ analisi di stabilità interna viene condotta per stabilire la lunghezza minima e la spaziatura
verticale dei rinforzi (in questo caso dei teli di rete).
Il calcolo prevede due tipi di verifiche da effettuarsi ad ogni livello di rinforzo.
-
Resistenza dei teli alla rottura
-
Lunghezza di ancoraggio dei teli
Per quanto riguarda la valutazione della lunghezza minima da assegnare ai teli di rete si assume
l’ipotesi a favore di sicurezza, che la linea di separazione della zona attiva e reattiva sia di forma
rettilinea come indicato schematicamente in figura.
La linea di separazione zona attiva – reattiva, cioè il luogo delle massime tensioni nei rinforzi, si
assume che parte in via cautelativa dall’estremo di monte del paramento anziché di valle.
Tale ipotesi viene considerata, a favore di sicurezza, per un dimensionamento di massime, in quanto
in realtà il telo attraversa il terreno e il paramento con continuità ( come detto precedentemente ) e
81
quinti la trasmissione trasmissione degli sforzi avviene mediamente su tutta la sua lunghezza,
paramento incluso.
Il valore della tensione T agente sul rinforzo nell’n-esimo strato (figura) sarà dato dalla relazione:
Ts = ϕvm
Ka
x
x
AH
Dove Ka = coefficiente di spinta
ϕvm = pressione normale agente alla quota dell’n-esimo telo.
Per quanto riguarda il valore di Ka , nel caso di paramenti verticali o molto vicini alla verticale. (Ǿ >
84°) vale
cos ε - √ cos2 ε - cos2 γ
Ka = cos ε
x
cos ε + √ cos2 ε - cos2 γ
ε = inclinazione terreno monte
γ = angolo attrito rilevato strutturale
Nel caso di paramenti maggiormente inclinati (Ǿ < 84°) ossia con sgrodanature, il valore di Ka
vale
sin2 – (Ǿ - γ)
Ka =
sin Ǿ x (Sin Ǿ - sin γ)
dove
Ǿ = angolo inclinazione paramento
γ = angolo attrito rilevato strutturale
Una volta determinato Ts si potranno effettuare le seguenti verifiche:
RESISTENZA DEI TELI ALLA ROTTURA
ηrott. =
Cr
___________
Ts
Dove Cr rappresenta il carico di rottura e torsione della rete confinata nel terreno.
CAPACITA’ DI ANCORAGGIO DEI TELI
ηs fili = Ca x Li / Ts
dove
Ca = rappresenta il carico limite di ancoraggio, che alla quota dell’n-esimo telo vale ϕv x Lr x 0,91
Lr = la lunghezza di ancoraggio nella zona reattiva e vale B – b – x
82
Dovento calcolare
Ts =ϕvm
x
Ka
x
AH
Impartiremo il calcolo per teli la cui spaziatura è di 1,00 m., terremo conto che la conformazione del
paramento è gradinato e calcoliamo il Ka
sin2 x (Ǿ - γ)
Ka =
sin2 x (75 – 30)
=
sin Ǿ x (Sin Ǿ + sin γ)2
sin 75
x(
sin 75 + sin 30 )2
=
0,5
=
0,70 x ( 0,70 + 0,50)2
= 0,5952
ϕvm = 1,80 kg/m2 ( valore alto scelto in favore sicurezza )
Ts = 1,80 x 0,5952 x 1 = 1,07
RESISTENZA DEI TELI ALLA ROTTURA
ηrott. =
Cr
___________
Ts
Cr = a
x
t / m.
ηrott. =
___________
4
= 3,73
1,007
CAPACITA’ DI ANCORAGGIO DEI TELI
ηs fili = Ca x Li / Ts
dove
Ca = rappresenta il carico limite di ancoraggio, che alla quota dell’n-esimo telo vale ϕv x Lr x 0,91
Lr = la lunghezza di ancoraggio nella zona reattiva e vale B – b – x
ϕv = 1,80 kg/m2
Lr = 6 –1 –3 = 2 m.
Ca = ϕv x Lr x 0,91 = 1,80 x 2 x 0,91 = 3,276
ηs fili. =
Ca x Lr
________________
Ts
CALCOLI IDRAULICI
83
3,276 x 2
=
________________
1,07
= 6,1233
Consultando gli Annali Idrologici del Servizio Idrografico dello Stato Sezione di Catanzaro si può
constatare che nel periodo compreso tra il 1925 ed il 1964, alla stazione Le Fornaci che dista 18 km
dalla foce ed ha bacino di dominio Kmq 186, la portata massima registrata è di 725 mc/s misurata il
1° marzo 1935.
Essendo la portata Q = V x S dove V è la velocità e S è l’area della sezione, si può dire che
ad una velocità di 2.00 m/sec, che è verosimile durante una piena, essendo la portata massima 725
mc/sec, è sufficiente una sezione di 362.5 metri quadrati.
Ipotizzando l’altezza del battente d’acqua o altezza idrometrica pari a 3.00 m. occorre una
ampiezza disponibile della sezione pari a circa 120.83 metri.
Misurando la distanza minima tra la sponda destra e la sponda dell’isolotto essa risulta di
circa m. 45.00, a tale luce va aggiunta la distanza tra l’altra sponda dell’isolotto e la sponda sinistra
del fiume che risulta essere pari a m. 80.00 circa. e pertanto l’intera lunghezza della sezione di
deflusso può considerarsi pari a m. 125.00.
Da tali considerazioni emerge la necessità di riattivare la sezione idraulica a sinistra
dell’isolotto, operazione che è prevista in progetto.
Dopo tale riattivazione, pur trovandoci a circa 14 km di distanza dalla stazione “Le Fornaci”,
pur in presenza di piene eccezionali, l’argine progettato è in grado di sostenere le piene eccezionali
con un franco di sicurezza di altri m. 3.00.
VERIFICA ALLA SOTTOSPINTA
1) Spinta idrostatica
S=½
x
h2 x ϒa
Supponiamo che l’acqua raggiunga, in occasione di una piena eccezionale, l’altezza di m. 3,00
dall’estradosso del blocco di fondazione in C.A.
S=½
x
h2 x ϒa = ½
2
x3
10 = 45,00 KN
x
La spinta ha linea di azione orizzontale ed è applicata, dalla base del manufatto alla distanza
d = H/3 = 3/3 = m. 1,00
il diagramma delle pressioni è triangolare, con un valore massimo alla base dell’argine.
P=h
x
ϒa = 3
x
10 = 30 KN
2) Momento spingente
Ms = S
x
d = 45,00 x 1 = 45 KNm
3) Sottospinta
Ss = ½
x
m
x
h
x
ϒa
x
bo
Dove m è un coefficiente che dipende dalle caratteristiche del terreno e, per manufatti
dell’importanza dell’argine in esame assume valori mediamente variabili tra 0,50 e 1,00.
Nel nostro caso si assume m = 0,70.
Bo = alla dimensione di base del manufatto che noi assumiamo pari alla base del blocco in C.A. di
fondazione 5,00 m.
84
Ss = ½
m
x
h
x
x
ϒa
x
bo = ½
bo
ed è applicata alla distanza d5 =
0,70
x
3
x
x
10
5 = 52,50 KN/m2
x
dell’estremo O del terzo medio.
3
Le sottopressioni presentano una variazione lineare con valore nullo in corrispondenza dell’estremo
Z a valle e massimo nello spigolo a monte con valore
P = m
h
x
ϒa = 0,70
x
x
3
x
10,00 = 21,00 KN/m2
4) MOMENTO SPINGENTE DOVUTO ALLA SOTTOSPINTA
bo
Ms = S5
5,00
= 52,50
x
= 87,50 KN/m
x
3
3
5) PESO DELL’ARGINE
P1 = b
x
P2 = ½
(h+f)
S
x
x
x
1,00
(h+f)
x
ϒc = 2
ϒc = ½
x
x
6
x
3
x
x
1
x
1,8 = 21,6 KM
6 1,8 = 16,2 KN
Le relative distanze dall’estremo O del terzo medio risultano
d1 = b/2
+
S - b/3 = 1
d2 = 2/3
x
S - bo/3 = 2 - 1,666 = 0,33 m
x
3 - 1,666 = 1,33 m
6) MOMENTO RESISTENTE
Mr = P1
= 28,72
x
+
d1
+
P2
x
d2 = ( 21,60
x
1,33
+
162
x
0,33) =
5,34 = 340 KMm
Per la stabilità del muro deve risultare
Mr
Mr
(Ms +Ms5)
>
2
Coefficiente maggiorato
favore sicurezza
in
Ms
S
Mr
(Ms +Ms5)
85
=
340
= 340
( 87,50+45)
132,50
= 2,50
- Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto
idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Castelluccio Inferiore (PZ)
– Legge 226/1999 -.
DATA 26/04/2000. IMPORTO £ 2.000.000.000.
1 PREMESSA
Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono
l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267,
modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato
un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la
programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto
idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico.
Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito
gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di
dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a
maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi.
La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il
predetto piano-programma e con successiva deliberazione n°2994 in data 30/11/1999 ha proposto
alla approvazione del
Consiglio Regionale l’attuazione di una serie di interventi tra cui la
sistemazione idraulica del Torrente San Giovanni, la sistemazione idraulica del Fosso Mascolino, il
risanamento della frana che ha interessato via Amoroso, la protezione della parete rocciosa
incombente sull’abitato di Via Roma.
Infatti il torrente San Giovanni attraversa la parte settentrionale dell’abitato con pendenze
notevoli seminando rischio idraulico per le infrastrutture e per la abitazioni, il fosso Mascolino
insidia le strade comunali e le contrade limitrofe, la frana che ha interessato via Amoroso ha
interrotto il collegamento con la omonima contrada, la parete incombente su via Roma, per la sua
86
costituzione di brecce in matrice sabbiosa, va protetta per evitare pericoli di mobilitazione delle
masse.
I quattro casi citati rientrano proprio tra le cause di rischio contemplate dal Decreto Sarno e
dalla successiva legge di conversione 13/07/1999 n°226.
L’amministrazione di Castelluccio Inferiore ha segnalato le tre aree a rischio attribuendo ad
esse
priorità già nella fase di compilazione di schede preliminari al piano-programma, poi
approvato dalla Regione Basilicata.
Ha inoltre fornito un valido supporto tecnico consentendo all’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa
del Suolo di utilizzare la cartografia esistente.
2 L’AMBIENTE FISICO
L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione
Basilicata, quasi al confine con la Regione Calabria.
E’ parte integrante del Parco Nazionale del Pollino ed appartiene, dal punto di vista
idrografico, al bacino interregionale del Lao.
In particolare il territorio di Castelluccio Inferiore, il cui centro Storico sorge a circa 460
m.s.l.m., è situato nella zona bordiera occidentale del bacino del Lao che costituisce un’ampia
depressione morfologica di origine tettonica ed interrompe la continuità fisica della catena del
Pollino.
Borgo di origine medioevale, Castelluccio Inferiore appartenne come Casale a Castelluccio
Superiore da cui si è separato nel 1813.
Dominarono sul territorio i Sanseverino, i Palmieri, i Ciciniello, i Pescara di Diano.
La chiesa Madre, dedicata a S. Nicola di Bari, costruita una vecchia struttura medioevale, ha
subito gravi danni in occasione del sisma del 9/09/1998; all’interno sono conservati un coro ligneo,
una fonte battesimale ed altre opere lignee.
Il convento di S. Antonio è situato in posizione dominante rispetto all’abitato, fu costruito
probabilmente dai Padri Minori Osservanti intorno al XVII secolo.
Nella zona circostante al torrente San Giovanni sorgevano parecchi impianti azionati da
macchine idrauliche, tra cui una filanda e un mulino ad acqua del secolo scorso che ancora
conservano tutti i macchinari: le macine, le tramogge ed il buratto.
Dal punto di vista geologico, pur rimandando alle maggiori informazioni contenute nella
Relazione Geotecnica, il fiume Mercure, che solo presso Laino Borgo, in territorio calabro, assume
87
il nome di fiume Lao, suddivide il bacino ad esso ascrivibile in due parti caratterizzate da un diverso
assetto morfologico.
La parte meridionale è costituita prevalentemente da depositi clastici grossolani che formano
una ampia superficie terrazzata subpianeggiante, profondamente incisa dal torrente San Giovanni e
dagli altri affluenti.
La parte situata in destra idraulica del Fiume Mercure, che interessa direttamente il territorio
di Castelluccio Inferiore, è costituita essenzialmente da depositi lacustri argillosi e marnosi che sono
facilmente erodibili ed interessati da fenomeni franosi, è caratterizzata da forme dolci collinari
allungate in direzione N-S, separate da ampie valli svasate formate dai principali corsi d’acqua
provenienti dalla zona bordiera settentrionale.
I versanti che delimitano il bacino lacustre sono costituiti dai calcari dell’Unità Carbonatica
Alburno-Cervati-Pollino e dall’unità del Frido.
I primi si presentano fortemente acclivi con pendenze dell’ordine di 70 gradi e molto spesso
si tratta di versanti di faglia.
I corsi d’acqua che li attraversano: Torrente San Giovanni, La Fiumara del Pegno, Fosso
Mascolino hanno scavato incisioni con pareti abbastanza ripide ed alte alcune decine di metri.
Dal punto di vista naturalistico-ambientale l’area è ritenuta di grande rilievo, infatti gran
parte del territorio di Castelluccio Inferiore è incluso nella perimetrazione del Parco Nazionale Del
Pollino.
Il comprensorio possiede una notevole varietà di presenze di grande rilievo naturalistico,
paesaggistico ed antropico.
Il patrimonio botanico è importante, vario ed abbondante: comprende formazioni prative ed
a boscaglia a basse quote, e foreste d’alto fusto e boschi cedui a quelle montane.
Vi sono esemplari di abete bianco, faggio, acero di Lobelius, bellissimi agrifogli, ma
soprattutto il “ pinus leucodermis” ( Pino Loricato).
Il Pino Loricato è un relitto glaciale, di alto valore scentifico naturalistico, presente in
Europa solo sul Pollino e sui Balcani, con esemplari che raggiungono l’età di 900 anni e si rinviene
ben oltre i limiti altimetrici della vegetazione arborea, nel semicerchio della serra di Cipro, Serra
delle Ciavole, Serra Dolcedorme e monte Pollino.
La fauna annovera il capriolo italico, il gatto selvatico, il cinghiale, l’istrice, la lontra, il
picchio nero, l’aquila reale e il lupo.
3 ANALISI DELLE PROBLEMATICHE
88
In premessa si è già accennato alle localizzazioni dei quattro interventi più urgenti: sponde
del torrente San Giovanni, frana su via Amoroso, fosso Mascolino, parete su via Roma.
Il torrente San Giovanni attraversa l’abitato in corrispondenza del ponte della S.S. 19 e della
ex ferrovia Calabro Lucana, con pendenze notevoli.
A valle della nuova strada “ Pollino- Galdo”, di recente costruzione, il corso d’acqua solca
terreni del tipo flyscioide, con pendenze abbastanza elevate; il risultato dell’azione delle acque è
stato nel tempo la generazione di profonde incisioni e quindi le sponde sono alte decine di metri.
La periodica erosione subita dalle sponde ai piedi di tali parti elevate ha mobilitato
movimenti franosi che giungono ad insidiare le abitazioni.
Da un attento esame della situazione appare necessario prevedere delle opere trasversali che
compensino la pendenza di fondo e, elevando con la colmata naturale, il piede delle sponde
contrastino l’azione erosiva delle acque.
La frana verificatasi in contrada Amoroso che ha interrotto un tratto di strada comunale, si è
originata dalla mobilitazione di vecchi rilevati smossi probabilmente anche dal dilavamento delle
acque sotterranee e superficiali e, particolare non trascurabile, si trova a monte della sponda destra
del torrente San Giovanni.
E’ attualmente visibile alla base del pendio il lago di frana e alcune strutture flessibili messe
in opera dal comune per fronteggiare un primo fenomeno franoso verificatosi nell’inverno 1996.
Il ciglio della frana coincide quasi con le recinzioni di alcune civili abitazioni e pertanto è
necessario allontanare il rischio e rifunzionalizzare la strada comunale.
La parete rocciosa su via Roma è composta da ciottoli di arenarie e trovanti calcarei di
alcuni centimetri cementati in sabbie di origine detritica.
Tale formazione compone una collina che ha la base coincidente con le quote di via Roma e
quasi in modo verticale sale per circa 60 m.
In condizioni di tempo asciutto la collina appare abbastanza stabile mentre su di essa hanno
effetti deleteri gli agenti atmosferici quali soprattutto le piogge ed il vento.
Considerata l’estensione dell’abitato lungo via Roma e subito a ridosso della parete appare
necessario proteggerla dagli agenti atmosferici per scongiurare il pericolo di pericolosi cedimenti.
Il fosso Mascolino è un corso d’acqua che attraversa le contrade della parte Nord-Orientale
del territorio di Castelluccio Inferiore, incidendo i terreni di tipo flyscioide con pendenze elevate
determina instabilità del fondo e delle sponde.
89
In particolare, in corrispondenza di un attraversamento della strada comunale di
collegamento con la contrada Provenzano, ha scalzato le fondazioni del tombino briglia esistente
minacciandone il crollo.
Al fine di evitare ulteriori danni è necessario limitare la pendenza con opere trasversali.
4 INQUADRAMENTO MACROSISMICO DEL TERRITORIO
Il territorio di Castelluccio Inferiore, secondo la legislazione vigente, è inserito nella seconda
categoria sismica.
In una recente pubblicazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica relativa alla “Massima
intensità macrosismica risentita in Italia”, utilizzando i dati dei terremoti compresi dall’anno 1 al
1992, il comune di Viggianello rientra nell’intensità del VII grado della scala M. C. S.
Il terremoto che ha avuto l’area epicentrale nel comune di Viggianello è quello del 28 maggio
1894 sul quale rimane la seguente testimonianza: “Questo terremoto ha spiegato la sua massima
intensità in una zona assai circoscritta entro cui stanno i paesi di Viggianello, Rotonda, Castelluccio
Inferiore e di Episcopia, nelle quali località si ebbero varie fenditure più o meno gravi nei fabbricati.
A Viggianello, luogo più colpito, rovinarono 5 case già fatiscenti e molte altre divennero
inabitabili: questa zona (mesosimica) ha forma ellittica con l’asse maggiore (NNE-SSW) lungo
circa 17 km…..
Dal catalogo “Atlas of isoseimsmal maps of italian eartohquakes” edito dal C.N.R. si evince
che gli altri terremoti con maggiore intensità che hanno avuto l’epicentro vicino al territorio
comunale di Viggianello sono i seguenti: terremoti del 1831 e 1836 con area epicentrale nel
lagonegrese, terremoto del 1857 con epicentro in Val d’Agri e il terremoto di Bisignano (Calabria)
del 3/12/1887.
Il terremoto del 2 gennaio 1831 si verificò alle ore 3 pomeridiane, una violenta scossa di 20
secondi circa, fece lesionare tutti gli edifici di Lagonegro, dieci dei quali furono adeguati al suolo:
la Chiesa dei Cappuccini, ad un miglio dall’abitato, rovinò pur essa con parte del convento: si ebbe
a deplorare una sola vittima.
A Lauria Inferiore caddero molte case: il tetto della Chiesa Madre precipitò mentre si
officiava, causando un gran numero di feriti: anche a Lauria Superiore molti edifici furono
abbattuti, ma nessun danno risentirono le persone.
Nei giorni 8 e 9 a Trecchina altre scosse e nel giorno 13 in questa località e nella vicina
Maratea una oltremodo violenta per la quale la Chiesa Madre già, per le scosse precedenti, ridotta in
cattivo stato, ebbe a risentire gravissimi danni: in tale occasione cento case furono lesionate.
90
Quantunque questo nuovo massimo sismico si sia propagato a Lagonegro, non causò a tale
città ulteriori guasti.
Il mainshok di questa attività viene riportato nel catalogo dell’Istituto Nazionale di
Geofisica, con una intensità pari all’VIII grado della scala M.C.S. con coordinate geografiche
epicentrali: Latitudine 40.117, Longitudine 15.750, a circa 1.5 km dall’abitato di Lagonegro
(Latitudine 40.122, Longitudine 15.766).
Terremoto del 20 novembre 1836 si verificò in Lagonegro verso le ore 8 facendo rovesciare
parecchie case, lesionare tutte le altre, aprire fenditure nel suolo e causando vari franamenti.
La vicina contrada soffrì granemente: Nemoli, Rivello, Trecchina, Latronico, Castelfranco,
Carbone, Chiaromonte, Montemurro, Corieto, Tramutola in provincia di Potenza, Casalbuono e
Montesano in quella di Salerno, ebbero tutte le fabbriche lesionate al suolo e le più deboli infrante.
In Lagonegro 10 morti e 40 feriti, a Montesano 2 morti e 10 feriti.
A Lagonegro nella giornata 26 scosse ed al 2 dicembre ivi e nei dintorni nuove repliche.
L’epicentro di questo terremoto deve trovarsi nei pressi di Lagonegro: l’area rovinosa si
mostra assai ristretta e si spinge fino a Montesano: l’isosisma dei danni include le altre località testè
nominate.
Anche il catalogo dell’Istituto Nazionale di Geofisica riporta questo eventocon una intensità
pari al IX grado della scala M.C.S. con coordinate geografiche epicentrali: Latitudine 40.000,
Longitudine 15,750, a circa 14 km a sud di Lagonegro, tra Trecchina e Maratea.
Il terremoto del dicembre 1857 a Viggianello provocò:”danni ai fabbricati e nessun morto”
ed ebbe l’intensità del VII grado della scala M.C.S.
In occasione del terremoto di Bisignano (Calabria) del 3/12/1887 Viggianello rienta nella
isosisma del VI grado della scala M.C.S.
4.1 TERREMOTO DEL POLLINO
La mattina del 9 settembre 1998 ha avuto inizio in Basilicata, nell’area del Pollino, una
marcata attività sismica che si è andata poi rapidamente esaurendo nel corso dello stesso mese, ad
eccezione di qualche debole after-shock che ha tenuto in ansia la popolazione nei mesi successivi.
In particolare l’attività ha avuto inizio alle ore 08.20 con un evento di magnitudo (Md) = 3.7,
corrispondente al V grado della scala Mercalli.
Qualche ora dopo, alle 13.28 locali, si verificava l’evento più forte (main-schock) con una
Md = 4.8 ( Magitudo Locale = 5.5) corrispondente all’VIII grado della scala Mercalli.
Il Comune di Castelluccio Inferiore è risultato vicino all’epicentro, molti danni sono stati
subiti dal patrimonio edilizio esistente e dalle chiese tant’è che l’amministrazione
91
comunale ha emesso 122 Ordinanze di sgombero interessanti 73 nuclei familiari per circa
230 persone evacuate, così come la Chiesa Madre, danneggiata alla cupola ed alle navate, è
stata chiusa al culto.
L’intera attività di settembre viene riportata nella seguente tabella:
92
Data
ora
Md
I (MCS)
09/09/98
8.20
3.7
V
“
13.28
4.8
VIII
“
13.56
2.8
III
“
14.58
3.0
III
“
15.15
2.8
III
“
22.49
3.7
V
10/09/98
01.23
3.9
III
“
01.52
3.2
IV
“
02.03
2.7
II-III
“
06.13
2.5
II
“
08.28
2.5
II
11/09/98
13.09
3.2
IV
12/09/98
07.25
3.4
IV
“
21.31
2.9
III
16/09/98
00.07
2.3
strumentale
23/09/98
20.44
3.8
V
24/09/98
21.18
3.6
IV-V
25/09/98
02.44
3.5
IV-V
“
13.45
3.1
III-IV
26/09/98
05.58
3.1
III-IV
27/09/98
15.12
3.1
III-IV
“
15.15
2.5
II
“
15.16
2.5
II
28/09/98
21.19
2.9
III
5 DESCRIZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO
5.1 Torrente San Giovanni
Il torrente San Giovanni attraversa l’abitato in corrispondenza del ponte della S.S. 19 e della ex
ferrovia Calabro Lucana, con pendenze notevoli.
A valle della nuova strada “ Pollino- Galdo”, di recente costruzione, il corso d’acqua solca
terreni del tipo flyscioide, con pendenze abbastanza elevate( rilevabili dal profilo di progetto e
comprese tra il 2% e il 10%); il risultato dell’azione delle acque è stato nel tempo la generazione di
profonde incisioni e quindi le sponde sono alte decine di metri.
La periodica erosione subita dalle sponde ai piedi di tali parti elevate ha mobilitato
movimenti franosi che giungono ad insidiare le abitazioni.
Da un attento esame della situazione appare necessario prevedere delle opere trasversali che
compensino la pendenza di fondo e, elevando con la colmata naturale, il piede delle sponde
contrastino l’azione erosiva delle acque.
Il progetto prevede la realizzazione di una serie di briglie in calcestruzzo debolmente
armato, poi rivestite in pietra del tipo locale che avranno la funzione di stabilizzare il fondo alveo,
compensare la pendenza, elevare le capacità statiche delle sponde.
L’intervento è previsto a partire dalla sezione corrispondente alla frana di via Amoroso ed a risalire
per circa 400 m. del corso con il posizionamento di n°9 briglie ed una controbriglia finale.
93
Le dimensioni dei manufatti sono desumibili dall’elaborato esecutivo “ Sezioni delle
Briglie” dove sono evidenziate anche le sezioni di scavo, le fondazioni, gli sviluppi dei corpo
briglia e delle gavete.
5.2 Frana su via Amoroso
La frana verificatasi in contrada Amoroso che ha interrotto un tratto di strada comunale, si è
originata dalla mobilitazione di vecchi rilevati smossi probabilmente anche dal dilavamento delle
acque sotterranee e superficiali e, particolare non trascurabile, si trova a monte della sponda destra
del torrente San Giovanni.
E’ attualmente visibile alla base del pendio il lago di frana e alcune strutture flessibili messe
in opera dal comune per fronteggiare un primo fenomeno franoso verificatosi nell’inverno 1996.
Il ciglio della frana coincide quasi con le recinzioni di alcune civili abitazioni e pertanto è
necessario allontanare il rischio e rifunzionalizzare la strada comunale.
Il progetto prevede l’alleggerimento della frana mediante la asportazione del materiale
litoide messo in opera precedentemente, la demolizione dei gabbioni spostati dalla frana, la
individuazione del ciglio finale a valle della frana, dove il pendio dà garanzie di stabilità, la
costruzione di una prima fondazione con massi ciclopici, uno strato di regolarizzazione di
calcestruzzo, la partenza di gabbioni in configurazione di terre armate.
L’intervento si realizzerà mediante la ripetizione a distanze di circa 10 m. dell’intervento
sopra descritto sino a ricostruire un rilevato, stavolta strutturale, per riformare la sede stradale
della via Amoroso.
Si curerà che tra bancate di terre armate l’ultimo telo di rete a maglia romboidale a doppia
torsione connetta l’ultima fila a valle dei gabbioni con la prima a monte, sì da formare una
doppia tessitura per il rilevato strutturale.
Gli elaborati grafici del sito: Planimetria Stato Di Fatto, Sezioni Stato Di Fatto, Planimetria
di intervento, Sezioni di intervento chiariscono la descrizione fornendo le dimensioni dei manufatti
e le distanze reciproche.
5.3 Parete su via Roma
La parete rocciosa su via Roma è composta da ciottoli di arenarie e trovanti calcarei di
alcuni centimetri, cementati in sabbie di origine detritica.
Tale formazione compone una collina che ha la base coincidente con le quote di via Roma e
quasi in modo verticale sale per circa 40 m.
In condizioni di tempo asciutto la collina appare abbastanza stabile mentre su di essa hanno
effetti deleteri gli agenti atmosferici quali soprattutto le piogge ed il vento.
Considerata l’estensione dell’abitato lungo via Roma e subito a ridosso della parete appare
necessario proteggerla dagli agenti atmosferici per scongiurare il pericolo di dannosi cedimenti.
L’intervento di progetto consiste nella infissione di micropali a maglia quadrata con lato 4
m., il montaggio sulla testa dei micropali di golfari per il passaggio delle funi metalliche, la
apposizione di rete metallica a maglia romboidale a doppia torsione, la tesatura delle funi sopra la
rete metallica, l’idrosemina con essenze autoctone di tutta la parete.
5.4 Fosso Mascolino
Il fosso Mascolino è un corso d’acqua che attraversa le contrade della parte Nord-Orientale
del territorio di Castelluccio Inferiore, incidendo i terreni di tipo flyscioide con pendenze elevate
determina instabilità del fondo e delle sponde.
In particolare, in corrispondenza di un attraversamento della strada comunale di
collegamento con la contrada Provenzano, ha scalzato le fondazioni del tombino-briglia esistente
minacciandone il crollo.
94
Inoltre sia a valle del manufatto, sia a monte sono evidenti (anche dalle fotografie allegate)
franamenti delle sponde dovuti alla azione erosiva che le acque del fosso Mascolino svolgono al
piede.
Al fine di evitare ulteriori danni è necessario limitare la pendenza con opere trasversali.
Il progetto, infatti, prevede la costruzione di tre briglie in calcestruzzo debolmente armato,
rivestite in pietra del tipo locale, posizionate ad iniziare dalla sezione di valle del tombino-briglia
dell’attraversamento stradale e lungo un tratto del corso di circa 100 m.
Le dimensioni delle briglie sono rilevabili dall’Elaborato esecutivo Sezioni dell Briglie e dai
particolari costruttivi.
5.5 MITIGAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
Considerata anche la appartenenza delle aree di intervento alla perimetrazione del Parco
Nazionale del Pollino si è avuta particolare cura all’inserimento dei manufatti nel contesto
ambientale esistente.
Del resto tutte le opere, se pure di difesa del suolo, sono impostate con criteri di ingegneria
ambientale.
Le briglie sui corsi d’acqua sono rivestite in pietra, le fondazioni delle terre armate sono in
massi ciclopici, le parti emergenti dei gabbioni verranno ricoperte di terreno vegetale e trattate con
idrosemina, così pure l’intervento sulla parete di via Roma, pur non comportando la copertura totale
della parete, sarà mitigato con la idrosemina di essenze autoctone.
6
CALCOLI IDRAULICI
6.1 Calcolo della portata del Torrente San Giovanni
Il torrente San Giovanni ha portate apprezzabili anche durante il periodo estivo in quanto è
alimentato da una sorgente e da un bacino idrografico abbastanza ridotto; per corsi d’acqua con tali
caratteristiche si può usare, con risultati abbastanza positivi verificati più volte sulla base di lavori
eseguiti, la formula di Giandotti semplificata che è indicata proprio per piccoli bacini montani.
L’area del bacino, perimetrata sino alla sezione di impostazione della prima briglia di monte, è
di 2.26 kmq, mentre la lunghezza del corso d’acqua sino alla sezione di interesse è di 4,5 km .
6.1 Calcolo dell’area del bacino idrografico
560 x 750
-------------- = 210.000
2
560 + 630
------------- x 1150 = 684.250
2
630 + 720
------------ x 750 = 506.250
2
920 + 600
------------- = 276.000
2
750 + 730
95
------------- x 440 = 325.600
2
750 x 700
---------------- = 262.500
2
Area totale = 210.000 + 684.250 + 506.250 + 276.000 + 325.600 + 262.500 = 2.264.600mq
6.2 Calcolo della portata
0.277 f g p S
Q = ----------------------------- = mc/sec
l x T
4 S + 1,5 L
T = ----------------------------0.8
y
p = altezza di precipitazione nel tempo T in mm;
S = estensione del bacino in chilometri quadrati kmq;
L = lunghezza della valle in chilometri km;
y = Pendenza dei versanti espressa come differenza tra l’altezza media del bacino e l’altezza della
sezione di riferimento in metri m.;
f = coefficiente di riduzione delle precipitazioni = 0,4;
l = rapporto tra la durata di piena e tempo di corrivazione = 4;
g = rapporto tra portata massima e portata media di piena = 10;
T tempo di corrivazione in ore;
nel caso in esame S = 7 Kmq,
y = 860 m.s. l. m. – 492 m. s. l. m. = 368 m., L = 3.25 km.
4 S + 1.5 x L
4 x 2.26 + 1.5 x 4.5
T = ---------------------------- = ------------------------------- = 1.45 ore
0.8
y
0.8 120
0.277 x f x g x p x S
0.277 x 0.4 x 10 x 40 x 2.26
Q = ---------------------------- = --------------------------------- = 17.26 mc/sec.
l x T
4 x 1.45
96
Considerato che il tempo T di corrivazione calcolato risulta di 1 ora al valore di p, altezza delle
precipitazioni in millimetri nel tempo T, si attribuisce l’altezza di 40 mm desunta dagli annali
dell’Istituto Idrografico di Catanzaro riferiti al bacino del Lao.
6.3 Calcolo della savanella della briglia
Q = portata massima mc/sec;
H (m) = carico totale sulla soglia;
h (m) = profondità massima della savanella sulla soglia;
L° (m) = lunghezza massima della savanella;
L (m) = larghezza dell’alveo all’altezza della soglia;
Q
2/3
20
2/3
0.7 ( ------ )
0.7 ( -------------- )
L°
10
H = --------------------------------- = ----------------------------------------- = 1.62 m.
0.56
1 - ------L°
Q
2/3
( --------)
L°
0.56
20
2/3
1 - -------- (-------------)
10
10
- Recupero Statico e Rinaturazione del pendio sul fosso Varcaturo nel Comune di Calvello
(PZ) – D.L. 180/98 convertito con modifiche nella Legge 267/98.
DATA 7.11.2002.
IMPORTO € 516.456,90.
1 PREMESSA
Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che
colpirono l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998
n°267, modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha
avviato un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale
nonché la programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto
idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico.
97
Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito
gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di
dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a
maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi.
La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il
piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo
idrogeologico che, per quanto riguarda il Comune di Calvello, indica come zona a rischio le aree a
monte del Vallone Varcaturo.
Tali aree erano realmente esposte a gravi pericoli di dissesto infatti nel gennaio del 2001si è
verificato un fenomeno franoso che ha interessato il pendio sovrastante il Vallone Varcaturo
mediante la mobilitazione di notevoli masse di terreno contenenti anche massi di grandi dimensioni
che sono rotolati a valle sino al ripiano di base dove si corre una strada comunale.
Lo svuotamento della parete, peraltro molto acclive, ed il rotolamento dei massi hanno
interessato anche le abitazioni poste sul ciglio del centro abitato e sono da temere effetti diffusi
anche sull’intero versante su cui sorgono numerose altre abitazioni.
Nella fase di studio precedente alla redazione del presente progetto esecutivo l’Ufficio
Difesa del Suolo e l’Ufficio Geologico ed Attività Estrattive ha eseguito numerosi sopralluoghi,
anche congiuntamente ai tecnici del Comune di Calvello, cercando di identificare in modo più
approfondito le problematiche connesse al dissesto e le possibili tipologie di intervento da mettere
in atto al fine di restituire stabilità all’abitato di Calvello.
2 CENNI SULLA NATURA GEOLOGICA DEL SITO
Le informazioni sulla natura geologica sono tratte dalla Relazione Geologica allegata al
progetto nonchè dalla bibliografia disponibile.
-
Relazione Geologica redatta per il P.R.G. del Comune di Calvello – L.Genovese 1989;
-
Indagini sulle condizionigeologichedi stabilitàdell’abitato di Calvello – F. Romaniello, F.
Pesce, G. Salvati 1982;
-
Analisi Geologico Tecniche e del grado di danneggiamento per la zonazione sismica di 16
comuni colpiti dal terremoto del 23.11.1980 ai sensi della L. 219/81 – A. Carsanego, F.
Ciuffi, G. Rigetti, N. Vignola.
98
Inoltre, per quanto riguarda la geologia locale dell’area dissestata è stato eseguito il rilievo
geomorfologico con piano quotato, sezioni del pendio, profili della frana, osservazioni dei terreni
denudati e dei massi rotolati a valle.
L’abitato di Calvello è ubicato nella parte alta del bacino di formazione del torrente Calastra,
importante affluente in destra idraulica del fiume Basento.
L’area del dissesto in esame si trova lungo il versante nord orientale del rilievo su cui sorge
il nucleo antico dell’abitato.
Dal punto di vista geologico la successione stratigrafica desunta dagli studi citati evidenzia
dal basso verso l’alto presenza delle seguenti formazioni: Alluvioni, alternanza arenacea – marnoso
– argillosa, alternanza calcareo marnoso – argilloso, alternanza di argille, marne, argilliti, calcari
marnosi.
Rinviando alla Relazione Geologica allegata al progetto la descrizione generale e la
descrizione delle formazioni distanti si pone qui l’attenzione sulle formazioni costituenti il pendio
su cui si è verificata la frana.
L’ossatura del rilievo su cui sorge il centro antico di Calvello è costituita da alternanza di
formazioni arenacee – marnose – argillose.
La parte basale è costituita, per uno spessore di 15 – 20 m., da strati di arenarie micacee, con
grana media e fine, di colore marrone scuro, con rare e sottili intercalazioni di marne calcaree grige
e argille sabbiose laminate.
Più in alto si rinvengono bancate di arenarie quarzose, a grana media e grossolana di colore
grigio con incluse lenti di micro e macro conglomerati poligenici.
Nel suo complesso, lo spessore dell’intera successione, ascrivibile al membro arenaceo della
“Formazione di Corleto Perticara”, sembra aggirarsi intorno ai 70 m.
La presenza di queste rocce arenacee incide localmente sulla morfologia localmente sulla
morfologia del territorio infatti gli affioramenti danno forma ad una stretta dorsale allungata in
direzione N – NO, S –SE e quindi a due tipici rilievi conici con versanti acclivi sui fianchi orientali.
Alla sommità del versante nord orientale della dorsale di Calvello sono evidenti rapide
balze; il sottostante declivio è disseminato da abbondante detrito e da blocchi arenaci di varia
dimensione.
Si tratta di cigli di distacco di frane da crollo con rotolio di frammenti lapidei lungo il
pendio; queste frane sono provocate dalla instabilità della formazione arenacea nei tratti in cui la
fratturazione della roccia è più intensa o dove la sottostante formazione, più erodibile, viene
degradata creando così le condizioni per uno scalzamento alla base degli strati arenaci.
E’ proprio quest’ultimo il caso verificatosi recentemente sulla parete sovrastante il Vallone
Varcaturo ed oggetto dell’intervento proposto.
99
Sotto l’aspetto geoidrologico, la formazione arenacea, pur se poco permeabile per porosità,
presenta, tuttavia, nel suo complesso una percolazione in grande, a causa delle numerose fratture
che tagliano gli strati ed i banchi rocciosi.
Le acque che penetrano nel sottosuolo danno origine ad una falda che si localizza in
corrispondenza della superficie di contatto con i sottostanti depositi argilloso – marnosi, poco
permeabili.
3 DESCRIZIONE DEL DISSESTO IN PARETE SUL VALLONE VARCATURO
Il dissesto verificatosi nel gennaio 2001 sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ha le
caratteristiche tipiche dei fenomeni descritti alla fine del paragrafo precedente.
Infatti, su un fronte apprezzabile in circa 45 m. e per uno sviluppo in altezza di circa 24 m.,
dopo un periodo di precipitazioni intense, le acque meteoriche sono penetrate nella parte fratturata
delle rocce più superficiali andando a lubrificare le superfici di contatto con il substrato meno
permeabile costituito da maggiore componente argillosa.
I coefficienti di attrito tra parti differenti delle formazioni hanno subito un sensibile
decremento e si sono mobilitate le masse superficiali sino a coinvolgere anche i massi conteunuti
nei primi strati.
Lo svuotamento della parete, che ha coinvolto anche le fondazioni di un fabbricato, è
apprezzabile in massa in circa 1.550 metri cubici.
Sul lato destro osservando la parete da valle, ad una altezza di circa 7,00 m. dall’estradosso
del canale di convogliamento delle acque del Vallone Varcaturo, si osserva una scaturigine di acqua
che, per la posizione che occupa, non può essere individuata come la causa del dissesto, ma indica
la esistenza di acque sotterranee che hanno percorsi occulti all’interno del rilievo su cui sorge
l’antico abitato di Calvello.
4 CRITERI PROGETTUALI E SCELTE TECNICHE
Il dissesto, così come descritto, si presenta come una ferita in fregio al pendio, le case di
questa parte del centro antico di Calvello appaiono librate nell’aria.
L’idea informatrice del progetto delle opere è quella di risarcire il versante restituendo ad
esso condizioni di stabilità e ricercando un effetto di rinaturazione del pendio.
100
A tal fine è subito apparso necessario rimodellare il pendio secondo la sua originaria
conformazione e per far fronte a questo vuoto materico che la frana ha determinato si è pensato di
ricorrere ad una tecnologia atta a ricostruire le parti di territorio perdute.
In tal senso si è fatto riferimento a situazioni simili risolte con progettazioni ed esecuzioni
dei lavori seguite direttamente dagli stessi progettisti a Terranova di Pollino in località Casa del
Conte e lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3 + 300 della Strada Statale 585.
Tali interventi hanno dato risultati molto positivi anche in relazione al tempo trascorso dalla
ultimazione dei lavori.
Si è pensato innanzitutto di ripulire i profili del pendio, determinatisi successivamente alla
frana del gennaio 2001, dai detriti del crollo e di conferire ad essi una conformazione appena più
regolare, badando a non sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni.
Successivamente si costruirà una trave in cemento armato di fondazione lungo il canale
artificiale realizzato antecedentemente mediante struttura scatolare.
Dal piano definito dall’estradosso della trave di fondazione inizierà la disposizione dei teli di
terre armate tipo verde, il loro montaggio secondo la angolazione di 70° che ricalcherà
l’angolazione originaria del pendio.
Sui teli disposti e montati nella conformazione preordinata verrà steso per strati il
riempimento con materiale arido commisto nella prevista percentuale al terreno vegetale per
costruire un rilevato strutturale.
Gli strati di materiale arido commisto al terreno vegetale saranno rullati in mododa ottenere
la necessaria compattazione del rilevato strutturale.
All’interno del materiale costituente gli strati saranno disposti semi di essenze autoctone in
modo da avere un rapido inerbimento delle superfici a vista.
Gli strati sono stati progettati e calcolati strutturalmente per bancate alte ciascuna 58 cm.; in
favore della sicurezza operativamente si potranno mettere in opera strati di 50 cm.
Il pendio ricostruito presenterà dei ripiani ampi 3,00 m. che occorrono sia per seguire in
modo più degradante, meno impattante il pendio originario, sia per creare dei sentieri pedonali.
Naturalmente gli elaborati grafici illustrano in dettaglio la progettazione dell’opera.
5 SEQUENZA TEMPORALE DELLE FASI LAVORATIVE
-
Pulitura e risagomatura dei i profili del pendio, determinatisi successivamente alla frana del
gennaio 2001, dai detriti del crollo e conformazione appena più regolare, badando a non
sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni.
101
-
Scavo a sezione aperta per l’impostazione della trave di fondazione.
-
Scavo a sezione ristretta per l’impostazione della trave di fondazione.
-
Esecuzione della trave di fondazione;
-
Impostazione prima bancata delle terre armate verdi mediante stendimento del telo sulla
superficie piana di calcolo; il singolo elemento confezionato in stabilimento ha una piega
utile per la messa in opera, compreso delle barrette di rinforzo, geosintetico, pannello di rete
di rinforzo e staffe triangolari;
-
Posizionamento dell’elemento e apertura lungo la barretta di rinforzo inferiore;
-
Apertura a rotazione delle staffe triangolari e fissaggio delle stesse al telo di base;
-
Riempimento con terreno fino al livello tale da conformare una bancata da 50 – 58 cm.;
-
Piegatura della parte terminale lungo l’ultima barretta di rinforzo;
-
Posizionamento dell’elemento successivo e legatura al precedente con punti metallici in
acciaio inox.
6 SPECIFICHE DEI MATERIALI
I principali requisiti che i materiali impiegati per costruire una struttura in terra rinforzata
devono possedere sono:
Particolari garanzie nei confronti della protezione contro la corrosione dovuta a:
-
aggressività dei suoli e/o delle acque;
-
fenomeni di correnti vaganti,
-
agenti atmosferici;
Sicurezza contro i danneggiamenti provocati da:
-
azioni di animali o comunque dolose;
-
incendi;
Capacità di resistenza delle armature di rinforzo e del paramento esterno.
RELAZIONE GEOTECNICA
2 CENNI SULLA NATURA GEOLOGICA DEL SITO
102
Le informazioni sulla natura geologica sono tratte dalla Relazione Geologica allegata al
progetto nonchè dalla bibliografia disponibile.
-
Relazione Geologica redatta per il P.R.G. del Comune di Calvello – L.Genovese 1989;
-
Indagini sulle condizionigeologichedi stabilitàdell’abitato di Calvello – F. Romaniello, F.
Pesce, G. Salvati 1982;
-
Analisi Geologico Tecniche e del grado di danneggiamento per la zonazione sismica di 16
comuni colpiti dal terremoto del 23.11.1980 ai sensi della L. 219/81 – A. Carsanego, F.
Ciuffi, G. Rigetti, N. Vignola.
Inoltre, per quanto riguarda la geologia locale dell’area dissestata è stato eseguito il rilievo
geomorfologico con piano quotato, sezioni del pendio, profili della frana, osservazioni dei terreni
denudati e dei massi rotolati a valle.
L’abitato di Calvello è ubicato nella parte alta del bacino di formazione del torrente Calastra,
importante affluente in destra idraulica del fiume Basento.
L’area del dissesto in esame si trova lungo il versante nord orientale del rilievo su cui sorge
il nucleo antico dell’abitato.
Dal punto di vista geologico la successione stratigrafica desunta dagli studi citati evidenzia
dal basso verso l’alto presenza delle seguenti formazioni: Alluvioni, alternanza arenacea – marnoso
– argillosa, alternanza calcareo marnoso – argilloso, alternanza di argille, marne, argilliti, calcari
marnosi.
Rinviando alla Relazione Geologica allegata al progetto la descrizione generale e la
descrizione delle formazioni distanti si pone qui l’attenzione sulle formazioni costituenti il pendio
su cui si è verificata la frana.
L’ossatura del rilievo su cui sorge il centro antico di Calvello è costituita da alternanza di
formazioni arenacee – marnose – argillose.
La parte basale è costituita, per uno spessore di 15 – 20 m., da strati di arenarie micacee, con
grana media e fine, di colore marrone scuro, con rare e sottili intercalazioni di marne calcaree grige
e argille sabbiose laminate.
Più in alto si rinvengono bancate di arenarie quarzose, a grana media e grossolana di colore
grigio con incluse lenti di micro e macro conglomerati poligenici.
Nel suo complesso, lo spessore dell’intera successione, ascrivibile al membro arenaceo della
“Formazione di Corleto Perticara”, sembra aggirarsi intorno ai 70 m.
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La presenza di queste rocce arenacee incide localmente sulla morfologia localmente sulla
morfologia del territorio infatti gli affioramenti danno forma ad una stretta dorsale allungata in
direzione N – NO, S –SE e quindi a due tipici rilievi conici con versanti acclivi sui fianchi orientali.
Alla sommità del versante nord orientale della dorsale di Calvello sono evidenti rapide
balze; il sottostante declivio è disseminato da abbondante detrito e da blocchi arenaci di varia
dimensione.
Si tratta di cigli di distacco di frane da crollo con rotolio di frammenti lapidei lungo il
pendio; queste frane sono provocate dalla instabilità della formazione arenacea nei tratti in cui la
fratturazione della roccia è più intensa o dove la sottostante formazione, più erodibile, viene
degradata creando così le condizioni per uno scalzamento alla base degli strati arenaci.
E’ proprio quest’ultimo il caso verificatosi recentemente sulla parete sovrastante il Vallone
Varcaturo ed oggetto dell’intervento proposto.
Sotto l’aspetto geoidrologico, la formazione arenacea, pur se poco permeabile per porosità,
presenta, tuttavia, nel suo complesso una percolazione in grande, a causa delle numerose fratture
che tagliano gli strati ed i banchi rocciosi.
Le acque che penetrano nel sottosuolo danno origine ad una falda che si localizza in
corrispondenza della superficie di contatto con i sottostanti depositi argilloso – marnosi, poco
permeabili.
3 DESCRIZIONE DEL DISSESTO IN PARETE SUL VALLONE VARCATURO
Il dissesto verificatosi nel gennaio 2001 sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ha le
caratteristiche tipiche dei fenomeni descritti alla fine del paragrafo precedente.
Infatti, su un fronte apprezzabile in circa 45 m. e per uno sviluppo in altezza di circa 24 m.,
dopo un periodo di precipitazioni intense, le acque meteoriche sono penetrate nella parte fratturata
delle rocce più superficiali andando a lubrificare le superfici di contatto con il substrato meno
permeabile costituito da maggiore componente argillosa.
I coefficienti di attrito tra parti differenti delle formazioni hanno subito un sensibile
decremento e si sono mobilitate le masse superficiali sino a coinvolgere anche i massi conteunuti
nei primi strati.
Lo svuotamento della parete, che ha coinvolto anche le fondazioni di un fabbricato, è
apprezzabile in massa in circa 1.550 metri cubici.
Sul lato destro osservando la parete da valle, ad una altezza di circa 7,00 m. dall’estradosso
del canale di convogliamento delle acque del Vallone Varcaturo, si osserva una scaturigine di acqua
che, per la posizione che occupa, non può essere individuata come la causa del dissesto, ma indica
104
la esistenza di acque sotterranee che hanno percorsi occulti all’interno del rilievo su cui sorge
l’antico abitato di Calvello.
4 CRITERI PROGETTUALI E SCELTE TECNICHE
Il dissesto, così come descritto, si presenta come una ferita in fregio al pendio, le case di
questa parte del centro antico di Calvello appaiono librate nell’aria.
L’idea informatrice del progetto delle opere è quella di risarcire il versante restituendo ad
esso condizioni di stabilità e ricercando un effetto di rinaturazione del pendio.
A tal fine è subito apparso necessario rimodellare il pendio secondo la sua originaria
conformazione e per far fronte a questo vuoto materico che la frana ha determinato si è pensato di
ricorrere ad una tecnologia atta a ricostruire le parti di territorio perdute.
In tal senso si è fatto riferimento a situazioni simili risolte con progettazioni ed esecuzioni
dei lavori seguite direttamente dagli stessi progettisti a Terranova di Pollino in località Casa del
Conte e lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3 + 300 della Strada Statale 585.
Tali interventi hanno dato risultati molto positivi anche in relazione al tempo trascorso dalla
ultimazione dei lavori.
Si è pensato innanzitutto di ripulire i profili del pendio, determinatisi successivamente alla
frana del gennaio 2001, dai detriti del crollo e di conferire ad essi una conformazione appena più
regolare, badando a non sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni.
Successivamente si costruirà una trave in cemento armato di fondazione lungo il canale
artificiale realizzato antecedentemente mediante struttura scatolare.
Dal piano definito dall’estradosso della trave di fondazione inizierà la disposizione dei teli di
terre armate tipo verde, il loro montaggio secondo la angolazione di 70° che ricalcherà
l’angolazione originaria del pendio.
Sui teli disposti e montati nella conformazione preordinata verrà steso per strati il
riempimento con materiale arido commisto nella prevista percentuale al terreno vegetale per
costruire un rilevato strutturale.
Gli strati di materiale arido commisto al terreno vegetale saranno rullati in mododa ottenere
la necessaria compattazione del rilevato strutturale.
All’interno del materiale costituente gli strati saranno disposti semi di essenze autoctone in
modo da avere un rapido inerbimento delle superfici a vista.
Gli strati sono stati progettati e calcolati strutturalmente per bancate alte ciascuna 58 cm.; in
favore della sicurezza operativamente si potranno mettere in opera strati di 50 cm.
105
Il pendio ricostruito presenterà dei ripiani ampi 3,00 m. che occorrono sia per seguire in
modo più degradante, meno impattante il pendio originario, sia per creare dei sentieri pedonali.
Naturalmente gli elaborati grafici illustrano in dettaglio la progettazione dell’opera.
I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti:
Argilliti non alterate
Peso specifico in grani
Argilliti alterate
2.8
Peso di volume
22,6 kN/mc
20,6 kN/mc
Peso di volume del secco
20 kN/mc
17,65/mc
Contenuto naturale d’acqua
12%
25%
Limite di liquidità
37%
44%
Indice di plasticità
18%
25%
Grado di saturazione
0,87
0,95
Frazione argillosa ( 0.002 )
27%
35%
Attività colloidale
0,66
0,71
Cr = 0
Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq
Tr = 16°
106
Resistenza residua drenata
- D.L. 180/98 – Redazione del Progetto Preliminare dei lavori di consolidamento del
costone a valle di Vico del Sole nel Comune di Gallicchio.
DATA 08/01/2002. IMPORTO £ 1.000.000.000.
1. PREMESSA
Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono
l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267,
modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato
un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la
programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto
idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico.
Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito
gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di
dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a
maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi.
La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il
piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo
idrogeologico che per quanto riguarda il Comune di Gallicchio indica come zona a rischio l’area a
valle di Vico del Sole.
2. INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA
Storicamente tale area, in quanto soggetta periodicamente a dissesti, è stata all’attenzione
della Regione Basilicata, infatti su di essa sono stati già eseguiti numerosi interventi di
consolidamento.
Nel mese di marzo dell’anno 1998 dal costone conglomeratico sottostante Vico del Sole si
staccò un blocco di terreno del volume stimabile in 15.000 metri cubici, che dopo un movimento di
alcuni metri, si adagiò contro le travature del viadotto di raccordo tra il centro abitato e la Strada
Provinciale per la Val D’Agri.
107
Il movimento della massa in frana, ormai destrutturata e visibilmente intrisa d’acqua,
proseguiva irregolarmente per lungo tempo nelle varie zolle in cui la frana stessa si era scomposta,
senza peraltro sollecitare in termini dannosi il viadotto.
Quest’ultimo, infatti, per essere adeguato alla morfologia del sito, con pronunciata curvatura
planimetrica, era stato dotato di campi di travature molto corti e le stesse pile hanno sezione
rettangolare con ampiezza pari alla larghezza del viadotto, fondate su pali.
In tal modo, le pile hanno offerto alla spinta laterale subita la massima resistenza
disponibile, parzialmente svolta anche dal materiale depositatosi sulla sede stradale, cioè sugli
impalcati del viadotto.
La necessità di assicurare all’abitato sovrastante condizioni di sicurezza e di ripristinare la
funzionalità del viadotto interrotto dalla frana hanno indotto l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del
Suolo della Regione Basilicata a programmare una campagna di indagini geognostiche miranti a
definire i limiti geometrici della frana, le condizioni stratigrafiche, idrogeologiche e geotecniche
della stessa, onde pervenire alla individuazione delle cause e, conseguentemente, definire gli
interventi di consolidamento necessari.
I risultati di tali indagini sono naturalmente disponibili presso l’Ufficio Difesa del Suolo e
sono state utilmente utilizzate per la impostazione del presente progetto esecutivo.
Dopo delle indagini furono eseguite le opere di consolidamento consistenti in paratie di pali
intirantate, con muri di testata emergenti rivestiti in pietra, i campi di pendio intermedi a quelli
“bloccati” dalle paratie sono stati risagomati in scarpate e rinaturati con impianto di nuova
vegetazione offrendo un positivo effetto per la percezione visiva.
3. LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI
L’abitato di Gallicchio risulta impostato su una cresta con sommità superiore a 700 m.s.l.m.
delimitata da due incisioni, pressoché parallele e tributarie del fiume Agri, la più importante delle
quali è il fosso Cornicello.
La dorsale è interamente modellata entro i conglomerati e sabbie del ciclo dell’Agri, del
pliocene superiore, pleistocene inferiore ( Carta geologica del bacino di Sant’Arcangelo, Pieri e A.,
1994).
Si tratta di depositi di ambiente deltizio, costituiti da ampie bancate di conglomerati in
matrice sabbioso limosa, da poco a molto cementati, ospitanti bancate decimetriche e metriche di
sabbie limose, anch’esse variamente cementate, e di vere e proprie argille limoso sabbiose.
108
I termini conglomeratici, prevalenti su quelli sabbiosi e sabbioso limoso argillosi, hanno con
questi ultimi rapporto di eteropia laterale.
La cementazione consente a tutti i litotipi granulometricamente incoerenti di assumere
profili topografici anche subverticali; la fessurazione ed i susseguenti crolli di tali pareti conduce
quindi all’accumulo al piede di ampie fasce di detriti, nei quali si mescolano tutte le componenti
granulometriche presenti .
Pertanto il detrito risulta costituito da ciottoli poligenici in matrice sabbioso limosa.
I fossi laterali alla cresta e le stesse pareti alla base dell’abitato, ad esempio sotto Vico del
Sole, indicano con molta chiarezza la presenza di superfici subverticali di discontinuità
dell’ammasso, identificabili con superfici di rottura sotto condizioni di stress tettonici.
L’ammasso conglomeratici, nella porzione più vicina all’area del dissesto, ha assetto
strutturale monoclinatico con stratificazione inclinata verso valle, trasversalmente alla direzione di
massima pendenza.
La mobilitazione della frana non è avvenuta lungo tali piani di stratificazione, ma è
delimitata a monte da una frana subverticale a decorso NE – SW, ancora ben visibile, che si
raccorda a una superficie di neoformazione.
3.1 STRATIGRAFIA DI DETTAGLIO
Le stratigrafie dei 10 sondaggi geognostici eseguiti nell’immediato contorno della frana
hanno tutti presentato alternanze di conglomerati poligenici in matrice sabbiosa fine, contenenti nidi
sabbiosi, di sabbie limose e limi sabbiosi, di argille limose grigiastre, sotto copertura variabile da 1
a circa 8 metri di terreno vegetale impiantatosi sopra detriti di formazione.
Le inclusioni stratiformi, come ben visibile dalla parete conglomeratici esposta al di sopra
del tratto iniziale del viadotto, non hanno estensione indefinita nella direzione di strato, ma
dell’ordine di qualche metro, per continue anastomizzazioni.
Le stratigrafie sono riportate in allegato.
Nel sondaggio S4 alla profondità di 13,50 m. è stato rinvenuto un livello di terreno
umidificato con resti vegetali, segnalando in tal modo l’origine franosa del blocco su cui è stato
terebrato.
Detto blocco è peraltro in destra della frana attuale, che potrebbe pertanto configurarsi come
estensione di un precedente fenomeno di instabilità, innescato da una frattura tettonica subverticale,
tuttora ben visibile.
Le alternanze di terreni grossolani e di terreni fini sono ben confermati dai logs della
radioattività naturale, nei quali i livelli sabbiose conglomeratici sono quelli a bassa radioattività,
109
mentre nelle argille limose il massimo di emissione radioattiva naturale raggiunge e supera i 4000
cpm.
Le intercalazioni argilloso limose entro l’ammasso sabbioso hanno importanza fondamentale
nella definizione dello stile idrogeologico del sito, le modificazioni del livello di cementazione ed i
seguenti fenomeni di instabilità.
3.2 ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE
L’assetto strutturale dell’ammasso conglomeratici stratificato fa si che le acque di
infiltrazione entro i conglomerati e sabbie, sufficientemente permeabili, si accumulino nei livelli
confinati inferiormente dai limi e argille e si muovano nel verso definito dall’immersione degli
strati.
La non continuità di tutti i livelli, compresi dunque quelli fini, porta alla migrazione delle
acque raccolte verso i livelli più profondi.
E’ dunque pensabile che nelle situazioni di sostegno inferiore per la presenza di letti
impermeabili si generino acquiferi sovrapposti, caricati con deboli falde idriche di spessore di pochi
centimetri o decimetri.
Per questo motivo, le perforazioni di sondaggio, che hanno perforato le sequenze naturali,
hanno raccolto acqua soltanto a fondo foro o a quote maggiori, ove la potenzialità dell’0acquifero
ne ha consentito il riempimento.
A conferma della parziale saturazione dei livelli argillosi – limosi, in occasione di recenti
visite nel mese di novembre 2001, detti strati, ove affioranti, mostravano irregolari chiazze scure,
corrispondenti alle zone saturate per risalita capillare.
3.3 DATI GEOTECNICI
Le informazioni disponibili riguardano n.5 campioni indisturbati, prelevati nel 1999 nella fase di
indagini citate, sui quali sono state eseguite analisi di classificazione.
I cinque campioni prelevati a varie quote da 15 m. a 40 m. dal piano campagna nei sondaggi
n.1, 2, 3, 5, e 8 sono costituiti da sabbie e limi con frazione argillosa in percentuale variabile tra il
20 e 25%.
Il peso specifico del secco è elevato: tra 1,78 e 1,89 g/cmc.
Trattandosi di strati comunque di modesto spessore e confinati da livelli drenanti, nonché
sottoposti a carichi notevoli di seppellimento, i valori sopra riportati sembrano congrui.
110
Il limite liquido della frazione fina è intorno al 30% e solo nel sondaggio 8 si avvicina al
35% mentre per la resistenza del materiale i può desumere dalle caratteristiche precedentemente
riportate che la compressione massima può essere assunta intorno a 1.8 – 2.00 kg/cmq.
4. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DA REALIZZARE
L’attento esame delle indagini geologiche disponibili e della relazione geologica
redatta
dall’Ufficio Geologico Regionale hanno consentito di scegliere le tipologie di intervento che sono
essenzialmente di completamento e di contributo sinergico agli interventi già realizzati.
In tale ottica si è pensato di completare anche un vecchio intervento consistente nella
realizzazione di un graticcio di travi intirantate a consolidamento della stessa parete sul versante
settentrionale, che ha dato ottimi risultati statici, ma che dal punto della percezione visiva risulta
molto impattante.
Anche le osservazioni in situ sono state importanti per notare come il versante occidentale
della rupe sottostante al Vico del Sole abbia ormai alcuni punti deboli nei confronti delle azioni di
dissesto e di erosione nelle parti comprese tra gli interventi realizzati.
In particolare tra le gradonate e le scarpate risagomate che risultano stabilizzate dagli ultimi
interventi e l’area adiacente, anch’essa contenuta da un muro di sostegno meno recente, il pendio
risulta sguarnito di opere di contenimento.
Tale situazione, vale a dire parte del pendio consolidata a destra del viadotto; spazio non
consolidato e altra parte del pendio protetta da un muro di sostegno, fa sì che le tensioni interstiziali
della porzione non trattata siano naturalmente più elevate.
La parte non trattata potrebbe subire dalle parti circostanti la veicolazione delle acque
superficiali e di piccola profondità e subire come effetto la mobilitazione verso valle degli strati
lubrificati e non consolidati.
Un semplice manufatto che congiunga staticamente le opere già realizzate creando una
sinergia delle azioni di consolidamento, che abbia caratteristiche filtranti, di minimo impatto
ambientale e che abbia anche una resistenza per forma appare una soluzione che offre notevoli
garanzie.
Ciò può realizzarsi mediante una paratia di pali in c.a. del diametro da 80 cm ad interassi di
m. 1,20, della profondità di 18 m., conformata ad arco, completata da un cordolo di testata su cui
erigere un muro parafrana di altezza variabile a seconda dell’andamento del pendio e comunque
compresa tra i 2.00 e 4.00 m. rivestito in pietra di Gorgoglione sulle parti emergenti.
111
Tale manufatto si completa con la esecuzione di micropali attivi ( tiranti ) della lunghezza di
20,00 m., armati mediante trefoli in acciaio con sigma f a di 2.600 kg/cmq, tensione di snervamento
4.400 kg/cmq, malta con resistenza caratteristica Rbk 250 kg/cmq.
Il secondo intervento consiste nel trattamento di una porzione di parete sovrastante il
graticcio di travi in c.a. esistente in quanto essa é dènudata di vegetazione, ad andamento quasi
verticale ed espone all’erosione le sabbie e i limi di cui è composta la collina.
Al fine di risolvere gli inconvenienti di instabilità illustrati si è progettato un cordolo in c.a.
con funzione di cintura di contenimento nella parte sommitale della parete e al limite del contorno
abitato.
Tale cordolo viene fissato al pendio mediante micropali di lunghezza pari a 4 m. realizzati
con perforazioni ad andamento inclinato secondo le indicazioni contenute nei particolari costruttivi,
infissione di due barre d’acciaio ad aderenza migliorata del diametro 20 mm per ciascun micropalo,
iniezioni di cemento a pressione.
La parete viene protetta con apposita rete paretale costituita da.
-
elementi di ancoraggio a sostegno superiore con interasse compreso tra 3 – 4 m, in fune di
acciaio spiroidale a forte galvanizzazione, avente carico a rottura non inferiore a 160 kg/mmq ;
-
cavi funicolari di diametro mm 16 di sostegno sommitale e tesatura basale e laterale della rete,
con resistenza a rottura non inferiore a 14 t.
-
funi di diametro 12 mm. di armatura obliqua formanti una maglia romboidale di circa 16 mq,
agganciate ai tiranti in sommità e in base;
-
ancoraggio in roccia dei tiranti in funi con carico a rottura di 150 KN.
L’opera esistente di consolidamento sulla parete settentrionale, come si è detto ha già svolto
una positiva funzione statica; tuttavia essa fu realizzata in anni in cui l’attenzione per gli aspetti
percettivi e per l’impatto che le opere avrebbero avuto sull’ambiente non era adeguatamente
elevata.
Oggi è possibile rinaturare la parete tentando di stemperare l’impatto che effettivamente
risulta eccessivo.
Per perseguire tale obiettivo si possono mettere in opera griglie o reti in polipropilene bitridimensionali forate in modo da inglobare le particelle di terreno ed essere inerbite svolgendo così
una funzione antierosiva e di rinaturazione.
L’intervento può essere completato disponendo alla base della parete dei vani in c.a
conformanti fioriere e piantando nel apposito terreno piantine di edera.
L’edera andrà indirizzata verso le griglie poste in opera sulla parete.
112
L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza
dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili.
Il trattamento della parete settentrionale va eseguito con l’impiego di manodopera
specializzata e con l’impiego dei rocciatori.
Per quanto riguarda i materiali da impiegarsi essi risultano di normale reperimento sul
mercato regionale e pertanto non inducono particolari difficoltà.
Le opere andranno sorvegliate e curate per almeno sei mesi successivamente alla
ultimazione in quanto comportano la messa a dimora di essenze arbustive e rampicanti il cui
attecchimento è parte integrante dell’intervento.
Se non si otterrà l’attecchimento il progetto prevede gli oneri di messa a dimora per una
seconda volta delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti; ne discende che i sei mesi previsti in
capitolato per la cura della vegetazione saranno riattivati dalla data di ultimazione di questa seconda
seminagione.
Il progetto prevede anche il consolidamento di un tratto del pendio su cui sorge Via
Marconi da realizzarsi mediante una paratia di pali del diametro 600 mm, profondità m. 9.00 ed
interassi pari a m. 1.00.
La paratia viene intirantata con micropali attivi con trefoli in acciaio con sigma f a di 2.600
kg/cmq, tensione di snervamento 4.400 kg/cmq, malta con resistenza caratteristica Rbk 250 kg/cmq.
Tale paratia sarà completata mediante la costruzione di una parete di rivestimento con
superficie a vista in pietra locale o del tipo pietra di Gorgoglione.
5. ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI
Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di
rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale.
Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e
colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti.
Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in
loco ed hanno dunque una funzione complementare.
Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile
contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla
parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti
esistenti dagli agenti atmosferici.
a) Illustrazione delle ragioni delle soluzioni prescelte sotto il profilo localizzativo e funzionale.
113
Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di
rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale.
Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e
colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti.
Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in
loco ed hanno dunque una funzione complementare.
Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile
contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla
parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti
esistenti dagli agenti atmosferici.
b ) Fattibilità dell’intervento
L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza
dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili.
Il trattamento della parete settentrionale va eseguito con l’impiego di manodopera
specializzata e con l’impiego dei rocciatori.
Per quanto riguarda i materiali da impiegarsi essi risultano di normale reperimento sul
mercato regionale e pertanto non inducono particolari difficoltà.
Le opere andranno sorvegliate e curate per almeno sei mesi successivamente alla
ultimazione in quanto comportano la messa a dimora di essenze arbustive e rampicanti il cui
attecchimento è parte integrante dell’intervento.
c) Disponibilità delle aree
Le aree interessate dagli interventi sono in parte già disponibili ed in parte da acquisire.
La paratia ad arco comporterà una piccola fascia di esproprio o, in alternativa, la stipula di
accordi bonari con i cittadini proprietari.
L’intervento sulla parete non comporta espropri se si fa eccezione della esigua area
nastriforme di base delle fioriere.
Il progetto contiene il Piano Parcellare Grafico e Analitico
d) Cronoprogramma delle fasi attuative
114
La prima fase consiste nella validazione del progetto esecutivo da parte della del
Responsabile del Procedimento.
Eventuali modifiche proposte saranno inserite entro un mese.
Segue la fase di appalto che dovrà essere espletata in mesi tre.
La esecuzione dei lavori , in relazione alla complessità delle opere e alle diverse
localizzazioni, si dovrà effettuare in 12 mesi.
Nei successivi mesi sei seguenti alla ultimazione dei lavori l’impresa assuntrice sarà
vincolata per Capitolato a seguire l’attecchimento delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti
messe in opera.
Se non si otterrà l’attecchimento il progetto prevede gli oneri di messa a dimora per una
seconda volta delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti; ne discende che i sei mesi previsti in
capitolato per la cura della vegetazione saranno riattivati dalla data di ultimazione di questa seconda
seminagione.
Le successive fasi di collaudo saranno espletate come previsto dalla legislazione vigente.
e) Accessibilità, utilizzo, manutenzione delle opere
La tipologia delle opere previste è improntata alla semplicità, la accessibilità appare
immediata in quanto le localizzazioni sono servite da strade comunali e/o interpoderali e trattandosi
prevalentemente di opere a scomparsa nel terreno, con profondità medie comprese tra il piano
campagna e 18.00 m., le ispezioni sono possibili con facilità.
La manutenzione dei sistemi di drenaggio dovrà essere preceduta da monitoraggio del loro
funzionamento.
Per il monitoraggio si potrà impiegare l’opera dei lavoratori socialmente utili che hanno un
rapporto continuo con le strutture tecniche del comune.
6. FATTIBILITA’ AMBIENTALE
a) Il territorio del Comune di Gallicchio non è compreso nelle perimetrazioni di alcun Piano
Paesaggistico o Piano Territoriale di Coordinamento.
Pertanto lo strumento Urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione che, riguardo
alla fattispecie delle opere previste nel presente progetto preliminare, non pone vincoli particolari.
La verifica della compatibilità degli interventi con lo strumento urbanistico vigente è stata
effettuata dai progettisti e successivamente dovrà essere vagliata dagli organi tecnici comunali.
115
b) Gli effetti della realizzazione degli interventi sulle componenti ambientali sarà positivo in
quanto la paratia di pali in c.a. conformata ad arco avrà un effetto stabilizzante sul pendio
interessato e, coprendo un vuoto strutturale attualmente esistente tra gli interventi già realizzati,
contribuirà sensibilmente ad evitare il rischio di mobilitazione di nuove frane.
c) Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di
rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale.
Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e
colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti.
Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in
loco ed hanno dunque una funzione complementare.
Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile
contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla
parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti
esistenti dagli agenti atmosferici.
d) Le misure di compensazione ambientale consistono nel rivestimento in pietra, di tipo locale e di
colori simili a quelli delle pietre già utilizzate sul pendio, dei muri di sostegno impostati sul cordolo
di testata della paratia di pali in c.a.
La riqualificazione ed il miglioramento ambientale del contesto saranno ottenuti mediante
l’intervento di rinaturazione della parete esistente con l’uso delle essenze rampicanti.
- Lavori di Consolidamento dell’abitato, Salvaguardia Idrogeologica e riequilibrio
ambientale in località Scannagallina del Comune di Trivigno (PZ) – D.L. 11.06.1998 N°180 DATA 17.01.2003 IMPORTO € 258.228,45.
1 PREMESSA
Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono
l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267,
116
modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato
un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la
programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto
idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico.
Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito
gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di
dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a
maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi.
La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il
piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo
idrogeologico che, per quanto riguarda il Comune di Trivigno, indica quale area di intervento la
località Scannagallina.
Tale località ricade in area classificata R4 dal Piano Stralcio successivamente definito
dall’Autorità di Bacino della Basilicata.
Il presente progetto, utilizzando la risorsa economica stanziata con Decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 1999 pari a £ 500.000.000, ora € 258. 228,45, si prefigge di
lenire le situazioni di dissesto della località indicata, senza poter risolvere in modo esaustivo le
problematiche dell’area.
Tuttavia, mediante gli interventi programmati, si influisce sulle cause dei dissesti iniziando
un processo di bonifica idraulica e salvaguardia ambientale estensibile con ulteriori finanziamenti,
peraltro già richiesti al Ministero dell’Ambiente nelle fasi preliminari di progettazione.
2 CENNI SUI LINEAMENTI GEOLOGICI
La località Scannagallina si caratterizza per l’ andamento collinare dei versanti, in
particolare il versante occidentale che degrada verso il fiume Basento presenta numerosi
avvallamenti ed un andamento generalmente ondulato conformatosi in tale orografia per movimenti
gravitativi delle masse e per creazione di laghi di frana.
L’origine dei fenomeni franosi è da ricercarsi nella natura geologica dei terreni e nella
presenza di acque di media profondità che, alimentate anche dalle precipitazioni e dal ruscellamento
superficiale, mobilitano i diversi strati dei terreni.
Infatti dal punto di vista geologico ci troviamo in complessi eterogenei a componente
essenzialmente argillosa, in genere con giacitura caotica, con intercalazioni di strati di varia natura
litologica: sono presenti, allo stato di masse inglobate, lembi di altre formazioni (Olistoliti) così
come illustra la cartografia di settore.
117
L’area in esame si trova compresa tra i versanti meridionali dell’abitato di Trivigno
caratterizzati da una morfologia prevalentemente collinare, mediamente acclive e dalla presenza di
numerosi impluvi naturali ed avvallamenti, con presenza tra l’altro, di numerose forme legate ai
movimenti gravitativi in atto.
Dal punto di vista geomorfologico infatti questi versanti, caratterizzati in affioramento da
terreni in facies di Flysch prevalentemente argillosi caoticizzati, presentano diffusi fenomeni franosi
ed erosivi di vario grado, entità ed attività.
I movimenti di massa evidenti lungo i pendii sono riconducibili in prevalenza a frane di tipo
rototraslazionali ed a colate causate, come si è accennato, oltre ai fattori predisponesti quali l’assetto
geostrutturale dei terreni, la litologia, l’acclività, anche alla mancanza di regimazione e drenaggio
delle acque correnti superficiali e di quelle sotterranee.
Segni evidenti della sofferenza che affligge il versante sono offerti dal degrado del manto
stradale di una via comunale che collega Trivigno alla Frazione Sant’Antonio, perdita di verticalità
di tutti i pali di sostegno delle linee elettriche e telefoniche, crolli parziali dei muri di contenimento
e/o di terrazzamento costruiti da contadini nelle aree circostanti gli annessi agricoli, sprofondamenti
delle aree di sedime di alcuni edifici prefabbricati adibiti a depositi ed a annessi agricoli.
3 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI
Dall’analisi puntuale dei dissesti e dalla osservazione complessiva dello stato del versante
che degrada dalla strada Comunale di Sant’Antonio verso l’alveo del fiume Basento appare
necessario prevedere un intervento di stabilizzazione del pendio mediante opere di drenaggio e di
razionalizzazione del ruscellamento delle acque superficiali.
Si ipotizza, infatti, che eliminando la circolazione caotica delle acque, si possa conferire alle
formazioni geologiche componenti i pendii un notevole incremento dei coefficienti di attrito interni
e dunque si possa ottenere una positiva stabilizzazione del versante.
Si è individuato, a valle della località in esame, un impluvio esistente, attualmente ostruito
dalle masse di terreno colate, che può essere utilmente riattivato al fine di ottenere un canale di
scolo delle acque.
E’ stato rilevato il profilo geomorfologico di tale impluvio e le relative sezioni trasversali in
modo da poter progettare le opere trasversali per la stabilizzazione delle sponde.
3.1 BRIGLIE
Il progetto infatti prevede la esecuzione di alcune briglie in gabbioni e precisamente:
118
-
tra le Sezioni 6b e 6c è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
-
tra le Sezioni 9b e 9c è prevista una briglia di lunghezza massima 12 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
-
tra le Sezioni 11b e 11c è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 4 m..
-
tra le Sezioni 12a e 12b è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
-
tra le Sezioni 13 e 13a è prevista una briglia di lunghezza massima 12 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
-
tra le Sezioni 14 e 14a è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
-
tra le Sezioni 15 e 15a è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in
gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m..
A tergo delle briglie è prevista corazzatura con pietrame.
3.2 PROTEZIONE SPONDALE CON MATERASSI
A valle delle briglie le sponde del canale vengono protette da materassi tipo Reno estesi in
forma trapezoidale per circa m. 4,00 lungo l’asse del corso d’acqua.
3.3 PROTEZIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI
In corrispondenza degli attraversamenti della strada comunale per Castelmezzano, di un
accesso privato tra le sezioni 8 e 9 e della strada vicinale Brache di Lino è prevista la messa in opera
di tombino tipo Armco del diametro di 1.200 mm bloccato tra due manufatti, a monte e velle delle
strade, in gabbioni con fondazioni profonde m. 2,00 e larghe m. 4,00, elevazione m. 2,00 e
ampiezza m. 2,00.
La razionalizzazione del canale sopra descritta consente il corretto deflusso delle acque
superficiali e nel contempo consente il recapito delle acque provenienti dai drenaggi.
3.4 DRENAGGI
119
Infatti il progetto prevede la realizzazione di un sistema di drenaggi a spina di pesce che
partono dalle aree periferiche all’incisione del canale e vengono recapitati in alveo.
I drenaggi sono previsti in forma trapezoidale con profondità di scavo in partenza pari a m.
3,00, riempimento di pietrame di profondità complessiva 2.30, apposizione sul fondo di gabbione a
sacco cilindrico, messa in opera sulla parte sommitale di tappo di argilla di spessore m. 0,70.
I drenaggi sono completi di platea di fondo in calcestruzzo armato, geotessile di idonea
grammatura inserito tra le pareti di scavo e il pietrame del riempimento che a sua volta si avrà cura
di disporre con pezzatura e poi granulometria decrescente dal basso verso l’alto, all stesso modo si
avrà cura di mettere in opera sul tappo di argilla di chiusura sommitale le canalette di racollta e
convogliamento delle acque.
In prossimità dell’innesto al canale a cielo aperto, i drenaggi descritti si riducono di
profondità sino a m. 1,00 proprio al fine di consentire l’inserimento alla opportuna quota.
Il finanziamento assentito consente però una limitata estensione delle opere di drenaggio che
sicuramente potranno conferire maggiore stabilità al versante ma non potranno risolvere in modo
esaustivo le problematiche descritte.
4. ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI
a) Illustrazione delle ragioni delle soluzioni prescelte sotto il profilo localizzativo e funzionale.
Dal punto di vista localizzativo le opere vengono previste in modo conforme a
quanto disposto dalla Giunta Regionale di Basilicata che, come si è rammentato in Premessa, con
delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il piano-programma riguardante gli interventi di
allontanamento del rischio idraulico e del pericolo idrogeologico e, per quanto riguarda il Comune
di Trivigno, ha indicato quale area di intervento la località Scannagallina.
Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di stabilizzazione del pendio in
località Scannagallina del Comune di Trivigno mediante la razionalizzazione del reticolo delle
acque superficiali e delle acque di piccola profondità.
Ciò si persegue, come si è detto, avendo individuato l’incisione nei terreni che
precedentemente assumeva funzione di convogliamento delle acque verso il Fiume Basento e che
nel corso del tempo, a causa dei movimenti franosi, si è ostruita e ingobbata in qualche
contropendenza.
Tale evoluzione geomorfologica ha generato ristagni di acqua e il conseguente attivarsi di
movimenti di massa in colate lente ma progressive.
120
Il ripristino del canale avverrà mediante la costruzione delle briglie, la protezione delle
sponde con i materassi tipo Reno.
Una volta ripristinato il vettore principale per le acque verso il Basento, si cercherà di
ottimizzarne la funzione rendendolo recapito delle piccole trincee drennanti disposte a spina di
pesce.
b ) Fattibilità dell’intervento
L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza
dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili.
A tale proposito si possono ricordare ad esempio due progetti la cui realizzazione, a distanza
ormai di qualche anno, ha dato ottimi risultati di stabilizzazione dei pendii trattati:
-Lavori di manutenzione idraulica nell'alto bacino del fiume Noce- L.236/93.
DATA 16/09/1994 IMPORTO £ 204.750.000.
- Lavori di Sistemazione Idraulica nel bacino dell’Ofanto - sotto bacino del torrente
Giannattasio -. Comune di Filiano (PZ).
DATA 18/05/1999. IMPORTO £ 400.000.000.
c) Disponibilità delle aree
Le aree interessate dagli interventi sono raggiungibili facilmente da due strade comunali, tuttavia
esse sono di proprietà privata, né il fosso individuato quale asse principale per il convogliamento
delle acque risulta iscritto tra le acque pubbliche.
Pertanto è necessario attivare le procedure amministrative atte alla acquisizione delle aree su
cui i manufatti saranno impostati.
Il progetto contiene il Piano Parcellare Grafico e Analitico
d) Cronoprogramma delle fasi attuative
La prima fase consiste nella validazione del progetto esecutivo da parte della del
Responsabile del Procedimento.
121
Eventuali modifiche proposte saranno inserite entro un mese.
Seguiranno la fase di approvazione da parte della Giunta Regionale quale organo di
direzione politica, e successivamente la fase di appalto;
tali fasi si potranno espletare
completamente in tre mesi.
La esecuzione dei lavori , in relazione alla semplicità delle opere e alle diverse
localizzazioni, si dovrà effettuare in 10 mesi.
Le successive fasi di collaudo saranno espletate come previsto dalla legislazione vigente.
e) Accessibilità, utilizzo, manutenzione delle opere
La tipologia delle opere previste è improntata alla semplicità, la accessibilità appare
immediata in quanto le localizzazioni sono servite da strade comunali e/o interpoderali e trattandosi
prevalentemente di opere a scomparsa nel terreno, con profondità medie comprese tra il piano
campagna ed i 4,00 m., le ispezioni sono possibili con facilità.
La manutenzione delle briglie dovrà essere eseguita successivamente a sopralluoghi di
controllo che ne abbiano individuato condizioni di crisi di alcune parti costitutive.
La manutenzione dei sistemi di drenaggio dovrà essere preceduta da monitoraggio del loro
funzionamento.
Per il monitoraggio si potrà impiegare l’opera dei lavoratori socialmente utili che hanno un
rapporto continuo con le strutture tecniche del comune.
6. FATTIBILITA’ AMBIENTALE
a) Il territorio del Comune di Trivigno non è compreso nelle perimetrazioni di alcun Piano
Paesaggistico o Piano Territoriale di Coordinamento.
Pertanto lo strumento Urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione che, riguardo
alla fattispecie delle opere previste nel presente progetto preliminare, non pone vincoli particolari.
La verifica della compatibilità degli interventi con lo strumento urbanistico vigente è stata
effettuata dai progettisti e successivamente dovrà essere vagliata dagli organi tecnici comunali.
b) Gli effetti della realizzazione degli interventi sulle componenti ambientali sarà positivo in
quanto la realizzazione delle briglie conferirà un assetto più stabile alle sponde del corso d’acqua, la
razionalizzazione dello smaltimento delle acque conferirà maggiore stabilità ai terreni, la
realizzazione dei drenaggi contribuirà sensibilmente ad evitare il rischio di mobilitazione di nuove
frane.
122
c) Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di
rinaturazione del versante in quanto la maggiore stabilità consentirà l’attecchimento delle essenze
erbacee ed arbustive autoctone.
Dal punto di vista localizzativo si è già descritto come gli interventi rispondano ad una
programmazione precedente e siano dettati da priorità di riduzione del rischio idraulico.
Dalò punto di vista funzionale ci si attende la bonifica idraulica del versante e la
rinaturazione dei pendii grazie all’attecchimento delle essenze erbacee ed arbustive autoctone.
d)
Le misure di compensazione ambientale consistono nelle scelte progettuali attuate;
l’utilizzazione dei gabbioni per la realizzazione delle briglie consente di fare affidamento su opere
di tipo flessibile che ben si adattano a piccoli assestamenti dei terreni al contorno e dei piani di
fondazione.
Del resto la rottura dei gabbioni, dal punto di vista ambientale comporterebbe la dispersione
nell’ambiente di elementi costruttivi semplici e naturali quali la pietra.
Dal punto di vista della percezione visiva non risulteranno alterate le caratteristiche attuali
della zona collinare in quanto, tra l’atro, più a valle sono già esistenti alcune opere trasversali
eseguite circa 230 anni orsono.
Allo stesso modo non risulteranno impattanti le opre di drenaggio che sono a completa
scomparsa nel terreno.
Il progetto è dotato di una documentazione fotografica che illustra la qualità ambientale dei
siti di intervento, documenta gli effetti dei dissesti su alcuni manufatti quali il manto stradale delle
strade comunali, documenta i danni che alcuni edifici adibiti ad annessi agricoli hanno subito per
effetto dei movimenti franosi.
Gli altri elaborati componenti il progetto illustrano i particolari costruttivi e gli accorgimenti
di salvaguardia ambientale predisposti in fase della presente progettazione esecutiva.
- Bacino del Fiume Noce - Lavori di recupero briglia a valle del viadotto Parrutta lungo la S.S.
n.585, sistemazione idraulica del torrente Fiumicello e Rinaturazione sponda destra del
torrente Carrosio. – Legge 183/89 DATA 6.12.2002
IMPORTO € 362.036,29.
1 PREMESSA
123
Il presente progetto è finanziato mediante i decreti di attuazione della L. 183/89 e costituisce
lo sviluppo e la prosecuzione di un programma di difesa del suolo che riguarda il Bacino del Fiume
Noce ed in particolare la manutenzione idraulica di opere in crisi lungo il torrente Fiumicello, lungo
il torrente Carrosio, il Viadotto Parrutta della S.S. 585, i luoghi esposti a dissesto lungo il Prodino
Grande ed altri interventi lungo l’asta fluviale del Noce, approvato dalla Giunta Regionale della
Regione Basilicata con delibera di Giunta n. 389 in data 28 febbraio 2000.
Grazie ai precedenti decreti di finanziamento, sempre riferiti alla programmazione di cui alla
citata delibera di Giunta Regionale, è stato possibile eliminare una situazione estremamente critica
venutasi a verificare lungo il fiume Noce in corrispondenza del Km 3 + 300 della S. S. 585, dove il
rischio idraulico era elevato in rapporto alla grave erosione che aveva interessato il rilevato stradale
della importante infrastruttura di livello nazionale.
Con la presente progettazione si cerca di far fronte ad esigenze altrettanto importanti sempre
nell’ottica della difesa del suolo e del rispetto dell’ambiente.
2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA
L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata
ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce.
Il torrente Fiumicello, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del
secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica.
Il ventaglio di formazione del torrente Fiumicello si estende nella parte sud orientale del
territorio del Comune di Lauria, tra le contrade denominate Taverna del Postiere, San Filippo e
Fabbricato.
Il torrente si alimenta grazie ai contributi ricevuti da un vero ventaglio formato in senso
orario dal fosso Marcellino, dal Vallone Buona Zita e dal fosso San Filippo; ne deriva una portata
che nelle sezioni di interesse del presente progetto risulta perenne.
A valle dell’abitato di Lauria il torrente Fiumicello confluisce nel torrente Gaglione dando
origine al corso d’acqua denominato Carrosio che, dopo appena un chilometro, in contrada Le
Fornaci, sfocia in sinistra idraulica nel Fiume Noce.
Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade
comunali: la strada della Melara, la strada Provinciale n.3 Tirrena, la strada di circonvallazione del
rione Inferiore di Lauria.
Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle
interruzioni sulla strada della Melara, ai cedimenti visibili sulla strada Provinciale n.3 che dal ponte
124
sul Carrosio sino all’innesto con la Strada Statale n. 585 è in condizioni di assetto e di fruibilità
pessime.
Il progetto riguarda, inoltre, la ricostruzione di una briglia danneggiata irreparabilmente e la
costruzione di una controbriglia sul fiume Noce, a valle del Viadotto Parrutta sulla S. S. 585.
Il crollo della parte centrale della briglia esistente ha infatti dato via libera alla erosione del
fondo alveo ed alla asportazione di notevoli quantità di materiale litoide più volte oggetto di
segnalazione dell’Enas, che ha evidenziato la fuoriuscita delle parti sommitali dei pali di
sottofondazione dei plinti su cui poggiano le pile del viadotto.
3 CARATTERISTICHE DEL BACINO
La valle del Noce comprende il bacino imbrifero dell’Omonimo fiume della provincia di
Potenza, che nasce dalle falde meridionali del Monte Rocca Rossa e dai contrafforti occidentali del
Monte Sirino e che sfocia nel mare Tirreno nella piana di Castrocucco a circa 8 km a sud di
Maratea, dopo di una cinquantina di chilometri di corso.
La superficie del bacino è sui 378 Kmq; in realtà soltanto la parte settentrionale ( kmq 298 )
è quella propriamente ascrivibile al Noce, mentre la sezione meridionale, che costituisce il
sottobacino della Fiumarella di Tortora ( kmq 80 ) si può considerare del tutto indipendente poiché
il torrente confluisce nel Noce ad appena un chilometro dal mare.
Geologicamente i terreni sono costituiti da materiali più rigidi e più resistenti all’erosione
lungo i bordi del bacino, mentre nella parte mediana e bassa prevalgono formazioni sciolte o
prevalentemente a contenuto argilloso più esposte ai fenomeni morfogenetici talora interessanti
vaste aree.
Climaticamente, la valle del Noce presenta elementi di transizione tra i caratteri continentali
e quelli mediterranei: questi ultimi sono particolarmente evidenti, come è del resto comprensibile
data la vicinanza ( appena 7 – 8 km in linea d’aria ) con il mare Tirreno.
La parte alta del bacino è caratterizzata da una notevole piovosità, le isoiete intorno al monte
Sirino indicano 2.200 mm di pioggia annua, ne deriva che il fiume Noce è molto ricco di acqua
durante tutto l’anno.
La pressione umana sul territorio non è molto sensibile: l’azione dell’uomo non ha creato
particolari squilibri di gravità nell’ambiente fisico.
L’agricoltura è ancora praticata sul 75% del territorio, il bosco si estende mediamente sul
25% della superficie.
125
Il territorio appartiene a sette comuni, di cui uno solo , Trecchina, compreso interamente,
Nemoli quasi per intero ( 94,60% ), Rivello per 80,33%, Lagonegro per il 77,65%, Lauria per il
45,24%, Maratea per il 32,28%, ed in fine, in misura molto modesta ( 0,56% ) il comune di
Castelluccio Superiore.
Il bacino idrografico risulta marcatamente delimitato dagli alti rilievi distribuiti lungo lo
spartiacque, che raggiunge la massima quota in coincidenza del massiccio del Monte Sirino a m.
2005 s.l.m., poco più a sud dell’area di testata idrografica, collocabile tra i rilievi di Rocca Rossa a
m.1408 s.l.m., Murge del Principe m. 1398 s.l.m. e Monte Sirino.
La mancanza di un toponimo tradizionale, e soprattutto il grado di gerarchizzazione del
reticolo idrografico, non consentono di definire un preciso ramo di testata.
Numerose sono le asimmetrie presenti trasversalmente all’asse vallivo, che mediamente
definiscono uno sviluppo maggiore della parte del bacino collocata in sinistra orografica.
Il reticolo idrografico è caratterizzato da numerose anomalie, evidenziate dalla presenza di
tratti incassati, anche in più parti dell’asta principale, e da brusche variazioni della direzione di
deflusso, in particolare nella parte settentrionale del bacino.
Particolarmente evidente e caratteristica risulta la stretta gola ubicata a sud di Trecchina che
prosegue poi in uno stretto solco che segna il confine calabro – lucano e termina nella piana di
Castrocucco.
Anche lo spartiacque presenta evidenti particolarità: ad esempio, tutto il tratto compreso tra
il confine campano – lucano e la foce ha una direzione mediamente parallela alla linea costiera,
linea dala quale è separato da una fascia che a Sud di Maratea si restringe anche a meno di due
chilometri.
Inoltre, in più punti, a ridosso della linea di spartiacque manca una fascia, solitamente
presente, di ruscellamento laminare; ciò determina una stretta contiguità con i rami del reticolo
idrografico del bacino adiacente.
L’esempio più manifesto è rilevabile nel tratto di spartiacque che si sviluppa a sud del
Monte Sirino ( località Pecorone, Comune di Lauria ), che separa il bacino del fiume Noce da
quello del fiume Sinni.
Le caratteristiche prima delineate trovano giustificazione nel complesso quadro geologico
strutturale dell’area in esame, più avanti illustrato nelle linee generali.
Peraltro, la presenza lungo il margine occidentale del bacino di terreni sabbioso –
conglomeratici di ambienti lacustri, non correlati all’attuale fondovalle, testimonia il susseguirsi nel
tempo di differenti cicli morfogenetici.
Non è da trascurare, inoltre, che l’alto grado di sismicità, caratterizzante tutta l’area,
rappresenta una concreta testimonianza e conferma di una evoluzione tettonico – strutturale attiva
126
anche in tempi recenti ed attuali, che incide non poco sulla evoluzione dei processi morfogenetici in
atto.
4 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI
Nell’area del bacino del fiume Noce è presente gran parte delle unità stratigrafico –
strutturali meso – cenozoiche che costituiscono l’ossatura dell’Appennino campano – lucano.
Tali unità, traslate dagli originari domini paleografici nel corso della tettogenesi miocenica,
risultano attualmente sovrapposte, piegate e fagliate, affiorando talvolta in posizione di finestra
tettonica.
Sono, inoltre, presenti coperture più recenti costituite da depositi sabbioso – conglomeratici
e detritici di origine continentale attribuibili al Quaternario, sostenuti dalle presenti unità.
Nella parte del bacino che interessa il presente progetto sono prevalenti i terreni appartenenti
alle serie stratigrafiche del Flysch del Cilento e delle Argille Varicolori in senso lato.
Affiorano ampiamente nella parte mediana della valle, tra gli abitati di Rivello, Nemoli,
Lauria e Trecchina, costituendo gran parte dell’area pedemontana del bacino.
Litologicamente, sono formate da alternanze, spesso fittamente stratificate, di marne, marne
silicifere, argilliti, calcari siliciferi, siltiti e quarziti e, subordinatamente, di calcareniti, brecciole
calcaree, arenarie e conglomerati.
Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies
di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di
frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali.
Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica.
Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione
delle Crete Nere.
Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch
Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla
formazione del Saraceno.
Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore.
Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti
e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a
placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente
prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee.
127
Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta
quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato.
In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche
se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non
scompaginati.
La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni
molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone
relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti.
Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre
tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato
carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale.
Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul
quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro
ed il collettore Fistola o Prazza.
La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico
movimento tipo frana da nord verso sud.
La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi.
Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio
retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch.
Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro.
Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal fiume Noce e dai
suoi affluenti, appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla
esistenza di uno sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella
profonda incisione dei massicci carbonatici.
Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il
rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua
volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono
scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti
del fiume Noce.
I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete
Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica.
Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici,
sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo
franoso.
128
Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’
ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari
eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”.
L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione
delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o
superficiale.
I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti:
Argilliti non alterate
Peso specifico in grani
Argilliti alterate
2.8
Peso di volume
22,6 kN/mc
20,6 kN/mc
Peso di volume del secco
20 kN/mc
17,65/mc
12%
25%
Limite di liquidità
37%
44%
Indice di plasticità
18%
25%
Grado di saturazione
0,87
0,95
Frazione argillosa ( 0.002 )
27%
35%
129
Contenuto naturale d’acqua
Attività colloidale
0,66
0,71
Resistenza residua drenata
Cr = 0
Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq
Tr = 16°
6 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI
6.1 RICOSTRUZIONE BRIGLIA E CONTROBRIGLIA A VALLE DEL VIADOTTO
PARRUTTA SULLA SS 585
Si è accennato in premessa che il progetto riguarda la ricostruzione di una briglia
danneggiata irreparabilmente e la costruzione di una controbriglia sul fiume Noce, a valle del
Viadotto Parrutta sulla S. S. 585.
Consultando gli Annali Idrologici del Servizio Idrografico dello Stato Sezione di Catanzaro
si può constatare che nel periodo compreso tra il 1925 ed il 1964, alla stazione Le Fornaci che dista
18 km dalla foce, ha bacino di dominio Kmq 186 e si trova a pochi metri dal viadotto Parrutta, la
portata massima registrata è di 725 mc/s misurata il 1° marzo 1935.
Tali indicazioni sono utili sia per il dimensionamento della briglia e della gaveta, sia per la
valutazione del possibile trasporto solido.
Il crollo della parte centrale della briglia esistente ha infatti dato via libera alla erosione del
fondo alveo ed alla asportazione di notevoli quantità di materiale litoide più volte oggetto di
segnalazione dell’Enas, che ha evidenziato la fuoriuscita delle parti sommitali dei pali di
sottofondazione dei plinti su cui poggiano le pile del viadotto.
Al fine di porre riparo al cennato anomalo svuotamento dell’alveo si è programmata la
ricostruzione della briglia mediante scavi a sezione aperta di impostazione, scavi a sezione ristretta,
130
esecuzione di fondazione in cls armato di m. 60,00 x 5,00 x 2.00, esecuzione di elevazione in cls
armato di uguale lunghezza e sezione di m. 2,00 x 2.00, spalle che emergono di un ulteriore metro
in elevazione, rivestimento del paramento di valle con pietra locale squadrata e bocciardata con gli
assetti a squadro.
A valle della briglia saranno messi in opera materassi metallici tipo Reno a tasche per uno
spessore di m. 0,50 e lunghezza m. 5,50.
L’intervento si completa mediante la costruzione di una controbriglia in calcestruzzo armato
delle dimensioni m. 60,00 x 3,50 x 1,00 con elevazione di uguale lunghezza e sezione m. 2,00 x
1,00.
L’intervento descritto ha la finalità di trattenere il trasporto solido, consentire il rinascimento
dell’alveo e garantire nel tempo il rincalzo naturale delle fondazioni del viadotto Parrutta.
6.2 INTERVENTO SUL TORRENTE FIUMICELLO
Si è accennato che il torrente Fiumicello, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria,
è un affluente del secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica.
Il ventaglio di formazione del torrente Fiumicello si estende nella parte sud orientale del
territorio del Comune di Lauria, tra le contrade denominate Taverna del Postiere, San Filippo e
Fabbricato.
Il torrente si alimenta grazie ai contributi ricevuti da un vero ventaglio formato in senso
orario dal fosso Marcellino, dal Vallone Buona Zita e dal fosso San Filippo; ne deriva una portata
che nelle sezioni di interesse del presente progetto risulta perenne.
A valle dell’abitato di Lauria il torrente Fiumicello confluisce nel torrente Gaglione dando
origine al corso d’acqua denominato Carrosio che, dopo appena un chilometro, in contrada Le
Fornaci, sfocia in sinistra idraulica nel Fiume Noce.
In corrispondenza della contrada San Filippo scaturiscono delle sorgenti le cui acque hanno
notevoli pregi organolettici ed anche caratteristiche terapeutiche in quanto favoriscono la diuresi;
per tali motivi il Comune di Lauria ha valorizzato l’area mediante creazione di un’oasi turistica
Proprio a valle delle sorgenti si riscontra l’accentuarsi di condizioni di dissesto che insidiano
sia la contrada abitata sia le strade di accesso.
La pendenza del corso d’acqua diviene infatti elevata e il letto corre in una profonda
incisione tra terreni di natura instabile ascrivibili alle formazioni dei Flysch e delle argille
varicolori.
131
Il progetto prevede la costruzione di 4 opere trasversali in calcestruzzo armato da
posizionare a circa 200 m. più a valle dell’area turistica, là dove la pendenza diviene più elevata.
Le briglie hanno mediamente dimensioni in fondazione di m. 4,00 x 2,00, elevazione di m.
2,00 x 2,00 alla gavetta mentre le spalle hanno altezze di m. 3,50.
Mediante il posizionamento di tali opere trasversali si ottiene una pendenza compensata del
5% che in relazione all’attuale pendenza del 10 – 12% rappresenta un buon risultato.
Le ampiezze dei manufatti sono studiate in base all’andamento locale delle sponde e gli
elaborati grafici Profilo Longitudinale, Sezioni del terreno, Particolari, illustrano nel dettaglio le
previsioni progettuali.
6.3 RINATURAZIONE DELLA SPONDA DESTRA DEL TORRENTE CARROSIO
Da alcune segnalazioni pervenute all’Ufficio Difesa del Suolo da parte di cittadini residenti
e dall’esame delle condizioni di dissesto del bacino è stata constatata una situazione di notevole
degrado ambientale dell’area in destra idraulica del torrente Carrosio, compresa tra la Strada
Provinciale n. 3 Tirrena e la sponda del torrente.
Su tale area, che è conformata a ripido pendio, si è verificato un notevole movimento
franoso con colata di terreno verso l’alveo del torrente.
Per fronteggiare l’evento franoso é stato eseguito un intervento da parte di privati che non
appare completamente risolutivo.
Infatti le cause dell’evento sono da ricercarsi nella rottura di un sistema di canali di
convogliamento delle acque superficiali, realizzato mediante canalette tipo forestale in calcestruzzo,
che raccoglieva gli afflussi meteorici e li convogliava nel torrente Carrosio.
Il mancato funzionamento del sistema di canali ha indotto una circolazione caotica delle
acque superficiali su terreni particolarmente vulnerabili quali le Crete Nere o Flysch Nero,
prevalentemente costituiti da argilliti e da marne.
Gli effetti di tale circolazione cotica di acque si sono concretizzati nella diminuzione dei
coefficienti di attrito interni ai terreni e nella loro mobilitazione.
L’intervento realizzato dai privati consiste nella esecuzione di alcuni drenaggi e nella
esecuzione di alcuni sbarramenti trasversali al pendio mediante gabbionate metalliche.
Al fine di stabilizzare il pendio il progetto prevede la estensione della rete di drenaggi
mediante la realizzazione di trincee delle dimensioni m. 1,00 al fondo, m. 1,80 in sommità,
132
profondità m. 3,80, le trincee sono realizzate mediante scavo, messa in opera di strato di sabbia sul
fondo con spessore di m. 0,20, messa in opera di tubo rotocompresso sforellato nel sesto superiore
di diametro m. 0,30, riempimento con materiale arido di pezzatura decrescente dal basso verso
l’alto per una altezza di m. 3,00, tappo di argilla dello spessore m. 0,80.
Il progetto prevede il ripristino dei canali di convogliamento delle acque superficiali
mediante messa in opera di canalette semicircolari del diametro di m. 0,60., in lamiera di acciaio
zincato, con giunti in bulloni, angolari di rinforzo e di sostegno.
Gli elaborati grafici illustrano l’andamento planimetrico, altimetrico ed i particolari
costruttivi dei drenaggi e dei canali superficiali, in rapporto al recapito finale del torrente Carrosio.
7 MISURE DI SALVAGUARDIA AMBIENTALE
Il progetto, oltre alla ricerca di soluzioni tecniche atte a migliorare le condizioni
idrogeologiche dei siti di intervento, tende a migliorare la qualità ambientale dei sottobacini del
torrente Fiumicello e del torrente Carrosio.
In particolare l’area riqualificata dal Comune di Lauria intorno alle sorgenti del torrente
Fiumicello sovrasta è minacciata dalla instabilità elle sponde del corso d’acqua.
Il progetto prevede la esecuzione di opere trasversali stabilizzanti sulle quali, come misura
di compensazione ambientale, viene previsto il rivestimento in pietra locale.
Particolare giovamento potrà essere riscontrato sul pendio compreso tra la strada provinciale
n.3 Tirrena e la sponda destra del torrente Carrosio dove attualmente si riscontrano fenomeni
franosi, circolazione caotica delle acque superficiali e deterioramento della vegetazione sino a
denudamento di parti significative del territorio.
Su tale area il progetto prevede opere di risanamento idrogeologico ed ambientale quali la
esecuzione di drenaggi anche in costola al pendio in modo da favorirne la stabilizzazione, la
sostituzione di cabalette tipo forestale deteriorate e/o stozzate mediante la messa in opera di nuove
canalette semicircolari in acciaio al fine di risistemare razionalmente il reticolo di scolo verso il
torrente delle acque superficiali.
Le somme in economia sono state inserite in quadro economico anche al fine di ripiantare
essenze autoctone erbacee e arbustive sulle zone denudate dall’evento franoso.
Giova ricordare che tutte queste opere previste sono a naturale scomparsa nel terreno ed
hanno impatti percettivi quasi nulli.
133
Anche l’intervento sul fiume Noce rappresenta una riparazione di opere esistenti se si
considera la ricostruzione della briglia a valle del viadotto Parrutta, se si considera invece la
stabilizzazione dell’alveo mediante messa in opera di materassi tipo Reno e la costruzione della
controbriglia si fa notare che quest’ultime sono opere che scompaiono nel terreno.
Come misura di compensazione ambientale, viene previsto il rivestimento in pietra locale
delle parti emergenti della briglia e la rinaturazione delle sponde movimentate dai lavori di scavo
mediante piantumazione di essenze erbacee autoctone.
- Lavori di Sistemazione Idraulica nel bacino dell’Ofanto - sotto bacino del torrente
Giannattasio -. Comune di Filiano (PZ).
DATA 18/05/1999. IMPORTO £ 400.000.000.
1) PREMESSA
Il presente progetto riguarda opere di sistemazione idraulica in località Giannattasio del
Comune di Filiano (PZ) e lungo il Vallone Del Ceraso, finanziate con il Decreto N°1420 del
15/07/1998, nel quadro generale dei finanziamenti di cui alla Legge 183/89 sulla Difesa del Suolo.
Con precedenti Decreti l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa Del Suolo ha provveduto alla
sistemazione idraulica del torrente Sterpeto che aveva in passato svolto azione erosiva delle sponde
e determinato instabilità di aree contigue a zone antropizzate ed abitate.
Dopo attenti sopralluoghi sullo stato dei luoghi é apparso prioritario intervenire in un’area a
valle della zona rurale abitata denominata Giannattasio in quanto, in epoca recente, tale zona era
stata interessata da un diffuso movimento franoso generato dalla azione erosiva al piede del pendio
svolta dal Vallone Del Ceraso, e dal crearsi di ampie pozze d’acqua in depressioni del terreno
generate dai laghi di frana.
L’area di intervento si trova in sinistra idraulica in quanto su tale versante si trova la zona
abitata.
In destra idraulica del Vallone Del Ceraso si nota la mobilitazione di una frana di dimensioni
molto più importanti ma che interessa terreni fortunatamente disabitati e dunque la esiguità dei
fondi disponibili ha consigliato di intervenire là dove il rischio di coseguenze disastrose investe beni
quali le abitazioni civili e la strada di collegamento della frazione Giannattasio al centro di Filiano.
2) L’AMBIENTE FISICO
L’area in esame si presenta di aspetto collinare con dossi abbastanza arrotondati e delimitati
al piede da corsi d’acqua di carattere torrentizio.
134
In particolare l’area di intervento può essere descritta come il fianco di una collina sulla cui
dorsale sorge la frazione abitata denominata Giannattasio, alla base della collina si trovano gli alvei
del torrente Giannattasio e del Vallone Del Ceraso.
Da una attenta osservazione dell’area emerge che gli strati geologici sono orientati a
franopoggio verso in Vallone Del Ceraso mentre risultano a reggipoggio se si osserva la collina
dall’alveo del torrente Giannattasio.
Si spiega dunque come si sia mobilitato un lento movimento di massa che interessa le areee
subito a valle dell’abitato e verso l’alveo del Vallone.
In tali aree sono stati notati, nell’ultimo periodo invernale, affioramenti di acque venute poi
a ristagnare nei piccoli laghi di frana che hanno ad esse offerto superfici concave.
Dalle osservazioni in situ e dalla consultazione degli elaborati geologici degli strumenti
urbanistici del comune di Filiano emerge che, dal punto di vista geologico, le formazioni dominanti
possono ricondursi a serie di terreni del Flysch.
La genesi di questi sedimenti si deve considerare pressochè coeva del ripiegamento di una
catena montuosa e avvenuta nel periodo subito precedente la sua fase parossistica.
I terreni sono costituiti da una alternanza di marne, calcari marnosi, brecce calcaree a grana
fina e da argille molto laminate, di colore variante dal giallastro al grigio scuro.
In questi terreni predominanti, sono intercalati piccoli strati di diaspri e marne silicee con
passaggi di colore dal verde al bruno e di spessore non superiore ai 30 cm.
Gli strati hanno una potenza variabile intorno ai 20- 30m. con direzione da Ovest verso
Nord.
Dal punto di vista idrologico la zona si caratterizza per una piovosità media annua di circa
700-750 mm., gli eventi meteorici del periodo autunnale - invernale , di norma, non danno luogo ad
eventi di portata eccezionale tenuto conto della breve durata degli stessi tranne, naturalmente, per
zone limitate e in caso di eventi eccezionali.
In merito ai caratteri climatici si registrano complessivamente temperature medie prossime
ai valori propri dell’Appennino con precipitazioni per lo più abbondanti.
Da quanto esaminato e descritto, al fine della ricerca delle cause dei movimenti franosi in
atto nell’area, si può fondatamente concludere che le formazioni geologiche hanno diversi gradi di
permeabilità sì da offrire, sulle superfici di contatto tra strati, variazioni dei coefficienti di attrito.
In tali condizioni, la attività delle precipitazioni e delle conseguenti infiltrazioni, combinata
con la giacenza degli strati e sommata alla erosione al piede generata dalle piene del Vallone Del
Ceraso ha con ogni probabilità mobilitato strati variamente superficiali il cui scivolamento,
successivamente frenato dall’interferenza di nuove formazioni, ha creato i laghi di frana.
Tali superfici concave, in occasione di eventi di pioggia significativi, hanno offerto destro
alle acque per la formazione di notevoli quantità di ristagno.
3) DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI
Le opere previste, in relazione alla esiguità del finanziamento disponibile, hanno la funzione
di dare un sensibile contributo alla stabilità del fianco della collina su cui sorge l’abitato della
frazione Giannattasio, tenuto conto naturalmente anche della azione erosiva del Vallone Del Ceraso.
Infatti esse sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie di lavori: sistema di drenaggi
distribuiti sul fianco della collina, opera di difesa spondale longitudinale in gabbioni lungo la
sponda sinistra del Vallone Del Ceraso, serie di briglie in gabbioni per stabilizzare le sponde e
compensare il profilo del Vallone Del Ceraso.
3.1 DRENAGGI
135
Dopo aver redatto un piano quotato con la precisa individuazione dei ristagni d’acqua, é
stato progettato un sistema di drenaggi che hanno la funzione di scaricare i terreni dal surplus di
acque che, infiltrandosi in profondità, lubrificano le superfici di contatto tra formazioni a diversa
permeabilità e mobilitano i terreni.
Il sistema ha un asse principale in cui l’opera ha profondità m. 4,00, ampiezza m. 1,40, posa
di sabbione sul fondo, posa di tubo in cls rotocompresso forato nel sesto superiore, posa di pietrame
di pezzatura decrscente dal fondo alla superficie.
Numero quattro rami obliqui con caratteristiche costruttive in tutto simili a quelle descritte
per il ramo principale ma con profondità di m. 3,00.
Il sistema ha la funzione di intercettare i ristagni d’acqua e convogliarli nel Vallone Del
Ceraso.
3.2 MURO DI SPONDA IN GABBIONI
La sponda sinistra del Vallone viene protetta con un muro di sponda in gabbioni delle
dimensioni in fondazione di m. 4,00 x 2,00, in elevazione due ordini delle dimensioni in sezione m.
3,00 x 1,00, e m. 2,00 x 1,00.
A ridosso di tale muro di sponda ha termine il drenaggio principale.
La scelta della localizzazione in sinistra idraulica risiede nella presenza a monte di tale
sponda della frazione abitata Giannattasio.
3.3 SERIE DI BRIGLIE IN GABBIONI
Lungo il Vallone Del Ceraso, tenuto conto della pendenza notevole ed anche della notevole
frana verificatasi in destra idraulica, viene prevista una serie di briglie in gabbioni che hanno la
doppia funzione di compensare la pendenza del fosso e di consolidare le sponde mediante la
costruzione di strutture elastiche che bene si potranno adattare a lievi movimenti dei terreni.
Le opere trasversali previste sono in numero di cinque ed integrano tra di esse una briglia
già esistente; le sezioni sono di due tipi delle dimensioni uguali in fondazione: m. 5,00 x 1,00, m.
4,00 x 1,00, mentre differiscono in elevazione a secondo dell’altezza delle sponde nei punti di
ubicazione.
Hanno infatti dimensioni in elevazione: m. 3,00 x 3,00 e m. 2,00 x 3,00.
La gaveta delle briglie é prevista in calcestruzzo armato con ampiezza variabile secondo la
larghezza dell’opera trasversale e con sezione di m. 1,00 x m. 0,30.
Gli elaborati grafici meglio chiariscono la tipologia delle opere descritte e la loro ubicazione.
3 CALCOLO DELLA PORTATA DEL VALLONE DEL CERASO
La portata del Vallone del Ceraso, tenuto conto del regime torrentizio del corso d’acqua, ha
valori contenuti e per il dimensionamento delle opere d’arte ci si potrebbe basare sulla secolare
esperienza che l’Ufficio del Genio Civile di Potenza ha maturato in innumerevoli interventi simili.
Tuttavia, per rigore scientifico, si procede ad un calcolo abbastanza semplificato che per
piccoli bacini può dare buoni risultati usando la formula del Giandotti semplificata.
0.277 x p x g x h x S
Q = ------------------------------ = mc/sec.
l x T
dove
136
h = altezza di precipitazione in millimetri;
g = rapporto tra portata massima e portata media di piena = 10
l = rapporto tra durata di piena e tempo di corrivazione
= 4
S = estensione del bacino in Kmq; = 3 Kmq;
L = lunghezza della valle in Km; = 3.5 Km;
H = altezza media del bacino in m. s. l. m.; = 700 m. s. l. m.;
4 S + 1.5 L
T = tempo di corrivazione = ----------------------0.8 H
Trasferendo nelle formule i valori del bacino in esame si ha:
4 x 3 x 1.5 x 3.5
T = ---------------------------------- = 1.718
0.8 x 700
0.277 x 0.4 x 10 x 30.5 x 3
Q = ---------------------------------------------- = 14.75 mc/sec
4 x 1.718
- Progetto Preliminare degli Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al
dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Lauria (PZ) –
Legge 226/1999 DATA 4/06/2001. IMPORTO £ 4.000.000.000.
1 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA
L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata
ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce.
Il torrente Gaglione, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del
secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica.
Il ventaglio di formazione si estende alle pendici occidentali del massiccio del monte Sirino
e comprende le contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta.
137
Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade
comunali: la strada della Seta, la strada San Pietro Catania e la strada del Capraro, nonché
attraversate dalla Strada Statale n°19.
Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle
interruzioni sulla strada della Seta a valle del quartiere San Paolo, sulla contrada Canneto, ai
cedimenti visibili sulla strada del Capraro e sulla strada San Pietro Catania.
Anche la strada Statale n°19 non è affatto esente dal subire gli effetti del dissesto infatti
l’ENAS, Ente gestore, ha svolto periodicamente numerosi interventi manutentivi e strutturali.
Si esaminerà successivamente nel dettaglio la azione destabilizzante di alcuni laghetti o
affioramenti di acqua rinvenuti, in fase di impostazione del progetto e di sopralluogo, nelle contrade
Sa Giuseppe e Capraro.
2 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI
Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies
di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di
frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali.
Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica.
Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione
delle Crete Nere.
Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch
Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla
formazione del Saraceno.
Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore.
Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti
e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a
placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente
prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee.
Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta
quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato.
138
In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche
se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non
scompaginati.
La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni
molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone
relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti.
Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre
tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato
carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale.
Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul
quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro
ed il collettore Fistola o Prazza.
La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico
movimento tipo frana da nord verso sud.
La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi.
Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio
retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch.
Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro.
Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal torrente Gaglione
appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla esistenza di uno
sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella profonda
incisione dei massicci carbonatici.
Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il
rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua
volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono
scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti
del fiume Noce.
I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete
Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica.
Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici,
sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo
franoso.
139
Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’
ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari
eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”.
3 CARATTERSTICHE DEI TERRENI DELLE AREE DI INTERVENTO.
Le arre di intervento sono:
a) Contrada Canneto e San Pietro Catania
Si tratta delle due sponde del torrente Gglione, in tale tratto arginato con muri in gabbioni, che
evidenziano vistosi fenomeni di frana ben individuabili anche al semplice osservatore in quanto
denudate di vegetazione.
Durante la fase dei rilievi topografici si è potuto constatare la presenza di acque in quanto il
Flysch Nero costitutivo dei pendii era plastico e molle.
Inoltre la sponda destra ha tracimato le arginature ostruendo metà della sezione di deflusso.
Appare necessario ripristinare la sezione di deflusso e prevedere delle opere drenanti a
media profondità che eliminino la circolazione caotica delle acque.
Gli interventi vanno integrati con ricostruzione della vegetazione autocnona, idrosemina ecc.
b) Corso del torrente Gaglione a monte del ponte Bailey
In tale tratto del corso appare necessario eseguire delle opere trasversali di stabilizzazione.
Il ponte appare deteriorato nella sovrastruttura lignea dell’unica carreggiata, mentre le spalle
appaiono non aver subito movimenti.
c) Contrada Seta
Lungo la strada comunale sono evidenti fenomeni di dissesto, sintomatico un punto in cui un
fontanino pubblico è sprofondato di circa 1.5 m.
Il problema è sempre riconducibile alla circolazione delle acque e sono consigliabili opere
drenanti.
d) Contrade Capraro e San Giuseppe
140
Nella parte alta di queste contrade sono stati rinvenuti ristagni d’acqua formanti piccoli
laghetti e subito a valle dei ristagni sono riscontrabili denti di frana.
Si può osservare un movimento lento ma continuo della coltre flyscoide verso l’alveo del
torrente Gaglione che non risparmia la strada e mobilita anche alcuni speroni di roccia calcarea
affioranti sui pendii.
Anche in questa situazione è necessario ristabilire un riordino della circolazione delle acque
mediante reticoli drenanti.
e) Rupe al piede del quartiere San Paolo
Sul pendio al piede della zona abitata San Paolo si è verificata una frana nell’autunno
successivo all’evento sismico del 9/09/1998.
Si tratta di uno scoscendimento con colata di materiale che ha tracimato un piccolo muro di
sostegno ed ha invaso la strada comunale della Seta.
La frana è stata alleggerita in un primo tempo mediante rimozione della colata ma, essendosi
ripetuta il Comune di Lauria, con fondi ex L.R. 51/78 ha recentemente realizzato un drenaggio e
opere di convogliamento delle acque.
Le Amministrazioni Regionale e Comunale concordano nel ritenere l’intervento non ancora
esaustivo e dunque, considerata la presenza delle aree abitate a monte, appare opportuno trattare
il pendio con altri dreni e con opere di ricostruzione delle pendenze di sicurezza.
L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione
delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o
superficiale.
4 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DA REALIZZARE
Le condizioni del suolo descritte nella Relazione Geotecnica denotano uno stato di
instabilità diffusa in tutto il ventaglio di formazione del torrente Gaglione; dagli studi effettuati
141
emerge che tale instabilità è riconducibile alla azione delle acque superficiali e di media profondità
sulle formazioni geologiche.
Appare dunque indispensabile, prima di ogni altra azione consolidativa, rimuovere la causa
prima dei dissesti.
Il criterio informatore del progetto è quello di cercare di ottenere un governo delle acque
mediante opere di drenaggio e convogliamento delle quantità emunte nell’alveo del torrente
Gaglione.
Si descrivono le opere progettate partendo dalle quote più alte del bacino.
a 1) CONTRADA CAPRARO
In contrada Capraro sono stati individuati degli affioramenti di acqua che ristagnano per
gran parte dell’anno in piccoli pantani, essi determinano abbassamento dei coefficienti di coesione e
degli angoli di attrito interni delle formazioni geologiche sì da innescare movimenti franosi
evidenziati da scoscendimenti e da denti di distacco tra strati del terreno.
Si è dunque individuato un reticolo di drenaggi formato da una trincea principale che ha un
percorso baricentrico rispetto ai laghetti individuati e altre trincee secondarie che partono dai
laghetti stessi e confluiscono nel percorso principale.
Dal punto di vista della tipologia costruttiva la trincea drenante principale è progettata
secondo una prima sezione trapezia con basi: m. 6.00, m. 3.00, profondità m. 3.00; ed una seconda
sezione trapezia più profonda con basi: m. 2.00, m.. 1.50, profondità m. 4.00.
La doppia sezione è stata ideata anche in considerazione delle modalità di scavo ed in favore
della sicurezza delle fasi operative.
L’opera si completa con la esecuzione, sul fondo dello scavo, a distanze progressive di m.
10.00, di pali drenanti in sabbia del diametro di m.0.80.
Particolare cura va impiegata nella scelta della pezzatura del riempimento di pietrame della
trincea drenante usando dimensioni crescenti dal basso verso l’alto, partendo da ciottolate di cm.7
minimo di diametro o dimensione maggiore sino a pietre di dimensione maggiore compresa tra i 20
e 30 cm.
Allo sbocco della trincea drenante principale nel torrente Gaglione è prevista la
realizzazione di un argine in gabbioni che dovrà assicurare la stabilità della parte terminale
dell’opera.
142
La granulometria del materiale di riempimento dei pali in sabbia deve essere dell’ordine del
centimetro e delle frazioni del centimetro e farà parte di studio del progetto esecutivo.
Anche le trincee drenanti secondarie, che collegano i laghetti con la trincea di spina, sono
prevalentemente simili a quanto descritto, fatta eccezione per i primi m. 20 iniziali di attacco ai
laghetti lungo i quali è prevista solo la sezione trapezia superiore: le opere sono così ideate per non
alterare l’assetto geologico dei terreni.
I profili redatti in scala 1:500 illustrano queste caratteristiche.
a 2) CONTRADA S. GIUSEPPE
Durante i sopralluoghi preliminari eseguiti sul territorio di interesse sono stati notati
scoscendimenti e rigonfiamenti dei terreni anche in contrada San Giuseppe sempre in sinistra
idraulica del torrente.
Anche in tale zona è previsto un sistema di drenaggi in tutto simile a quanto descritto al
punto a 1).
a 3) COLLINA SAN PAOLO
La collina denominata San Paolo ha un versante che sovrasta la sponda sinistra del torrente
Gaglione, al piede di tale pendio, che da tempo manifesta fenomeni di scoscendimento, corre la
strada comunale della Seta .
Sul versante opposto, e sino alla sommità, la collina di San Paolo è stata utilizzata per
insediamenti di civili abitazioni.
Dai dati assunti in studi precedenti ( Melidoro, Cotecchia ) e da osservazioni recenti, appare
probabile che gli strati delle formazioni geologiche componenti la collina, siano orientati a
reggipoggio sul pendio abitato, mentre sul versante Gaglione gli strati si invertono e la presenza di
acque di media profondità innescano le frane attuali.
Numerosi sono stati nel tempo gli interventi di contrasto dei fenomeni di scoscendimento; in
particolare nei primi anni 90 sono stati eseguiti dalla Regione Basilicata dei terrazzamenti con
cunette di raccolta e infissione di microdreni profondi con recapito nelle cunette.
143
Recentemente, sempre con fondi regionali, il comune di Lauria ha fronteggiato un evento
franoso mediante la realizzazione di opere di drenaggio e convogliamento delle acque nell’alveo del
torrente Gaglione.
Il presente progetto preliminare prevede la intensificazione delle opere di drenaggio e la
manutenzione straordinaria delle cunette esistenti in pendio atteso che esse, in alcuni punti, hanno
perso la loro funzionalità.
a 4) CONTRADE CANNETO - SETA
La contrada Canneto si trova immediatamente a valle del rione Superiore di Lauria, essa
comprende le sponde destra del torrente Gaglione.
Sulla sommità della sponda sinistra corre la strada comunale S. Pietro Catania, importante
collegamento tra i rioni Superiore e Inferiore in alternativa alle strade interne al centro urbano, in
destra la strada comunale della Seta.
Ambedue le infrastrutture manifestano segni di cedimento dei terreni e coinvolgimento delle
opere complementari ma, mentre lungo la strada S.Pietro Catania tali cedimenti sono ancora
puntuali, la strada della Seta ha subito il crollo di parte della sede viaria e risulta oggi interrotta.
La situazione complessiva della contrada appare preoccupante in quanto ampie zolle di
terreno sono in equilibrio precario oppure crollano verso l’alveo del torrente.
Si notano aree denudate di vegetazione con incisioni dovute al dilavamento delle acque ed al
piede della sponda destra i terreni hanno tracimato l’argine esistente ostruendo la sezione di
deflusso.
Anche in questo caso si è pensato di far ricorso alla azione consolidante delle trincee
drenanti in quanto si confida non soltanto nella positivo effetto ottenuto mediante la
razionalizzazione dei percorsi idrici, ma anche ritenendo che, essendo le trincee progettate in senso
trasversale ai pendii, esse diano un sensibile contributo all’attrito delle porzioni di terreno tra esse
comprese e ne evitino lo scoscendimento.
I percorsi delle trincee sono dettati dal rilievo delle incisioni più marcate e dalla
osservazione delle aree denudate di vegetazione, esse sono visibili sulla planimetria in scala 1:200.
Dal punto di vista della tipologia costruttiva le trincee drenanti sono progettate secondo una
prima sezione trapezia con basi: m. 6.00, m. 3.00, profondità m. 3.00; ed una seconda sezione
trapezia più profonda con basi: m. 2.00, m.. 1.50, profondità m. 4.00.
La doppia sezione è stata ideata anche in considerazione delle modalità di scavo ed in favore
della sicurezza delle fasi operative.
144
L’opera si completa con la esecuzione, sul fondo dello scavo, a distanze progressive di m.
10.00, di pali drenanti in sabbia del diametro di m.0.80.
Particolare cura va impiegata nella scelta della pezzatura del riempimento di pietrame della
trincea drenante usando dimensioni crescenti dal basso verso l’alto, partendo da ciottolate di cm.7
minimo di diametro o dimensione maggiore sino a pietre di dimensione maggiore compresa tra i 20
e 30 cm.
La granulometria del materiale di riempimento dei pali in sabbia deve essere dell’ordine del
centimetro e delle frazioni del centimetro e farà parte di studio del progetto esecutivo.
Per quanto riguarda la interruzione verificatasi lungo la strada comunale della Seta si è
osservato che anche un intervento manutentorio superficiale realizzato dal comune di Lauria non ha
dato esiti positivi.
Per contro, lungo il pendio, oltre al movimento di massa si nota un lago di frana prima di
giungere alle quote dell’alveo.
E’ evidente dunque che i piani di scorrimento sono a quote superiori ai 4 m. di profondità.
Si è pensato anche in questo caso alla esecuzione di una trincea drenante completa come
descritto, al fine di eliminare la causa del dissesto.
Si é poi previsto di ricostruire il rilevato stradale con terre armate mediante posizionamento
di elementi metallici a V, apposizione di biostuoie inseminate, riempimento di materiale vegetale
misto a materiale arido drenante, compressione dello strato e ripetizione delle tecnologie indicate
per alcuni strati successivi.
La struttura in terra armata viene composta mediante lo scavo preliminare di rimodellamento
della pendice, la messa in opera di elementi strutturali in rete metallica a doppia torsione a maglia
esagonale tipo 8 x 10( conforme a UNI 8018 ) che resiste fino a 47 KN/m, con un paramento
inclinato di circa 30° e una parte orizzontale, solidale al paramento, lunga 5 m.
La rete è composta di fili del diametro 2.20 mm, zincata e ricoperta da plasticatura in PVC
rispondente ale normative internazionali ( UNI 3598, BS 1052/80, ANFOR N.F. A91 – 131 Classe
C, DIN 1548 – 70, ASTM –A 641 – 82 Classe 3).
Tutto ciò preserva da smagliature e conferisce resistenza al fuoco.
Il rilevato strutturale viene composto disponendo sui 5 m. del telo orizzontale del terreno di
buona qualità, di elevato potere drenante, di granulometria variabile da 0.02 mm fino a 60 mm.
L’elemento determinante per la valutazione della resistenza e del potere di ancoraggio della
rete è l’angolo di attrito interno che deve raggiungere minimo 30°.
Per ottenere tale risultato ogni strato dovrà essere rullato con macchine di tipo da costruzioni
stradali in sezioni di ogni 30 cm in altezza messa in opera.
145
a 5) INTERVENTI SUL TORRENTE GAGLIONE
Il torrente in passato oggetto di numerosi interventi di sistemazione idraulica sia con opere
trasversali, sia con opere longitudinali, che hanno dato buoni risultati.
Tuttavia a monte del ponte tipo Bailey, al termine dell’ultimo intervento di arginatura, si
riscontra una situazione di dissesto e di forte degrado.
Il presente progetto preliminare prevede la costruzione di n° 8 briglie in gabbioni e di una
controbriglia finale che, in parallelo ad opere di movimento di materiali, tenderanno a ricostruire
una corretta sezione di deflusso, tentando anche di compensare la pendenza di fondo che in tale
tratto risulta elevata, conferisce eccessiva velocità alla corrente e determina lo sfasciume attuale.
Oltre a queste opere è prevista la sostituzione dell’attuale ponte provvisorio con una struttura
in acciaio; tale intervento trova motivazione nella attuale insufficienza, in rapporto al traffico
veicolare, della ampiezza del ponte e nella constatazione che le spalle attuali non sono state oggetto
di dissesti e dunque, se ulteriormente consolidate, potranno garantire l’appoggio di una struttura
sempre abbastanza leggera ma non provvisoria.
Le spalle saranno consolidate mediante la esecuzione di una corona di get-grouting.
Il nuovo ponte avrà carreggiata ampia m. 7.50 e dunque consentirà lo sviluppo di due corsie,
sarà dotato di due marciapiedi ampi circa m. 1.00, sarà strutturalmente rispondente ad uno schema
statico di semplice appoggio da un lato e vincolo di cerniera dall’altro.
L’appoggio sarà realizzato in maniera tale da garantire una notevole escursione delle due
travi portanti, in modo cioè da far fronte sia ad eventuali movimenti delle spalle, sia a eventi
sismici.
Le travi saranno di acciaio, collegate con traversoni ed elementi obliqui in acciaio,lo
impalcato sarà realizzato in cemento armato, così come è illustrato dagli elaborati grafici.
a 6) INTERVENTI IN CONTRADA SETA
La strada comunale della Seta corre in questo tratto sul crinale che fa da displuvio tra i
sottobacini del torrente Gaglione e del torrente Torbido.
Già di per sé le formazioni geologiche riconducibili ai Flysch ed alle Crete Nere, compresse
tra due corsi d’acqua i cui alvei sono a poche centinaia di metri di distanza, sono esposte a notevoli
assestamenti, e dunque l’entità degli interventi di sistemazione dovrebbe poter trovare notevoli
coperture finanziarie oggi non disponibili.
146
La parte presa in esame risulta tra le più dissestate stante ai segni evidenti percettibili sul
territorio.
Una fontanella pubblica, originariamente posizionata sul bordo della strada oggi è
completamente sprofondata nel terreno, alcune abitazioni costruite in aree limitrofe alla strada
manifestano distacchi notevoli delle murature.
La esistenza di una altra stradina interpoderale il cui tracciato parte ortogonalmente alla
strada comunale e scende verso il torrente Torbido ben si presta per poter impostare una trincea
drenante come quelle già descritte.
Tale opera va integrata dalla costruzione di alcuni rami trasversali di drenaggio in modo da
creare aree di influenza positive sulla stabilità della sede stradale e delle abitazioni al contorno.
B) ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI
Le condizioni di stabilità di un pendio naturale o artificiale sono regolate dal rapporto tra la
resistenza al taglio disponibile sulla superficie di scorrimento e le tensioni tangenziali agenti su di
essa.
Gli interventi di stabilizzazione dei pendii producono un miglioramento delle condizioni di
stabilità incrementando la resistenza al taglio e/o riducendo gli sforzi tangenziali agenti sulle
superfici di scorrimento.
Una riduzione delle pressioni interstiziali produce un aumento delle tensioni normali
efficace e conseguentemente un incremento della resistenza al taglio; la stabilizzazione di un pendio
in frana può quindi essere raggiunta riducendo le pressioni interstiziali u con la realizzazione di un
sistema di drenaggio.
Un sistema di drenaggio è costituito da un insieme di fori, pozzi, trincee o gallerie; in questi
elementi, vuoti o riempiti di materiale di elevata permeabilità, è possibile il controllo della pressione
dei fluidi interstiziali e l’allontanamento dell’acqua drenata dal terreno.
I drenaggi sono detti a gravità se gli elementi drenanti sono a contatto con l’atmosfera; in
questo caso la pressione dei fluidi interstiziali p agente sui contorni drenanti è pari alla pressione
atmosferica p atm. ( u = 0 ).
La realizzazione di un sistema di drenaggio a gravità produce l’annullamento delle pressioni
interstiziali sul nuovo contorno costituito dall’interfaccia tra il sistema e il terreno.
A seguito di questo annullamento, la distribuzione delle pressioni interstiziali nel terreno
non risulta più equilibrata e si innesca un moto di filtrazione a superficie libera in regime vario (
147
processo di drenaggio ) che ha termine quando si raggiungono le condizioni stazionarie che
rispettano le nuove condizioni al contorno.
Un intervento di drenaggio deve, ovviamente, produrre la desiderata riduzione delle
pressioni interstiziali in tempi accettabili.
E’ sufficiente modificare le condizioni di flusso in modo che le pressioni interstiziali si
riducono e quindi l’efficacia di un sistema drenante non è legata alla quantità di acqua allontanata,
ma alle variazioni del regime delle pressioni interstiziali che il sistema è in grado di produrre.
TRINCEE DRENANTI
Le trincee drenanti sono utilizzate per stabilizzare frane superficiali di carattere
prevalentemente traslazionale; per esse infatti è spesso impossibile procedere ad una riprofilatura
del pendio e l’impiego di un ricarico al piede non è conveniente.
In genere, questo tipo di frane si manifesta in terreni a grana fina fortemente alterati e
caratterizzati da una permeabilità più elevata di quella del terreno stabile sottostante.
Le trincee esplicano la loro funzione drenante attraverso il materiale di riempimento
costituito da terreno a grana grossa o pietrame di opportuna pezzatura.
La forte differenza di permeabilità tra terreno in posto e quello di riempimento e la facilità
con la quale l’acqua drenata viene allontanata per gravità, fa sì che la pressione interna sia pari a
quella atmosferica ( u = 0 ).
Le trincee devono essere costruite longitudinalmente, secondo la direzione monte – valle e
non trasversalmente, in quanto tale disposizione comporta l’effetto di contrafforte in senso
longitudinale al pendio.
Le trincee devono inoltre essere costruite a partire dal punto più basso dell’area da
stabilizzare; in questo modo è possibile allontanare l’acqua drenata senza ulteriori interventi sul
pendio e la funzione drenante si esplica sin dall’inizio, durante la fase di costruzione.
Le trincee drenanti progettate avranno la funzione di allontanare le acque che causano le
frane tralazionali e di elevare i coefficienti di attrito tra le porzioni di terreno da esse interessate.
In sostanza ci si attende la doppia funzione di abbattimento delle pressioni interstiziali e di
contrafforti costruiti in costola ai pendii.
EQUAZIONI DI GOVERNO DELLA FILTRAZIONE INDOTTA DAL SISTEMA DI
DRENAGGIO.
148
Se si suppone che nel processo di consolidazione, indotto dall’esecuzione di un sistema di
trincee drenanti, non avvengano apprezzabili variazioni delle tensioni totali, il problema può essere
affrontato in modo disaccoppiato ( soluzione separata del problema dell’equilibrio e del problema
idraulico) risolvendo l’equazione della consolidazione del Terzaghi Rendulic.
In termini di quota piezometrica h = ζ + u / γ w ( dove ζ rappresenta l’altezza geometrica
rispetto ad un arbitrario piano di riferimento ), per un mezzo omogeneo si ha:
-------------- +
-------------- +
-------------- =
-------------------------------
dove E’ e ν’ rappresentano le costanti elastiche del mezzo.
Nell’integrazione spaziale dell’equazione si deve tener conto delle nuove condizioni al
contorno imposte dal sistema di drenaggio; infatti, sulle superfici di contatto tra il sistema e il
terreno si ha una pressione interstiziale nulla e la quota piezometrica h coincide con l’altezza
geometrica = ζ .
Le condizioni iniziali, necessarie per l’integrazione temporale dell’equazione, sono invece
rappresentate dalla distribuzione preesistente delle quote piezometriche.
Al termine della fase transitoria, le condizioni stazionarie del processo di drenaggio
soddisfano l’equazione:
-------------- +
-------------- +
-------------- = 0
Per quanto riguarda la condizione al contorno da imporre sul piano campagna, le
considerazioni svolte nel precedente paragrafo permettono di identificare tre possibilità:
a) Lama d’acqua – Sul piano campagna si assume una pressione interstiziale nulla ( h = ζ ).
149
Questa condizione, prescindendo dalla natura del terreno, può essere assunta quando sul piano
campagna è ipotizzabile la presenza di un apporto medio di acqua caratterizzato q per unità di area
superiore alla permeabilità verticale Kv del terreno.
b) Superficie impermeabile – Sul piano campagna si assume che il flusso normale sia nullo:
(
= 0 ).
Questa condizione può essere assunta quando il terreno interessato dal sistema di drenaggio è a
grana fina e se il piano di campagna è sufficientemente protetto dall’evaporazione.
c) Superficie libera – Il dominio nel quale avviene il processo di consolidazione è limitato
superiormente da una superficie a pressione interstiziale nulla, la cui posizione varia nel tempo e
non è nota a priori.
Questa è la condizione che approssima nel modo migliore la realtà; pur tuttavia in questo caso la
soluzione risulta dipendente da fattori di incerta valutazione che determinano la velocità di
spostamento della superficie libera: porosità efficace, entità degli apporti superficiali e loro
variazione temporale.
Alcuni autori ( Burghignoli e Desideri, 1986 e 1987, Di Maio e Viggiani, 1987) studiando le
variazioni temporali dell’efficienza idraulica di trincee trincee drenanti e dreni tubolari, hanno
mostrato che le soluzioni ottenute con le condizioni a) e b) rappresentano rispettivamente il limite
inferiore e il limite superiore di quelle ottenibili con la condizione c).
E’ stato inoltre osservato che nella fase iniziale del processo di drenaggio, l’evoluzione
dell’efficienza è praticamente indipendente dalla condizione al contorno assunta sul piano
campagna.
Le soluzioni ottenute per le diverse condizioni sono infatti praticamente coincidenti fino al
raggiungimento del valore dell’efficienza che caratterizza le condizioni stazionarie del caso (a),,
condizione (3) nella figura riportata alla pagina successiva.
Da queste ultime considerazioni emerge l’opportunità di progettare i sistemi di drenaggio
nell’ipotesi cautelativa di apporto continuo con formazione di lama d’acqua in superficie.
Le analisi così condotte possono infatti essere utilizzate per ottenere i valori dell’efficienza
idraulica che sono sicuramente raggiunti, indipendentemente dai valori della porosità efficace e
della intensità e durata delle piogge.
Salvo diversa indicazione, nella presentazione dei risultati delle analisi si farà pertanto
riferimento alle condizioni di lama d’acqua in superficie.
150
L’introduzione di alcune ipotesi semplificative ha permesso di analizzare il processo di
drenaggio in condizioni di flusso e deformazioni bidimensionali.
Pertanto, le equazioni di governo della fase transitoria e della successiva fase stazionaria
utilizzate sono, rispettivamente:
Kx ------------ + Kz ------------ = ------------------------------------ ----------
Kx ----------- + Kz ------------ = 0
Le soluzioni numeriche sono state ottenute con il codice di calcolo FLAC; per la fase
transitoria si è utilizzata l’analogia con il processo di diffusione del calore risolvendo il problema
termico equivalente.
C) RINATURAZIONE DEI PENDII E MITIGAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE
Tutta la impostazione progettuale è improntata alla riqualificazione ambientale dei siti.
Dalla diffusione dei sistemi drenanti sui siti individuati ci si attende oltre alla
stabilizzazione dei pendii ed all’incremento dei coefficienti di attrito tra porzioni di suolo
intermedie, la restituzione dei terreni alle possibili coltivazioni.
Si ponga infatti attenzione alla documentazione fotografica che riguarda i ristagni d’acqua in
contrada Capraro, si nota con chiarezza che la vegetazione composta anche da alberi di alto fusto ha
subito danni irreparabili.
Ma oltre agli interventi “strutturali” sul suolo il progetto prevede somme cospicue per la
seminagione di essenze autoctone sui pendii denudati dall’erosione.
Prevede altresì la messa a dimora di piantine di ginestra “ Spartum Junceum” sui pendii
circostanti agli interventi poiché si osserva che tale essenza ha buona diffusione sulle zone di
interesse e offre garanzie di attecchimento.
Il Progetto prevede anche una ulteriore somma a disposizione, per lavori in economia,
destinata alla messa a dimora di piante di alto fusto del tipo cerri in quanto sono compatibili con i
terreni da trattare e garantiscono una buona diffusione dell’apparato radicale.
RELAZIONE GEOTECNICA
1 PREMESSE
La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha
approvato un piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e
151
del pericolo idrogeologico e con successiva deliberazione n°2994 in data 30/11/1999 ha proposto
alla approvazione del
Consiglio Regionale l’attuazione di una serie di interventi tra cui la
sistemazione idraulica e di drenaggio nel ventaglio di formazione del torrente Gaglione e delle
contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta, in esso ricompreso, e facenti parte del territorio
del comune di Lauria.
Infatti il torrente Gaglione lambisce da Nord a Sud l’abitato di Lauria, attraversando terreni
notoriamente instabili sia per la loro natura geologica, sia per la esposizione a piovosità notevole,
sia per la loro conformazione orografica che induce nel corso d’acqua elevate pendenze esaltandone
la funzione erosiva.
La contiguità creatasi negli ultimi venti anni tra le sponde del torrente Gaglione e quartieri
abitati, anche grazie allo sviluppo economico ed edilizio del centro, espone ormai infrastrutture e
beni edilizi a rischi idrogeologici notevoli sia sul piano della sicurezza per le persone, sia sul piano
economico in termini di perdita di valore sociale.
La presente Relazione Geotecnica trae le informazioni sulla geologia dei siti dai numerosi
studi effettuati sul territorio di Lauria, in archivio dell’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo (
già Genio Civile di Potenza ), ed in particolare, tra i più recenti, dalle Relazioni del Prof. Melidoro
del 1978 e del Prof. Cotecchia del1990.
Tali studi furono supportati da esecuzione di sondaggi geognostici e dalla redazione di
sezioni geologiche, tracciate anche nelle aree di intervento.
2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA
L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata
ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce.
Il torrente Gaglione, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del
secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica.
Il ventaglio di formazione si estende alle pendici occidentali del massiccio del monte Sirino
e comprende le contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta.
Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade
comunali: la strada della Seta, la strada San Pietro Catania e la strada del Capraro, nonché
attraversate dalla Strada Statale n°19.
Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle
interruzioni sulla strada della Seta a valle del quartiere San Paolo, sulla contrada Canneto, ai
cedimenti visibili sulla strada del Capraro e sulla strada San Pietro Catania.
152
Anche la strada Statale n°19 non è affatto esente dal subire gli effetti del dissesto infatti
l’ENAS, Ente gestore, ha svolto periodicamente numerosi interventi manutentivi e strutturali.
Si esaminerà successivamente nel dettaglio la azione destabilizzante di alcuni laghetti o
affioramenti di acqua rinvenuti, in fase di impostazione del progetto e di sopralluogo, nelle contrade
Sa Giuseppe e Capraro.
3 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI
Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies
di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di
frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali.
Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica.
Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione
delle Crete Nere.
Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch
Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla
formazione del Saraceno.
Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore.
Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti
e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a
placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente
prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee.
Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta
quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato.
In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche
se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non
scompaginati.
La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni
molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone
relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti.
153
Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre
tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato
carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale.
Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul
quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro
ed il collettore Fistola o Prazza.
La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico
movimento tipo frana da nord verso sud.
La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi.
Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio
retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch.
Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro.
Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal torrente Gaglione
appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla esistenza di uno
sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella profonda
incisione dei massicci carbonatici.
Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il
rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua
volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono
scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti
del fiume Noce.
I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete
Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica.
Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici,
sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo
franoso.
Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’
ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari
eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”.
6.1 TERREMOTO DEL POLLINO
La mattina del 9 settembre 1998 ha avuto inizio in Basilicata, nell’area del Pollino, una
154
marcata attività sismica che si è andata poi rapidamente esaurendo nel corso dello stesso mese, ad
eccezione di qualche debole after-shock che ha tenuto in ansia la popolazione nei mesi successivi.
In particolare l’attività ha avuto inizio alle ore 08.20 con un evento di magnitudo (Md) = 3.7,
corrispondente al V grado della scala Mercalli.
Qualche ora dopo, alle 13.28 locali, si verificava l’evento più forte (main-schock) con una
Md = 4.8 ( Magitudo Locale = 5.5) corrispondente all’VIII grado della scala Mercalli.
Il Comune di Lauria è risultato vicino all’epicentro, molti danni sono stati subiti dal
patrimonio edilizio esistente e dalle chiese tant’è che l’amministrazione comunale ha
emesso, alla data del 28/09/1998 n°216 Ordinanze di sgombero interessanti 142 nuclei
familiari per circa 340 persone evacuate, così come la Chiesa Madre del rione Inferiore
intitolata a San Giacomo Apostolo, danneggiata alla cupola ed alle navate, è stata
temporaneamente chiusa al culto.
4 CARATTERSTICHE DEI TERRENI DELLE AREE DI INTERVENTO.
Le arre di intervento sono:
f) Contrada Canneto e San Pietro Catania
Si tratta delle due sponde del torrente Gglione, in tale tratto arginato con muri in gabbioni, che
evidenziano vistosi fenomeni di frana ben individuabili anche al semplice osservatore in quanto
denudate di vegetazione.
Durante la fase dei rilievi topografici si è potuto constatare la presenza di acque in quanto il
Flysch Nero costitutivo dei pendii era plastico e molle.
Inoltre la sponda destra ha tracimato le arginature ostruendo metà della sezione di deflusso.
Appare necessario ripristinare la sezione di deflusso e prevedere delle opere drenanti a
media profondità che eliminino la circolazione caotica delle acque.
Gli interventi vanno integrati con ricostruzione della vegetazione autocnona, idrosemina ecc.
g) Corso del torrente Gaglione a monte del ponte Bailey
In tale tratto del corso appare necessario eseguire delle opere trasversali di stabilizzazione.
Il ponte appare deteriorato nella sovrastruttura lignea dell’unica carreggiata, mentre le spalle
appaiono non aver subito movimenti.
155
h) Contrada Seta
Lungo la strada comunale sono evidenti fenomeni di dissesto, sintomatico un punto in cui un
fontanino pubblico è sprofondato di circa 1.5 m.
Il problema è sempre riconducibile alla circolazione delle acque e sono consigliabili opere
drenanti.
i) Contrade Capraro e San Giuseppe
Nella parte alta di queste contrade sono stati rinvenuti ristagni d’acqua formanti piccoli
laghetti e subito a valle dei ristagni sono riscontrabili denti di frana.
Si può osservare un movimento lento ma continuo della coltre flyscoide verso l’alveo del
torrente Gaglione che non risparmia la strada e mobilita anche alcuni speroni di roccia calcarea
affioranti sui pendii.
Anche in questa situazione è necessario ristabilire un riordino della circolazione delle acque
mediante reticoli drenanti.
j) Rupe al piede del quartiere San Paolo
Sul pendio al piede della zona abitata San Paolo si è verificata una frana nell’autunno
successivo all’evento sismico del 9/09/1998.
Si tratta di uno scoscendimento con colata di materiale che ha tracimato un piccolo muro di
sostegno ed ha invaso la strada comunale della Seta.
La frana è stata alleggerita in un primo tempo mediante rimozione della colata ma, essendosi
ripetuta il Comune di Lauria, con fondi ex L.R. 51/78 ha recentemente realizzato un drenaggio e
opere di convogliamento delle acque.
Le Amministrazioni Regionale e Comunale concordano nel ritenere l’intervento non ancora
esaustivo e dunque, considerata la presenza delle aree abitate a monte, appare opportuno trattare
il pendio con altri dreni e con opere di ricostruzione delle pendenze di sicurezza.
L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione
delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o
superficiale.
156
I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti:
Argilliti non alterate
Peso specifico in grani
Argilliti alterate
2.8
Peso di volume
22,6 kN/mc
20,6 kN/mc
Peso di volume del secco
20 kN/mc
17,65/mc
Contenuto naturale d’acqua
12%
25%
Limite di liquidità
37%
44%
Indice di plasticità
18%
25%
Grado di saturazione
0,87
0,95
Frazione argillosa ( 0.002 )
27%
35%
Attività colloidale
0,66
0,71
Cr = 0
Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq
Tr = 16°
157
Resistenza residua drenata
- Legge 183/89 - Lavori di Sistemazione idraulica e riequilibrio ambientale nel tratto lucano
del fiume Ofanto a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta.
1 PREMESSA
Il presente progetto di sistemazione idraulica e rinaturazione del tratto lucano del fiume
Ofanto, a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta, è stato previsto in un
programma regionale di difesa del suolo, riguardante gli interventi di cui alla legge 18 maggio
1989, n.183, approvato con D.G.R. n. 389 in data 28 febbraio 2000.
L’intervento è stato successivamente finanziato con D.M. n. 10376 del 24 ottobre 2000 e
riguarda in particolare la sponda destra del fiume in contrada Isca della Ricotta nel Comune di
Melfi.
La individuazione dell’area di intervento fu quantomai opportuna in quanto durante le
recenti eccezionali avversità atmosferiche dei mesi gennaio e febbraio 2003 si sono verificate piene
eccezionali con esondazioni delle acque in aree limitrofe alle sponde.
Per tali circostanze, l’Amministrazione comunale di Melfi, con nota n.3319 in data 10
febbraio 2003, ha segnalato al Presidente della Giunta Regionale gli effetti devastanti delle piene
del periodo ed ha chiesto all’Ufficio scrivente ed all’Ufficio Protezione Civile la predisposizione di
interventi atti a fronteggiare gli eventi calamitosi.
In tale nota si evidenzia anche la presenza in alveo di isolotti vegetati che limitano
eccessivamente la capacità di deflusso e si evidenziano i riflessi negativi delle inondazioni sulla
economia delle aziende agricole esistenti lungo il tratto lucano del fiume Ofanto.
Dai sopralluoghi effettuati in contrada Isca della Ricotta, luogo delle esondazioni, sono
emerse con chiarezza le problematiche da affrontare nello sviluppo del presente progetto esecutivo,
riconducibili sinteticamente nella necessità di costruire una arginatura in destra idraulica e nel
ripristinare sezioni di deflusso compatibili con le portate di piena, essendo l’alveo intasato da
vegetazione e da accumuli di trasporto solido.
2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA
L’area oggetto di studio e degli interventi è situata a Nord – Est del centro urbano del
Comune di Melfi, a valle dell’insediamento industriale di San Nicola, naturalmente lungo il corso
del fiume Ofanto.
Lungo la sponda destra del fiume, dopo una esigua fascia costituita da terreni ad uso
agricolo, corre la strada statale n.401 “Ofantina”.
158
Il fiume, in tale area denominata Isca della Ricotta, delimita il territorio lucano da quello
campano sito in sinistra idraulica e mentre la sponda sinistra è abbastanza alta e protetta da filari di
alberi, la sponda destra risulta quasi a raso e non riesce a contenere le acque di piena.
In sostanza il fiume, sul versante lucano, risulta essere quasi pensile e dunque espone i
terreni riparali a facili inondazioni.
Tale caratteristica si è accentuata anche per effetto della formazione di accumuli di materiale
solido al centro dell’alveo e dallo sviluppo di vegetazione all’interno delle sezioni fluviali.
La presenza di terreni coltivati e della infrastruttura stradale rende opportuno un intervento
di arginatura del fiume ed il ripristino della officiosità delle sezioni idrauliche.
E’ stata effettuata una perimetrazione del bacino sulla base delle carte I.G.M. in scala
1:100.000 S.Angelo dei Lombardi, Cerigola, Melfi.
Le sezioni di intervento sottendono una estensione del bacino pari a circa 1.340 Kmq, la
lunghezza del corso d’acqua dalle sorgenti alle aree di intervento è di circa 80 km, la piovosità è
stata valutata dalla consultazione dei tabulati della stazione idrometrica di Melfi pubblicati
dall’Istituto Idrografico delle Stato con osservazioni registrate dal 1932 al 1996.
3 CARATTERRISTICHE DEL BACINO IDROGRAFICO
Il bacino idrografico del fiume Ofanto si estende per oltre 2.700 Km², interessa tre
regioni: Campania, Basilicata e Puglia; quattro provincie Avellino, Potenza, Foggia e Bari.
Il fiume Ofanto, presenta una lunghezza pari a 170 km, così come si evince dalla delibera di
Giunta della Regione Puglia n° 6151, del 26/10/1990 istitutiva del bacino interregionale del fiume
Ofanto dove sono anche approvati gli schemi previsionali e programmatici.
Il fiume in esame nasce presso Nusco in Irpinia e dopo 165 Km si versa nell’Adriatico a
Nord di Barletta.
Come tutti i corsi d’acqua che attraversano il Tavoliere delle Puglie l’Ofanto ha un
andamento subparallelo con direzione da Sud-Ovest a Nord-Est ed presentano un tracciato
irregolare: in particolare, nella media e nella bassa esso valle l’Ofanto, assume, per alcuni tratti, un
andamento a meandri.
Dal punto di vista geografico il bacino dell’Ofanto si sviluppa in massima parte nel
complesso e tormentato ambiente geologico, morfologico e morfostrutturale dell’Appennino
lucano, in quanto la valle dell'Ofanto segna grosso modo il confine tra le due unità morfologico strutturali dell'altopiano della Murgia e del bassopiano del Tavoliere di Foggia.
La lunghezza dell’asta principale è di circa 170 Km, l’afflusso medio annua è di circa 720
mm; la emperatura media annua è di poco superiore a 14 °C.
159
I corsi d'acqua del fiume Ofanto si sviluppano in un ambiente geologico e morfostrutturale
chiaramente appenninico,
Il fiume Ofanto dopo un lungo e tortuoso peregrinare, tra le province di Avellino, Potenza,
Foggia e Bari, dopo aver raccolto le acque da un bacino di circa 2.800 Km² e attraversato il
territorio di tre regioni, sfocia in Puglia, in prossimità del golfo di Manfredonia tra i centri di
Barletta e di Margherita di Savoia. Il suo ampio bacino interessa una popolazione di circa 400.000
abitanti.
Il fiume Ofanto ha un bacino che interessa il territorio di tre regioni, Campania, Basilicata e
Puglia ed ha forma pressocché trepezoidale, superficie di 2790 Kmq
L’area del bacino in esame si colloca nella porzione settentrionale del territorio pugliese, in
cui rientrano i bacini idrografici dei corsi d’acqua aventi lo sbocco nel mare Adriatico.
Mentre nel resto del territorio pugliese il reticolo idrografico superficiale è scarsamente
sviluppato, a causa della natura fondamentalmente calcarea dei terreni, nella zona in cui scorre
l’Ofanto ossia quella pedegarganica e del Tavoliere, a causa della minore permeabilità, si sono
formati diversi corsi d’acqua, che sono caratterizzati da regime torrentizio.
Essi hanno origine nella parte nord-occidentale della regione ai confini con il Molise, la
Campania e la Basilicata, e sviluppano il loro corso prevalentemente nel Tavoliere.
La prevalente appartenenza dei bacini suddetti all’unica area idrogeologica del Tavoliere
non impedisce tuttavia una netta differenziazione delle loro configurazioni idrografiche: mentre il
bacino dell’Ofanto si sviluppa in massima parte nel complesso e tormentato ambiente geologico e
morfologico dell’Appennino lucano degli altri bacini solo le parti più montane, e per brevi tratti,
sono incise nelle unità del bordo orientale esterno alla catena appenninica.
La valle dell'Ofanto segna grosso modo il confine tra le due unità morfologicostrutturali
dell'altopiano della Murgia e del bassopiano del Tavoliere di Foggia.
Il bacino idrografico del fiume Ofanto risulta poco esteso, ma molto ampio e si sviluppa
all’interno di tre Regioni, la Campania che ospita la sorgente con una superficie complessiva pari al
20 % del territorio, segue la Regione Basilicata con il maggiore sviluppo del bacino pari al 45 % ed
infine la Regione Puglia che ospita la foce con circa il 35 % del territorio.
L’area del bacino idrografico del fiume Ofanto che raccoglie le acque di precipitazione
meteorica topograficamente compresa nei fogli 186 S. Angelo dei lombardi, dove è presente la
sorgente, 174 Ariano Irpino, 175 Cerignola, 187 Melfi, 188 Gravina in Puglia, 176 Barletta, e 165
Trinitapoli, dove è presente la foce, della Carta Topografica d'Italia, in scala 1:100.000.
160
Il fiume Ofanto, è ricordato da poeti latini, quali Livio, Orazio e Virgilio, con l’antico
nome di Aufidus flumen; è ricordato da poeti medioevali, con vari nomi tra i quali ricorrono i
termini
di
Offidi,
Aufidi,
Aufentum
ed
infine
con
il
termine
più
noto,
Ofanto.
Il fiume Ofanto, nasce dalle falde delle colline di Nusco, nei pressi di Torella dei Lombardi, in
Campania, dirigendosi verso nord - est lungo il margine settentrionale dell'altipiano delle Murge
pugliesi.
Questa non è l’unica sorgente poiché il fiume
Il bacino del fiume Ofanto non presenta una sola sorgente con elevata portata ma bensì è
alimentato da un nutrito gruppo con portate superiore a 1,0 l/s e da un gruppo considerevole di altre,
con portate minori sparse all'interno del bacino idrogeologico. La sorgente di riferimento, come gia
prima accennato, da cui nasce il fiume Ofanto è posta in prossimità dell'abitato di Torella dei
Lombardi, in località "Fontana che bolle", ( Coordinate 40°55’12” lat. Nord, 2°41’32” long. E,
quota s.l.m.: 650 m) in destra della S.S.7 al Km.349.1. Le altre principali sorgenti che alimentano il
corso d’acqua sono l’Incoronata (Coordinate: 40° 55' 12” lat. N 02° 41' 32” long.E, quota s.l.m.:
700 m), ubicata Km 360,2 della S. S. per S. Angelo dei Lombardi e Lago Saetta (Coordinate: 40°
49' 38" lat.N, 02° 54'30” long. E, quota s.l.m.820m.) ubicata al Km 398,0 della S.S. 7.
Tra gli affluenti degni di qualche rilievo si possono citare per il versante sinistro il Torrente
Isca, il Torrente Sarda, il Torrente Orata, il Torrente Osento, che scorrono nella Campania; la
Marana di Capaciotti che scorre in territorio pugliese e per il versante destro il Torrente Guana, il
Torrente Ficocchia, la Fiumara di Atella, la Fiumara di Venosa, il Torrente Olivento (Rendina) che
scorrono nel territorio della Regione Basilicata e il Torrente Locone che scorre nel territorio della
Puglia.
Gli affluenti, pur essendo di scarsa consistenza, come portata, rivestono comunque un ruolo
determinante, essi infatti assicurano il mantenimento di un delicato equilibrio idrografico e
idrogeologico all’interno del fiume, attraverso il costante apporto solido e liquido, in grado di
assicurare per l'intero anno la presenza di acqua nell'alveo, grazie al loro assetto stagionale con
carattere
torrentizio,
cosa
molto
importante
per
la
vita
del
fiume.
Lo spartiacque che delimita il bacino idrografico del fiume Ofanto è delimitato a nord - ovest,
lungo la dorsale dei Monti Carpinelli a quota 505 metri, sale poi per il Monte Forcuso a quota 899
m, piega ad ovest, prosegue verso sud e tocca il Monte Prusco posto a quota 1.453 m,
successivamente passa in corrispondenza del Monte Caruso a 1.236 m e della Sierra Carriera a
1.041, presso i centri di Nusco e Avigliano; verso sud-est il bacino prosegue con la Murgia di
Lamacupa a quota 595 m in prossimità di Minervino Murge e del monte Grosso a quota 403 m,
161
scende verso Canosa di Puglia, infine il bacino tende a chiudersi nel mare Adriatico in prossimità di
Barletta, dove sfocia.
4 CARATTERISTICHE IDROLOGICHE DEL BACINO
Le precipitazioni medie annue ricadenti all'interno di tutto il bacino risultano di notevole entità
se confrontate alle medie ricadenti in tutta la Regione Puglia.
Infatti, all'interno del bacino è stata registrata una piovosità media di 782,8 mm considerando
una serie pluviometrica che si riferisce ad un periodo compreso tra il 1921 ed il 1973 con un
massimo
di
1.102
mm
(anno
1929)
ed
un
minimo
di
523
mm
(anno
1932).
Notevole interesse risulta poi il confronto tra le precipitazioni ricadenti nell'intero bacino
idrografico della Puglia e con le precipitazioni ricadenti nella zona della Capitanata, posta a nord
del bacino del fiume Ofanto, le quali evidenziano come le precipitazioni dell'alto e medio bacino
risultano essere, mediamente, doppie di quelle esistenti su tutto il territorio pugliese.
In generale si può concludere che l'andamento idrografico è caratterizzato in prevalenza
dall'affioramento di rocce impermeabili sottoposto, per le abbondanti piogge, ad una marcata azione
di dilavamento superficiale e che il suo reticolo idrografico è ancora poco sviluppato e quindi, a
condizione che il futuro clima non si evolva in senso arido, esso è soggetto ad ampliarsi.
162
BACINO IDROGRAFICO DEL FIUME OFANTO
ampiezza del bacino = 2.764 Km²
lunghezza del fiume = 170 Km
quota sorgente s.l.m. = 715 m
tipo di foce = originariamente a delta, in rapido arretramento verso un estuario
pendenza media del fiume = 0,533 %
Regioni interessate = CAMPANIA, BASILICATA, PUGLIA
Province interessate = AVELLINO, BARI, FOGGIA, POTENZA
Comune ove è ubicata la sorgente : TORELLA DEI LOMBARDI (AVELLINO)
Centro abitato più vicino alla foce : BARLETTA (BA)
affluenti più importanti :
in destra = Torrente FICOCCHIA, Fiumara di ATELLA, Torrente OLIVENTO, Torrente
LOCONE
in sinistra = Torrente ISCA, Torrente SARDA, Torrente ORATA, Torrente OSENTO, Marana
CAPACIOTTI.
4.CARATTERI GEOLITOLOGICI DEL BACINO
163
Il bacino dell’Ofanto presenta una forma grossolanamente definita di tipo fusoide ed uno
sviluppo maggiore sul versante destro del suo bacino, in territorio campano, a causa di una
maggiore erodibilità del territorio attraversato, costituito in gran prevalenza da depositi sedimentari
sciolti, in corrispondenza della parte protesa verso sud.
Dal punto di vista morfologico-orografico nell’area considerata si riconoscono differenti
configurazioni. Infatti alle configurazioni morfologiche blande o addirittura subpianeggianti si
accompagnano i rilievi collinari della fascia pedeappenninica e della Murgia e quelli più
spiccatamente montuosi del Gargano
e del settore orientale dell’Appennino propriamente detto.
I litotipi appartenenti alle unità formazionali costituenti l’impalcatura della Catena
Sudappenninica occupano in affioramento la gran parte al bacino imbrifero del F. Ofanto, compreso
fra l’abitato di Candela a sud e la testata del corso d’acqua a nord, in prossimità dell’abitato di
Nusco dove, tramite una dorsale morfologica sviluppata in direzione antiappenninica, lo stesso
bacino del F. Ofanto resta disgiunto da quello del F.Calore.
Una propaggine di tale settore di Catena si allunga poi in direzione NO-SE, in corrispodenza
con il Subappennino Dauno. Da un punto di vista esclusivamente litologico, la media valle del F.
Ofanto, compresa fra l’abitato di Candela e la stazione ferroviaria di Aquilonia è caratterizzata dalla
presenza in affioramento di terreni appartenenti in prevalenza all’Unità delle Argille Varicolori. Più
precisamente tali terreni affiorano estesamente in un’area limitata a nord dalla faglia di importanza
regionale che si sviluppa lungo il T. Calaggio, a sud dalla congiungente l’abitato di Morra De Santis
con il M. Cervaro, a NO dalla congiungente T. Calaggio-S. Angelo de’ Lombardi e, infine, a SE dal
medio e basso versante destro del F. Ofanto. I litotipi più diffusi sono rappresentati da argille argille
marnose policrome con intercalazioni di calcari marnosi, calcareniti, brecciole calcaree ed arenarie
fortemente ricristallizzate.
Al di sopra dell’Unità delle Argille Varicolori, sempre nel settore in parola, si rinvengono
lembi più o meno estesi e disarticolati di altre formazioni a carattere tipicamente flyscioide
(prevalentemente Flysch Numidico) o di depositi marini pliocenici. La rimanente porzione valliva
del F. Ofanto e buona parte della valle della Fiumara di Atella, suo affluente di destra, sono
caratterizzate dalla presenza in affioramento di terreni clastici del ciclo Pliocene inferiore-medio,
ripiegatia sinclinale, costituiti da sabbie, argille e conglomerati, poggianti su un substrato di rocce
flyscioidi appartenenti a varie unità tettoniche.
La continuità in affioramento dei terreni flyscioidi della Catena Sudappenninica è poi
interrotta dall’apparato vulcanico del M. Vulture i cui prodotti sono per la gran parte di tipo
piroclastico.
164
La struttura a falde di ricoprimento della Catena Sudappenninica prosegue poi, a nord della
Valle del F. Ofanto, in direzione NO-SE, portandosi così al margine nord-occidentale dell’area
studiata.
In affioramento continuano ad essere presenti terreni flyscioidi ascrivibili o all’Unità delle
Argille Varicolori o a formazioni altomioceniche, quali il Flysch di Faeto, costituito da
un’alternanza di calcari, calcari marnosi, marne argillose e argille subordinate.
La storia geologica, del bacino idrografico del fiume Ofanto, incomincia durante il Cretaceo, cioè
circa 135 milioni di anni fa, quando la penisola italiana non era ancora accennata neanche nelle sue
linee essenziali.
In questo periodo geologico incominciò a formarsi alle nostre latitudini un grande bacino
marino, rimasuglio dell'antica Tetide, cioè del grande bacino derivato dalla separazione dei due
grandi continenti Pangea e Gondwana.
Nel grande bacino marino che si andava a formare molto lentamente, si accumularono delle
potenti stratificazioni di sedimenti con una notevole abbondanze di particelle costituite da carbonato
di calcio, che si andarono a depositare in corrispondenza della piattaforma continentale e lungo i
margini di quelle che all’inizio della nostra storia erano le scogliere delle terre emerse, affacciate sul
grande bacino marino in via di formazione.
E' durante l'ultimo periodo geologico dell'era terziaria (Pliocene), che l’iniziale grande bacino
sedimentario risulta ormai colmo e quello che un tempo era una grande area di deposizione marina,
in questo periodo, si trova ad essere una grande zona riempita di sedimenti accumulati spesso in
maniera caotica.
Il mare e la linea di costa hanno ormai raggiunto una configurazione prossima a quella attuale.
Sempre nello stesso periodo e nella stessa zona, si forma un’ampia area depressa creata dai
continui sollevamenti e abbassamenti delle masse crostali che continuano, nel frattempo sempre a
muoversi.
La depressione risultò molto estesa, ed i suoi limiti all’incirca risultavano compresi tra l’area
dell’attuale litorale di Termoli ed il golfo di Taranto. All’interno della depressione, si sollevarono
dal basamento, incuneandosi nella dorsale appenninica, gli antichi sedimenti carbonatici del periodo
Cretaceo .
Questi sedimenti carbonatici costituirono i rilievi calcarei del Gargano e l’altopiano delle Murge,
e con essi si generò anche tutto l’apparato di faglie all’interno del blocco carbonatico in lento
movimento.
Le strutture orogenetiche createsi sono osservabili ancora oggi.
165
5.UNITA’ IDROGEOLOGICHE E PERMEABILITA’ DEL BACINO
La distribuzione delle litofacies descritte, unitamente ai caratteri strutturali primari e secondari dei
terreni affioranti, permette di assegnare agli stessi differenziati caratteri di permeabilità in funzione
della classe di appartenenza loro assegnata.
Nell’ambito del bacino in esame quindi si riconoscono:
- depositi superficiali incoerenti a granulometria da media a fine, con permeabilità primaria
da media a bassa: a questa classe appartengono i depositi delle piane alluvionali recenti, affioranti
estesamente in corrispondenza delle piane costiere comprese tra gli abitati di Barletta e
Manfredonia, nonchè i depositi recenti ed attuali presenti lungo i fondovalle dei principali corsi
d’acqua (F. Ofanto, T.Carapelle, T. Cervaro, T. Candelaro, Fiumara di Atella, Fiumara di Venosa,
Fiumara dell’Arcidiaconata, ecc.);
- depositi superficiali incoerenti a granulometria da grossolana a media, con permeabilità
primaria da elevata a media: in tale gruppo sono compresi tutti i depositi terrazzati dei principali
corsi d’acqua che solcano il Tavoliere, i depositi marini terrazzati, nonchè le più consistenti fasce
detritiche presenti lungo il bordo settentrionale della Murgia e lungo il bordo meridionale,
occidentale e settentrionale del Gargano.
Nell’assieme i depositi appartenenti a questo gruppo caratterizzano una ampia fascia territoriale,
orientata in direzione NO-SE, definita dalla Catena Sudappenninica a SO, dal Gargano a NE e dalla
Murgia a SE;
-rocce a permeabilità primaria da media ad elevata, permeabilità secondaria elevata per
fratturazione e soluzione: rientrano in tale gruppo tutti i depositi calcarenitico-sabbiosi sia
miocenici (Calcareniti di Apricena) che plio-pleistocenici (Calcareniti di Gravina, Calcareniti di M.
Castiglione, Tufi delle Murge, Sabbie di M. Marano), affioranti in lembi di estensione variabile sia
lungo i bordi garganici che murgiani; vi appartengono inoltre le facies conglomeratiche plioceniche
(Conglomerati di Ruvo del Monte, Conglomerati di Bisaccia) affioranti più estesamente in sinistra
idraulica della fiumara di Atella, nonchè i conglomerati pleistocenici (Conglomerato di Irsina)
affioranti diffusamente sui versanti della Fiumara di Venosa. Infine, rientrano nel gruppo in parola i
depositi piroclastici del M. Vulture. Per quel che riguarda i prodotti del M. Vulture, non è stato
possibile, per esigenze grafiche evidenziare i corpi lavici del vulcano che in tal modo risultano
compresi nell’area di affioramento delle piroclastiti;
-rocce a permeabilità primaria nulla o bassa, permeabilità secondaria da bassa a media per
fratturazione, quando prevale la componente lapidea: vi appartengono tutti gli affioramenti
ascrivibili a formazioni flyscioidi mioceniche quali Flysch della Daunia, Formazione di Stigliano,
Formazione di Serra Palazzo, ecc. In affioramento, tali rocce sono distribuite, sia pure in maniera
166
discontinua, lungo un asse a direzione appenninica (NO-SE) che dai monti della Daunia si porta a
sud dell’apparato vulcanico del M. Vulture, in corrispondenza del bordo esterno della Catena
Sudappenninica;
-rocce a permeabilità primaria nulla o bassa: si estendono in affioramento su una vasta area
posta nel settore sudoccidentale della zona di studio e, in parte, al margine settentrionale. Trattasi di
limi argillosi a carattere lacustre o palustre (Laghi di Lesina e Varano) e limnovulcanico (paleolaghi
di Lioni, Venosa e Atella) o anche di argille e argillemarnose di età plio-pleistocenica (Argille
Subappenniniche) o oligo-miocenica (Unità delle Argille Varicolori).
6.CARATTERI IDROGEOLOGICI DEL BACINO
I terreni costituenti il bacino in esame sono divenuti nel corso degli anni i fortemente instabili,
con forti eterogeneità tra i singoli strati, sono emersi, dai fondali marini, raggiungendo anche quote
di rilevante entità, andando a formare in tal modo la dorsale appenninica così come la vediamo
oggi.
La costituzione geologica di tali masse, composte prevalentemente da argille e argille scagliose
con l’inclusione di grandi blocchi di natura calcarea alternati a strati di sabbie e livelli di arenarie,
conferisce ai sedimenti una estrema caoticità e vulnerabilità, predisponendo il territorio ad una
fragilità geologica molto spinta, con conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico.
Si salva parzialmente, dal dissesto idrogeologico, la parte del medio bacino compreso nella
zona delle province di Avellino e Potenza, esso si presenta generalmente più stabile, per la presenza
di sedimenti più omogenei, costituiti dai sedimenti piroclastici prodotti dall’edificio vulcanico del
Monte Vulture (1.326 m) e dalla presenza meno accentuata delle pendenze dei versanti collinari
circostanti.
Nella parte del basso bacino, il fiume scorre disegnando ampie anse tra le province di
Foggia e Bari rivestendo un ruolo geografico importante poiché funge da confine naturale, in una
regione dove mancano elementi geografici certi, il suo territorio pur non essendo molto alto è
comunque interessato da una forte instabilità geologica a causa della presenza di sedimenti sciolti
costituiti prevalentemente da argille e sabbie sciolte depositate tra i 7 e i 2 milioni di anni, l’assenza
alla base di rocce coerenti, più antiche, pone queste aree ad alto rischio idrogeologico anche se
l’acclività dei suoi versanti è relativamente molto modesta.
7.I SEDIMENTI DEL BACINO IDROGRAFICO
Le caratteristiche sedimentologiche dei terreni attraversati dal fiume sono molteplici data la
eterogeneità dei depositi sedimentari attraversati.
167
I depositi litologici dell'alto bacino sono costituiti in gran prevalenza da sedimenti sciolti
quali argille varicolori scagliose inglobanti blocchi arenacei e strati di notevoli dimensioni disposti
secondo una giacitura caotica e priva della normale successione stratigrafica degli ambienti
sedimentari.
La situazione morfologica dell'alto bacino, data la presenza dei depositi esistenti e considerata
una notevole presenza di aree incolte (65-70 %), è tale da conferire al paesaggio un aspetto morbido
ed in alcuni casi mosso con sporadiche zone ricche di vegetazione boschiva soprattutto in
corrispondenza
dei
comuni
di
S.Angelo
dei
Lombardi,
Lioni
e
Cairano.
La mancanza di vegetazione, la presenza di terreni impermeabili sciolti, le elevate
precipitazioni e l'andamento irregolare del letto conferiscono al fiume, nella zona dell'alto bacino ed
in parte nel medio, un'azione erosiva molto intensa con andamento impetuoso a carattere torrentizio.
Tra l'alta valle e la media valle si erge il complesso vulcanico del Monte Vulture, che costringe
il fiume Ofanto a deviare verso nord ed a descrivere un'ampia ansa, trasformando il suo reticolo
idrografico da dentritico in centrifugo, producendo in tal modo un'azione erosiva molto intensa
proprio sulle pendici dell'edificio vulcanico.
I sedimenti trasportati dal fiume Ofanto trovano il loro naturale epilogo nella formazione di
una costa bassa e sabbiosa, tipica dei fiumi adriatici e mediterranei in generale, contribuendo al
colmamento del golfo di Manfredonia. L'abitato di Barletta, in parte sotto il profilo geologico,
insiste proprio sui depositi di spiaggia attuali formatesi durante gli ultimi 2.000 anni.
La zona di deposito costiero, nel golfo di Manfredonia costituisce praticamente l'unica
ampia area con caratteristica d’arenile e quindi con spiccata vocazione turistica, presente nel basso
adriatico.
Sono sufficienti circa 1.000 m² d’arenile, per dare lavoro e quindi assicurare reddito ad una
famiglia per un intero anno, nell’ambito di una stagione turistica. Il litorale sabbioso che si
estende tra Manfredonia a Barletta risulta in gran prevalenza costituita da sabbie monogranulari
quarzose, provenienti dalla erosione dei sedimenti arenacei appenninici, in grado di conferire sotto
particolari condizioni di luce un aspetto brillante, mentre risultano abbondanti anche notevoli
quantità di materiali femici, (miche e feldspati), erosi dal complesso vulcanico del Monte Vulture,
che conferiscono alle sabbie una colorazione scura, ferrosa.
8 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI
Gli interventi, per le motivazioni già esposte in premessa, sono previsti in località Isca della
Ricotta nel Comune di Melfi.
168
In tale area la costituzione geologica delle terre é composta prevalentemente da argille e
argille scagliose con l’inclusione, talvolta, di blocchi di natura calcarea alternati a strati di sabbie e
livelli di arenarie, sono presenti, inoltre, sedimenti più omogenei, costituiti dai sedimenti piroclastici
prodotti dall’edificio vulcanico del Monte Vulture (1.326 m) e dalla presenza meno accentuata delle
pendenze dei versanti collinari circostanti
Tale natura conferisce ai sedimenti una estrema caoticità e vulnerabilità, predisponendo il
territorio ad una fragilità geologica molto spinta, con conseguenti fenomeni di dissesto
idrogeologico.
La mancanza di vegetazione, la presenza di terreni impermeabili sciolti, le elevate
precipitazioni e l'andamento irregolare del letto conferiscono al fiume, nella zona in esame,
un'azione erosiva molto intensa con andamento impetuoso a carattere torrentizio.
Inoltre, la attività di trasporto solido ha generato alcuni isolotti vegetati, riportati nelle
planimetrie e nelle sezioni di progetto, che impediscono il corretto deflusso delle acque, deviandolo
lungo le sponde.
Motivo delle esondazioni, verificatesi anche nel mese di febbraio 2003, risiede anche nella
circostanza che dal lato lucano la sponda destra è molto bassa ed fiume risulta pensile.
Oltre la sponda destra si ha una stretta fascia ripariale e lungo la quale scorre la strada statale
n.401 Ofantina.
Le verifiche idrauliche condotte nella fase di impostazione del progetto e poi per indagare
circa il comportamento delle opere progettate hanno portato alla individuazione delle portate di
massima piena.
La valutazione delle piene è basata, esclusivamente su modelli statisticoprobabilistici, poiché risultano carenti i dati e le osservazioni di piena nelle sezioni di interesse del
reticolo idrografico, per cui occorre soventemente ricorrere all’analisi di frequenza di precipitazioni
e portate di piena relative ad un’estesa regione, allo scopo di pervenire alla stima del periodo di
ritorno da attribuire ad uno specifico
valore assunto dalla portata o dal volume di piena in un sito del reticolo. L’insieme delle procedure,
adatte a trasferire l’informazione idrologica proveniente dai dati.
registrati in un qualunque sito ad un altro, va sotto il nome di analisi regionale;
Il progetto speciale VAPI (VAlutazione PIene) del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle
Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del CNR, patrocinato dal Ministero della Protezione Civile, si
169
propone di fornire una guida tecnica sulla valutazione delle piene, destinata a tutti gli operatori del
settore dell'Ingegneria idraulica e della difesa del suolo, basata su moderne ed affidabili
metodologie di analisi regionale.
Al fine di ottenere un controllo dei risultati ottenuti si effettuato anche un calcolo delle
portate di piena con il metodo di Gumbel.
Le sezioni di intervento sottendono una estensione del bacino pari a circa 1.340 Kmq, la
lunghezza del corso d’acqua dalle sorgenti alle aree di intervento è di circa 80 km, la piovosità è
stata valutata dalla consultazione dei tabulati della stazione idrometrica di Melfi pubblicati
dall’Istituto Idrografico delle Stato con osservazioni registrate dal 1932 al 1996.
Il tempo di ritorno Tr utilizzato è stato Tr = 100 anni, le portate di massima piena risultano
pari a circa 760 mc/sec, imesse tali portate sul modello fisico del tratto di fiume indagato è parso
subito evidente che le condizioni delle sezioni non sono in grado di smaltirle.
Si è pensato dunque di operare sia sulla conformazione delle sezioni, liberandole dagli
accumuli e dalla vegetazione ostruente, sia prevedendo un argine lungo la sponda destra per un
tratto di circa 550 m.
8.1 OPERE DI RIEQUILIBRIO AMBIENTALE
Al fine di ripristinare le corrette sezioni di deflusso si prevedono le seguenti lavorazioni:
-
abbattimento di alberi e estirpamento delle ceppaie presenti in alveo del diametro di circa cm.15
– 25, taglio degli alberi per sfoltimento nelle zone ostruite tra le sezioni indicate nelle
planimetrie e negli altri elaborati Sez, 2.a e Sez. 1 l;
-
taglio raso terra di bassa macchia palustre, paglie, rovi, canne, tamerici, salici ed altri arbusti
legnosi tra le Sezioni 2.a e 1.m;
-
esecuzione di savanella mediante sbancamento a larga sezione per apertura di nuovi canali,
allargamento ed approfondimento dei canali esistenti tra le Sezioni 2.a e 1.m, per una profondità
media calcolata dal fondo delle vene esistenti di cirac m. 0,50.
8.2 OPERE DI COSTRUZIONE DELL’ARGINE IN DESTRA IDRAULICA
Al fine di proteggere le zone coltivate e la strada statale n.401 Ofantina, per un tratto di
lunghezza pari circa a 550,00 m. viene prevista la costruzione di un argine trapezoidale con
fondazione ampia m.10,00, e profonda m. 0,50.
Le lavorazioni previste sono:
170
-
scavo a sezione obbligata eseguito con mezzo meccanico e sistemazione delle aree limitrofe tra
le Sezioni 1.a e 1.h;
-
disposizione di gabbionata metallica in fondazione della larghezza di m.10,00 e spessore
m.0,50, relativo riempimento dei gabbioni con pietrame, legatura degli angoli con punti
metallici di diametro superiore alla maglia romboidale a doppia torsione costitutiva dei
gabbioni;
-
Formazione del rilevato arginale mediante messa in opera di materiale arido di dimensioni non
superiori a 15 cm del diametro, commisto ad una percentuale del 10% di terrno vegetale, posto
in opera a strati non superiori a 30 cm e rullatura con mezzo meccanico di ciascun strato;
-
Contemporaneamente all’innalzamento degli strati del rilevato arginale formazione del nucleo
centrale di argilla co base di m. 3,00 altezza di m.3,00 e base minore in alto di m. 1,00.
-
Compattazione degli strati arginali e del nucleo con idoneo mezzo meccanico in modo da
ottenere una densità pari circa all’85% della densità massima risultante dalle prove Proctor, la
compattazione va eseguita per ogni strato di 30 cm;
-
Messa in opera di uno strato di terreno vegetale dello spessore di 25 cm, scevro da radici
infestanti, ciottoli e detriti;
-
Messa in opera di materassi metallici tipo Reno dello spessore di cm 20,00 sulla intera
superficie dell’argine: sul paramento di valle, sulla sommità, sul paramento di monte, con
collegamenti ai gabbioni di fondazione mediante tiranti del diametro superiore alla maglia
costitutiva dei gabbioni, in modo da creare una continuità strutturale tra rivestimento esterno
dell’argine e la fondazione.
8.METODI UTILIZZATI PER LA VALUTAZIONE DELLE PIENE
Nella presente relazione viene effettuata la verifica idraulica delle opere di sistemazione e
rinaturazionedel tratto lucano del fiume Ofanto mediante rimodellamento dell’alveo e protezione
della sponda destra a valle di san Nicola Di Melfi.
Per effettuare tale verifica è indispensabile la conoscenza approfondita del fenomeno di
piena di tale fiume mediante la determinazione della portata di piena e la stima del rischio del suo
superamento in base al in il periodo di ritorno
La valutazione delle piene è basata, esclusivamente su modelli statistico-probabilistici,
poiché risultano caerenti i dati e le osservazioni di piena nelle sezioni di interesse del reticolo
idrografico, per cui occorre soventemente ricorrere all’analisi di frequenza di precipitazioni e
portate di piena relative ad un’estesa regione, allo scopo di pervenire alla stima del periodo di
ritorno da attribuire ad uno specifico
171
valore assunto dalla portata o dal volume di piena in un sito del reticolo. L’insieme delle procedure,
adatte a trasferire l’informazione idrologica proveniente dai dati.
registrati in un qualunque sito ad un altro, va sotto il nome di analisi regionale;
Il progetto speciale VAPI (VAlutazione PIene) del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle
Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del CNR, patrocinato dal Ministero della Protezione Civile, si
propone di fornire una guida tecnica sulla valutazione delle piene, destinata a tutti gli operatori del
settore dell'Ingegneria idraulica e della difesa del suolo, basata su moderne ed affidabili
metodologie di analisi regionale.
Per la determinazione delle grandezze connesse al fenomeno di piena nella presente
relazione viene utilizzato il metodo ed i parametri riportati nella pubblicazione intitolata “
Valutazione delle piene nella Regione Puglia “ a cura di V.A.Copertino e M.Fiorentino svolto
dall’Unità Operativa 1.21 (G.N.D.C.I. LINEA 1), del Dipartimento di Ingegneria e Fisica
dell’Ambiente (DIFA) dell’Università della Basilicata (USB) nel periodo 1988-1991.
Nell'impostare l'indagine sulle piene, sono state definite le grandezze ideologiche
di
interesse, ossia la massima precipitazione di assegnata durata eil massimo valore annuale della
portata in una sezione del fiume oggetto dell’intervento.
Detta X la variabile casuale che fornisce i valori assunti dalla grandezza idrologica di
interesse e tenuto conto che valore x di X possa essere superato, . La stima xT del valore di x,
corrispondente ad un assegnato periodo di ritorno T, può essere effettuata, in base ai dati
disponibili, mediante una stima puntuale, oppure ricorrendo all’analisi regionale, che utilizza le
serie storiche presenti all’interno della regione in cui il sito ricade. Nel primo caso si ha, nel
secondo una stima regionale.
Gli stimatori puntuali sono utilizzabili da soli soltanto nel caso in cui la serie storica delle
osservazioni della grandezza idrologica di interesse è sufficientemente lunga (generalmente 30-40
anni di osservazione) ed affidabile, per poter ritenere che gli errori di campionatura, dovuti alla
limitatezza della serie, siano accettabili. Nella presente relazione è stata utilizzata quale modello di
calcolo quello denominato “teoria degli eventi estremi, nota in idrologia grazie a Gumbel (1958) ed
in particolare il modello probabilistico a due parametri, che vanno sotto il nome di legge di Gumbel.
L’approfondimento degli studi idrologici negli ultimi venti anni ha però messo in evidenza i limiti di
questi modelli.
Se non si dispone di dati direttamente osservati nel sito di interesse per il caso in esame, è
necessario ricorrere a tecniche di analisi regionale dell’informazione idrologica.
Nella presente relazione, ai fini della valutazione delle piene, sono stati utilizzati le formule ed i
parametri determinati nel citato studio e, tramite l’analisi regionale, e quindi la legge di dipendenza dei
parametri del modello probabilistico (e.g. TCEV) dai parametri della distribuzione di probabilità delle piogge
172
(e.g. Gumbel o TCEV) di durata pari al tempo critico del bacino idrografico sotteso dalla sezione di
interesse.
La metodologia di analisi regionale adottata nel citato studio utilizza come modello
probabilistico la distribuzione dei valori estremi a doppia componente (TCEV), che si è verificato
capace di spiegare alcune piene straordinariamente elevate osservate nel passato, particolarmente in
quelle serie di dati aventi un’elevata asimmetria, non spiegata dalla distribuzione del valore estremo
del primo tipo la legge di Gumbel.
Si riporta la metodologia di analisi riportata nel citato studio:
“La procedura seguita è riconducibile a quella classica della piena indice, modificata secondo un
approccio di tipo gerarchico (Fiorentino et al., 1987), che utilizza tre differenti livelli di scala
spaziale per la stima dei diversi parametri del modello probabilistico: ad ogni livello gerarchico si
considerano contemporaneamente
tutte le serie storiche ricadenti nella zona in esame, per la stima del parametro caratteristico di quel
determinato livello. L’impiego di una tale tecnica di gerarchizzazione permette di volta in volta la
stima di un numero ridotto di parametri da un numero elevato di dati, rendendo i risultati più
affidabili. In particolare si definiscono tre livelli di regionalizzazione: i parametri di forma della
distribuzione di probabilità sono stimati su base interregionale; il parametro di scala è stimato su
base regionale e conduce alla stima del coefficiente di variazione delle piene annuali; il parametro
di locazione è stimato su scala di bacino e conduce alla stima della piena indice, cioè la media delle
piene annuali.
La metodologia descritta è stata applicata prima di tutto all’analisi regionale delle piogge
giornaliere, poi a quella delle piogge orarie (1, 3, 6, 12, 24). I risultati dell’analisi pluviometrica, che pur
conservano dignità autonoma ai fini della valutazione degli eventi estremi, sono stati presi successivamente a
riferimento per l’analisi regionale delle portate di piena”.
Nella valutazione dei deflussi di piena è necessario considerare la risposta idrologica del
bacino ad un evento di pioggia: in particolare tale parametro è condizionato dai caratteri
geomorfologici dei bacini e dei relativi reticoli idrografici.
Tali caratteri geomorfologici determinano il tempo di ritardo, definito come distanza tra i
baricentri dell'idrogramma di piena dovuto ad una precipitazione e del solido di precipitazione
efficace che ha provocato detta piena.
Nella presente relazione viene determinato tale parametro mediante l’utilizzo delle formule
riportate nel citato studio.
9.CALCOLO DELLA MEDIA DELLA DISTRIBUZIONE DEI MASSIMI ANNUALI
DELLA PORTATA DI PIENA (METODO VAPI)
173
Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del Fiume Ofanto,
oggetto dell’intervento in progetto.
In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici del bacino
idrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima annuale al colmo di
piena, è stata utilizzato un semplice modello di regionalizzazione basato su una formula di tipo
razionale, la cui descrizione è riportata nel testo citato nella introduzione.
Esso esprime un legame correlativo tra la piena indice x , la superficie del bacino e il valore
medio, I(tr), dei massimi annuali delle intensità di pioggia puntuali di durata pari al tempo di ritardo
caratteristico del bacino. Questo modello, empiricamente proposto da Rossi e Versace [1982], ha
anche trovato successivamente i supporti teorici che ne rendono più affidabile l'applicazione
[Fiorentino et al., 1987; Villani ].
La formula razionale viene generalmente scritta come:
Q = I(tr) A* C∗ / 3.6 (1)
in cui x è espressa in m3/s, I(tr) in mm/h, A in Km2, tr in ore. C∗ è un coefficiente, detto
probabilistico di piena, che porta in conto, oltre all'effetto naturale di laminazione del picco di piena
rispetto al picco di pioggia, l'effetto di riduzione areale delle piogge e le perdite idrologiche nel
bilancio di piena, dovute principalmente al fenomeno dell'infiltrazione nel suolo ed a quello
dell'intercettazione da parte della vegetazione. Per l'applicazione della (10.19) è richiesta pertanto la
conoscenza del tempo di ritardo tr, delle curve di probabilità pluviometrica e delle modalità con cui
l'eventuale variabilità di C∗ dipende dalle dimensioni del bacino idrografico e dalle sue
caratteristiche morfologiche, geolitologiche e d'uso del suolo.
Per la valutazione del tempo di ritardo di un evento di piena, che si intende la distanza
temporale tra i baricentri dell'idrogramma di piena superficiale e dello ietogramma efficace che lo
ha generato e che, per tempo di ritardo caratteristico, tr, del bacino idrografico, si intende il valore
medio a cui questo tende all'aumentare del periodo di ritorno della portata al colmo
dell'idrogramma. Per i bacini pugliesi si è inoltre ricavato
tr =0 .344 A0.5 (2)
Nel caso in esame, poiché risulta essere A= 1340 Kmq (vedi Fig.2.1, 2.2, 2.3 in allegato) si
ottiene che tr=12.6 ore.
Per quanto riguarda le curve di probabilità pluviometrica del bacino idrografico in esame, nello
studio richiamato nella introduzione, l'analisi regionale dei massimi delle precipitazioni di diversa
durata, ivi comprese le giornaliere, è stata condotta attraverso la preventiva suddivisione dell'area di
studio in zone e sottozone omogenee ed effettuata in base all’analisi delle massime precipitazioni
giornaliere, per le quali si dispone del maggior numero di serie uniformemente distribuite nella
174
regione. L’estensione della validità di tale suddivisione anche all’interpretazione delle pioggie di
durata inferiore a quella giornaliera, è stata poi condotta e verificata sulla scorta delle informazioni
fornite dai dati delle precipitazioni di durata inferiore al giorno, registrate alle stazioni
pluviografiche, che sono di norma in numero più limitato.
ha portato all'espressione r
Seguendo la procedura proposta, le aree omogenee individuate e parzializzate al terzo livello
di regionalizzazione, nel quale si analizza la variabilità spaziale del parametro di posizione (media,
moda o mediana) delle serie storiche in relazione a fattori locali.
A tal fine i bacini di interesse della Regione Puglia, sono state suddivise in quattro zone
pluviometriche omogenee, la cui delimitazione grafica è riportata nella Figura 1.
In analogia ai risultati classici della statistica idrologica (Viparelli, 1964), per ogni sito è possibile
legare il valore medio xt dei massimi annuali della precipitazione media di diversa durata t alle
durate stesse, attraverso la ben nota relazione:
h(t)= a* t n
essendo a ed n due parametri variabili da sito a sito. Ad essa si dà il nome di curva di probabilità
pluviometrica.
Per la Zona 4, così come individuata attraverso l’analisi regionale, l’espressione della curva di
probabilità pluviometrica risulta essere la seguente:
h(t) = 24.70 t0.256
Da cui essendo tr= 12.6 ore
Si ottiene che
h(tr)= 24.70 tr0.256=
Pertanto
I(tr)= h(tr)/tr=24.70 tr0.256-1=24.7*12.60.256-1=24.7*0.161=4 mm/h
Al fine di pervenire alla stima della piena indice in una sezione fluviale nella quale non si
dispone di osservazioni dirette di portata resta ancora da analizzare la variabilità del coefficiente
probabilistico di piena C∗ nell'area di studio.
175
L'esperienza suggerisce che C∗ è generalmente piuttosto stabile in una regione, con valori che
tendono a ridursi solo per la presenza nel bacino di aree a permeabilità secondaria molto elevata (v.
cap. 3) oppure per la presenza di estese superfici boschive.
Nello studio richiamato nell’introduzione è stato determinato un valore di C∗ medio
regionale pari a 0.205.
Pertanto sostituendo nella formula razionale i dati misurati o calcolati si ottiene per la sezione di
verifica:
Q = I(tr)* A* C∗ / 3.6= 4*1340*0.205/3.6=305 mc/s
10.CALCOLO DELLA PORTATA MASSIM AL COLMO DI PIENA (METODO VAPI)
L'analisi idrologica dei valori estremi delle precipitazioni e delle piene in Puglia è stata
effettuata nel Rapporto Campania attraverso una metodologia di analisi regionale di tipo gerarchico,
basata sull'uso della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia componente (o, con un
acronimo inglese, TCEV, Two-Component Extreme Value). Tale procedura si basa sulla
considerazione che esistono zone geografiche via via più ampie che possono considerarsi omogenee
nei confronti dei parametri statistici della distribuzione, man mano che il loro ordine aumenta.
Indicando con X il massimo annuale di una delle grandezze idrologiche di interesse, come le
portate di piena al colmo Q con XT il valore massimo o di X corrispondente ad un prefissato
periodo di ritorno T in anni, si può porre:
XT = KT* µ(X)
ove:
KT = fattore probabilistico di crescita, costante su ampie aree omogenee;
µ(Q)= media della distribuzione dei massimi annuali della variabile Q
In particolare, per la specificazione della legge di variazione di KT con il periodo di ritorno T, si
farà riferimento alla espressione della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia
componente (TCEV), che nel passato si è dimostrata particolarmente adatta all’interpretazione
statistica dell’occorrenza e della magnitudine degli eventi estremi eccezionali.
La valutazione del valore xT della variabile X (massimo annuale della precipitazione giornaliera),
di ssegnato
Per semplificare la valutazione del fattore di crescita vengono riportati, nella tabella che segue, i KT
relativi ai valori del periodo di ritorno più comunemente adottati nella pratica progettuale.
Fissato un tempo di ritorno Tr=100 anni si ottiene che KT= 2.5
176
Tr(anni)
KT
5
10
20
30
40
50
100
500
1000
1.3
1.5
1.8
2
2.1
2.2
2.5
3.1
3.4
Q100= KT* µ(X )=2* Q=305*2.5= 760 mc/s
11.DETERMINAZIONE DEGLI AFFLUSSI CON STIMATORE PUNTUALE (LEGGE DI
GUMBEL)
Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame,
vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla
Stazione Pluviometrica di Cogliandrino registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire dagli
anni ‘40 e pubblicati fino al 1988.
TOTALE OSSERVAZIONI N.=55
PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA
"Località=
177
Melfi
"quota m=531
"Bacino="OFANTO
ANNI
t=1 ora
T=3 ore
t=6 ore
t=12 ore
t=24 ore
1932
1933
1935
1936
1938
1939
1940
10.8
17.4
19.4
29
28.2
25.4
28
11.2
26.2
20.4
44.6
35.4
51.2
28
15
31.2
23.4
44.6
45
62.8
42.6
19.4
46.4
34
44.6
86
63
52
22.2
52
47.8
50.8
146
63
72.8
1941
1942
1946
1947
1948
1950
1952
1953
1954
1955
1956
1957
1958
1959
1960
1961
1963
1964
1966
1967
1968
1969
1970
1971
1972
1973
1974
14
14.6
25.2
37.4
28
10
24.8
18.4
20
29.8
14
18
17.4
28.4
16
12.6
61
26.4
22.8
23.4
20.4
32.2
14.6
14.6
41.6
39
26.4
29.6
14.6
33
42.4
34.6
18.6
25
28.2
23.8
35.2
18.4
30.4
20
47.8
24.4
21.2
83
29.4
30.2
28.8
22
35.6
21.4
29.4
58.6
74
40.4
38.4
20.6
35
42.6
34.6
26
32.6
32.2
36.2
61.8
29.4
45.8
26.2
58.8
29.2
27.2
87.2
29.4
32
28.8
26.2
35.6
36.2
52
58.8
91.6
53.6
61
37.6
43.2
42.6
34.8
41.4
50
40.4
44
97.4
51.4
56.6
43.4
72.6
34.8
30.4
92.4
41.4
36.2
28.8
26.2
46
55
95.4
58.8
117
53.6
80.8
54
76.8
58
61.6
55.6
68.8
58
58.8
123
79.8
82.8
51
83.6
50
46.2
94.6
41.6
53.6
38.6
41.6
58.8
73.2
168.4
58.8
118.4
53.6
PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA
"Località=
1975
1976
1977
1978
1980
1981
1982
1983
1984
1985
1986
1987
1988
1989
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
178
Melfi
"quota m=531
33.4
29.6
36.0
25.8
14.0
20.8
12.8
17.4
10.8
12.2
14.8
14.2
35.4
28.2
20.0
20.0
20.6
50.0
61.4
10.8
50.6
64.0
87.0
37.8
29.2
24.4
20.4
34.0
17.6
20.0
19.2
19.0
33.4
54.0
34.8
45.0
35.2
31.0
85.2
65.0
20.0
"Bacino="OFANTO
70.0
73.8
87.0
44.2
32.4
25.6
37.8
38.0
34.2
38.0
21.8
70.0
85.7
87.0
44.2
37.8
25.6
46.0
55.2
94.4
104.8
87.0
44.8
42.4
40.6
50.0
90.0
63.0
25.4
110.2
28.0
55.0
87.4
42.0
71.4
45.4
37.4
85.4
65.0
67.6
57.4
67.6
97.0
73.6
45.6
92.0
65.2
90.8
73.0
94.6
109.8
110.2
49.8
119.6
71.4
Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame,
vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla
Stazione Pluviometrica di Melfi registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire dagli anni ‘30 e
pubblicati fino al 1996.
L’elaborazione dei dati pluviometrici relativi ad eventi di durata superiore all’ora(1,3, 12 e
24 ore) è indispensabile per determinare l’altezza di pioggia che, con data probabilità, può
verificarsi in un’area: tale valore viene utilizzato per la determinazione diretta delle portate di colmo
o massima piena, laddove manchino misure dirette di portata.
L’analisi statica condotta, consente di determinare la cosiddetta Curva Segnalatrice di
Possibilità Climatica, la quale, prefissato un determinato Tempo di ritorno (T) dell’evento ,
permette di correlare le altezze di pioggia (h) con le relative durate (hp).
Lo studio della distribuzione statistica degli eventi metereologici relativi a intervalli di
tempo prefissati sulla base di un procedimento che verrà successivamente chiarito, riveste un
notevole interesse per la valutazione del Tempo di ritorno di un determinato evento.
Tale parametro, estremamente importante dalla fase progettuale a quella di verifica di una
determinata opera, esprime un indicatore di rischio, espresso come durata media in anni del periodo
in cui il valore assegnato Xd della variabile viene superato una sola volta ed è legato alla probabilità
che l’evento (x) non superi il valore Xd, cioè P(x<Xd), dalla relazione sottostante
P(x<Xd) = 1-(1/T)
Risulta che il Tempo di ritorno T = 1/[1- P(x<Xd)].
Per ciascuna popolazione pluviometrica di una determinata durata, occorre conoscere la
legge di variazione di P(x<Xd): a questo scopo sono state proposte varie relazioni di
rappresentazione della distribuzione di valori estremi in relazione alle differenti leggi
probabilistiche scelte a rappresentare la distribuzione stessa.
Si è ipotizzato che la distribuzione statistica delle piogge massime annue relative ad un
determinato intervallo di tempo, segua la “ legge dei valori estremi “di Gumbel:
-y
P(h) = e
-e
dove la variabile ridotta y=α*(h-ε) e nella quale i parametri ε ed α, corrispondenti rispettivamente
alla moda e ad una misura della dispersione, espressi rispetto alla µ(h) e allo scarto quadratico
medio σ(h) della variabile h sono:
179
α= π/(61/2 * σ(h))
ε= µ(h)-c/α
con c=0.57722 corrispondente alla costante di Eulero.
Attraverso tale elaborazione per ciascuna elaborazione di dati pluviometrici , relativi ad un
determinato tempo di pioggia è possibile ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento
meteorico con un Tempo di ritorno T pari a quello prefissato.
A sua volta l’insieme delle coppie di valori h e t, con un tempo di ritorno T, possono essere
raccordati con una legge di regressione del tipo
h=atn
(1)
dove:
h= altezza di pioggia (mm.)
t= durata della precipitazione (ore)
a,n= parametri il cui valore dipende dalle caratteristiche pluviometriche della zona.
La (1) corrisponde come ricordato alla cosiddetta Curva di possibilità climatica relativa ad
un determinato tempo di ritorno (T). Questa curva risulta funzione dell’esponente (n) e cioè:
- n>0 curva crescente;
- n<0 curva decrescente.
La curva (1) è una curva interpolante non lineare nei parametri, che comunque, attraverso un
procedimento di anamorfosi, risulta linearizzabile. Passando infatti ai logaritmi si ha:
log(h)= log(a)+nlog(t) (2)
Tale espressione è del tipo :
y=Ao+A1x
dove : y=log (h)
180
x=log(t)
(3)
Ao= log(a)
A1=n
Pertanto l’esame della curva non lineare (1) è stato ricondotto all’esame della retta (3) ;
applicando alla (3) il metodo dei minimi quadrati sono stati valutati le costanti (Ao) ed (A1) e
quindi le costanti (a) e (n).
Precipitazioni regolarizzate GUMBEL
Tempo di ritorno
t=1 ora
t=3 ore
t=6 ore
t=12 ore
5 anni
hmax=
34.00 mm
51.12 mm
59.33 mm
73.38 mm
10 anni
hmax=
41.31 mm
62.78 mm
70.94 mm
87.71 mm
20 anni
30 anni
hmax=
48.32 mm
73.96 mm
82.08 mm
101.46 mm
hmax=
52.36 mm
80.39 mm
88.48 mm
109.37 mm
t=24 ore
LEGGE DI
PIOGGIA
96.46 mm h=34.45*t^0.32
115.87 mm h=42.01*t^0.3109
134.48 mm h=49.27*t^0.3067
145.19 mm h=53.45*t^0.3048
50 anni
hmax=
57.40 mm
88.43 mm
96.49 mm
119.26 mm
158.57 mm h=58.67*t^0.3028
100 anni
hmax=
64.20 mm
99.27 mm
107.30 mm
132.59 mm
176.63 mm h=65.71*t^0.3005
200 anni
hmax=
70.98 mm
110.08 mm
118.06 mm
145.88 mm
194.62 mm h=72.72*t^0.2988
500 anni
hmax=
79.92 mm
124.33 mm
132.26 mm
163.41 mm
218.35 mm h=81.98*t^0.2968
1000 anni
hmax=
86.68 mm
135.11 mm
143.00 mm
176.65 mm
236.29 mm h=88.97*t^0.2957
75 anni
hmax=
61.38 mm
94.78 mm
102.82 mm
127.06 mm
169.15 mm h=62.79*t^0.3014
La curva di possibilità climatica determinata con tempo di ritorno di 30 anni è la seguente:
hT=30=53.45*t^0.3048
Per l’analisi del rischio di esondazione sono stati presi in considerazione un tempo
di ritorno pari a 100 anni, come limite di rischio cautelativamente accettabile in relazione alle
opere realizzate.
Nell’espressione sopra riportata i valori di pioggia sono in mm. ed il tempo in ore. Questa
curva permette di calcolare la pioggia per un assegnato valore di durata e quindi la pioggia critica
una volta calcolato il tempo di corrivazione del bacino idrografico in esame
Utilizzando il metodo razionale per la determinazione della portata al colmo, prefissato il tempo di
ritorno (T), è necessario conoscere il tempo di corrivazione tc del bacino idrografico dell’area in cui
vengono effettuate le analisi idrogeologiche e litologiche.
S’intende come tempo di corrivazione tc, rispetto ad una determinata sezione di un corso
d’acqua il tempo necessario affinché una particella d’acqua caduta sui punti più distanti della
superficie scolante raggiunga la sezione di chiusura in analisi per la determinazione della portata
massima probabilistica in funzione del tempo di ritorno considerato.
Il tempo di corrivazione viene ad assumersi inoltre quale tempo che una volta eguagliato dalla
durata delle precipitazione determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella
sezione di analisi.
In poche parole la determinazione del tempo di corrivazione definito come tc immesso nella
legge di pioggia per quel determinato tempo di ritorno h=a*t^n ponendo t= tc, permetterà di
determinare l’altezza di precipitazione h=hcritica con la quale poi calcolare la portata massima.
181
Il tempo di corrivazione (tc) può essere calcolato attraverso diverse formule, tra cui quella proposta
da Giandotti:
tc = [4 · (A^ 0,5) + 1,5 · L] / [0,8 ·( (Hm - Ho) ^0,5)]
dove:
•
A [Km2] rappresenta l'area del bacino sottesa alla sezione di calcolo,
•
L [Km] è l'estensione del percorso più lungo che deve compiere la singola particella
d'acqua per raggiungere la sezione suddetta,
•
Hm [m s.l.m.] è la quota media del bacino,
•
Ho [m s.l.m.] è la quota della sezione di chiusura,
•
(Hm - Ho) [m] è la quota media del bacino riferita alla sezione di calcolo.
DETERMINAZIONE TEMPO DI
CORRIVAZIONE
BACINO:
Ofanto
SEZIONE:
Melfi
DATI SUL BACINO IMBRIFERO
Superficie scolante
A=
Lunghezza percorso idraulico più lungo
L=
1340.00Kmq
80.00Km
zmax=
1350.00m
zmin=
500.00m
Zmed=
550.00m
∆H=
50.00m
tc=
47.10ore
Tempo di corrivazione:
Giandotti
Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del torrente Frida oggetto
dell’intervento in progetto.
In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici del
bacinoidrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima piena,
prefissato determinato Tempo di ritorno T, è stata utilizzato il metodo razionale, che fornisce il
valore della portata di piena Q [m3/s], mediante l’espressione
Qmax = c * h * S * k / tc
Dove:
c=coefficiente di deflusso=0.4
182
S= superficie del bacino idrografico sotteso alla sezione in esame (ha)
h=altezza critica per l’assegnato tempo di ritorno (mm)
tc= tempo di corrivazione
k = fattore che tiene conto della non uniformità delle unità di misura usate: nell'ipotesi di adottare le
grandezze con le unità di misura citate k = 0,2777
DETERMINAZIONE PORTATA MASSIMA
N.B.: Inserire i coefficienti delle rette interpolanti ottenuti nel grafico ed il coefficiente di deflusso
0.40 S (kmq)=
1340
tc=
47.10
h
ic
Q
Viparelli
Deflusso
C=
Tr
a
n
5
10
34.44561552
42.01449146
0.3200
0.3109
47.10
47.10
118.17
139.15
2.51
2.95
373.544
439.881
1350.00
1350.00
345.81
394.94
0.26
0.29
38.14
43.56
20
49.27364214
0.3067
47.10
160.59
3.41
507.639
1350.00
449.42
0.33
49.57
30
53.44933448
0.3048
47.10
172.92
3.67
546.628
1350.00
480.86
0.36
53.03
50
58.6689166
0.3028
47.10
188.34
4.00
595.374
1350.00
520.21
0.39
57.37
100
65.70889731
0.3005
47.10
209.14
4.44
661.132
1350.00
573.38
0.42
63.24
200
72.72292492
0.2988
47.10
229.87
4.88
726.659
1350.00
626.42
0.46
69.09
500
81.97631032
0.2968
47.10
257.22
5.46
813.118
1350.00
696.47
0.52
76.81
1000
88.96963589
0.2957
47.10
277.90
5.90
878.467
1350.00
749.46
0.56
82.66
75
tc
47.10
tc
h
ic
Q
1350.00
3
Pertanto Q100= 661 m /sec con Tr=100 anni
Nella verifica idraulica verrà pertanto utilizzato il valore Qmax=760 mc/s
12.VERIFICA IDRAULICA
La verifica idraulica è stata condotta attraverso l’analisi di moto gradualmente vario,
attraverso l’utilizzo di un programma di calcolo denominato HEC-RAS.
Sono state implementate le condizioni geometriche attraverso l’introduzione di n.8 sezioni
rilevate nell’area di interesse.
La verifica è stata condotta per portate di piena calcolate con Tr=100 anni.
Come condizioni al contorno per l’implementazione della verifica sono state prese in
considerazione l’altezza critica determinata in condizioni di moto uniforme per le sezioni iniziali e
finali. Nella determinazione della velocità di deflusso con la formula di Gauckler-Strickler si è
adottato un coefficiente di scabrezza n=0.035 per corsi d’acqua naturali in cattive condizioni di
manutenzione.
Conclusioni
183
Dalle verifiche effettuate seppure si evidenzia che nel tratto interessato dall’intervento con la
portata calcolata per Tr=100 non si ha né l’esondazione degli argini nè l’allagamento delle aree
golenali, ma la portata di piena viene contenuta nella sezione del fiume così come ottenuta dopo il
rimodellamento mediante la realizzazione delle savanelle e dell’argine si ritiene comunque che la
verifica sia e che con l’intervento progettato si sia ottenuto l’obiettivo del raggiumento di un
sufficiente grado di sicurezza dal punto di vista idraulico in caso di piena dell’Ofanto.
Per ogni sezione è riportato il relativo tabulato di calcolo per i profili per portate a 100 anni
con i relativi parametri e caratteristiche idrauliche.
Elaobati grafici
1. Verifiche sezioni in condizioni di moto gradualmente vario per Tr=100 anni
2. Sezioni grafiche di verifica con la massima quota del pelo libero per Tr=100 anni
Edit Downstream Reach Lengths
River Station LOB
Channel
1
11
30
2
10
14.9
3
9
28.5
4
8
54.2
5
7
87.4
6
6
82.7
7
5
100.3
8
4
83.5
9
3
55.6
10
2
50
11
1
250
12
0
0
ROB
30
14.9
28.5
54.2
87.4
82.7
100.3
83.5
55.6
50
250
0
Bank Stations Table
River Station Left Bank Sta
Right Bank Sta
1
11
25.64
78.5
2
10
20.07
89.87
3
9
34.45
114
4
8
34.45
104.14
5
7
52.48
138.79
6
6
67.57
171.09
184
30
14.9
28.5
54.2
87.4
82.7
100.3
83.5
55.6
50
250
0
7
8
9
10
11
12
5
4
3
2
1
0
21.01
34.35
50.57
54.75
47.74
47.74
HEC-RAS Plan: Plan 01 River: ofanto Reach: isca
Reach
isca
isca
isca
isca
isca
isca
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
Plan: Plan 01
185
ofanto
167.9
164.47
167.53
167.39
174.93
172.25
Profile: TR=100 anni
Froude #
E.G. Slope Vel Chnl
Flow Area Top Width Chl
(m/m)
(m/s)
(m2)
(m)
6 TR=100 anni
0.000428
1.58
496.93
125.56
0.24
7 TR=100 anni
0.000938
2.17
352.78
93.03
0.34
8 TR=100 anni
0.001348
2.6
301.89
83.46
0.41
9 TR=100 anni
0.001024
2.35
331.35
83.47
0.36
10 TR=100 anni
0.001138
2.46
322.02
83.14
0.38
11 TR=100 anni
0.001762
3.08
256.16
64.38
0.47
Plan: Plan 01 ofanto isca RS: 0 Profile: TR=100 anni
203.5 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.82 Wt. n-Val.
0.035
202.68 Reach Len. (m)
202.68 Flow Area (m2)
189.12
0.010385 Area (m2)
189.12
760 Flow (m3/s)
760
115.74 Top Width (m)
115.74
4.02 Avg. Vel. (m/s)
4.02
1.92 Hydr. Depth (m)
1.63
7457.8 Conv. (m3/s)
7457.8
Wetted Per. (m)
116.63
200.75 Shear (N/m2)
165.13
Stream Power
1 (N/m s)
663.61
Cum Volume
(1000 m3)
Cum SA (1000
m2)
River Sta
Profile
isca RS: 1
Profile: TR=100 anni
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
205.42
0.57
204.85
204.51
0.005784
760
120.33
3.33
4.1
9993.5
250
200.75
1
1.9
0.03
Element
Left OB
Channel
Right OB
Wt. n-Val.
0.035
0.035
Reach Len. (m)
250
250
250
Flow Area (m2)
228.01
0.02
Area (m2)
228.01
0.02
Flow (m3/s)
760
0
Top Width (m)
119.11
1.22
Avg. Vel. (m/s)
3.33
0.16
Hydr. Depth (m)
1.91
0.02
Conv. (m3/s)
9993.4
0.1
Wetted Per. (m)
120.01
1.22
Shear (N/m2)
107.76
1.14
Stream Power (N/m s)
359.18
0.18
Cum Volume (1000 m3)
52.14
0
Cum SA (1000 m2)
29.36
0.15
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 2
Profile: TR=100 anni
205.51 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.11 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.4 Reach Len. (m)
50
50
50
Flow Area (m2)
11.84
463.87
50.52
0.000434 Area (m2)
11.84
463.87
50.52
760 Flow (m3/s)
8.34
707.26
44.4
150.21 Top Width (m)
8.58
112.64
29
1.44 Avg. Vel. (m/s)
0.7
1.52
0.88
4.65 Hydr. Depth (m)
1.38
4.12
1.74
36464.5 Conv. (m3/s)
400.3
33934.1
2130.1
50 Wetted Per. (m)
9.21
113.22
30.88
200.75 Shear (N/m2)
5.48
17.45
6.97
1.06 Stream Power (N/m s)
3.86
26.61
6.13
0.05 Cum Volume (1000 m3)
0.3
69.44
1.27
0.05 Cum SA (1000 m2)
0.21
35.15
0.91
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 3
Profile: TR=100 anni
205.54 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.11 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.43 Reach Len. (m)
55.6
55.6
55.6
Flow Area (m2)
24.21
469.44
37.43
0.000453 Area (m2)
24.21
469.44
37.43
760 Flow (m3/s)
24.03
714.95
21.02
168.94 Top Width (m)
10.58
116.96
41.39
1.43 Avg. Vel. (m/s)
0.99
1.52
0.56
4.73 Hydr. Depth (m)
2.29
4.01
0.9
35723.2 Conv. (m3/s)
1129.5
33605.6
988
55.6 Wetted Per. (m)
11.6
118.37
42.44
200.7 Shear (N/m2)
9.26
17.6
3.91
1.08 Stream Power (N/m s)
9.19
26.81
2.2
0.02 Cum Volume (1000 m3)
1.3
95.38
3.71
0 Cum SA (1000 m2)
0.75
41.53
2.86
Plan: Plan 01
isca RS: 4
186
ofanto
Profile: TR=100 anni
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
Plan: Plan 01
ofanto
205.59 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.13 Wt. n-Val.
0.035
0.035
205.46 Reach Len. (m)
83.5
83.5
83.5
Flow Area (m2)
442.74
28.29
0.000652 Area (m2)
442.74
28.29
760 Flow (m3/s)
728.57
31.43
144.53 Top Width (m)
129.97
14.56
1.61 Avg. Vel. (m/s)
1.65
1.11
5.06 Hydr. Depth (m)
3.41
1.94
29761 Conv. (m3/s)
28530.2
1230.8
83.5 Wetted Per. (m)
130.71
17.14
200.4 Shear (N/m2)
21.66
10.55
1.02 Stream Power (N/m s)
35.64
11.73
0.04 Cum Volume (1000 m3)
2.31
133.47
6.46
0.01 Cum SA (1000 m2)
1.19
51.84
5.2
isca RS: 5
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
205.64 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.08 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.56 Reach Len. (m)
100.3
100.3
100.3
Flow Area (m2)
1.22
554.73
54.67
0.000349 Area (m2)
1.22
554.73
54.67
760 Flow (m3/s)
0.42
713.39
46.18
178.71 Top Width (m)
1.96
146.89
29.86
1.24 Avg. Vel. (m/s)
0.35
1.29
0.84
5.26 Hydr. Depth (m)
0.62
3.78
1.83
40660.5 Conv. (m3/s)
22.6
38167
2470.9
100.3 Wetted Per. (m)
2.32
148.45
31.4
200.3 Shear (N/m2)
1.8
12.8
5.96
1.03 Stream Power (N/m s)
0.62
16.46
5.04
0.05 Cum Volume (1000 m3)
2.37
183.49
10.62
0.01 Cum SA (1000 m2)
1.29
65.73
7.43
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 6
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
isca RS: 6
187
Profile: TR=100 anni
Profile: TR=100 anni
205.69 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.12 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.56 Reach Len. (m)
82.7
82.7
82.7
Flow Area (m2)
11.52
459.36
26.04
0.000428 Area (m2)
11.52
459.36
26.04
760 Flow (m3/s)
8.01
727.97
24.01
125.56 Top Width (m)
8.67
103.52
13.37
1.53 Avg. Vel. (m/s)
0.7
1.58
0.92
5.36 Hydr. Depth (m)
1.33
4.44
1.95
36727.5 Conv. (m3/s)
387.3
35179.9
1160.4
82.7 Wetted Per. (m)
9.03
104.68
14.9
200.2 Shear (N/m2)
5.36
18.43
7.34
1.04 Stream Power (N/m s)
3.73
29.2
6.77
0.03 Cum Volume (1000 m3)
2.9
225.42
13.95
0.01 Cum SA (1000 m2)
1.73
76.08
9.22
Profile: TR=100 anni
205.69 Element
Left OB
Channel
Right OB
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
0.12 Wt. n-Val.
205.56 Reach Len. (m)
Flow Area (m2)
0.000428 Area (m2)
760 Flow (m3/s)
125.56 Top Width (m)
1.53 Avg. Vel. (m/s)
5.36 Hydr. Depth (m)
36727.5 Conv. (m3/s)
82.7 Wetted Per. (m)
200.2 Shear (N/m2)
1.04 Stream Power (N/m s)
0.03 Cum Volume (1000 m3)
0.01 Cum SA (1000 m2)
0.035
82.7
11.52
11.52
8.01
8.67
0.7
1.33
387.3
9.03
5.36
3.73
2.9
1.73
0.035
82.7
459.36
459.36
727.97
103.52
1.58
4.44
35179.9
104.68
18.43
29.2
225.42
76.08
0.035
82.7
26.04
26.04
24.01
13.37
0.92
1.95
1160.4
14.9
7.34
6.77
13.95
9.22
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 7
Profile: TR=100 anni
205.78 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.24 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.54 Reach Len. (m)
87.4
87.4
87.4
Flow Area (m2)
1.79
349.63
1.36
0.000938 Area (m2)
1.79
349.63
1.36
760 Flow (m3/s)
0.92
758.5
0.57
93.03 Top Width (m)
3.82
86.31
2.9
2.15 Avg. Vel. (m/s)
0.52
2.17
0.42
5.39 Hydr. Depth (m)
0.47
4.05
0.47
24814.6 Conv. (m3/s)
30.2
24765.6
18.8
87.4 Wetted Per. (m)
3.93
89.57
4.05
200.15 Shear (N/m2)
4.18
35.91
3.09
1.01 Stream Power (N/m s)
2.16
77.9
1.3
0.05 Cum Volume (1000 m3)
3.48
260.78
15.15
0.03 Cum SA (1000 m2)
2.27
84.38
9.93
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 8
Profile: TR=100 anni
205.87 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.34 Wt. n-Val.
0.035
0.035
0.035
205.53 Reach Len. (m)
54.2
54.2
54.2
Flow Area (m2)
14.17
284.07
3.65
0.001348 Area (m2)
14.17
284.07
3.65
760 Flow (m3/s)
18.34
738.57
3.09
83.46 Top Width (m)
9.92
69.69
3.85
2.52 Avg. Vel. (m/s)
1.29
2.6
0.85
5.4 Hydr. Depth (m)
1.43
4.08
0.95
20696.8 Conv. (m3/s)
499.3
20113.2
84.2
54.2 Wetted Per. (m)
10.34
72.82
5.91
200.13 Shear (N/m2)
18.11
51.58
8.16
1.04 Stream Power (N/m s)
23.44
134.12
6.92
0.06 Cum Volume (1000 m3)
3.91
277.95
15.29
0.03 Cum SA (1000 m2)
2.64
88.6
10.11
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
isca RS: 9
188
Profile: TR=100 anni
205.9 Element
0.28 Wt. n-Val.
Left OB
Channel
Right OB
0.035
0.035
0.035
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
205.63 Reach Len. (m)
Flow Area (m2)
0.001024 Area (m2)
760 Flow (m3/s)
83.47 Top Width (m)
2.29 Avg. Vel. (m/s)
5.6 Hydr. Depth (m)
23747.9 Conv. (m3/s)
28.5 Wetted Per. (m)
200.03 Shear (N/m2)
1.03 Stream Power (N/m s)
0.03 Cum Volume (1000 m3)
0.01 Cum SA (1000 m2)
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 10
Plan: Plan 01 ofanto
E.G. Elev (m)
Vel Head (m)
W.S. Elev (m)
Crit W.S. (m)
E.G. Slope (m/m)
Q Total (m3/s)
Top Width (m)
Vel Total (m/s)
Max Chl Dpth (m)
Conv. Total (m3/s)
Length Wtd. (m)
Min Ch El (m)
Alpha
Frctn Loss (m)
C & E Loss (m)
isca RS: 11
189
28.5
15.16
15.16
17.75
9.99
1.17
1.52
554.6
10.47
14.55
17.03
4.33
2.93
28.5
315.7
315.7
742.09
72.38
2.35
4.36
23188.2
76.59
41.4
97.31
286.5
90.63
28.5
0.49
0.49
0.17
1.1
0.34
0.44
5.2
2.16
2.26
0.77
15.34
10.18
Profile: TR=100 anni
205.93 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.29 Wt. n-Val.
0.035
0.035
205.63 Reach Len. (m)
14.9
14.9
14.9
Flow Area (m2)
281.98
40.04
0.001138 Area (m2)
281.98
40.04
760 Flow (m3/s)
693
67
83.14 Top Width (m)
66.31
16.83
2.36 Avg. Vel. (m/s)
2.46
1.67
5.56 Hydr. Depth (m)
4.25
2.38
22526.3 Conv. (m3/s)
20540.5
1985.9
14.9 Wetted Per. (m)
69.27
17.51
200.07 Shear (N/m2)
45.44
25.53
1.03 Stream Power (N/m s)
111.68
42.72
0.02 Cum Volume (1000 m3)
4.44
290.95
15.65
0 Cum SA (1000 m2)
3
91.66
10.31
Profile: TR=100 anni
206.02 Element
Left OB
Channel
Right OB
0.47 Wt. n-Val.
0.035
0.035
205.55 Reach Len. (m)
30
30
30
Flow Area (m2)
233.09
23.08
0.001762 Area (m2)
233.09
23.08
760 Flow (m3/s)
717.79
42.21
64.38 Top Width (m)
52.79
11.59
2.97 Avg. Vel. (m/s)
3.08
1.83
5.5 Hydr. Depth (m)
4.42
1.99
18106.5 Conv. (m3/s)
17100.8
1005.7
30 Wetted Per. (m)
56.64
12.25
200.05 Shear (N/m2)
71.09
32.54
1.04 Stream Power (N/m s)
218.93
59.53
0.04 Cum Volume (1000 m3)
4.44
298.68
16.59
0.05 Cum SA (1000 m2)
3
93.45
10.74
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
Sezione 2a
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Crit TR=100 anni
Ground
210
Bank Sta
205
200
0
50
100
150
200
250
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
Sezione 2a
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Crit TR=100 anni
Ground
210
Bank Sta
205
200
0
50
100
150
200
250
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
Sezione 1a
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
Station (m)
190
200
250
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
Sezione 1b
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
200
250
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
Sezione 1c
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
200
250
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1d
.
0
3
5
225
Elevation (m)
220
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
Station (m)
191
200
250
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1e
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
200
250
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1f
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
50
100
150
200
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1g
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
20
40
60
80
100
Station (m)
192
120
140
160
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1h
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
20
40
60
80
100
120
140
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1i
.035
225
.035
.035
Legend
EG TR=100 anni
Elevation (m)
220
WS TR=100 anni
215
Ground
Bank Sta
210
205
200
0
20
40
60
80
100
120
140
Station (m)
verifica fiume ofanto
Plan: Plan 01
06/09/2003
sezione 1l
.035
216
.035
.035
Legend
214
EG TR=100 anni
Elevation (m)
212
WS TR=100 anni
210
Ground
208
Bank Sta
206
204
202
200
0
20
40
60
80
Station (m)
193
100
120
140
12.VERIFICHE DI STABILITA’ ARGINE
Geometria argine e fondazione
Descrizione
Argine a gravità in materiale sciolto
Altezza del paramento(m)
Spessore in sommità (m)
Spessore all'attacco con la fondazione (m)
Inclinazione paramento esterno (°)
Inclinazione paramento interno (°)
Lunghezza argine (m)
4.00
2.00
10.00
45.00
45.00
10.00
Fondazione
Lunghezza mensola fondazione di valle (m)
Lunghezza mensola fondazione di monte (m)
Lunghezza totale fondazione
Inclinazione piano di posa della fondazione
Spessore fondazione (m)
0.00
0.00
10.00
0.00
0.50
Carichi in testa all’ argine
Forza verticale [positiva verso il basso] (Kg)
Forza orizzontale [positiva verso valle] (Kg)
Momento [positivo se ribaltante] (Kgm)
0
0
0
Peso specifico argine
2000 Kg/m3
Geometria e carichi terreno a monte dell’ argine
Simbologia adottata e sistema di riferimento
(Sistema di riferimento con origine in testa al argine, ascissa X positiva verso monte, ordinata Y
positiva verso l'alto)
N numero ordine del punto
X ascissa del punto espressa in metri
Y ordinata del punto espressa in metri
F carico concentrato sul punto espresso in Kg
Q carico distribuito sul tratto precedente il punto espresso in Kg/m2
N
1
X
1.00
Y
0.00
F
0.00
Q
0.00
Terreno a valle dell’ argine
Inclinazione terreno a valle del argine rispetto all'orizzontale
Altezza del rinterro rispetto all'attacco fondaz.valle-paramento
194
(°)
(m)
0.00
2.00
Falda
Quota della falda a monte del argine rispetto al piano di posa della fondazione
(m)
Caratteristiche terreno di fondazione
Descrizione
Peso di volume γ
Peso di volume saturo γsat
Angolo di attrito interno φ
Angolo di attrito terra-argine δ
Coesione c
Adesione terra-argine ca
Costante di sottofondo(Winckler) K
Terreno fondazione
2000 Kg/m3
2000 Kg/m3
30°
30°
0 Kg/cm2
0 Kg/cm2
14.11 Kg/cm3
Analisi della spinta e verifiche
Sistema di riferimento adottato per le coordinate :
Origine in testa al argine (spigolo di monte)
Ascisse X (espresse in metri) positive verso monte
Ordinate Y (espresse in metri) positive verso l'alto
Le forze orizzontali sono considerate positive se agenti da monte verso valle
Le forze verticali sono considerate positive se agenti dall'alto verso il basso
Tipo di analisi
Coefficiente di intensità sismica (Percento)
Partecipazione spinta passiva (Percento)
10
0
Calcolo riferito ad 1 metro di argine
Lunghezza del argine
(m)
10.00
Spinta della falda
Punto d'applicazione della spinta della falda
(Kg)
8000.00
X= 4.00 Y= -3.17
Peso argine
Baricentro del argine
Peso terrapieno gravante sulla fondazione a monte
Baricentro terrapieno gravante sulla fondazione a monte
Inerzia del argine
Inerzia del terrapieno fondazione di monte
(Kg)
58000.00
X= -1.00 Y= -2.76
0.00
X= 0.00 Y= 0.00
5800.00
0.00
Risultanti
Risultante dei carichi applicati in dir. orizzontale
Risultante dei carichi applicati in dir. verticale
Momento ribaltante rispetto allo spigolo a valle
Momento stabilizzante rispetto allo spigolo a valle
Sforzo normale sul piano di posa della fondazione
195
(Kg)
(Kg)
(Kg)
(Kg) 13800
(Kg) 58000
(Kgxm)41638
(Kgxm)174000
(Kg) 58000
4.00
Sforzo tangenziale sul piano di posa della fondazione
COEFFICIENTI DI SICUREZZA
Coefficiente di sicurezza a ribaltamento
Coefficiente di sicurezza a scorrimento
(Kg)
13800
3
2.42
Analisi della portanza
Il calcolo della portanza è stato eseguito col metodo di Terzaghi
La relazione adottata è la seguente :
qu = cNcsc + qNq + 0.5BγNγsγ
dove i vari coefficienti sono stati definiti precedentemente.
Il calcolo è stato eseguito tenendo conto dei seguenti parametri :
Larghezza fondazione
Lunghezza fondazione
Profondità piano di posa
Peso di volume
Angolo di attrito
Coesione
Pressione geostatica sul piano di posa
Coefficiente di profondità (D/B)
B = 10.00
L = 10.00
D = 0.50
γ = 2000
φ = 30°
c = 0.00
q = 1000.00
k = 0.05
m
m
m
Kg/m3
Kg/cm2
Kg/m2
I fattori calcolati sono i seguenti :
Nc = 37.162
sc = 1.30
Nq = 22.456
sq = 1.00
Nγ = 27.084
sγ = 0.80
Pertanto il valore della capacità portante è dato da
qu=0.00 + 22455.74 + 216674.86 = 239130.60 Kg/m2 = 23.91 Kg/cm2
Applicando il coefficiente di sicurezza, η=3.00, otteniamo per la tensione ammissibile il seguente
valore
qamm=239130.60/3.00 = 79710.20 Kg/m2 = 7.97 Kg/cm2
Tensioni sul terreno
Lunghezza fondazione reagente
Tensione terreno allo spigolo di valle
Tensione terreno allo spigolo di monte
196
(m) 5.00
(Kg/cm2)
(Kg/cm2)
0.73
0.00
13.VERIFICA A SIFONAMENTO DELL’ARGINE
GEOMETRIA
ARGINE
X
Y
0
4
6
10
0
0
0
0
0
ACQUA
AMONTE
X
Y
0
0
4
4
0
0
0
0
0
0
197
0
4
4
0
0
0
0
0
0
ACQUA A
VALLE
X
Y
6
4
10
0
Tipologia TERRENO
GHIAIA
cw
2
VERIFICA AL SIFONAMENTO METODO BLIGH LANE
L=b/3 +h=
H=hm-Hv=
198
9
4.00Ic= L/h=
b=10.00
2.2
h=6
Ic>Cw: struttura verificata al sifonamento
BIBLIOGRAFIA
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Corso di Costruzioni Idrauliche
G. Calenda, G. Margaritora
La Goliardica Editrice
- Geologia Tecnica
F. Ippolito, P. Nicotera, P. Lucini, M. Civita, R. De Riso
Arnoldo MondadoriEditore
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La legge 183/89 – Legislazione e Atti – Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione Generale
della Difesa del Suolo – maggio 1991.
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La Legge 183/89 – il Processo di attuazione - Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione
Generale della Difesa del Suolo – maggio 1991.
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Rischio Idraulico ed Idrogeologico
Alberto Mariano Caivano
EPC Libri srl Roma 2002
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Schemi Previsionali e Programmatici art. 31 Legge 183/89
Regione Basilicata – Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo – 1990
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199
Hydrologic Engineering Center – River Analysis System – HEC – RAS.
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Annali Idrologici a cura dell’Istituto Idrografico dello Stato – Sezione del Genio Civile di
Catanzaro -.
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Rapporto Interinale Difesa del Suolo – Ministero LL PP e Ministero Ambiente – aprile
2001.
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Drenaggi a gravità per la stabilizzazione dei pendii
A. Desideri, S. Miliziano, S. Rampello
Argomenti di ingegneria geotecnica
Hevelius Edizioni
200