13 anni di difesa del suolo
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13 anni di difesa del suolo
13 ANNI DI DIFESA DEL SUOLO AUTORE: Pasquale Alberti, nato a Lauria (PZ) il 4.09.1957, residente a Lauria (PZ) in Vico 1° Moncenisio n.8, laureato in Ingegneria Civile Edile presso l’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma il 28.03.1984, abilitato alla professione di Ingegnere e iscritto all’Ordine Degli Ingegneri della Provincia di Potenza al n.667, funzionario della Regione Basilicata, Dipartimento Infrastrutture e Mobilità, Ufficio Difesa del Suolo di Potenza con Posizione Organizzativa: Opere Idrauliche e Idrogeologiche. PROGETTO GRAFICO: Laviero Laurino, nato a Tito (PZ) il 30.12.1961, residente a Tito (PZ) in Vico 1° San Nicola n.1, Geometra diplomato presso l’Istituto Leonardo da Vinci di Potenza, Istruttore Direttivo presso la Regione Basilicata, Dipartimento Infrastrutture e Mobilità, Ufficio Difesa del Suolo di Potenza. Hanno partecipato alla stesura ed edizione del volume l’Ing. Angelo la Notte, l’Ing. Guido Cirigliano, il Geom. Vincenzo Cavallo e il Geom. Antonio Meduri del Dipartimento Infrastrutture e Mobilità della Regione Basilicata, ai quali va il più caro ringraziamento. INDICE Pag. 2 Introduzione Pag. 3 La legge quadro e la definizione di Bacino Idrografico Pag. 5 Altre Innovazioni introdotte dalla legge quadro Pag. 6 Il Decreto Legge 11 giugno 1998, n 180 (Decreto Sarno) Pag. 8 Indicatori della sostenibilità dei programmi di difesa del suolo Pag. 9 Principali problemi e potenzialità di sviluppo della difesa del suolo ESEMPI COMPIUTI DI PROGETTAZIONE DI OPERE DI DIFESA DEL SUOLO Pag. 24 Intervento di difesa idraulica in sponda sinistra del fiume Sinni a valle del centro abitato di Episcopia (PZ) Pag. 62 Lavori di sistemazione idraulica del sotto bacino del torrente Sarmento, in località Casa del Conte – bacino fiume Sinni – località Casa del Conte in Terranova di Pollino Pag. 65 Intervento Urgente di difesa spondale in destra idraulica del fiume Noce, in corrispondenza del Km 3 + 300 della SS N. 585 Pag. 86 Interventi Urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Castelluccio Inferiore (PZ) Pag. 97 Recupero statico e Rinaturazione del pendio sul fosso Varcaturo nel Comune di Calvello (PZ) Pag. 107 Lavori di consolidamento del costone a valle di Vico del Sole nel Comune di Gallicchio (PZ) Pag. 116 Lavori di consolidamento dell’abitato, salvaguardia idrogeologica e riequilibrio ambientale nella località Scannagallina del Comune di Trivigno Pag. 123 Bacino del fiume Noce – Lavori di recupero briglia a valle del viadotto Parrutta lungo la SS 585, sistemazione idraulica del torrente Fiumicello rinaturazione sponda destra del torrente Carrosio Pag. 134 Lavori di sistemazione idraulica nel bacino dell’Ofanto – sotto bacino del torrente Giannattasio – Comune di Filiano Pag. 137 Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Lauria Pag. 158 Lavori di sistemazione idraulica e riequilibrio ambientale nel tratto lucano del fiume Ofanto a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta Pag. 199 Bibliografia Appendice legislativa tratta dalla raccolta De Agostini Professionale 1 INTRODUZIONE Sono le 5,15 del 27 di marzo 2003, nel primo pomeriggio ho avvertito tutti quei segnali tipici dell’inizio della primavera, ho cercato disperatamente di lavorare intorno alle pratiche di routine con il risultato di sentirmi doppiamente stanco e con un cerchio in testa. In effetti ho sempre sognato di scrivere un libro, un grande romanzo di grande contenuto, il Gattopardo, il Cristo si è fermato a Eboli, oppure il Rosso e il Nero, ma dov’è il talento per farlo? Oggi inizio questo libro che contiene una parte della esperienza della mia vita ed è sicuramente più facile raccontarla, è quello che posso fare, ma lo dedico con lo stesso amore a Alessandra, Francesco e Antonio, perché almeno trovino traccia di tante fatiche e battaglie. A luglio si compiono tredici anni di lavoro presso la Regione Basilicata nell’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo, oggi Ufficio Difesa del Suolo, ieri semplicemente e più efficacemente definito Genio Civile di Potenza. C’era, e c’è tutt’ora, un simpatico usciere del Comune di Lauria che si pregiava di conoscere molti funzionari e impiegati dei vari uffici potentini. Ricordo che eravamo ragazzi di liceo e un giorno passeggiavamo con un mio cugino buontempone quando incontrammo il nostro usciere. Mio cugino Felice gli chiese se conosceva un signore di Potenza dal nome (inventato) Landolfi, Geppino rispose con prontezza “ come no, Genio Civile secondo piano “. Ciò per dire che il vecchio Genio Civile era un riferimento immediato, accostato quasi di default, come si dice oggi, dai cittadini della provincia alla Potenza capitale delle nostre miserie. Comunque io ci arrivai in una splendida mattina del 9 luglio 1990, in comando dal Comune di Sant’Arcangelo, dove avevo esordito come ingegnere nella Pubblica Amministrazione, e mi sembrava di aver fatto un progresso luccicante tanto che mi guardavo intorno e pensavo: sono davvero io o è un brillante travestimento? Comunque mi salvai dalla sezione sismica perché il 18 maggio dell’anno prima era stata promulgata la Legge 183/89, norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo, che all’art.31 prevedeva la elaborazione degli schemi previsionali e programmatici da trasmettere entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge al Comitato dei ministri. Con qualche opportuna proroga tale termine era stato fissato al 31 ottobre 1990 e non c’erano più margini. Naturalmente mi tuffai in questo lavoro che mi sembrava interessantissimo trattandosi delle problematiche dei bacini idrografici sia dal punto di vista fisico e idraulico ma anche dal punto di vista delle problematiche sociali ed economiche su cui, naturalmente, l’assetto del territorio ha 2 immediati riflessi, specie in rapporto alle macchie di umido delle cantine di Sant’Arcangelo, ai problemi tra confinanti, agli abusi edilizi che sino ad allora avevano assorbito gran parte del mio tempo. Ma su Sant’Arcangelo tornerò diffusamente perché si è trattato di una esperienza eccezionale e perché lì vi abita gente eccezionale per simpatia, ospitalità e talvolta genialità. 2 LA LEGGE QUADRO E LA DEFINIZIONE DI BACINO IDROGRAFICO L’entrata in vigore della legge 18 maggio 1989, n.183, “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” giunge alla conclusione di un lungo dibattito culturale e politico svoltosi in Italia. Tale dibattito affonda le sue radici nella costituzione della “Commissione De Marchi” avvenuta nel 1966, ne sono seguiti, in più di trenta anni, la elaborazione e quasi la metabolizzazione dei concetti base del progetto legislativo. Per un corretto approccio alle problematiche della difesa del suolo occorre riflettere sui seguenti due elementi. 1) “La Commissione De Marchi aveva lucidamente individuato nel bacino idrografico l’unità fisica inscindibile all’interno della quale, con unitarietà di visione e di criteri, debbono essere inquadrati gli interventi per la difesa idraulica e per la sistemazione del suolo, da attuarsi secondo uniformi concezioni tecniche. I capisaldi concettuali posti dalla Commissione risultano oggi interamente recepiti nella legge 183 che, nel fissare un quadro di soggetti, procedure e strumenti, delega alla successiva fase attuativa la precisazione e la definizione di metodi, indirizzi e norme mirate al pieno adempimento delle finalità proposte”. La legge rappresenta dunque una riforma generale della pianificazione dell’ambiente compreso nel contorno del bacino idrografico e, nell’insieme dei bacini, dell’intero territorio nazionale. Tale riforma è incentrata sulla visione integrata delle molteplici problematiche di difesa del suolo, di salvaguardia ambientale delle risorse, in una ottica di multidisciplinare intersezione di fattori anche sociali ed economici. Ne deriva una profonda innovazione del pensare sul territorio, ma ne deriva anche una notevole complessità nella migliore comprensione dei metodi da utilizzare per intervenire in modo utile e positivo sul territorio stesso. 3 DEFINIZIONE DI BACINO IDROGRAFICO “Un elemento morfologico fondamentale della circolazione superficiale è il bacino imbrifero. Si definisce bacino imbrifero di una sezione di un corso d’acqua, che prende a sua volta il nome di sezione di chiusura del bacino, quella parte di superficie terrestre il cui ruscellamento superficiale contribuisce ai deflussi attraverso la sezione stessa. Vale a dire che tutta l’acqua che precipita sul bacino imbrifero e non filtra e evapora, defluisce prima o poi per la sezione considerata. Attraverso la sezione di chiusura del bacino defluiscono anche parte dell’acqua infiltrata, che non esce dal bacino imbrifero per altra via, ma viene restituita al corso d’acqua a monte di essa nonché eventuali apporti sotterranei provenienti da altri bacini imbriferi Come si vede, il concetto di bacino imbrifero è analogo a quello di bacino idrogeologico; tuttavia tra bacino imbrifero e bacino idrogeologico non c’è sempre coincidenza, perché la strada che prendono le acque infiltratesi nel terreno può essere completamente diversa da quella presa dalle acque superficiali, se la giacitura degli strati impermeabili è differente da quella della superficie del suolo o se le acque sotterranee trovano uno sbocco a quota più bassa in un altro bacino. Le caratteristiche del bacino imbrifero hanno una influenza determinante sui deflussi. Innanzi tutto vanno considerati i fattori topografici: il rilievo, la forma del bacino, il tipo e la densità del reticolo idrografico. L’altezza media del bacino rispetto alla quota della sezione di chiusura dà una prima idea dell'energia di cui l’acqua dispone per ruscellamento. Essa ha importanza perché caratterizza il deflusso sia dal punto di vista idrologico (formazione dei deflussi), soprattutto in relazione alle piene, sia da quello di utilizzazione dell’acqua, sia infine dal punto di vista dell’erosione degli alvei e dei versanti. Maggiori indicazioni a questo riguardo sono fornite dalla curva ipsografica , illustrata nella figura I.113, che lega l’altezza y rispetto alla sezione di chiusura, all’area A posta al di sopra di tale altezza. L’area può essere espressa anche in percentuale totale. Oltre alla topografia hanno un’influenza determinante, la natura geologica del bacino, che regola l’infiltrazione e i rapporti tra le acque superficiali e quelle sotterranee; la copertura vegetale, che agisce sul ruscellamento e sull’infiltrazione e da cui dipende l’evaporazione; lo stato di 4 imbibizione del suolo, dipendente dalle vicende meteorologiche, che influisce anch’esso sull’infiltrazione. 3 ALTRE INNOVAZIONI INTRODOTTE DALLA LEGGE QUADRO “La prima novità è l’istituzione delle Autorità di Bacino, le quali, assumendo come contesto territoriale di riferimento l’area del bacino idrografico, non saldata a dimensioni amministrative consolidate, contribuisce, unitamente alla legge 8 giugno 1990, n.142, sull’ordinamento delle autonomie locali, a ridisegnare un nuovo modello organizzativo dell’intervento pubblico a livello territoriale, in risposta alle attuali esigenze di nuove e più adeguate forme di aggregazione e di più avanzati sistemi di relazioni intersoggettive. Un’altra fondamentale novità della legge è l’introduzione del Piano di Bacino idrografico quale strumento conoscitivo, normativo e tecnico-operativo per affrontare in una visione sistematica tutte le problematiche legate alla salvaguardia del territorio ed alla corretta gestione delle sue risorse. Nel sistema di gerarchia delineato dalla legge, il piano di bacino assume una posizione sovraordinata nei confronti degli altri strumenti di pianificazione di settore, ponendosi come vincolo anche rispetto alla pianificazione urbanistica. A quanti hanno ritenuto in un primo momento tale opzione legislativa irrealistica e frutto di una forzatura, ha lucidamente risposto la Corte Costituzionale nella sentenza n.85/1990. La Corte ha infatti osservato che il carattere vincolante delle prescrizioni finalizzate alla salvaguardia fisica del territorio è legato all’esigenza logica che il fine conservativo del piano di bacino ed il raggiungimento di condizioni uniformi di sicurezza del territorio si pongono come pregiudiziali condizionanti rispetto agli usi dello stesso ai fini urbanistici, civili, di sfruttamento di materiali e di produzione. Ulteriore elemento di significativa innovazione contenuto nella legge è quello della riorganizzazione dei Servizi tecnici nazionali in un sistema coordinato e unitario collocato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in posizione di piena autonomia tecnica, scientifica, organizzativa e funzionale”. 5 4 IL DECRETO LEGGE 11 giugno 1988, n.180 (Decreto Sarno) Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania. Il 5 e 6 maggio 1998, in seguito al verificarsi di eccezionali precipitazioni piovose, avvennero disastri idrogeologici nell’area del sarnese, nella regione Campania. L’11 giugno 1998 venne emanato il Decreto legge n.180, denominato Decreto Sarno con la finalità di individuare le aree a più elevato rischio idrogeologico ed alla conseguente adozione di idonee misure di salvaguardia e prevenzione. In particolare, l’art.1 del D.L.180/98, fissava il termine del 31 dicembre 1998 per la adozione, da parte delle autorità di bacino di rilievo nazionale e interregionale e le regioni per i restanti bacini, dei piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico, redatti ai sensi del comma 6ter dell’articolo 17 della legge 18 maggio 1989, n.183 e successive modificazioni, che contengono in particolare l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico. Il D.L. 180/98 rappresenta un passo avanti di settore rispetto alla pur encomiabile ed efficace legge quadro 183/89. In sostanza, se pur sulla base della emotività scatenata dalla tragedia di Sarno, la difesa del suolo inizia a divenire, nella mente del legislatore, una attività preventiva, non soltanto una attività di cura dei mali ormai già scatenati sul territorio italiano che, come si cercherà di evidenziare nel prosieguo, è quasi interamente esposto al rischio idrogeologico. Il D.L. 180/98 impone agli organi individuati dalla legge quadro di individuare le zone a più elevato rischio idrogeologico, nelle quali la maggiore vulnerabilità del territorio si lega a maggiori pericoli per le persone, le cose e i valori ambientali, nonché gli interventi più urgenti per la riduzione del rischio ed i relativi soggetti attuatori. Ai sensi dell’articolo 2 della legge 183/89, entro quindici giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto 180/98, le Amministrazioni statali, gli enti pubblici, le università e gli istituti di ricerca comunicano a ciascuna regione e provincia autonoma i dati storici e conoscitivi del territorio e dell’ambiente in loro possesso, senza oneri ed in forma riproducibile. Gli organi di protezione civile, come definiti dalla legge 24 febbraio 1992, n.225, e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n.112, provvedono a predisporre, per le aree a rischio idrogeologico, piani urgenti di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell’incolumità delle popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l’allarme e la messa in salvo preventiva, anche utilizzando i sistemi di monitoraggio. 6 Entro novanta giorni dalla entrata in vigore del Decreto 180/98, il Comitato dei Ministri, di intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, adotta un programma per il potenziamento delle reti di monitoraggio meteo-idro-pluviometrico, mirato alla realizzazione di una copertura omogenea del territorio nazionale.. Il programma è predisposto, sulla base del censimento degli strumenti e delle reti esistenti, dal Servizio idrografico e mareografico nazionale, d’intesa con il Dipartimento della protezione civile, sentite le autorità di bacino di rilievo nazionale, le regioni e le province autonome ed il Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche. Il Decreto 180/98 fu convertito con modificazioni dalla legge n.267 del 3 agosto 1998 e successivamente fu promulgato il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 recante l’atto di indirizzo e coordinamento per la individuazione dei criteri relativi agli adempimenti da compiere in merito alla individuazione e perimetrazione delle aree esposte a diversi livelli di rischio. In base ad esperienze di pianificazione già effettuate è possibile definire quattro classi di rischio, secondo le classificazione di seguito riportate. Le diverse situazioni sono aggregate in quattro classi di rischio a gravosità crescente (1 = moderato, 2 = medio, 3 = elevato, 4 = molto elevato), alle quali sono attribuite le seguenti definizioni: moderato R1: per il quale i danni sociali, economici e al patrimonio ambientale sono marginali; medio R2: per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale che non pregiudicano l’incolumità del personale, l’agibilità degli edifici e la funzionalità delle attività economiche; elevato R3: per il quale sono possibili problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni al patrimonio ambientale; molto elevato R4: per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione de attività socio-economiche. 7 Il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 settembre 1998 traccia anche la fase di programmazione della mitigazione del rischio. Detta fase si sostanzia in analisi ed elaborazioni, anche grafiche, sufficienti ad individuare le tipologie di interventi da realizzare per la mitigazione o rimozione dello stato di rischio, a consentire la individuazione, la programmazione e la progettazione preliminare per l’eventuale finanziamento degli interventi strutturali e non strutturali di mitigazione del rischio idraulico o comunque per l’apposizione di vincoli definitivi all’utilizzazione territoriale, a definire le eventuali, necessarie misure di delocalizzazione di insediamenti. 5 INDICATORI DELLA SOSTENIBILITA’ DEI PROGRAMMI DI DIFESA DEL SUOLO Ridurre il rischio idrogeologico - percentuale della popolazione nelle aree critiche - percentuali degli addetti all’industria e servizi - superficie interessata - elementi valutativi della situazione di rischio (idraulico e da frana) Recuperare la funzionalità dei sistemi naturali - lunghezza della rete idrografica principale - lunghezza della rete idrografica minore - valore e complessità degli interventi già realizzati - superficie montana interessata dalle sistemazioni, idrauliche e forestali, dei versanti Conservazione dei suoli - superfici agricole ad uso controllato - superfici interessate da interventi di forestazione Condizioni d’uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi naturali - superficie interessata dalle fasce fluviali - superficie a destinazione residenziale interessata dalle fasce fluviali - superficie a destinazione produttiva interessata dalle fasce fluviali - volume di costruzione interessato dalle delocalizzazioni Protezione delle coste - 8 lunghezza delle coste - lunghezza delle coste in erosione/ripascimento - lunghezza delle coste interessate da fenomeni di instabilità dei versanti che coinvolgono centri abitati o infrastrutture - valore delle attività economiche interessate Equilibrio ambienti fluviali e gli ambiti urbani - superficie delle pertinenze fluviali interessate - superficie urbana interessata - popolazione residente - flusso turistico annuo (popolazione) Gestione e presidio del territorio - numero e qualificazione degli addetti nella pubblica amministrazione in relazione alle caratteristiche territoriali - addetti nel volontariato - numero delle stazioni di misura - numero delle stazioni in telemisura - dotazione strumentale degli uffici Formazione e ricerca - personale coinvolto in sistematiche attività di formazione - addetti alla ricerca nel settore pubblico - addetti alla ricerca nel settore privato PRINCIPALI PROBLEMI E POTENZIALITA’ DI SVILUPPO DELLA DIFESA DEL SUOLO ( Fonte: Rapporto Interinale Difesa del Suolo - aprile 1999 – Ministero LL PP e Ministero Ambiente ) L’estrema fragilità idrogeologica del territorio italiano è motivo di costante preoccupazione delle autorità di governo, centrale e locale, e dei cittadini. Le condizioni orografiche e podologiche del territorio rappresentano una peculiarità nel panorama europeo e il ripetersi di fenomeni metereologici con caratteristiche più intense e più 9 rapide sembra costituire una tendenza che rafforza la necessità di robuste azioni preventive, in grado di contrastare il degrado di origine naturale. I problemi derivanti dalla presenza di una diffusa instabilità idrogeologica sono poi enfatizzati sia da una intensa e talvolta indiscriminata urbanizzazione, accompagnata da diffusi fenomeni di abusivismo edilizio, sia da una diffusa antropizzazione delle aree di pianura. A tali problemi si aggiungono quelli dovuti ad un insufficiente presidio idrogeologico e a mancata manutenzione ordinaria e straordinaria. Una tale situazione ha portato ad una crescente fragilità strutturale del territorio che comporta, anche a parità di eventi piovosi, un progressivo aggravamento degli effetti. In molte parti del Paese la sicurezza del territorio è diventata un elemento della competitività del sistema fisico ed infrastrutturale ed ha assunto il carattere di priorità di intervento per la sostenibilità dello sviluppo nonché di emergenza ricorrente. Fin dai lavori della Commissione De Marchi fu rilevato che lo 0,47% della superficie del territorio nazionale si trova allo stato di frana, costituendo un non invidiato primato europeo. Recenti analisi effettuate dal Consiglio Nazionale delle Ricerche hanno documentato che nessuna delle regioni italiane è al riparo da situazioni di rischio: negli ultimi 50 anni i comuni colpiti da alluvioni sono stati 1.500 e oltre 2000 quelli danneggiati da frane e smottamenti. Nelle regioni dell’Obiettivo 1 è particolarmente preoccupante la diffusione e la frequenza degli eventi calamitosi. Nel periodo 1918 – 1994 sono stati colpiti 1100 comuni, di questi 287 sono stati colpiti simultaneamente da alluvioni e frane, in almeno 96 casi si è registrata anche una elevata ripetitività dei fenomeni. Nel periodo 1945 – 1990 le vittime dei dissesti sono state 3.500 circa, di cui 2.500 per frane e smottamenti. Il rapporto del Servizio Geologico di Stato del 1992 ha stimato che i soli eventi franosi hanno causato danni per circa 33.000 miliardi di lire, la sola alluvione che colpì il Piemonte nel 1994 ha provocato un esborso per la finanza pubblica di oltre 11.000 miliardi di lire. Per la complessità dei fenomeni naturali ed i loro immediati riflessi sulla vita sociale degli uomini e donne residenti ed agenti sul territorio, l’assetto idrogeologico è ormai da considerarsi infrastruttura complessa, diffusa capillarmente, con proprie esigenze di governo, di sviluppo, di conservazione e manutenzione, con necessità di proprie regole e limiti d’uso. 10 L’attuale dotazione finanziaria, per interventi nel settore, pari a 700 miliardi per ciascuno degli anni 1999, 2000, 201, cui si aggiungono 495 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000 disposti dalla legge 267/98 (la legge di conversione del Decreto 180/98 detto Sarno) per interventi più urgenti, copre, come si vedrà, una quota percepibile e significativa, ma non ancora del tutto decisiva, del fabbisogno del settore. La tendenza futura, anche attivando il cofinanziamento di fondi europei, deve essere orientata alla programmazione di interventi di prevenzione delle catastrofi, di manutenzione del patrimonio di difesa esistente e non a fronteggiare le emergenze già esplose sul territorio. La vulnerabilità idrogeologica rappresenta un ostacolo reale ad una pianificazione territoriale i cui insediamenti siano in permanenza minacciati da eventi calamitosi (Sarno per tutti. ma anche Crotone, Sidemo. Niscemi. i comuni dell’Appennino Dauno, Genova, Alessandria, la Valtellina, ecc.). L’identificazione dei livelli di rischio accettabili, secondo metodologie omogenee ed estese all’intero territorio nazionale, rappresenta una esigenza non derogabile nell’ottica della salvaguardia della vita umana, delle attività produttive, delle infrastrutture e dei beni di particolare pregio naturalistico e/o culturale. Tale obbiettivo è stato riconosciuto primario dalla Corte Costituzionale. I risultati in tal senso si presentano alquanto diversificati nel Paese: laddove sono da tempo operanti le autorità di bacino, soprattutto nel Centro Nord, dove sono presenti i bacini di rilievo nazionale, la pianificazione di settore, generalmente eseguita per piani stralcio, è alquanto avanzata e si comincia ad avere contezza sui livelli di rischio, esistenti e da raggiungere, sulla programmazione degli interventi, strutturali e non strutturali, sulle scelte strategiche di uso del territorio. Nelle altre zone del Paese la situazione è meno avanzata: la conoscenza e la pianificazione si presenta adeguata solo in aree limitate, a macchia di leopardo, ed è quindi importante il forte impulso operativo della legge 267/98 di conversione del D.L. 180/1998 che prescrive la identificazione delle aree a rischio idrogeologico da eseguire entro il 30 giugno 1999. L’attività prevista dal D.L. 180/98 rappresenta uno stimolo ed accelerazione per le situazioni meno avanzate, e costituisce un traguardo sostanzialmente già raggiunto laddove la pianificazione di settore è adeguata. Essa risponde inoltre all’obbiettivo di intervenire con rapidità di fronte ai casi di rischio conclamato. E’ auspicio comune che l’attuazione del D.L. 180/98 concorra all’inversione di tendenza che riconduca gli interventi di emergenza alla logica e alle prassi della pianificazione: la ricorrenza delle 11 emergenze e l’azione di protezione civile hanno dato luogo ad una continuità dell’intervento che è andata a sovrapporsi o addirittura a sostituire quella legata alla pianificazione di bacino in un perverso meccanismo di urgenza che, lacerando le regole della legge 183/89 e in materia di progettazione e appalto, ha rallentato la formazione di chiari centri di responsabilità amministrativa e tecnica alla scala territoriale appropriata. In un contesto territoriale e socio-istituzionale piuttosto diversificato appare fondamentale creare le condizioni per parificare e rendere omogenea la pianificazione di settore a livello nazionale e quindi redigere programmi di intervento finalizzati a raggiungere prefissate condizioni di rischio. Ad una normativa che accelera il processo di pianificazione devono seguire strumenti e mezzi che ne concretizzano l’attuazione: occorre evitare che il piano, a causa di ritardi o di carenza di fondi, perda la sua attualità prima della conclusione delle azioni ivi indicate. Le azioni previste dall’art.3 della legge 183/89, relative alla sistemazione e difesa del suolo e dei corsi d’acqua, nonché all’utilizzo delle risorse idriche superficiali e profonde, se attuate in comprensori di bonifica sono considerate “di bonifica”. Ai fini dell’equilibrio e della sicurezza idraulica tale azione riveste particolare rilievo in quanto produce beneficio immediato non solo alle campagne ma anche ai territori urbanizzati e alle infrastrutture civili e industriali. I consorzi di bonifica gestiscono numerosissime opere ed impianti idraulici (circa 100.000 chilometri di canali di scolo, 16.930 chilometri di argini. 33.760 briglie e sbarramenti per laminazioni di piene, 631 impianti idrovori, 1 .097 impianti di sollevamento) operando su circa il 50% della superficie del territorio nazionale, e sul 52% delle aree dell’obiettivo 1. Le azioni di manutenzione, ristrutturazione e ripristino di tali opere e impianti sono di notevole interesse al fine di assicurare efficienti sistemi scolanti. sia ai fini di difesa idraulica che di risanamento ambientale, in un territorio che nell’ultimo cinquantennio è stato ampiamente urbanizzato. Nell’ambito dell’ordinamento statale e regionale, i consorzi di bonifica sono configurati quali enti pubblici a struttura associativa e svolgono un importante ruolo anche nell’attività di manutenzione. La funzionalità del territorio, la conservazione o il ripristino delle sue connotazioni naturali e costruzioni di linee di equilibrio tra le naturali dinamiche dei fattori ambientali interessati e le attività umane, costituiscono il comune denominatore della pianificazione di bacino. Assume risalto, in questo ambito la logica della manutenzione, che privilegia gli interventi strutturali a carattere diffuso che producono benefici immediati e garantiscono le esigenze di integrabilità con il modellamento naturale dei corsi d’ acqua, di conservazione degli equilibri dei versanti raggiunti 12 anche con opere di sistemazione idraulico-forestale, con un uso del suolo appropriato, soprattutto nelle zone montane. In questo contesto, gli interventi non strutturali (manutenzione, norme d’uso, misure di salvaguardia, incentivi) offrono risultati concreti ed immediati, a fronte dei ricorrenti fenomeni di “sollecitazione idrogeologica”. Il diffuso depauperamento della copertura vegetale provoca una forte riduzione della capacità di ritenzione dell’acqua da parte del suolo e, oltre a poter essere considerata una delle cause antropiche di esaurimento delle risorse acquifere, concorre ai processi di erosione idrica che si manifestano più rapidamente su terreni privi o con scarsa copertura vegetale, caratterizzati da forte acclività. Occorre, allora, mettere in atto efficaci azioni di protezione e potenziamento del patrimonio boschivo e nello stesso tempo indicare norme e indirizzi che deftniscano le modalità di gestione e i programmi di utilizzo eco-compatibili delle risorse agro-forestali. Il piano di bacino costituisce lo strumento per contemperare le esigenze di sicurezza, di conservazione della natura e di uso del suolo, per salvaguardare e verificare lo sviluppo delle attività umane, eliminando e/o riducendo le interferenze antropiche negative sull’ambiente e rendendo il processo di sviluppo stesso compatibile con la dinamica evolutiva dei sistemi naturali. In tale prospettiva l’intervento comunitario, facendo prioritario riferimento alla linea finanziaria FESR e con la convergenza di azioni finanziate con il FEOGA, dovrà soddisfare l’enorme fabbisogno pregresso di interventi mediante: a) il soddisfacimento mirato del fabbisogno di interventi infrastrutturali, stimato dal Ministero dei lavori pubblici con il documento “Per restare in Europa” in 50.000 miliardi di lire Tale stima è in linea con le differenti analisi di settore condotte in varie sedi. Sulla base della ricognizione dei fabbisogni attivata con il coinvolgimento delle Regioni per la redazione del rapporto interinale di che trattasi, è emersa una richiesta di oltre 13.000 miliardi per le aree dell’obiettivo 1, di cui 5.000 mld circa solamente per la Regione Campania. (dato parziale in attesa dei dati regionali di Sardegna e Molise); b) la realizzazione degli investimenti censiti in vista dell’attuazione delle delibere CIPE richiamate al punto 1.1 (progetti amministrativamente e tecnicamente appaltabili per un totale di 3.800 mld di cui solo 976 hanno trovato copertura) e costituenti fasi attuative della pianificazione di bacino, caratterizzati da un’elevata propensione all’appaltabilità (dei 976 mld di interventi finanziati ben il 70% è stato appaltato nell’arco di pochi mesi); 13 c) sostenere l’accelerazione del processo pianificatorio come definito dalla L. l83/89, in materia di difesa del suolo, ed in particolare di rischio idrogeologico, con particolare riferimento alle autorità di bacino che ancora non. hanno provveduto a realizzare i piani stralcio per l’assetto idrogeologico; il D.L. 180/98, impone infatti il termine temporale del giugno 1999 per l’individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico e l’Atto di indirizzo e coordinamento approvato con D.P.C.M. del 29 settembre del 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 3 del 5 gennaio 1999, ha individuato i criteri per l’esecuzione ditali adempimenti. d) la riduzione degli squilibri attraverso l’integrazione degli interventi strutturali e non strutturali come risultato della pianificazione di bacino. Le manutenzioni del reticolo idrografico e territoriale, la forestazione, le norme d’uso, le misure di salvaguardia, la gestione delle criticità e la scelta delle forme di incentivazioni anche verso colture appropriate e di indennizzo rappresentano azioni ad alto beneficio in termini di riduzione del rischio, da perseguire con l’obiettivo di non aumentare il grado di “rigidità” del sistema naturale esistente, di rendere efficiente, organizzato ed ordinato l’intervento sul territorio. Ci si muove generalmente su problemi di ampia portata: a) gli interventi relativi al dissesto idrogeologico in senso stretto, nei quali rappresentano un importante strumento anche gli interventi non strutturali, quali: • la identificazione delle aree di rispetto e di esondazione dei corsi d’acqua e delle aree ad alto rischio di frana; • la loro gestione; • le scelte di delocalizzazione; • il potenziamento dei sistemi di monitoraggio e di preallarme degli eventi critici come strumento di recupero degli insediamenti a rischio; • il coordinamento e l’integrazione degli strumenti di pianificazione. b) Il controllo dell’evoluzione e della dinamica costiera. Le azioni sui bacini idrografici producono sensibili ripercussioni sulle coste e la legge 183/89 include nello stesso bacino idrografico il litorale marittimo influenzato. Le modifiche della costa sono prodotte da fenomeni naturali (ad esempio: subsidenza. eustatismo, dinamica del moto ondoso e delle correnti) e da interventi artificiali (ad esempio: incremento o sottrazione del trasporto solido sui fiumi, spostamenti artificiali delle foci, 14 interventi di difesa delle coste, subsidenza indotta da attività estrattive nel sottosuolo). Oltre ai più noti interventi di difesa degli abitati e delle infrastrutture interessate dall’erosione costiera occorre promuovere il controllo delle dinamiche evolutive dei litorali ricercando situazioni di equilibrio attraverso programmi di ripascimento mirati e una pianificazione della fascia costiera diretta a ridurre le cause di alterazione e squilibrio. Le notevoli indeterminatezze presenti nei problemi di dinamica costiera richiedono una costante azione di monitoraggio sull’efficacia degli interventi realizzati in modo da poter produrre in tempo le dovute correzioni nei programmi successivi, qualora il loro effetto non sia risultato soddisfacente. c) Le condizioni delle città attraversate da fiumi. L’integrazione del fiume nel tessuto e nelle abitudini urbane rappresenta un importante punto di sviluppo per la città. Le attività ricreative, turistiche e di godibilità visiva, talora di trasporto leggero, legate all’uso del fiume e delle sue pertinenze rappresentano generalmente consolidate tradizioni ed è molto importante conservare una funzionalità del corso d’acqua in relazione agli usi che sono andati formandosi in ambito urbano. d) I sistemi di monitoraggio e di preallarme, che costituiscono gli strumenti indispensabili per la pianificazione di bacino e per la gestione delle situazioni critiche. Nell’ambito del sistema di monitoraggio previsto dalla legge n. 183/89 sulla difesa del suolo, particolare rilevanza assumono le grandezze meteorologiche, idrologiche e della qualità delle acque. I dati del sistema di monitoraggio organizzati in un sistema informativo unico, dovrebbero fornire le informazioni sia in fase ordinaria (archiviazione ed organizzazione dei dati, in modo da renderli fruibili ai fini di una attività progettuale: formazione dei bilanci idrologici, il controllo della qualità delle acque, ecc) che in fase straordinaria (raccolta dei dati in telemisura e organizzazione dei sistemi di allarme e preallarme, ai fini dell’attivazione dei servizi di piena e di pronto intervento idraulico, nonché di allertamento delle autorità e delle popolazioni ai fini dell’esecuzione dei piani di protezione civile). Fabbisogno da soddisfare nelle regioni dell’Obbiettivo 1 Nelle tabelle che seguono sono riportati i dati sui finanziamenti attivati nel periodo di programmazione 1994-1999 nonché le previsioni dei fabbisogni espressi dalle Regioni per il 15 periodo di programmazione 2000-2006. A richiesta del Ministero dei lavori pubblici nell’ambito del tavolo intersettoriale le regioni hanno presentato il, seguente quadro di fabbisogno, da completare per le previsioni delle regioni Molise e Sardegna. Periodo 1994-1999 Regioni inserite nell’obiettivo 1 nella programmazione 1994-99 Importo programmi finanziati di cui in aree depresse Periodo 2000-2006 Quota comunitaria attivata in POP regionali Fabbisogno di cui in aree depresse Fondi nazionali attivabili (**) Fondi regionali attivabili Importi in milioni ABRUZZO MOLISE CAMPANIA PUGLIA BASILICATA CALABRIA SICILIA SARDEGNA TOTALE 165.537 165.537 1.467.692 213.050 130.000 1.467.692 213.050 130.000 754.781 754.781 2.731.060 2.731.060 16.000 16.000 2.365.000 2.365.000 4.941.361 1.485.000 505.000 2.500.000 2.000.000 4.941.361 1.485.000 505.000 2.500.000 2.000.000 13.796.361 13.796.361 59.681 15.734 274.262 191.794 29.298 101.187 244.93 78.128 575.000 994.776 575.000 (**): La previsione fa riferimento alle seguenti ipotesi: a) conferma delle quote annue di L. 700 MLD. per la difesa del suolo, fissata nella Legge Finanziaria 1999; b) conferma dei territori inseriti negli obiettivi 1, 2 e 5b della programmazione 1994-99. TAB. 2 Regioni inserite nell’obiettivo 1 nella programmazione 2000-2006 Fabbisogno stimato per 6 anni (Ministero Ambiente in miliardi) MOLISE CAMPANIA PUGLIA BASILICATA CALABRIA SICILIA SARDEGNA 225 811 280 520 1.560 936 568 TOTALE 4.900 Fabbisogno da soddisfare neJle regioni dell’Obbiettivo 2 Sempre con dati forniti dalle regioni nell’ambito del Tavolo intersettoriale, pur con alcune lacune da completare, è possibile presentare la seguente tabella, completata con le considerazioni del punto. 16 Periodo 1994-1999 Regioni inserite negli obiettivi 2 e 5b nella programmazione 1994-99 Importo programmi finanziati di cui in aree depresse Periodo 2000-2006 Quota comunitaria attivata in POP regionali Fabbisogno di cui in aree depresse Fondi nazionali attivabili (**) Fondi regionali attivabili Importi in milioni PIEMONTE VALLE D’AOSTA LOMBARDIA TRENTINO-ALTO ADIGE VENETO FRULI-VENEZIA GIULIA LIGURIA EMILIA-ROMAGNA TOSCANA UMBRIA MARCHE LAZIO TOTALE 1.239.948 882.041 440.000 300.000 1.135.600 (***) 220.382 296.000 196.581 398.972 380.514 205.500 1.000.000 (***) 180.000 2.000.000 (*) 97.000 1.000.000 467.116 154.070 154.273 276.790 137.509 465.000 273.292 657.317 1.000.000 2.100.000 4.747.296 1.515.106 8.941.433 144.540 598.610 134.554 4.340 27.399 14.106 80.841 29.027 66.463 32.282 100.373 38.521 29.027 199.661 180.000 756.594 (*): La Regione Friuli-Venezia Giulia si limita a fare riferimento ad alcune priorità di intervento. (**): La previsione fa riferimento alle seguenti ipotesi: a) conferma delle quote annue di L. 700 MLD. per la difesa del suolo, fissata nella Legge Finanziaria 1999; b) conferma dei territori inseriti negli obiettivi 1, 2 e 5b della programmazione 1994-99. (***): I dati si riferiscono alla sola Provincia Autonoma di Bolzano. Obiettivi da conseguire L’obiettivo globale da conseguire può essere così sintetizzato: • Creare le condizioni base per la conlpetitività regionale: contribuire alla riconversione economica e sociale tendendo alla sicurezza fisica della funzione insediativa, produttiva, e infrastrutturale, e alla riqual~/ìcazione e conservazione ambientale. Obiettivi da conseguire nelle regioni obiettivo 1 L’obiettivo principale del programma consiste nel garantire un adeguato livello di sicurezza dal rischio di frane e di alluvioni sul territorio interessato dal Ciclo di programmazione attraverso la concretizzazione della pianificazione di bacino, eseguita per stralci o mediante le forme semplificate ed “accelerative” introdotte con il D.L. n. 180/1998, che dispone la perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico entro il 30 giugno 1999. Si tratta di ridurre i differenziali di competitività tra aree territoriali provocati dalla dimostrata debolezza idrogeologica di amplissime aree dell’obiettivo 1. che interessano sia le fasce 17 collinari e montane che i centri urbani. L’intervento sarà anche volto a eliminare la disaffezione insediativa nei centri urbani minori e la conseguente tendenza all’abbandono di un pregevole patrimonio edilizio storico (Puglia, Abruzzo, Calabria) provocata dai diffusi fenomeni di instabilità idrogeologica. In questi casi l’intervento di consolidamento deve prevedere il contestuale intervento di riordino delle reti fognarie e di raccolta delle acque meteoriche. Le linee strategiche dell’intervento strutturale e non strutturale, con le relative priorità, sono desunte dai documenti prodotti con la pianificazione di bacino, sede della concertazione istituzionale. In quella sede potranno essere individuate non solo le azioni di prevenzione e recupero, ma anche le azioni per la formazione di aree fluviali da proteggere e si pot.ranno individuare le eccezionalità geologiche presenti nel territorio regionale per la loro promozione, d’intesa con gli organismi preposti alla valorizzazione turistica. A partire dal secondo anno di programmazione, si propone di inserire come criterio di eleggibilità che gli interventi siano individuati nel quadro della pianificazione di bacino o di un appropriato stralcio coerente, sotto il profilo metodologico e territoriale , con gli obbiettivi della L.l83/89. TAB. 3 ESEMPLIFICAZIONI SISTEMAZIONI INTENSIVE ESISTENTI (NUMERO) MANUTENZIONI (NUMERO) BRIGLIE COSTO TOTALE (MILIONI) ESISTENTI (ml) MANUTENZIONI (ml) COSTO TOTALE (milioni) ESISTENTI (ml) MANUTENZIONI (ml) COSTO TOTALE (milioni) TOTALE COSTO COMPLESSIVO (milioni) MOLISE 2.190 220 3.300 556 0 0 19.177 2.000 100 3.400 10,0 % CAMPANIA 2.635 540 8.100 20.022 4.000 4.000 18.000 4.000 200 12.300 20,0 % PUGLIA 1.528 300 4.500 400 0 0 13.000 3.000 150 4.650 20,0 % BASILICATA 4.874 980 14.700 33.009 6.600 6.600 239.049 47.000 2.350 23.650 20,0 % CALABRIA 2.040 400 6.000 100 0 0 3.121 2.000 100 6.100 20,0 % SICILIA 1.500 300 4.500 15.000 3.000 3.000 8.000 2.000 100 7.600 20,0 % SARDEGNA 1.800 360 5.400 22.000 4.400 4.400 9.540 2.000 100 9.900 20,0 % 3.100 67.600 TOTALE DIFESE SPONDALI 46.500 ALTRE 18.000 TOTALE OPERE INTENSIVE PER SEI ANNI IMPORTI IN MILIONI COSTI UNITARI: BRIGLIA DIFESE SPONDALI (ml) ALTRE OPERE (ml) 15.000.000 1.000.000 50.000 Gli interventi dovranno mirare ai seguenti obbiettivi: 18 % 405.600 • Ridurre il rischio idrogeologico mediante interventi mirati a conseguire livelli di rischio accettabili in aree strategiche e progressivamente omogenei e uniformi sul territorio nazionale. Le azioni riguardano le priorità indicate dalla pianificazione di bacino e saranno programmate avendo riguardo a favorire le soluzioni tecniche a ridotto impatto con caratteristiche di difesa attiva. Sia nel caso di interventi strutturali che non strutturali si dovrà procedere al controllo dell’efficacia degli interventi pregressi sui quali si va ad intervenire. • Recuperare la funzionalità dei sistemi naturali, conservando le condizioni esistenti e/o intervenendo sulle situazioni compromesse, nella logica del mantenimento programmato e coerentemente distribuita nel tempo. Le azioni di manutenzione dovranno essere coordinate in sede di bacino secondo specifici programmi per pervenire alla fine del periodo di programmazione a programmi di land use a tini idrogeologici. • Sollecitare la protezione delle coste e degli abitati nelle zone soggette ad erosione progressiva nonché il ripascimento degli arenili al fine di assicurare il raggiungimento di condizioni di equilibrio sulla dinamica costiera. Gli interventi debbono essere individuati sulla base delle unità fisiografiche costiere attraverso una pianificazione della fascia interessata, anche mediante l’eliminazione di insediamenti di epoca recente che hanno innescato processi di degrado e operando, ove possibile, per l’arretramento della fascia costruita e il ripristino dei cordoni dunali ovvero con la loro ricostruzione e protezione leggera; • Perseguire le condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi naturali attraverso la definizione di norme, misure di salvaguardia, indennizzi e di sistemi di gestione delle criticità in primo luogo attraverso l’individuazione delle fasce fluviali. Una parte delle risorse disponibili dovranno pertanto riguardare l’approntamento degli strumenti tecnicoamministrativi di governo del sistema idrogeologico locale, quali la formazione di adeguate cartografie di uso comune e condiviso da parte delle amministrazioni interessate, la formazione di linee guida, la diffusione delle esperienze positive e dei casi di successo. • Conservare i suoli compensando il cambiamento dei comportamenti umani rispetto a quelli di epoche anche recenti, che hanno prodotto la trasformazione di ecosistemi fluviali eforestali in ecosistemi agricoli, il passaggio da pratiche agricole estensive ad una agricoltura più tipicamente di tipo intensivo, l’incremento dell’attività di allevamento intensiva, il sovrasfruttamento delle risorse •idriche e la ricorrente distruzione dei boschi (gli incendi nell’ultimo decennio in Italia hanno determinato la perdita di più di 600.000 ettari di bosco) a causa degli incendi. Le azioni da programmare saranno qui anche indirizzate a fermare quel processo di progressiva riduzione dello strato superficiale del suolo e della sua capacità produttiva, al centro dell’attenzione della Conferenza delle Nazioni Unite sulla Desertificazione di Nairobi del 1997 e 19 della relativa Convenzione internazionale. • Ricercare condizioni di migliore equilibrio tra gli ambienti fluviali e gli ambiti urbani con l’individuazione del punto oltre il quale non può spingersi il recupero del sistema naturale, se non a danno della conservazione delle tradizioni storiche, urbai~istiche ed architettoniche delle stesse città, e, di converso, con la messa in atto di programmi per restituire la fruizione visiva e fisica dell’ambiente fluviale ai cittadini e nel contempo perseguire il recupero e il mantenimento nelle zone periferiche o di espansione le caratteristiche fluviali naturali. • Evitare con l’individuazione delle aree di maggiore criticità e sensibilità idrogeologica che i nuovi insediamenti anche produttivi e le nuove infrastrutture siano realizzati in aree non appropriate sotto il profilo idrogeologico, ovvero omettendo di considerare i rischi reali che gravano nell’area di insediamento, evitare di procedere a ristrutturazioni di siti produttivi o di infrastrutture senza considerare la contestuale necessità di delocalizzazioni o di interventi di presidio idrogeologico. • La corretta attuazione del programma e il consolidamento dei presupposti per una gestione permanente del sistema idrogeologico richiede che tra gli obbiettivi del programma rientri la messa in opera di strumenti di “seconda generazione” destinati alla più evoluta pianificazione per bacini e subacini, alla previsione dei livelli di piena con metodologie sofisticate, al monitoraggio e controllo di aree particolarmente critiche, come quelle in frana, con strumenti di telerilevamento e sensoriale. • Lo sviluppo di metodi analitici e previsionali di seconda generazione dovrà consentire la predisposizione di bilanci idrici di bacino anche per i bacini interconnessi secondo il modello prefigurato dalla L.36/94 e dalla 183/89 e richiamato dal D.L.vo 112/98. Il bilancia idrico è alla base degli accordi di programma da adottare ai sensi deIl’art. 17 della L.36/94. Il bilancia idrico deve individuare per i bacini idrografici interessati e per ogni settore di utilizzo, le carenze e le eccedenze nei rapporti risorse/fabbisogni, su base temporale mensile ed annua. Nell’elaborazione del bilancia idrico si adottano i valori idrologici di riferimento legati alla variabilità degli afflussi, tenendo anche conto della eventuale possibilità di regolazione pluriennale delle opere di accumulo. In tale contesto e anche in attuazione di recenti disposizioni legislative è necessario promuovere o rafforzare gli strumenti diretti a regolare il governo e l’attuazione del bilancia idrico. La formazione e la gestione del bilancia idrico, che riguardano i prelievi, le misure e le previsioni degli afflussi, la regolamentazione degli usi, nelle varie situazioni, sono più o meno complesse in funzione dei volumi d’acqua in gioco e dei servizi resi alle popolazioni, all’industria e all’agricoltura. 20 • L’intervento è caratterizzato da una marcata intersettorialità e rientra tra gli obbiettivi del programma lo sviluppo della cooperazione tra i diversi livelli di amministrazione con uno specifico coinvolgimento degli enti locali e tra i soggetti produttivi e le autorità preposte alla difesa del suolo. L’intersettorialità dovrà riguardare in particolare il settore agricolo e anche essere resa concreta con il ricorso integrato a fondi provenienti da linee finanziarie diverse e quindi derivanti dal FERS, dal FEOGA, dai fondi per la formazione, dai fondi per la ricerca scientifica. • Obbiettivo sottostante all’intero programma è infine quello di sollecitare e rendere ineludibile il potenziamento delle strutture della pubblica amministrazione per pervenire, alla fine del periodo di programmazione, ad un sistema di governo e presidio idrogeologico diffuso, efficiente e collaudato. Obiettivi da conseguire nelle regioni dell’obiettivo 2 La programmazione per i fondi europei riguarda le zone aventi problemi strutturali di riconversione economica e sociale, le cui superfici e popolazioni sono significative, relativamente ai settori dell’industria e dei servizi, alle zone rurali in declino, le zone urbane in difficoltà e le zone dipendenti dalla pesca che si trovano in una situazione di crisi. L’attuale formulazione del Regolamento generale per la programmazione dei fondi strutturali 20002006 prevede per l’obiettivo 2 la presentazione da parte degli Stati membri dei piani di riconversione regionale attraverso lo strumento del documento unico di programmazione. Prevede anche che gli Stati membri possano presentare un piano di riconversione generale riferito ad alcune o a tutte le Regioni in cui si applica l’obiettivo 2. Laddove comprendano zone diverse da quella cui si applica l’obiettivo 2, i piani operano una distinzione tra le azioni condotte nelle Regioni o zone in cui si applica l’obiettivo 2 e quelle condotte in altre parti. La programmazione di settore in materia di difesa del suolo deve inserirsi nel contesto normativa e geografico del nuovo regolamento comunitario, nella versione che verrà approvata. Nell’attuale fase di discussione della determinazione delle aree eleggibili dell’obiettivo 2, si reputa opportuno proporre un modello di programmazione che, nell’ambito di una visione territoriale significativa degli aspetti della difesa del suolo, evidenzi i fenomeni di crisi più rilevanti, dai quali 21 dedurre possibilità di intervento coerenti con l’obiettivo 2. Non è escluso che il negoziato in corso sul regolamento comunitario si concluda sull’obiettivo 2 lasciando sufficienti margini di flessibilità per tracciare la mappa delle aree ammissibili anche in base alle situazioni di crisi idrogeologica più rilevanti e dei nodi idraulici di conclamata rilevanza (Ivrea, Asti, Alessandria, Trasimeno ecc.). In questo contesto, il piano di bacino, oltre a costituire lo strumento più appropriato per definire la programmazione della difesa del suolo da proporre al finanziamento comunitario come già indicato per le aree dell’obbiettivo 1, può rappresentare anche il documento di coordinamento intersettoriale delle iniziative di valorizzazione ambientale relative alla protezione territoriale (rete ecologica nazionale), contribuendo efficacemente a contrastare l’attuale dispersione delle risorse ed a promuovere una maggiore concentrazione dei finanziamenti. Nelle zone potenzialmente interessate dall’obiettivo 2, quelle del Centro-Nord, la pianificazione di bacino è alquanto avanzata, seppur per piani stralcio. Nell’ambito dell’obiettivo 2, la difesa del suolo si pone come esigenza fondamentale per rafforzare la competitività del territorio e creare le condizioni perché il processo di riconversione economica e sociale in un’area possa realizzarsi in condizioni di sicurezza, con adeguati servizi ed in un ambiente fisico confortevole, con prospettive di fruibilità durature e non degradabili nel tempo. Si pensi, anche come fenomeno tipico delle aree di riconversione infrastrutturale, al fenomeno della risalita della falda nell’area milanese in dipendenza dei diminuiti prelievi per usi industriali. I legami tra gli elementi posti a base della pianificazione di bacino e quelli dell’obiettivo 2 sono molteplici. Molte zone dichiarate a declino industriale, o urbane in difficoltà, sono ricadenti all’interno di quei domini fluviali per i quali sono state evidenziate situazioni di rischio che, se non . attenuate, concorrerebbero ad aggravare ulteriormente le cause del declino. Di conseguenza, le linee strategiche di intervento devono essere mirate alla difesa degli insediamenti produttivi e residenziali; laddove, però, dette difese fossero tali da pregiudicare la sicurezza idraulica dei territori posti a valle, occorrerà adottare misure strategiche finalizzate alle rilocalizzazioni. Nel caso si rendessero necessari interventi di rilocalizzazione, lo Stato e le Regioni adotteranno le misure necessarie per garantire la massima celerità degli iter autorizzativi relativi alla realizzazione dei nuovi insediamenti, anche attraverso la definizione di apposite ed appropriate procedure amministrative semplificate. Anche nelle aree dell’Obbiettivo 2 il fenomeno della progressiva marginalizzazione delle 22 aree collinari e montane ha prodotto effetti anche sulla utilizzazione dei suoli e sulla stabilità dei versanti. L’obbiettivo già indicato per le aree dell’Obbiettivo i specializzato in funzione delle caratteristiche socio-economiche Lo scarso interesse economico delle attività agricole e silvo - pastorali ed il conseguente spopolamento ditali aree ha determinato una drastica riduzione degli interventi di manutenzione del territorio che, seppur di modesta entità ed eseguiti a livello locale, consentivano la conservazione e la stabilità dei suoli. Sono quindi progressivamente caduti in disuso gli interventi di manutenzione diffusa dei boschi e dei terreni adibiti a pascolo, delle opere di difesa e consolidamento, dei terrazzamenti, della rete idrografica minore, che costituiva il tessuto di sostegno all’equilibrio dei versanti, per la preservazione dei suoli dall’erosione, per gli effetti sui territori di valle. Ne consegue la necessità di promuovere un’attività di mantenimento diffuso dei territori montani e collinari, anche nell’ambito di una gestione degli aspetti della politica agricola che concorra agli obiettivi della difesa del suolo. Gli interventi, pur se di piccola entità, studiati in un complesso organico di sistemazione dei sudi in aree omogenee, assumono la connotazione di una grande opera che produce benefici tangibili a grande scala. Per garantire la copertura omogenea e diffusa sul territorio degli interventi di mantenimento idraulico e forestale si ricorrerà al coinvolgimento dei privati delle forme imprenditoriali di tipo cooperativo, favorendo le forme amministrative di utilizzazione di fondi pubblici che coinvolgono le Comunità montane, i consorzi di comuni, di bonifica e le cooperative, già sperimentato con molte leggi regionali destinate alla Montagna. In tale contesto deve integrarsi anche l’attività di formazione degli operatori, in modo da qualificare dal punto di vista tecnico l’intervento sul territorio. I benefici economici si riverberano direttamente sulle collettività locali, trattandosi di interventi ad elevata utilizzazione di mano d’opera. 7 ESEMPI COMPIUTI DI PROGETTAZIONE DI OPERE DI DIFESA DEL SUOLO Si espone qui di seguito una serie di esempi di progettazioni eseguite che riguardano vari interventi di difesa del suolo. La esposizione ha il senso di fornire informazioni non tanto sugli aspetti teorici ma su esperienze realmente compiute e, in molti casi, riscontrabili e leggibili sul territorio mediante la visione delle opere realizzate. 23 - Intervento di difesa idraulica in sponda sinistra del fiume Sinni a valle del centro abitato di Episcopia (PZ). – Legge 236/1993 -. 1. PREMESSA Nel quadro dei finanziamenti di cui alla legge 236/93 sugli incentivi all’occupazione mediante la realizzazione di opere di manutenzione idraulica la Regione Basilicata ha trasferito con D.G.R. n. 9033 del 31.12.1993 e D.C.R. n. 1193 del 21.01.1994 la somma di £ 314.185.000 alla Comunità Montana Lagonegrese. Una volta individuato l’intervento necessario alla manutenzione idraulica della sponda sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato di Episcopia la Comunià Montana Lagonegrese, con nota n.5603 in data 28.11.2001 ha chiesto all’Ufficio Difesa del Suolo della Regione Basilicata di redigere il progetto esecutivo, ai sensi dell’art. 17 della legge 11 febbraio 1994, n. 109. La richiesta fu accettata con nota n. 1363 in data 22 gennaio 2002 e, pertanto, si è proceduto alla redazione del presente progetto esecutivo. La presente Relazione Generale risponde alle norme previste nell’art. 36 del D.P.R. 554/99, infatti descrive in dettaglio, anche attraverso specifici riferimenti agli elaborati grafici, i criteri utilizzati per le scelte progettuali e per il conseguimento e la verifica dei prescritti livelli di sicurezza. 2. CARATTERISTICHE FISICHE DEL TERRITORIO Il fiume Sinni ha origine alla quota di circa 1.300 m.s.l.m., tra il Monte Sirino e La Serra Giumenta. Nasce nel territorio del Comune di Lauria da un insieme di ruscelli scaturenti dalla Costa di Milordo che, in contrada Erbasanta, iniziano a dare origine ad un unico corso. Dopo un primo tratto in direzione NO – SE, il corso d’acqua procede per circa 7 Km in direzione sud, per poi ruotare verso E – NE fino alla confluenza col torrente Cogliandrino. In questo primo tratto la valle è stretta e il fiume mantiene un andamento unicursale. Nel tratto successivo, fino alla confluenza con il torrente Serrapotamo, la valle si apre notevolmente, l’alveo si allarga e il corso d’acqua si suddivide in diversi rami attivi. Poco a valle della confluenza con il torrente Cogliandrino è stato realizzato lo sbarramento per la creazione del bacino artificiale di Masseria Nicodemo. 24 Dopo la confluenza con il torrente Serapotamo, il fiume devia verso N – NE fino alla confluenza con la fiumarella di Sant’Arcangelo. Tale zona corrisponde all’invaso del bacino artificiale creato con lo sbarramento all’altezza di Monte Cotugno. Dopo Monte Cotugno il fiume scorre in direzione SE in una valle stretta e profonda fino alla confluenza con fiume Sarmento. Successivamente riprende la direzione verso NE e l’alveo si allarga nuovamente, fino alla stretta di Valsinni. Superata la stretta l’alveo si allarga di nuovo e dopo un’ampia conversione a N di Rotondella si dirige verso SE fino alla foce. Dalle origini alla foce il corso misura circa 90 Km di lunghezza. Gli affluenti sono numerosi e spesso caratterizzati da portate considerevoli; si segnalano da monte a valle: a) in sinistra: - torrente Cogliandrino; - torrente Fiumicello; - torrente Serrapotamo; - Fiumarella di Sant’Arcangelo; b) in destra: - torrente Peschiera; - torrente Frido; - torrente Rubbio; - Fosso Carbone; - Fiume Sarmento. Ciascuno di questi presenta caratteristiche geologiche diverse e situazioni di dissesto più o meno diffuse ed importanti; alcuni sono stati oggetto in passato di interventi sistematori mirati a ridurre l’erosione ed a regolare i deflussi del corso dell’acqua. 25 Nei riguardi del comportamento dei terreni del bacino con la circolazione idrica sotterranea, le formazioni predominanti possono riunirsi in tre gruppi: permeabili, poco permeabili ed impermeabili. Il primo gruppo è costituito soltanto dai Calcari del Mesozoico dell’Appennino Lucano e della Catena del Pollino. Calcari del Trias formano il gruppo Montuoso del Sirino e si prolungano a Nord sino alla Serra Giumenta, giacendo sugli Scisti Silicei della stessa epoca, che affiorano a quote molto elevate. Sulla destra fino a Castelluccio si hanno formazioni di Calcari Dolomitici pure del Trias emergenti dalle formazioni eoceniche. Nella zona di Monte Alpi e di Latronico si rilevano Calcari del Cretaceo circondati da arenarie e scisti eocenici. Ugualmente del Cretaceo sono i Calcari delle alte valli del Frido e del Sarmento, sulle propaggini settentrionali del Pollino, la cui vetta invece è costituita da Calcari del trias. Queste formazioni permeabili sono le più importanti per l’alimentazione delle sorgenti, ma occupano una limitatissima estensione del bacino, pari a circa il 10% dell’intera superficie. E’ inoltre vero che nella media valle del Sinni, tra Episcopia e la confluenza col Sarmento, esistono delle formazioni alquanto permeabili nelle quali sono incise la valle del Serrapotamo e le basse valli degli affluenti di destra fra il Frida ed il Sarmento inclusi, ma il potere di regolazione di esse è molto scarso ed hanno qualche importanza soltanto per ciò che riguarda l’assorbimento delle prime precipitazioni. Questi terreni, prevalentemente sabbiosi (Pliocene), hanno modesta circolazione sotterranea e, come regolatori di deflusso, si differenziano nettamente dalle formazioni calcaree precedentemente citate. Le rocce semipermeabili comprendono formazioni sabbiose e conglomerati del pliocene, oltre a depositi del quaternario, ed occupano la parte centrale della zona fino alla confluenza col Sarmento. In tali rocce è incisa la media e bassa valle del Sarmento e l’alta valle del Peschiera. I terreni impermeabili, infine, occupano la maggiore estensione della zona e circondano le rocce precedentemente descritte. Essi sono prevalentemente costituiti da argille scagliose, scisti argillosi e conglomerati dell’eocene, nonché da argille azzurre e sabbie argillose del pliocene. 26 Affioramenti di serpentine, gabbri e scisti granatiferi si hanno sulla destra del Sinni, principalmente in corrispondenza della Tempa La Guardia, ad Est di San Severino lucano, abitato totalmente edificato sulle serpentine. 3. CARATTERISTICHE DEL BACINO Il bacino imbrifero del fiume Sinni si estende per una superficie complessiva di 1306 Kmq di cui 1259 ricadenti in Basilicata e 47 Kmq ricadenti in Calabria. La linea di displuvio del bacino imbrifero risulta così delimitata: i confini del bacino imbrifero sono costituiti a Nord verso L’Agri, dalle propaggini dell’Appennino Lucano e a Sud da due sistemi montuosi convergenti, le cui direzioni si possono considerare come le congiungenti dal Pollino col Monte Sirino, ad Ovest, e col Monte Rotondella nelle prossimità della foce, verso Est. Il Perimetro del Bacino può concepirsi come un triangolo, il cui lato più lungo costituisce il confine settentrionale e i due lati minori, pressocchè uguali tra loro, lo delimitano a sud. Il lato sud – occidentale forma lo spartiacque coi bacini del Tirreno, Noce e Lao: quello sud – orientale forma lo spartiacque col Crati e con i piccoli bacini jonici compresi tra Sinni e Crati. La cima più elevata del confine settentrionale è costituita dal Monte Alpi ( 1892 m.s.l.m.) a Sud di Castelsaraceno, mentre procedendo verso oriente nessuna altra cima degna di nota vi si incontra. I sistemi montuosi più importanti si trovano invece sul confine occidentale – meridionale, dal Monte Sirino al Pollino con le sue propaggini. Le cime più alte sono: Monte Papa (2005 m.s.l.m.), Madonna di Sirino (1906 m.s.l.m.), Monte La Spina (1649 m.s.l.m.), Monte Zaccana (1579 m.s.l.m.), Monte Grattaculo (1895 m.s.l.m.), Sera del Prete (2186 m.s.l.m.), Monte Pollino (2278 m.s.l.m.), Serra Dolcedorme (2271 m.s.l.m.), Serra di Crispo ( 2052 m.s.l.m.) Timpone Rotondella (1609 m.s.l.m.), Timpone Neviera ( 1939 m.s.l.m.). Tra Monte Zaccana e Monte Grattaculo, su una lunghezza di circa 25 Km, il crinale appenninico attenua il suo carattere alpestre a ripidissime pendici e presenta valichi facilmente accessibili, pur mantenendosi al di sopra di quota 900. Procedendo verso Est, il Timpone Neviera è l’ultima significativa asperità che si incontra e, avvicinandosi alla foce, il crinale si abbassa gradualmente fino ai colli di Rotondella. L’interno del bacino presenta dappertutto carattere montuoso, ma le cime più elevate si mantengono quasi sempre di quota inferiore ai 1000 m. s.l.m.. 27 Zone pianeggianti di una certa entità si incominciano ad osservare a valle di Valsinni, ma l’unica pianura notevolmente estesa è quella che dal litorale jonico si addentra verso Ovest per circa 10 km. Il carattere alpestre del territorio è comune a tutto l’alto bacino fino alla confluenza con il Frido, mentre dopo tale confluenza la vallata sui allarga notevolmente, le pendici si raddolciscono ed alcuni ripiani si notano sui colli. Sulla totale estensione del bacino soltanto il 16% risulta al di sotto di quota 300 m.s.l.m., mentre più del 54% è a quota superiore ai 600 m.s.l.m. e circa il 16,8% risulta compreso tra le isoipse 900 e 1.200. La quota media del bacino risulta di 687 m.s.l.m.. L’area di intervento riguarda la sponda sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato del Comune di Episcopia dove si è registrato un fenomeno di instabilità dovuto all’erosione delle acque con conseguente mobilitazione del pendio. Rispetto all’origine del fiume Sinni si trova a circa 30 Km di sviluppo del corso, a circa 16 km più a valle della confluenza del torrente Cogliandrino ed a circa 14 km più a valle dello sbarramento della diga di Masseria Nicodemo. La sezione iniziale di intervento sottende una estensione del bacino imbrifero di circa 227 kmq dei quali circa un terzo appartengono al sottobacino del Cogliandrino. Dal punto di vista geologico ci troviamo nella parte media del bacino del Sinni con una altitudine media dicirca 900 m.s.l.m. e l’ambiente è costituito per il 20% circa da rocce permeabili (calcari e dolomie del trias) e per il 80% da formazioni impermeabili (scisti argillosi dell’eocene). L’altezza media di pioggia annua sul bacino può essere indicata in circa 1100 mm, pari cioè al valore medio del periodo 1941 – 1988 misurato nella stazione pluviometrica di San Severino Lucano, vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche. A circa 14 Km a monte dell’area di interesse, intorno al 1970, è stata costruita la diga di Masseria Nicodemo che ha avuto sino ad oggi scopi idroelettrici essendo il serbatoio idrico di alimentazione dello schema ENEL denominato Pollino Nord. Infatti dalla diga di Masseria Nicodemo parte la derivazione che ha alimentato la condotta forzata della centrale idroelettrica di Castrocucco. Sinteticamente le caratteristiche fondamentali dell’invaso sono le seguenti: 28 - Bacino imbrifero sotteso 120 Kmq; - Capacità totale 12.400.000 mc; - Capacità utile 10.000.000 mc; - Energia invasata 12 GWh; - Quota massimo invaso 670 m.s.l.m.; - Quota massimo svaso 658 m-s.l.m.; - Quota baricentro dell’invaso utile 665 m.s.l.m.; - Portata media derivabile di concessione 2,800 mc/sec; - Scarico di superficie con paratoie a ventola capacità max 326 mc/sec; - Scarico di fondo galleria a sezione circolare capacità max 47,60 mc/sec. Per quanto riguarda il calcolo della portata del fiume Sinni sino alle sezioni di interesse oggi bisogna tener conto delle mutate situazioni amministrative e di gestione della risorsa idrica invasata nel bacino artificiale di Masseria Nicodemo. Infatti con Ordinanza Del Commissario Delegato Emergenza Idrica 5 aprile 2002 n.1, Il Presidente della Giunta Regionale di Basilicata ha emanato “disposizioni urgenti per il rilascio da parte dell’ENEL delle acque invasate nella diga del Cogliandrino nel Fiume Sinni”. In ottemperanza a tale Ordinanza la diga è stata svuotata e si ha notizia che il rilascio in alveo è consistito mediamente, durante la primavera 2002 in 3 – 4 metri cubici al secondo per giorno dalle ore 17.00 in poi. 29 4. CARATTERISTICHE DELLE SEZIONI DI INTERVENTO L’intervento viene studiato in un tratto del fiume Sinni subito a valle dell’abitato di Episcopia e a monte del ponte sulla SS 104. Dal punto di vista geologico si riscontrano affioramenti di depositi alluvionali recenti terrazzati, composti da cumuli argillosi e limo – argillosi, intervallati da lembi e cunei di conglomerati poco sedimentati. Tali affioramenti presentano mediocri caratteristiche meccaniche e permeabilità abbastanza elevata. In generale il territorio è anche caratterizzato dall’affioramento di Flysch con matrice fondamentale dotata di argilliti brune e nerastre a scaglie. In particolare sulla sponda sinistra del fiume Sinni si è notato che le formazioni argillose presenti, erose al piede dall’azione delle acque e saturate dalle acque meteoriche, hanno dato origine a fenomeni di instabilità estesi che potrebbero interessare le aree più vicine all’abitato di Episcopia. In tali pericoli risiedono le motivazione dell’intervento in progetto, inoltre, é da tenere in debito conto che in tali sezioni il fiume ha un alveo abbastanza ristretto dove la velocità dell’acqua aumenta sensibilmente e dunque incrementa la sua capacità erosiva. Lo studio idraulico, geologico e geotecnica che si conduce tende a ricercare una soluzione tecnica che consenta di consolidare la sponda sinistra del fiume Sinni a valle dell’abitato di Episcopia, ma, al tempo stesso non riduca ulteriormente l’ampiezza delle sezioni di deflusso. E’, inoltre, necessario tener presente la caratteristica del tratto di corso in esame in cui si verifica una attività di deposito del materiale di trasporto solido, infatti il ponte in muratura ad archi che si trova poco più a valle e che consente, attraverso la SS 104, di raggiungere l’abitato di Episcopia, presenta la luce sinistra ostruita. La esiguità dei fondi disponibili non consente una attività di ripristino delle corrette ed adeguate sezioni di deflusso, da perseguire attraverso asportazione dei detriti di trasporto, tuttavia si cercherà di conferire maggiore stabilità alla sponda in esame. 5. DESCRIZIONE DELL’INTERVENTO Come si è detto l’esigenza è quella di contrastare un fenomeno erosivo al piede del pendio che prende origine dalla sponda sinistra del fiume Sinni e si propaga sul versante mobilitando colate di materiale argilloso. 30 Altra esigenza fondamentale, date le condizioni al contorno, o per meglio dire, dato lo stato di fatto delle condizioni dell’alveo, è quella di non creare ulteriori restringimenti delle sponde del corso d’acqua. Del resto dallo studio idrologico e dal calcolo delle portate effettuati in Relazione Idrologica e Idraulica si nota che le portate in gioco sono notevoli. Si tratta di portate massime con tempo di ritorno 30 anni Q = 338 mc/sec secondo Giandotti, Q = 294 mc/sec secondo Viparelli, con tempo di ritorno 200 anni Q = 440 mc/sec secondo Giandotti, Q = 381 mc/sec secondo Viparelli. In tali condizioni e con tali risultati dello studio idraulico è apparso opportuno prevedere un rinforzo della sponda sinistra in crisi progettando una struttura in terra armata in corrispondenza della area di massima erosione. La struttura sarà costruita mediante una fondazione in gabbioni metallici disposti in doppia fila sovrapposta delle dimensioni complessive di 4.00 m. x 2.00 m. Sopra tale fondazione saranno impostati i primi gabbioni con il telo retrostante che, per strati sovrapposti, costituiranno la terra armata ed il rilevato strutturale. In sostanza, sul margine lato fiume del banco di fondazione in gabbioni tradizionali, viene impostata la prima fila di gabbioni solidali ad un telo retrostante della stessa rete a maglie romboidali a doppia torsione della profondità variabile dal basso verso l’alto d m. 3,40 a m. 4,50. Sul telo viene apposto uno strato di terreno di altezza pari al gabbione che verrà rullato. Con risega di 50 – 60 cm. viene impostata la seconda fila di gabbioni con il telo retrostante ed il nuovo strato di terreno. Il rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere inalterate le sue caratteristiche nel tempo. La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle condizioni stradali. I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o uguale a 0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino a 200 mm ). La terra armata avrà altezza massima di m. 4.00. Il raccordo delle superfici inclinate tra sommità della terra armata e il pendio sarà costituito da 31 terreno rullato ed infine in seminato con essenze autoctone di facile attecchimento, nonché con semi di arbusti di ginestre. L’inserimento della terra armata potrà essere migliorato dalla messa a dimora di talee di salici o saliconi negli strati di terreno, le superfici a vista dei gabbioni potranno essere trattate con idrosemina di essenze autoctone. La scelta della tecnologia di intervento citata è motivata anche dai buoni risultati che una struttura siffatta ha già confermato in alcune situazioni simili: lungo il fiume Sarmento in località Casa del Conte nel comune di Terranova di Pollino, lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3 + 300 della Strada Statale n.585. 32 7. DETERMINAZIONE DEGLI AFFLUSSI Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame, vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla Stazione Pluviometrica di S. Severino Lucano registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire dagli anni ‘40 e pubblicati fino al 1988. TOTALE OSSERVAZIONI N.= 38 PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA "Località= S. Severino 33 "quota m= "Bacino=" Sinni ANNI t=1 ora t=3 ore t=6 ore t=12 ore t=24 ore 1941 1942 1943 1945 1946 1947 1948 1949 1950 1951 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1962 1963 1964 1965 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 1975 1978 1979 1984 1985 1986 1987 1988 21.4 22.0 20.0 17.4 25.0 23.6 14.0 20.6 44.0 50.0 32.8 13.4 21.8 24.8 16.8 20.2 22.0 25.6 23.4 15.0 14.6 28.4 16.2 21.6 15.0 24.0 13.4 27.4 9.6 17.2 9.6 11.8 23.8 22.8 13.6 11.6 20.8 29.6 30.0 32.2 23.4 31.2 27.0 27.4 27.0 25.8 48.6 68.2 33.6 21.0 23.0 26.2 26.8 25.0 31.0 33.0 31.6 24.0 30.0 32.0 24.0 34.1 21.0 47.8 27.0 27.6 21.6 30.6 27.2 21.4 33.6 50.0 32.4 23.8 37.4 61.8 45.0 34.8 30.0 50.0 36.0 40.0 37.0 32.0 59.0 74.0 48.0 34.0 32.0 31.0 31.0 43.0 37.0 53.0 41.6 49.6 54.0 60.0 45.0 41.0 33.6 56.6 45.8 43.6 42.6 38.2 46.4 35.8 53.4 88.4 46.0 40.8 64.0 82.6 52.6 58.0 47.4 88.0 69.0 72.0 45.4 35.6 90.0 104.6 62.0 49.4 46.4 46.4 40.0 57.6 44.0 53.6 67.0 75.6 70.4 98.0 70.2 66.0 64.0 65.0 52.2 58.2 65.0 54.8 76.8 48.2 81.2 106.8 53.8 74.2 92.4 87.8 62.2 90.0 69.6 126.1 104.1 131.1 51.8 53.8 142.7 189.0 84.4 62.4 63.4 66.0 77.0 99.0 53.0 101.1 87.4 80.2 103.5 136.9 82.2 97.0 101.6 93.0 59.8 88.0 126.5 82.0 110.6 52.2 118.3 111.3 53.8 85.4 103.5 123.1 L’elaborazione dei dati pluviometrici relativi ad eventi di durata superiore all’ora(1,3, 6, 12 e 24 ore) è indispensabile per determinare l’altezza di pioggia che, con data probabilità, può verificarsi in un’area: tale valore viene utilizzato per la determinazione diretta delle portate di colmo o massima piena, laddove manchino misure dirette di portata. L’analisi statica condotta, consente di determinare la cosiddetta Curva Segnalatrice di Possibilità Climatica, la quale, prefissato un determinato Tempo di ritorno (T) dell’evento , permette di correlare le altezze di pioggia (h) con le relative durate (hp). Lo studio della distribuzione statistica degli eventi metereologici relativi a intervalli di tempo prefissati sulla base di un procedimento che verrà successivamente chiarito, riveste un notevole interesse per la valutazione del Tempo di ritorno di un determinato evento. Tale parametro, estremamente importante dalla fase progettuale a quella di verifica di una determinata opera, esprime un indicatore di rischio, espresso come durata media in anni del periodo in cui il valore assegnato Xd della variabile viene superato una sola volta ed è legato alla probabilità che l’evento (x) non superi il valore Xd, cioè P(x<Xd), dalla relazione sottostante P(x<Xd) = 1-(1/T) Risulta che il Tempo di ritorno T = 1/[1- P(x<Xd)]. Per ciascuna popolazione pluviometrica di una determinata durata, occorre conoscere la legge di variazione di P(x<Xd): a questo scopo sono state proposte varie relazioni di rappresentazione della distribuzione di valori estremi in relazione alle differenti leggi probabilistiche scelte a rappresentare la distribuzione stessa. Le leggi probabilistiche associate ad una serie di valori estremi (dati pluviometrici raccolti) di un campione sufficientemente grande sono funzioni di due parametri caratteristici della popolazione di dati e cioè: • la media (µ) valore attorno al quale tende a distribuirsi la variabile: • lo scarto quadratico medio (σ). La qualità dell’andamento delle leggi teoriche di distribuzione probabilistica ai dati osservati viene controllata attraverso il test di KOLMOGOROV-SMIRNOV; tale test consente di determinare dei valori che permettono di controllare se i dati sperimentali vengono rappresentati in modo corretto dalle distribuzioni statistiche scelte a base delle elaborazioni. Si è ipotizzato che la distribuzione statistica delle piogge massime annue relative ad un determinato intervallo di tempo, segua la “ legge dei valori estremi “di Gumbel: -y P(h) = e-e dove la variabile ridotta y=α*(h-ε) e nella quale i parametri ε ed α, corrispondenti rispettivamente alla moda e ad una misura della dispersione, espressi rispetto alla µ(h) e allo scarto quadratico medio σ(h) della variabile h sono: α= π/(61/2 * σ(h)) ε= µ(h)-c/α con c=0.57722 corrispondente alla costante di Eulero. Attraverso tale elaborazione per ciascuna elaborazione di dati pluviometrici , relativi ad un determinato tempo di pioggia è possibile ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento meteorico con un Tempo di ritorno T pari a quello prefissato. 34 TABELLA - ELABORAZIONI STATISTICHE - METODO DI GUMBEL 38 38 38 38 38 21.179 31.561 46.205 65.516 92.711 2600.143 4191.391 7005.799 12222.611 34035.496 8.383 10.643 13.760 18.175 30.329 MEDIA DELLA VARIABLILE RIDOTTA 0.542 0.542 0.542 0.542 0.542 SCARTO QUADRATICO MEDIO DELLA VARIABILE RIDOTTA 1.152 1.152 1.152 1.152 1.152 MODA 17.231 26.548 39.725 56.957 78.428 ALPHA 7.278 9.241 11.947 15.780 26.332 t=6 ore t=12 ore t=24 ore N= M= ∑h i N ∑X σ= 2 ∑X 2 N −1 Precipitazioni regolarizzate GUMBEL Tempo di ritorno t=1 ora t=3 ore LEGGE DI PIOGGIA 5 anni hmax= 28.15 mm 40.41 mm 57.64 mm 80.63 mm 117.92 mm h=26.39*t^0.45 10 anni hmax= 33.61 mm 47.34 mm 66.61 mm 92.47 mm 137.69 mm h=31.28*t^0.4453 20 anni hmax= 38.85 mm 53.99 mm 75.21 mm 103.83 mm 156.64 mm h=35.96*t^0.4388 30 anni hmax= 41.86 mm 57.82 mm 80.16 mm 110.36 mm 167.54 mm h=38.66*t^0.4357 50 anni hmax= 45.63 mm 62.60 mm 86.34 mm 118.53 mm 181.17 mm h=42.03*t^0.4324 100 anni hmax= 50.71 mm 69.06 mm 94.68 mm 129.55 mm 199.56 mm h=46.57*t^0.4287 200 anni hmax= 55.77 mm 75.49 mm 102.99 mm 140.52 mm 217.88 mm h=51.1*t^0.4256 500 anni hmax= 62.45 mm 83.97 mm 113.96 mm 155.01 mm 242.05 mm h=57.07*t^0.4223 1000 anni hmax= 67.50 mm 90.38 mm 122.24 mm 165.95 mm 260.31 mm h=61.58*t^0.4202 75 anni hmax= 48.61 mm 66.38 mm 91.23 mm 124.98 mm 191.94 mm h=44.69*t^0.4302 A sua volta l’insieme delle coppie di valori h e t, con un tempo di ritorno T, possono essere raccordati con una legge di regressione del tipo h=atn 35 (1) dove: h= altezza di pioggia (mm.) t= durata della precipitazione (ore) a,n= parametri il cui valore dipende dalle caratteristiche pluviometriche della zona. La (1) corrisponde come ricordato alla cosiddetta Curva di possibilità climatica relativa ad un determinato tempo di ritorno (T). Questa curva risulta funzione dell’esponente (n) e cioè: - n>0 curva crescente; - n<0 curva decrescente. La curva (1) è una curva interpolante non lineare nei parametri, che comunque, attraverso un procedimento di anamorfosi, risulta linearizzabile. Passando infatti ai logaritmi si ha: log(h)= log(a)+nlog(t) (2) Tale espressione è del tipo : y=Ao+A1x dove : y=log (h) x=log(t) (3) Ao= log(a) A1=n Pertanto l’esame della curva non lineare (1) è stato ricondotto all’esame della retta (3) ; applicando alla (3) il metodo dei minimi quadrati sono stati valutati le costanti (Ao) ed (A1) e quindi le costanti (a) e (n). 36 y = 38.659x 0.4357 tr 30 anni 1000.00 mm h (mm) 167.54 mm 110.36 mm 100.00 mm 80.16 mm 57.82 mm 41.86 mm 10.00 mm 1 10 ore Figura 1: Interpolazione su digramma bilogaritmico delle precipitazioni critiche per Tr=30 anni 37 100 Tr 200 anni y = 51.097x 0.4256 1000.00 mm 217.88 mm h(mm) 140.52 mm 102.99 mm 100.00 mm 75.49 mm 55.77 mm 10.00 mm 1 10 100 ore Figura 2: Interpolazione su digramma bilogaritmico delle precipitazioni critiche per Tr=200 anni La curva di possibilità climatica determinata con tempi di ritorno di 200 anni è: hT=200=51.097*t 0.4256 Il Sinni, nel tratto in esame, che va Serra Giumenta ad Episcopia presenta un tracciato idrografico piuttosto irregolare. La sezione di magra in tale tratto si presenta con sezioni variabili dai ….mt ai 12 m. circa, delimitati da argini in terra con un’altezza media di m.3.00. Per l’analisi del rischio di esondazione dell’argine ( di inondazione dell’area….)…… è stato preso in considerazione un tempo di ritorno pari a 200 anni (evento eccezionale), come limite di rischio cautelativamente accettabile in relazione alle opere realizzate. Nell’espressione sopra riportata i valori di pioggia sono in mm. ed il tempo in ore. Questa curva permette di calcolare la pioggia per un assegnato valore di durata e quindi la pioggia critica una volta calcolato il tempo di corrivazione del bacino idrografico in esame. 38 8. DETERMINAZIONE DEL TEMPO DI CORRIVAZIONE Utilizzando il metodo razionale per la determinazione della portata al colmo, prefissato il tempo di ritorno (T), è necessario conoscere il tempo di corrivazione tc del bacino idrografico dell’area in cui vengono effettuate le analisi idrogeologiche e litologiche. S’intende come tempo di corrivazione tc, rispetto ad una determinata sezione di un corso d’acqua il tempo necessario affinché una particella d’acqua caduta sui punti più distanti della superficie scolante raggiunga la sezione di chiusura in analisi per la determinazione della portata massima probabilistica in funzione del tempo di ritorno considerato. Il tempo di corrivazione viene ad assumersi inoltre quale tempo che una volta eguagliato dalla durata delle precipitazione determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella sezione di analisi. In poche parole la determinazione del tempo di corrivazione definito come tc immesso nella legge di pioggia per quel determinato tempo di ritorno h=a*t^n ponendo t= tc, permetterà di determinare l’altezza di precipitazione h=hcritica con la quale poi calcolare la portata massima. Il tempo di corrivazione (tc) può essere calcolato attraverso diverse formule, tra cui quelle proposte da Giandotti e Viparelli tc = [4 · (A^ 0,5) + 1,5 · L] / [0,8 ·( (Hm - Ho) ^0,5)] (Giandotti) tc = L / 3.6 (Viparelli) dove: • • • • • A [Km2] rappresenta l'area del bacino sottesa alla sezione di calcolo, L [Km] è l'estensione del percorso più lungo che deve compiere la singola particella d'acqua per raggiungere la sezione suddetta, Hm [m s.l.m.] è la quota media del bacino, Ho [m s.l.m.] è la quota della sezione di chiusura, (Hm - Ho) [m] è la quota media del bacino riferita alla sezione di calcolo. DETERMINAZIONE PORTATA MASSIMA BACINO: Sinni SEZIONE: Episcopia DATI SUL BACINO IMBRIFERO Superficie scolante A= Lunghezza percorso idraulico più lungo L= 227.13Kmq 30.00Km zmax= 1319.00m zmin= 500.00m Zmed= 909.00m ∆H= 409.00m Tempo di corrivazione: Giandotti Viparelli 39 1 tc= 6.51ore tc= 8.33ore Inserendo il tc nella curva di possibilità climatica per un T=200 anni si ha che hT=200= (Pioggia critica eccezionale) = 113 mm. 9. CALCOLO DELLE PORTATE Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del fiume Sinni oggetto dell’intervento….. da realizzare in località ……del Comune di Episocopia (PZ). La estensione del bacino imbrifero sotteso da tali sezioni è stata calcolata in base alla perimetrazione allegata e risulta pari a circa 227.13 Kmq. La lunghezza del corso d’acqua sino alle sezioni di interesse è di circa 30.00 km. L’altitudine media del bacino è stata indicata in 1025 m.s.l.m., mentre la altezza media del bacino imbrifero, utile ai fini dei calcoli idraulici è stata stimata pari a 900 m.s.l.m. Il calcolo delle portate viene eseguito trascurando l’attività di invaso e svaso della diga di Masseria Nicodemo in quanto si è detto che con Ordinanza n.1 in data 5/04/2002 il Commissario Delegato – Presidente della Giunta Regionale ha disposto lo svaso del lago artificiale e il rilascio progressivo di tutte le quantità trattenute. In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici delbacinoidrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima piena, prefissato determinato Tempo di ritorno T, è stata utilizzato il metodo razionale, che fornisce il valore della portata di piena Q [m3/s], mediante l’espressione Qmax = c * h * S * k / tc Dove: c=coefficiente di deflusso S= superficie del bacino idrografico sotteso alla sezione in esame (ha) h=altezza critica per l’assegnato tempo di ritorno (mm) tc= tempo di corrivazione k = fattore che tiene conto della non uniformità delle unità di misura usate: nell'ipotesi di adottare le grandezze con le unità di misura citate k = 0,2777 La formula ricavata col metodo razionale è basata sull’ipotesi che la massima portata sia prodotta da una precipitazione di durata pari al tempo di corrivazione tc del bacino: pertanto se hcrit è la precipitazione caduta al tempo tc, al volume affluito sul bacino S* hcrit corrisponde un deflusso pari a c*S*hcri*k/tc. Si suppone a sua volta per semplicità che la fase di esaurimento dell’idrogramma di piena sia simile a quella di crescita e che quindi l’idrogramma abbia la forma di un triangolo isoscele di base 2* tc ed area c*S*hcri*k/tc. 40 0.40 S (kmq)= 227.13 tc= 6.51 h ic Q Deflusso C= Tr a n 5 26.38576555 0.4500 6.51 61.30 9.42 237.647 8.33 68.50 8.22 207.51 10 31.27557441 0.4453 6.51 72.03 11.06 279.214 8.33 80.38 9.65 243.53 20 35.96309708 0.4388 6.51 81.82 12.57 317.17 8.33 91.16 10.94 276.19 30 38.65881831 0.4357 6.51 87.45 13.43 338.995 8.33 97.36 11.69 294.97 tc Viparelli tc h ic Q 50 42.02790762 0.4324 6.51 94.48 14.51 366.269 8.33 105.11 12.62 318.44 100 46.57126231 0.4287 6.51 103.97 15.97 403.046 8.33 115.56 13.87 350.10 200 51.09720793 0.4256 6.51 113.42 17.42 439.679 8.33 125.97 15.12 381.63 500 57.06738923 0.4223 6.51 125.88 19.34 487.999 8.33 139.70 16.77 423.22 1000 61.57896684 0.4202 6.51 135.30 20.78 524.511 8.33 150.07 18.02 454.65 Pertanto sostituendo nella formula razionale i dati misurati o calcolati si ottiene per la sezione di verifica e per un Tr=200 anni: Qmax= 381 m3/sec Il parametro c(coefficiente di deflusso) è stato ricavato facendo riferimento a valori calcolati con metodo di KENNESSEY considerando caratteristiche geologiche, acclività e uso suolo-copertura vegetale ed è risultato essere pari a 0.4. 10. VERIFICA IDRAULICA La verifica idraulica è stata condotta attraverso l’analisi di moto gradualmente vario, attraverso l’utilizzo di un programma di calcolo denominato HEC-RAS. Sono state implementate le condizioni geometriche attraverso l’introduzione di n.8 sezioni rilevate nell’area di interesse. La verifica è stata condotta per portate di piena calcolate con Tr=30 anni e Tr=200 anni. Come condizioni al contorno per l’implementazione della verifica sono state prese in considerazione l’altezza normale determinata in condizioni di moto uniforme per le sezioni iniziali e finali e per le portate anzidette e con la pendenza media del 1% . Nella determinazione della velocità di deflusso con la formula di Gauckler-Strickler si è adottato un coefficiente di scabrezza n=0.035 per corsi d’acqua naturali in cattive condizioni di manutenzione. Conclusioni Dalle verifiche effettuate seppure si evidenzia che sia con la portata calcolata per Tr=30 anni che per Tr=200 anni in quasi tutte le sezioni si verifica l’esondazione degli argini e l’allagamento delle aree golenali, pur tuttavia, poiché con l’intervento progettato non si modifica sostanzialmente 41 il regime idraulico, in quanto le dimensioni delle sezioni di verifica sono quelle corrispondenti alla sezione naturale del fiume, ma si migliora la resistenza alla erosione ed al trasporto di materiale solido dalle sponde si ritiene comunque che la verifica sia soddisfacente in quanto non viene interessata dalla piena l’unica infrastruttura esistente in zona ossia la SS 653 “Sinnica”. Per ogni sezione è riportato il relativo tabulato di calcolo per i profili per portate a 30 anni e 200 anni con i relativi parametri e caratteristiche idrauliche. Allegati 1. Verifiche sezioni in condizioni di moto gradualmente vario per Tr=30 anni e Tr=200 anni 2. Sezioni grafiche di verifica con la massima quota del pelo libero per Tr=30 anni e Tr=200 anni 3. Vista pseudotridimensionale del tratto in analisi ed individuazione delle aree esondabili con massimo tirante per Tr=200 anni. Simbologia EG= energia complessiva della corrente Ws= altezza del tirante dell’onda di piena Ground =terreno Bank= livello degli argini di magra 42 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 1 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.32 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 1.41 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 456.91 Reach Len. (m) Crit W.S. (m) 456.91 Flow Area (m2) 2.73 53.34 2.17 E.G. Slope (m/m) 0.008185 Area (m2) 2.73 53.34 2.17 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 5.26 284.5 4.24 Top Width (m) 21.47 Top Width (m) 2 18 1.47 Vel Total (m/s) 5.05 Avg. Vel. (m/s) 1.93 5.33 1.95 Max Chl Dpth (m) 2.96 Hydr. Depth (m) 1.36 2.96 1.48 Conv. Total (m3/s) 3249.7 Conv. (m3/s) 58.1 3144.7 46.9 Length Wtd. (m) Wetted Per. (m) 4.23 18 3.31 Min Ch El (m) 453.95 Shear (N/m2) 51.73 237.88 52.73 Alpha 1.08 Stream Power (N/m s) 99.77 1268.63 102.99 Frctn Loss (m) Cum Volume (1000 m3) C & E Loss (m) Cum SA (1000 m2) Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 1 Profile: Tr=200 ANNI E.G. Elev (m) 459.12 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 1.65 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 457.47 Reach Len. (m) Crit W.S. (m) 457.47 Flow Area (m2) 4.09 63.3 3.06 E.G. Slope (m/m) 0.007694 Area (m2) 4.09 63.3 3.06 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 8.65 366.86 6.49 Top Width (m) 22.24 Top Width (m) 2.5 18 1.74 Vel Total (m/s) 5.42 Avg. Vel. (m/s) 2.11 5.8 2.12 Max Chl Dpth (m) 3.52 Hydr. Depth (m) 1.64 3.52 1.76 Conv. Total (m3/s) 4355 Conv. (m3/s) 98.6 4182.4 74 Length Wtd. (m) Wetted Per. (m) 5.28 18 3.92 Min Ch El (m) 453.95 Shear (N/m2) 58.42 265.34 58.81 Alpha 1.1 Stream Power (N/m s) 123.44 1537.79 124.84 Frctn Loss (m) Cum Volume (1000 m3) C & E Loss (m) Cum SA (1000 m2) 43 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 1 .035 466 .035 .035 Legend 464 ) m ( n oti a v el E EG 200 ANNI 462 WS 200 ANNI 460 Crit 200 ANNI 458 Ground Bank Sta 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 44 40 50 60 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 2 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.47 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.46 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.01 Reach Len. (m) 16 16 16 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 7.26 91.74 4.17 E.G. Slope (m/m) 0.001691 Area (m2) 7.26 91.74 4.17 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 8.38 281.02 4.61 Top Width (m) 27.89 Top Width (m) 4.07 21.79 2.03 Vel Total (m/s) 2.85 Avg. Vel. (m/s) 1.15 3.06 1.1 Max Chl Dpth (m) 4.29 Hydr. Depth (m) 1.79 4.21 2.05 Conv. Total (m3/s) 7148.8 Conv. (m3/s) 203.7 6833.1 112 Length Wtd. (m) 16 Wetted Per. (m) 7.47 21.79 4.58 Min Ch El (m) 453.72 Shear (N/m2) 16.13 69.82 15.1 Alpha 1.11 Stream Power (N/m s) 18.61 213.86 16.67 Frctn Loss (m) 0.05 Cum Volume (1000 m3) 0.08 1.16 0.05 C & E Loss (m) 0.09 Cum SA (1000 m2) 0.05 0.32 0.03 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 2 Profile: Tr=2000 ANNI E.G. Elev (m) 459.28 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.55 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.72 Reach Len. (m) 16 16 16 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 11.29 107.34 6.26 E.G. Slope (m/m) 0.001667 Area (m2) 11.29 107.34 6.26 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 13.68 362.42 5.89 Top Width (m) 34.77 Top Width (m) 7.18 21.79 5.79 Vel Total (m/s) 3.06 Avg. Vel. (m/s) 1.21 3.38 0.94 Max Chl Dpth (m) 5 Hydr. Depth (m) 1.57 4.93 1.08 Conv. Total (m3/s) 9357.4 Conv. (m3/s) 335.2 8877.9 144.3 Length Wtd. (m) 16 Wetted Per. (m) 10.66 21.79 8.62 Min Ch El (m) 453.72 Shear (N/m2) 17.31 80.49 11.86 Alpha 1.16 Stream Power (N/m s) 20.97 271.77 11.17 Frctn Loss (m) 0.05 Cum Volume (1000 m3) 0.12 1.37 0.07 C & E Loss (m) 0.11 Cum SA (1000 m2) 0.08 0.32 0.06 45 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 2 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 200 ANNI 464 ) m ( n oti a v el E WS 200 ANNI 462 Ground 460 Bank Sta 458 456 454 452 0 10 20 30 40 Station (m) 46 50 60 70 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 3 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.51 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.29 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.21 Reach Len. (m) 17 17 17 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 31.49 93.56 5.64 E.G. Slope (m/m) 0.00102 Area (m2) 31.49 93.56 5.64 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 49.99 239.62 4.4 Top Width (m) 35.49 Top Width (m) 11.28 19.9 4.31 Vel Total (m/s) 2.25 Avg. Vel. (m/s) 1.59 2.56 0.78 Max Chl Dpth (m) 4.7 Hydr. Depth (m) 2.79 4.7 1.31 Conv. Total (m3/s) 9205.2 Conv. (m3/s) 1565 7502.5 137.6 Length Wtd. (m) 17 Wetted Per. (m) 13.73 19.9 7.13 Min Ch El (m) 453.51 Shear (N/m2) 22.94 47.03 7.9 Alpha 1.14 Stream Power (N/m s) 36.42 120.45 6.16 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 0.41 2.74 0.13 C & E Loss (m) 0.02 Cum SA (1000 m2) 0.18 0.67 0.08 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 3 Profile: Tr=200 ANNI E.G. Elev (m) 459.32 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.34 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.98 Reach Len. (m) 17 17 17 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 41.59 108.79 11.5 E.G. Slope (m/m) 0.001001 Area (m2) 41.59 108.79 11.5 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 66.62 305.22 10.16 Top Width (m) 43.9 Top Width (m) 15.11 19.9 8.89 Vel Total (m/s) 2.36 Avg. Vel. (m/s) 1.6 2.81 0.88 Max Chl Dpth (m) 5.47 Hydr. Depth (m) 2.75 5.47 1.29 Conv. Total (m3/s) 12072.8 Conv. (m3/s) 2105.5 9646.3 321 Length Wtd. (m) 17 Wetted Per. (m) 17.63 19.9 11.92 Min Ch El (m) 453.51 Shear (N/m2) 23.16 53.67 9.48 Alpha 1.21 Stream Power (N/m s) 37.09 150.59 8.37 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 0.57 3.2 0.23 C & E Loss (m) 0.02 Cum SA (1000 m2) 0.27 0.67 0.19 47 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 3 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 200 ANNI 464 ) m ( n oti a v el E WS 200 ANNI 462 Ground 460 Bank Sta 458 456 454 452 0 10 20 30 40 Station (m) 48 50 60 70 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 4 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.6 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.51 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.08 Reach Len. (m) 18 18 18 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 13.86 80.48 4.97 E.G. Slope (m/m) 0.001802 Area (m2) 13.86 80.48 4.97 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 22.58 265.42 6 Top Width (m) 26.63 Top Width (m) 6.47 17.95 2.22 Vel Total (m/s) 2.96 Avg. Vel. (m/s) 1.63 3.3 1.21 Max Chl Dpth (m) 4.48 Hydr. Depth (m) 2.14 4.48 2.24 Conv. Total (m3/s) 6925.7 Conv. (m3/s) 531.9 6252.4 141.4 Length Wtd. (m) 18 Wetted Per. (m) 8.9 17.95 5 Min Ch El (m) 453.6 Shear (N/m2) 27.51 79.23 17.56 Alpha 1.15 Stream Power (N/m s) 44.83 261.3 21.21 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 0.82 4.3 0.23 C & E Loss (m) 0.07 Cum SA (1000 m2) 0.34 1.01 0.14 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 4 Profile: Tr=200 ANNI E.G. Elev (m) 459.42 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.6 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.82 Reach Len. (m) 18 18 18 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 19.11 93.7 9.33 E.G. Slope (m/m) 0.00176 Area (m2) 19.11 93.7 9.33 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 34.33 337.98 9.69 Top Width (m) 34.4 Top Width (m) 7.78 17.95 8.67 Vel Total (m/s) 3.13 Avg. Vel. (m/s) 1.8 3.61 1.04 Max Chl Dpth (m) 5.22 Hydr. Depth (m) 2.46 5.22 1.08 Conv. Total (m3/s) 9105 Conv. (m3/s) 818.4 8055.8 230.9 Length Wtd. (m) 18 Wetted Per. (m) 10.41 17.95 11.58 Min Ch El (m) 453.6 Shear (N/m2) 31.69 90.1 13.91 Alpha 1.21 Stream Power (N/m s) 56.95 325.01 14.43 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 1.12 5.02 0.41 C & E Loss (m) 0.08 Cum SA (1000 m2) 0.47 1.01 0.34 49 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione4 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 200 ANNI 464 ) m( n oti a v el E WS 200 ANNI 462 Ground 460 Bank Sta 458 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 50 40 50 60 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 5 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.66 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.68 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 457.98 Reach Len. (m) 7.5 7.5 7.5 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 10.57 71.51 5.5 E.G. Slope (m/m) 0.00226 Area (m2) 10.57 71.51 5.5 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 16.19 271.29 6.53 Top Width (m) 25.04 Top Width (m) 5.82 15.32 3.9 Vel Total (m/s) 3.36 Avg. Vel. (m/s) 1.53 3.79 1.19 Max Chl Dpth (m) 4.67 Hydr. Depth (m) 1.82 4.67 1.41 Conv. Total (m3/s) 6184.4 Conv. (m3/s) 340.5 5706.6 137.3 Length Wtd. (m) 7.5 Wetted Per. (m) 8.82 15.32 6.72 Min Ch El (m) 453.31 Shear (N/m2) 26.54 103.45 18.12 Alpha 1.19 Stream Power (N/m s) 40.65 392.45 21.52 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 0.91 4.87 0.27 C & E Loss (m) 0.05 Cum SA (1000 m2) 0.38 1.14 0.16 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 5 Profile: Tr=200 ANNI E.G. Elev (m) 459.49 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.79 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.7 Reach Len. (m) 7.5 7.5 7.5 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 15.26 82.6 10.83 E.G. Slope (m/m) 0.002217 Area (m2) 15.26 82.6 10.83 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 26.6 341.64 13.75 Top Width (m) 31.31 Top Width (m) 7.16 15.32 8.83 Vel Total (m/s) 3.51 Avg. Vel. (m/s) 1.74 4.14 1.27 Max Chl Dpth (m) 5.39 Hydr. Depth (m) 2.13 5.39 1.23 Conv. Total (m3/s) 8113.1 Conv. (m3/s) 565 7256 292.1 Length Wtd. (m) 7.5 Wetted Per. (m) 10.35 15.32 11.81 Min Ch El (m) 453.31 Shear (N/m2) 32.07 117.21 19.93 Alpha 1.26 Stream Power (N/m s) 55.9 484.81 25.31 Frctn Loss (m) 0.01 Cum Volume (1000 m3) 1.25 5.69 0.49 C & E Loss (m) 0.06 Cum SA (1000 m2) 0.53 1.14 0.41 51 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 5 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 30 ANNI 464 ) m ( n oti a v el E WS 30 ANNI 462 Ground 460 Bank Sta 458 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 52 40 50 60 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 6 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 458.75 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.92 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 457.84 Reach Len. (m) 8 8 8 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 6.06 63.92 4.8 E.G. Slope (m/m) 0.0032 Area (m2) 6.06 63.92 4.8 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 8.61 277.75 7.65 Top Width (m) 20.29 Top Width (m) 3.61 14.5 2.18 Vel Total (m/s) 3.93 Avg. Vel. (m/s) 1.42 4.35 1.59 Max Chl Dpth (m) 4.41 Hydr. Depth (m) 1.68 4.41 2.2 Conv. Total (m3/s) 5197.2 Conv. (m3/s) 152.2 4909.8 135.1 Length Wtd. (m) 8 Wetted Per. (m) 7.35 14.5 4.92 Min Ch El (m) 453.43 Shear (N/m2) 25.86 138.33 30.66 Alpha 1.16 Stream Power (N/m s) 36.74 601.1 48.79 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 0.98 5.41 0.31 C & E Loss (m) 0.07 Cum SA (1000 m2) 0.42 1.26 0.19 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 6 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 459.62 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 1.14 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.48 Reach Len. (m) 8 8 8 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 8.69 73.22 7.87 E.G. Slope (m/m) 0.003365 Area (m2) 8.69 73.22 7.87 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 14.59 357.2 10.21 Top Width (m) 27.6 Top Width (m) 4.58 14.5 8.52 Vel Total (m/s) 4.26 Avg. Vel. (m/s) 1.68 4.88 1.3 Max Chl Dpth (m) 5.05 Hydr. Depth (m) 1.9 5.05 0.92 Conv. Total (m3/s) 6585 Conv. (m3/s) 251.4 6157.5 176.1 Length Wtd. (m) 8 Wetted Per. (m) 8.52 14.5 11.35 Min Ch El (m) 453.43 Shear (N/m2) 33.65 166.64 22.88 Alpha 1.24 Stream Power (N/m s) 56.5 812.96 29.7 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 1.34 6.31 0.56 C & E Loss (m) 0.1 Cum SA (1000 m2) 0.58 1.26 0.48 53 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 6 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 200 ANNI 464 ) m ( n oti a v el E WS 200 ANNI 462 Ground 460 Bank Sta 458 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 54 40 50 60 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 7 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 459.96 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 1.8 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 458.16 Reach Len. (m) 9 9 9 Crit W.S. (m) 458.16 Flow Area (m2) 7.01 43.41 4.25 E.G. Slope (m/m) 0.006852 Area (m2) 7.01 43.41 4.25 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 16.06 268.53 9.41 Top Width (m) 16.27 Top Width (m) 4 10.26 2.01 Vel Total (m/s) 5.38 Avg. Vel. (m/s) 2.29 6.19 2.22 Max Chl Dpth (m) 4.23 Hydr. Depth (m) 1.75 4.23 2.12 Conv. Total (m3/s) 3551.8 Conv. (m3/s) 194 3244.1 113.7 Length Wtd. (m) 9 Wetted Per. (m) 7.35 10.26 4.68 Min Ch El (m) 453.93 Shear (N/m2) 64.09 284.26 60.94 Alpha 1.22 Stream Power (N/m s) 146.86 1758.56 135.05 Frctn Loss (m) 0.04 Cum Volume (1000 m3) 1.03 5.9 0.35 C & E Loss (m) 0.27 Cum SA (1000 m2) 0.46 1.37 0.21 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 7 Profile: Tr=200ANNI E.G. Elev (m) 460.95 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 1.71 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 459.24 Reach Len. (m) 9 9 9 Crit W.S. (m) 459.24 Flow Area (m2) 12.27 54.52 10.03 E.G. Slope (m/m) 0.004966 Area (m2) 12.27 54.52 10.03 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 29.55 334.32 18.13 Top Width (m) 24.76 Top Width (m) 5.71 10.26 8.78 Vel Total (m/s) 4.97 Avg. Vel. (m/s) 2.41 6.13 1.81 Max Chl Dpth (m) 5.31 Hydr. Depth (m) 2.15 5.31 1.14 Conv. Total (m3/s) 5420.8 Conv. (m3/s) 419.4 4744.2 257.3 Length Wtd. (m) 9 Wetted Per. (m) 9.37 10.26 11.8 Min Ch El (m) 453.93 Shear (N/m2) 63.73 258.8 41.41 Alpha 1.36 Stream Power (N/m s) 153.52 1586.81 74.83 Frctn Loss (m) 0.04 Cum Volume (1000 m3) 1.44 6.88 0.64 C & E Loss (m) 0.17 Cum SA (1000 m2) 0.62 1.37 0.56 55 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 7 .035 468 .035 .035 Legend 466 EG 200 ANNI 464 ) m( n oti a v el E WS 200 ANNI 462 Crit 200 ANNI 460 Ground 458 Bank Sta 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 56 40 50 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 8 Profile: Tr=30 ANNI E.G. Elev (m) 460.09 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.85 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 459.24 Reach Len. (m) 6 6 6 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 14.63 44.87 21.71 E.G. Slope (m/m) 0.002958 Area (m2) 14.63 44.87 21.71 Q Total (m3/s) 294 Flow (m3/s) 29.65 206.07 58.28 Top Width (m) 21.8 Top Width (m) 6.21 7.43 8.16 Vel Total (m/s) 3.62 Avg. Vel. (m/s) 2.03 4.59 2.68 Max Chl Dpth (m) 6.04 Hydr. Depth (m) 2.36 6.04 2.66 Conv. Total (m3/s) 5405.2 Conv. (m3/s) 545 3788.7 1071.5 Length Wtd. (m) 6 Wetted Per. (m) 9.83 8.83 9.57 Min Ch El (m) 453.2 Shear (N/m2) 43.19 147.41 65.85 Alpha 1.27 Stream Power (N/m s) 87.49 677.08 176.76 Frctn Loss (m) 0.03 Cum Volume (1000 m3) 1.1 6.16 0.43 C & E Loss (m) 0.1 Cum SA (1000 m2) 0.49 1.42 0.24 Plan: Plan 01 fiume Sinni sotto episcopia RS: 8 Profile: Tr=200ANNI E.G. Elev (m) 461.05 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) 0.91 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) 460.14 Reach Len. (m) 6 6 6 Crit W.S. (m) Flow Area (m2) 20.88 51.58 29.7 E.G. Slope (m/m) 0.002743 Area (m2) 20.88 51.58 29.7 Q Total (m3/s) 382 Flow (m3/s) 46.47 250.35 85.18 Top Width (m) 24.58 Top Width (m) 7.63 7.43 9.52 Vel Total (m/s) 3.74 Avg. Vel. (m/s) 2.23 4.85 2.87 Max Chl Dpth (m) 6.94 Hydr. Depth (m) 2.74 6.94 3.12 Conv. Total (m3/s) 7293.6 Conv. (m3/s) 887.3 4780 1626.3 Length Wtd. (m) 6 Wetted Per. (m) 11.51 8.83 11.2 Min Ch El (m) 453.2 Shear (N/m2) 48.78 157.13 71.36 Alpha 1.28 Stream Power (N/m s) 108.57 762.67 204.66 Frctn Loss (m) 0.02 Cum Volume (1000 m3) 1.54 7.2 0.76 C & E Loss (m) 0.08 Cum SA (1000 m2) 0.66 1.42 0.61 57 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 sezione 8 .035 466 .035 .035 Legend 464 ) m( n oti a v el E EG 200 ANNI 462 WS 200 ANNI 460 Ground 458 Bank Sta 456 454 452 0 10 20 30 Station (m) 58 40 50 fiume sinni ) s/ m ( t hg i Rl e V, ) s/ m ( l n h Cl e V, ) s/ m ( tf e Ll e V 59 Plan: Plan 01 01/02/2003 episcopia 7 Legend 6 Vel Chnl 200 ANNI Vel Chnl 30 ANNI 5 Vel Right 200 ANNI 4 Vel Left 200 ANNI Vel Right 30 ANNI 3 Vel Left 30 ANNI 2 1 0 0 20 40 60 Main Channel Distance (m) 80 100 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 fiume sinni episcopia 462 Legend EG 200 ANNI 460 EG 30 ANNI ) m( n oti a v el E WS 200 ANNI 458 Crit 200 ANNI 456 WS 30 ANNI Crit 30 ANNI 454 452 Ground 0 20 40 60 Main Channel Distance (m) 60 80 100 fiume sinni Plan: Plan 01 01/02/2003 Legend WS 200 ANNI Ground Bank Sta 6 1 4 2 3 8 5 61 - Lavori di sistemazione idraulica del sottobacino torrente Sarmento, in località Casa Del Conte - bacino fiume Sinni - agro di Terranova Di Pollino. DATA 16/02/1998. IMPORTO 1.193.650.000. RELAZIONE 1 PREMESSA La legge 183/89 sulla difesa del suolo ha avviato uno studio sullo stato generale del territorio e delle relative problematiche dal punto di vista fisico, idraulico, ambientale e socioeconomico. Tra le aree suscettibili di interventi in via prioritaria, gli Schemi Previsionali e Programmatici dei Piani di Bacino di cui all’art.31 della L.183/89 redatti dalla Regione Basilicata, con la Scheda n°9, prevedevano interventi di sistemazione idraulica del torrente Sarmento, in località Casa del Conte in agro di Terranova del Pollino. Il torrente Sarmento é l’affluente più importante del fiume Sinni in quanto, per lunghi periodi dell’anno, possiede portate significative e nella parte alta del ventaglio di formazione ha un corso caratterizzato da elevate pendenze. Casa del Conte é una popolosa frazione che sorge sulle sponde del tratto montano del Sarmento dove le elevate pendenze, la piovosità e la natura dei terreni danno spesso origine a dissesti diffusi. Dal punto di vista amministrativo ed economico gli interventi sono resi possibili dai seguenti Decreti Ministeriali: D.M. 2300 del 16/11/1995, D.M. 101 del 24/01/1996, D.M. 1195 del 19/11/1996 e dalla Delibera di Giunta Regionale di recepimento n°5149 del 10/10/1995. Il presente progetto programma delle opere che costituiscono soluzioni tecniche scaturite dallo studio geologico ed idrologico dell’area ( vedi Relazione Geoidrolgica ), dai calcoli strutturali ( vedi Relazione di Calcolo ), da un attento esame degli effetti di inserimento nella’ambiente e della percezione visiva delle aree trattate ( vedi Relazione di Impatto Ambientale ). Il progetto é informato da criteri di ingegneria ambientale contemperati dalla considerazione della forte esposizione ai rischi di frane, del grado di sismicità dell’area e dalla considerazione degli stress termici a cui i manufatti sono sottoposti dal gelo e dalle avversità atmosferiche. 2 DESCRIZIONE DELL’AREA DI INTERVENTO La frazione del comune di Terranova Del Pollino denominata Casa Del Conte si trova a monte del centro, sul versante occidentale delle pendici del massiccio del Pollino e naturalmente ricade all’interno della perimetrazione dell’omonimo Parco Nazionale. Per ragguingerla bisogna superare il torrente Balsamano il cui alveo, durante l’inverno diviene simile ad una colata lavica perchè oltre alle acque si può osservare un flusso di terreni di asportazione di una antica frana di dimensioni macroscopiche. La frazione é quasi delimitata a valle dalla stretta della Garavina che é una profondissima incisione tra le rocce dell’ampiezza di pochi metri attraverso la quale fluisce il torrente Sarmento, a monte delle poche abitazioni il corso del torrente inizia ad avere notevoli pendenze in quanto prende forma il rilievo del monte Pollino. 62 L’area di intervento é stata individuata a valle dell’insediamento ed a monte della stretta della Garavina; la sua quota media sul livello del mare é di circa m.960. L’ambiente é tipicamente montano e la natura appare quasi incontaminata. A monte dell’area di intervento sono state realizzate delle opere di sistemazione idraulica come alcune briglie ed un muro di sponda in calcestruzzo, poi rivestito in pietra. Dal punto di vista geologico la configurazione morfologica del sottobacino considerato evidenzia affioramenti costituiti da rocce prevalentemente litoidi, caratterizzati da versanti ripidi e da rocce a prevalente componente argillosa le cui disposizioni, per formazione di detriti, si sono attestate su pendenze piuttosto basse. La circolazione delle acque superficiali avviene secondo un reticolo drenante detritico impostato prevalentemente sui corpi di frana. Il regime pluviometrico della zona presenta un massimo annuale durante l’inverno ed un minimo assoluto in estate. La quantità media di precipitazione annua si aggira intorno ai 1.300mm. con eventi meteorici giornalieri anomali di notevole intensità che possono superare i 50 mm. di pioggia. La temperatura media annua si aggira intorno ai 6° - 7° C. Dal breve quadro riassuntivo delle condizioni fisico ambientali, analizzato peraltro nelle Relazioni specifiche, risulta che il paesaggio , pur nella sua bellezza sevaggia, ha un aspetto molto accidentato. La scelta dell’area di intervento é stata dettata dal criterio di dare opportuno complemento alle opere idrauliche già realizzate a monte ed anche dal verificarsi di ua frana che ha preso origine dall’erosione della sponda sinistra del torrente Serrapotamo ed ha generato il dissesto della pendice sino alle vicinanze di alcune abitazioni rurali. 3 DESCRIZIONE DELLE OPERE PROGETTATE 3.1 MURO DI SPONDA IN GABBIONI A MONTE DELLA PASSERELLA quota 964m., picchetto 24 L’intervento inizia a quota 964 m. s. l. m. con un muro di sponda in gabbioni in destra idraulica del torrente Sarmento. Tale manufatto ha lunghezza di m. 35 e le seguenti dimensioni in sezione: - fondazioni : un ordine di gabbioni m.5.00 x 1.00; - elevazione: un ordine di gabbioni m. 4.00 x 1.00, un ordine m. 3.00 x 1.00, ultimo ordine m. 2.00 x 1.00. 3.2 SCOGLIERA DI MASSI DI PIETRA NATURALE Sempre in destra idraulica, a valle della passerella esistente ed in corrispondenza di visibili segni di instabilità della sponda, verrà realizzata una scogliera in massi di pietra naturale ciascuno di dimensioni non inferiori a m. 1.20 x 1.00 x 0.60. Tali elementi lapidei di grosse dimensioni saranno legati tra di loro mediante monconi di acciaio del diametro minimo di 24 mm. infilati per almeno 40 cm. in ciascun masso. 3.3 TERRA ARMATA ( TERRAMESCH ) Durante l’inverno 1997 si é verificata una frana in una zona individuata dalla Planimetria in scala 1:500 con i picchetti da n°30....n° 35 ed a quaote da 973 m. s. l. m. a 960 m.. Tale frana ha determinato uno svuotamento della collina minacciando anche alcune abitazioni rurali. 63 Il criterio del presente intervento é quello di risarcire la frana ed il conseguente svuotamento mediante la messa in opera di terra armata che, oltre a colmare il vuoto creatosi, ha le funzioni di argine per il torrente al piede, e di opera strutturale di sostegno. La terra armata, dunque, associa un livello di impatto molto contenuto, essendo in gabbioni nei quali si inseriscono essenze arboree, ad una funzione strutturale. Essa é composta da ordini di gabbioni di m.1.00 x 1.00 forniti di un telo della stessa maglia costituente la rete metallica dei gabbioni e che si estende sul retro del paramento per circa m. 7.00 ( lunghezza scturita dalla apposita Relazione di Calcolo ). Sui teli stesi si appone materiale arido commisto a terreno vegetale, poi compattato e rullato in modo da costruire un rilevato strutturale. Il peso degli strati di terreno compattato conferisce stabilità ai vari ordini di gabbioni che nel loro complesso configurano un muro di sostegno. I criteri di calcolo sono in armonia con le teorie di Coulomb. L’opera si completa con la immissione nei gabbioni di essenze arboree che in pochi mesi mascherano completamente il manufatto, peraltro costituito di pietre e pertanto già in armonia con l’ambiente. La terra armata sarà costruita in due campi lunghi l’uno 41.00 m. e il secondo circa m. 30. La altezza massima dei campi é di m. 9.00 e degrada secondo la conformazione della collina ad altezze minime di 5 - 6 m. Alla base del primo ordine di gabbioni sarà messo in opera uno zoccolo di calcestruzzo debolmente armato della dimensioni in sezione 5.00 m. x 1.50 m. che non emergerà dall’alveo ed avrà funzione fondante della Terramesch e ne eviterà lo scalzamento ed il sifonamento. I due campi di terra armata sono intervallati da due briglie in calcestruzzo rivestite in pietra, così posizionate dopo approfonditi studi al fine di offrire opportuna stabilità trasversale all’alveo ed ai sovrastanti manufatti. 3.4 BRIGLIE IN CALCESTRUZZO DEBOLMENTE ARMATO Sia la pendenza del torrente, sia la instabilità delle sponde, sia le motivazioni esposte alla fine del paragrafo 3.3 inerenti la stabilità della terra armata, hanno evidenziato la necessità di prevedere delle opere trasversali. La osservazione di opere simili già realizzate a monte ha consigliato la scelta dell’uso di calcestruzzo debolmente armato poi rivestito, nei paramenti a vista, con pietra locale. Sono dunque state previste tre briglie con le segunti dimensioni: - BRIGLIA n°1: lunghezza m. 35. altezza della gaveta m. 2.50 , larghezza gaveta m. 1.90, fondazione m. 3.00 x 4.00; - BRIGLIA n°2: lunghezza m. 24.00, altre dimensioni come la briglia n°1; - BRIGLIA n°3: lunghezza m. 25.00, altre dimensioni come la briglia n°1. Altre informazioni sulle caratteristiche dei manufatti e sulla loro posizione sono desumibili dagli elaborati grafici. 3.5 CONTRBRIGIE E MATERASSI TIPO RENO Tali opere sono tipicamente adibite alla stabilizzazione dell’alveo. In particolare a valle dlle briglie sono previste delle controbriglie posizionate a circa m. 6.00 costruite in gabbioni con sezione m. 3.00 x 3.00. La loro funzione é quella di evitare lo scalzamento delle opere trasversali a monte. Tra le briglie e le controbriglie verranno messi in opera campi di materassi tipo Reno della sezione m. 10.00 x 0.50. 64 La loro funzione é quella di rendere omogeneo il fondo alveo tra briglie e controbriglie ed evitare escavazioni dovute alla turbolenza del moto e al trasporto solido. 3.6 MURO DI SPONDA IN GABBIONI IN SINISTRA IDRAULICA A monte ed a valle dell’ultima briglia, sempre in corrispondenza di segni di instabilità della sponda destra, é stato previsto un muro di sponda in gabbioni della lunghezza di m.30.00 delle stesse caratteristiche edimensioni di quello descritto al paragrafo 3.1. - Intervento Urgente di Difesa Spondale in destra idraulica del fiume Noce, in corrispondenza del Km 3 + 300 della SS N. 585 di fondo valle. DATA 7/03/2001. IMPORTO 535.000.000. – Legge 183/89 -. 1 PREMESSA Durante numerosi sopralluoghi svolti negli ultimi due anni da funzionari tecnici della Regione Basilicata lungo il corso del fiume Noce è emersa l’esistenza di una area esposta a notevole rischio per la pubblica incolumità. Come è noto la valle del Noce è percorsa dalla Strada Statale n. 585 che spesso interferisce con il corso dell’omonimo fiume mediante i ponti ed i rilevati; in particolare in corrispondenza del km 3 + 300, per una serie di cause che saranno descritte, una consistente vena d’acqua si è avvicinata alla sponda destra erodendo sensibilmente i materiali costituenti il rilevato stradale. L’ENAS ha più volte segnalato la situazione di pericolo ed ha richiesto un intervento di protezione della sponda. Nel luglio del 1999 fu prodotto dall’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo un progetto di sistemazione idraulica articolato in più località del bacino ed anche nel sottobacino del Prodino Grande, affluente in destra del fiume Noce. Tale elaborato fu proposto sia al Ministero dell’Ambiente che al Ministero Dei Lavori Pubblici per il finanziamento di misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeolgico, da attivare in via prioritaria, per interventi valutati di particolare e indifferibile necessità, ai sensi del Decreto Legge 180/98 poi convertito nella legge 3/agosto/1998 n°267. ( Decreto Sarno ). Sono trascorsi ormai quasi due anni e tale richiesta non ha avuto esito, mentre la situazione riscontrata al km 3 + 300 della SS 585 ha continuato ad aggravarsi tanto che la sede viabile, nel punto più critico, è ormai a circa 6 metri dal ciglio del dissesto. Con D.M. n. 10380 del 24 ottobre 2000, il Ministero dei Lavori Pubblici, ai sensi della L.183/89, ha stanziato £ 535.000.000 per interventi di difesa del suolo nel bacino interregionale del fiume Noce e, pertanto, si è proceduto a rimodulare il precedente progetto del luglio 1999, focalizzando l’attenzione sull’area indicata e studiando con la presente elaborazione una serie di provvedimenti tecnici atti ad eliminare le situazioni di rischio. 2 DESCRIZIONE DEL DISSESTO 65 La situazione critica in esame ha trovato origine da alcune cause concomitanti. All’altezza del km 3 + 600 della SS 585, che in tale tratto della valle corre in destra idraulica, era stata costruita una grande soglia di fondo in calcestruzzo la cui metà destra oggi risulta distrutta. Poiché poco più a valle del corso si è formato un grande deposito di materiale solido, oggi conformato ad isolotto ricco di vegetazione, la corrente del fiume ha “scelto”, come percorso, il lato destro, lasciando quasi in secca la parte sinistra dell’alveo ed intatta la metà sinistra della soglia di fondo. Conseguenza di tale evoluzione dell’alveo è stato il restringimento della sezione utile al deflusso delle portate, l’aumento della velocità dell’acqua e la conseguente erosione della sponda destra. Al km 3 + 300 la sponda risale notevolmente di quota verso la pendice di una collina e la Strada Stale corre a circa 10 metri di altezza dalla quota dell’alveo. I materiali costituenti la sponda, costituiti prevalentemente da calcari fratturati e molto fratturati, sono stati asportati sino a determinare il crollo del rilevato stradale. L’erosione descritta è attualmente contrastata dalla presenza di un grande masso, di volume tale da riuscire a sostenere sia il peso delle rocce sovrastanti e della strada, sia la azione del fiume. Tale fenomeno non può essere abbandonato alla sua naturale evoluzione in quanto sul ciglio della frana si notano chiaramente le fratture delle rocce rimaste in sito e, nel tempo il masso rimasto ad ultimo baluardo protettivo della strada potrebbe incrinarsi e frammentarsi con conseguenze disastrose. 3 IL TERRITORIO Il fiume Noce nasce dalle falde meridionali del monte Rocca Rossa e dai contrafforti occidentali del monte Sirino, sfocia nel mar Tirreno nella piana di Castrocucco a circa 8 km a sud di Maratea, dopo circa 50 km di corso. La superficie del bacino è di 378 kmq; in realtà soltanto la parte settentrionale ( 298 kmq ) è quella propriamente ascrivibile al Noce, mentre la sezione meridionale, che costituisce il sottobacino della fiumarella di Tortora ( kmq 80 ) si può considerare del tutto indipendente poiché il torrente confluisce nel Noce ad appena un chilometro dal mare eppure, tale sottobacino, ricadente in Calabria, conferisce il carattere interregionale al bacino principale. Geologicamente i terreni sono costituiti da materiali più rigidi e più resistenti all’erosione lungo i bordi del bacino, mentre nella parte mediana e bassa prevalgono formazioni sciolte o a prevalente contenuto argilloso più esposte ai fenomeni morfogenetici talora interessanti vaste aree. Climaticamente, la Valle del Noce presenta elementi di transizione tra i caratteri continentali e quelli mediterranei: questi ultimi sono particolarmente evidenti, come è del resto comprensibile data la vicinanza ( appena 7 – 8 Km in linea d’aria ) con il Mare Tirreno. La pressione umana sul territorio non è molto sensibile: l’azione dell’uomo non ha creato squilibri di particolare gravità nell’ambiente fisico. L’agricoltura è ancora praticata sul 70% del territorio e i boschi si estendono mediamente sul 25% della superficie totale del territorio. Il territorio appartiene a 7 comuni, di cui uno solo, Trecchina, compreso interamente, Nemoli quasi per intero ( 94.60% ), Rivello per l’80.33%, Lagonegro per il 77.65%, Lauria per il 45.24%, Maratea per il 32.28%, ed infine in misura molto modesta 0.56% il comune di Castelluccio Superiore. 3.1 GEOLOGIA DEL BACINO E DISSESTI 66 Caratteristiche morfologiche La valle del Noce risulta marcatamente delimitata dagli altri rilievi distribuiti lungo lo spartiacque, che raggiunge la massima quota in coincidenza del massiccio del M.Sirino ( m.2005 ), poco più a Sud dell’area di testata idrografica, collocabile tra i rilievi di Rocca Rossa (m. 1408), Murge del Principe (m.1398), e Monte Sirino. La mancanza di un toponimo tradizionale, e soprattutto il grado di gerarchizzazione del reticolo idrografico, non consentono di definire un preciso ramo di testata. Numerose sono le asimmetrie presenti trasversalmente all’asse vallivo, che mediamente definiscono uno sviluppo maggiore della parte del bacino collocata in sinistra orografica. Il reticolo idrografico è caratterizzato da numerose anomalie, evidenziate dalla presente dalla presenza di tratti incassati, anche in più parti dell’asta principale, e da brusche variazioni della direzione di deflusso ( in particolare nella parte settentrionale del bacino). Particolarmente evidente e caratteristica risulta la stretta gola ubicata a sud di Trecchina nella quale si insinua il fiume Noce, che prosegue poi con uno stretto solco che segna il confine calabro – lucano e termina nella piana di Castrocucco. Anche lo spartiacque presenta evidenti particolarità: tutto il tratto compreso tra il confine calabro-lucano e la foce ha una direzione mediamente parallela alla linea costiera, linea dalla quale è separato da una fascia che a sud di Maratea si restringe anche a meno di due chilometri. Inoltre, in più punti , a ridosso della linea di spartiacque manca una fascia , solitamente presente, di ruscellamento; ciò determina una stretta contiguità con i rami del reticolo idrografico dei bacini adiacenti. L’esempio più manifesto è rilevabile nel tratto di spartiacque che si sviluppa a sud del M. Sirino (località Pecorone, comune di Lauria), che separa il bacino del fiume Noce da quello del fiume Sinni. Le caratteristiche delineate trovano giustificazione nel complesso quadro geologico strutturale dell’area in esame, più avanti illustrato nelle linee generali. Per altro la presenza lungo il margine occidentale del bacino, di terreni sabbioso-conglomeratici di ambiente lacustre, attribuiti al Quaternario (Pleistocene), non correlati all’attuale fondovalle, testimonia il susseguirsi nel tempo di differenti cicli morfogenetici. Non è da sottacere, infine, che l’alto grado di sismicità, caratterizzante tutta l’area, rappresenta una concreta testimonianza e conferma di una evoluzione tettonico-strutturale attiva anche in tempi recenti ed ttuali, che incide non poco sulla evoluzione dei processi morfologici in atto. - Quadro geologico – strutturale Nell’area del bacino del F. Noce è presente gran parte delle unità stratigrafico-strutturali mesocenozoiche che costituiscono l’ossatura dell’Appennino campano-lucano. Tali unità traslate dagli originari domini paleografici nel corso della tettogenesi miocenica, risultano attualmente sovrapposte, piegate e fagliate, affiorando talvolta in posizione di finestra tettonica. Sono inoltre presenti coperture più recenti costituite da depositi sabbioso-conglomeratici e detritici di origine continentale attribuibili al Quaternario, sostenuti dalle predette unità. Si descrivono sinteticamente le varie Unità esistenti con un ordine che rispecchia la posizione originaria e la direzione dei movimenti traslativi - Unità dei bacini interni. Sono rappresentate dai terreni appartenenti alle serie stratigrafiche del “Flysch del Cilento” e delle “Argille Varicolori” in senso lato. Affiorano ampiamente nella parte mediana della valle, tra gli abitati di Trecchina, Rivello, Nemoli e Lauria costituendo gran parte dell’area pedemontana del bacino. 67 Litologicamente, sono formate da alternanze, spesso fittamente stratificate, di marne, marne silicifere, argilliti, calcari siliciferi, siltiti e quarziti e, subordinatamente, di calcareniti, brecciole calcaree, arenarie e conglomerati. Tali formazioni, a causa delle scadenti caratteristiche geotecniche, sono spesso sede di movimenti franosi che, localmente, possono manifestarsi con rapidità ed ampia estensione, in corrispondenza dei contatti per sovrapposizione tettonica di differenti formazioni. - Unità della “piattaforma carbonatica interna” Sono rappresentate dai terreni appartenenti alle serie stratigrafiche della piattaforma in senso stretto e dei suoi margini di transizione ai bacini e affiorano lungo i settori occidentali e sudorientali dello spartiacque. Dal basso, litologicamente sono formate da dolomie straterellate e massicce, da calcari dolomitici e da calcari con intercalazioni dolomitiche, da calcareniti e calcari con intercalazioni dolomitiche, da calcilutiti stratificate e/o stratoidi e da alternanze flyscioidi di arenarie, quarziti, marne e argille subordinate. Nel complesso, la prevalenza di litotipi con buone caratteristiche meccaniche conferisce al paesaggio un aspetto accidentato, tranne che nelle zone di affioramento della parte sommitale flyscioide delle serie stratigrafiche. Le componenti di tale unità hanno un comportamento tipico degli ammassi rocciosi, essendo caratterizzate da consistenza lapidea e da parametri di resistenza a compressione ed al taglio molto elevati su roccia sana. Tuttavia le sollecitazioni di origine tettonica e i fenomeni di dissoluzione carsica più o meno marcati, hanno causato un indebolimento del massiccio, manifestato da famiglie talora molto fitte di linee di fessurazione. Ne sono conseguiti tra l’altro una permeabilità secondaria molto spiccata che consente la formazione di grossi accumuli idrici ed indebolimento dei versanti più ripidi e sottoposti all’azione degli agenti idrometrici. - Unità del “bacino lagonegrese” E’ rappresentata dai terreni appartenenti alla serie “calcareo-silico-marnosa” lucana. Affiora ampiamente nella parte nord-orientale dell’area in esame ed è costituita da formazioni litologicamente molto differenziate, in successione stratigrafica o anche in sovrapposizione tettonica. La formazione stratigraficamente basale è la formazione del monte Facito, esposta in affioramento a nord-est di Rivello, nei dintorni di Lagonegro e nel margine settentrionale del bacino; è composta da una prevalenza di materiali fini, quali marne argillose e silicifere scagliettate e siltiti variegate; in alternanza ad arenarie giallastre e grigie, calcareniti, inglobanti grosse inclusioni di calcari massicci. Di tali formazioni unitamente ad affioramenti di flysch è conformata gran parte della catena del Monte Sirino e questa etereogenità di origini, formazioni e stratificazioni, unitamente all’assunzione di acque, determina frequenti e diffusi fenomeni franosi, spesso di dimensioni imponenti in corrispondenza delle principali linearizzazioni tettoniche. - Depositi continentali del Quaternario Anche se distribuiti in affioramenti di limitata estensione, tali depositi sono di estrema importanza per individuare la dinamica evolutiva del reticolo idrografico. a) depositi lacustri e fluvio-lacustri affiorano lungo la fascia pedemontana orientale del monte Coccovello (Rivello), ad ovest di Trecchina, a sud di Nemoli ed in località Parrutta e Piano dei Peri. 68 Interessano prevalentemente il tracciato della strada statale 585 di fondo valle, importante arteria di livello nazionale. Si tratta di depositi sabbiosi, sabbio-conglomeratici, distribuiti in lembi talora terrazzati, essi sono di estrema importanza nel quadro morfoevolutivo del bacino del Noce, in quanto evidenziano le fasi più antiche di riadattamento del reticolo idrografico e di verosimile innesco dei fenomeni franosi. - Depositi morenici Affiorano sul versante settentrionale del Monte Sirino e sono costituiti da conglomerati fortemente eterometrici immersi in abbondante matrice argilloso-limosa. Tali depositi, databili al Pleistocene Medio-Superiore, testimoniano una notevole variazione delsistema morfologico nel corso della evoluzione del bacino, passando da un sistema più francamente glaciale ad un periglaciale, con conseguente variazione nella quantità del ruscellamento superficiale e del rapporto tra ruscellamento e portata solida. Anche tale episodio morfoevolutivo segna quindi un riadattamento del reticolo idrografico con possibile innesco di fenomeni franosi antichi. - Depositi detritici di versante Sono distribuiti in affioramenti per lo più di limitata estensione al piede dei versanti principali e sono costituiti da brecce eterometriche, talvolta con matrice terrosa e/o cementate. - Depositi alluvionali recenti ed attuali Sono distribuiti lungo gli alvei delle principali aste fluviali, a partire dalla media valle verso la foce. Sono costituiti da argille, limi, sabbie e ghiaie, in strati lentiformi. - Depositi di accumulo di frana Si tratta di materiali mobilitati da fenomeni franosi nel corso dei cicli morfogenetici che hanno prodotto i depositi quaternari prima descritti, Risultano pertanto costituiti da clasti a spigoli vivi, solitamente eterometrici, spesso immersi in matrice argilloso-siltosa, con giacitura caotica. Sono distribuiti in quasi tutto il bacino, in affioramenti di estensione di estensione variabile in relazione all’entità del fenomeno franoso originario. Le scadenti caratteristiche meccaniche di tali depositi e la loro posizione in prossimità del livello di base locale, li rendono estremamente sensibili alle variazioni del regime di ruscellamento superficiale e quindi propensi ad una rimobilitazione per fenomeni di frana multipli e sovrapposti. 4 IDROLOGIA Il fiume Noce nasce dalla confluenza tra il Vallone Vardaneta, proveniente dalle falde meridionali del monte Rocca Rossa e del Vallone dei Porcili che trae origine dai contrafforti occidentali del monte Sirino. 69 Il Vallone della Petra drena le acque della parte nord-occidentale del bacino e confluisce nel canale principale di formazione. Attraversata la stretta incisione ai piedi del monte Cervaro in destra e tempa Foraporta in sinistra, riceve in destra il modesto contributo del torrente Mala Mogliera da dove il corso d’acqua prende il nome di fiume Noce. Corre quindi con andamento nord-est in una ristretta valle fino a quota 489 m.s.l.m., dove, raccolte le acque del Vallone Carboncelli (sulle tavolette I.G.M. 1:25.000 Vallone della Serra), scende decisamente verso sud ricevendo in destra, il Vallone Trinca, il Canale Torno, il Vallone del Lupo. Devia quindi brevemente verso est e, dopo la confluenza in sinistra del torrente Bitonto, compie un’ansa ai piedi dell’abitato di Rivello per proseguire ancora con andamento nord-est, fino alla confluenza del torrente Gaglione. Tra le ultime due confluenze citate riceve in sinistra idraulica il contributo del torrente Sonante e del torrente Torbido, mentre in destra idraulica riceve le acque del torrente Prodino Grande che ha un bacino abbastanza esteso ed in condizioni di degrado rilevante del suolo. Il Noce prosegue per il suo percorso compiendo un ampio meandro attorno alle alture del monte Messina ( 1025 m.) e con andamento nord-ovest, drenate in destra le acque del torrente Serriaturo e del torrente Carrosio, sfocia nel Mar Tirreno dopo aver raccolto, a circa un Km dalla foce, le acque della Fiumarella di Tortora, in territorio calabro. La lunghezza complessiva del corso è di circa 50 Km. Dal punto di vista della idrologia le aree del bacino sono caratterizzate da un alta piovosità annua che intorno al Monte Sirino descrive isoiete di 2.200 mm, tale grado di piovosità va decrescendo sino alle aree pertinenti al tratto finale del corso. In occasione degli eccezionali eventi di pioggia verificatisi nel mese di novembre 1996 e che generarono dissesti diffusi nella parte media del bacino ed in particolare lungo il corso del Prodino Grande, l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa Del Suolo ha raccolto una serie di interessanti dati pluviometrici riferiti al mese, ai giorni ed alle ore, i cui prospetti riassuntivi si allegano di seguito. 5 DESCRIZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO Si è accennato in paragrafo 2 che all’altezza del km 3 + 600 la SS 585, che in tale tratto della valle corre in destra idraulica, era stata costruita una grande soglia di fondo in calcestruzzo la cui metà destra oggi risulta distrutta. Poiché poco più a valle del corso si è formato un grande deposito di materiale solido, oggi conformato ad isolotto ricco di vegetazione, la corrente del fiume ha “scelto”, come percorso, il lato destro, lasciando quasi in secca la parte sinistra dell’alveo ed intatta la metà sinistra della soglia di fondo. Conseguenza di tale evoluzione dell’alveo è stato il restringimento della sezione utile al deflusso delle portate, l’aumento della velocità dell’acqua e la conseguente erosione della sponda destra. Al km 3 + 300 la sponda risale notevolmente di quota verso la pendice di una collina e la Strada Stale corre a circa 10 metri di altezza dalla quota dell’alveo. I materiali costituenti la sponda, costituiti prevalentemente da calcari fratturati e molto fratturati, sono stati asportati sino a determinare il crollo del rilevato stradale. L’erosione descritta è attualmente contrastata dalla presenza di un grande masso, di volume tale da riuscire a sostenere sia il peso delle rocce sovrastanti e della strada, sia la azione del fiume. I provvedimenti urgenti da adottare per scongiurare i pericoli, a parere dei progettisti, consistono nell’ allontanare parte della corrente dall’area critica e successivamente rinforzare la sponda ricostruendone anche la parte perduta mediante i seguenti interventi: 70 1) Rimodellamento della svanella in sinistra idraulica in modo da convogliare parte delle acque in sinistra dell’isolotto, dove non vi sono infrastrutture o zone abitate, e dove precedentemente una vena del fiume era attiva. Tale operazione può essere realizzata con un semplice movimento di materie nell’ambito dell’alveo stesso senza variazioni ambientali, né quantitative i materia, bensì solo tramite uno spostamento di masse la cui valutazione metrica ed economica è leggibile nell’elaborato Computo Metrico e Stima. 2) Realizzazione in destra idraulica, in luogo della parte della soglia di fondo distrutta, di un repellente in materiali naturali. Il manufatto di lunghezza pari a m. 20 è progettato secondo strati di massi ciclopici di natura calcarea o granitica, ciascuno di volume non inferiore al metro cubo, legati tra loro con barre di acciaio del diametro di 24 mm, rese solidali ai fori con resine epossidiche, disposti in ordini diampiezza 5 m., 4 m., 3 m., 2 m.. 3) Realizzazione di una struttura in terra armata in corrispondenza della area di massima erosione (Km. 3 + 300) che inglobi e protegga anche il masso descritto, secondo la seguente tecnologia. Sottofondazione in massi calcarei o granitici di dimensioni non inferiori al metro cubo, legati tra loro con barre di acciaio del diametro di 24 mm, rese solidali ai fori con resine epossidiche, disposti in due strati per una sezione di 5.00 m. x 2.00 m. Sopra tale sottofondazione sarà costruito un banco di calcestruzzo armato dello spessore di m. 0.70 le cui armature saranno anch’esse collegate mediante monconi ai massi sottostanti. Sul predetto banco, che ha anche la funzione di regolarizzazione delle superfici saranno impostati i primi gabbioni con il telo retrostante che, per strati sovrapposti, costituiranno la terra armata ed il rilevato strutturale. In sostanza, sul margine lato fiume del banco in calcestruzzo armato, viene impostata la prima fila di gabbioni solidali ad un telo retrostante della stessa rete a maglie romboidali a doppia torsione della profondità di m. 4.00. Sul telo viene apposto uno strato di terreno di altezza pari al gabbione che verrà rullato. Con risega di 50 – 60 cm. Viene impostata la seconda fila di gabbioni con il telo retrostante ed il nuovo strato di terreno. Il rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere inalterate le sue caratteristiche nel tempo. La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle condizioni stradali. I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o uguale a 0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino a 200 mm ). La terra armata avrà altezza massima di m. 6.00. Il raccordo delle superfici inclinate tra sommità della terra armata e il margine esterno della Strada Statale n. 585 sarà costituito da terreno rullato ed infine protetto da materassi tipo Reno dello spessore di m. 0.25, anche essi ancorati con cambre metalliche di lunghezza m. 1.50, affondati nel terreno. 71 6 INSERIMENTO AMBIENTALE Le opere da realizzare, come descritto, possono riassumersi in un movimento di materie interno all’alveo fluviale per rimodellare la savanella, la creazione di un repellente con massi probabilmente reperibili lungo lo stesso corso d’acqua, la costruzione della terra armata. Tenuto anche conto dell’urgenza degli interventi, essi sono comunque improntati al rispetto della compatibilità ambientale trattandosi di opere di ingegneria naturalistica. L’inserimento della terra armata potrà essere migliorato dalla messa a dimora di talee di salici o saliconi negli strati di terreno. Le superfici a vista dei gabbioni potranno essere trattate con idrosemina di essenze autoctone. RELAZIONE DI CALCOLO 1 PREMESSA La presente relazione di calcolo si riferisce ad una struttura del tipo terra armata (terramesh) da realizzare in ordini di gabbioni speciali che hanno alla loro base un telo di rete zincata. La opportuna ricarica con materiale naturale dei teli, man mano sovrapposti, consente di costruire un rilevato strutturale portante. La struttura, fondata su un banco di massi ciclopici legati tra di loro in modo da conferire un alto valore K alla fondazione, dovrà avere sia la funzione di argine per le acque del fiume Noce, sia di ricostruzione del rilevato stradale della Strada Statale n. 585, in corrispondenza del km 3 + 300. Poco a monte di tali sezioni, infatti, il fiume ha distrutto la parte in destra idraulica di una soglia di fondo, ha variato la profondità dell’alveo avvicinandosi pericolosamente al rilevato stradale. Nel tempo il rilevato è stato eroso sino alla sezione dove fortuitamente si trova un grande masso di natura calcarea che oggi rimane ultimo baluardo di difesa alla importante Strada Statale. Appare dunque necessario intervenire per circa 70 metri lungo la sponda al fine di scongiurare pericoli per la circolazione stradale. La scelta della tecnologia di intervento citata è motivata anche dai buoni risultati che una struttura siffatta ha già confermato in una situazione simile, lungo il fiume Sarmento in località Casa del Conte nel comune di Terranova di Pollino, nonché nella situazione immediatamente a monte dell’ammasso calcareo citato dove i lavori sono stati appena eseguiti a cura dell’Ufficio scrivente. 2 SPECIFICHE DEI MATERIALI I principali requisiti che i materiali impiegati per costruire una struttura in terra rinforzata devono possedere sono: Particolari garanzie nei confronti della protezione contro la corrosione dovuta a: 72 - aggressività dei suoli e/o delle acque; - fenomeni di correnti vaganti, - agenti atmosferici; Sicurezza contro i danneggiamenti provocati da: - azioni di animali o comunque dolose; - incendi; Capacità di resistenza delle armature di rinforzo e del paramento esterno. Elementi costruttivi Sono costituiti da rete metallica a doppia torsione a maglia esagonale tipo 8 x 10 ( conforme a UNI 8018 ) che, oltre a fornire elevati valori di resistenza a trazione ( fino a 47 KN/m senza fenomeni di creeping ) impedisce il rapido propagarsi di smagliature in seguito a rottura accidentale di uno o più fili. I teli di rete presentano inoltre una bordatura eseguita meccanicamente con filo di diametro maggiore di quello della rete. Zincatura e plasticatura Tutto il filo impiegato nella fabbricazione degli elementi delle terre armate e nelle operazioni di legatura, da effettuare comunque con filo avente diametro non in feriore a 2.20 mm zincato e plasticato e/o con punti metallici di diametro 3.0 mm in acciaio inossidabile, deve rispondere alle normative internazionali ( UNI 3598, BS 1052, ANFOR N.F. A91 – 131 Classe C, DIN 1548 – 70, ASTM – A641 – 82 Classe 3 ). Inoltre il filo di acciaio è a forte zincatura per la protezione della corrosione ( UNI 8018/79; ASTM A 641 – 82; BS 443 – 82; ASFNOR NF A 91 – 131 Classe C; DIN 1548 – 70, ABNT NBR 8964 – 85), ed è ricoperto, in aggiunta alla zincatura, da uno strato di PVC dello spessore nominale pari a 0,5 mm. Le caratteristiche di resistenza al test di invecchiamento del PVC impiegato devono rispondere alle normative internazionali in materia. Sono riportati di seguito i valori più significativi del materiale quali: - colore grigio – RAL 7037 secondo ASTM D 1482 – 57 T; - peso specifico compreso fra 1.30 e 1.35 dN/dmc, secondo il metodo di prova ASTM D 792 – 91; 73 durezza compresa fra 50 e 60 Shore D, secondo il metodo di prova ASTM D 4112 – 92; - carico di rottura superiore a 210 kg/cmq secondo il metodo ASTM D 4112 – 92; - allungamento a rottura superiore al 200% ed inferiore al 280%, secondo il metodo ASTM D 4112 – 92; - perdita in peso minore del 5% dopo 240 ore a 105°C, secondo ASTM D 2287 – 92; - ceneri residue minori del 2%, secondo ASTM D 2124 – 62 T; - resistenza all’abrasione: perdita di volume inferiore a 0.30 cmq, secondo ASTM D 1242 – 56 (75), metodo di prova A. Le prove specifiche di invecchiamento artificiale sono: - nebbia salina: periodo di prova 1500 ore, metodo di prova ASTM B 117 – 90; - esposizione raggi UV: periodo di prova 2000 ore a 63°C, metodo di prova ASTM D 1499 – 92 e ASTM G 23 – 93; - esposizione alte temperature: periodo di prova 24 ore a 105°C, metodo di prova ASTM D 1203 89 in accordo con ASTM D 2287 D – 92; - temperatura di fragilità: Cold Bend inferiore a 30° secondo metodo di prova ASTM D 132 – 89; Cold Flex inferiore a +15°C secondo metodo di prova BS 2782 – 151 A (84). Il materiale plastico sarà ritenuto idoneo se, dopo tali prove, rispetto alle caratteristiche iniziali viste sopra, presenterà le variazioni di seguito elencate: - assenza di screpolature, spellature e bolle d’aria ed, inoltre, assenza di apprezzabili variazioni di colore; - peso specifico con variazioni non superiori al 6%; - variazioni della durezza non superiori al 10%; - variazioni del carico di rottura e allungamento non superiori rispettivamente al 25%; - variazione abrasione non superiore al 10%; - temperatura di fragilità: Cold Bend non superiore a 20°; Cold – flex non superiore a +18°C; La presenza di un filo con anima in acciaio e il particolare tipo di PVC impiegato conferiscono una ottimale resistenza alla fiamma, contrariamente a quanto accade per altri prodotti interamente in sintesi che si distruggono completamente in caso di incendio. Inoltre il ricoprimento in PVC del filo metallico lo isola nei confronti della conducibilità elettrica fornendo la sicurezza richiesta riguardante i fenomeni di corrosione provocati dalle correnti vaganti. La resistenza nel tempo di questo materiale è ampiamente dimostrata dalla pluridecennale esperienza maturata da strutture in gabbioni e materassi Reno, confezionati con rete metallica a doppia torsione zincata e plastificata, utilizzati in ambiente marino o comunque aggressivo. 74 Rilevato strutturale dovrà essere costituito da terreno di buona qualità (granulare e ben selezionato), di notevole potere drenante, elevato angolo di attrito interno e soprattutto mantenere inalterate le sue caratteristiche nel tempo. La predisposizione e la compattazione del rilevato viene effettuata impiegando le attrezzature, il personale e le macchine tradizionali in accordo a quanto previsto dalle specifiche locali sulle condizioni stradali. I valori di granulometria esaminati vanno dai materiali più fini con granulometria minore o uguale a 0.02 mm ( con percentuale non superiore al 10%), ai ciottoli di maggiori dimensioni ( fino a 200 mm ). I risultati ottenuti dalle prove hanno mostrato che la granulometria variabile da 0.02 mm fino a 6 mm (percentuale passante 100%) rappresenta in generale un campo di valori ottimale per il rilevato. Sono tuttavia ammesse anche granulometrie maggiori ( fino a 200 mm ) qualora si introduca un opportuno fattore parziale di sicurezza della rete nei confronti di possibili danneggiamenti del rivestimento PVC. L’impiego di materiale avente elevate percentuali di ciottolame superiore ai 100 mm (10%- 15% al massimo ), è comunque in generale sconsigliato anche perché rischierebbe di rendere più laboriose le operazioni di compattazione. L’impiego di materiale granulare selezionato dalle caratteristiche sopracitate garantisce la costanza delle proprietà di ancoraggio delle reti anche nel caso di variazioni del contenuto di umidità del terreno. In questa ipotesi è possibile mediamente ottenere, dopo la compattazione, valori di angolo di attrito del rilevato strutturale di almeno 36°. Sono comunque ammessi anche materiali non corrispondenti alla classificazione sopra riportata, in grado comunque di garantire sufficienti caratteristiche di resistenza e durabilità degli ancoraggi. E’ opportuno impiegare per il rilevato materiale reperibile in sito, eventualmente miscelando con altro di diversa provenienza (sabbie, ghiaie, stabilizzanti chimici etc.). L’elemento determinante per la valutazione della resistenza e del potere di ancoraggio della rete resta comunque sempre l’angolo di attrito interno, per il quale si consiglia di non scendere al di sotto di valori minimi di 28°- 30°. Il materiale di riempimento va disposto e compattato per strati successivi non superiore a 0.25-0.30 m. La compattazione del rilevato a ridosso del paramento si dovrà effettuare con impiego di piastre vibranti o rulli. Il grado di compattazione da raggiungere viene di norma indicato nelle specifiche tecniche costruttive di capitolato. 75 Generalmente in fase progettuale si assumono compattazioni tali da determinare una densità minima del rilevato pari a 1800 Kg/mc. 3 CALCOLI STATICI DELLA STRUTTURA IN TERRE ARMATE In riferimento ai materiali specificati per la costruzione della struttura e, tenute a base le teorie di Coulomb, di Rankine, i metodi di Bishop, Jambu, Sarma, viene eseguito il seguente calcolo statico della struttura progettata. Il calcolo prevede due tipi di analisi: Stabilità esterna Stabilità interna STABILITA’ ESTERNA La stabilità esterna viene calcolata valutando le forze esterne ( Spinta terreno, sovraccarichi ecc. ) agenti sul blocco rinforzato. Il calcolo prevede tre tipi di verifiche: - Scorrimento della fondazione; - Ribaltamento del blocco rinforzato; - Schiacciamento della fondazione. La spinta del terreno si assume pari alla spinta attiva e si calcola nel modo usuale: Pa = ½ γs H Ka Dove γs = peso specifico del terreno naturale H = altezza virtuale del muro Ka = coefficiente di spinta attiva e vale: sin2 (β + γ ) Ka = Sin2 β x sin ( β - ε ) [1 + √ sin ( γ + ε ) x sin (γ - ε ) sin ( β - ε ) x sin (β+ ε ) ]2 Dove γ = angolo attrito interno terreno naturale ε = angolo di inclinazione terreno a monte La spinta attiva sarà inclinata dell’angolo ε rispetto all’orizzontale. L’unica azione instabilizzante sarà data quindi dalla componente orizzontale della spinta attiva che vale ∑ H = Pa cos ε a tale componente va aggiunta la forma sismica. Calcoliamo Ka Nel nostro caso, come da Relazione Geologica, allegata. 76 ϒs = 1,80 t / m3 ε = 20° γ Hv = 6,00 m = cautelativamente 16° ϒ = 16° β = 45° sin2 (45° + 16° ) Ka = Sin2 45° x [1 + √ sin ( 16° + 20° ) sin ( 45° - 20° ) x sin (16° -20° ) sin ( 45° - 20° ) x sin (45°+ 20° ) ]2 sin2 61° Ka = 0,50 [ sin 25 x √ sin 36° 1+ ]2 x sin - 4° sin 15° x sin 65° 0,7649 Ka = 0,50 [ 0,4226 x Pa = ½ ϒs H2 x Ka = ½ x 1+ √ 0,587 x ( - 0,0697 ) 0,2588 x sin 0,9063 1,80 x 62 x ]2 = 10,50 10,50 = 340,20 t Questa forza, come già ricordato va moltiplicata per il cos ε e incrementata della forza sismica. Pa x cos ε = 340,20 x 09396 = 319,65 t La componente orizzontale della forza sismica si esprime secondo le norme Fh = C x Ixε x β x (G + W) S - 2 C = 100 S = coefficiente di intensità sismica = 9 ( Comune di Maratea) I = 1 β = 1 ε = 1 coefficienti assimilabili a 1 per to G = Peso proprio della struttura W = sovraccarico che nel caso specifico è dato dal peso del volume di riempimento sulla serie di teli superiori ( per sicurezza si calcolano gli ultimi due teli ). 77 9 - 2 Fh = x ( 6 x 2,2 t ) + ( 2 x 4,00 x 1,80 t ) = 100 = 0,07 x [ ( 13,20 ) + ( 14,40 ) ] = 1,93 t l’azione destabilizzante totale si può dunque esprimere ∑ H = Pa x cos ε + Fh = 319,65 t + 1,93 t = 321,58 t Le azioni stabilizzanti saranno invece le seguenti ∑ V = WG + Wt + Wo + Pa x sin ε Pa x sin ε = componente verticale spinta attiva = 340,20 t x sin 20 WG = peso proprio dei gabbioni = 6 mt x 2,2 t = 13,20 t Wt = peso del terreno in sovraccarico = 2 teli x 4 mt x 1,80 t = 14,40 t Wo = peso del rilevato strutturale = 6 file x 4,00 mt x 1,80 = 43,20 t ∑ V = (6,00 x 2,20) + (2 x 4,00 x 1,80) + (6 x 4,00 x 1,80) + (340,20 t x sin 20°) = = 13,20 + 14,40 + 43,20 + 116,35 = 187,15 t MOMENTO INSTABILIZZANTE MI = (Pa x cos ε + Fh) x H/3 = (319,65 + 1,93) x 6/3 = 643,16 t x m MOMENTO STABILIZZANTE Ms = ½ xWg x b + Wt [ B b - x b ]+ 2 = ½ x 13,20 t x 1 + 14,40 x [ Wo 5 1 - x [ x /3 ( B – b) + b ] ]+ [ 2 1 43,20 x +B x 2 Pa x sin ε = /3 ( 6 – 1) + 1 ] +6 x 116,35 = 2 = 6,60 + 28,80 + 187,20 + 698,10 = 920,70 t x m L’eccentricità della risultante sarà l = B _____ 2 - ( M s – M1 ) / ∑ V La pressione alla base è calcolata con la formula di Meyerhof, nell’ipotesi di distribuzione uniforme delle tensioni verticali su una base effettiva B – 2 e ϕv = 78 ∑V ___________ (B–2 l) Nella fase di primo dimensionamento del blocco terramesh si consiglia normalmente di assegnare come valore di primo tentativo B = 0,6 ÷ 0,8 H1 di calcolare le azioni sopra descritte, controllando i seguenti fattori di sicurezza: SCORRIMENTO ηs = ∑ V tang γ / ∑ H > 1,3 RIBALTAMENTO ηr = Ms / Mi > 1,5 SCHIACCIAMENTO DELLA FONDAZIONE ηb = ϕ min. __________ > 1,5 ÷ 2 ϕ max dove pressione ammissibile sul piano fondazione ϕ amm. Calcoleremo la eccentricità della risultante l = B _____ ∑ V = Wg l = - ( M s – M1 ) / ∑ V 2 + 5 _____ - Wt + Wo + Pa x sin ε = 187,15 t ( 920,70– 643,16) 2 = 2,5 – 1,482 = 1,018 187,15 La pressione alla base della struttura ϕv = ∑V 187,15 (B -2 ) l = (5 – 2,036) 187,15 = VERIFICA ALLO SCORRIMENTO ηs = 79 ∑V tang γ __________ ∑V > 1,3 2,964 = 63,14 t/m2 ( Wg + Wt + Wo + Pa x sin ε ) x tang γ ηs = P a x = cos ε + F h 187,15 x tang γ = 53,66 = 319,65 + 1,93 321,58 VERIFICA AL RIBALTAMENTO Ms Ms = 920,70 t x m > 1,5 Mi = 1,43 < 1,5 Mi = 643,16 t x m VERIFICA SCHIACCIAMENTO DELLA FONDAZIONE ηb = ϕ amm. __________ > 1,5 ÷ 2 ϕ max ∑V ϕ max = = (B - 2l) ϕ amm. = 63,22 ϕv 187,15 t 187,15 = 5 – (2 x 1,018) = 63,22 t/mq = 6,322 kg/m2 2,96 = 1,001 < 1,5 = 63,14 ANALISI DEI RISULTATI DEL 1° DIMENSIONAMENTO I risultati delle verifiche eseguite non sono in generale soddisfacenti. Esse però, in favore della sicurezza, sono state eseguite immaginando la struttura di terra armata poggiata sul terreno. In realtà il progetto prevede una fondazione particolare proprio per elevare i fattori di sicurezza: si tratta di un blocco profondo m. 2,00 composto da massi ciclopici calcarei o dolomitici, ciascuno 80 minimo d 1 mc. legati tra di loro con barre di acciaio affogate in fori e fissate con resine epossidiche. Su tale blocco profondo 2 m. e ampio 5 m. viene eseguita una piastra in cemento armato con le armature solidarizzate con chiodature ai massi. Tali accorgimenti influiscono nettamente sullo scorrimento che diviene quasi impossibile e sullo schiacciamento del terreno di fondazione. La platea in calcestruzzo può essere infatti realizzata per livelli di compressione caratteristica di 200 kg/m2. Rimane invece da migliorare il coefficiente di sicurezza al ribaltamento che nel 1° dimensionamento raggiunge il valore di 1,43 mentre è richiesto > 1,5. Ciò può essere ottenuto aumentando le dimensione B e cioè la estensione dei teli sul retro dei gabbioni. Eseguiamo una prova aumentando B a 6 m. MOMENTO STABILIZZANTE Ms = ½ xWg x b + Wt B b [ - x b ]+ 2 = ½ x 13,00 t x 1 + 18,00 = (24,50 x 2,50) + x Wo 6 1 [ - x [ x 1 /3 ( B – b) + b ] ]+ [ 2 54,00 x +B x 2 Pa x sin ε = /3 ( 6 – 1) + 1 ] +6 x 116,35 = 2 234,00 + 698,10 = 993,35 t x m MOMENTO INSTABILIZZANTE MI = (Pa x cos ε + Fh) x H/3 = (319,65 + 1,93) x 6/3 = 643,16 t x m VERIFICA AL RIBALTAMENTO ηr Ms = > 1,5 = Mi Ms = 993,35 t x m = 1,54 VERIFICATO Mi = 643,16 t x m VERIFICA STABILITA’ INTERNA L’ analisi di stabilità interna viene condotta per stabilire la lunghezza minima e la spaziatura verticale dei rinforzi (in questo caso dei teli di rete). Il calcolo prevede due tipi di verifiche da effettuarsi ad ogni livello di rinforzo. - Resistenza dei teli alla rottura - Lunghezza di ancoraggio dei teli Per quanto riguarda la valutazione della lunghezza minima da assegnare ai teli di rete si assume l’ipotesi a favore di sicurezza, che la linea di separazione della zona attiva e reattiva sia di forma rettilinea come indicato schematicamente in figura. La linea di separazione zona attiva – reattiva, cioè il luogo delle massime tensioni nei rinforzi, si assume che parte in via cautelativa dall’estremo di monte del paramento anziché di valle. Tale ipotesi viene considerata, a favore di sicurezza, per un dimensionamento di massime, in quanto in realtà il telo attraversa il terreno e il paramento con continuità ( come detto precedentemente ) e 81 quinti la trasmissione trasmissione degli sforzi avviene mediamente su tutta la sua lunghezza, paramento incluso. Il valore della tensione T agente sul rinforzo nell’n-esimo strato (figura) sarà dato dalla relazione: Ts = ϕvm Ka x x AH Dove Ka = coefficiente di spinta ϕvm = pressione normale agente alla quota dell’n-esimo telo. Per quanto riguarda il valore di Ka , nel caso di paramenti verticali o molto vicini alla verticale. (Ǿ > 84°) vale cos ε - √ cos2 ε - cos2 γ Ka = cos ε x cos ε + √ cos2 ε - cos2 γ ε = inclinazione terreno monte γ = angolo attrito rilevato strutturale Nel caso di paramenti maggiormente inclinati (Ǿ < 84°) ossia con sgrodanature, il valore di Ka vale sin2 – (Ǿ - γ) Ka = sin Ǿ x (Sin Ǿ - sin γ) dove Ǿ = angolo inclinazione paramento γ = angolo attrito rilevato strutturale Una volta determinato Ts si potranno effettuare le seguenti verifiche: RESISTENZA DEI TELI ALLA ROTTURA ηrott. = Cr ___________ Ts Dove Cr rappresenta il carico di rottura e torsione della rete confinata nel terreno. CAPACITA’ DI ANCORAGGIO DEI TELI ηs fili = Ca x Li / Ts dove Ca = rappresenta il carico limite di ancoraggio, che alla quota dell’n-esimo telo vale ϕv x Lr x 0,91 Lr = la lunghezza di ancoraggio nella zona reattiva e vale B – b – x 82 Dovento calcolare Ts =ϕvm x Ka x AH Impartiremo il calcolo per teli la cui spaziatura è di 1,00 m., terremo conto che la conformazione del paramento è gradinato e calcoliamo il Ka sin2 x (Ǿ - γ) Ka = sin2 x (75 – 30) = sin Ǿ x (Sin Ǿ + sin γ)2 sin 75 x( sin 75 + sin 30 )2 = 0,5 = 0,70 x ( 0,70 + 0,50)2 = 0,5952 ϕvm = 1,80 kg/m2 ( valore alto scelto in favore sicurezza ) Ts = 1,80 x 0,5952 x 1 = 1,07 RESISTENZA DEI TELI ALLA ROTTURA ηrott. = Cr ___________ Ts Cr = a x t / m. ηrott. = ___________ 4 = 3,73 1,007 CAPACITA’ DI ANCORAGGIO DEI TELI ηs fili = Ca x Li / Ts dove Ca = rappresenta il carico limite di ancoraggio, che alla quota dell’n-esimo telo vale ϕv x Lr x 0,91 Lr = la lunghezza di ancoraggio nella zona reattiva e vale B – b – x ϕv = 1,80 kg/m2 Lr = 6 –1 –3 = 2 m. Ca = ϕv x Lr x 0,91 = 1,80 x 2 x 0,91 = 3,276 ηs fili. = Ca x Lr ________________ Ts CALCOLI IDRAULICI 83 3,276 x 2 = ________________ 1,07 = 6,1233 Consultando gli Annali Idrologici del Servizio Idrografico dello Stato Sezione di Catanzaro si può constatare che nel periodo compreso tra il 1925 ed il 1964, alla stazione Le Fornaci che dista 18 km dalla foce ed ha bacino di dominio Kmq 186, la portata massima registrata è di 725 mc/s misurata il 1° marzo 1935. Essendo la portata Q = V x S dove V è la velocità e S è l’area della sezione, si può dire che ad una velocità di 2.00 m/sec, che è verosimile durante una piena, essendo la portata massima 725 mc/sec, è sufficiente una sezione di 362.5 metri quadrati. Ipotizzando l’altezza del battente d’acqua o altezza idrometrica pari a 3.00 m. occorre una ampiezza disponibile della sezione pari a circa 120.83 metri. Misurando la distanza minima tra la sponda destra e la sponda dell’isolotto essa risulta di circa m. 45.00, a tale luce va aggiunta la distanza tra l’altra sponda dell’isolotto e la sponda sinistra del fiume che risulta essere pari a m. 80.00 circa. e pertanto l’intera lunghezza della sezione di deflusso può considerarsi pari a m. 125.00. Da tali considerazioni emerge la necessità di riattivare la sezione idraulica a sinistra dell’isolotto, operazione che è prevista in progetto. Dopo tale riattivazione, pur trovandoci a circa 14 km di distanza dalla stazione “Le Fornaci”, pur in presenza di piene eccezionali, l’argine progettato è in grado di sostenere le piene eccezionali con un franco di sicurezza di altri m. 3.00. VERIFICA ALLA SOTTOSPINTA 1) Spinta idrostatica S=½ x h2 x ϒa Supponiamo che l’acqua raggiunga, in occasione di una piena eccezionale, l’altezza di m. 3,00 dall’estradosso del blocco di fondazione in C.A. S=½ x h2 x ϒa = ½ 2 x3 10 = 45,00 KN x La spinta ha linea di azione orizzontale ed è applicata, dalla base del manufatto alla distanza d = H/3 = 3/3 = m. 1,00 il diagramma delle pressioni è triangolare, con un valore massimo alla base dell’argine. P=h x ϒa = 3 x 10 = 30 KN 2) Momento spingente Ms = S x d = 45,00 x 1 = 45 KNm 3) Sottospinta Ss = ½ x m x h x ϒa x bo Dove m è un coefficiente che dipende dalle caratteristiche del terreno e, per manufatti dell’importanza dell’argine in esame assume valori mediamente variabili tra 0,50 e 1,00. Nel nostro caso si assume m = 0,70. Bo = alla dimensione di base del manufatto che noi assumiamo pari alla base del blocco in C.A. di fondazione 5,00 m. 84 Ss = ½ m x h x x ϒa x bo = ½ bo ed è applicata alla distanza d5 = 0,70 x 3 x x 10 5 = 52,50 KN/m2 x dell’estremo O del terzo medio. 3 Le sottopressioni presentano una variazione lineare con valore nullo in corrispondenza dell’estremo Z a valle e massimo nello spigolo a monte con valore P = m h x ϒa = 0,70 x x 3 x 10,00 = 21,00 KN/m2 4) MOMENTO SPINGENTE DOVUTO ALLA SOTTOSPINTA bo Ms = S5 5,00 = 52,50 x = 87,50 KN/m x 3 3 5) PESO DELL’ARGINE P1 = b x P2 = ½ (h+f) S x x x 1,00 (h+f) x ϒc = 2 ϒc = ½ x x 6 x 3 x x 1 x 1,8 = 21,6 KM 6 1,8 = 16,2 KN Le relative distanze dall’estremo O del terzo medio risultano d1 = b/2 + S - b/3 = 1 d2 = 2/3 x S - bo/3 = 2 - 1,666 = 0,33 m x 3 - 1,666 = 1,33 m 6) MOMENTO RESISTENTE Mr = P1 = 28,72 x + d1 + P2 x d2 = ( 21,60 x 1,33 + 162 x 0,33) = 5,34 = 340 KMm Per la stabilità del muro deve risultare Mr Mr (Ms +Ms5) > 2 Coefficiente maggiorato favore sicurezza in Ms S Mr (Ms +Ms5) 85 = 340 = 340 ( 87,50+45) 132,50 = 2,50 - Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Castelluccio Inferiore (PZ) – Legge 226/1999 -. DATA 26/04/2000. IMPORTO £ 2.000.000.000. 1 PREMESSA Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267, modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi. La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il predetto piano-programma e con successiva deliberazione n°2994 in data 30/11/1999 ha proposto alla approvazione del Consiglio Regionale l’attuazione di una serie di interventi tra cui la sistemazione idraulica del Torrente San Giovanni, la sistemazione idraulica del Fosso Mascolino, il risanamento della frana che ha interessato via Amoroso, la protezione della parete rocciosa incombente sull’abitato di Via Roma. Infatti il torrente San Giovanni attraversa la parte settentrionale dell’abitato con pendenze notevoli seminando rischio idraulico per le infrastrutture e per la abitazioni, il fosso Mascolino insidia le strade comunali e le contrade limitrofe, la frana che ha interessato via Amoroso ha interrotto il collegamento con la omonima contrada, la parete incombente su via Roma, per la sua 86 costituzione di brecce in matrice sabbiosa, va protetta per evitare pericoli di mobilitazione delle masse. I quattro casi citati rientrano proprio tra le cause di rischio contemplate dal Decreto Sarno e dalla successiva legge di conversione 13/07/1999 n°226. L’amministrazione di Castelluccio Inferiore ha segnalato le tre aree a rischio attribuendo ad esse priorità già nella fase di compilazione di schede preliminari al piano-programma, poi approvato dalla Regione Basilicata. Ha inoltre fornito un valido supporto tecnico consentendo all’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo di utilizzare la cartografia esistente. 2 L’AMBIENTE FISICO L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata, quasi al confine con la Regione Calabria. E’ parte integrante del Parco Nazionale del Pollino ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del Lao. In particolare il territorio di Castelluccio Inferiore, il cui centro Storico sorge a circa 460 m.s.l.m., è situato nella zona bordiera occidentale del bacino del Lao che costituisce un’ampia depressione morfologica di origine tettonica ed interrompe la continuità fisica della catena del Pollino. Borgo di origine medioevale, Castelluccio Inferiore appartenne come Casale a Castelluccio Superiore da cui si è separato nel 1813. Dominarono sul territorio i Sanseverino, i Palmieri, i Ciciniello, i Pescara di Diano. La chiesa Madre, dedicata a S. Nicola di Bari, costruita una vecchia struttura medioevale, ha subito gravi danni in occasione del sisma del 9/09/1998; all’interno sono conservati un coro ligneo, una fonte battesimale ed altre opere lignee. Il convento di S. Antonio è situato in posizione dominante rispetto all’abitato, fu costruito probabilmente dai Padri Minori Osservanti intorno al XVII secolo. Nella zona circostante al torrente San Giovanni sorgevano parecchi impianti azionati da macchine idrauliche, tra cui una filanda e un mulino ad acqua del secolo scorso che ancora conservano tutti i macchinari: le macine, le tramogge ed il buratto. Dal punto di vista geologico, pur rimandando alle maggiori informazioni contenute nella Relazione Geotecnica, il fiume Mercure, che solo presso Laino Borgo, in territorio calabro, assume 87 il nome di fiume Lao, suddivide il bacino ad esso ascrivibile in due parti caratterizzate da un diverso assetto morfologico. La parte meridionale è costituita prevalentemente da depositi clastici grossolani che formano una ampia superficie terrazzata subpianeggiante, profondamente incisa dal torrente San Giovanni e dagli altri affluenti. La parte situata in destra idraulica del Fiume Mercure, che interessa direttamente il territorio di Castelluccio Inferiore, è costituita essenzialmente da depositi lacustri argillosi e marnosi che sono facilmente erodibili ed interessati da fenomeni franosi, è caratterizzata da forme dolci collinari allungate in direzione N-S, separate da ampie valli svasate formate dai principali corsi d’acqua provenienti dalla zona bordiera settentrionale. I versanti che delimitano il bacino lacustre sono costituiti dai calcari dell’Unità Carbonatica Alburno-Cervati-Pollino e dall’unità del Frido. I primi si presentano fortemente acclivi con pendenze dell’ordine di 70 gradi e molto spesso si tratta di versanti di faglia. I corsi d’acqua che li attraversano: Torrente San Giovanni, La Fiumara del Pegno, Fosso Mascolino hanno scavato incisioni con pareti abbastanza ripide ed alte alcune decine di metri. Dal punto di vista naturalistico-ambientale l’area è ritenuta di grande rilievo, infatti gran parte del territorio di Castelluccio Inferiore è incluso nella perimetrazione del Parco Nazionale Del Pollino. Il comprensorio possiede una notevole varietà di presenze di grande rilievo naturalistico, paesaggistico ed antropico. Il patrimonio botanico è importante, vario ed abbondante: comprende formazioni prative ed a boscaglia a basse quote, e foreste d’alto fusto e boschi cedui a quelle montane. Vi sono esemplari di abete bianco, faggio, acero di Lobelius, bellissimi agrifogli, ma soprattutto il “ pinus leucodermis” ( Pino Loricato). Il Pino Loricato è un relitto glaciale, di alto valore scentifico naturalistico, presente in Europa solo sul Pollino e sui Balcani, con esemplari che raggiungono l’età di 900 anni e si rinviene ben oltre i limiti altimetrici della vegetazione arborea, nel semicerchio della serra di Cipro, Serra delle Ciavole, Serra Dolcedorme e monte Pollino. La fauna annovera il capriolo italico, il gatto selvatico, il cinghiale, l’istrice, la lontra, il picchio nero, l’aquila reale e il lupo. 3 ANALISI DELLE PROBLEMATICHE 88 In premessa si è già accennato alle localizzazioni dei quattro interventi più urgenti: sponde del torrente San Giovanni, frana su via Amoroso, fosso Mascolino, parete su via Roma. Il torrente San Giovanni attraversa l’abitato in corrispondenza del ponte della S.S. 19 e della ex ferrovia Calabro Lucana, con pendenze notevoli. A valle della nuova strada “ Pollino- Galdo”, di recente costruzione, il corso d’acqua solca terreni del tipo flyscioide, con pendenze abbastanza elevate; il risultato dell’azione delle acque è stato nel tempo la generazione di profonde incisioni e quindi le sponde sono alte decine di metri. La periodica erosione subita dalle sponde ai piedi di tali parti elevate ha mobilitato movimenti franosi che giungono ad insidiare le abitazioni. Da un attento esame della situazione appare necessario prevedere delle opere trasversali che compensino la pendenza di fondo e, elevando con la colmata naturale, il piede delle sponde contrastino l’azione erosiva delle acque. La frana verificatasi in contrada Amoroso che ha interrotto un tratto di strada comunale, si è originata dalla mobilitazione di vecchi rilevati smossi probabilmente anche dal dilavamento delle acque sotterranee e superficiali e, particolare non trascurabile, si trova a monte della sponda destra del torrente San Giovanni. E’ attualmente visibile alla base del pendio il lago di frana e alcune strutture flessibili messe in opera dal comune per fronteggiare un primo fenomeno franoso verificatosi nell’inverno 1996. Il ciglio della frana coincide quasi con le recinzioni di alcune civili abitazioni e pertanto è necessario allontanare il rischio e rifunzionalizzare la strada comunale. La parete rocciosa su via Roma è composta da ciottoli di arenarie e trovanti calcarei di alcuni centimetri cementati in sabbie di origine detritica. Tale formazione compone una collina che ha la base coincidente con le quote di via Roma e quasi in modo verticale sale per circa 60 m. In condizioni di tempo asciutto la collina appare abbastanza stabile mentre su di essa hanno effetti deleteri gli agenti atmosferici quali soprattutto le piogge ed il vento. Considerata l’estensione dell’abitato lungo via Roma e subito a ridosso della parete appare necessario proteggerla dagli agenti atmosferici per scongiurare il pericolo di pericolosi cedimenti. Il fosso Mascolino è un corso d’acqua che attraversa le contrade della parte Nord-Orientale del territorio di Castelluccio Inferiore, incidendo i terreni di tipo flyscioide con pendenze elevate determina instabilità del fondo e delle sponde. 89 In particolare, in corrispondenza di un attraversamento della strada comunale di collegamento con la contrada Provenzano, ha scalzato le fondazioni del tombino briglia esistente minacciandone il crollo. Al fine di evitare ulteriori danni è necessario limitare la pendenza con opere trasversali. 4 INQUADRAMENTO MACROSISMICO DEL TERRITORIO Il territorio di Castelluccio Inferiore, secondo la legislazione vigente, è inserito nella seconda categoria sismica. In una recente pubblicazione dell’Istituto Nazionale di Geofisica relativa alla “Massima intensità macrosismica risentita in Italia”, utilizzando i dati dei terremoti compresi dall’anno 1 al 1992, il comune di Viggianello rientra nell’intensità del VII grado della scala M. C. S. Il terremoto che ha avuto l’area epicentrale nel comune di Viggianello è quello del 28 maggio 1894 sul quale rimane la seguente testimonianza: “Questo terremoto ha spiegato la sua massima intensità in una zona assai circoscritta entro cui stanno i paesi di Viggianello, Rotonda, Castelluccio Inferiore e di Episcopia, nelle quali località si ebbero varie fenditure più o meno gravi nei fabbricati. A Viggianello, luogo più colpito, rovinarono 5 case già fatiscenti e molte altre divennero inabitabili: questa zona (mesosimica) ha forma ellittica con l’asse maggiore (NNE-SSW) lungo circa 17 km….. Dal catalogo “Atlas of isoseimsmal maps of italian eartohquakes” edito dal C.N.R. si evince che gli altri terremoti con maggiore intensità che hanno avuto l’epicentro vicino al territorio comunale di Viggianello sono i seguenti: terremoti del 1831 e 1836 con area epicentrale nel lagonegrese, terremoto del 1857 con epicentro in Val d’Agri e il terremoto di Bisignano (Calabria) del 3/12/1887. Il terremoto del 2 gennaio 1831 si verificò alle ore 3 pomeridiane, una violenta scossa di 20 secondi circa, fece lesionare tutti gli edifici di Lagonegro, dieci dei quali furono adeguati al suolo: la Chiesa dei Cappuccini, ad un miglio dall’abitato, rovinò pur essa con parte del convento: si ebbe a deplorare una sola vittima. A Lauria Inferiore caddero molte case: il tetto della Chiesa Madre precipitò mentre si officiava, causando un gran numero di feriti: anche a Lauria Superiore molti edifici furono abbattuti, ma nessun danno risentirono le persone. Nei giorni 8 e 9 a Trecchina altre scosse e nel giorno 13 in questa località e nella vicina Maratea una oltremodo violenta per la quale la Chiesa Madre già, per le scosse precedenti, ridotta in cattivo stato, ebbe a risentire gravissimi danni: in tale occasione cento case furono lesionate. 90 Quantunque questo nuovo massimo sismico si sia propagato a Lagonegro, non causò a tale città ulteriori guasti. Il mainshok di questa attività viene riportato nel catalogo dell’Istituto Nazionale di Geofisica, con una intensità pari all’VIII grado della scala M.C.S. con coordinate geografiche epicentrali: Latitudine 40.117, Longitudine 15.750, a circa 1.5 km dall’abitato di Lagonegro (Latitudine 40.122, Longitudine 15.766). Terremoto del 20 novembre 1836 si verificò in Lagonegro verso le ore 8 facendo rovesciare parecchie case, lesionare tutte le altre, aprire fenditure nel suolo e causando vari franamenti. La vicina contrada soffrì granemente: Nemoli, Rivello, Trecchina, Latronico, Castelfranco, Carbone, Chiaromonte, Montemurro, Corieto, Tramutola in provincia di Potenza, Casalbuono e Montesano in quella di Salerno, ebbero tutte le fabbriche lesionate al suolo e le più deboli infrante. In Lagonegro 10 morti e 40 feriti, a Montesano 2 morti e 10 feriti. A Lagonegro nella giornata 26 scosse ed al 2 dicembre ivi e nei dintorni nuove repliche. L’epicentro di questo terremoto deve trovarsi nei pressi di Lagonegro: l’area rovinosa si mostra assai ristretta e si spinge fino a Montesano: l’isosisma dei danni include le altre località testè nominate. Anche il catalogo dell’Istituto Nazionale di Geofisica riporta questo eventocon una intensità pari al IX grado della scala M.C.S. con coordinate geografiche epicentrali: Latitudine 40.000, Longitudine 15,750, a circa 14 km a sud di Lagonegro, tra Trecchina e Maratea. Il terremoto del dicembre 1857 a Viggianello provocò:”danni ai fabbricati e nessun morto” ed ebbe l’intensità del VII grado della scala M.C.S. In occasione del terremoto di Bisignano (Calabria) del 3/12/1887 Viggianello rienta nella isosisma del VI grado della scala M.C.S. 4.1 TERREMOTO DEL POLLINO La mattina del 9 settembre 1998 ha avuto inizio in Basilicata, nell’area del Pollino, una marcata attività sismica che si è andata poi rapidamente esaurendo nel corso dello stesso mese, ad eccezione di qualche debole after-shock che ha tenuto in ansia la popolazione nei mesi successivi. In particolare l’attività ha avuto inizio alle ore 08.20 con un evento di magnitudo (Md) = 3.7, corrispondente al V grado della scala Mercalli. Qualche ora dopo, alle 13.28 locali, si verificava l’evento più forte (main-schock) con una Md = 4.8 ( Magitudo Locale = 5.5) corrispondente all’VIII grado della scala Mercalli. Il Comune di Castelluccio Inferiore è risultato vicino all’epicentro, molti danni sono stati subiti dal patrimonio edilizio esistente e dalle chiese tant’è che l’amministrazione 91 comunale ha emesso 122 Ordinanze di sgombero interessanti 73 nuclei familiari per circa 230 persone evacuate, così come la Chiesa Madre, danneggiata alla cupola ed alle navate, è stata chiusa al culto. L’intera attività di settembre viene riportata nella seguente tabella: 92 Data ora Md I (MCS) 09/09/98 8.20 3.7 V “ 13.28 4.8 VIII “ 13.56 2.8 III “ 14.58 3.0 III “ 15.15 2.8 III “ 22.49 3.7 V 10/09/98 01.23 3.9 III “ 01.52 3.2 IV “ 02.03 2.7 II-III “ 06.13 2.5 II “ 08.28 2.5 II 11/09/98 13.09 3.2 IV 12/09/98 07.25 3.4 IV “ 21.31 2.9 III 16/09/98 00.07 2.3 strumentale 23/09/98 20.44 3.8 V 24/09/98 21.18 3.6 IV-V 25/09/98 02.44 3.5 IV-V “ 13.45 3.1 III-IV 26/09/98 05.58 3.1 III-IV 27/09/98 15.12 3.1 III-IV “ 15.15 2.5 II “ 15.16 2.5 II 28/09/98 21.19 2.9 III 5 DESCRIZIONE DELLE OPERE IN PROGETTO 5.1 Torrente San Giovanni Il torrente San Giovanni attraversa l’abitato in corrispondenza del ponte della S.S. 19 e della ex ferrovia Calabro Lucana, con pendenze notevoli. A valle della nuova strada “ Pollino- Galdo”, di recente costruzione, il corso d’acqua solca terreni del tipo flyscioide, con pendenze abbastanza elevate( rilevabili dal profilo di progetto e comprese tra il 2% e il 10%); il risultato dell’azione delle acque è stato nel tempo la generazione di profonde incisioni e quindi le sponde sono alte decine di metri. La periodica erosione subita dalle sponde ai piedi di tali parti elevate ha mobilitato movimenti franosi che giungono ad insidiare le abitazioni. Da un attento esame della situazione appare necessario prevedere delle opere trasversali che compensino la pendenza di fondo e, elevando con la colmata naturale, il piede delle sponde contrastino l’azione erosiva delle acque. Il progetto prevede la realizzazione di una serie di briglie in calcestruzzo debolmente armato, poi rivestite in pietra del tipo locale che avranno la funzione di stabilizzare il fondo alveo, compensare la pendenza, elevare le capacità statiche delle sponde. L’intervento è previsto a partire dalla sezione corrispondente alla frana di via Amoroso ed a risalire per circa 400 m. del corso con il posizionamento di n°9 briglie ed una controbriglia finale. 93 Le dimensioni dei manufatti sono desumibili dall’elaborato esecutivo “ Sezioni delle Briglie” dove sono evidenziate anche le sezioni di scavo, le fondazioni, gli sviluppi dei corpo briglia e delle gavete. 5.2 Frana su via Amoroso La frana verificatasi in contrada Amoroso che ha interrotto un tratto di strada comunale, si è originata dalla mobilitazione di vecchi rilevati smossi probabilmente anche dal dilavamento delle acque sotterranee e superficiali e, particolare non trascurabile, si trova a monte della sponda destra del torrente San Giovanni. E’ attualmente visibile alla base del pendio il lago di frana e alcune strutture flessibili messe in opera dal comune per fronteggiare un primo fenomeno franoso verificatosi nell’inverno 1996. Il ciglio della frana coincide quasi con le recinzioni di alcune civili abitazioni e pertanto è necessario allontanare il rischio e rifunzionalizzare la strada comunale. Il progetto prevede l’alleggerimento della frana mediante la asportazione del materiale litoide messo in opera precedentemente, la demolizione dei gabbioni spostati dalla frana, la individuazione del ciglio finale a valle della frana, dove il pendio dà garanzie di stabilità, la costruzione di una prima fondazione con massi ciclopici, uno strato di regolarizzazione di calcestruzzo, la partenza di gabbioni in configurazione di terre armate. L’intervento si realizzerà mediante la ripetizione a distanze di circa 10 m. dell’intervento sopra descritto sino a ricostruire un rilevato, stavolta strutturale, per riformare la sede stradale della via Amoroso. Si curerà che tra bancate di terre armate l’ultimo telo di rete a maglia romboidale a doppia torsione connetta l’ultima fila a valle dei gabbioni con la prima a monte, sì da formare una doppia tessitura per il rilevato strutturale. Gli elaborati grafici del sito: Planimetria Stato Di Fatto, Sezioni Stato Di Fatto, Planimetria di intervento, Sezioni di intervento chiariscono la descrizione fornendo le dimensioni dei manufatti e le distanze reciproche. 5.3 Parete su via Roma La parete rocciosa su via Roma è composta da ciottoli di arenarie e trovanti calcarei di alcuni centimetri, cementati in sabbie di origine detritica. Tale formazione compone una collina che ha la base coincidente con le quote di via Roma e quasi in modo verticale sale per circa 40 m. In condizioni di tempo asciutto la collina appare abbastanza stabile mentre su di essa hanno effetti deleteri gli agenti atmosferici quali soprattutto le piogge ed il vento. Considerata l’estensione dell’abitato lungo via Roma e subito a ridosso della parete appare necessario proteggerla dagli agenti atmosferici per scongiurare il pericolo di dannosi cedimenti. L’intervento di progetto consiste nella infissione di micropali a maglia quadrata con lato 4 m., il montaggio sulla testa dei micropali di golfari per il passaggio delle funi metalliche, la apposizione di rete metallica a maglia romboidale a doppia torsione, la tesatura delle funi sopra la rete metallica, l’idrosemina con essenze autoctone di tutta la parete. 5.4 Fosso Mascolino Il fosso Mascolino è un corso d’acqua che attraversa le contrade della parte Nord-Orientale del territorio di Castelluccio Inferiore, incidendo i terreni di tipo flyscioide con pendenze elevate determina instabilità del fondo e delle sponde. In particolare, in corrispondenza di un attraversamento della strada comunale di collegamento con la contrada Provenzano, ha scalzato le fondazioni del tombino-briglia esistente minacciandone il crollo. 94 Inoltre sia a valle del manufatto, sia a monte sono evidenti (anche dalle fotografie allegate) franamenti delle sponde dovuti alla azione erosiva che le acque del fosso Mascolino svolgono al piede. Al fine di evitare ulteriori danni è necessario limitare la pendenza con opere trasversali. Il progetto, infatti, prevede la costruzione di tre briglie in calcestruzzo debolmente armato, rivestite in pietra del tipo locale, posizionate ad iniziare dalla sezione di valle del tombino-briglia dell’attraversamento stradale e lungo un tratto del corso di circa 100 m. Le dimensioni delle briglie sono rilevabili dall’Elaborato esecutivo Sezioni dell Briglie e dai particolari costruttivi. 5.5 MITIGAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE Considerata anche la appartenenza delle aree di intervento alla perimetrazione del Parco Nazionale del Pollino si è avuta particolare cura all’inserimento dei manufatti nel contesto ambientale esistente. Del resto tutte le opere, se pure di difesa del suolo, sono impostate con criteri di ingegneria ambientale. Le briglie sui corsi d’acqua sono rivestite in pietra, le fondazioni delle terre armate sono in massi ciclopici, le parti emergenti dei gabbioni verranno ricoperte di terreno vegetale e trattate con idrosemina, così pure l’intervento sulla parete di via Roma, pur non comportando la copertura totale della parete, sarà mitigato con la idrosemina di essenze autoctone. 6 CALCOLI IDRAULICI 6.1 Calcolo della portata del Torrente San Giovanni Il torrente San Giovanni ha portate apprezzabili anche durante il periodo estivo in quanto è alimentato da una sorgente e da un bacino idrografico abbastanza ridotto; per corsi d’acqua con tali caratteristiche si può usare, con risultati abbastanza positivi verificati più volte sulla base di lavori eseguiti, la formula di Giandotti semplificata che è indicata proprio per piccoli bacini montani. L’area del bacino, perimetrata sino alla sezione di impostazione della prima briglia di monte, è di 2.26 kmq, mentre la lunghezza del corso d’acqua sino alla sezione di interesse è di 4,5 km . 6.1 Calcolo dell’area del bacino idrografico 560 x 750 -------------- = 210.000 2 560 + 630 ------------- x 1150 = 684.250 2 630 + 720 ------------ x 750 = 506.250 2 920 + 600 ------------- = 276.000 2 750 + 730 95 ------------- x 440 = 325.600 2 750 x 700 ---------------- = 262.500 2 Area totale = 210.000 + 684.250 + 506.250 + 276.000 + 325.600 + 262.500 = 2.264.600mq 6.2 Calcolo della portata 0.277 f g p S Q = ----------------------------- = mc/sec l x T 4 S + 1,5 L T = ----------------------------0.8 y p = altezza di precipitazione nel tempo T in mm; S = estensione del bacino in chilometri quadrati kmq; L = lunghezza della valle in chilometri km; y = Pendenza dei versanti espressa come differenza tra l’altezza media del bacino e l’altezza della sezione di riferimento in metri m.; f = coefficiente di riduzione delle precipitazioni = 0,4; l = rapporto tra la durata di piena e tempo di corrivazione = 4; g = rapporto tra portata massima e portata media di piena = 10; T tempo di corrivazione in ore; nel caso in esame S = 7 Kmq, y = 860 m.s. l. m. – 492 m. s. l. m. = 368 m., L = 3.25 km. 4 S + 1.5 x L 4 x 2.26 + 1.5 x 4.5 T = ---------------------------- = ------------------------------- = 1.45 ore 0.8 y 0.8 120 0.277 x f x g x p x S 0.277 x 0.4 x 10 x 40 x 2.26 Q = ---------------------------- = --------------------------------- = 17.26 mc/sec. l x T 4 x 1.45 96 Considerato che il tempo T di corrivazione calcolato risulta di 1 ora al valore di p, altezza delle precipitazioni in millimetri nel tempo T, si attribuisce l’altezza di 40 mm desunta dagli annali dell’Istituto Idrografico di Catanzaro riferiti al bacino del Lao. 6.3 Calcolo della savanella della briglia Q = portata massima mc/sec; H (m) = carico totale sulla soglia; h (m) = profondità massima della savanella sulla soglia; L° (m) = lunghezza massima della savanella; L (m) = larghezza dell’alveo all’altezza della soglia; Q 2/3 20 2/3 0.7 ( ------ ) 0.7 ( -------------- ) L° 10 H = --------------------------------- = ----------------------------------------- = 1.62 m. 0.56 1 - ------L° Q 2/3 ( --------) L° 0.56 20 2/3 1 - -------- (-------------) 10 10 - Recupero Statico e Rinaturazione del pendio sul fosso Varcaturo nel Comune di Calvello (PZ) – D.L. 180/98 convertito con modifiche nella Legge 267/98. DATA 7.11.2002. IMPORTO € 516.456,90. 1 PREMESSA Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267, modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. 97 Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi. La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo idrogeologico che, per quanto riguarda il Comune di Calvello, indica come zona a rischio le aree a monte del Vallone Varcaturo. Tali aree erano realmente esposte a gravi pericoli di dissesto infatti nel gennaio del 2001si è verificato un fenomeno franoso che ha interessato il pendio sovrastante il Vallone Varcaturo mediante la mobilitazione di notevoli masse di terreno contenenti anche massi di grandi dimensioni che sono rotolati a valle sino al ripiano di base dove si corre una strada comunale. Lo svuotamento della parete, peraltro molto acclive, ed il rotolamento dei massi hanno interessato anche le abitazioni poste sul ciglio del centro abitato e sono da temere effetti diffusi anche sull’intero versante su cui sorgono numerose altre abitazioni. Nella fase di studio precedente alla redazione del presente progetto esecutivo l’Ufficio Difesa del Suolo e l’Ufficio Geologico ed Attività Estrattive ha eseguito numerosi sopralluoghi, anche congiuntamente ai tecnici del Comune di Calvello, cercando di identificare in modo più approfondito le problematiche connesse al dissesto e le possibili tipologie di intervento da mettere in atto al fine di restituire stabilità all’abitato di Calvello. 2 CENNI SULLA NATURA GEOLOGICA DEL SITO Le informazioni sulla natura geologica sono tratte dalla Relazione Geologica allegata al progetto nonchè dalla bibliografia disponibile. - Relazione Geologica redatta per il P.R.G. del Comune di Calvello – L.Genovese 1989; - Indagini sulle condizionigeologichedi stabilitàdell’abitato di Calvello – F. Romaniello, F. Pesce, G. Salvati 1982; - Analisi Geologico Tecniche e del grado di danneggiamento per la zonazione sismica di 16 comuni colpiti dal terremoto del 23.11.1980 ai sensi della L. 219/81 – A. Carsanego, F. Ciuffi, G. Rigetti, N. Vignola. 98 Inoltre, per quanto riguarda la geologia locale dell’area dissestata è stato eseguito il rilievo geomorfologico con piano quotato, sezioni del pendio, profili della frana, osservazioni dei terreni denudati e dei massi rotolati a valle. L’abitato di Calvello è ubicato nella parte alta del bacino di formazione del torrente Calastra, importante affluente in destra idraulica del fiume Basento. L’area del dissesto in esame si trova lungo il versante nord orientale del rilievo su cui sorge il nucleo antico dell’abitato. Dal punto di vista geologico la successione stratigrafica desunta dagli studi citati evidenzia dal basso verso l’alto presenza delle seguenti formazioni: Alluvioni, alternanza arenacea – marnoso – argillosa, alternanza calcareo marnoso – argilloso, alternanza di argille, marne, argilliti, calcari marnosi. Rinviando alla Relazione Geologica allegata al progetto la descrizione generale e la descrizione delle formazioni distanti si pone qui l’attenzione sulle formazioni costituenti il pendio su cui si è verificata la frana. L’ossatura del rilievo su cui sorge il centro antico di Calvello è costituita da alternanza di formazioni arenacee – marnose – argillose. La parte basale è costituita, per uno spessore di 15 – 20 m., da strati di arenarie micacee, con grana media e fine, di colore marrone scuro, con rare e sottili intercalazioni di marne calcaree grige e argille sabbiose laminate. Più in alto si rinvengono bancate di arenarie quarzose, a grana media e grossolana di colore grigio con incluse lenti di micro e macro conglomerati poligenici. Nel suo complesso, lo spessore dell’intera successione, ascrivibile al membro arenaceo della “Formazione di Corleto Perticara”, sembra aggirarsi intorno ai 70 m. La presenza di queste rocce arenacee incide localmente sulla morfologia localmente sulla morfologia del territorio infatti gli affioramenti danno forma ad una stretta dorsale allungata in direzione N – NO, S –SE e quindi a due tipici rilievi conici con versanti acclivi sui fianchi orientali. Alla sommità del versante nord orientale della dorsale di Calvello sono evidenti rapide balze; il sottostante declivio è disseminato da abbondante detrito e da blocchi arenaci di varia dimensione. Si tratta di cigli di distacco di frane da crollo con rotolio di frammenti lapidei lungo il pendio; queste frane sono provocate dalla instabilità della formazione arenacea nei tratti in cui la fratturazione della roccia è più intensa o dove la sottostante formazione, più erodibile, viene degradata creando così le condizioni per uno scalzamento alla base degli strati arenaci. E’ proprio quest’ultimo il caso verificatosi recentemente sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ed oggetto dell’intervento proposto. 99 Sotto l’aspetto geoidrologico, la formazione arenacea, pur se poco permeabile per porosità, presenta, tuttavia, nel suo complesso una percolazione in grande, a causa delle numerose fratture che tagliano gli strati ed i banchi rocciosi. Le acque che penetrano nel sottosuolo danno origine ad una falda che si localizza in corrispondenza della superficie di contatto con i sottostanti depositi argilloso – marnosi, poco permeabili. 3 DESCRIZIONE DEL DISSESTO IN PARETE SUL VALLONE VARCATURO Il dissesto verificatosi nel gennaio 2001 sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ha le caratteristiche tipiche dei fenomeni descritti alla fine del paragrafo precedente. Infatti, su un fronte apprezzabile in circa 45 m. e per uno sviluppo in altezza di circa 24 m., dopo un periodo di precipitazioni intense, le acque meteoriche sono penetrate nella parte fratturata delle rocce più superficiali andando a lubrificare le superfici di contatto con il substrato meno permeabile costituito da maggiore componente argillosa. I coefficienti di attrito tra parti differenti delle formazioni hanno subito un sensibile decremento e si sono mobilitate le masse superficiali sino a coinvolgere anche i massi conteunuti nei primi strati. Lo svuotamento della parete, che ha coinvolto anche le fondazioni di un fabbricato, è apprezzabile in massa in circa 1.550 metri cubici. Sul lato destro osservando la parete da valle, ad una altezza di circa 7,00 m. dall’estradosso del canale di convogliamento delle acque del Vallone Varcaturo, si osserva una scaturigine di acqua che, per la posizione che occupa, non può essere individuata come la causa del dissesto, ma indica la esistenza di acque sotterranee che hanno percorsi occulti all’interno del rilievo su cui sorge l’antico abitato di Calvello. 4 CRITERI PROGETTUALI E SCELTE TECNICHE Il dissesto, così come descritto, si presenta come una ferita in fregio al pendio, le case di questa parte del centro antico di Calvello appaiono librate nell’aria. L’idea informatrice del progetto delle opere è quella di risarcire il versante restituendo ad esso condizioni di stabilità e ricercando un effetto di rinaturazione del pendio. 100 A tal fine è subito apparso necessario rimodellare il pendio secondo la sua originaria conformazione e per far fronte a questo vuoto materico che la frana ha determinato si è pensato di ricorrere ad una tecnologia atta a ricostruire le parti di territorio perdute. In tal senso si è fatto riferimento a situazioni simili risolte con progettazioni ed esecuzioni dei lavori seguite direttamente dagli stessi progettisti a Terranova di Pollino in località Casa del Conte e lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3 + 300 della Strada Statale 585. Tali interventi hanno dato risultati molto positivi anche in relazione al tempo trascorso dalla ultimazione dei lavori. Si è pensato innanzitutto di ripulire i profili del pendio, determinatisi successivamente alla frana del gennaio 2001, dai detriti del crollo e di conferire ad essi una conformazione appena più regolare, badando a non sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni. Successivamente si costruirà una trave in cemento armato di fondazione lungo il canale artificiale realizzato antecedentemente mediante struttura scatolare. Dal piano definito dall’estradosso della trave di fondazione inizierà la disposizione dei teli di terre armate tipo verde, il loro montaggio secondo la angolazione di 70° che ricalcherà l’angolazione originaria del pendio. Sui teli disposti e montati nella conformazione preordinata verrà steso per strati il riempimento con materiale arido commisto nella prevista percentuale al terreno vegetale per costruire un rilevato strutturale. Gli strati di materiale arido commisto al terreno vegetale saranno rullati in mododa ottenere la necessaria compattazione del rilevato strutturale. All’interno del materiale costituente gli strati saranno disposti semi di essenze autoctone in modo da avere un rapido inerbimento delle superfici a vista. Gli strati sono stati progettati e calcolati strutturalmente per bancate alte ciascuna 58 cm.; in favore della sicurezza operativamente si potranno mettere in opera strati di 50 cm. Il pendio ricostruito presenterà dei ripiani ampi 3,00 m. che occorrono sia per seguire in modo più degradante, meno impattante il pendio originario, sia per creare dei sentieri pedonali. Naturalmente gli elaborati grafici illustrano in dettaglio la progettazione dell’opera. 5 SEQUENZA TEMPORALE DELLE FASI LAVORATIVE - Pulitura e risagomatura dei i profili del pendio, determinatisi successivamente alla frana del gennaio 2001, dai detriti del crollo e conformazione appena più regolare, badando a non sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni. 101 - Scavo a sezione aperta per l’impostazione della trave di fondazione. - Scavo a sezione ristretta per l’impostazione della trave di fondazione. - Esecuzione della trave di fondazione; - Impostazione prima bancata delle terre armate verdi mediante stendimento del telo sulla superficie piana di calcolo; il singolo elemento confezionato in stabilimento ha una piega utile per la messa in opera, compreso delle barrette di rinforzo, geosintetico, pannello di rete di rinforzo e staffe triangolari; - Posizionamento dell’elemento e apertura lungo la barretta di rinforzo inferiore; - Apertura a rotazione delle staffe triangolari e fissaggio delle stesse al telo di base; - Riempimento con terreno fino al livello tale da conformare una bancata da 50 – 58 cm.; - Piegatura della parte terminale lungo l’ultima barretta di rinforzo; - Posizionamento dell’elemento successivo e legatura al precedente con punti metallici in acciaio inox. 6 SPECIFICHE DEI MATERIALI I principali requisiti che i materiali impiegati per costruire una struttura in terra rinforzata devono possedere sono: Particolari garanzie nei confronti della protezione contro la corrosione dovuta a: - aggressività dei suoli e/o delle acque; - fenomeni di correnti vaganti, - agenti atmosferici; Sicurezza contro i danneggiamenti provocati da: - azioni di animali o comunque dolose; - incendi; Capacità di resistenza delle armature di rinforzo e del paramento esterno. RELAZIONE GEOTECNICA 2 CENNI SULLA NATURA GEOLOGICA DEL SITO 102 Le informazioni sulla natura geologica sono tratte dalla Relazione Geologica allegata al progetto nonchè dalla bibliografia disponibile. - Relazione Geologica redatta per il P.R.G. del Comune di Calvello – L.Genovese 1989; - Indagini sulle condizionigeologichedi stabilitàdell’abitato di Calvello – F. Romaniello, F. Pesce, G. Salvati 1982; - Analisi Geologico Tecniche e del grado di danneggiamento per la zonazione sismica di 16 comuni colpiti dal terremoto del 23.11.1980 ai sensi della L. 219/81 – A. Carsanego, F. Ciuffi, G. Rigetti, N. Vignola. Inoltre, per quanto riguarda la geologia locale dell’area dissestata è stato eseguito il rilievo geomorfologico con piano quotato, sezioni del pendio, profili della frana, osservazioni dei terreni denudati e dei massi rotolati a valle. L’abitato di Calvello è ubicato nella parte alta del bacino di formazione del torrente Calastra, importante affluente in destra idraulica del fiume Basento. L’area del dissesto in esame si trova lungo il versante nord orientale del rilievo su cui sorge il nucleo antico dell’abitato. Dal punto di vista geologico la successione stratigrafica desunta dagli studi citati evidenzia dal basso verso l’alto presenza delle seguenti formazioni: Alluvioni, alternanza arenacea – marnoso – argillosa, alternanza calcareo marnoso – argilloso, alternanza di argille, marne, argilliti, calcari marnosi. Rinviando alla Relazione Geologica allegata al progetto la descrizione generale e la descrizione delle formazioni distanti si pone qui l’attenzione sulle formazioni costituenti il pendio su cui si è verificata la frana. L’ossatura del rilievo su cui sorge il centro antico di Calvello è costituita da alternanza di formazioni arenacee – marnose – argillose. La parte basale è costituita, per uno spessore di 15 – 20 m., da strati di arenarie micacee, con grana media e fine, di colore marrone scuro, con rare e sottili intercalazioni di marne calcaree grige e argille sabbiose laminate. Più in alto si rinvengono bancate di arenarie quarzose, a grana media e grossolana di colore grigio con incluse lenti di micro e macro conglomerati poligenici. Nel suo complesso, lo spessore dell’intera successione, ascrivibile al membro arenaceo della “Formazione di Corleto Perticara”, sembra aggirarsi intorno ai 70 m. 103 La presenza di queste rocce arenacee incide localmente sulla morfologia localmente sulla morfologia del territorio infatti gli affioramenti danno forma ad una stretta dorsale allungata in direzione N – NO, S –SE e quindi a due tipici rilievi conici con versanti acclivi sui fianchi orientali. Alla sommità del versante nord orientale della dorsale di Calvello sono evidenti rapide balze; il sottostante declivio è disseminato da abbondante detrito e da blocchi arenaci di varia dimensione. Si tratta di cigli di distacco di frane da crollo con rotolio di frammenti lapidei lungo il pendio; queste frane sono provocate dalla instabilità della formazione arenacea nei tratti in cui la fratturazione della roccia è più intensa o dove la sottostante formazione, più erodibile, viene degradata creando così le condizioni per uno scalzamento alla base degli strati arenaci. E’ proprio quest’ultimo il caso verificatosi recentemente sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ed oggetto dell’intervento proposto. Sotto l’aspetto geoidrologico, la formazione arenacea, pur se poco permeabile per porosità, presenta, tuttavia, nel suo complesso una percolazione in grande, a causa delle numerose fratture che tagliano gli strati ed i banchi rocciosi. Le acque che penetrano nel sottosuolo danno origine ad una falda che si localizza in corrispondenza della superficie di contatto con i sottostanti depositi argilloso – marnosi, poco permeabili. 3 DESCRIZIONE DEL DISSESTO IN PARETE SUL VALLONE VARCATURO Il dissesto verificatosi nel gennaio 2001 sulla parete sovrastante il Vallone Varcaturo ha le caratteristiche tipiche dei fenomeni descritti alla fine del paragrafo precedente. Infatti, su un fronte apprezzabile in circa 45 m. e per uno sviluppo in altezza di circa 24 m., dopo un periodo di precipitazioni intense, le acque meteoriche sono penetrate nella parte fratturata delle rocce più superficiali andando a lubrificare le superfici di contatto con il substrato meno permeabile costituito da maggiore componente argillosa. I coefficienti di attrito tra parti differenti delle formazioni hanno subito un sensibile decremento e si sono mobilitate le masse superficiali sino a coinvolgere anche i massi conteunuti nei primi strati. Lo svuotamento della parete, che ha coinvolto anche le fondazioni di un fabbricato, è apprezzabile in massa in circa 1.550 metri cubici. Sul lato destro osservando la parete da valle, ad una altezza di circa 7,00 m. dall’estradosso del canale di convogliamento delle acque del Vallone Varcaturo, si osserva una scaturigine di acqua che, per la posizione che occupa, non può essere individuata come la causa del dissesto, ma indica 104 la esistenza di acque sotterranee che hanno percorsi occulti all’interno del rilievo su cui sorge l’antico abitato di Calvello. 4 CRITERI PROGETTUALI E SCELTE TECNICHE Il dissesto, così come descritto, si presenta come una ferita in fregio al pendio, le case di questa parte del centro antico di Calvello appaiono librate nell’aria. L’idea informatrice del progetto delle opere è quella di risarcire il versante restituendo ad esso condizioni di stabilità e ricercando un effetto di rinaturazione del pendio. A tal fine è subito apparso necessario rimodellare il pendio secondo la sua originaria conformazione e per far fronte a questo vuoto materico che la frana ha determinato si è pensato di ricorrere ad una tecnologia atta a ricostruire le parti di territorio perdute. In tal senso si è fatto riferimento a situazioni simili risolte con progettazioni ed esecuzioni dei lavori seguite direttamente dagli stessi progettisti a Terranova di Pollino in località Casa del Conte e lungo il fiume Noce in corrispondenza del km 3 + 300 della Strada Statale 585. Tali interventi hanno dato risultati molto positivi anche in relazione al tempo trascorso dalla ultimazione dei lavori. Si è pensato innanzitutto di ripulire i profili del pendio, determinatisi successivamente alla frana del gennaio 2001, dai detriti del crollo e di conferire ad essi una conformazione appena più regolare, badando a non sconvolgere in nessun caso l’assetto dei terreni. Successivamente si costruirà una trave in cemento armato di fondazione lungo il canale artificiale realizzato antecedentemente mediante struttura scatolare. Dal piano definito dall’estradosso della trave di fondazione inizierà la disposizione dei teli di terre armate tipo verde, il loro montaggio secondo la angolazione di 70° che ricalcherà l’angolazione originaria del pendio. Sui teli disposti e montati nella conformazione preordinata verrà steso per strati il riempimento con materiale arido commisto nella prevista percentuale al terreno vegetale per costruire un rilevato strutturale. Gli strati di materiale arido commisto al terreno vegetale saranno rullati in mododa ottenere la necessaria compattazione del rilevato strutturale. All’interno del materiale costituente gli strati saranno disposti semi di essenze autoctone in modo da avere un rapido inerbimento delle superfici a vista. Gli strati sono stati progettati e calcolati strutturalmente per bancate alte ciascuna 58 cm.; in favore della sicurezza operativamente si potranno mettere in opera strati di 50 cm. 105 Il pendio ricostruito presenterà dei ripiani ampi 3,00 m. che occorrono sia per seguire in modo più degradante, meno impattante il pendio originario, sia per creare dei sentieri pedonali. Naturalmente gli elaborati grafici illustrano in dettaglio la progettazione dell’opera. I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti: Argilliti non alterate Peso specifico in grani Argilliti alterate 2.8 Peso di volume 22,6 kN/mc 20,6 kN/mc Peso di volume del secco 20 kN/mc 17,65/mc Contenuto naturale d’acqua 12% 25% Limite di liquidità 37% 44% Indice di plasticità 18% 25% Grado di saturazione 0,87 0,95 Frazione argillosa ( 0.002 ) 27% 35% Attività colloidale 0,66 0,71 Cr = 0 Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq Tr = 16° 106 Resistenza residua drenata - D.L. 180/98 – Redazione del Progetto Preliminare dei lavori di consolidamento del costone a valle di Vico del Sole nel Comune di Gallicchio. DATA 08/01/2002. IMPORTO £ 1.000.000.000. 1. PREMESSA Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267, modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi. La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo idrogeologico che per quanto riguarda il Comune di Gallicchio indica come zona a rischio l’area a valle di Vico del Sole. 2. INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA Storicamente tale area, in quanto soggetta periodicamente a dissesti, è stata all’attenzione della Regione Basilicata, infatti su di essa sono stati già eseguiti numerosi interventi di consolidamento. Nel mese di marzo dell’anno 1998 dal costone conglomeratico sottostante Vico del Sole si staccò un blocco di terreno del volume stimabile in 15.000 metri cubici, che dopo un movimento di alcuni metri, si adagiò contro le travature del viadotto di raccordo tra il centro abitato e la Strada Provinciale per la Val D’Agri. 107 Il movimento della massa in frana, ormai destrutturata e visibilmente intrisa d’acqua, proseguiva irregolarmente per lungo tempo nelle varie zolle in cui la frana stessa si era scomposta, senza peraltro sollecitare in termini dannosi il viadotto. Quest’ultimo, infatti, per essere adeguato alla morfologia del sito, con pronunciata curvatura planimetrica, era stato dotato di campi di travature molto corti e le stesse pile hanno sezione rettangolare con ampiezza pari alla larghezza del viadotto, fondate su pali. In tal modo, le pile hanno offerto alla spinta laterale subita la massima resistenza disponibile, parzialmente svolta anche dal materiale depositatosi sulla sede stradale, cioè sugli impalcati del viadotto. La necessità di assicurare all’abitato sovrastante condizioni di sicurezza e di ripristinare la funzionalità del viadotto interrotto dalla frana hanno indotto l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo della Regione Basilicata a programmare una campagna di indagini geognostiche miranti a definire i limiti geometrici della frana, le condizioni stratigrafiche, idrogeologiche e geotecniche della stessa, onde pervenire alla individuazione delle cause e, conseguentemente, definire gli interventi di consolidamento necessari. I risultati di tali indagini sono naturalmente disponibili presso l’Ufficio Difesa del Suolo e sono state utilmente utilizzate per la impostazione del presente progetto esecutivo. Dopo delle indagini furono eseguite le opere di consolidamento consistenti in paratie di pali intirantate, con muri di testata emergenti rivestiti in pietra, i campi di pendio intermedi a quelli “bloccati” dalle paratie sono stati risagomati in scarpate e rinaturati con impianto di nuova vegetazione offrendo un positivo effetto per la percezione visiva. 3. LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI L’abitato di Gallicchio risulta impostato su una cresta con sommità superiore a 700 m.s.l.m. delimitata da due incisioni, pressoché parallele e tributarie del fiume Agri, la più importante delle quali è il fosso Cornicello. La dorsale è interamente modellata entro i conglomerati e sabbie del ciclo dell’Agri, del pliocene superiore, pleistocene inferiore ( Carta geologica del bacino di Sant’Arcangelo, Pieri e A., 1994). Si tratta di depositi di ambiente deltizio, costituiti da ampie bancate di conglomerati in matrice sabbioso limosa, da poco a molto cementati, ospitanti bancate decimetriche e metriche di sabbie limose, anch’esse variamente cementate, e di vere e proprie argille limoso sabbiose. 108 I termini conglomeratici, prevalenti su quelli sabbiosi e sabbioso limoso argillosi, hanno con questi ultimi rapporto di eteropia laterale. La cementazione consente a tutti i litotipi granulometricamente incoerenti di assumere profili topografici anche subverticali; la fessurazione ed i susseguenti crolli di tali pareti conduce quindi all’accumulo al piede di ampie fasce di detriti, nei quali si mescolano tutte le componenti granulometriche presenti . Pertanto il detrito risulta costituito da ciottoli poligenici in matrice sabbioso limosa. I fossi laterali alla cresta e le stesse pareti alla base dell’abitato, ad esempio sotto Vico del Sole, indicano con molta chiarezza la presenza di superfici subverticali di discontinuità dell’ammasso, identificabili con superfici di rottura sotto condizioni di stress tettonici. L’ammasso conglomeratici, nella porzione più vicina all’area del dissesto, ha assetto strutturale monoclinatico con stratificazione inclinata verso valle, trasversalmente alla direzione di massima pendenza. La mobilitazione della frana non è avvenuta lungo tali piani di stratificazione, ma è delimitata a monte da una frana subverticale a decorso NE – SW, ancora ben visibile, che si raccorda a una superficie di neoformazione. 3.1 STRATIGRAFIA DI DETTAGLIO Le stratigrafie dei 10 sondaggi geognostici eseguiti nell’immediato contorno della frana hanno tutti presentato alternanze di conglomerati poligenici in matrice sabbiosa fine, contenenti nidi sabbiosi, di sabbie limose e limi sabbiosi, di argille limose grigiastre, sotto copertura variabile da 1 a circa 8 metri di terreno vegetale impiantatosi sopra detriti di formazione. Le inclusioni stratiformi, come ben visibile dalla parete conglomeratici esposta al di sopra del tratto iniziale del viadotto, non hanno estensione indefinita nella direzione di strato, ma dell’ordine di qualche metro, per continue anastomizzazioni. Le stratigrafie sono riportate in allegato. Nel sondaggio S4 alla profondità di 13,50 m. è stato rinvenuto un livello di terreno umidificato con resti vegetali, segnalando in tal modo l’origine franosa del blocco su cui è stato terebrato. Detto blocco è peraltro in destra della frana attuale, che potrebbe pertanto configurarsi come estensione di un precedente fenomeno di instabilità, innescato da una frattura tettonica subverticale, tuttora ben visibile. Le alternanze di terreni grossolani e di terreni fini sono ben confermati dai logs della radioattività naturale, nei quali i livelli sabbiose conglomeratici sono quelli a bassa radioattività, 109 mentre nelle argille limose il massimo di emissione radioattiva naturale raggiunge e supera i 4000 cpm. Le intercalazioni argilloso limose entro l’ammasso sabbioso hanno importanza fondamentale nella definizione dello stile idrogeologico del sito, le modificazioni del livello di cementazione ed i seguenti fenomeni di instabilità. 3.2 ACQUE SUPERFICIALI E SOTTERRANEE L’assetto strutturale dell’ammasso conglomeratici stratificato fa si che le acque di infiltrazione entro i conglomerati e sabbie, sufficientemente permeabili, si accumulino nei livelli confinati inferiormente dai limi e argille e si muovano nel verso definito dall’immersione degli strati. La non continuità di tutti i livelli, compresi dunque quelli fini, porta alla migrazione delle acque raccolte verso i livelli più profondi. E’ dunque pensabile che nelle situazioni di sostegno inferiore per la presenza di letti impermeabili si generino acquiferi sovrapposti, caricati con deboli falde idriche di spessore di pochi centimetri o decimetri. Per questo motivo, le perforazioni di sondaggio, che hanno perforato le sequenze naturali, hanno raccolto acqua soltanto a fondo foro o a quote maggiori, ove la potenzialità dell’0acquifero ne ha consentito il riempimento. A conferma della parziale saturazione dei livelli argillosi – limosi, in occasione di recenti visite nel mese di novembre 2001, detti strati, ove affioranti, mostravano irregolari chiazze scure, corrispondenti alle zone saturate per risalita capillare. 3.3 DATI GEOTECNICI Le informazioni disponibili riguardano n.5 campioni indisturbati, prelevati nel 1999 nella fase di indagini citate, sui quali sono state eseguite analisi di classificazione. I cinque campioni prelevati a varie quote da 15 m. a 40 m. dal piano campagna nei sondaggi n.1, 2, 3, 5, e 8 sono costituiti da sabbie e limi con frazione argillosa in percentuale variabile tra il 20 e 25%. Il peso specifico del secco è elevato: tra 1,78 e 1,89 g/cmc. Trattandosi di strati comunque di modesto spessore e confinati da livelli drenanti, nonché sottoposti a carichi notevoli di seppellimento, i valori sopra riportati sembrano congrui. 110 Il limite liquido della frazione fina è intorno al 30% e solo nel sondaggio 8 si avvicina al 35% mentre per la resistenza del materiale i può desumere dalle caratteristiche precedentemente riportate che la compressione massima può essere assunta intorno a 1.8 – 2.00 kg/cmq. 4. DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DA REALIZZARE L’attento esame delle indagini geologiche disponibili e della relazione geologica redatta dall’Ufficio Geologico Regionale hanno consentito di scegliere le tipologie di intervento che sono essenzialmente di completamento e di contributo sinergico agli interventi già realizzati. In tale ottica si è pensato di completare anche un vecchio intervento consistente nella realizzazione di un graticcio di travi intirantate a consolidamento della stessa parete sul versante settentrionale, che ha dato ottimi risultati statici, ma che dal punto della percezione visiva risulta molto impattante. Anche le osservazioni in situ sono state importanti per notare come il versante occidentale della rupe sottostante al Vico del Sole abbia ormai alcuni punti deboli nei confronti delle azioni di dissesto e di erosione nelle parti comprese tra gli interventi realizzati. In particolare tra le gradonate e le scarpate risagomate che risultano stabilizzate dagli ultimi interventi e l’area adiacente, anch’essa contenuta da un muro di sostegno meno recente, il pendio risulta sguarnito di opere di contenimento. Tale situazione, vale a dire parte del pendio consolidata a destra del viadotto; spazio non consolidato e altra parte del pendio protetta da un muro di sostegno, fa sì che le tensioni interstiziali della porzione non trattata siano naturalmente più elevate. La parte non trattata potrebbe subire dalle parti circostanti la veicolazione delle acque superficiali e di piccola profondità e subire come effetto la mobilitazione verso valle degli strati lubrificati e non consolidati. Un semplice manufatto che congiunga staticamente le opere già realizzate creando una sinergia delle azioni di consolidamento, che abbia caratteristiche filtranti, di minimo impatto ambientale e che abbia anche una resistenza per forma appare una soluzione che offre notevoli garanzie. Ciò può realizzarsi mediante una paratia di pali in c.a. del diametro da 80 cm ad interassi di m. 1,20, della profondità di 18 m., conformata ad arco, completata da un cordolo di testata su cui erigere un muro parafrana di altezza variabile a seconda dell’andamento del pendio e comunque compresa tra i 2.00 e 4.00 m. rivestito in pietra di Gorgoglione sulle parti emergenti. 111 Tale manufatto si completa con la esecuzione di micropali attivi ( tiranti ) della lunghezza di 20,00 m., armati mediante trefoli in acciaio con sigma f a di 2.600 kg/cmq, tensione di snervamento 4.400 kg/cmq, malta con resistenza caratteristica Rbk 250 kg/cmq. Il secondo intervento consiste nel trattamento di una porzione di parete sovrastante il graticcio di travi in c.a. esistente in quanto essa é dènudata di vegetazione, ad andamento quasi verticale ed espone all’erosione le sabbie e i limi di cui è composta la collina. Al fine di risolvere gli inconvenienti di instabilità illustrati si è progettato un cordolo in c.a. con funzione di cintura di contenimento nella parte sommitale della parete e al limite del contorno abitato. Tale cordolo viene fissato al pendio mediante micropali di lunghezza pari a 4 m. realizzati con perforazioni ad andamento inclinato secondo le indicazioni contenute nei particolari costruttivi, infissione di due barre d’acciaio ad aderenza migliorata del diametro 20 mm per ciascun micropalo, iniezioni di cemento a pressione. La parete viene protetta con apposita rete paretale costituita da. - elementi di ancoraggio a sostegno superiore con interasse compreso tra 3 – 4 m, in fune di acciaio spiroidale a forte galvanizzazione, avente carico a rottura non inferiore a 160 kg/mmq ; - cavi funicolari di diametro mm 16 di sostegno sommitale e tesatura basale e laterale della rete, con resistenza a rottura non inferiore a 14 t. - funi di diametro 12 mm. di armatura obliqua formanti una maglia romboidale di circa 16 mq, agganciate ai tiranti in sommità e in base; - ancoraggio in roccia dei tiranti in funi con carico a rottura di 150 KN. L’opera esistente di consolidamento sulla parete settentrionale, come si è detto ha già svolto una positiva funzione statica; tuttavia essa fu realizzata in anni in cui l’attenzione per gli aspetti percettivi e per l’impatto che le opere avrebbero avuto sull’ambiente non era adeguatamente elevata. Oggi è possibile rinaturare la parete tentando di stemperare l’impatto che effettivamente risulta eccessivo. Per perseguire tale obiettivo si possono mettere in opera griglie o reti in polipropilene bitridimensionali forate in modo da inglobare le particelle di terreno ed essere inerbite svolgendo così una funzione antierosiva e di rinaturazione. L’intervento può essere completato disponendo alla base della parete dei vani in c.a conformanti fioriere e piantando nel apposito terreno piantine di edera. L’edera andrà indirizzata verso le griglie poste in opera sulla parete. 112 L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili. Il trattamento della parete settentrionale va eseguito con l’impiego di manodopera specializzata e con l’impiego dei rocciatori. Per quanto riguarda i materiali da impiegarsi essi risultano di normale reperimento sul mercato regionale e pertanto non inducono particolari difficoltà. Le opere andranno sorvegliate e curate per almeno sei mesi successivamente alla ultimazione in quanto comportano la messa a dimora di essenze arbustive e rampicanti il cui attecchimento è parte integrante dell’intervento. Se non si otterrà l’attecchimento il progetto prevede gli oneri di messa a dimora per una seconda volta delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti; ne discende che i sei mesi previsti in capitolato per la cura della vegetazione saranno riattivati dalla data di ultimazione di questa seconda seminagione. Il progetto prevede anche il consolidamento di un tratto del pendio su cui sorge Via Marconi da realizzarsi mediante una paratia di pali del diametro 600 mm, profondità m. 9.00 ed interassi pari a m. 1.00. La paratia viene intirantata con micropali attivi con trefoli in acciaio con sigma f a di 2.600 kg/cmq, tensione di snervamento 4.400 kg/cmq, malta con resistenza caratteristica Rbk 250 kg/cmq. Tale paratia sarà completata mediante la costruzione di una parete di rivestimento con superficie a vista in pietra locale o del tipo pietra di Gorgoglione. 5. ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale. Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti. Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in loco ed hanno dunque una funzione complementare. Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti esistenti dagli agenti atmosferici. a) Illustrazione delle ragioni delle soluzioni prescelte sotto il profilo localizzativo e funzionale. 113 Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale. Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti. Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in loco ed hanno dunque una funzione complementare. Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti esistenti dagli agenti atmosferici. b ) Fattibilità dell’intervento L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili. Il trattamento della parete settentrionale va eseguito con l’impiego di manodopera specializzata e con l’impiego dei rocciatori. Per quanto riguarda i materiali da impiegarsi essi risultano di normale reperimento sul mercato regionale e pertanto non inducono particolari difficoltà. Le opere andranno sorvegliate e curate per almeno sei mesi successivamente alla ultimazione in quanto comportano la messa a dimora di essenze arbustive e rampicanti il cui attecchimento è parte integrante dell’intervento. c) Disponibilità delle aree Le aree interessate dagli interventi sono in parte già disponibili ed in parte da acquisire. La paratia ad arco comporterà una piccola fascia di esproprio o, in alternativa, la stipula di accordi bonari con i cittadini proprietari. L’intervento sulla parete non comporta espropri se si fa eccezione della esigua area nastriforme di base delle fioriere. Il progetto contiene il Piano Parcellare Grafico e Analitico d) Cronoprogramma delle fasi attuative 114 La prima fase consiste nella validazione del progetto esecutivo da parte della del Responsabile del Procedimento. Eventuali modifiche proposte saranno inserite entro un mese. Segue la fase di appalto che dovrà essere espletata in mesi tre. La esecuzione dei lavori , in relazione alla complessità delle opere e alle diverse localizzazioni, si dovrà effettuare in 12 mesi. Nei successivi mesi sei seguenti alla ultimazione dei lavori l’impresa assuntrice sarà vincolata per Capitolato a seguire l’attecchimento delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti messe in opera. Se non si otterrà l’attecchimento il progetto prevede gli oneri di messa a dimora per una seconda volta delle essenze erbacee, arbustive e rampicanti; ne discende che i sei mesi previsti in capitolato per la cura della vegetazione saranno riattivati dalla data di ultimazione di questa seconda seminagione. Le successive fasi di collaudo saranno espletate come previsto dalla legislazione vigente. e) Accessibilità, utilizzo, manutenzione delle opere La tipologia delle opere previste è improntata alla semplicità, la accessibilità appare immediata in quanto le localizzazioni sono servite da strade comunali e/o interpoderali e trattandosi prevalentemente di opere a scomparsa nel terreno, con profondità medie comprese tra il piano campagna e 18.00 m., le ispezioni sono possibili con facilità. La manutenzione dei sistemi di drenaggio dovrà essere preceduta da monitoraggio del loro funzionamento. Per il monitoraggio si potrà impiegare l’opera dei lavoratori socialmente utili che hanno un rapporto continuo con le strutture tecniche del comune. 6. FATTIBILITA’ AMBIENTALE a) Il territorio del Comune di Gallicchio non è compreso nelle perimetrazioni di alcun Piano Paesaggistico o Piano Territoriale di Coordinamento. Pertanto lo strumento Urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione che, riguardo alla fattispecie delle opere previste nel presente progetto preliminare, non pone vincoli particolari. La verifica della compatibilità degli interventi con lo strumento urbanistico vigente è stata effettuata dai progettisti e successivamente dovrà essere vagliata dagli organi tecnici comunali. 115 b) Gli effetti della realizzazione degli interventi sulle componenti ambientali sarà positivo in quanto la paratia di pali in c.a. conformata ad arco avrà un effetto stabilizzante sul pendio interessato e, coprendo un vuoto strutturale attualmente esistente tra gli interventi già realizzati, contribuirà sensibilmente ad evitare il rischio di mobilitazione di nuove frane. c) Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di rinaturazione di opere già esistenti, di positiva funzione statica ma di elevato impatto ambientale. Dal punto di vista localizzativo la paratia ad arco si inserisce tra interventi già esistenti e colma così un vuoto strutturale nel quale si riverserebbero le cause e gli effetti dei probabili dissesti. Le opere di rinaturazione della parete in c.a. esistente vengono a sovrapporsi a manufatti in loco ed hanno dunque una funzione complementare. Dal punto di vista funzionale dalla paratia conformata ad arco ci si attende un sensibile contributo alla stabilità del versante sottostante al Vico del Sole; dalle opere di rinaturazione sulla parete esistente ci si attende un miglioramento dell’aspetto estetico e la protezione dei manufatti esistenti dagli agenti atmosferici. d) Le misure di compensazione ambientale consistono nel rivestimento in pietra, di tipo locale e di colori simili a quelli delle pietre già utilizzate sul pendio, dei muri di sostegno impostati sul cordolo di testata della paratia di pali in c.a. La riqualificazione ed il miglioramento ambientale del contesto saranno ottenuti mediante l’intervento di rinaturazione della parete esistente con l’uso delle essenze rampicanti. - Lavori di Consolidamento dell’abitato, Salvaguardia Idrogeologica e riequilibrio ambientale in località Scannagallina del Comune di Trivigno (PZ) – D.L. 11.06.1998 N°180 DATA 17.01.2003 IMPORTO € 258.228,45. 1 PREMESSA Il D.L. 11/06/1998 n°180, emanato in seguito agli eventi meteorici eccezionali che colpirono l’area Sarnese provocando un dissesto idrogeologico, convertito in legge 3/08/1998 n°267, 116 modificata ed integrata con D.L. 13/5/1999 n°132, convertito in legge 13/07/1999 n°226, ha avviato un processo di individuazione delle situazioni di maggiore rischio sul territorio nazionale nonché la programmazione degli interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico ed idrogeologico. Il Dipartimento Assetto Del Territorio della Regione Basilicata ha costituito un apposito gruppo di lavoro con la finalità di redigere un piano che prevede azioni di contrasto dei fenomeni di dissesto dove maggiore è il numero degli abitanti e dove la maggiore vulnerabilità dei siti si lega a maggiori pericoli per persone e cose ed il conseguente programma degli interventi. La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo idrogeologico che, per quanto riguarda il Comune di Trivigno, indica quale area di intervento la località Scannagallina. Tale località ricade in area classificata R4 dal Piano Stralcio successivamente definito dall’Autorità di Bacino della Basilicata. Il presente progetto, utilizzando la risorsa economica stanziata con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 21 dicembre 1999 pari a £ 500.000.000, ora € 258. 228,45, si prefigge di lenire le situazioni di dissesto della località indicata, senza poter risolvere in modo esaustivo le problematiche dell’area. Tuttavia, mediante gli interventi programmati, si influisce sulle cause dei dissesti iniziando un processo di bonifica idraulica e salvaguardia ambientale estensibile con ulteriori finanziamenti, peraltro già richiesti al Ministero dell’Ambiente nelle fasi preliminari di progettazione. 2 CENNI SUI LINEAMENTI GEOLOGICI La località Scannagallina si caratterizza per l’ andamento collinare dei versanti, in particolare il versante occidentale che degrada verso il fiume Basento presenta numerosi avvallamenti ed un andamento generalmente ondulato conformatosi in tale orografia per movimenti gravitativi delle masse e per creazione di laghi di frana. L’origine dei fenomeni franosi è da ricercarsi nella natura geologica dei terreni e nella presenza di acque di media profondità che, alimentate anche dalle precipitazioni e dal ruscellamento superficiale, mobilitano i diversi strati dei terreni. Infatti dal punto di vista geologico ci troviamo in complessi eterogenei a componente essenzialmente argillosa, in genere con giacitura caotica, con intercalazioni di strati di varia natura litologica: sono presenti, allo stato di masse inglobate, lembi di altre formazioni (Olistoliti) così come illustra la cartografia di settore. 117 L’area in esame si trova compresa tra i versanti meridionali dell’abitato di Trivigno caratterizzati da una morfologia prevalentemente collinare, mediamente acclive e dalla presenza di numerosi impluvi naturali ed avvallamenti, con presenza tra l’altro, di numerose forme legate ai movimenti gravitativi in atto. Dal punto di vista geomorfologico infatti questi versanti, caratterizzati in affioramento da terreni in facies di Flysch prevalentemente argillosi caoticizzati, presentano diffusi fenomeni franosi ed erosivi di vario grado, entità ed attività. I movimenti di massa evidenti lungo i pendii sono riconducibili in prevalenza a frane di tipo rototraslazionali ed a colate causate, come si è accennato, oltre ai fattori predisponesti quali l’assetto geostrutturale dei terreni, la litologia, l’acclività, anche alla mancanza di regimazione e drenaggio delle acque correnti superficiali e di quelle sotterranee. Segni evidenti della sofferenza che affligge il versante sono offerti dal degrado del manto stradale di una via comunale che collega Trivigno alla Frazione Sant’Antonio, perdita di verticalità di tutti i pali di sostegno delle linee elettriche e telefoniche, crolli parziali dei muri di contenimento e/o di terrazzamento costruiti da contadini nelle aree circostanti gli annessi agricoli, sprofondamenti delle aree di sedime di alcuni edifici prefabbricati adibiti a depositi ed a annessi agricoli. 3 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Dall’analisi puntuale dei dissesti e dalla osservazione complessiva dello stato del versante che degrada dalla strada Comunale di Sant’Antonio verso l’alveo del fiume Basento appare necessario prevedere un intervento di stabilizzazione del pendio mediante opere di drenaggio e di razionalizzazione del ruscellamento delle acque superficiali. Si ipotizza, infatti, che eliminando la circolazione caotica delle acque, si possa conferire alle formazioni geologiche componenti i pendii un notevole incremento dei coefficienti di attrito interni e dunque si possa ottenere una positiva stabilizzazione del versante. Si è individuato, a valle della località in esame, un impluvio esistente, attualmente ostruito dalle masse di terreno colate, che può essere utilmente riattivato al fine di ottenere un canale di scolo delle acque. E’ stato rilevato il profilo geomorfologico di tale impluvio e le relative sezioni trasversali in modo da poter progettare le opere trasversali per la stabilizzazione delle sponde. 3.1 BRIGLIE Il progetto infatti prevede la esecuzione di alcune briglie in gabbioni e precisamente: 118 - tra le Sezioni 6b e 6c è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. - tra le Sezioni 9b e 9c è prevista una briglia di lunghezza massima 12 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. - tra le Sezioni 11b e 11c è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 4 m.. - tra le Sezioni 12a e 12b è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. - tra le Sezioni 13 e 13a è prevista una briglia di lunghezza massima 12 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. - tra le Sezioni 14 e 14a è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. - tra le Sezioni 15 e 15a è prevista una briglia di lunghezza massima 10 m., fondazione in gabbioni profonda 2,00 m e larghezza 3 – 4 m, elevazione 2 m.. A tergo delle briglie è prevista corazzatura con pietrame. 3.2 PROTEZIONE SPONDALE CON MATERASSI A valle delle briglie le sponde del canale vengono protette da materassi tipo Reno estesi in forma trapezoidale per circa m. 4,00 lungo l’asse del corso d’acqua. 3.3 PROTEZIONE DEGLI ATTRAVERSAMENTI In corrispondenza degli attraversamenti della strada comunale per Castelmezzano, di un accesso privato tra le sezioni 8 e 9 e della strada vicinale Brache di Lino è prevista la messa in opera di tombino tipo Armco del diametro di 1.200 mm bloccato tra due manufatti, a monte e velle delle strade, in gabbioni con fondazioni profonde m. 2,00 e larghe m. 4,00, elevazione m. 2,00 e ampiezza m. 2,00. La razionalizzazione del canale sopra descritta consente il corretto deflusso delle acque superficiali e nel contempo consente il recapito delle acque provenienti dai drenaggi. 3.4 DRENAGGI 119 Infatti il progetto prevede la realizzazione di un sistema di drenaggi a spina di pesce che partono dalle aree periferiche all’incisione del canale e vengono recapitati in alveo. I drenaggi sono previsti in forma trapezoidale con profondità di scavo in partenza pari a m. 3,00, riempimento di pietrame di profondità complessiva 2.30, apposizione sul fondo di gabbione a sacco cilindrico, messa in opera sulla parte sommitale di tappo di argilla di spessore m. 0,70. I drenaggi sono completi di platea di fondo in calcestruzzo armato, geotessile di idonea grammatura inserito tra le pareti di scavo e il pietrame del riempimento che a sua volta si avrà cura di disporre con pezzatura e poi granulometria decrescente dal basso verso l’alto, all stesso modo si avrà cura di mettere in opera sul tappo di argilla di chiusura sommitale le canalette di racollta e convogliamento delle acque. In prossimità dell’innesto al canale a cielo aperto, i drenaggi descritti si riducono di profondità sino a m. 1,00 proprio al fine di consentire l’inserimento alla opportuna quota. Il finanziamento assentito consente però una limitata estensione delle opere di drenaggio che sicuramente potranno conferire maggiore stabilità al versante ma non potranno risolvere in modo esaustivo le problematiche descritte. 4. ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI a) Illustrazione delle ragioni delle soluzioni prescelte sotto il profilo localizzativo e funzionale. Dal punto di vista localizzativo le opere vengono previste in modo conforme a quanto disposto dalla Giunta Regionale di Basilicata che, come si è rammentato in Premessa, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato il piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e del pericolo idrogeologico e, per quanto riguarda il Comune di Trivigno, ha indicato quale area di intervento la località Scannagallina. Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di stabilizzazione del pendio in località Scannagallina del Comune di Trivigno mediante la razionalizzazione del reticolo delle acque superficiali e delle acque di piccola profondità. Ciò si persegue, come si è detto, avendo individuato l’incisione nei terreni che precedentemente assumeva funzione di convogliamento delle acque verso il Fiume Basento e che nel corso del tempo, a causa dei movimenti franosi, si è ostruita e ingobbata in qualche contropendenza. Tale evoluzione geomorfologica ha generato ristagni di acqua e il conseguente attivarsi di movimenti di massa in colate lente ma progressive. 120 Il ripristino del canale avverrà mediante la costruzione delle briglie, la protezione delle sponde con i materassi tipo Reno. Una volta ripristinato il vettore principale per le acque verso il Basento, si cercherà di ottimizzarne la funzione rendendolo recapito delle piccole trincee drennanti disposte a spina di pesce. b ) Fattibilità dell’intervento L’intervento risulta abbastanza semplice da realizzarsi anche sulla base dell’esperienza dell’Ufficio Difesa del Suolo che ne ha già realizzati molti con caratteristiche simili. A tale proposito si possono ricordare ad esempio due progetti la cui realizzazione, a distanza ormai di qualche anno, ha dato ottimi risultati di stabilizzazione dei pendii trattati: -Lavori di manutenzione idraulica nell'alto bacino del fiume Noce- L.236/93. DATA 16/09/1994 IMPORTO £ 204.750.000. - Lavori di Sistemazione Idraulica nel bacino dell’Ofanto - sotto bacino del torrente Giannattasio -. Comune di Filiano (PZ). DATA 18/05/1999. IMPORTO £ 400.000.000. c) Disponibilità delle aree Le aree interessate dagli interventi sono raggiungibili facilmente da due strade comunali, tuttavia esse sono di proprietà privata, né il fosso individuato quale asse principale per il convogliamento delle acque risulta iscritto tra le acque pubbliche. Pertanto è necessario attivare le procedure amministrative atte alla acquisizione delle aree su cui i manufatti saranno impostati. Il progetto contiene il Piano Parcellare Grafico e Analitico d) Cronoprogramma delle fasi attuative La prima fase consiste nella validazione del progetto esecutivo da parte della del Responsabile del Procedimento. 121 Eventuali modifiche proposte saranno inserite entro un mese. Seguiranno la fase di approvazione da parte della Giunta Regionale quale organo di direzione politica, e successivamente la fase di appalto; tali fasi si potranno espletare completamente in tre mesi. La esecuzione dei lavori , in relazione alla semplicità delle opere e alle diverse localizzazioni, si dovrà effettuare in 10 mesi. Le successive fasi di collaudo saranno espletate come previsto dalla legislazione vigente. e) Accessibilità, utilizzo, manutenzione delle opere La tipologia delle opere previste è improntata alla semplicità, la accessibilità appare immediata in quanto le localizzazioni sono servite da strade comunali e/o interpoderali e trattandosi prevalentemente di opere a scomparsa nel terreno, con profondità medie comprese tra il piano campagna ed i 4,00 m., le ispezioni sono possibili con facilità. La manutenzione delle briglie dovrà essere eseguita successivamente a sopralluoghi di controllo che ne abbiano individuato condizioni di crisi di alcune parti costitutive. La manutenzione dei sistemi di drenaggio dovrà essere preceduta da monitoraggio del loro funzionamento. Per il monitoraggio si potrà impiegare l’opera dei lavoratori socialmente utili che hanno un rapporto continuo con le strutture tecniche del comune. 6. FATTIBILITA’ AMBIENTALE a) Il territorio del Comune di Trivigno non è compreso nelle perimetrazioni di alcun Piano Paesaggistico o Piano Territoriale di Coordinamento. Pertanto lo strumento Urbanistico vigente è il Programma di Fabbricazione che, riguardo alla fattispecie delle opere previste nel presente progetto preliminare, non pone vincoli particolari. La verifica della compatibilità degli interventi con lo strumento urbanistico vigente è stata effettuata dai progettisti e successivamente dovrà essere vagliata dagli organi tecnici comunali. b) Gli effetti della realizzazione degli interventi sulle componenti ambientali sarà positivo in quanto la realizzazione delle briglie conferirà un assetto più stabile alle sponde del corso d’acqua, la razionalizzazione dello smaltimento delle acque conferirà maggiore stabilità ai terreni, la realizzazione dei drenaggi contribuirà sensibilmente ad evitare il rischio di mobilitazione di nuove frane. 122 c) Le soluzioni prescelte tendono ad ottenere la funzione di consolidamento e la funzione di rinaturazione del versante in quanto la maggiore stabilità consentirà l’attecchimento delle essenze erbacee ed arbustive autoctone. Dal punto di vista localizzativo si è già descritto come gli interventi rispondano ad una programmazione precedente e siano dettati da priorità di riduzione del rischio idraulico. Dalò punto di vista funzionale ci si attende la bonifica idraulica del versante e la rinaturazione dei pendii grazie all’attecchimento delle essenze erbacee ed arbustive autoctone. d) Le misure di compensazione ambientale consistono nelle scelte progettuali attuate; l’utilizzazione dei gabbioni per la realizzazione delle briglie consente di fare affidamento su opere di tipo flessibile che ben si adattano a piccoli assestamenti dei terreni al contorno e dei piani di fondazione. Del resto la rottura dei gabbioni, dal punto di vista ambientale comporterebbe la dispersione nell’ambiente di elementi costruttivi semplici e naturali quali la pietra. Dal punto di vista della percezione visiva non risulteranno alterate le caratteristiche attuali della zona collinare in quanto, tra l’atro, più a valle sono già esistenti alcune opere trasversali eseguite circa 230 anni orsono. Allo stesso modo non risulteranno impattanti le opre di drenaggio che sono a completa scomparsa nel terreno. Il progetto è dotato di una documentazione fotografica che illustra la qualità ambientale dei siti di intervento, documenta gli effetti dei dissesti su alcuni manufatti quali il manto stradale delle strade comunali, documenta i danni che alcuni edifici adibiti ad annessi agricoli hanno subito per effetto dei movimenti franosi. Gli altri elaborati componenti il progetto illustrano i particolari costruttivi e gli accorgimenti di salvaguardia ambientale predisposti in fase della presente progettazione esecutiva. - Bacino del Fiume Noce - Lavori di recupero briglia a valle del viadotto Parrutta lungo la S.S. n.585, sistemazione idraulica del torrente Fiumicello e Rinaturazione sponda destra del torrente Carrosio. – Legge 183/89 DATA 6.12.2002 IMPORTO € 362.036,29. 1 PREMESSA 123 Il presente progetto è finanziato mediante i decreti di attuazione della L. 183/89 e costituisce lo sviluppo e la prosecuzione di un programma di difesa del suolo che riguarda il Bacino del Fiume Noce ed in particolare la manutenzione idraulica di opere in crisi lungo il torrente Fiumicello, lungo il torrente Carrosio, il Viadotto Parrutta della S.S. 585, i luoghi esposti a dissesto lungo il Prodino Grande ed altri interventi lungo l’asta fluviale del Noce, approvato dalla Giunta Regionale della Regione Basilicata con delibera di Giunta n. 389 in data 28 febbraio 2000. Grazie ai precedenti decreti di finanziamento, sempre riferiti alla programmazione di cui alla citata delibera di Giunta Regionale, è stato possibile eliminare una situazione estremamente critica venutasi a verificare lungo il fiume Noce in corrispondenza del Km 3 + 300 della S. S. 585, dove il rischio idraulico era elevato in rapporto alla grave erosione che aveva interessato il rilevato stradale della importante infrastruttura di livello nazionale. Con la presente progettazione si cerca di far fronte ad esigenze altrettanto importanti sempre nell’ottica della difesa del suolo e del rispetto dell’ambiente. 2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce. Il torrente Fiumicello, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica. Il ventaglio di formazione del torrente Fiumicello si estende nella parte sud orientale del territorio del Comune di Lauria, tra le contrade denominate Taverna del Postiere, San Filippo e Fabbricato. Il torrente si alimenta grazie ai contributi ricevuti da un vero ventaglio formato in senso orario dal fosso Marcellino, dal Vallone Buona Zita e dal fosso San Filippo; ne deriva una portata che nelle sezioni di interesse del presente progetto risulta perenne. A valle dell’abitato di Lauria il torrente Fiumicello confluisce nel torrente Gaglione dando origine al corso d’acqua denominato Carrosio che, dopo appena un chilometro, in contrada Le Fornaci, sfocia in sinistra idraulica nel Fiume Noce. Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade comunali: la strada della Melara, la strada Provinciale n.3 Tirrena, la strada di circonvallazione del rione Inferiore di Lauria. Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle interruzioni sulla strada della Melara, ai cedimenti visibili sulla strada Provinciale n.3 che dal ponte 124 sul Carrosio sino all’innesto con la Strada Statale n. 585 è in condizioni di assetto e di fruibilità pessime. Il progetto riguarda, inoltre, la ricostruzione di una briglia danneggiata irreparabilmente e la costruzione di una controbriglia sul fiume Noce, a valle del Viadotto Parrutta sulla S. S. 585. Il crollo della parte centrale della briglia esistente ha infatti dato via libera alla erosione del fondo alveo ed alla asportazione di notevoli quantità di materiale litoide più volte oggetto di segnalazione dell’Enas, che ha evidenziato la fuoriuscita delle parti sommitali dei pali di sottofondazione dei plinti su cui poggiano le pile del viadotto. 3 CARATTERISTICHE DEL BACINO La valle del Noce comprende il bacino imbrifero dell’Omonimo fiume della provincia di Potenza, che nasce dalle falde meridionali del Monte Rocca Rossa e dai contrafforti occidentali del Monte Sirino e che sfocia nel mare Tirreno nella piana di Castrocucco a circa 8 km a sud di Maratea, dopo di una cinquantina di chilometri di corso. La superficie del bacino è sui 378 Kmq; in realtà soltanto la parte settentrionale ( kmq 298 ) è quella propriamente ascrivibile al Noce, mentre la sezione meridionale, che costituisce il sottobacino della Fiumarella di Tortora ( kmq 80 ) si può considerare del tutto indipendente poiché il torrente confluisce nel Noce ad appena un chilometro dal mare. Geologicamente i terreni sono costituiti da materiali più rigidi e più resistenti all’erosione lungo i bordi del bacino, mentre nella parte mediana e bassa prevalgono formazioni sciolte o prevalentemente a contenuto argilloso più esposte ai fenomeni morfogenetici talora interessanti vaste aree. Climaticamente, la valle del Noce presenta elementi di transizione tra i caratteri continentali e quelli mediterranei: questi ultimi sono particolarmente evidenti, come è del resto comprensibile data la vicinanza ( appena 7 – 8 km in linea d’aria ) con il mare Tirreno. La parte alta del bacino è caratterizzata da una notevole piovosità, le isoiete intorno al monte Sirino indicano 2.200 mm di pioggia annua, ne deriva che il fiume Noce è molto ricco di acqua durante tutto l’anno. La pressione umana sul territorio non è molto sensibile: l’azione dell’uomo non ha creato particolari squilibri di gravità nell’ambiente fisico. L’agricoltura è ancora praticata sul 75% del territorio, il bosco si estende mediamente sul 25% della superficie. 125 Il territorio appartiene a sette comuni, di cui uno solo , Trecchina, compreso interamente, Nemoli quasi per intero ( 94,60% ), Rivello per 80,33%, Lagonegro per il 77,65%, Lauria per il 45,24%, Maratea per il 32,28%, ed in fine, in misura molto modesta ( 0,56% ) il comune di Castelluccio Superiore. Il bacino idrografico risulta marcatamente delimitato dagli alti rilievi distribuiti lungo lo spartiacque, che raggiunge la massima quota in coincidenza del massiccio del Monte Sirino a m. 2005 s.l.m., poco più a sud dell’area di testata idrografica, collocabile tra i rilievi di Rocca Rossa a m.1408 s.l.m., Murge del Principe m. 1398 s.l.m. e Monte Sirino. La mancanza di un toponimo tradizionale, e soprattutto il grado di gerarchizzazione del reticolo idrografico, non consentono di definire un preciso ramo di testata. Numerose sono le asimmetrie presenti trasversalmente all’asse vallivo, che mediamente definiscono uno sviluppo maggiore della parte del bacino collocata in sinistra orografica. Il reticolo idrografico è caratterizzato da numerose anomalie, evidenziate dalla presenza di tratti incassati, anche in più parti dell’asta principale, e da brusche variazioni della direzione di deflusso, in particolare nella parte settentrionale del bacino. Particolarmente evidente e caratteristica risulta la stretta gola ubicata a sud di Trecchina che prosegue poi in uno stretto solco che segna il confine calabro – lucano e termina nella piana di Castrocucco. Anche lo spartiacque presenta evidenti particolarità: ad esempio, tutto il tratto compreso tra il confine campano – lucano e la foce ha una direzione mediamente parallela alla linea costiera, linea dala quale è separato da una fascia che a Sud di Maratea si restringe anche a meno di due chilometri. Inoltre, in più punti, a ridosso della linea di spartiacque manca una fascia, solitamente presente, di ruscellamento laminare; ciò determina una stretta contiguità con i rami del reticolo idrografico del bacino adiacente. L’esempio più manifesto è rilevabile nel tratto di spartiacque che si sviluppa a sud del Monte Sirino ( località Pecorone, Comune di Lauria ), che separa il bacino del fiume Noce da quello del fiume Sinni. Le caratteristiche prima delineate trovano giustificazione nel complesso quadro geologico strutturale dell’area in esame, più avanti illustrato nelle linee generali. Peraltro, la presenza lungo il margine occidentale del bacino di terreni sabbioso – conglomeratici di ambienti lacustri, non correlati all’attuale fondovalle, testimonia il susseguirsi nel tempo di differenti cicli morfogenetici. Non è da trascurare, inoltre, che l’alto grado di sismicità, caratterizzante tutta l’area, rappresenta una concreta testimonianza e conferma di una evoluzione tettonico – strutturale attiva 126 anche in tempi recenti ed attuali, che incide non poco sulla evoluzione dei processi morfogenetici in atto. 4 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI Nell’area del bacino del fiume Noce è presente gran parte delle unità stratigrafico – strutturali meso – cenozoiche che costituiscono l’ossatura dell’Appennino campano – lucano. Tali unità, traslate dagli originari domini paleografici nel corso della tettogenesi miocenica, risultano attualmente sovrapposte, piegate e fagliate, affiorando talvolta in posizione di finestra tettonica. Sono, inoltre, presenti coperture più recenti costituite da depositi sabbioso – conglomeratici e detritici di origine continentale attribuibili al Quaternario, sostenuti dalle presenti unità. Nella parte del bacino che interessa il presente progetto sono prevalenti i terreni appartenenti alle serie stratigrafiche del Flysch del Cilento e delle Argille Varicolori in senso lato. Affiorano ampiamente nella parte mediana della valle, tra gli abitati di Rivello, Nemoli, Lauria e Trecchina, costituendo gran parte dell’area pedemontana del bacino. Litologicamente, sono formate da alternanze, spesso fittamente stratificate, di marne, marne silicifere, argilliti, calcari siliciferi, siltiti e quarziti e, subordinatamente, di calcareniti, brecciole calcaree, arenarie e conglomerati. Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali. Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica. Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione delle Crete Nere. Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla formazione del Saraceno. Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore. Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee. 127 Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato. In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non scompaginati. La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti. Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale. Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro ed il collettore Fistola o Prazza. La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico movimento tipo frana da nord verso sud. La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi. Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch. Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro. Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal fiume Noce e dai suoi affluenti, appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla esistenza di uno sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella profonda incisione dei massicci carbonatici. Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti del fiume Noce. I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica. Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici, sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo franoso. 128 Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’ ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”. L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o superficiale. I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti: Argilliti non alterate Peso specifico in grani Argilliti alterate 2.8 Peso di volume 22,6 kN/mc 20,6 kN/mc Peso di volume del secco 20 kN/mc 17,65/mc 12% 25% Limite di liquidità 37% 44% Indice di plasticità 18% 25% Grado di saturazione 0,87 0,95 Frazione argillosa ( 0.002 ) 27% 35% 129 Contenuto naturale d’acqua Attività colloidale 0,66 0,71 Resistenza residua drenata Cr = 0 Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq Tr = 16° 6 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI 6.1 RICOSTRUZIONE BRIGLIA E CONTROBRIGLIA A VALLE DEL VIADOTTO PARRUTTA SULLA SS 585 Si è accennato in premessa che il progetto riguarda la ricostruzione di una briglia danneggiata irreparabilmente e la costruzione di una controbriglia sul fiume Noce, a valle del Viadotto Parrutta sulla S. S. 585. Consultando gli Annali Idrologici del Servizio Idrografico dello Stato Sezione di Catanzaro si può constatare che nel periodo compreso tra il 1925 ed il 1964, alla stazione Le Fornaci che dista 18 km dalla foce, ha bacino di dominio Kmq 186 e si trova a pochi metri dal viadotto Parrutta, la portata massima registrata è di 725 mc/s misurata il 1° marzo 1935. Tali indicazioni sono utili sia per il dimensionamento della briglia e della gaveta, sia per la valutazione del possibile trasporto solido. Il crollo della parte centrale della briglia esistente ha infatti dato via libera alla erosione del fondo alveo ed alla asportazione di notevoli quantità di materiale litoide più volte oggetto di segnalazione dell’Enas, che ha evidenziato la fuoriuscita delle parti sommitali dei pali di sottofondazione dei plinti su cui poggiano le pile del viadotto. Al fine di porre riparo al cennato anomalo svuotamento dell’alveo si è programmata la ricostruzione della briglia mediante scavi a sezione aperta di impostazione, scavi a sezione ristretta, 130 esecuzione di fondazione in cls armato di m. 60,00 x 5,00 x 2.00, esecuzione di elevazione in cls armato di uguale lunghezza e sezione di m. 2,00 x 2.00, spalle che emergono di un ulteriore metro in elevazione, rivestimento del paramento di valle con pietra locale squadrata e bocciardata con gli assetti a squadro. A valle della briglia saranno messi in opera materassi metallici tipo Reno a tasche per uno spessore di m. 0,50 e lunghezza m. 5,50. L’intervento si completa mediante la costruzione di una controbriglia in calcestruzzo armato delle dimensioni m. 60,00 x 3,50 x 1,00 con elevazione di uguale lunghezza e sezione m. 2,00 x 1,00. L’intervento descritto ha la finalità di trattenere il trasporto solido, consentire il rinascimento dell’alveo e garantire nel tempo il rincalzo naturale delle fondazioni del viadotto Parrutta. 6.2 INTERVENTO SUL TORRENTE FIUMICELLO Si è accennato che il torrente Fiumicello, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica. Il ventaglio di formazione del torrente Fiumicello si estende nella parte sud orientale del territorio del Comune di Lauria, tra le contrade denominate Taverna del Postiere, San Filippo e Fabbricato. Il torrente si alimenta grazie ai contributi ricevuti da un vero ventaglio formato in senso orario dal fosso Marcellino, dal Vallone Buona Zita e dal fosso San Filippo; ne deriva una portata che nelle sezioni di interesse del presente progetto risulta perenne. A valle dell’abitato di Lauria il torrente Fiumicello confluisce nel torrente Gaglione dando origine al corso d’acqua denominato Carrosio che, dopo appena un chilometro, in contrada Le Fornaci, sfocia in sinistra idraulica nel Fiume Noce. In corrispondenza della contrada San Filippo scaturiscono delle sorgenti le cui acque hanno notevoli pregi organolettici ed anche caratteristiche terapeutiche in quanto favoriscono la diuresi; per tali motivi il Comune di Lauria ha valorizzato l’area mediante creazione di un’oasi turistica Proprio a valle delle sorgenti si riscontra l’accentuarsi di condizioni di dissesto che insidiano sia la contrada abitata sia le strade di accesso. La pendenza del corso d’acqua diviene infatti elevata e il letto corre in una profonda incisione tra terreni di natura instabile ascrivibili alle formazioni dei Flysch e delle argille varicolori. 131 Il progetto prevede la costruzione di 4 opere trasversali in calcestruzzo armato da posizionare a circa 200 m. più a valle dell’area turistica, là dove la pendenza diviene più elevata. Le briglie hanno mediamente dimensioni in fondazione di m. 4,00 x 2,00, elevazione di m. 2,00 x 2,00 alla gavetta mentre le spalle hanno altezze di m. 3,50. Mediante il posizionamento di tali opere trasversali si ottiene una pendenza compensata del 5% che in relazione all’attuale pendenza del 10 – 12% rappresenta un buon risultato. Le ampiezze dei manufatti sono studiate in base all’andamento locale delle sponde e gli elaborati grafici Profilo Longitudinale, Sezioni del terreno, Particolari, illustrano nel dettaglio le previsioni progettuali. 6.3 RINATURAZIONE DELLA SPONDA DESTRA DEL TORRENTE CARROSIO Da alcune segnalazioni pervenute all’Ufficio Difesa del Suolo da parte di cittadini residenti e dall’esame delle condizioni di dissesto del bacino è stata constatata una situazione di notevole degrado ambientale dell’area in destra idraulica del torrente Carrosio, compresa tra la Strada Provinciale n. 3 Tirrena e la sponda del torrente. Su tale area, che è conformata a ripido pendio, si è verificato un notevole movimento franoso con colata di terreno verso l’alveo del torrente. Per fronteggiare l’evento franoso é stato eseguito un intervento da parte di privati che non appare completamente risolutivo. Infatti le cause dell’evento sono da ricercarsi nella rottura di un sistema di canali di convogliamento delle acque superficiali, realizzato mediante canalette tipo forestale in calcestruzzo, che raccoglieva gli afflussi meteorici e li convogliava nel torrente Carrosio. Il mancato funzionamento del sistema di canali ha indotto una circolazione caotica delle acque superficiali su terreni particolarmente vulnerabili quali le Crete Nere o Flysch Nero, prevalentemente costituiti da argilliti e da marne. Gli effetti di tale circolazione cotica di acque si sono concretizzati nella diminuzione dei coefficienti di attrito interni ai terreni e nella loro mobilitazione. L’intervento realizzato dai privati consiste nella esecuzione di alcuni drenaggi e nella esecuzione di alcuni sbarramenti trasversali al pendio mediante gabbionate metalliche. Al fine di stabilizzare il pendio il progetto prevede la estensione della rete di drenaggi mediante la realizzazione di trincee delle dimensioni m. 1,00 al fondo, m. 1,80 in sommità, 132 profondità m. 3,80, le trincee sono realizzate mediante scavo, messa in opera di strato di sabbia sul fondo con spessore di m. 0,20, messa in opera di tubo rotocompresso sforellato nel sesto superiore di diametro m. 0,30, riempimento con materiale arido di pezzatura decrescente dal basso verso l’alto per una altezza di m. 3,00, tappo di argilla dello spessore m. 0,80. Il progetto prevede il ripristino dei canali di convogliamento delle acque superficiali mediante messa in opera di canalette semicircolari del diametro di m. 0,60., in lamiera di acciaio zincato, con giunti in bulloni, angolari di rinforzo e di sostegno. Gli elaborati grafici illustrano l’andamento planimetrico, altimetrico ed i particolari costruttivi dei drenaggi e dei canali superficiali, in rapporto al recapito finale del torrente Carrosio. 7 MISURE DI SALVAGUARDIA AMBIENTALE Il progetto, oltre alla ricerca di soluzioni tecniche atte a migliorare le condizioni idrogeologiche dei siti di intervento, tende a migliorare la qualità ambientale dei sottobacini del torrente Fiumicello e del torrente Carrosio. In particolare l’area riqualificata dal Comune di Lauria intorno alle sorgenti del torrente Fiumicello sovrasta è minacciata dalla instabilità elle sponde del corso d’acqua. Il progetto prevede la esecuzione di opere trasversali stabilizzanti sulle quali, come misura di compensazione ambientale, viene previsto il rivestimento in pietra locale. Particolare giovamento potrà essere riscontrato sul pendio compreso tra la strada provinciale n.3 Tirrena e la sponda destra del torrente Carrosio dove attualmente si riscontrano fenomeni franosi, circolazione caotica delle acque superficiali e deterioramento della vegetazione sino a denudamento di parti significative del territorio. Su tale area il progetto prevede opere di risanamento idrogeologico ed ambientale quali la esecuzione di drenaggi anche in costola al pendio in modo da favorirne la stabilizzazione, la sostituzione di cabalette tipo forestale deteriorate e/o stozzate mediante la messa in opera di nuove canalette semicircolari in acciaio al fine di risistemare razionalmente il reticolo di scolo verso il torrente delle acque superficiali. Le somme in economia sono state inserite in quadro economico anche al fine di ripiantare essenze autoctone erbacee e arbustive sulle zone denudate dall’evento franoso. Giova ricordare che tutte queste opere previste sono a naturale scomparsa nel terreno ed hanno impatti percettivi quasi nulli. 133 Anche l’intervento sul fiume Noce rappresenta una riparazione di opere esistenti se si considera la ricostruzione della briglia a valle del viadotto Parrutta, se si considera invece la stabilizzazione dell’alveo mediante messa in opera di materassi tipo Reno e la costruzione della controbriglia si fa notare che quest’ultime sono opere che scompaiono nel terreno. Come misura di compensazione ambientale, viene previsto il rivestimento in pietra locale delle parti emergenti della briglia e la rinaturazione delle sponde movimentate dai lavori di scavo mediante piantumazione di essenze erbacee autoctone. - Lavori di Sistemazione Idraulica nel bacino dell’Ofanto - sotto bacino del torrente Giannattasio -. Comune di Filiano (PZ). DATA 18/05/1999. IMPORTO £ 400.000.000. 1) PREMESSA Il presente progetto riguarda opere di sistemazione idraulica in località Giannattasio del Comune di Filiano (PZ) e lungo il Vallone Del Ceraso, finanziate con il Decreto N°1420 del 15/07/1998, nel quadro generale dei finanziamenti di cui alla Legge 183/89 sulla Difesa del Suolo. Con precedenti Decreti l’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa Del Suolo ha provveduto alla sistemazione idraulica del torrente Sterpeto che aveva in passato svolto azione erosiva delle sponde e determinato instabilità di aree contigue a zone antropizzate ed abitate. Dopo attenti sopralluoghi sullo stato dei luoghi é apparso prioritario intervenire in un’area a valle della zona rurale abitata denominata Giannattasio in quanto, in epoca recente, tale zona era stata interessata da un diffuso movimento franoso generato dalla azione erosiva al piede del pendio svolta dal Vallone Del Ceraso, e dal crearsi di ampie pozze d’acqua in depressioni del terreno generate dai laghi di frana. L’area di intervento si trova in sinistra idraulica in quanto su tale versante si trova la zona abitata. In destra idraulica del Vallone Del Ceraso si nota la mobilitazione di una frana di dimensioni molto più importanti ma che interessa terreni fortunatamente disabitati e dunque la esiguità dei fondi disponibili ha consigliato di intervenire là dove il rischio di coseguenze disastrose investe beni quali le abitazioni civili e la strada di collegamento della frazione Giannattasio al centro di Filiano. 2) L’AMBIENTE FISICO L’area in esame si presenta di aspetto collinare con dossi abbastanza arrotondati e delimitati al piede da corsi d’acqua di carattere torrentizio. 134 In particolare l’area di intervento può essere descritta come il fianco di una collina sulla cui dorsale sorge la frazione abitata denominata Giannattasio, alla base della collina si trovano gli alvei del torrente Giannattasio e del Vallone Del Ceraso. Da una attenta osservazione dell’area emerge che gli strati geologici sono orientati a franopoggio verso in Vallone Del Ceraso mentre risultano a reggipoggio se si osserva la collina dall’alveo del torrente Giannattasio. Si spiega dunque come si sia mobilitato un lento movimento di massa che interessa le areee subito a valle dell’abitato e verso l’alveo del Vallone. In tali aree sono stati notati, nell’ultimo periodo invernale, affioramenti di acque venute poi a ristagnare nei piccoli laghi di frana che hanno ad esse offerto superfici concave. Dalle osservazioni in situ e dalla consultazione degli elaborati geologici degli strumenti urbanistici del comune di Filiano emerge che, dal punto di vista geologico, le formazioni dominanti possono ricondursi a serie di terreni del Flysch. La genesi di questi sedimenti si deve considerare pressochè coeva del ripiegamento di una catena montuosa e avvenuta nel periodo subito precedente la sua fase parossistica. I terreni sono costituiti da una alternanza di marne, calcari marnosi, brecce calcaree a grana fina e da argille molto laminate, di colore variante dal giallastro al grigio scuro. In questi terreni predominanti, sono intercalati piccoli strati di diaspri e marne silicee con passaggi di colore dal verde al bruno e di spessore non superiore ai 30 cm. Gli strati hanno una potenza variabile intorno ai 20- 30m. con direzione da Ovest verso Nord. Dal punto di vista idrologico la zona si caratterizza per una piovosità media annua di circa 700-750 mm., gli eventi meteorici del periodo autunnale - invernale , di norma, non danno luogo ad eventi di portata eccezionale tenuto conto della breve durata degli stessi tranne, naturalmente, per zone limitate e in caso di eventi eccezionali. In merito ai caratteri climatici si registrano complessivamente temperature medie prossime ai valori propri dell’Appennino con precipitazioni per lo più abbondanti. Da quanto esaminato e descritto, al fine della ricerca delle cause dei movimenti franosi in atto nell’area, si può fondatamente concludere che le formazioni geologiche hanno diversi gradi di permeabilità sì da offrire, sulle superfici di contatto tra strati, variazioni dei coefficienti di attrito. In tali condizioni, la attività delle precipitazioni e delle conseguenti infiltrazioni, combinata con la giacenza degli strati e sommata alla erosione al piede generata dalle piene del Vallone Del Ceraso ha con ogni probabilità mobilitato strati variamente superficiali il cui scivolamento, successivamente frenato dall’interferenza di nuove formazioni, ha creato i laghi di frana. Tali superfici concave, in occasione di eventi di pioggia significativi, hanno offerto destro alle acque per la formazione di notevoli quantità di ristagno. 3) DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Le opere previste, in relazione alla esiguità del finanziamento disponibile, hanno la funzione di dare un sensibile contributo alla stabilità del fianco della collina su cui sorge l’abitato della frazione Giannattasio, tenuto conto naturalmente anche della azione erosiva del Vallone Del Ceraso. Infatti esse sono sostanzialmente riconducibili a tre categorie di lavori: sistema di drenaggi distribuiti sul fianco della collina, opera di difesa spondale longitudinale in gabbioni lungo la sponda sinistra del Vallone Del Ceraso, serie di briglie in gabbioni per stabilizzare le sponde e compensare il profilo del Vallone Del Ceraso. 3.1 DRENAGGI 135 Dopo aver redatto un piano quotato con la precisa individuazione dei ristagni d’acqua, é stato progettato un sistema di drenaggi che hanno la funzione di scaricare i terreni dal surplus di acque che, infiltrandosi in profondità, lubrificano le superfici di contatto tra formazioni a diversa permeabilità e mobilitano i terreni. Il sistema ha un asse principale in cui l’opera ha profondità m. 4,00, ampiezza m. 1,40, posa di sabbione sul fondo, posa di tubo in cls rotocompresso forato nel sesto superiore, posa di pietrame di pezzatura decrscente dal fondo alla superficie. Numero quattro rami obliqui con caratteristiche costruttive in tutto simili a quelle descritte per il ramo principale ma con profondità di m. 3,00. Il sistema ha la funzione di intercettare i ristagni d’acqua e convogliarli nel Vallone Del Ceraso. 3.2 MURO DI SPONDA IN GABBIONI La sponda sinistra del Vallone viene protetta con un muro di sponda in gabbioni delle dimensioni in fondazione di m. 4,00 x 2,00, in elevazione due ordini delle dimensioni in sezione m. 3,00 x 1,00, e m. 2,00 x 1,00. A ridosso di tale muro di sponda ha termine il drenaggio principale. La scelta della localizzazione in sinistra idraulica risiede nella presenza a monte di tale sponda della frazione abitata Giannattasio. 3.3 SERIE DI BRIGLIE IN GABBIONI Lungo il Vallone Del Ceraso, tenuto conto della pendenza notevole ed anche della notevole frana verificatasi in destra idraulica, viene prevista una serie di briglie in gabbioni che hanno la doppia funzione di compensare la pendenza del fosso e di consolidare le sponde mediante la costruzione di strutture elastiche che bene si potranno adattare a lievi movimenti dei terreni. Le opere trasversali previste sono in numero di cinque ed integrano tra di esse una briglia già esistente; le sezioni sono di due tipi delle dimensioni uguali in fondazione: m. 5,00 x 1,00, m. 4,00 x 1,00, mentre differiscono in elevazione a secondo dell’altezza delle sponde nei punti di ubicazione. Hanno infatti dimensioni in elevazione: m. 3,00 x 3,00 e m. 2,00 x 3,00. La gaveta delle briglie é prevista in calcestruzzo armato con ampiezza variabile secondo la larghezza dell’opera trasversale e con sezione di m. 1,00 x m. 0,30. Gli elaborati grafici meglio chiariscono la tipologia delle opere descritte e la loro ubicazione. 3 CALCOLO DELLA PORTATA DEL VALLONE DEL CERASO La portata del Vallone del Ceraso, tenuto conto del regime torrentizio del corso d’acqua, ha valori contenuti e per il dimensionamento delle opere d’arte ci si potrebbe basare sulla secolare esperienza che l’Ufficio del Genio Civile di Potenza ha maturato in innumerevoli interventi simili. Tuttavia, per rigore scientifico, si procede ad un calcolo abbastanza semplificato che per piccoli bacini può dare buoni risultati usando la formula del Giandotti semplificata. 0.277 x p x g x h x S Q = ------------------------------ = mc/sec. l x T dove 136 h = altezza di precipitazione in millimetri; g = rapporto tra portata massima e portata media di piena = 10 l = rapporto tra durata di piena e tempo di corrivazione = 4 S = estensione del bacino in Kmq; = 3 Kmq; L = lunghezza della valle in Km; = 3.5 Km; H = altezza media del bacino in m. s. l. m.; = 700 m. s. l. m.; 4 S + 1.5 L T = tempo di corrivazione = ----------------------0.8 H Trasferendo nelle formule i valori del bacino in esame si ha: 4 x 3 x 1.5 x 3.5 T = ---------------------------------- = 1.718 0.8 x 700 0.277 x 0.4 x 10 x 30.5 x 3 Q = ---------------------------------------------- = 14.75 mc/sec 4 x 1.718 - Progetto Preliminare degli Interventi urgenti diretti a rimuovere i pericoli connessi al dissesto idrogeologico ed alla mitigazione del rischio idraulico – Comune di Lauria (PZ) – Legge 226/1999 DATA 4/06/2001. IMPORTO £ 4.000.000.000. 1 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce. Il torrente Gaglione, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica. Il ventaglio di formazione si estende alle pendici occidentali del massiccio del monte Sirino e comprende le contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta. 137 Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade comunali: la strada della Seta, la strada San Pietro Catania e la strada del Capraro, nonché attraversate dalla Strada Statale n°19. Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle interruzioni sulla strada della Seta a valle del quartiere San Paolo, sulla contrada Canneto, ai cedimenti visibili sulla strada del Capraro e sulla strada San Pietro Catania. Anche la strada Statale n°19 non è affatto esente dal subire gli effetti del dissesto infatti l’ENAS, Ente gestore, ha svolto periodicamente numerosi interventi manutentivi e strutturali. Si esaminerà successivamente nel dettaglio la azione destabilizzante di alcuni laghetti o affioramenti di acqua rinvenuti, in fase di impostazione del progetto e di sopralluogo, nelle contrade Sa Giuseppe e Capraro. 2 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali. Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica. Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione delle Crete Nere. Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla formazione del Saraceno. Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore. Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee. Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato. 138 In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non scompaginati. La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti. Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale. Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro ed il collettore Fistola o Prazza. La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico movimento tipo frana da nord verso sud. La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi. Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch. Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro. Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal torrente Gaglione appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla esistenza di uno sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella profonda incisione dei massicci carbonatici. Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti del fiume Noce. I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica. Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici, sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo franoso. 139 Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’ ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”. 3 CARATTERSTICHE DEI TERRENI DELLE AREE DI INTERVENTO. Le arre di intervento sono: a) Contrada Canneto e San Pietro Catania Si tratta delle due sponde del torrente Gglione, in tale tratto arginato con muri in gabbioni, che evidenziano vistosi fenomeni di frana ben individuabili anche al semplice osservatore in quanto denudate di vegetazione. Durante la fase dei rilievi topografici si è potuto constatare la presenza di acque in quanto il Flysch Nero costitutivo dei pendii era plastico e molle. Inoltre la sponda destra ha tracimato le arginature ostruendo metà della sezione di deflusso. Appare necessario ripristinare la sezione di deflusso e prevedere delle opere drenanti a media profondità che eliminino la circolazione caotica delle acque. Gli interventi vanno integrati con ricostruzione della vegetazione autocnona, idrosemina ecc. b) Corso del torrente Gaglione a monte del ponte Bailey In tale tratto del corso appare necessario eseguire delle opere trasversali di stabilizzazione. Il ponte appare deteriorato nella sovrastruttura lignea dell’unica carreggiata, mentre le spalle appaiono non aver subito movimenti. c) Contrada Seta Lungo la strada comunale sono evidenti fenomeni di dissesto, sintomatico un punto in cui un fontanino pubblico è sprofondato di circa 1.5 m. Il problema è sempre riconducibile alla circolazione delle acque e sono consigliabili opere drenanti. d) Contrade Capraro e San Giuseppe 140 Nella parte alta di queste contrade sono stati rinvenuti ristagni d’acqua formanti piccoli laghetti e subito a valle dei ristagni sono riscontrabili denti di frana. Si può osservare un movimento lento ma continuo della coltre flyscoide verso l’alveo del torrente Gaglione che non risparmia la strada e mobilita anche alcuni speroni di roccia calcarea affioranti sui pendii. Anche in questa situazione è necessario ristabilire un riordino della circolazione delle acque mediante reticoli drenanti. e) Rupe al piede del quartiere San Paolo Sul pendio al piede della zona abitata San Paolo si è verificata una frana nell’autunno successivo all’evento sismico del 9/09/1998. Si tratta di uno scoscendimento con colata di materiale che ha tracimato un piccolo muro di sostegno ed ha invaso la strada comunale della Seta. La frana è stata alleggerita in un primo tempo mediante rimozione della colata ma, essendosi ripetuta il Comune di Lauria, con fondi ex L.R. 51/78 ha recentemente realizzato un drenaggio e opere di convogliamento delle acque. Le Amministrazioni Regionale e Comunale concordano nel ritenere l’intervento non ancora esaustivo e dunque, considerata la presenza delle aree abitate a monte, appare opportuno trattare il pendio con altri dreni e con opere di ricostruzione delle pendenze di sicurezza. L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o superficiale. 4 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI DA REALIZZARE Le condizioni del suolo descritte nella Relazione Geotecnica denotano uno stato di instabilità diffusa in tutto il ventaglio di formazione del torrente Gaglione; dagli studi effettuati 141 emerge che tale instabilità è riconducibile alla azione delle acque superficiali e di media profondità sulle formazioni geologiche. Appare dunque indispensabile, prima di ogni altra azione consolidativa, rimuovere la causa prima dei dissesti. Il criterio informatore del progetto è quello di cercare di ottenere un governo delle acque mediante opere di drenaggio e convogliamento delle quantità emunte nell’alveo del torrente Gaglione. Si descrivono le opere progettate partendo dalle quote più alte del bacino. a 1) CONTRADA CAPRARO In contrada Capraro sono stati individuati degli affioramenti di acqua che ristagnano per gran parte dell’anno in piccoli pantani, essi determinano abbassamento dei coefficienti di coesione e degli angoli di attrito interni delle formazioni geologiche sì da innescare movimenti franosi evidenziati da scoscendimenti e da denti di distacco tra strati del terreno. Si è dunque individuato un reticolo di drenaggi formato da una trincea principale che ha un percorso baricentrico rispetto ai laghetti individuati e altre trincee secondarie che partono dai laghetti stessi e confluiscono nel percorso principale. Dal punto di vista della tipologia costruttiva la trincea drenante principale è progettata secondo una prima sezione trapezia con basi: m. 6.00, m. 3.00, profondità m. 3.00; ed una seconda sezione trapezia più profonda con basi: m. 2.00, m.. 1.50, profondità m. 4.00. La doppia sezione è stata ideata anche in considerazione delle modalità di scavo ed in favore della sicurezza delle fasi operative. L’opera si completa con la esecuzione, sul fondo dello scavo, a distanze progressive di m. 10.00, di pali drenanti in sabbia del diametro di m.0.80. Particolare cura va impiegata nella scelta della pezzatura del riempimento di pietrame della trincea drenante usando dimensioni crescenti dal basso verso l’alto, partendo da ciottolate di cm.7 minimo di diametro o dimensione maggiore sino a pietre di dimensione maggiore compresa tra i 20 e 30 cm. Allo sbocco della trincea drenante principale nel torrente Gaglione è prevista la realizzazione di un argine in gabbioni che dovrà assicurare la stabilità della parte terminale dell’opera. 142 La granulometria del materiale di riempimento dei pali in sabbia deve essere dell’ordine del centimetro e delle frazioni del centimetro e farà parte di studio del progetto esecutivo. Anche le trincee drenanti secondarie, che collegano i laghetti con la trincea di spina, sono prevalentemente simili a quanto descritto, fatta eccezione per i primi m. 20 iniziali di attacco ai laghetti lungo i quali è prevista solo la sezione trapezia superiore: le opere sono così ideate per non alterare l’assetto geologico dei terreni. I profili redatti in scala 1:500 illustrano queste caratteristiche. a 2) CONTRADA S. GIUSEPPE Durante i sopralluoghi preliminari eseguiti sul territorio di interesse sono stati notati scoscendimenti e rigonfiamenti dei terreni anche in contrada San Giuseppe sempre in sinistra idraulica del torrente. Anche in tale zona è previsto un sistema di drenaggi in tutto simile a quanto descritto al punto a 1). a 3) COLLINA SAN PAOLO La collina denominata San Paolo ha un versante che sovrasta la sponda sinistra del torrente Gaglione, al piede di tale pendio, che da tempo manifesta fenomeni di scoscendimento, corre la strada comunale della Seta . Sul versante opposto, e sino alla sommità, la collina di San Paolo è stata utilizzata per insediamenti di civili abitazioni. Dai dati assunti in studi precedenti ( Melidoro, Cotecchia ) e da osservazioni recenti, appare probabile che gli strati delle formazioni geologiche componenti la collina, siano orientati a reggipoggio sul pendio abitato, mentre sul versante Gaglione gli strati si invertono e la presenza di acque di media profondità innescano le frane attuali. Numerosi sono stati nel tempo gli interventi di contrasto dei fenomeni di scoscendimento; in particolare nei primi anni 90 sono stati eseguiti dalla Regione Basilicata dei terrazzamenti con cunette di raccolta e infissione di microdreni profondi con recapito nelle cunette. 143 Recentemente, sempre con fondi regionali, il comune di Lauria ha fronteggiato un evento franoso mediante la realizzazione di opere di drenaggio e convogliamento delle acque nell’alveo del torrente Gaglione. Il presente progetto preliminare prevede la intensificazione delle opere di drenaggio e la manutenzione straordinaria delle cunette esistenti in pendio atteso che esse, in alcuni punti, hanno perso la loro funzionalità. a 4) CONTRADE CANNETO - SETA La contrada Canneto si trova immediatamente a valle del rione Superiore di Lauria, essa comprende le sponde destra del torrente Gaglione. Sulla sommità della sponda sinistra corre la strada comunale S. Pietro Catania, importante collegamento tra i rioni Superiore e Inferiore in alternativa alle strade interne al centro urbano, in destra la strada comunale della Seta. Ambedue le infrastrutture manifestano segni di cedimento dei terreni e coinvolgimento delle opere complementari ma, mentre lungo la strada S.Pietro Catania tali cedimenti sono ancora puntuali, la strada della Seta ha subito il crollo di parte della sede viaria e risulta oggi interrotta. La situazione complessiva della contrada appare preoccupante in quanto ampie zolle di terreno sono in equilibrio precario oppure crollano verso l’alveo del torrente. Si notano aree denudate di vegetazione con incisioni dovute al dilavamento delle acque ed al piede della sponda destra i terreni hanno tracimato l’argine esistente ostruendo la sezione di deflusso. Anche in questo caso si è pensato di far ricorso alla azione consolidante delle trincee drenanti in quanto si confida non soltanto nella positivo effetto ottenuto mediante la razionalizzazione dei percorsi idrici, ma anche ritenendo che, essendo le trincee progettate in senso trasversale ai pendii, esse diano un sensibile contributo all’attrito delle porzioni di terreno tra esse comprese e ne evitino lo scoscendimento. I percorsi delle trincee sono dettati dal rilievo delle incisioni più marcate e dalla osservazione delle aree denudate di vegetazione, esse sono visibili sulla planimetria in scala 1:200. Dal punto di vista della tipologia costruttiva le trincee drenanti sono progettate secondo una prima sezione trapezia con basi: m. 6.00, m. 3.00, profondità m. 3.00; ed una seconda sezione trapezia più profonda con basi: m. 2.00, m.. 1.50, profondità m. 4.00. La doppia sezione è stata ideata anche in considerazione delle modalità di scavo ed in favore della sicurezza delle fasi operative. 144 L’opera si completa con la esecuzione, sul fondo dello scavo, a distanze progressive di m. 10.00, di pali drenanti in sabbia del diametro di m.0.80. Particolare cura va impiegata nella scelta della pezzatura del riempimento di pietrame della trincea drenante usando dimensioni crescenti dal basso verso l’alto, partendo da ciottolate di cm.7 minimo di diametro o dimensione maggiore sino a pietre di dimensione maggiore compresa tra i 20 e 30 cm. La granulometria del materiale di riempimento dei pali in sabbia deve essere dell’ordine del centimetro e delle frazioni del centimetro e farà parte di studio del progetto esecutivo. Per quanto riguarda la interruzione verificatasi lungo la strada comunale della Seta si è osservato che anche un intervento manutentorio superficiale realizzato dal comune di Lauria non ha dato esiti positivi. Per contro, lungo il pendio, oltre al movimento di massa si nota un lago di frana prima di giungere alle quote dell’alveo. E’ evidente dunque che i piani di scorrimento sono a quote superiori ai 4 m. di profondità. Si è pensato anche in questo caso alla esecuzione di una trincea drenante completa come descritto, al fine di eliminare la causa del dissesto. Si é poi previsto di ricostruire il rilevato stradale con terre armate mediante posizionamento di elementi metallici a V, apposizione di biostuoie inseminate, riempimento di materiale vegetale misto a materiale arido drenante, compressione dello strato e ripetizione delle tecnologie indicate per alcuni strati successivi. La struttura in terra armata viene composta mediante lo scavo preliminare di rimodellamento della pendice, la messa in opera di elementi strutturali in rete metallica a doppia torsione a maglia esagonale tipo 8 x 10( conforme a UNI 8018 ) che resiste fino a 47 KN/m, con un paramento inclinato di circa 30° e una parte orizzontale, solidale al paramento, lunga 5 m. La rete è composta di fili del diametro 2.20 mm, zincata e ricoperta da plasticatura in PVC rispondente ale normative internazionali ( UNI 3598, BS 1052/80, ANFOR N.F. A91 – 131 Classe C, DIN 1548 – 70, ASTM –A 641 – 82 Classe 3). Tutto ciò preserva da smagliature e conferisce resistenza al fuoco. Il rilevato strutturale viene composto disponendo sui 5 m. del telo orizzontale del terreno di buona qualità, di elevato potere drenante, di granulometria variabile da 0.02 mm fino a 60 mm. L’elemento determinante per la valutazione della resistenza e del potere di ancoraggio della rete è l’angolo di attrito interno che deve raggiungere minimo 30°. Per ottenere tale risultato ogni strato dovrà essere rullato con macchine di tipo da costruzioni stradali in sezioni di ogni 30 cm in altezza messa in opera. 145 a 5) INTERVENTI SUL TORRENTE GAGLIONE Il torrente in passato oggetto di numerosi interventi di sistemazione idraulica sia con opere trasversali, sia con opere longitudinali, che hanno dato buoni risultati. Tuttavia a monte del ponte tipo Bailey, al termine dell’ultimo intervento di arginatura, si riscontra una situazione di dissesto e di forte degrado. Il presente progetto preliminare prevede la costruzione di n° 8 briglie in gabbioni e di una controbriglia finale che, in parallelo ad opere di movimento di materiali, tenderanno a ricostruire una corretta sezione di deflusso, tentando anche di compensare la pendenza di fondo che in tale tratto risulta elevata, conferisce eccessiva velocità alla corrente e determina lo sfasciume attuale. Oltre a queste opere è prevista la sostituzione dell’attuale ponte provvisorio con una struttura in acciaio; tale intervento trova motivazione nella attuale insufficienza, in rapporto al traffico veicolare, della ampiezza del ponte e nella constatazione che le spalle attuali non sono state oggetto di dissesti e dunque, se ulteriormente consolidate, potranno garantire l’appoggio di una struttura sempre abbastanza leggera ma non provvisoria. Le spalle saranno consolidate mediante la esecuzione di una corona di get-grouting. Il nuovo ponte avrà carreggiata ampia m. 7.50 e dunque consentirà lo sviluppo di due corsie, sarà dotato di due marciapiedi ampi circa m. 1.00, sarà strutturalmente rispondente ad uno schema statico di semplice appoggio da un lato e vincolo di cerniera dall’altro. L’appoggio sarà realizzato in maniera tale da garantire una notevole escursione delle due travi portanti, in modo cioè da far fronte sia ad eventuali movimenti delle spalle, sia a eventi sismici. Le travi saranno di acciaio, collegate con traversoni ed elementi obliqui in acciaio,lo impalcato sarà realizzato in cemento armato, così come è illustrato dagli elaborati grafici. a 6) INTERVENTI IN CONTRADA SETA La strada comunale della Seta corre in questo tratto sul crinale che fa da displuvio tra i sottobacini del torrente Gaglione e del torrente Torbido. Già di per sé le formazioni geologiche riconducibili ai Flysch ed alle Crete Nere, compresse tra due corsi d’acqua i cui alvei sono a poche centinaia di metri di distanza, sono esposte a notevoli assestamenti, e dunque l’entità degli interventi di sistemazione dovrebbe poter trovare notevoli coperture finanziarie oggi non disponibili. 146 La parte presa in esame risulta tra le più dissestate stante ai segni evidenti percettibili sul territorio. Una fontanella pubblica, originariamente posizionata sul bordo della strada oggi è completamente sprofondata nel terreno, alcune abitazioni costruite in aree limitrofe alla strada manifestano distacchi notevoli delle murature. La esistenza di una altra stradina interpoderale il cui tracciato parte ortogonalmente alla strada comunale e scende verso il torrente Torbido ben si presta per poter impostare una trincea drenante come quelle già descritte. Tale opera va integrata dalla costruzione di alcuni rami trasversali di drenaggio in modo da creare aree di influenza positive sulla stabilità della sede stradale e delle abitazioni al contorno. B) ILLUSTRAZIONE DELLE SCELTE PROGETTUALI Le condizioni di stabilità di un pendio naturale o artificiale sono regolate dal rapporto tra la resistenza al taglio disponibile sulla superficie di scorrimento e le tensioni tangenziali agenti su di essa. Gli interventi di stabilizzazione dei pendii producono un miglioramento delle condizioni di stabilità incrementando la resistenza al taglio e/o riducendo gli sforzi tangenziali agenti sulle superfici di scorrimento. Una riduzione delle pressioni interstiziali produce un aumento delle tensioni normali efficace e conseguentemente un incremento della resistenza al taglio; la stabilizzazione di un pendio in frana può quindi essere raggiunta riducendo le pressioni interstiziali u con la realizzazione di un sistema di drenaggio. Un sistema di drenaggio è costituito da un insieme di fori, pozzi, trincee o gallerie; in questi elementi, vuoti o riempiti di materiale di elevata permeabilità, è possibile il controllo della pressione dei fluidi interstiziali e l’allontanamento dell’acqua drenata dal terreno. I drenaggi sono detti a gravità se gli elementi drenanti sono a contatto con l’atmosfera; in questo caso la pressione dei fluidi interstiziali p agente sui contorni drenanti è pari alla pressione atmosferica p atm. ( u = 0 ). La realizzazione di un sistema di drenaggio a gravità produce l’annullamento delle pressioni interstiziali sul nuovo contorno costituito dall’interfaccia tra il sistema e il terreno. A seguito di questo annullamento, la distribuzione delle pressioni interstiziali nel terreno non risulta più equilibrata e si innesca un moto di filtrazione a superficie libera in regime vario ( 147 processo di drenaggio ) che ha termine quando si raggiungono le condizioni stazionarie che rispettano le nuove condizioni al contorno. Un intervento di drenaggio deve, ovviamente, produrre la desiderata riduzione delle pressioni interstiziali in tempi accettabili. E’ sufficiente modificare le condizioni di flusso in modo che le pressioni interstiziali si riducono e quindi l’efficacia di un sistema drenante non è legata alla quantità di acqua allontanata, ma alle variazioni del regime delle pressioni interstiziali che il sistema è in grado di produrre. TRINCEE DRENANTI Le trincee drenanti sono utilizzate per stabilizzare frane superficiali di carattere prevalentemente traslazionale; per esse infatti è spesso impossibile procedere ad una riprofilatura del pendio e l’impiego di un ricarico al piede non è conveniente. In genere, questo tipo di frane si manifesta in terreni a grana fina fortemente alterati e caratterizzati da una permeabilità più elevata di quella del terreno stabile sottostante. Le trincee esplicano la loro funzione drenante attraverso il materiale di riempimento costituito da terreno a grana grossa o pietrame di opportuna pezzatura. La forte differenza di permeabilità tra terreno in posto e quello di riempimento e la facilità con la quale l’acqua drenata viene allontanata per gravità, fa sì che la pressione interna sia pari a quella atmosferica ( u = 0 ). Le trincee devono essere costruite longitudinalmente, secondo la direzione monte – valle e non trasversalmente, in quanto tale disposizione comporta l’effetto di contrafforte in senso longitudinale al pendio. Le trincee devono inoltre essere costruite a partire dal punto più basso dell’area da stabilizzare; in questo modo è possibile allontanare l’acqua drenata senza ulteriori interventi sul pendio e la funzione drenante si esplica sin dall’inizio, durante la fase di costruzione. Le trincee drenanti progettate avranno la funzione di allontanare le acque che causano le frane tralazionali e di elevare i coefficienti di attrito tra le porzioni di terreno da esse interessate. In sostanza ci si attende la doppia funzione di abbattimento delle pressioni interstiziali e di contrafforti costruiti in costola ai pendii. EQUAZIONI DI GOVERNO DELLA FILTRAZIONE INDOTTA DAL SISTEMA DI DRENAGGIO. 148 Se si suppone che nel processo di consolidazione, indotto dall’esecuzione di un sistema di trincee drenanti, non avvengano apprezzabili variazioni delle tensioni totali, il problema può essere affrontato in modo disaccoppiato ( soluzione separata del problema dell’equilibrio e del problema idraulico) risolvendo l’equazione della consolidazione del Terzaghi Rendulic. In termini di quota piezometrica h = ζ + u / γ w ( dove ζ rappresenta l’altezza geometrica rispetto ad un arbitrario piano di riferimento ), per un mezzo omogeneo si ha: -------------- + -------------- + -------------- = ------------------------------- dove E’ e ν’ rappresentano le costanti elastiche del mezzo. Nell’integrazione spaziale dell’equazione si deve tener conto delle nuove condizioni al contorno imposte dal sistema di drenaggio; infatti, sulle superfici di contatto tra il sistema e il terreno si ha una pressione interstiziale nulla e la quota piezometrica h coincide con l’altezza geometrica = ζ . Le condizioni iniziali, necessarie per l’integrazione temporale dell’equazione, sono invece rappresentate dalla distribuzione preesistente delle quote piezometriche. Al termine della fase transitoria, le condizioni stazionarie del processo di drenaggio soddisfano l’equazione: -------------- + -------------- + -------------- = 0 Per quanto riguarda la condizione al contorno da imporre sul piano campagna, le considerazioni svolte nel precedente paragrafo permettono di identificare tre possibilità: a) Lama d’acqua – Sul piano campagna si assume una pressione interstiziale nulla ( h = ζ ). 149 Questa condizione, prescindendo dalla natura del terreno, può essere assunta quando sul piano campagna è ipotizzabile la presenza di un apporto medio di acqua caratterizzato q per unità di area superiore alla permeabilità verticale Kv del terreno. b) Superficie impermeabile – Sul piano campagna si assume che il flusso normale sia nullo: ( = 0 ). Questa condizione può essere assunta quando il terreno interessato dal sistema di drenaggio è a grana fina e se il piano di campagna è sufficientemente protetto dall’evaporazione. c) Superficie libera – Il dominio nel quale avviene il processo di consolidazione è limitato superiormente da una superficie a pressione interstiziale nulla, la cui posizione varia nel tempo e non è nota a priori. Questa è la condizione che approssima nel modo migliore la realtà; pur tuttavia in questo caso la soluzione risulta dipendente da fattori di incerta valutazione che determinano la velocità di spostamento della superficie libera: porosità efficace, entità degli apporti superficiali e loro variazione temporale. Alcuni autori ( Burghignoli e Desideri, 1986 e 1987, Di Maio e Viggiani, 1987) studiando le variazioni temporali dell’efficienza idraulica di trincee trincee drenanti e dreni tubolari, hanno mostrato che le soluzioni ottenute con le condizioni a) e b) rappresentano rispettivamente il limite inferiore e il limite superiore di quelle ottenibili con la condizione c). E’ stato inoltre osservato che nella fase iniziale del processo di drenaggio, l’evoluzione dell’efficienza è praticamente indipendente dalla condizione al contorno assunta sul piano campagna. Le soluzioni ottenute per le diverse condizioni sono infatti praticamente coincidenti fino al raggiungimento del valore dell’efficienza che caratterizza le condizioni stazionarie del caso (a),, condizione (3) nella figura riportata alla pagina successiva. Da queste ultime considerazioni emerge l’opportunità di progettare i sistemi di drenaggio nell’ipotesi cautelativa di apporto continuo con formazione di lama d’acqua in superficie. Le analisi così condotte possono infatti essere utilizzate per ottenere i valori dell’efficienza idraulica che sono sicuramente raggiunti, indipendentemente dai valori della porosità efficace e della intensità e durata delle piogge. Salvo diversa indicazione, nella presentazione dei risultati delle analisi si farà pertanto riferimento alle condizioni di lama d’acqua in superficie. 150 L’introduzione di alcune ipotesi semplificative ha permesso di analizzare il processo di drenaggio in condizioni di flusso e deformazioni bidimensionali. Pertanto, le equazioni di governo della fase transitoria e della successiva fase stazionaria utilizzate sono, rispettivamente: Kx ------------ + Kz ------------ = ------------------------------------ ---------- Kx ----------- + Kz ------------ = 0 Le soluzioni numeriche sono state ottenute con il codice di calcolo FLAC; per la fase transitoria si è utilizzata l’analogia con il processo di diffusione del calore risolvendo il problema termico equivalente. C) RINATURAZIONE DEI PENDII E MITIGAZIONE DELL’IMPATTO AMBIENTALE Tutta la impostazione progettuale è improntata alla riqualificazione ambientale dei siti. Dalla diffusione dei sistemi drenanti sui siti individuati ci si attende oltre alla stabilizzazione dei pendii ed all’incremento dei coefficienti di attrito tra porzioni di suolo intermedie, la restituzione dei terreni alle possibili coltivazioni. Si ponga infatti attenzione alla documentazione fotografica che riguarda i ristagni d’acqua in contrada Capraro, si nota con chiarezza che la vegetazione composta anche da alberi di alto fusto ha subito danni irreparabili. Ma oltre agli interventi “strutturali” sul suolo il progetto prevede somme cospicue per la seminagione di essenze autoctone sui pendii denudati dall’erosione. Prevede altresì la messa a dimora di piantine di ginestra “ Spartum Junceum” sui pendii circostanti agli interventi poiché si osserva che tale essenza ha buona diffusione sulle zone di interesse e offre garanzie di attecchimento. Il Progetto prevede anche una ulteriore somma a disposizione, per lavori in economia, destinata alla messa a dimora di piante di alto fusto del tipo cerri in quanto sono compatibili con i terreni da trattare e garantiscono una buona diffusione dell’apparato radicale. RELAZIONE GEOTECNICA 1 PREMESSE La Giunta Regionale di Basilicata, con delibera n°2574 in data 29/10/1999, ha approvato un piano-programma riguardante gli interventi di allontanamento del rischio idraulico e 151 del pericolo idrogeologico e con successiva deliberazione n°2994 in data 30/11/1999 ha proposto alla approvazione del Consiglio Regionale l’attuazione di una serie di interventi tra cui la sistemazione idraulica e di drenaggio nel ventaglio di formazione del torrente Gaglione e delle contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta, in esso ricompreso, e facenti parte del territorio del comune di Lauria. Infatti il torrente Gaglione lambisce da Nord a Sud l’abitato di Lauria, attraversando terreni notoriamente instabili sia per la loro natura geologica, sia per la esposizione a piovosità notevole, sia per la loro conformazione orografica che induce nel corso d’acqua elevate pendenze esaltandone la funzione erosiva. La contiguità creatasi negli ultimi venti anni tra le sponde del torrente Gaglione e quartieri abitati, anche grazie allo sviluppo economico ed edilizio del centro, espone ormai infrastrutture e beni edilizi a rischi idrogeologici notevoli sia sul piano della sicurezza per le persone, sia sul piano economico in termini di perdita di valore sociale. La presente Relazione Geotecnica trae le informazioni sulla geologia dei siti dai numerosi studi effettuati sul territorio di Lauria, in archivio dell’Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo ( già Genio Civile di Potenza ), ed in particolare, tra i più recenti, dalle Relazioni del Prof. Melidoro del 1978 e del Prof. Cotecchia del1990. Tali studi furono supportati da esecuzione di sondaggi geognostici e dalla redazione di sezioni geologiche, tracciate anche nelle aree di intervento. 2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA L’area interessata dagli interventi si estende nella parte meridionale della Regione Basilicata ed appartiene, dal punto di vista idrografico, al bacino interregionale del fiume Noce. Il torrente Gaglione, confluendo nel torrente Carrosio a valle di Lauria, è un affluente del secondo ordine del fiume Noce proveniente dalla sinistra idraulica. Il ventaglio di formazione si estende alle pendici occidentali del massiccio del monte Sirino e comprende le contrade Capraro, San Giuseppe, San Paolo e Seta. Le contrade citate sono diffusamente abitate e sono servite da tre importanti strade comunali: la strada della Seta, la strada San Pietro Catania e la strada del Capraro, nonché attraversate dalla Strada Statale n°19. Su tali infrastrutture sono spesso evidenti i segni del dissesto diffuso, basti pensare alle interruzioni sulla strada della Seta a valle del quartiere San Paolo, sulla contrada Canneto, ai cedimenti visibili sulla strada del Capraro e sulla strada San Pietro Catania. 152 Anche la strada Statale n°19 non è affatto esente dal subire gli effetti del dissesto infatti l’ENAS, Ente gestore, ha svolto periodicamente numerosi interventi manutentivi e strutturali. Si esaminerà successivamente nel dettaglio la azione destabilizzante di alcuni laghetti o affioramenti di acqua rinvenuti, in fase di impostazione del progetto e di sopralluogo, nelle contrade Sa Giuseppe e Capraro. 3 LINEAMENTI GEOLOGICI GENERALI Nel territorio del comune di Lauria affiorano rocce della serie carbonatiche, terreni in facies di flysch e coperture detritiche costituite da detriti di falda, da detriti alluvionali e da accumuli di frana o da riempimenti e/o rilevati artificiali. Le successioni carbonatiche sono costituite da calcari del Paleocene e da unità calcareodolomitica. Gli affioramenti maggiormente diffusi sono riconducibili al Flysch denominato Formazione delle Crete Nere. Molte fonti ( Vezzani 1968, Melidoro 1977 ) indicano un graduale passaggio del Flysch Nero con andamento stratigrafico verso il basso alla formazione del Frido e verso l’alto alla formazione del Saraceno. Come età, tale formazione viene attribuita, dagli stessi autori, al Cetaceo inferiore. Nella zona di Lauria le Crete Nere o Flysch Nero, sono prevalentemente costituiti da argilliti e da marne, di colore nerastro, grigio-plumbeo e talora verdastro, suddivisibili a scagliette od a placchette, talora fogliettate, alle quali sono intercalate in fitta alternanza, piuttosto raramente prevalenti sulle argilliti, calcari, calcari marnosi, calcari siliciferi e calcareniti, nerastri o grigionerastri, e qualche raro livello di brecciole calcaree e di arenarie calcareo-quarzoso-micacee. Il Flysch Nero appare essere interessato da intense sollecitazioni tettoniche e si presenta quasi ovunque intensamente contorto e spiegazzato. In superficie è perlopiù caotico, alterato, dislocato e rimestato in movimenti franosi, anche se in qualche taglio naturale o artificiale eseguito di recente appaiono pacchi di strati non scompaginati. La spiccata attitudine al franamento del Flysch Nero dà luogo a pendii con inclinazioni molto deboli e ad un passaggio con forme molto blande, nel quale fanno spicco le poche zone relativamente più resistenti, costituiti da pacchi di strati con livelli lapidei prevalenti. 153 Per quanto attiene alla tettonica, il Flysch Nero si è sovrapposto sotto forma di coltre tettonica alla serie carbonatica, successivamente è stato sbloccato insieme allo stesso substrato carbonatico da faglie e si è venuta a determinare la situazione geostrutturale attuale. Inoltre a Lauria Superiore si osservano due grandi masse di calcari dislocate: Il rilievo sul quale sorge il Castello Ruggiero e lo sperone del rione Muraccione compreso tra il torrente Caffaro ed il collettore Fistola o Prazza. La massa calcarea del Castello è scivolata dal massiccio retrostante, con un antico movimento tipo frana da nord verso sud. La roccia è molto fessurata e tende a scompaginarsi. Lo sperone calcareo del rione Muraccione, inizialmente appartenente pure al massiccio retrostante, si è da questo distaccato per movimento tettonico sovrapponendosi in parte al Flysch. Lungo il contatto della massa distaccata con il substrato si è impostato il torrente Caffaro. Per comprendere meglio la natura e la disposizione dei terreni solcati dal torrente Gaglione appare importante l’analisi effettuata dai Professori Guerricchio e Melidoro sulla esistenza di uno sbarramento di origine tettonica ubicabile a Sud-Est dell’abitato di Trecchina, nella profonda incisione dei massicci carbonatici. Dopo la rottura e l’erosione di tale sbarramento, nel bacino da esso sotteso ha avuto inizio il rapido approfondimento del reticolo idrografico, il cui livello di base, come è noto, è legato a sua volta alle variazioni delle linee di costa tardo-pleistoceniche ed oleoceniche: con esso si sono scatenati i numerosi ed imponenti movimenti franosi, tutt’ora perduranti all’intorno degli affluenti del fiume Noce. I terreni sono del tipo flyschoide rappresentati in prevalenza dalla formazione delle Crete Nere e dal Flysch Galestrino, a comportamento plastico e di scadente resistenza meccanica. Inoltre, potenti masse carbonatiche e silico-carbonatiche, già dislocate da fenomeni tettonici, sono continuate a scivolare sui terreni flyscioidi ed a smembrarsi per fenomeni gravitativi di tipo franoso. Sulla franosità del bacino del fiume Noce abbastanza eloquente è l’osservazione del’ ingegnere Bruno del Genio Civile alla fine del secolo scorso: “In questo bacino, tranne singolari eccezioni, può dirsi che tutto si muove, tale è il numero delle frane e dei terreni in movimento”. 6.1 TERREMOTO DEL POLLINO La mattina del 9 settembre 1998 ha avuto inizio in Basilicata, nell’area del Pollino, una 154 marcata attività sismica che si è andata poi rapidamente esaurendo nel corso dello stesso mese, ad eccezione di qualche debole after-shock che ha tenuto in ansia la popolazione nei mesi successivi. In particolare l’attività ha avuto inizio alle ore 08.20 con un evento di magnitudo (Md) = 3.7, corrispondente al V grado della scala Mercalli. Qualche ora dopo, alle 13.28 locali, si verificava l’evento più forte (main-schock) con una Md = 4.8 ( Magitudo Locale = 5.5) corrispondente all’VIII grado della scala Mercalli. Il Comune di Lauria è risultato vicino all’epicentro, molti danni sono stati subiti dal patrimonio edilizio esistente e dalle chiese tant’è che l’amministrazione comunale ha emesso, alla data del 28/09/1998 n°216 Ordinanze di sgombero interessanti 142 nuclei familiari per circa 340 persone evacuate, così come la Chiesa Madre del rione Inferiore intitolata a San Giacomo Apostolo, danneggiata alla cupola ed alle navate, è stata temporaneamente chiusa al culto. 4 CARATTERSTICHE DEI TERRENI DELLE AREE DI INTERVENTO. Le arre di intervento sono: f) Contrada Canneto e San Pietro Catania Si tratta delle due sponde del torrente Gglione, in tale tratto arginato con muri in gabbioni, che evidenziano vistosi fenomeni di frana ben individuabili anche al semplice osservatore in quanto denudate di vegetazione. Durante la fase dei rilievi topografici si è potuto constatare la presenza di acque in quanto il Flysch Nero costitutivo dei pendii era plastico e molle. Inoltre la sponda destra ha tracimato le arginature ostruendo metà della sezione di deflusso. Appare necessario ripristinare la sezione di deflusso e prevedere delle opere drenanti a media profondità che eliminino la circolazione caotica delle acque. Gli interventi vanno integrati con ricostruzione della vegetazione autocnona, idrosemina ecc. g) Corso del torrente Gaglione a monte del ponte Bailey In tale tratto del corso appare necessario eseguire delle opere trasversali di stabilizzazione. Il ponte appare deteriorato nella sovrastruttura lignea dell’unica carreggiata, mentre le spalle appaiono non aver subito movimenti. 155 h) Contrada Seta Lungo la strada comunale sono evidenti fenomeni di dissesto, sintomatico un punto in cui un fontanino pubblico è sprofondato di circa 1.5 m. Il problema è sempre riconducibile alla circolazione delle acque e sono consigliabili opere drenanti. i) Contrade Capraro e San Giuseppe Nella parte alta di queste contrade sono stati rinvenuti ristagni d’acqua formanti piccoli laghetti e subito a valle dei ristagni sono riscontrabili denti di frana. Si può osservare un movimento lento ma continuo della coltre flyscoide verso l’alveo del torrente Gaglione che non risparmia la strada e mobilita anche alcuni speroni di roccia calcarea affioranti sui pendii. Anche in questa situazione è necessario ristabilire un riordino della circolazione delle acque mediante reticoli drenanti. j) Rupe al piede del quartiere San Paolo Sul pendio al piede della zona abitata San Paolo si è verificata una frana nell’autunno successivo all’evento sismico del 9/09/1998. Si tratta di uno scoscendimento con colata di materiale che ha tracimato un piccolo muro di sostegno ed ha invaso la strada comunale della Seta. La frana è stata alleggerita in un primo tempo mediante rimozione della colata ma, essendosi ripetuta il Comune di Lauria, con fondi ex L.R. 51/78 ha recentemente realizzato un drenaggio e opere di convogliamento delle acque. Le Amministrazioni Regionale e Comunale concordano nel ritenere l’intervento non ancora esaustivo e dunque, considerata la presenza delle aree abitate a monte, appare opportuno trattare il pendio con altri dreni e con opere di ricostruzione delle pendenze di sicurezza. L’ambiente geologico in cui le aree indicate si trovano è caratterizzato dalla formazione delle Crete Nere o Flysch Nero, con forte presenza di acque a profondità media e/o superficiale. 156 I parametri geotecnici da usare nel dimensionamento delle opere sono i seguenti: Argilliti non alterate Peso specifico in grani Argilliti alterate 2.8 Peso di volume 22,6 kN/mc 20,6 kN/mc Peso di volume del secco 20 kN/mc 17,65/mc Contenuto naturale d’acqua 12% 25% Limite di liquidità 37% 44% Indice di plasticità 18% 25% Grado di saturazione 0,87 0,95 Frazione argillosa ( 0.002 ) 27% 35% Attività colloidale 0,66 0,71 Cr = 0 Prove a taglio diretto con “reversale” s = 245 kN/mq Tr = 16° 157 Resistenza residua drenata - Legge 183/89 - Lavori di Sistemazione idraulica e riequilibrio ambientale nel tratto lucano del fiume Ofanto a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta. 1 PREMESSA Il presente progetto di sistemazione idraulica e rinaturazione del tratto lucano del fiume Ofanto, a valle di San Nicola di Melfi, in contrada Isca della Ricotta, è stato previsto in un programma regionale di difesa del suolo, riguardante gli interventi di cui alla legge 18 maggio 1989, n.183, approvato con D.G.R. n. 389 in data 28 febbraio 2000. L’intervento è stato successivamente finanziato con D.M. n. 10376 del 24 ottobre 2000 e riguarda in particolare la sponda destra del fiume in contrada Isca della Ricotta nel Comune di Melfi. La individuazione dell’area di intervento fu quantomai opportuna in quanto durante le recenti eccezionali avversità atmosferiche dei mesi gennaio e febbraio 2003 si sono verificate piene eccezionali con esondazioni delle acque in aree limitrofe alle sponde. Per tali circostanze, l’Amministrazione comunale di Melfi, con nota n.3319 in data 10 febbraio 2003, ha segnalato al Presidente della Giunta Regionale gli effetti devastanti delle piene del periodo ed ha chiesto all’Ufficio scrivente ed all’Ufficio Protezione Civile la predisposizione di interventi atti a fronteggiare gli eventi calamitosi. In tale nota si evidenzia anche la presenza in alveo di isolotti vegetati che limitano eccessivamente la capacità di deflusso e si evidenziano i riflessi negativi delle inondazioni sulla economia delle aziende agricole esistenti lungo il tratto lucano del fiume Ofanto. Dai sopralluoghi effettuati in contrada Isca della Ricotta, luogo delle esondazioni, sono emerse con chiarezza le problematiche da affrontare nello sviluppo del presente progetto esecutivo, riconducibili sinteticamente nella necessità di costruire una arginatura in destra idraulica e nel ripristinare sezioni di deflusso compatibili con le portate di piena, essendo l’alveo intasato da vegetazione e da accumuli di trasporto solido. 2 INDIVIDUAZIONE DELL’ AREA L’area oggetto di studio e degli interventi è situata a Nord – Est del centro urbano del Comune di Melfi, a valle dell’insediamento industriale di San Nicola, naturalmente lungo il corso del fiume Ofanto. Lungo la sponda destra del fiume, dopo una esigua fascia costituita da terreni ad uso agricolo, corre la strada statale n.401 “Ofantina”. 158 Il fiume, in tale area denominata Isca della Ricotta, delimita il territorio lucano da quello campano sito in sinistra idraulica e mentre la sponda sinistra è abbastanza alta e protetta da filari di alberi, la sponda destra risulta quasi a raso e non riesce a contenere le acque di piena. In sostanza il fiume, sul versante lucano, risulta essere quasi pensile e dunque espone i terreni riparali a facili inondazioni. Tale caratteristica si è accentuata anche per effetto della formazione di accumuli di materiale solido al centro dell’alveo e dallo sviluppo di vegetazione all’interno delle sezioni fluviali. La presenza di terreni coltivati e della infrastruttura stradale rende opportuno un intervento di arginatura del fiume ed il ripristino della officiosità delle sezioni idrauliche. E’ stata effettuata una perimetrazione del bacino sulla base delle carte I.G.M. in scala 1:100.000 S.Angelo dei Lombardi, Cerigola, Melfi. Le sezioni di intervento sottendono una estensione del bacino pari a circa 1.340 Kmq, la lunghezza del corso d’acqua dalle sorgenti alle aree di intervento è di circa 80 km, la piovosità è stata valutata dalla consultazione dei tabulati della stazione idrometrica di Melfi pubblicati dall’Istituto Idrografico delle Stato con osservazioni registrate dal 1932 al 1996. 3 CARATTERRISTICHE DEL BACINO IDROGRAFICO Il bacino idrografico del fiume Ofanto si estende per oltre 2.700 Km², interessa tre regioni: Campania, Basilicata e Puglia; quattro provincie Avellino, Potenza, Foggia e Bari. Il fiume Ofanto, presenta una lunghezza pari a 170 km, così come si evince dalla delibera di Giunta della Regione Puglia n° 6151, del 26/10/1990 istitutiva del bacino interregionale del fiume Ofanto dove sono anche approvati gli schemi previsionali e programmatici. Il fiume in esame nasce presso Nusco in Irpinia e dopo 165 Km si versa nell’Adriatico a Nord di Barletta. Come tutti i corsi d’acqua che attraversano il Tavoliere delle Puglie l’Ofanto ha un andamento subparallelo con direzione da Sud-Ovest a Nord-Est ed presentano un tracciato irregolare: in particolare, nella media e nella bassa esso valle l’Ofanto, assume, per alcuni tratti, un andamento a meandri. Dal punto di vista geografico il bacino dell’Ofanto si sviluppa in massima parte nel complesso e tormentato ambiente geologico, morfologico e morfostrutturale dell’Appennino lucano, in quanto la valle dell'Ofanto segna grosso modo il confine tra le due unità morfologico strutturali dell'altopiano della Murgia e del bassopiano del Tavoliere di Foggia. La lunghezza dell’asta principale è di circa 170 Km, l’afflusso medio annua è di circa 720 mm; la emperatura media annua è di poco superiore a 14 °C. 159 I corsi d'acqua del fiume Ofanto si sviluppano in un ambiente geologico e morfostrutturale chiaramente appenninico, Il fiume Ofanto dopo un lungo e tortuoso peregrinare, tra le province di Avellino, Potenza, Foggia e Bari, dopo aver raccolto le acque da un bacino di circa 2.800 Km² e attraversato il territorio di tre regioni, sfocia in Puglia, in prossimità del golfo di Manfredonia tra i centri di Barletta e di Margherita di Savoia. Il suo ampio bacino interessa una popolazione di circa 400.000 abitanti. Il fiume Ofanto ha un bacino che interessa il territorio di tre regioni, Campania, Basilicata e Puglia ed ha forma pressocché trepezoidale, superficie di 2790 Kmq L’area del bacino in esame si colloca nella porzione settentrionale del territorio pugliese, in cui rientrano i bacini idrografici dei corsi d’acqua aventi lo sbocco nel mare Adriatico. Mentre nel resto del territorio pugliese il reticolo idrografico superficiale è scarsamente sviluppato, a causa della natura fondamentalmente calcarea dei terreni, nella zona in cui scorre l’Ofanto ossia quella pedegarganica e del Tavoliere, a causa della minore permeabilità, si sono formati diversi corsi d’acqua, che sono caratterizzati da regime torrentizio. Essi hanno origine nella parte nord-occidentale della regione ai confini con il Molise, la Campania e la Basilicata, e sviluppano il loro corso prevalentemente nel Tavoliere. La prevalente appartenenza dei bacini suddetti all’unica area idrogeologica del Tavoliere non impedisce tuttavia una netta differenziazione delle loro configurazioni idrografiche: mentre il bacino dell’Ofanto si sviluppa in massima parte nel complesso e tormentato ambiente geologico e morfologico dell’Appennino lucano degli altri bacini solo le parti più montane, e per brevi tratti, sono incise nelle unità del bordo orientale esterno alla catena appenninica. La valle dell'Ofanto segna grosso modo il confine tra le due unità morfologicostrutturali dell'altopiano della Murgia e del bassopiano del Tavoliere di Foggia. Il bacino idrografico del fiume Ofanto risulta poco esteso, ma molto ampio e si sviluppa all’interno di tre Regioni, la Campania che ospita la sorgente con una superficie complessiva pari al 20 % del territorio, segue la Regione Basilicata con il maggiore sviluppo del bacino pari al 45 % ed infine la Regione Puglia che ospita la foce con circa il 35 % del territorio. L’area del bacino idrografico del fiume Ofanto che raccoglie le acque di precipitazione meteorica topograficamente compresa nei fogli 186 S. Angelo dei lombardi, dove è presente la sorgente, 174 Ariano Irpino, 175 Cerignola, 187 Melfi, 188 Gravina in Puglia, 176 Barletta, e 165 Trinitapoli, dove è presente la foce, della Carta Topografica d'Italia, in scala 1:100.000. 160 Il fiume Ofanto, è ricordato da poeti latini, quali Livio, Orazio e Virgilio, con l’antico nome di Aufidus flumen; è ricordato da poeti medioevali, con vari nomi tra i quali ricorrono i termini di Offidi, Aufidi, Aufentum ed infine con il termine più noto, Ofanto. Il fiume Ofanto, nasce dalle falde delle colline di Nusco, nei pressi di Torella dei Lombardi, in Campania, dirigendosi verso nord - est lungo il margine settentrionale dell'altipiano delle Murge pugliesi. Questa non è l’unica sorgente poiché il fiume Il bacino del fiume Ofanto non presenta una sola sorgente con elevata portata ma bensì è alimentato da un nutrito gruppo con portate superiore a 1,0 l/s e da un gruppo considerevole di altre, con portate minori sparse all'interno del bacino idrogeologico. La sorgente di riferimento, come gia prima accennato, da cui nasce il fiume Ofanto è posta in prossimità dell'abitato di Torella dei Lombardi, in località "Fontana che bolle", ( Coordinate 40°55’12” lat. Nord, 2°41’32” long. E, quota s.l.m.: 650 m) in destra della S.S.7 al Km.349.1. Le altre principali sorgenti che alimentano il corso d’acqua sono l’Incoronata (Coordinate: 40° 55' 12” lat. N 02° 41' 32” long.E, quota s.l.m.: 700 m), ubicata Km 360,2 della S. S. per S. Angelo dei Lombardi e Lago Saetta (Coordinate: 40° 49' 38" lat.N, 02° 54'30” long. E, quota s.l.m.820m.) ubicata al Km 398,0 della S.S. 7. Tra gli affluenti degni di qualche rilievo si possono citare per il versante sinistro il Torrente Isca, il Torrente Sarda, il Torrente Orata, il Torrente Osento, che scorrono nella Campania; la Marana di Capaciotti che scorre in territorio pugliese e per il versante destro il Torrente Guana, il Torrente Ficocchia, la Fiumara di Atella, la Fiumara di Venosa, il Torrente Olivento (Rendina) che scorrono nel territorio della Regione Basilicata e il Torrente Locone che scorre nel territorio della Puglia. Gli affluenti, pur essendo di scarsa consistenza, come portata, rivestono comunque un ruolo determinante, essi infatti assicurano il mantenimento di un delicato equilibrio idrografico e idrogeologico all’interno del fiume, attraverso il costante apporto solido e liquido, in grado di assicurare per l'intero anno la presenza di acqua nell'alveo, grazie al loro assetto stagionale con carattere torrentizio, cosa molto importante per la vita del fiume. Lo spartiacque che delimita il bacino idrografico del fiume Ofanto è delimitato a nord - ovest, lungo la dorsale dei Monti Carpinelli a quota 505 metri, sale poi per il Monte Forcuso a quota 899 m, piega ad ovest, prosegue verso sud e tocca il Monte Prusco posto a quota 1.453 m, successivamente passa in corrispondenza del Monte Caruso a 1.236 m e della Sierra Carriera a 1.041, presso i centri di Nusco e Avigliano; verso sud-est il bacino prosegue con la Murgia di Lamacupa a quota 595 m in prossimità di Minervino Murge e del monte Grosso a quota 403 m, 161 scende verso Canosa di Puglia, infine il bacino tende a chiudersi nel mare Adriatico in prossimità di Barletta, dove sfocia. 4 CARATTERISTICHE IDROLOGICHE DEL BACINO Le precipitazioni medie annue ricadenti all'interno di tutto il bacino risultano di notevole entità se confrontate alle medie ricadenti in tutta la Regione Puglia. Infatti, all'interno del bacino è stata registrata una piovosità media di 782,8 mm considerando una serie pluviometrica che si riferisce ad un periodo compreso tra il 1921 ed il 1973 con un massimo di 1.102 mm (anno 1929) ed un minimo di 523 mm (anno 1932). Notevole interesse risulta poi il confronto tra le precipitazioni ricadenti nell'intero bacino idrografico della Puglia e con le precipitazioni ricadenti nella zona della Capitanata, posta a nord del bacino del fiume Ofanto, le quali evidenziano come le precipitazioni dell'alto e medio bacino risultano essere, mediamente, doppie di quelle esistenti su tutto il territorio pugliese. In generale si può concludere che l'andamento idrografico è caratterizzato in prevalenza dall'affioramento di rocce impermeabili sottoposto, per le abbondanti piogge, ad una marcata azione di dilavamento superficiale e che il suo reticolo idrografico è ancora poco sviluppato e quindi, a condizione che il futuro clima non si evolva in senso arido, esso è soggetto ad ampliarsi. 162 BACINO IDROGRAFICO DEL FIUME OFANTO ampiezza del bacino = 2.764 Km² lunghezza del fiume = 170 Km quota sorgente s.l.m. = 715 m tipo di foce = originariamente a delta, in rapido arretramento verso un estuario pendenza media del fiume = 0,533 % Regioni interessate = CAMPANIA, BASILICATA, PUGLIA Province interessate = AVELLINO, BARI, FOGGIA, POTENZA Comune ove è ubicata la sorgente : TORELLA DEI LOMBARDI (AVELLINO) Centro abitato più vicino alla foce : BARLETTA (BA) affluenti più importanti : in destra = Torrente FICOCCHIA, Fiumara di ATELLA, Torrente OLIVENTO, Torrente LOCONE in sinistra = Torrente ISCA, Torrente SARDA, Torrente ORATA, Torrente OSENTO, Marana CAPACIOTTI. 4.CARATTERI GEOLITOLOGICI DEL BACINO 163 Il bacino dell’Ofanto presenta una forma grossolanamente definita di tipo fusoide ed uno sviluppo maggiore sul versante destro del suo bacino, in territorio campano, a causa di una maggiore erodibilità del territorio attraversato, costituito in gran prevalenza da depositi sedimentari sciolti, in corrispondenza della parte protesa verso sud. Dal punto di vista morfologico-orografico nell’area considerata si riconoscono differenti configurazioni. Infatti alle configurazioni morfologiche blande o addirittura subpianeggianti si accompagnano i rilievi collinari della fascia pedeappenninica e della Murgia e quelli più spiccatamente montuosi del Gargano e del settore orientale dell’Appennino propriamente detto. I litotipi appartenenti alle unità formazionali costituenti l’impalcatura della Catena Sudappenninica occupano in affioramento la gran parte al bacino imbrifero del F. Ofanto, compreso fra l’abitato di Candela a sud e la testata del corso d’acqua a nord, in prossimità dell’abitato di Nusco dove, tramite una dorsale morfologica sviluppata in direzione antiappenninica, lo stesso bacino del F. Ofanto resta disgiunto da quello del F.Calore. Una propaggine di tale settore di Catena si allunga poi in direzione NO-SE, in corrispodenza con il Subappennino Dauno. Da un punto di vista esclusivamente litologico, la media valle del F. Ofanto, compresa fra l’abitato di Candela e la stazione ferroviaria di Aquilonia è caratterizzata dalla presenza in affioramento di terreni appartenenti in prevalenza all’Unità delle Argille Varicolori. Più precisamente tali terreni affiorano estesamente in un’area limitata a nord dalla faglia di importanza regionale che si sviluppa lungo il T. Calaggio, a sud dalla congiungente l’abitato di Morra De Santis con il M. Cervaro, a NO dalla congiungente T. Calaggio-S. Angelo de’ Lombardi e, infine, a SE dal medio e basso versante destro del F. Ofanto. I litotipi più diffusi sono rappresentati da argille argille marnose policrome con intercalazioni di calcari marnosi, calcareniti, brecciole calcaree ed arenarie fortemente ricristallizzate. Al di sopra dell’Unità delle Argille Varicolori, sempre nel settore in parola, si rinvengono lembi più o meno estesi e disarticolati di altre formazioni a carattere tipicamente flyscioide (prevalentemente Flysch Numidico) o di depositi marini pliocenici. La rimanente porzione valliva del F. Ofanto e buona parte della valle della Fiumara di Atella, suo affluente di destra, sono caratterizzate dalla presenza in affioramento di terreni clastici del ciclo Pliocene inferiore-medio, ripiegatia sinclinale, costituiti da sabbie, argille e conglomerati, poggianti su un substrato di rocce flyscioidi appartenenti a varie unità tettoniche. La continuità in affioramento dei terreni flyscioidi della Catena Sudappenninica è poi interrotta dall’apparato vulcanico del M. Vulture i cui prodotti sono per la gran parte di tipo piroclastico. 164 La struttura a falde di ricoprimento della Catena Sudappenninica prosegue poi, a nord della Valle del F. Ofanto, in direzione NO-SE, portandosi così al margine nord-occidentale dell’area studiata. In affioramento continuano ad essere presenti terreni flyscioidi ascrivibili o all’Unità delle Argille Varicolori o a formazioni altomioceniche, quali il Flysch di Faeto, costituito da un’alternanza di calcari, calcari marnosi, marne argillose e argille subordinate. La storia geologica, del bacino idrografico del fiume Ofanto, incomincia durante il Cretaceo, cioè circa 135 milioni di anni fa, quando la penisola italiana non era ancora accennata neanche nelle sue linee essenziali. In questo periodo geologico incominciò a formarsi alle nostre latitudini un grande bacino marino, rimasuglio dell'antica Tetide, cioè del grande bacino derivato dalla separazione dei due grandi continenti Pangea e Gondwana. Nel grande bacino marino che si andava a formare molto lentamente, si accumularono delle potenti stratificazioni di sedimenti con una notevole abbondanze di particelle costituite da carbonato di calcio, che si andarono a depositare in corrispondenza della piattaforma continentale e lungo i margini di quelle che all’inizio della nostra storia erano le scogliere delle terre emerse, affacciate sul grande bacino marino in via di formazione. E' durante l'ultimo periodo geologico dell'era terziaria (Pliocene), che l’iniziale grande bacino sedimentario risulta ormai colmo e quello che un tempo era una grande area di deposizione marina, in questo periodo, si trova ad essere una grande zona riempita di sedimenti accumulati spesso in maniera caotica. Il mare e la linea di costa hanno ormai raggiunto una configurazione prossima a quella attuale. Sempre nello stesso periodo e nella stessa zona, si forma un’ampia area depressa creata dai continui sollevamenti e abbassamenti delle masse crostali che continuano, nel frattempo sempre a muoversi. La depressione risultò molto estesa, ed i suoi limiti all’incirca risultavano compresi tra l’area dell’attuale litorale di Termoli ed il golfo di Taranto. All’interno della depressione, si sollevarono dal basamento, incuneandosi nella dorsale appenninica, gli antichi sedimenti carbonatici del periodo Cretaceo . Questi sedimenti carbonatici costituirono i rilievi calcarei del Gargano e l’altopiano delle Murge, e con essi si generò anche tutto l’apparato di faglie all’interno del blocco carbonatico in lento movimento. Le strutture orogenetiche createsi sono osservabili ancora oggi. 165 5.UNITA’ IDROGEOLOGICHE E PERMEABILITA’ DEL BACINO La distribuzione delle litofacies descritte, unitamente ai caratteri strutturali primari e secondari dei terreni affioranti, permette di assegnare agli stessi differenziati caratteri di permeabilità in funzione della classe di appartenenza loro assegnata. Nell’ambito del bacino in esame quindi si riconoscono: - depositi superficiali incoerenti a granulometria da media a fine, con permeabilità primaria da media a bassa: a questa classe appartengono i depositi delle piane alluvionali recenti, affioranti estesamente in corrispondenza delle piane costiere comprese tra gli abitati di Barletta e Manfredonia, nonchè i depositi recenti ed attuali presenti lungo i fondovalle dei principali corsi d’acqua (F. Ofanto, T.Carapelle, T. Cervaro, T. Candelaro, Fiumara di Atella, Fiumara di Venosa, Fiumara dell’Arcidiaconata, ecc.); - depositi superficiali incoerenti a granulometria da grossolana a media, con permeabilità primaria da elevata a media: in tale gruppo sono compresi tutti i depositi terrazzati dei principali corsi d’acqua che solcano il Tavoliere, i depositi marini terrazzati, nonchè le più consistenti fasce detritiche presenti lungo il bordo settentrionale della Murgia e lungo il bordo meridionale, occidentale e settentrionale del Gargano. Nell’assieme i depositi appartenenti a questo gruppo caratterizzano una ampia fascia territoriale, orientata in direzione NO-SE, definita dalla Catena Sudappenninica a SO, dal Gargano a NE e dalla Murgia a SE; -rocce a permeabilità primaria da media ad elevata, permeabilità secondaria elevata per fratturazione e soluzione: rientrano in tale gruppo tutti i depositi calcarenitico-sabbiosi sia miocenici (Calcareniti di Apricena) che plio-pleistocenici (Calcareniti di Gravina, Calcareniti di M. Castiglione, Tufi delle Murge, Sabbie di M. Marano), affioranti in lembi di estensione variabile sia lungo i bordi garganici che murgiani; vi appartengono inoltre le facies conglomeratiche plioceniche (Conglomerati di Ruvo del Monte, Conglomerati di Bisaccia) affioranti più estesamente in sinistra idraulica della fiumara di Atella, nonchè i conglomerati pleistocenici (Conglomerato di Irsina) affioranti diffusamente sui versanti della Fiumara di Venosa. Infine, rientrano nel gruppo in parola i depositi piroclastici del M. Vulture. Per quel che riguarda i prodotti del M. Vulture, non è stato possibile, per esigenze grafiche evidenziare i corpi lavici del vulcano che in tal modo risultano compresi nell’area di affioramento delle piroclastiti; -rocce a permeabilità primaria nulla o bassa, permeabilità secondaria da bassa a media per fratturazione, quando prevale la componente lapidea: vi appartengono tutti gli affioramenti ascrivibili a formazioni flyscioidi mioceniche quali Flysch della Daunia, Formazione di Stigliano, Formazione di Serra Palazzo, ecc. In affioramento, tali rocce sono distribuite, sia pure in maniera 166 discontinua, lungo un asse a direzione appenninica (NO-SE) che dai monti della Daunia si porta a sud dell’apparato vulcanico del M. Vulture, in corrispondenza del bordo esterno della Catena Sudappenninica; -rocce a permeabilità primaria nulla o bassa: si estendono in affioramento su una vasta area posta nel settore sudoccidentale della zona di studio e, in parte, al margine settentrionale. Trattasi di limi argillosi a carattere lacustre o palustre (Laghi di Lesina e Varano) e limnovulcanico (paleolaghi di Lioni, Venosa e Atella) o anche di argille e argillemarnose di età plio-pleistocenica (Argille Subappenniniche) o oligo-miocenica (Unità delle Argille Varicolori). 6.CARATTERI IDROGEOLOGICI DEL BACINO I terreni costituenti il bacino in esame sono divenuti nel corso degli anni i fortemente instabili, con forti eterogeneità tra i singoli strati, sono emersi, dai fondali marini, raggiungendo anche quote di rilevante entità, andando a formare in tal modo la dorsale appenninica così come la vediamo oggi. La costituzione geologica di tali masse, composte prevalentemente da argille e argille scagliose con l’inclusione di grandi blocchi di natura calcarea alternati a strati di sabbie e livelli di arenarie, conferisce ai sedimenti una estrema caoticità e vulnerabilità, predisponendo il territorio ad una fragilità geologica molto spinta, con conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico. Si salva parzialmente, dal dissesto idrogeologico, la parte del medio bacino compreso nella zona delle province di Avellino e Potenza, esso si presenta generalmente più stabile, per la presenza di sedimenti più omogenei, costituiti dai sedimenti piroclastici prodotti dall’edificio vulcanico del Monte Vulture (1.326 m) e dalla presenza meno accentuata delle pendenze dei versanti collinari circostanti. Nella parte del basso bacino, il fiume scorre disegnando ampie anse tra le province di Foggia e Bari rivestendo un ruolo geografico importante poiché funge da confine naturale, in una regione dove mancano elementi geografici certi, il suo territorio pur non essendo molto alto è comunque interessato da una forte instabilità geologica a causa della presenza di sedimenti sciolti costituiti prevalentemente da argille e sabbie sciolte depositate tra i 7 e i 2 milioni di anni, l’assenza alla base di rocce coerenti, più antiche, pone queste aree ad alto rischio idrogeologico anche se l’acclività dei suoi versanti è relativamente molto modesta. 7.I SEDIMENTI DEL BACINO IDROGRAFICO Le caratteristiche sedimentologiche dei terreni attraversati dal fiume sono molteplici data la eterogeneità dei depositi sedimentari attraversati. 167 I depositi litologici dell'alto bacino sono costituiti in gran prevalenza da sedimenti sciolti quali argille varicolori scagliose inglobanti blocchi arenacei e strati di notevoli dimensioni disposti secondo una giacitura caotica e priva della normale successione stratigrafica degli ambienti sedimentari. La situazione morfologica dell'alto bacino, data la presenza dei depositi esistenti e considerata una notevole presenza di aree incolte (65-70 %), è tale da conferire al paesaggio un aspetto morbido ed in alcuni casi mosso con sporadiche zone ricche di vegetazione boschiva soprattutto in corrispondenza dei comuni di S.Angelo dei Lombardi, Lioni e Cairano. La mancanza di vegetazione, la presenza di terreni impermeabili sciolti, le elevate precipitazioni e l'andamento irregolare del letto conferiscono al fiume, nella zona dell'alto bacino ed in parte nel medio, un'azione erosiva molto intensa con andamento impetuoso a carattere torrentizio. Tra l'alta valle e la media valle si erge il complesso vulcanico del Monte Vulture, che costringe il fiume Ofanto a deviare verso nord ed a descrivere un'ampia ansa, trasformando il suo reticolo idrografico da dentritico in centrifugo, producendo in tal modo un'azione erosiva molto intensa proprio sulle pendici dell'edificio vulcanico. I sedimenti trasportati dal fiume Ofanto trovano il loro naturale epilogo nella formazione di una costa bassa e sabbiosa, tipica dei fiumi adriatici e mediterranei in generale, contribuendo al colmamento del golfo di Manfredonia. L'abitato di Barletta, in parte sotto il profilo geologico, insiste proprio sui depositi di spiaggia attuali formatesi durante gli ultimi 2.000 anni. La zona di deposito costiero, nel golfo di Manfredonia costituisce praticamente l'unica ampia area con caratteristica d’arenile e quindi con spiccata vocazione turistica, presente nel basso adriatico. Sono sufficienti circa 1.000 m² d’arenile, per dare lavoro e quindi assicurare reddito ad una famiglia per un intero anno, nell’ambito di una stagione turistica. Il litorale sabbioso che si estende tra Manfredonia a Barletta risulta in gran prevalenza costituita da sabbie monogranulari quarzose, provenienti dalla erosione dei sedimenti arenacei appenninici, in grado di conferire sotto particolari condizioni di luce un aspetto brillante, mentre risultano abbondanti anche notevoli quantità di materiali femici, (miche e feldspati), erosi dal complesso vulcanico del Monte Vulture, che conferiscono alle sabbie una colorazione scura, ferrosa. 8 DESCRIZIONE DEGLI INTERVENTI Gli interventi, per le motivazioni già esposte in premessa, sono previsti in località Isca della Ricotta nel Comune di Melfi. 168 In tale area la costituzione geologica delle terre é composta prevalentemente da argille e argille scagliose con l’inclusione, talvolta, di blocchi di natura calcarea alternati a strati di sabbie e livelli di arenarie, sono presenti, inoltre, sedimenti più omogenei, costituiti dai sedimenti piroclastici prodotti dall’edificio vulcanico del Monte Vulture (1.326 m) e dalla presenza meno accentuata delle pendenze dei versanti collinari circostanti Tale natura conferisce ai sedimenti una estrema caoticità e vulnerabilità, predisponendo il territorio ad una fragilità geologica molto spinta, con conseguenti fenomeni di dissesto idrogeologico. La mancanza di vegetazione, la presenza di terreni impermeabili sciolti, le elevate precipitazioni e l'andamento irregolare del letto conferiscono al fiume, nella zona in esame, un'azione erosiva molto intensa con andamento impetuoso a carattere torrentizio. Inoltre, la attività di trasporto solido ha generato alcuni isolotti vegetati, riportati nelle planimetrie e nelle sezioni di progetto, che impediscono il corretto deflusso delle acque, deviandolo lungo le sponde. Motivo delle esondazioni, verificatesi anche nel mese di febbraio 2003, risiede anche nella circostanza che dal lato lucano la sponda destra è molto bassa ed fiume risulta pensile. Oltre la sponda destra si ha una stretta fascia ripariale e lungo la quale scorre la strada statale n.401 Ofantina. Le verifiche idrauliche condotte nella fase di impostazione del progetto e poi per indagare circa il comportamento delle opere progettate hanno portato alla individuazione delle portate di massima piena. La valutazione delle piene è basata, esclusivamente su modelli statisticoprobabilistici, poiché risultano carenti i dati e le osservazioni di piena nelle sezioni di interesse del reticolo idrografico, per cui occorre soventemente ricorrere all’analisi di frequenza di precipitazioni e portate di piena relative ad un’estesa regione, allo scopo di pervenire alla stima del periodo di ritorno da attribuire ad uno specifico valore assunto dalla portata o dal volume di piena in un sito del reticolo. L’insieme delle procedure, adatte a trasferire l’informazione idrologica proveniente dai dati. registrati in un qualunque sito ad un altro, va sotto il nome di analisi regionale; Il progetto speciale VAPI (VAlutazione PIene) del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del CNR, patrocinato dal Ministero della Protezione Civile, si 169 propone di fornire una guida tecnica sulla valutazione delle piene, destinata a tutti gli operatori del settore dell'Ingegneria idraulica e della difesa del suolo, basata su moderne ed affidabili metodologie di analisi regionale. Al fine di ottenere un controllo dei risultati ottenuti si effettuato anche un calcolo delle portate di piena con il metodo di Gumbel. Le sezioni di intervento sottendono una estensione del bacino pari a circa 1.340 Kmq, la lunghezza del corso d’acqua dalle sorgenti alle aree di intervento è di circa 80 km, la piovosità è stata valutata dalla consultazione dei tabulati della stazione idrometrica di Melfi pubblicati dall’Istituto Idrografico delle Stato con osservazioni registrate dal 1932 al 1996. Il tempo di ritorno Tr utilizzato è stato Tr = 100 anni, le portate di massima piena risultano pari a circa 760 mc/sec, imesse tali portate sul modello fisico del tratto di fiume indagato è parso subito evidente che le condizioni delle sezioni non sono in grado di smaltirle. Si è pensato dunque di operare sia sulla conformazione delle sezioni, liberandole dagli accumuli e dalla vegetazione ostruente, sia prevedendo un argine lungo la sponda destra per un tratto di circa 550 m. 8.1 OPERE DI RIEQUILIBRIO AMBIENTALE Al fine di ripristinare le corrette sezioni di deflusso si prevedono le seguenti lavorazioni: - abbattimento di alberi e estirpamento delle ceppaie presenti in alveo del diametro di circa cm.15 – 25, taglio degli alberi per sfoltimento nelle zone ostruite tra le sezioni indicate nelle planimetrie e negli altri elaborati Sez, 2.a e Sez. 1 l; - taglio raso terra di bassa macchia palustre, paglie, rovi, canne, tamerici, salici ed altri arbusti legnosi tra le Sezioni 2.a e 1.m; - esecuzione di savanella mediante sbancamento a larga sezione per apertura di nuovi canali, allargamento ed approfondimento dei canali esistenti tra le Sezioni 2.a e 1.m, per una profondità media calcolata dal fondo delle vene esistenti di cirac m. 0,50. 8.2 OPERE DI COSTRUZIONE DELL’ARGINE IN DESTRA IDRAULICA Al fine di proteggere le zone coltivate e la strada statale n.401 Ofantina, per un tratto di lunghezza pari circa a 550,00 m. viene prevista la costruzione di un argine trapezoidale con fondazione ampia m.10,00, e profonda m. 0,50. Le lavorazioni previste sono: 170 - scavo a sezione obbligata eseguito con mezzo meccanico e sistemazione delle aree limitrofe tra le Sezioni 1.a e 1.h; - disposizione di gabbionata metallica in fondazione della larghezza di m.10,00 e spessore m.0,50, relativo riempimento dei gabbioni con pietrame, legatura degli angoli con punti metallici di diametro superiore alla maglia romboidale a doppia torsione costitutiva dei gabbioni; - Formazione del rilevato arginale mediante messa in opera di materiale arido di dimensioni non superiori a 15 cm del diametro, commisto ad una percentuale del 10% di terrno vegetale, posto in opera a strati non superiori a 30 cm e rullatura con mezzo meccanico di ciascun strato; - Contemporaneamente all’innalzamento degli strati del rilevato arginale formazione del nucleo centrale di argilla co base di m. 3,00 altezza di m.3,00 e base minore in alto di m. 1,00. - Compattazione degli strati arginali e del nucleo con idoneo mezzo meccanico in modo da ottenere una densità pari circa all’85% della densità massima risultante dalle prove Proctor, la compattazione va eseguita per ogni strato di 30 cm; - Messa in opera di uno strato di terreno vegetale dello spessore di 25 cm, scevro da radici infestanti, ciottoli e detriti; - Messa in opera di materassi metallici tipo Reno dello spessore di cm 20,00 sulla intera superficie dell’argine: sul paramento di valle, sulla sommità, sul paramento di monte, con collegamenti ai gabbioni di fondazione mediante tiranti del diametro superiore alla maglia costitutiva dei gabbioni, in modo da creare una continuità strutturale tra rivestimento esterno dell’argine e la fondazione. 8.METODI UTILIZZATI PER LA VALUTAZIONE DELLE PIENE Nella presente relazione viene effettuata la verifica idraulica delle opere di sistemazione e rinaturazionedel tratto lucano del fiume Ofanto mediante rimodellamento dell’alveo e protezione della sponda destra a valle di san Nicola Di Melfi. Per effettuare tale verifica è indispensabile la conoscenza approfondita del fenomeno di piena di tale fiume mediante la determinazione della portata di piena e la stima del rischio del suo superamento in base al in il periodo di ritorno La valutazione delle piene è basata, esclusivamente su modelli statistico-probabilistici, poiché risultano caerenti i dati e le osservazioni di piena nelle sezioni di interesse del reticolo idrografico, per cui occorre soventemente ricorrere all’analisi di frequenza di precipitazioni e portate di piena relative ad un’estesa regione, allo scopo di pervenire alla stima del periodo di ritorno da attribuire ad uno specifico 171 valore assunto dalla portata o dal volume di piena in un sito del reticolo. L’insieme delle procedure, adatte a trasferire l’informazione idrologica proveniente dai dati. registrati in un qualunque sito ad un altro, va sotto il nome di analisi regionale; Il progetto speciale VAPI (VAlutazione PIene) del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche (GNDCI) del CNR, patrocinato dal Ministero della Protezione Civile, si propone di fornire una guida tecnica sulla valutazione delle piene, destinata a tutti gli operatori del settore dell'Ingegneria idraulica e della difesa del suolo, basata su moderne ed affidabili metodologie di analisi regionale. Per la determinazione delle grandezze connesse al fenomeno di piena nella presente relazione viene utilizzato il metodo ed i parametri riportati nella pubblicazione intitolata “ Valutazione delle piene nella Regione Puglia “ a cura di V.A.Copertino e M.Fiorentino svolto dall’Unità Operativa 1.21 (G.N.D.C.I. LINEA 1), del Dipartimento di Ingegneria e Fisica dell’Ambiente (DIFA) dell’Università della Basilicata (USB) nel periodo 1988-1991. Nell'impostare l'indagine sulle piene, sono state definite le grandezze ideologiche di interesse, ossia la massima precipitazione di assegnata durata eil massimo valore annuale della portata in una sezione del fiume oggetto dell’intervento. Detta X la variabile casuale che fornisce i valori assunti dalla grandezza idrologica di interesse e tenuto conto che valore x di X possa essere superato, . La stima xT del valore di x, corrispondente ad un assegnato periodo di ritorno T, può essere effettuata, in base ai dati disponibili, mediante una stima puntuale, oppure ricorrendo all’analisi regionale, che utilizza le serie storiche presenti all’interno della regione in cui il sito ricade. Nel primo caso si ha, nel secondo una stima regionale. Gli stimatori puntuali sono utilizzabili da soli soltanto nel caso in cui la serie storica delle osservazioni della grandezza idrologica di interesse è sufficientemente lunga (generalmente 30-40 anni di osservazione) ed affidabile, per poter ritenere che gli errori di campionatura, dovuti alla limitatezza della serie, siano accettabili. Nella presente relazione è stata utilizzata quale modello di calcolo quello denominato “teoria degli eventi estremi, nota in idrologia grazie a Gumbel (1958) ed in particolare il modello probabilistico a due parametri, che vanno sotto il nome di legge di Gumbel. L’approfondimento degli studi idrologici negli ultimi venti anni ha però messo in evidenza i limiti di questi modelli. Se non si dispone di dati direttamente osservati nel sito di interesse per il caso in esame, è necessario ricorrere a tecniche di analisi regionale dell’informazione idrologica. Nella presente relazione, ai fini della valutazione delle piene, sono stati utilizzati le formule ed i parametri determinati nel citato studio e, tramite l’analisi regionale, e quindi la legge di dipendenza dei parametri del modello probabilistico (e.g. TCEV) dai parametri della distribuzione di probabilità delle piogge 172 (e.g. Gumbel o TCEV) di durata pari al tempo critico del bacino idrografico sotteso dalla sezione di interesse. La metodologia di analisi regionale adottata nel citato studio utilizza come modello probabilistico la distribuzione dei valori estremi a doppia componente (TCEV), che si è verificato capace di spiegare alcune piene straordinariamente elevate osservate nel passato, particolarmente in quelle serie di dati aventi un’elevata asimmetria, non spiegata dalla distribuzione del valore estremo del primo tipo la legge di Gumbel. Si riporta la metodologia di analisi riportata nel citato studio: “La procedura seguita è riconducibile a quella classica della piena indice, modificata secondo un approccio di tipo gerarchico (Fiorentino et al., 1987), che utilizza tre differenti livelli di scala spaziale per la stima dei diversi parametri del modello probabilistico: ad ogni livello gerarchico si considerano contemporaneamente tutte le serie storiche ricadenti nella zona in esame, per la stima del parametro caratteristico di quel determinato livello. L’impiego di una tale tecnica di gerarchizzazione permette di volta in volta la stima di un numero ridotto di parametri da un numero elevato di dati, rendendo i risultati più affidabili. In particolare si definiscono tre livelli di regionalizzazione: i parametri di forma della distribuzione di probabilità sono stimati su base interregionale; il parametro di scala è stimato su base regionale e conduce alla stima del coefficiente di variazione delle piene annuali; il parametro di locazione è stimato su scala di bacino e conduce alla stima della piena indice, cioè la media delle piene annuali. La metodologia descritta è stata applicata prima di tutto all’analisi regionale delle piogge giornaliere, poi a quella delle piogge orarie (1, 3, 6, 12, 24). I risultati dell’analisi pluviometrica, che pur conservano dignità autonoma ai fini della valutazione degli eventi estremi, sono stati presi successivamente a riferimento per l’analisi regionale delle portate di piena”. Nella valutazione dei deflussi di piena è necessario considerare la risposta idrologica del bacino ad un evento di pioggia: in particolare tale parametro è condizionato dai caratteri geomorfologici dei bacini e dei relativi reticoli idrografici. Tali caratteri geomorfologici determinano il tempo di ritardo, definito come distanza tra i baricentri dell'idrogramma di piena dovuto ad una precipitazione e del solido di precipitazione efficace che ha provocato detta piena. Nella presente relazione viene determinato tale parametro mediante l’utilizzo delle formule riportate nel citato studio. 9.CALCOLO DELLA MEDIA DELLA DISTRIBUZIONE DEI MASSIMI ANNUALI DELLA PORTATA DI PIENA (METODO VAPI) 173 Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del Fiume Ofanto, oggetto dell’intervento in progetto. In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici del bacino idrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima annuale al colmo di piena, è stata utilizzato un semplice modello di regionalizzazione basato su una formula di tipo razionale, la cui descrizione è riportata nel testo citato nella introduzione. Esso esprime un legame correlativo tra la piena indice x , la superficie del bacino e il valore medio, I(tr), dei massimi annuali delle intensità di pioggia puntuali di durata pari al tempo di ritardo caratteristico del bacino. Questo modello, empiricamente proposto da Rossi e Versace [1982], ha anche trovato successivamente i supporti teorici che ne rendono più affidabile l'applicazione [Fiorentino et al., 1987; Villani ]. La formula razionale viene generalmente scritta come: Q = I(tr) A* C∗ / 3.6 (1) in cui x è espressa in m3/s, I(tr) in mm/h, A in Km2, tr in ore. C∗ è un coefficiente, detto probabilistico di piena, che porta in conto, oltre all'effetto naturale di laminazione del picco di piena rispetto al picco di pioggia, l'effetto di riduzione areale delle piogge e le perdite idrologiche nel bilancio di piena, dovute principalmente al fenomeno dell'infiltrazione nel suolo ed a quello dell'intercettazione da parte della vegetazione. Per l'applicazione della (10.19) è richiesta pertanto la conoscenza del tempo di ritardo tr, delle curve di probabilità pluviometrica e delle modalità con cui l'eventuale variabilità di C∗ dipende dalle dimensioni del bacino idrografico e dalle sue caratteristiche morfologiche, geolitologiche e d'uso del suolo. Per la valutazione del tempo di ritardo di un evento di piena, che si intende la distanza temporale tra i baricentri dell'idrogramma di piena superficiale e dello ietogramma efficace che lo ha generato e che, per tempo di ritardo caratteristico, tr, del bacino idrografico, si intende il valore medio a cui questo tende all'aumentare del periodo di ritorno della portata al colmo dell'idrogramma. Per i bacini pugliesi si è inoltre ricavato tr =0 .344 A0.5 (2) Nel caso in esame, poiché risulta essere A= 1340 Kmq (vedi Fig.2.1, 2.2, 2.3 in allegato) si ottiene che tr=12.6 ore. Per quanto riguarda le curve di probabilità pluviometrica del bacino idrografico in esame, nello studio richiamato nella introduzione, l'analisi regionale dei massimi delle precipitazioni di diversa durata, ivi comprese le giornaliere, è stata condotta attraverso la preventiva suddivisione dell'area di studio in zone e sottozone omogenee ed effettuata in base all’analisi delle massime precipitazioni giornaliere, per le quali si dispone del maggior numero di serie uniformemente distribuite nella 174 regione. L’estensione della validità di tale suddivisione anche all’interpretazione delle pioggie di durata inferiore a quella giornaliera, è stata poi condotta e verificata sulla scorta delle informazioni fornite dai dati delle precipitazioni di durata inferiore al giorno, registrate alle stazioni pluviografiche, che sono di norma in numero più limitato. ha portato all'espressione r Seguendo la procedura proposta, le aree omogenee individuate e parzializzate al terzo livello di regionalizzazione, nel quale si analizza la variabilità spaziale del parametro di posizione (media, moda o mediana) delle serie storiche in relazione a fattori locali. A tal fine i bacini di interesse della Regione Puglia, sono state suddivise in quattro zone pluviometriche omogenee, la cui delimitazione grafica è riportata nella Figura 1. In analogia ai risultati classici della statistica idrologica (Viparelli, 1964), per ogni sito è possibile legare il valore medio xt dei massimi annuali della precipitazione media di diversa durata t alle durate stesse, attraverso la ben nota relazione: h(t)= a* t n essendo a ed n due parametri variabili da sito a sito. Ad essa si dà il nome di curva di probabilità pluviometrica. Per la Zona 4, così come individuata attraverso l’analisi regionale, l’espressione della curva di probabilità pluviometrica risulta essere la seguente: h(t) = 24.70 t0.256 Da cui essendo tr= 12.6 ore Si ottiene che h(tr)= 24.70 tr0.256= Pertanto I(tr)= h(tr)/tr=24.70 tr0.256-1=24.7*12.60.256-1=24.7*0.161=4 mm/h Al fine di pervenire alla stima della piena indice in una sezione fluviale nella quale non si dispone di osservazioni dirette di portata resta ancora da analizzare la variabilità del coefficiente probabilistico di piena C∗ nell'area di studio. 175 L'esperienza suggerisce che C∗ è generalmente piuttosto stabile in una regione, con valori che tendono a ridursi solo per la presenza nel bacino di aree a permeabilità secondaria molto elevata (v. cap. 3) oppure per la presenza di estese superfici boschive. Nello studio richiamato nell’introduzione è stato determinato un valore di C∗ medio regionale pari a 0.205. Pertanto sostituendo nella formula razionale i dati misurati o calcolati si ottiene per la sezione di verifica: Q = I(tr)* A* C∗ / 3.6= 4*1340*0.205/3.6=305 mc/s 10.CALCOLO DELLA PORTATA MASSIM AL COLMO DI PIENA (METODO VAPI) L'analisi idrologica dei valori estremi delle precipitazioni e delle piene in Puglia è stata effettuata nel Rapporto Campania attraverso una metodologia di analisi regionale di tipo gerarchico, basata sull'uso della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia componente (o, con un acronimo inglese, TCEV, Two-Component Extreme Value). Tale procedura si basa sulla considerazione che esistono zone geografiche via via più ampie che possono considerarsi omogenee nei confronti dei parametri statistici della distribuzione, man mano che il loro ordine aumenta. Indicando con X il massimo annuale di una delle grandezze idrologiche di interesse, come le portate di piena al colmo Q con XT il valore massimo o di X corrispondente ad un prefissato periodo di ritorno T in anni, si può porre: XT = KT* µ(X) ove: KT = fattore probabilistico di crescita, costante su ampie aree omogenee; µ(Q)= media della distribuzione dei massimi annuali della variabile Q In particolare, per la specificazione della legge di variazione di KT con il periodo di ritorno T, si farà riferimento alla espressione della distribuzione di probabilità del valore estremo a doppia componente (TCEV), che nel passato si è dimostrata particolarmente adatta all’interpretazione statistica dell’occorrenza e della magnitudine degli eventi estremi eccezionali. La valutazione del valore xT della variabile X (massimo annuale della precipitazione giornaliera), di ssegnato Per semplificare la valutazione del fattore di crescita vengono riportati, nella tabella che segue, i KT relativi ai valori del periodo di ritorno più comunemente adottati nella pratica progettuale. Fissato un tempo di ritorno Tr=100 anni si ottiene che KT= 2.5 176 Tr(anni) KT 5 10 20 30 40 50 100 500 1000 1.3 1.5 1.8 2 2.1 2.2 2.5 3.1 3.4 Q100= KT* µ(X )=2* Q=305*2.5= 760 mc/s 11.DETERMINAZIONE DEGLI AFFLUSSI CON STIMATORE PUNTUALE (LEGGE DI GUMBEL) Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame, vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla Stazione Pluviometrica di Cogliandrino registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire dagli anni ‘40 e pubblicati fino al 1988. TOTALE OSSERVAZIONI N.=55 PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA "Località= 177 Melfi "quota m=531 "Bacino="OFANTO ANNI t=1 ora T=3 ore t=6 ore t=12 ore t=24 ore 1932 1933 1935 1936 1938 1939 1940 10.8 17.4 19.4 29 28.2 25.4 28 11.2 26.2 20.4 44.6 35.4 51.2 28 15 31.2 23.4 44.6 45 62.8 42.6 19.4 46.4 34 44.6 86 63 52 22.2 52 47.8 50.8 146 63 72.8 1941 1942 1946 1947 1948 1950 1952 1953 1954 1955 1956 1957 1958 1959 1960 1961 1963 1964 1966 1967 1968 1969 1970 1971 1972 1973 1974 14 14.6 25.2 37.4 28 10 24.8 18.4 20 29.8 14 18 17.4 28.4 16 12.6 61 26.4 22.8 23.4 20.4 32.2 14.6 14.6 41.6 39 26.4 29.6 14.6 33 42.4 34.6 18.6 25 28.2 23.8 35.2 18.4 30.4 20 47.8 24.4 21.2 83 29.4 30.2 28.8 22 35.6 21.4 29.4 58.6 74 40.4 38.4 20.6 35 42.6 34.6 26 32.6 32.2 36.2 61.8 29.4 45.8 26.2 58.8 29.2 27.2 87.2 29.4 32 28.8 26.2 35.6 36.2 52 58.8 91.6 53.6 61 37.6 43.2 42.6 34.8 41.4 50 40.4 44 97.4 51.4 56.6 43.4 72.6 34.8 30.4 92.4 41.4 36.2 28.8 26.2 46 55 95.4 58.8 117 53.6 80.8 54 76.8 58 61.6 55.6 68.8 58 58.8 123 79.8 82.8 51 83.6 50 46.2 94.6 41.6 53.6 38.6 41.6 58.8 73.2 168.4 58.8 118.4 53.6 PRECIPITAZIONI BREVE ED INTENSE SUPERIORI ALL'ORA "Località= 1975 1976 1977 1978 1980 1981 1982 1983 1984 1985 1986 1987 1988 1989 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 178 Melfi "quota m=531 33.4 29.6 36.0 25.8 14.0 20.8 12.8 17.4 10.8 12.2 14.8 14.2 35.4 28.2 20.0 20.0 20.6 50.0 61.4 10.8 50.6 64.0 87.0 37.8 29.2 24.4 20.4 34.0 17.6 20.0 19.2 19.0 33.4 54.0 34.8 45.0 35.2 31.0 85.2 65.0 20.0 "Bacino="OFANTO 70.0 73.8 87.0 44.2 32.4 25.6 37.8 38.0 34.2 38.0 21.8 70.0 85.7 87.0 44.2 37.8 25.6 46.0 55.2 94.4 104.8 87.0 44.8 42.4 40.6 50.0 90.0 63.0 25.4 110.2 28.0 55.0 87.4 42.0 71.4 45.4 37.4 85.4 65.0 67.6 57.4 67.6 97.0 73.6 45.6 92.0 65.2 90.8 73.0 94.6 109.8 110.2 49.8 119.6 71.4 Per quanto attiene l’area occupata dal bacino idrografico in esame sono stati presi in esame, vista la vicinanza e la sostanziale omogeneità delle condizioni microclimatiche i dati relativi alla Stazione Pluviometrica di Melfi registrati dal Servizio Idrografico Italiano a partire dagli anni ‘30 e pubblicati fino al 1996. L’elaborazione dei dati pluviometrici relativi ad eventi di durata superiore all’ora(1,3, 12 e 24 ore) è indispensabile per determinare l’altezza di pioggia che, con data probabilità, può verificarsi in un’area: tale valore viene utilizzato per la determinazione diretta delle portate di colmo o massima piena, laddove manchino misure dirette di portata. L’analisi statica condotta, consente di determinare la cosiddetta Curva Segnalatrice di Possibilità Climatica, la quale, prefissato un determinato Tempo di ritorno (T) dell’evento , permette di correlare le altezze di pioggia (h) con le relative durate (hp). Lo studio della distribuzione statistica degli eventi metereologici relativi a intervalli di tempo prefissati sulla base di un procedimento che verrà successivamente chiarito, riveste un notevole interesse per la valutazione del Tempo di ritorno di un determinato evento. Tale parametro, estremamente importante dalla fase progettuale a quella di verifica di una determinata opera, esprime un indicatore di rischio, espresso come durata media in anni del periodo in cui il valore assegnato Xd della variabile viene superato una sola volta ed è legato alla probabilità che l’evento (x) non superi il valore Xd, cioè P(x<Xd), dalla relazione sottostante P(x<Xd) = 1-(1/T) Risulta che il Tempo di ritorno T = 1/[1- P(x<Xd)]. Per ciascuna popolazione pluviometrica di una determinata durata, occorre conoscere la legge di variazione di P(x<Xd): a questo scopo sono state proposte varie relazioni di rappresentazione della distribuzione di valori estremi in relazione alle differenti leggi probabilistiche scelte a rappresentare la distribuzione stessa. Si è ipotizzato che la distribuzione statistica delle piogge massime annue relative ad un determinato intervallo di tempo, segua la “ legge dei valori estremi “di Gumbel: -y P(h) = e -e dove la variabile ridotta y=α*(h-ε) e nella quale i parametri ε ed α, corrispondenti rispettivamente alla moda e ad una misura della dispersione, espressi rispetto alla µ(h) e allo scarto quadratico medio σ(h) della variabile h sono: 179 α= π/(61/2 * σ(h)) ε= µ(h)-c/α con c=0.57722 corrispondente alla costante di Eulero. Attraverso tale elaborazione per ciascuna elaborazione di dati pluviometrici , relativi ad un determinato tempo di pioggia è possibile ricavare il rispettivo valore dell’altezza dell’evento meteorico con un Tempo di ritorno T pari a quello prefissato. A sua volta l’insieme delle coppie di valori h e t, con un tempo di ritorno T, possono essere raccordati con una legge di regressione del tipo h=atn (1) dove: h= altezza di pioggia (mm.) t= durata della precipitazione (ore) a,n= parametri il cui valore dipende dalle caratteristiche pluviometriche della zona. La (1) corrisponde come ricordato alla cosiddetta Curva di possibilità climatica relativa ad un determinato tempo di ritorno (T). Questa curva risulta funzione dell’esponente (n) e cioè: - n>0 curva crescente; - n<0 curva decrescente. La curva (1) è una curva interpolante non lineare nei parametri, che comunque, attraverso un procedimento di anamorfosi, risulta linearizzabile. Passando infatti ai logaritmi si ha: log(h)= log(a)+nlog(t) (2) Tale espressione è del tipo : y=Ao+A1x dove : y=log (h) 180 x=log(t) (3) Ao= log(a) A1=n Pertanto l’esame della curva non lineare (1) è stato ricondotto all’esame della retta (3) ; applicando alla (3) il metodo dei minimi quadrati sono stati valutati le costanti (Ao) ed (A1) e quindi le costanti (a) e (n). Precipitazioni regolarizzate GUMBEL Tempo di ritorno t=1 ora t=3 ore t=6 ore t=12 ore 5 anni hmax= 34.00 mm 51.12 mm 59.33 mm 73.38 mm 10 anni hmax= 41.31 mm 62.78 mm 70.94 mm 87.71 mm 20 anni 30 anni hmax= 48.32 mm 73.96 mm 82.08 mm 101.46 mm hmax= 52.36 mm 80.39 mm 88.48 mm 109.37 mm t=24 ore LEGGE DI PIOGGIA 96.46 mm h=34.45*t^0.32 115.87 mm h=42.01*t^0.3109 134.48 mm h=49.27*t^0.3067 145.19 mm h=53.45*t^0.3048 50 anni hmax= 57.40 mm 88.43 mm 96.49 mm 119.26 mm 158.57 mm h=58.67*t^0.3028 100 anni hmax= 64.20 mm 99.27 mm 107.30 mm 132.59 mm 176.63 mm h=65.71*t^0.3005 200 anni hmax= 70.98 mm 110.08 mm 118.06 mm 145.88 mm 194.62 mm h=72.72*t^0.2988 500 anni hmax= 79.92 mm 124.33 mm 132.26 mm 163.41 mm 218.35 mm h=81.98*t^0.2968 1000 anni hmax= 86.68 mm 135.11 mm 143.00 mm 176.65 mm 236.29 mm h=88.97*t^0.2957 75 anni hmax= 61.38 mm 94.78 mm 102.82 mm 127.06 mm 169.15 mm h=62.79*t^0.3014 La curva di possibilità climatica determinata con tempo di ritorno di 30 anni è la seguente: hT=30=53.45*t^0.3048 Per l’analisi del rischio di esondazione sono stati presi in considerazione un tempo di ritorno pari a 100 anni, come limite di rischio cautelativamente accettabile in relazione alle opere realizzate. Nell’espressione sopra riportata i valori di pioggia sono in mm. ed il tempo in ore. Questa curva permette di calcolare la pioggia per un assegnato valore di durata e quindi la pioggia critica una volta calcolato il tempo di corrivazione del bacino idrografico in esame Utilizzando il metodo razionale per la determinazione della portata al colmo, prefissato il tempo di ritorno (T), è necessario conoscere il tempo di corrivazione tc del bacino idrografico dell’area in cui vengono effettuate le analisi idrogeologiche e litologiche. S’intende come tempo di corrivazione tc, rispetto ad una determinata sezione di un corso d’acqua il tempo necessario affinché una particella d’acqua caduta sui punti più distanti della superficie scolante raggiunga la sezione di chiusura in analisi per la determinazione della portata massima probabilistica in funzione del tempo di ritorno considerato. Il tempo di corrivazione viene ad assumersi inoltre quale tempo che una volta eguagliato dalla durata delle precipitazione determina il raggiungimento della portata massima di deflusso nella sezione di analisi. In poche parole la determinazione del tempo di corrivazione definito come tc immesso nella legge di pioggia per quel determinato tempo di ritorno h=a*t^n ponendo t= tc, permetterà di determinare l’altezza di precipitazione h=hcritica con la quale poi calcolare la portata massima. 181 Il tempo di corrivazione (tc) può essere calcolato attraverso diverse formule, tra cui quella proposta da Giandotti: tc = [4 · (A^ 0,5) + 1,5 · L] / [0,8 ·( (Hm - Ho) ^0,5)] dove: • A [Km2] rappresenta l'area del bacino sottesa alla sezione di calcolo, • L [Km] è l'estensione del percorso più lungo che deve compiere la singola particella d'acqua per raggiungere la sezione suddetta, • Hm [m s.l.m.] è la quota media del bacino, • Ho [m s.l.m.] è la quota della sezione di chiusura, • (Hm - Ho) [m] è la quota media del bacino riferita alla sezione di calcolo. DETERMINAZIONE TEMPO DI CORRIVAZIONE BACINO: Ofanto SEZIONE: Melfi DATI SUL BACINO IMBRIFERO Superficie scolante A= Lunghezza percorso idraulico più lungo L= 1340.00Kmq 80.00Km zmax= 1350.00m zmin= 500.00m Zmed= 550.00m ∆H= 50.00m tc= 47.10ore Tempo di corrivazione: Giandotti Il calcolo delle portate è riferito alle sezioni iniziali e finali del tratto del torrente Frida oggetto dell’intervento in progetto. In considerazione dell’entità dei parametri fisografici ed ideologici caratteristici del bacinoidrografico pertinente la sezione di studio, per la stima della portata di massima piena, prefissato determinato Tempo di ritorno T, è stata utilizzato il metodo razionale, che fornisce il valore della portata di piena Q [m3/s], mediante l’espressione Qmax = c * h * S * k / tc Dove: c=coefficiente di deflusso=0.4 182 S= superficie del bacino idrografico sotteso alla sezione in esame (ha) h=altezza critica per l’assegnato tempo di ritorno (mm) tc= tempo di corrivazione k = fattore che tiene conto della non uniformità delle unità di misura usate: nell'ipotesi di adottare le grandezze con le unità di misura citate k = 0,2777 DETERMINAZIONE PORTATA MASSIMA N.B.: Inserire i coefficienti delle rette interpolanti ottenuti nel grafico ed il coefficiente di deflusso 0.40 S (kmq)= 1340 tc= 47.10 h ic Q Viparelli Deflusso C= Tr a n 5 10 34.44561552 42.01449146 0.3200 0.3109 47.10 47.10 118.17 139.15 2.51 2.95 373.544 439.881 1350.00 1350.00 345.81 394.94 0.26 0.29 38.14 43.56 20 49.27364214 0.3067 47.10 160.59 3.41 507.639 1350.00 449.42 0.33 49.57 30 53.44933448 0.3048 47.10 172.92 3.67 546.628 1350.00 480.86 0.36 53.03 50 58.6689166 0.3028 47.10 188.34 4.00 595.374 1350.00 520.21 0.39 57.37 100 65.70889731 0.3005 47.10 209.14 4.44 661.132 1350.00 573.38 0.42 63.24 200 72.72292492 0.2988 47.10 229.87 4.88 726.659 1350.00 626.42 0.46 69.09 500 81.97631032 0.2968 47.10 257.22 5.46 813.118 1350.00 696.47 0.52 76.81 1000 88.96963589 0.2957 47.10 277.90 5.90 878.467 1350.00 749.46 0.56 82.66 75 tc 47.10 tc h ic Q 1350.00 3 Pertanto Q100= 661 m /sec con Tr=100 anni Nella verifica idraulica verrà pertanto utilizzato il valore Qmax=760 mc/s 12.VERIFICA IDRAULICA La verifica idraulica è stata condotta attraverso l’analisi di moto gradualmente vario, attraverso l’utilizzo di un programma di calcolo denominato HEC-RAS. Sono state implementate le condizioni geometriche attraverso l’introduzione di n.8 sezioni rilevate nell’area di interesse. La verifica è stata condotta per portate di piena calcolate con Tr=100 anni. Come condizioni al contorno per l’implementazione della verifica sono state prese in considerazione l’altezza critica determinata in condizioni di moto uniforme per le sezioni iniziali e finali. Nella determinazione della velocità di deflusso con la formula di Gauckler-Strickler si è adottato un coefficiente di scabrezza n=0.035 per corsi d’acqua naturali in cattive condizioni di manutenzione. Conclusioni 183 Dalle verifiche effettuate seppure si evidenzia che nel tratto interessato dall’intervento con la portata calcolata per Tr=100 non si ha né l’esondazione degli argini nè l’allagamento delle aree golenali, ma la portata di piena viene contenuta nella sezione del fiume così come ottenuta dopo il rimodellamento mediante la realizzazione delle savanelle e dell’argine si ritiene comunque che la verifica sia e che con l’intervento progettato si sia ottenuto l’obiettivo del raggiumento di un sufficiente grado di sicurezza dal punto di vista idraulico in caso di piena dell’Ofanto. Per ogni sezione è riportato il relativo tabulato di calcolo per i profili per portate a 100 anni con i relativi parametri e caratteristiche idrauliche. Elaobati grafici 1. Verifiche sezioni in condizioni di moto gradualmente vario per Tr=100 anni 2. Sezioni grafiche di verifica con la massima quota del pelo libero per Tr=100 anni Edit Downstream Reach Lengths River Station LOB Channel 1 11 30 2 10 14.9 3 9 28.5 4 8 54.2 5 7 87.4 6 6 82.7 7 5 100.3 8 4 83.5 9 3 55.6 10 2 50 11 1 250 12 0 0 ROB 30 14.9 28.5 54.2 87.4 82.7 100.3 83.5 55.6 50 250 0 Bank Stations Table River Station Left Bank Sta Right Bank Sta 1 11 25.64 78.5 2 10 20.07 89.87 3 9 34.45 114 4 8 34.45 104.14 5 7 52.48 138.79 6 6 67.57 171.09 184 30 14.9 28.5 54.2 87.4 82.7 100.3 83.5 55.6 50 250 0 7 8 9 10 11 12 5 4 3 2 1 0 21.01 34.35 50.57 54.75 47.74 47.74 HEC-RAS Plan: Plan 01 River: ofanto Reach: isca Reach isca isca isca isca isca isca E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) Plan: Plan 01 185 ofanto 167.9 164.47 167.53 167.39 174.93 172.25 Profile: TR=100 anni Froude # E.G. Slope Vel Chnl Flow Area Top Width Chl (m/m) (m/s) (m2) (m) 6 TR=100 anni 0.000428 1.58 496.93 125.56 0.24 7 TR=100 anni 0.000938 2.17 352.78 93.03 0.34 8 TR=100 anni 0.001348 2.6 301.89 83.46 0.41 9 TR=100 anni 0.001024 2.35 331.35 83.47 0.36 10 TR=100 anni 0.001138 2.46 322.02 83.14 0.38 11 TR=100 anni 0.001762 3.08 256.16 64.38 0.47 Plan: Plan 01 ofanto isca RS: 0 Profile: TR=100 anni 203.5 Element Left OB Channel Right OB 0.82 Wt. n-Val. 0.035 202.68 Reach Len. (m) 202.68 Flow Area (m2) 189.12 0.010385 Area (m2) 189.12 760 Flow (m3/s) 760 115.74 Top Width (m) 115.74 4.02 Avg. Vel. (m/s) 4.02 1.92 Hydr. Depth (m) 1.63 7457.8 Conv. (m3/s) 7457.8 Wetted Per. (m) 116.63 200.75 Shear (N/m2) 165.13 Stream Power 1 (N/m s) 663.61 Cum Volume (1000 m3) Cum SA (1000 m2) River Sta Profile isca RS: 1 Profile: TR=100 anni E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) 205.42 0.57 204.85 204.51 0.005784 760 120.33 3.33 4.1 9993.5 250 200.75 1 1.9 0.03 Element Left OB Channel Right OB Wt. n-Val. 0.035 0.035 Reach Len. (m) 250 250 250 Flow Area (m2) 228.01 0.02 Area (m2) 228.01 0.02 Flow (m3/s) 760 0 Top Width (m) 119.11 1.22 Avg. Vel. (m/s) 3.33 0.16 Hydr. Depth (m) 1.91 0.02 Conv. (m3/s) 9993.4 0.1 Wetted Per. (m) 120.01 1.22 Shear (N/m2) 107.76 1.14 Stream Power (N/m s) 359.18 0.18 Cum Volume (1000 m3) 52.14 0 Cum SA (1000 m2) 29.36 0.15 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 2 Profile: TR=100 anni 205.51 Element Left OB Channel Right OB 0.11 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.4 Reach Len. (m) 50 50 50 Flow Area (m2) 11.84 463.87 50.52 0.000434 Area (m2) 11.84 463.87 50.52 760 Flow (m3/s) 8.34 707.26 44.4 150.21 Top Width (m) 8.58 112.64 29 1.44 Avg. Vel. (m/s) 0.7 1.52 0.88 4.65 Hydr. Depth (m) 1.38 4.12 1.74 36464.5 Conv. (m3/s) 400.3 33934.1 2130.1 50 Wetted Per. (m) 9.21 113.22 30.88 200.75 Shear (N/m2) 5.48 17.45 6.97 1.06 Stream Power (N/m s) 3.86 26.61 6.13 0.05 Cum Volume (1000 m3) 0.3 69.44 1.27 0.05 Cum SA (1000 m2) 0.21 35.15 0.91 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 3 Profile: TR=100 anni 205.54 Element Left OB Channel Right OB 0.11 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.43 Reach Len. (m) 55.6 55.6 55.6 Flow Area (m2) 24.21 469.44 37.43 0.000453 Area (m2) 24.21 469.44 37.43 760 Flow (m3/s) 24.03 714.95 21.02 168.94 Top Width (m) 10.58 116.96 41.39 1.43 Avg. Vel. (m/s) 0.99 1.52 0.56 4.73 Hydr. Depth (m) 2.29 4.01 0.9 35723.2 Conv. (m3/s) 1129.5 33605.6 988 55.6 Wetted Per. (m) 11.6 118.37 42.44 200.7 Shear (N/m2) 9.26 17.6 3.91 1.08 Stream Power (N/m s) 9.19 26.81 2.2 0.02 Cum Volume (1000 m3) 1.3 95.38 3.71 0 Cum SA (1000 m2) 0.75 41.53 2.86 Plan: Plan 01 isca RS: 4 186 ofanto Profile: TR=100 anni E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) Plan: Plan 01 ofanto 205.59 Element Left OB Channel Right OB 0.13 Wt. n-Val. 0.035 0.035 205.46 Reach Len. (m) 83.5 83.5 83.5 Flow Area (m2) 442.74 28.29 0.000652 Area (m2) 442.74 28.29 760 Flow (m3/s) 728.57 31.43 144.53 Top Width (m) 129.97 14.56 1.61 Avg. Vel. (m/s) 1.65 1.11 5.06 Hydr. Depth (m) 3.41 1.94 29761 Conv. (m3/s) 28530.2 1230.8 83.5 Wetted Per. (m) 130.71 17.14 200.4 Shear (N/m2) 21.66 10.55 1.02 Stream Power (N/m s) 35.64 11.73 0.04 Cum Volume (1000 m3) 2.31 133.47 6.46 0.01 Cum SA (1000 m2) 1.19 51.84 5.2 isca RS: 5 E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) 205.64 Element Left OB Channel Right OB 0.08 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.56 Reach Len. (m) 100.3 100.3 100.3 Flow Area (m2) 1.22 554.73 54.67 0.000349 Area (m2) 1.22 554.73 54.67 760 Flow (m3/s) 0.42 713.39 46.18 178.71 Top Width (m) 1.96 146.89 29.86 1.24 Avg. Vel. (m/s) 0.35 1.29 0.84 5.26 Hydr. Depth (m) 0.62 3.78 1.83 40660.5 Conv. (m3/s) 22.6 38167 2470.9 100.3 Wetted Per. (m) 2.32 148.45 31.4 200.3 Shear (N/m2) 1.8 12.8 5.96 1.03 Stream Power (N/m s) 0.62 16.46 5.04 0.05 Cum Volume (1000 m3) 2.37 183.49 10.62 0.01 Cum SA (1000 m2) 1.29 65.73 7.43 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 6 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) isca RS: 6 187 Profile: TR=100 anni Profile: TR=100 anni 205.69 Element Left OB Channel Right OB 0.12 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.56 Reach Len. (m) 82.7 82.7 82.7 Flow Area (m2) 11.52 459.36 26.04 0.000428 Area (m2) 11.52 459.36 26.04 760 Flow (m3/s) 8.01 727.97 24.01 125.56 Top Width (m) 8.67 103.52 13.37 1.53 Avg. Vel. (m/s) 0.7 1.58 0.92 5.36 Hydr. Depth (m) 1.33 4.44 1.95 36727.5 Conv. (m3/s) 387.3 35179.9 1160.4 82.7 Wetted Per. (m) 9.03 104.68 14.9 200.2 Shear (N/m2) 5.36 18.43 7.34 1.04 Stream Power (N/m s) 3.73 29.2 6.77 0.03 Cum Volume (1000 m3) 2.9 225.42 13.95 0.01 Cum SA (1000 m2) 1.73 76.08 9.22 Profile: TR=100 anni 205.69 Element Left OB Channel Right OB Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) 0.12 Wt. n-Val. 205.56 Reach Len. (m) Flow Area (m2) 0.000428 Area (m2) 760 Flow (m3/s) 125.56 Top Width (m) 1.53 Avg. Vel. (m/s) 5.36 Hydr. Depth (m) 36727.5 Conv. (m3/s) 82.7 Wetted Per. (m) 200.2 Shear (N/m2) 1.04 Stream Power (N/m s) 0.03 Cum Volume (1000 m3) 0.01 Cum SA (1000 m2) 0.035 82.7 11.52 11.52 8.01 8.67 0.7 1.33 387.3 9.03 5.36 3.73 2.9 1.73 0.035 82.7 459.36 459.36 727.97 103.52 1.58 4.44 35179.9 104.68 18.43 29.2 225.42 76.08 0.035 82.7 26.04 26.04 24.01 13.37 0.92 1.95 1160.4 14.9 7.34 6.77 13.95 9.22 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 7 Profile: TR=100 anni 205.78 Element Left OB Channel Right OB 0.24 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.54 Reach Len. (m) 87.4 87.4 87.4 Flow Area (m2) 1.79 349.63 1.36 0.000938 Area (m2) 1.79 349.63 1.36 760 Flow (m3/s) 0.92 758.5 0.57 93.03 Top Width (m) 3.82 86.31 2.9 2.15 Avg. Vel. (m/s) 0.52 2.17 0.42 5.39 Hydr. Depth (m) 0.47 4.05 0.47 24814.6 Conv. (m3/s) 30.2 24765.6 18.8 87.4 Wetted Per. (m) 3.93 89.57 4.05 200.15 Shear (N/m2) 4.18 35.91 3.09 1.01 Stream Power (N/m s) 2.16 77.9 1.3 0.05 Cum Volume (1000 m3) 3.48 260.78 15.15 0.03 Cum SA (1000 m2) 2.27 84.38 9.93 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 8 Profile: TR=100 anni 205.87 Element Left OB Channel Right OB 0.34 Wt. n-Val. 0.035 0.035 0.035 205.53 Reach Len. (m) 54.2 54.2 54.2 Flow Area (m2) 14.17 284.07 3.65 0.001348 Area (m2) 14.17 284.07 3.65 760 Flow (m3/s) 18.34 738.57 3.09 83.46 Top Width (m) 9.92 69.69 3.85 2.52 Avg. Vel. (m/s) 1.29 2.6 0.85 5.4 Hydr. Depth (m) 1.43 4.08 0.95 20696.8 Conv. (m3/s) 499.3 20113.2 84.2 54.2 Wetted Per. (m) 10.34 72.82 5.91 200.13 Shear (N/m2) 18.11 51.58 8.16 1.04 Stream Power (N/m s) 23.44 134.12 6.92 0.06 Cum Volume (1000 m3) 3.91 277.95 15.29 0.03 Cum SA (1000 m2) 2.64 88.6 10.11 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) isca RS: 9 188 Profile: TR=100 anni 205.9 Element 0.28 Wt. n-Val. Left OB Channel Right OB 0.035 0.035 0.035 W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) 205.63 Reach Len. (m) Flow Area (m2) 0.001024 Area (m2) 760 Flow (m3/s) 83.47 Top Width (m) 2.29 Avg. Vel. (m/s) 5.6 Hydr. Depth (m) 23747.9 Conv. (m3/s) 28.5 Wetted Per. (m) 200.03 Shear (N/m2) 1.03 Stream Power (N/m s) 0.03 Cum Volume (1000 m3) 0.01 Cum SA (1000 m2) Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 10 Plan: Plan 01 ofanto E.G. Elev (m) Vel Head (m) W.S. Elev (m) Crit W.S. (m) E.G. Slope (m/m) Q Total (m3/s) Top Width (m) Vel Total (m/s) Max Chl Dpth (m) Conv. Total (m3/s) Length Wtd. (m) Min Ch El (m) Alpha Frctn Loss (m) C & E Loss (m) isca RS: 11 189 28.5 15.16 15.16 17.75 9.99 1.17 1.52 554.6 10.47 14.55 17.03 4.33 2.93 28.5 315.7 315.7 742.09 72.38 2.35 4.36 23188.2 76.59 41.4 97.31 286.5 90.63 28.5 0.49 0.49 0.17 1.1 0.34 0.44 5.2 2.16 2.26 0.77 15.34 10.18 Profile: TR=100 anni 205.93 Element Left OB Channel Right OB 0.29 Wt. n-Val. 0.035 0.035 205.63 Reach Len. (m) 14.9 14.9 14.9 Flow Area (m2) 281.98 40.04 0.001138 Area (m2) 281.98 40.04 760 Flow (m3/s) 693 67 83.14 Top Width (m) 66.31 16.83 2.36 Avg. Vel. (m/s) 2.46 1.67 5.56 Hydr. Depth (m) 4.25 2.38 22526.3 Conv. (m3/s) 20540.5 1985.9 14.9 Wetted Per. (m) 69.27 17.51 200.07 Shear (N/m2) 45.44 25.53 1.03 Stream Power (N/m s) 111.68 42.72 0.02 Cum Volume (1000 m3) 4.44 290.95 15.65 0 Cum SA (1000 m2) 3 91.66 10.31 Profile: TR=100 anni 206.02 Element Left OB Channel Right OB 0.47 Wt. n-Val. 0.035 0.035 205.55 Reach Len. (m) 30 30 30 Flow Area (m2) 233.09 23.08 0.001762 Area (m2) 233.09 23.08 760 Flow (m3/s) 717.79 42.21 64.38 Top Width (m) 52.79 11.59 2.97 Avg. Vel. (m/s) 3.08 1.83 5.5 Hydr. Depth (m) 4.42 1.99 18106.5 Conv. (m3/s) 17100.8 1005.7 30 Wetted Per. (m) 56.64 12.25 200.05 Shear (N/m2) 71.09 32.54 1.04 Stream Power (N/m s) 218.93 59.53 0.04 Cum Volume (1000 m3) 4.44 298.68 16.59 0.05 Cum SA (1000 m2) 3 93.45 10.74 verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 Sezione 2a .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Crit TR=100 anni Ground 210 Bank Sta 205 200 0 50 100 150 200 250 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 Sezione 2a .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Crit TR=100 anni Ground 210 Bank Sta 205 200 0 50 100 150 200 250 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 Sezione 1a .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 Station (m) 190 200 250 verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 Sezione 1b .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 200 250 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 Sezione 1c .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 200 250 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1d . 0 3 5 225 Elevation (m) 220 .035 .035 Legend EG TR=100 anni WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 Station (m) 191 200 250 verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1e .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 200 250 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1f .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 50 100 150 200 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1g .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 20 40 60 80 100 Station (m) 192 120 140 160 verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1h .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 20 40 60 80 100 120 140 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1i .035 225 .035 .035 Legend EG TR=100 anni Elevation (m) 220 WS TR=100 anni 215 Ground Bank Sta 210 205 200 0 20 40 60 80 100 120 140 Station (m) verifica fiume ofanto Plan: Plan 01 06/09/2003 sezione 1l .035 216 .035 .035 Legend 214 EG TR=100 anni Elevation (m) 212 WS TR=100 anni 210 Ground 208 Bank Sta 206 204 202 200 0 20 40 60 80 Station (m) 193 100 120 140 12.VERIFICHE DI STABILITA’ ARGINE Geometria argine e fondazione Descrizione Argine a gravità in materiale sciolto Altezza del paramento(m) Spessore in sommità (m) Spessore all'attacco con la fondazione (m) Inclinazione paramento esterno (°) Inclinazione paramento interno (°) Lunghezza argine (m) 4.00 2.00 10.00 45.00 45.00 10.00 Fondazione Lunghezza mensola fondazione di valle (m) Lunghezza mensola fondazione di monte (m) Lunghezza totale fondazione Inclinazione piano di posa della fondazione Spessore fondazione (m) 0.00 0.00 10.00 0.00 0.50 Carichi in testa all’ argine Forza verticale [positiva verso il basso] (Kg) Forza orizzontale [positiva verso valle] (Kg) Momento [positivo se ribaltante] (Kgm) 0 0 0 Peso specifico argine 2000 Kg/m3 Geometria e carichi terreno a monte dell’ argine Simbologia adottata e sistema di riferimento (Sistema di riferimento con origine in testa al argine, ascissa X positiva verso monte, ordinata Y positiva verso l'alto) N numero ordine del punto X ascissa del punto espressa in metri Y ordinata del punto espressa in metri F carico concentrato sul punto espresso in Kg Q carico distribuito sul tratto precedente il punto espresso in Kg/m2 N 1 X 1.00 Y 0.00 F 0.00 Q 0.00 Terreno a valle dell’ argine Inclinazione terreno a valle del argine rispetto all'orizzontale Altezza del rinterro rispetto all'attacco fondaz.valle-paramento 194 (°) (m) 0.00 2.00 Falda Quota della falda a monte del argine rispetto al piano di posa della fondazione (m) Caratteristiche terreno di fondazione Descrizione Peso di volume γ Peso di volume saturo γsat Angolo di attrito interno φ Angolo di attrito terra-argine δ Coesione c Adesione terra-argine ca Costante di sottofondo(Winckler) K Terreno fondazione 2000 Kg/m3 2000 Kg/m3 30° 30° 0 Kg/cm2 0 Kg/cm2 14.11 Kg/cm3 Analisi della spinta e verifiche Sistema di riferimento adottato per le coordinate : Origine in testa al argine (spigolo di monte) Ascisse X (espresse in metri) positive verso monte Ordinate Y (espresse in metri) positive verso l'alto Le forze orizzontali sono considerate positive se agenti da monte verso valle Le forze verticali sono considerate positive se agenti dall'alto verso il basso Tipo di analisi Coefficiente di intensità sismica (Percento) Partecipazione spinta passiva (Percento) 10 0 Calcolo riferito ad 1 metro di argine Lunghezza del argine (m) 10.00 Spinta della falda Punto d'applicazione della spinta della falda (Kg) 8000.00 X= 4.00 Y= -3.17 Peso argine Baricentro del argine Peso terrapieno gravante sulla fondazione a monte Baricentro terrapieno gravante sulla fondazione a monte Inerzia del argine Inerzia del terrapieno fondazione di monte (Kg) 58000.00 X= -1.00 Y= -2.76 0.00 X= 0.00 Y= 0.00 5800.00 0.00 Risultanti Risultante dei carichi applicati in dir. orizzontale Risultante dei carichi applicati in dir. verticale Momento ribaltante rispetto allo spigolo a valle Momento stabilizzante rispetto allo spigolo a valle Sforzo normale sul piano di posa della fondazione 195 (Kg) (Kg) (Kg) (Kg) 13800 (Kg) 58000 (Kgxm)41638 (Kgxm)174000 (Kg) 58000 4.00 Sforzo tangenziale sul piano di posa della fondazione COEFFICIENTI DI SICUREZZA Coefficiente di sicurezza a ribaltamento Coefficiente di sicurezza a scorrimento (Kg) 13800 3 2.42 Analisi della portanza Il calcolo della portanza è stato eseguito col metodo di Terzaghi La relazione adottata è la seguente : qu = cNcsc + qNq + 0.5BγNγsγ dove i vari coefficienti sono stati definiti precedentemente. Il calcolo è stato eseguito tenendo conto dei seguenti parametri : Larghezza fondazione Lunghezza fondazione Profondità piano di posa Peso di volume Angolo di attrito Coesione Pressione geostatica sul piano di posa Coefficiente di profondità (D/B) B = 10.00 L = 10.00 D = 0.50 γ = 2000 φ = 30° c = 0.00 q = 1000.00 k = 0.05 m m m Kg/m3 Kg/cm2 Kg/m2 I fattori calcolati sono i seguenti : Nc = 37.162 sc = 1.30 Nq = 22.456 sq = 1.00 Nγ = 27.084 sγ = 0.80 Pertanto il valore della capacità portante è dato da qu=0.00 + 22455.74 + 216674.86 = 239130.60 Kg/m2 = 23.91 Kg/cm2 Applicando il coefficiente di sicurezza, η=3.00, otteniamo per la tensione ammissibile il seguente valore qamm=239130.60/3.00 = 79710.20 Kg/m2 = 7.97 Kg/cm2 Tensioni sul terreno Lunghezza fondazione reagente Tensione terreno allo spigolo di valle Tensione terreno allo spigolo di monte 196 (m) 5.00 (Kg/cm2) (Kg/cm2) 0.73 0.00 13.VERIFICA A SIFONAMENTO DELL’ARGINE GEOMETRIA ARGINE X Y 0 4 6 10 0 0 0 0 0 ACQUA AMONTE X Y 0 0 4 4 0 0 0 0 0 0 197 0 4 4 0 0 0 0 0 0 ACQUA A VALLE X Y 6 4 10 0 Tipologia TERRENO GHIAIA cw 2 VERIFICA AL SIFONAMENTO METODO BLIGH LANE L=b/3 +h= H=hm-Hv= 198 9 4.00Ic= L/h= b=10.00 2.2 h=6 Ic>Cw: struttura verificata al sifonamento BIBLIOGRAFIA - Corso di Costruzioni Idrauliche G. Calenda, G. Margaritora La Goliardica Editrice - Geologia Tecnica F. Ippolito, P. Nicotera, P. Lucini, M. Civita, R. De Riso Arnoldo MondadoriEditore - La legge 183/89 – Legislazione e Atti – Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione Generale della Difesa del Suolo – maggio 1991. - La Legge 183/89 – il Processo di attuazione - Ministero dei Lavori Pubblici – Direzione Generale della Difesa del Suolo – maggio 1991. - Rischio Idraulico ed Idrogeologico Alberto Mariano Caivano EPC Libri srl Roma 2002 - Schemi Previsionali e Programmatici art. 31 Legge 183/89 Regione Basilicata – Ufficio Opere Pubbliche e Difesa del Suolo – 1990 - 199 Hydrologic Engineering Center – River Analysis System – HEC – RAS. - Annali Idrologici a cura dell’Istituto Idrografico dello Stato – Sezione del Genio Civile di Catanzaro -. - Rapporto Interinale Difesa del Suolo – Ministero LL PP e Ministero Ambiente – aprile 2001. - Drenaggi a gravità per la stabilizzazione dei pendii A. Desideri, S. Miliziano, S. Rampello Argomenti di ingegneria geotecnica Hevelius Edizioni 200