Luigi Auletta e il suo Impero Couture
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Luigi Auletta e il suo Impero Couture
venerdì 13 luglio 2012 L’INTERVISTA 11 [email protected] CULTURA PALA IL PATRON DELL’AZIENDA CHE NON AVVERTE LA CRISI ECONOMICA E CONTINUA A CRESCERE Luigi Auletta e il suo Impero Couture di Mimmo Sica I n un momento di sfavorevolissima congiuntura economica, c'è un'azienda in controtendenza che è la Maison "Impero Couture", fondata nel duemila dal designer Luigi Auletta che ne è anche il presidente. Il principio che ha ispitato e ispira lo stilista è che "il marchio si sviluppa nell'ottica dell'haute couture, proponendo capi in cui ogni accostamento di forma, tessuto e colore si fa emblema di uno stile di alta classe e di immagine studiata nei minimi dettagli". A settembre la maison inaugurerà uno dei più grandi atelier al mondo nel settore. Ne parla il patron. Perché è nata la sua maison? «Sono 26 anni che lavoro nell'alta moda: ce l'ho nel Dna al punto che se facessimo un forellino nel mio corpo ne uscirebbe solamente moda. Sono campano, amo il territorio dove sono nato e vivo. Passo dopo passo, dopo dodici anni ho coronato il mio sogno: creare la bellissima sede che sarà inaugurata il prossimo 22 settembre. La nuova location, di circa tremila metri quadrati e con uno show room di 650, è situata nella zona Asi di Aversa Nord, nel bellissimo e innovativo complesso Sinè Sinergie di Creatività delle eccellenze campane. Questa struttura, che comprende al suo interno il raggruppamento storico, è uno spazio espositivo il cui design è stato curato dall'architetto Salvatore Perfetto. Alla sua realizzazione hanno collaborato numerosi artigiani, di alta professionalità, del comprensorio campano. Il concept è innovativo. All'interno, infatti, abbiamo ideato un atrio, che precede "l'impatto" con la moda, dove sono rappresentate le eccellenze della Campania in tutte le declinazioni. Ci sono le sete di San Leucio, le ceramiche di Capodimonte, immagini di Totò, di Sophia Loren e tanto altro ancora. Ho voluto questo perchè qualsiasi ospite, prima di visitare e conoscere la nostra azienda, deve capire che la Campania è un terra bellissima, ricca di civiltà e cultura». 150° La sua è stata una scelta molto coraggiosa. «Sicuramente. La Campania non è un territorio facile per chi vuole fare seriamente e onestamente impresa. Ma qualsiasi imprenditore, quando nutre un amore così profondo per la propria terra, quale è il mio, non dovrebbe abbandonare le sue radici per creare altrove attività produttive. Credere in qualche cosa significa lottare e combattere quotidianamente per essa. Io l'ho fatto, lo faccio e lo farò sempre e i risultati fin qui raggiunti mi hanno premiato». Perché questo nome così "imponente" alla sua maison? «Il nome Impero è frutto di una scelta sofferta. Quando ho preso questa decisione non ho dormito per tre giorni, mi sono allontanato perfino dai pasti, perchè accreditarsi un nome che storicamente è simbolo di grandi conquiste significava per me accollarmi responsabilità enormi e traguardi significativi da raggiungere. Oggi, senza falsa modestia, mi sento di affer- mare di non aver peccato di presunzione. Abbiamo 500 clienti multibrand in tutta Italia e molti di loro sono orientati a diventare monomarca, cioè affiliarsi a Impero Couture. Abbiamo, infatti, avviato un progetto di affiliazione che, grazie alla frequenza delle collezioni assicura ai punti vendita assortimenti ed immagine costantemente rinnovati e con eccellenti risultati di sell out. Aderendo al "franchising" l'affiliato avrà a disposizione professionisti specializzati per consulenze su assortimenti equilibrati e studiati con il concetto del "total look"». Che cosa è il concorso "Miss Impero, un volto per l'eleganza italiana"? «Ho lanciato quest'anno, per la prima volta, questo concorso perchè ho pensato di trovare in casa Impero le modelle piuttosto che andarle a cercare altrove. Le cinque finaliste avranno l'opportunità di diventare le protagoniste di un percorso ricco di iniziative. La finale avverrà sempre il 22 settem- A LARGO BARACCHE LA MOSTRA FOTOGRAFICA “Antes de la noche”, a Napoli l’alma de Cuba di Mario Mosca “I n una piccola casa del centro, Gilberto continua da anni a far suonare vecchi dischi con incisa la sua voce. Ottantenne e malato, spera ancora che il successo di quand’era giovane torni a bussare alla sua porta”. A Largo Baracche l’alma de Cuba è nelle 47 immagini della mostra fotografica “Antes de la noche”, un lavoro che Nicolas Pascarel ha realizzato con il portoghese Luis Pinto e il francese Olivier Leger. Istantanee irresistibili che offrono uno sguardo di un mondo assai lontano, discosto, destorificato, dove il passato coabita con il presente, l’urbano con il rurale, l’utopia con la concretezza. «Sono stato per la prima volta a Cuba che non avevo nemmeno trent’anni – racconta Pascarel – Dopo dieci anni sono tornato. Volevo raccontare qualcosa di nuovo questa volta, che nascesse da un’occasione qualunque, un’occasione che si sarebbe presentata da lì a breve. Gilberto mi ha aperto la sua casa, la sua vita, quella è stata la mia occasione». La storia di Gilberto si unisce ai percorsi paralleli di Luis e Olivier, a Cuba per seguire Pascarel in uno dei suoi workshop con Fotoasia, l’agenzia di cui è presidente. Allora i volti dei pugili adolescenti nelle palestre del centro si fondono al miracolo di un lungomare che resta immutato da più o meno una vita, allora tutto risuona splendido e fuori dal mondo, tra le strade di Cuba. «Largo Baracche si apre costantemente a nuove realtà – nota Giuseppe Ruffo che con Pietro Tatafiore e Mariano Ipri gestisce l’avamposto artistico ai Quartieri Spagnoli – Tra l’altro Cu- ba si presta a molti parallelismi con la nostra città, non ultimo il mare». “Antes de la noche” fa seguito ad una serie di polemiche sull’opera di riqualificazione che il comune ha attuato a Largo Baracche senza il coinvolgimento dell’associazione che da anni opera sul territorio. «Durante i lavori abbiamo prestato lo spazio per 20 giorni – continua Ruffo – Il risultato è stato vedercelo trasformato in una vera e propria discarica. Purtroppo mancavano di sensibilità prima e mancano anche adesso». «La pazienza ha un limite – chiosa Tatafiore – Siamo giovani e se il nostro lavoro verrà riconosciuto altrove non ci precluderemo nuovi orizzonti. Si può lavorare qua e farlo in condizioni difficili, ma non per sempre». Fino al 29 luglio “Antes de la noche” racconta per dirla con Pascarel «di un’isola che ti lascia disorientato, smarrito, certamente fuori dal mondo». Perché in effetti è così, Cuba è un po’ come Napoli. Un posto dove perdersi in un tempo che viaggia al passato, un tempo fatto di pause e di giochi, di chiacchiere allegre e miseria viva, un posto dove risuona una musica meravigliosa, che si fonde con l’anima del luogo. PER IL COMPLEANNO DEL “ROMA” PUBBLICHIAMO RACCONTI E POESIE ISPIRATI AL NUMERO 150 UN CONTRIBUTO DEL LABORATORIO “LA LINEA SCRITTA” LA POESIA Centocinquanta e non li dimostra Il ricordo: 150 articoli scritti in apnea di Luigi D’Amico I Luigi Auletta, presidente e fondatore della Maison “Impero Couture” bre. Alle prime tre classificate verrà assegnato il titolo rispettivamente di Miss Impero, Miss Diamont e Miss Enea in onore ai tre brend della maison. La quarta riceverà la fascia di "Marlen" e la quinta quella di "Regina di cuori" ». La Maison è stata main sponsor del recente "Premio Ischia Internazionale" di giornalismo. Cosa ha rappresentato per lei questa esperienza? «Una emozione grandissima, sul piano personale, e tanta soddisfazione, su quello professionale perchè ho potuto anticipare alcuni abiti della collezione primavera estate 2013 che avrà come protagonista pubblicitaria l'attrice Cosima Coppola. I premiati e i premianti, infatti, sono stati accompagnati da mie modelle. Anche la bellissima presentatrice Ingrid Muccitelli indossava mie creazioni. Sono profondamente grato ai fratelli Benedetto ed Elio Valentino, ai quali sono legato da sentimenti di stima e amicizia, per l'onore che mi hanno concesso». I suoi progetti nell'immediato? «Dare forte impulso alla sede distaccata che abbiamo aperto a Milano, uno show room di fronte a Prada. Milano è una capitale mondiale della moda e il nostro mercato abbraccia anche il Medio Oriente e il Sud America che hanno, in particolare, una grossa cultura per l'alta moda sia maschile che femminile. Non vestiamo solo donne. Abbiamo, infatti, anche Impero uomo e il brend "Enea", orientato verso un'eta più giovanile. A latere, poi, stiamo appoggiando, come comunicazione, Sal Da Vinci con il suo nuovo disco realizzato nelle favelas in Brasile. Anche Sal, in controtendenza con i tempi, sta cercando di lanciarsi su progetti di spessore. Come artista e come uomo ha tutte le carte in regola per riuscirci. Un' ultima cosa voglio dire: la forza dell'abito è importante, ma ha un limite perchè ogni progetto stilistico se non è supportato da un progetto imprenditoriale serio è destinato a fallire». l complesso chiamato sfarzosamente fattoria Anzisi era in realtà una vecchia costruzione in mattoni rossi. In alcune parti essi lasciavano il posto ad un calcestruzzo aspro che dava alla casa un aspetto di trasandatezza. Sul lato est, il breve portico si reggeva su corte e tozze colonne. Un tempo, sotto quel colonnato con il pavimento di dura pietra lavica si mettevano a dimora i sacchi di frumento e mais, mentre ora esso dava riparo alla vecchia utilitaria dei fratelli Anzisi. Il giardino annesso alla casa era incolto. A qualche decina di metri, il vecchio pozzo, non più alimentato dalla falda sotterranea, aveva l’apertura protetta da una grata di ferro arrugginita. Il ragioniere Anzisi e sua sorella Carla avevano avuto in eredità quella casa dal padre Gugliemo, che per decenni aveva vissuto in campagna, coltivando la terra, allevando animali e curando un alveare da cui ricavava miele, propoli, cera d’api, pappa reale. Quella casa era stata costruita esattamente 150 anni prima dal capostipite della famiglia Anzisi, il possidente Guido Maria Anzisi, conte di Roccarainola e deputato al parlamento italiano, dopo l’unificazione. Erano passati solo pochi mesi da quando Carla e Guido avevano lasciato il loro modesto appartamento in città e si erano trasferiti in campagna. Guido aveva lavorato come ragioniere in una ditta di trasporti internazionali, Carla maestra elementare, dopo quarant’anni di onorata carriera si era ritirata. Guido si era appena appisolato sulla panchina all’ombra del platano, quando sentì la sorella chiamarlo a gran voce. Si era affacciata alla finestra della cucina e si sbracciava, facendo oscillare la testa, i capelli color senape vistosamente tinti, tenuti insieme da una sottile retina di colore verde smagliante. «Guido, corri! Ho trovato qualcosa, vieni subito dentro». Controvoglia si decise ad alzarsi e si avviò verso la casa, evitando Jessica, il labrador che per gioco gli saltellava davanti. «Lascia stare il cane, incosciente, e vieni subito qui» strillò di nuovo Carla. Trovò la sorella distesa su una delle poltrone della camera da pranzo. Il vestito sollevato fin sopra le ginocchia, le guance accaldate, gli occhi piccoli e vispi che fissavano un foglio di carta che teneva stretto tra le mani. « Guarda cosa ho trovato in un cassetto segreto della vecchia credenza, quella in soffitta tutta rovinata dai tarli, che apparteneva al nostro avo Guglielmo Maria e che avevo deciso di dare al rigattiere la prossima settimana». «Si può sapere di che si tratta? che ti ha preso? mi sembri impazzita!» Carla guardò con occhi di fuoco il fratello, poi cominciò ad aprire, con lentezza, la mano e cedette il foglio a Guido. « Il passato che ritorna! Guarda tu stesso, un messaggio nella bottiglia che è partito 150 anni fa ed è arrivato a noi. La mappa del tesoro di cui parlava il nonno, ricordi? e no- stro padre, e tutti i vecchi della nostra famiglia che si erano tramandati attraverso tre generazioni la leggenda del tesoro degli Anzisi.» Guido guardò con maggiore attenzione quel foglio ingiallito. In alto a sinistra portava lo stemma della famiglia, quello dell’antico feudo di Roccarainola: due pegasi neri, tre monti e un cuore centrale da cui partiva una fiamma che si indovinava tra le pieghe stropicciate della carta. Al centro, disegnata in modo sche- matico ma chiaro, una piccola mappa topografica: il giardino, la quercia a pochi metri dal pozzo, l’indicazione di uno sperone di roccia che emergeva dal terreno e su cui era scalfito un piccolo cavallo alato, una freccia con un numero che sembrava un dieci e una croce. « Ricordi? Si parlava di tante monete d’argento di re Francesco II, insieme a tornesi, grana, medaglie». «Certo che ricordo», le fece eco il fratello. « Il tesoro fu nascosto da Guido Maria in vista dell’arrivo di quelli che lui chiamava gli usurpatori piemontesi, per difenderlo dai briganti con le camicie rosse, dal bandito Garibaldi». Guido aiutò Carla ad alzarsi, poi corse a prendere la vanga nell’officina degli attrezzi e il piccone. I due fratelli aspettarono in silenzio, seduti sotto il portico che fosse completamente buio. Poi si diressero lì dove indicava la croce, nel punto esatto, a dieci passi dallo sperone di roccia, quella costola scoperta della terra che si sollevava polverosa a rompere la monotonia del paesaggio. Guido cominciò a scavare con colpi secchi, decisi, Carla ne seguiva le mosse, ne condivideva la fatica. Dopo pochi minuti il fratello si fermò. Il piccone aveva trovato un ostacolo metallico. di Eugenio Lucrezi S u questo giornale imparai a scrivere gli articoli. Centocinquanta ne scrissi, per accedere all’albo dei pubblicisti. Vedi tu, se resisti. Articoli ridicoli perché pretendevo di scriverli in apnea, pena la sussistenza del reato. Un fato amico mi diede e mi concesse capi benevoli, Eumenidi che mai furono Erinni. Eressi un monumento: il Direttore – che regge pertinace la reggenza dopo un ventennio da Eternauta – non può aver dimenticato, di quegli articoli, la consistenza: di sasso, appunto, e non di bronzo.