Il Talete non detto da Platone. ALCUNE
Transcript
Il Talete non detto da Platone. ALCUNE
ALDO BONET IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 1 ALDO BONET 2 1. ALCUNI CENNI SULLE ORIGINI DELL’ASTRONOMIA, FINO A TALETE L’astronomia è una tra le scienze più antiche. Forse la più antica 3. I temi dell’astronomia si presentarono quotidianamente agli uomini sin dalla loro prima comparsa sulla Terra. Si pensi, ad esempio, ai suggestivi spettacoli dell’alba e del tramonto del sole, della notte stellata o illuminata dalla luna 4. L’astronomia è nata dalle necessità della 1 In questo capitolo viene proposto un confronto tra l’interpretazione del pensiero di Talete di Aldo Bonet con quella di Livio Rossetti. Più di preciso, vengono messi a confronto Bonet 2009b (la parte intitolata Il cosmo di Talete e il calcolo del numero divino, pp. 24-30) e Bonet 2010 (cap. 19 e 25) con Rossetti 2013 e Rossetti 2015 (cap. V, Talete il misuratore, pp. 173-221, in particolare le nove pagine del § 4: Misurare il sole (e/o la luna), pp. 199-207). Attraverso tale confronto ci si propone di sottolineare le convergenze e le divergenze interpretative dei due autori. Il confronto non è però fine a se stesso: è, piuttosto, una scelta metodologica finalizzata a proporre un’interpretazione controcorrente del pensiero di Talete, in cui emerga la sua importanza all’interno della storia del pensiero filosofico e scientifico, nonostante le pochissime e poco generose parole che Platone ha scritto al riguardo. 2 Alcune parti di questo capitolo sono state aggiunte dal curatore di questo volume, Andrea Muni, e verranno siglate con: a. m.. 3 Tra gli studi sulla storia dell’astronomia pubblicati negli ultimi 50 anni, cfr. Becker 1968; Roth 1987; Waerden 1988; Godoli 1993; North 1997; Francescato 1998; Ansari 2002; Dick-Hamel 2002; Hamel 2002; Maeyama 2003; Heilbron 2005; CouperHenbest 2008; Hockey 2011 [a. m.]. 4 Si può essere in parte d’accordo con Rossetti 2015, p. 151 (bisogna procedere «sgombrando il campo dalle congetture fondate sulla nozione di meraviglia […]. Infatti non è e non è stata un po’ di meraviglia a cambiare il corso degli eventi»). Il riferimento polemico implicito, sottinteso, a cui si allude, è E. Berti, In principio era la meraviglia. Le grandi questioni della filosofia antica, Roma-Bari 2007. Berti a sua volta riprende Socrate che risponde a Teeteto in Platone, Theaet. 155 d: µάλα γὰρ φιλοσόφου τοῦτο τὸ πάθος, τὸ θαυµάζειν, «è tipico del vero filosofo (φιλοσόφου) questo stato d’animo (πάθος), la meraviglia (θαυµάζειν)» (tr. it. Ferrari 2011, in cui, a p. 139 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI vita quotidiana. La misura del tempo che passava era, per gli uomini della storia più arcaica, un’idea molto vaga: vedevano ogni giorno il sole sorgere e tramontare per far posto alla notte. Questo dovette essere riconosciuto come un tempo qualificabile come “breve”, composto dal giorno (luce) e dalla notte (buio). Poi è verosimile immaginare che gli uomini riconobbero tempi più lunghi, che si ripetevano. Attraverso l’osservazione degli alberi, ad esempio. Dapprima fiorivano. Poi maturavano i frutti. In seguito ingiallivano e staccavano le foglie. Infine rimanevano spogli. Ed allora ritornava il freddo. È anche in questo modo che gli antichi potevano aver scoperto l’alternarsi delle quattro stagioni e riconoscere che ogni volta che gli alberi rifiorivano, col ritorno del tepore del sole, era passato un tempo qualificabile come “lungo”: un anno. Ma, in una prima fase della storia più antica, è difficile pensare che gli uomini potessero conoscere molto di più. Quando incominciarono ad osservare la notte, gli uomini poterono imparare qualcosa in più sullo scorrere del tempo. Ogni mese (trenta notti circa) la luna aumentava fino a diventare piena, poi gradualmente decresceva fino a scomparire di nuovo. Poterono contare che in un anno ci sono dodici lune piene: perciò dodici periodi di tempo, corrispondenti ai nostri “mesi”. Ma poterono vedere che il fenomeno aveva una regolarità e si ripeteva immutato in tempi ancor più lunghi: gli anni. È verosimile che fu così che gli uomini poterono cominciare a suddividere il trascorrere del tempo con quegli eventi, divenuti a loro più familiari, e a darne una misura. 266 n. 89, si fa presente anche il parallelo in Plutarco De E, 385c-d: «inizio del filosofare, φιλοσοφεῖν, è l’indagare, ζητεῖν, e l’inizio dell’indagare, ζητεῖν, è il meravigliarsi, τὸ θαυµάζειν, e il trovarsi in stato di aporia, ἀπορεῖν», τῷ διαλέγεσθαι καὶ φιλοσοφεῖν πρὸς ἀλλήλους. ‘ἐπεὶ δὲ τοῦ φιλοσοφεῖν’ ἔφη ‘τὸ ζητεῖν τὸ θαυµάζειν καὶ ἀπορεῖν; Ferrari rimanda, per questo parallelo tra Platone e Plutarco, a Opsomer 1998, pp. 78-80), e Aristotele, Metaph. I, 2, 982 b 12-13: «gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia: mentre in principio restavano meravigliati…» (tr. it. Reale 2004), in cui πρώτων φιλοσοφησάντων e πρῶτον ἤρξαντο φιλοσοφεῖν vengono messi in relazione diretta con θαυµάζειν e θαυµάσαντες. Infine, resta da osservare che la filosofia e la scienza possono nascere dalla meravigia, la meraviglia può cambiare il corso degli eventi, se per «meraviglia» intendiamo quello che intende Wilamowitz (Markowitz 1848-Berlino 1931) nella sua Geschichte der Philologie (Storia della filologia) del 1921 quando scrive «come ogni scienza, come in ogni filosofia, per dirla alla greca, anche qui si comincia con lo stupore che suscita ciò che non si comprende» (Wilamowitz 1921 in Canfora 2014c, pp. 57-58) [a. m.]. 140 ALDO BONET Gli uomini poterono imparare anche a suddividere il tempo breve della giornata, servendosi di un bastone piantato ritto sul terreno. Per sapere quanta parte del giorno era trascorsa (l’”ora”), poterono osservare la posizione assunta sul suolo dall’ombra del bastone, proiettata dal sole, che ruotava lentamente (come la lancetta delle ore del nostro orologio) dal mattino alla sera, in un semicerchio, ogni giorno allo stesso modo. Gli uomini, poi, nel prendere familiarità temporale con le ore del loro “orologio”, poterono notare che il sole non proiettava una lunghezza dell’ombra identica nelle varie stagioni: l’ombra era visibilmente più lunga nella stagione fredda e più corta in quella calda. Poterono segnare per terra il punto in cui arrivava l’ombra del bastone a mezzogiorno nella stagione della fioritura, quindi in primavera. Poterono fare lo stesso nella stagione della maturazione dei frutti, cioè in estate; successivamente nella stagione della caduta delle foglie, ovvero in autunno; infine, quando l’albero fu spoglio, nella stagione dell’inverno. Poterono avere così quattro punti temporali di riferimento nel corso di un anno. Osservando la lunghezza dell’ombra sul terreno, poterono sapere se era tempo di semina o di raccolti, senza dover più osservare il comportamento delle piante. In questo modo, è verosimile che poté nascere il calendario. L’anno, infine, poté essere suddiviso non soltanto nelle quattro stagioni, ma anche in base alle lune: dodici erano le lune piene che si presentavano nel tempo lungo, e dodici sono i periodi che ancor oggi dividono l’anno. Così poterono nascere i mesi del calendario. I babilonesi e gli egizi disponevano già di un calendario più preciso 5, basato sulla posizione delle stelle in cielo. Avevano già notato che l’anno era il tempo che una stella impiegava, dopo i suoi periodici spostamenti, per ritrovarsi nello stesso punto del firmamento. L’anno egizio era suddiviso correttamente in 365 giorni. Anche lo studio di quei grandi e spaventevoli fenomeni terrestri (come i terremoti, le eruzioni vulcaniche, le piene dei fiumi), celesti (come i forti venti che causavano mareggiate, uragani, tuoni, fulmini), e cosmici, come l’eclissi di sole o di luna, fece inizialmente 5 Cfr. Singer 1954, cap. 31: Matematica e Astronomia antica, p. 807. 141 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI dell’astronomia 6 una scienza enigmatica, associata per lo più alle superstizioni astrologiche, e anticamente riservata agli oracoli e alle caste sacerdotali delle civiltà che assimilavano gli astri agli dei, e che intendevano prevedere eventi favorevoli attraverso un culto di adorazione. La misura del tempo era calcolata con particolari strumenti di misurazione, quali la clessidra ad acqua, lo gnomone, le meridiane solari, il polos 7. Questi strumenti erano utilizzati come orologi. Lo stazionamento era fatto con fili a piombo o aste piombate per la verticalizzazione del punto; bilance e contenitori d’acqua graduati per l’orizzontalità e per le livellazioni. Invece, per gli allineamenti e il puntamento delle stelle, venivano utilizzati strumenti di collimazione. Uno di questi era il merkhet, utilizzato dagli egizi anche come orologio notturno: un filo a piombo applicato ad arte ne garantiva automaticamente l’orizzontalità della squadra dello strumento. Fu in questa forma che Talete, ritenuto dalla tradizione come il maggiore dei «sette sapienti» dell’Ellade, tra il VII-VI secolo a.C., durante il corso dei suoi numerosi viaggi, specialmente in Egitto 8, conobbe l’utilizzo della strumentazione di cui si è detto, ma anche un’interpretazione non razionale di questo sapere astronomico enigmatico, che veniva gelosamente tramandato nelle rinomate scuole delle antiche civiltà fluviali e custodito dalle caste sacerdotali. I sacerdoti egizi di Menfi e di Tebe consentirono l’accesso del loro sapere a Talete, che seppe guadagnarsi ampia stima, riconoscimento e fama per la sua geniale inventiva e inusitata sapienza. Così lo ricordano i Giambi di Fenice di Colofone, in Ateneo 9 (XI, 495d, tr. it. Cherubina 2001): 6 Al tempo di Talete, meteorologia e astronomia non erano ancora distinte e costituivano lo stesso ambito di studio. 7 Su alcuni antichi strumenti egizi di misurazione cfr. Giacardi-Roero 1978, pp. 70-73 e tavola IX A-B, tra p. 256 e p. 257. 8 Ci sono indizi che portano a pensare ad un influsso della cultura egizia anche su Platone, non solo riguardo a questioni di carattere mitologico, religioso, o spirituale (ad es. sull’anima o sull’aldilà), ma anche a questioni politiche. Sulla provenienza egizia della politica della Repubblica di Platone, cfr. Isocrate, Busiride, 16-23; Livingstone 2001, pp. 48-56. Il Timeo di Platone «riprende e ribadisce il nucleo della Repubblica e inquadra l’utopia in Egitto» (Canfora 2014a, p. 269). Cfr. infra la parte bibliografica L’Egitto e l’Oriente come punto di riferimento comune a Talete e Platone [a. m.]. 9 In Rossetti 2015 Ateneo non viene mai nominato come fonte su Talete, ma se ne 142 ALDO BONET Φοῖνιξ δ᾽ ὁ Κολοφώνιος ἐν τοῖς Ἰάµβοις ἐπὶ φιάλης τίθησι τὴν λέξιν λέγων οὕτως: Θαλῆς γάρ, ὅστις ἀστέρων ὀνήιστος καὶ τῶν τότ᾽, ὡς λέγουσι, πολλὸν ἀνθρώπων ἐὼν ἄριστος, ἔλαβε πελλίδα χρυσῆν. Fenice di Colofone, nei Giambi, intende invece con questo termine una phiale; dice così: Talete, che delle stelle efficacissimo […] E che degli uomini di allora, a quanto dicono, di molto Fu il migliore, ricevette una tazza d’oro. parla soltanto, in tre paginette (pp. 114-116), riguardo ad altri aspetti, vale a dire della storia del concetto di filosofia, o meglio delle prime attestazioni di questa parola, parlando di un socratico, Eschine di Sfetto, nel fr. 1 di Lisia (in Ateneo XIII 611e-612b e 93-94 Kaibel, in cui si trovano tre ricorrenze: 611e φιλόσοφοι, 612a φιλοσόφῳ, φιλοσοφίᾳ). Né, in Rossetti 2015, si fa mai il nome di Fenice di Colofone. Fenice è un poeta greco (vissuto nei primi decenni del III sec. a.C., e fiorito intorno al 280 a.C.), che scrisse poesie in versi trimetri giambici scazonti (chiamati anche coliambi o ipponattei) moraleggianti, di cui ci restano pochi frammenti citati proprio da Ateneo, oltre ad un papiro di Heidelberg (pubblicato nel 1909). Su Fenice, cfr. G.A. Gerhard, Phoinix von Kolophon. Texte und Untersuchungen, Lipsia 1909. Su Talete in Fenice, cfr. Di Marco 2007, pp. 11-14. Ateneo scrive di Fenice dopo la morte di Commodo (192 d.C.). Ateneo è di Naucrati, la più antica città greca d’Egitto, che si trova a oriente di Alessandria, fondata come colonia dei milesii intorno al 620 a.C. Platone conosce bene questa città, dato che la nomina in Phaedr. 274c parlando di Teuth, il dio inventore del calcolo, dell’astronomia, della scrittura e del gioco dei dadi. Le origini egizie di Ateneo rimangono sempre molto importanti, anche se lui si trasferisce a Roma, anche perché, come leggiamo in Jacob 2001, «l’Egitto rappresenta comunque un orizzonte affettivo e intellettuale che sottende all’opera [di Ateneo] nel suo insieme. Orizzonte affettivo che si manifesta nella presenza diffusa dell’Egitto nell’opera […]. Ateneo manifesta il suo attaccamento alla patria quando evoca i “miei Naucratiti” (III 73a)» (p. XIX). Su Ateneo, cfr. D. Thompson, Atheneus’ in His Egyptian Context, in D. Braund-J. Wilkins (a cura di), Atheneus and His World. Reading Greek Culture in the Roman Empire, Conferenza su Ateneo tenuta a Exeter dal primo al 5 settembre 1997, Exeter 2000, pp. 77-84; D. Braund-J. Wilkins (a cura di), Athenaeus and his world: reading Greek culture in the Roman Empire, Exeter 2000; C. Jacob, The Web of Athenaeus, Washington 2013 [a. m.]. 143 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 2. TALETE DI MILETO E LA NASCITA DEL PENSIERO SCIENTIFICO Talete è capace di speculazioni di carattere tecnico, come propriamente finanziario, sui torchi per le olive; è informato della geometria egizia e sembra non aver ancora scritto nulla, pur se formula teorie generali, come quella che fa dell’acqua il principio di tutte le cose 10. In queste poche righe viene presentato Talete in uno dei più autorevoli libri di storia greca scritti in questi ultimi trent’anni. Si tratta di 44 parole inserite come Note integrative (pp. 254-268) alla fine del cap. III, Sviluppi politici del vi secolo (pp. 227-272: qui si parla di Solone, 10 Musti 1989, p. 255. Su Domenico Musti (Sezze, Latina 1934-Roma, 2010) cfr. P. Vannicelli et Al., Fare storia antica. In memoria di Domenico Musti, Atti del Convegno dell’Accademia nazionale dei Lincei svolto a Roma il 18 e 19 aprile 2012, Roma 2014. Musti è uno dei sostenitori dell’origine greca della democrazia e del suo valore positivo. Cfr. D. Musti, Demokratía. Origini di un’idea, Roma-Bari 19951, 19972, ripreso in P. Vannicelli, Demokratía, in Id., Fare storia antica, cit., 127-148. Nonostante Musti si sia occupato di democrazia per circa cinquant’anni, non si è accorto che la democrazia non è nata in Grecia, ma in Persia, e che non è stata qualcosa di positivo, ma, al contrario, qualcosa di terribile nella sua realtà storica, così come ci viene attestata dalle varie fonti. Canfora ne prende atto e scrive che Musti 1995 (così come Cloché 1951) si distingue per «adesione emotiva», «nobile ingenuità» e «imbarazzante difesa» della democrazia (Canfora 2011, p. 469 = Canfora 2014b, p. XXX). La parola demokratía non è mai attestata prima di Erodoto, ed Erodoto ci fa sapere che la demokratía è nata per la prima volta in Persia, prima di cominciare ad Atene, e che la demokratía non è stata portata alle altre città da Atene, ma da parte persiana. La questione meriterebbe un approfondimento a parte. In questo capitolo ci si limita a sostenere che, se a Talete non possiamo attribuire “meriti” di carattere politico-democratico, è meglio così, perché la democrazia, nella storia greca, e ateniese in particolare, non è mai stata niente di meritorio: al contrario, è stata la realizzazione storica di una tragedia, che ha trascinato Atene all’autodistruzione. Riguardo all’origine persiana della democrazia, i due principali passi su cui ci si deve basare sono Erodoto III, 80-83 e VI, 43, 3. Erodoto VI, 43, 3: ὡς δὲ παραπλέων τὴν Ἀσίην ἀπίκετο ὁ Μαρδόνιος ἐς τὴν Ἰωνίην, ἐνθαῦτα µέγιστον θῶµα ἐρέω τοῖσι µὴ ἀποδεκοµένοισι Ἑλλήνων Περσέων τοῖσι ἑπτὰ Ὀτάνεα γνώµην ἀποδέξασθαι ὡς χρεὸν εἴη δηµοκρατέεσθαι Πέρσας: τοὺς γὰρ τυράννους τῶν Ἰώνων καταπαύσας πάντας ὁ Μαρδόνιος δηµοκρατίας κατίστα ἐς τὰς πόλιας, «E come, costeggiando l’Asia, Mardonio giunse nella Ionia, allora narrerò un fatto che susciterà grandissima meraviglia in quei Greci i quali non credono che Otane abbia espresso ai sette Persiani l’opinione che era necessario che i Persiani avessero un regime democratico: Mardonio, infatti, deposti tutti i tiranni degli Ioni, istituiva nelle città democrazie» (tr. it. Nenci 1998) [a. m.]. 144 ALDO BONET Pisitrato, pisistratidi e alcmeonidi), che segue il cap. II, La Grecia delle città. Legislazioni, colonizzazione, prime tirannidi (pp. 137-226: qui si parla molto di Sparta e di Licurgo in particolare, dell’Atene arcaica e aristocratica, delle tirannidi arcaiche e di precoci esempi di democrazia, di tipo soloniano, a Megara e a Samo 11, e di colonializzazioni e commerci di età arcaica) e precede il cap. IV, La fine dell’arcaismo. L’avvento della democrazia, le guerre persiane (pp. 273-323). Questo è, dunque, lo spazio e la contestualizzazione che trova Talete all’interno di un buon libro di storia greca, a fronte delle due pagine che trova Platone (pp. 532-533, oltre a vari cenni, da p. 256 a p. 764. Le due pagine su Platone sono inserite come Note integrative alla fine del cap. VII, Crisi e ricomposizione della polis dopo la guerra del Peloponneso, pp. 468-539, e si ispirano ai lavori della Isnardi Parente di fine anni Settanta-inizio anni Ottanta). Secondo le fonti, Talete (VII-VI sec. a.C.) viaggiò molto in Egitto ed in Asia Minore, si interessò con spirito poliedrico costruttivo e inventivo di geometria, astronomia, ingegneria, fisica, filosofia, questioni commerciali e politica. In campo astronomico gli furono attribuite tre opere: Astronomia nautica 12, Sul solstizio, Sull’equinozio (queste ultime due, possibili parti della prima), riuscendo pure a predire l’eclisse di sole del 28 maggio 585 a.C., prima data nell’astronomia occidentale. Accogliendo la testimonianza di Eudemo, Talete fu il primo, tra i greci, a studiare l’astronomia e ad indagare i periodi con mezzi scientifici. Platone lo nomina tra i suoi famosi sette savi della Grecia, la sapienza dei quali si esprimeva in brevi e memorabili sentenze. Lo definisce inoltre (Resp. x, 600a) come un «esperto nelle cose pratiche», e dalle «molte ingegnose invenzioni» 13. Comunque nessuno scritto di Talete 11 Musti 1989, p. 221, rimanda per questo aspetto a J. Labarbe, Les premières démocraties de la Grèce antique, in Bull. Acad. Royale de Belgique, 58, 1972, pp. 223 ss. [a. m.]. 12 Se a Talete gli fu attribuita anche quest’opera, si può supporre che viaggiò anche sulle navi, quei mezzi che all’epoca salpavano dai porti alla scoperta di un mondo sconosciuto, e che, oggi, si potrebbero paragonare alle nostre astronavi. Navigare sulle navi greche era tanto rischioso quanto di grande privilegio e, forse, furono la culla delle prime idee geniali di Talete. 13 ἀλλ᾽ οἷα δὴ εἰς τὰ ἔργα σοφοῦ ἀνδρὸς πολλαὶ ἐπίνοιαι καὶ εὐµήχανοι εἰς τέχνας ἤ τινας ἄλλας πράξεις λέγονται, ὥσπερ αὖ Θάλεώ τε πέρι τοῦ Μιλησίου καὶ Ἀναχάρσι- 145 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI è in nostro possesso. Certamente non fu né un filosofo, né uno scienziato in senso aristotelico. Riguardo al suo pensiero filosofico, Talete, per primo, colse, al di là della diversità e della molteplicità delle cose, l’esistenza di un elemento unitario, che identificò con l’acqua 14. Egli fu un intelligente tramite culturale tra l’Egitto e la Grecia arcaica, rivestendo una posizione di primo piano. Fu un precursore che coraggiosamente spodestò gli innumerevoli dei e il culto nel quale erano immersi i popoli del suo tempo, per fecondare l’ovulo embrionale del cosiddetto pensiero razionale, dimostrando tutta la sua geniale potenzialità tecnica nel determinare ciò che ai suoi tempi era considerato inaccessibile e irraggiungibile, nel misurare alcuni importanti fenomeni naturali che allora erano spaventosi, sconosciuti e, spiegandone le cause che li generano. Talete disegnò e addirittura racchiuse in una mappa l’unicità sferica del cosmo, che l’uomo del suo tempo pensava ancora informe e irragος τοῦ Σκύθου: «Ma, com’è proprio di un uomo esperto nelle cose pratiche, se ne tramandano molte ingegnose invenzioni, come avviene per Talete il milesio e per Anacarsi scita?» (tr. it. Vegetti 2007). Cfr. Diog. Laert. I 23-27. Nel Teeteto Platone aveva rifiutato questa tradizione, ammettendone solamente «l’immagine di un sapiente intento alla pura contemplazione dei cieli (174a)» (Vegetti 2007, p. 1110 n. 27. In questo passo del Teeteto, Socrate risponde a Teodoro: ὥσπερ καὶ Θαλῆν ἀστρονοµοῦντα, ὦ Θεόδωρε, καὶ ἄνω βλέποντα, πεσόντα εἰς φρέαρ, Θρᾷττά τις ἐµµελὴς καὶ χαρίεσσα θεραπαινὶς ἀποσκῶψαι λέγεται ὡς τὰ µὲν ἐν οὐρανῷ προθυµοῖτο εἰδέναι, τὰ δ᾽ ἔµπροσθεν αὐτοῦ καὶ παρὰ πόδας λανθάνοι αὐτόν). In questo passo della Repubblica, invece, cambia idea e lo riconosce come ingegnoso tecnico e inventore. Riguardo ad Anacarsi, cfr. Erodoto IV 46; 76-7 e Diog. Laert. I, 101-5. In Rossetti 2015, pp. 145147, viene sottolineata l’unitarietà del Theaet. 172c-177c, che arriva al tema dell’aspirazione al rendersi simili a Dio (ὁµοίωσις θεῷ), ma viene soprattutto messo in rilievo che: 1. «il Socrate platonico si trova a suggerire l’idea di una continuità che vada, appunto, da Talete ai suoi tempi» (p. 145); 2. «la cosiddetta digressione del Teeteto [172c-177c] può ben ritenersi del tutto priva di valore documentario sul passato dei tempi di Socrate» (p. 147). Sul Teeteto 172c-177c, cfr. Spinelli 2002 [a. m.]. 14 Cfr. Plutarco, De Iside et Osiride, 34.364d (DK 11 A 11): «I sacerdoti ritengono anche che Omero, come pure Talete, abbia appreso (µαθόντα) dagli Egiziani il concetto secondo cui l’acqua è principio e origine (ἀρχὴν καὶ γένεσιν) di tutte le cose (ἁπάντων)» (…οἴονται δὲ καὶ Ὅµηρον ὥσπερ Θαλῆν µαθόντα παρ᾽ Αἰγυπτίων ὕδωρ ἀρχὴν ἁπάντων καὶ γένεσιν τίθεσθαι, τὸν γὰρ Ὠκεανὸν Ὄσιριν εἶναι, τὴν δὲ Τηθὺν Ἶσιν, ὡς τιθηνουµένην πάντα καὶ συνεκτρέφουσαν…). Inoltre, Talete, quando si riferisce al principio primo, l’archè, presuppone l’universalità intrinseca della sua divina scienza strumentale. Riguardo al pensiero religioso egizio nel pensiero di Plutarco, cfr. Hani 1976. 146 ALDO BONET giungibile. Grazie a lui, si tracciò un mondo che ormai non era più dominio esclusivo dei faraoni o degli dei, poiché Talete predispose un potente strumento razionale e mise i risultati delle sue ricerche a disposizione di tutti nel VII-VI secolo a.C. Lasciò un’immensa eredità scientifica. Tra le molteplici scoperte, va ricordata anche una planimetria del cosmo, il primo “mappamondo” dell’universo sospeso nel vuoto e posto in equilibrio dal principio primo (l’archè) dal quale ora i suoi primi discepoli (Anassimandro, Anassimene, Pitagora) potevano addirittura avanzare nuove ipotesi, un’immensa avventura alla scoperta di un cosmo incredibilmente raggiungibile e determinabile con l’uso dell’intelletto, indirizzando così l’umanità verso un grande futuro, poiché, da quel giorno in poi, l’uomo non doveva e non poteva più contare sull’Olimpo, ma soltanto sulla forza razionale della Scienza. Talete di Mileto fu il conquistatore di alcuni importanti aspetti di quello che ai suoi tempi era considerato l’inaccessibile (terrestre e celeste), il primo protagonista di grandi imprese compiute nelle civiltà arcaiche in direzione di una spiegazione logica e naturalistica di alcune grandi questioni, ritenute allora appartenenti alla sfera dell’incognito, dell’inaccessibile e dell’irraggiungibile. 3. LA CHIAVE MATEMATICA DI DELL’ASTRONOMIA RAZIONALE TALETE APRIRÀ LA PORTA Limitandoci brevemente all’attività matematica di Talete, osserviamo che la principale testimonianza che lo riguardi è quella dello storico Proclo, nel suo Commento al libro I degli Elementi di Euclide: I. « Talete di Mileto fu il primo che, andato in Egitto, ne riportò questa dottrina e la introdusse nell’Ellade e molte scoperte fece egli stesso e di molte dette lo spunto ai sui successori, affrontando alcuni problemi in modo più sensibile o empirico (1a), altri in modo più generale (1b) » 15. 15 Prima di poter ricostruire correttamente l’astronomia, la cosmologia di Talete o il metodo della misura angolare sole/luna: la sua “conquista” dell’irraggiungibile celeste è avvenuta quando era ormai molto vecchio (Cfr. Apuleio-Flor.18, DK 11 A 19) è in- 147 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI II. «Talete fu il primo a dimostrare che il cerchio è bisecato dal diametro (2a)» 16. III. «Talete fu il primo a intuire e ad affermare che gli angoli alla base di ogni triangolo isoscele sono uguali, solo chiamando, secondo l’uso più antico “simili” gli angoli uguali (3a)». IV. «Questo teorema, trovato per la prima volta da Talete, come dice Eudemo e giudicato degno di dimostrazione scientifica da parte dell’Autore degli Elementi, dimostra dunque che quando due rette si tagliano fra loro, gli angoli al vertice sono uguali (4a)» 17. Questa singolare affermazione di Eudemo su Euclide verrà compresa quando tratteremo più avanti sia dell’astronomica impresa di Talete per la determinazione angolare del sole, sia della raggiunta connotazione evolutiva dell’angolo, quasi moderna, iniziata grazie allo studio esteso alla bisezione del cerchio, poiché la riuscita di queste storiche imprese è avvenuta grazie alla indispensabile applicazione di questo teorema. V. «[con riferimento al II criterio di uguaglianza degli Elementi: I, 26] Eudemo nella sua Storia della geometria attribuisce questo teorema a Talete; perché per il metodo con cui si tramanda che egli indicasse la distanza delle navi in mare (5a), (5b) dice Eudemo che deve aver fatto uso di questo teorema» 18. dispensabile ricostruire prima, e correttamente, quei nuclei di sapere di Talete che riguardano le sue «dimostrazioni e scoperte matematiche» e la sua “conquista” dell’inaccessibile terrestre, avvenute all’inizio del suo percorso scientifico, nell’ordine che ci viene riferito da Proclo e Apuleio, Flor. 18: «Talete […] fu tra i greci il primo inventore della geometria, infallibile indagatore dei fenomeni naturali ed espertissimo osservatore degli astri». 16 Cfr. Proclo (DK 11 A 20): «Dicono che sia stato il famoso Talete il primo a dimostrare che il cerchio è bisecato dal diametro; ma la causa della dicotomia è l’inflessibile avanzata della retta attraverso il cerchio». 17 Rizzi 1980, p. 309: «Euclide, giudicando il teorema degno di dimostrazione scientifica, lo inserisce negli Elementi (I, 15). Certo si rimane perplessi sulla necessità di valorizzare questo risultato, basta infatti riferirsi ad un altro degli angoli formati dalle due rette, per ottenere due piatti ecc. È necessario osservare però che questi angoli non erano considerati da Euclide (né dai Greci); da qui la maggiore complicazione per pervenire ad una dimostrazione razionale dell’enunciato». 18 Rizzi 1980, pp. 310-12: «E in effetti, questo II criterio di uguaglianza (I, 26), appare enunciato senza alcun riferimento ad un contesto più ampio (che pure presupporrebbe), si può anche essere indotti a formulare l’ipotesi (abbastanza verosimile) che la proposizione magari oscuramente “intuita” da Talete, gli sia stata attribuita solo successivamente. Che fosse, insomma, una sorta di “tributo” dei successori alla memoria 148 ALDO BONET VI. «Panfila dice che, appreso dagli Egizi lo studio della geometria, egli Talete per primo iscrisse in un cerchio il triangolo rettangolo (6a), (6b), e sacrificò un bove, altri, fra cui il matematico Apollodoro, dicono che la scoperta è di Pitagora» 19. VII. «Geronimo (o Ieronimo) dice anche che misurò indirettamente le piramidi (7a) dall’ombra aspettando il momento in cui le nostre ombre hanno la nostra stessa grandezza» e «Plutarco dice che misurò indirettamente l’altezza delle piramidi (Punto 1.1b) misurandone l’ombra e stabilendo una proporzione» 20. Va detto però, che il calcolo delle proporzioni come esso richiede, non era noto a Talete e tanto meno agli egizi, poiché esso fu il prodotto dei matematici greci posteriori. VIII. «A Talete si ascrive pure il merito di avere adottato l’arco di circolo (8a) come misura degli angoli». Talete avrebbe raggiunto un concetto evolutivo dell’angolo molto somigliante a quello ciclometrico a settore circolare 21. Un concetto precursore del più moderno radiante! IX. «Dai teoremi tramandatici si è argomentato che, a Talete, era anche noto il teorema sulla somma degli angoli di un triangolo. Da un passo del matematico Gemino, conservatoci da Eutocio, si apprende che gli antichi geometri dimostrarono questo teorema per tutti i casi del vecchio maestro. Infatti anche se Talete non fu proprio un “maestro” - come lo furono Pitagora, Socrate, Platone, Aristotele-fu di certo colui che più di ogni altro sollecitò all’indagine scientifica e speculativa i pensatori della scuola milesia». 19 Rizzi 1980, pp. 318-19: «Rileviamo infine che in questa testimonianza non si parla di dimostrazione (ma di scoperta)… pur trattando di proprietà relative agli angoli, paradossalmente non ne garantisce l’acquisizione del concetto generale, tuttavia da essa traspare il maggior risultato scientifico conseguito da Talete. E inoltre è possibile individuare, almeno in potenza, un duplice atteggiamento: statico qualora avesse fatto riferimento ad un unico semicerchio e ad un unico triangolo, dinamico pensando alle “successive” posizioni assunte da un punto sul semicerchio». 20 Rizzi 1980, p. 319: «Questa testimonianza ci riporta alla questione…della conoscenza o meno, da parte di Talete, della similitudine. Questa è di per se concetto semplice ed intuitivo, su di essa avevano lavorato pur con i loro limiti empirici e finalistici, gli egizi. Nulla vieta pertanto di pensare che Talete ne abbia fatto qualche significativa (elegante o generale) applicazione». 21 Rizzi 1980, pp. 316-318: «Bisogna comunque riconoscere che le intuizioni e le nozioni di Talete relative agli angoli non erano poi del tutto elementari…va comunque sottolineato che Talete, pur non essendo pervenuto alla completa accezione di angolo, è riuscito ugualmente a conseguire risultati che secondo altri autori, postulano in Talete la nozione di angolo come grandezza». 149 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI speciali, cioè prima per il triangolo equilatero, poi per l’isoscele, quindi per lo scaleno (9a); mentre i posteri dimostrarono il teorema in generale». L’attività strumentale di Talete, la sua costante ricerca di una concezione sempre più evoluta, precisa e universale dell’angolo, di uno strumento di misurazione e di collimazione sempre più efficace, che gli consentì la prima conquista dell’inaccessibile terrestre, fu la strada che lo introdusse agevolmente verso un’astronomia più razionale. Il suo ingegnoso metodo, dell’orizzontale e fedele ricostruzione sul terreno dei triangoli rettangoli per la determinazione delle altezze inaccessibili delle piramidi, gli consentì, l’ingegnosa invenzione successiva (o viceversa) di uno strumento multifunzionale, basato invece sulla verticale costruzione meccanica del triangolo rettangolo, mediante l’assemblaggio di due o più bilance: l’assemblaggio fu una idea meccanica semplicissima di messa in bolla (o in equilibrio) strumentale ante-litteram, non meno efficace di quella dei nostri telemetri o teodoliti oggi conosciuti. Con l’unione di due bilance, Talete frazionò il mare antistante in settori circolari, per determinare, immediatamente, la distanza inaccessibile delle navi in movimento dentro l’orizzonte. Era nata la scienza strumentale, che poi verrà ripresa da Aristarco, Archimede, Erone… solo per citarne alcuni. Quanto detto, è un’ipotesi ricostruita dall’autore che fu iniziata in età giovanile, nel 1977, ed approdata ad una prima conclusione con Bonet 2010, in cui si è cercato di dimostrare che Talete, con l’uso di un semplice e multifunzionale strumento che adattò alle varie esigenze e che era basato sullo stesso principio (di messa in bolla) seppe ottenere e spiegare tutto quel divenire di teoremi matematici e di risultati pratici sopraelencati 22 che potevano essere così spiegati e risolti da un’unica causa o principio: l’equilibrio strumentale. Talete, mediante la messa in equilibrio di un bastone (verticalizzazione) alla estremità dell’ombra delle piramidi (o degli obelischi) seppe 22 In Bonet 2010 il calcolo matematico della similitudine come esso richiede è sostituito da una genialità, fatta di pratica semplicità: idee semplici ed eleganti quelle di Talete, fatte con quei pochi oggetti di uso comune dell’epoca, proprio lì, sotto gli occhi di tutti, ma che soltanto il suo genio creativo seppe guardare dove gli altri avevano semplicemente visto. Talete, con un semplice strumento da lui ideato e che lo accompagnò fedelmente tutta la vita, scoprì e superò cose impossibili agli altri. 150 ALDO BONET calcolare indirettamente le loro altezze in qualunque ora del giorno; forse anche quando il sole era dietro le nuvole o non c’era ombra 23. Con la messa in equilibrio di due comuni bilance assemblate, seppe realizzare un semplicissimo strumento per calcolare indirettamente la distanza delle navi in mare. Con la messa in equilibrio dello stesso strumento, seppe spiegare i teoremi della geometria. Con la messa in equilibrio dello stesso strumento, seppe scoprire i teoremi della geometria. Con la messa in equilibrio dello stesso strumento, seppe inoltre raggiungere il cosmo e calcolare il numero divino. Talete, seppe così innovare il suo stesso strumento ed estendere, con lo stesso principio, la spiegazione di tutti quegli eventi astronomici e naturali a lui attribuiti, riuscendo infine a esprimersi con autorevolezza anche sul principio primo, l’archè, che identificò nei liquidi e quindi nell’acqua, postulandolo per una spiegazione filosofica unificante del mondo universale circostante. L’acqua appunto, l’unico e abbondante elemento in natura nel quale, per analogia, si può ravvisare la stessa naturale peculiarità di messa in equilibrio, che avrebbe consentito anche il più universale equilibrio cosmico, al centro del quale, garantiva alla Terra di galleggiare in tranquillità sulla superficie piana della calotta oceanica, mentre la parte invisibile sottostante fu immaginata da Talete, emisferico - convessa, satura d’acqua e sospesa nel vuoto; insomma, lo stesso principio di messa in bolla o equilibrio strumentale con il quale Talete riuscì a scoprire e determinare con precisione gli enigmatici eventi della natura, il mondo dell’inaccessibile e il cosmo irraggiungibile. 23 Cfr. Bonet 2010, p. 135, n. 51: i tre teoremi (nr. 18, 19 e 20) dell’Ottica di Euclide risultano essere più dei problemi che dei veri teoremi, e sono anche gli unici tre in tutta l’opera nei quali si parla di ombre e di raggi solari o di giornate con assenza di ombra. Forse, se non è un’introduzione spuria, è altrettanto probabile che anche l’anomalo teorema nr. 19 dell’Ottica, il quale permette di conoscere un’altezza altrimenti inaccessibile (per esempio quella delle piramidi) quando non c’è sole (ovvero con il sole dietro le nuvole o quando non c’è ombra alla base della piramide), sia stato inserito da Euclide per ricordare la tradizione e la paternità: Talete in questo caso. Euclide ha sempre dato prova della sua onestà intellettuale. 151 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 4. LA SCIENZA STRUMENTALE DI TALETE In questo articolo, giusto per dare un’indicativa visione panoramica d’insieme dell’evoluzione e della molteplice applicazione di questo strumento multifunzionale che portò Talete verso l’astronomia razionale, vengono qui di seguito ripresi i seguenti disegni ideati dall’autore tra il 1977 e il 2009, enumerati in un ordine corrispondente agli enunciati dei nove punti elencati e citati in precedenza al paragrafo 3. A titolo di esempio, i disegni di cui al Punto 1.1a, Punto 1.1b ecc, si riferiscono al punto I del paragrafo 3 del presente articolo e corrispondono alle frasi differenziate con (1a) e (1b). Punto 1.1a Punto 3.3a Punto 1.1b Punto 4.4a 152 Punto 2.2a Punto 5.5a ALDO BONET Punto 5.5b Punto 6.6a Punto 6.6b Punto 7.7a Punto 8.8a Punto 9.9a 153 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 5. PLATONE CONGEDA LA SCIENZA STRUMENTALE DI TALETE Dallo stesso Enopide di Chio (ca. 490-420 a.C.) sappiamo che riuscì, mediante riga e compasso, a risolvere il problema (fig. A) di condurre la perpendicolare ad una retta data, da un punto fuori di essa 24 forse, questo problema (cfr. Euclide, Elementi, I, 12) fu scoperto ancor prima da Talete con l’ausilio del suo stesso multifunzionale strumento 25 e ciò misurando accuratamente l’ampiezza tra i rispettivi fili a piombo, perpendicolari al braccio del bilanciere (appositamente graduato) e fungenti da riferimento ottico di lettura (fig. B); la scoperta di quest’ultimo problema risulta strettamente collegata alla scoperta dell’iscrizione del triangolo rettangolo in un semicerchio da parte di Talete: rivedere disegno Punto 6.6b. Metodo strumentale di Talete: l’ampiezza, rappresentata in questo caso dalla corda G-E (fig. B) sulla retta A-B idealmente sottesa dall’arco del circolo sottostante e con centro in C, che coincide anche con il centro dello strumento, trova sempre, nel visibile punto d’intersezione H tra la corda G-E e filo a piombo del supporto dello strumento, una corrispondenza con il valore medio dell’ampiezza G-E rilevata sul braccio destro del bilanciere stesso e questo risultato, ottenuto in modo dinamico, lo si può rilevare ininterrottamente qualunque sia l’inclinazione dell’asta di rotazione dello strumento imperniata in C, sia che essa venga orientata in senso orario o antiorario. La retta illimitata A-B corrisponde materialmente alla linea orizzontale che passa idealmente attraverso i due bracci del bilanciere con fulcro in G. Di qui, forse, la gioia di Platone nei riguardi di Enopide, proprio perché seppe svincolare l’ingegnosa scienza strumentale introdotta dal 24 Proclo, nel Commento al I libro degli Elementi di Euclide, attribuisce a Enopide due proposizioni riprese poi da Euclide: la proposizione I, 12 e la I, 23. Euclide, proposizione I,12: «Ad una data retta illimitata, da un punto dato ad esso esterno, condurre una linea retta perpendicolare». A proposito della proposizione I, 12 Proclo scrive che Enopide si interessò all’argomento perché utile per i suoi studi di astronomia. 25 Cfr. Klimpert 1888, p. 35-1901: «E Bretschneider (in Die Geometrie und die Geometer vor Euklide: ein historischer Versuch, Leipzig 1870) dice in proposito: “Quanto a questo problema (Prop. I, 12) si può ammettere con certezza che una qualunque soluzione semplice di esso, probabilmente con l’uso di un mezzo speciale, fosse già nota a Talete; e dovrebbe allora considerarsi come un arricchimento della scienza il metodo con il quale Enopide costruì la perpendicolare”». 154 ALDO BONET Maestro Talete, che fu efficace didatticamente ma da considerarsi ormai superata e dimostrando così, che la strada, le scoperte e l’insegnamento della geometria potevano anche proseguire verso una forma più intellettuale, più raffinata e più precisa mediante i soli: riga e compasso. Una forma più astratta che era poi nelle prospettive e aspirazioni proprie di Platone, il legittimo erede della filosofia pitagorica nonché dell’età eroica dell’antica Grecia, condottiero ispiratore di quella grande avventura Ateniese che, attraverso la sua Accademia, garantì il futuro della matematica moderna. Sul fatto che la ricerca stessa non disdegnasse le applicazioni pratiche, cfr. Platone, Resp. x, 600 a-b, in cui si fa un paragone tra Omero e Talete, mostrando che di Omero non si parla come di persona valente nella pratica, e che di lui non si ricordano molte abili trovate in attività varie, come invece si ricordano per Talete e Anacarsi. Non dobbiamo dimenticare che questo metodo d’indagine strumentale è stato praticato da Archita di Taranto (428-360 a.C.) e da Eudosso di Cnido (408-355 a.C.), scolaro di Archita e contemporaneo di Platone; leggiamo in proposito: Per rendere meno ardua la geometria essi (Archita e Eudosso) avevano risolto mediante esempi meccanici concreti quei problemi geometrici che non potevano essere immediatamente compresi. Così avevano risolto per via meccanica il problema dei due segmenti medi proporzionali, come fondamento per la risoluzione di molti altri problemi, impiegando a tale scopo dei mesolabi derivati da curve e sezioni coniche. Platone tuttavia ne era rimasto afflitto e li aveva rimproverati, deplorando che essi in tal guisa tradissero lo spirito della geometria, trasportano questa scienza dal campo delle cose irreali ed astratte a quello degli oggetti sensibili e impiegando oggetti che si addicevano ai comuni e rozzi operai. A seguito di tali considerazioni la meccanica venne scissa dalla geometria e per lungo tempo fu disprezzata dalla filosofia pura 26. Platone dunque, disdegnava l’uso esclusivo di una ricerca pratica strumentale sia nella costruzione meccanica di figure geometriche sia nella dimostrazione matematica dei teoremi, fatta eccezione della riga e del compasso. 26 Klemm 1954, p. 15. 155 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Fig. A. Metodo geometrico di Enopide Elementi di Euclide: Proposizione I, 12 Metodo strumentale di Talete (Prop. I, 12) Fig. B. Platone congeda Talete e promuove Enopide Disegno di Aldo Bonet ideato nel 1990 e perfezionato nel 2009 156 ALDO BONET 6. LA PRIMA MAPPA SCIENTIFICA DELL’UNIVERSO Pur nell’ambito della frammentarietà delle testimonianze, giusto per renderci conto delle molteplici conoscenze astronomiche, cosmologiche e di scienze naturali che Talete raggiunse nel corso della sua lunga vita scientifica, è sufficiente vedere Marcacci 2001, pp. 25-29 (il tabulato sui «nuclei di sapere», riportato per intero in Rossetti 2015, pp. 176-186) 27. Non si può non rimanere stupiti dalle notevoli e numerose scoperte astronomiche e cosmologiche28 di Talete e tutto ciò poteva essere avvenuto non solo per un suo salto di qualità del pensiero ma sicuramente grazie anche all’invenzione di un suo strumento speciale che doveva avere alla sua base funzionale dei buoni principi costruttivi e non solo per osservare ma anche per “misurare” gli elementi del cosmo. La diottra di Talete doveva possedere un semplice campo ottico d’inquadramento o di mira degli astri, supportato anche da un primordiale e alternativo apparato angolare, poiché, solo così si può ragionevolmente spiegare, per quell’epoca, la notevole indagine astronomica compiuta da Talete ma soprattutto, i dati maggiori ottenuti con l’osservazione, la spiegazione, la comprensione dell’eclisse di Sole e l’affermazione del giorno di novilunio nel quale correttamente si verifica29 la determinazione pressoché precisa dell’ampiezza angolare del sole pari a 1/720 della sua orbita 30 l’affermazione di centralità astro27 Con la Marcacci avevo intrattenuto, nei primi mesi del 2009, un corposo scambio epistolare con il quale la misi costantemente al corrente della rivoluzionaria ipotesi sulla cosmologia di Talete che stava nascendo dalla strada strumentale già intrapresa in età giovanile e che scaturiva da un innovativo calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna. La prof.ssa Marcacci apprezzò molto la nuova ipotesi emergente e l’innovativo calcolo. Appena uscì Bonet 2010, inviai subito una nota informativa a tutti coloro che, nel libro, furono citati e quindi, anche a Rossetti, poiché citato dall’autore alla nota 61 di p. 168. Rossetti 2015 riprende e fa suo Bonet 2010. 28 Bonet 2010, p. 104, n. 41: «Questa splendida finestra su Talete misuratore dei Cieli si è aperta grazie alle ricerche della prof.ssa Flavia Marcacci, la quale mise gentilmente a disposizione su mia richiesta, nel marzo 2009, la sua voluminosa Tesi di Laurea 1999-2000: Talete di Mileto tra Filosofia e Scienza, relatore Livio Rossetti». Pubblicai il tabulato di Flavia Marcacci anche in Bonet 2014, p. 6. 29 Papiro di Ossirinco nr. 3710 (pubblicato nel 1986). Cfr. Marcacci 2001, pp. 247250. 30 1. Diog. Laert. I 24 (DK 11 A1): «Per primo [Talete] secondo alcuni stabilì che la 157 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI nomica della Terra nel cosmo, di unicità di quest’ultimo e con gli astri che passavano sotto la Terra in un determinato ordine cosmico 31; il primo cosmo basato su dati e mezzi scientifici 32 e con la Terra rimasta per moltissimi secoli, ad eccezione del pitagorico Filolao, di Aristarco di Samo e fino a Copernico, in una posizione cosmica centrale o privilegiata, sin dal primo modello taletiano. grandezza del sole è la 720 ma parte dell’orbita solare come pure che la grandezza della luna è nelle stesse proporzioni rispetto all’orbita lunare» 2. Apuleio Flor. 18 (DK 11 A 19): «Egli [Talete], quando era ormai assai vecchio, scoprì un divino teorema concernente il sole, che non mi sono limitato ad apprendere ma ho anche verificato con l’ausilio dell’esperienza, teso a dimostrare quante volte il sole, nelle sue dimensioni, sia contenuto nell’orbita che percorre». 31 1. Aezio II 1-2 e III 11.1 [Dox.327] «Affermazione di unicità del cosmo e della centralità della Terra». Queste due affermazioni sono strettamente collegate al teorema di Talete; cfr. infra nota 32. 2. Ippolito ref 1 7- Dox. 560: «Dice pure [Anassimene] che le stelle non si muovono sotto la terra, come altri [Anassimandro e Talete?] hanno supposto, ma intorno alla Terra, al modo che il berretto si avvolge intorno al nostro capo. Il sole si cela ai nostri occhi non perché sta sotto la terra, ma perché è riparato dai luoghi della Terra molto alti e perché la sua distanza da noi è molto grande. Le stelle non riscaldano a causa della grande distanza». Queste fonti dossografiche sono notizie-indizio da tenere in considerazione, dato che l’ipotesi innovativa di Bonet 2009 sul cosmo di Talete viene oggi rafforzata. 32 Notare come il cosmo di Talete fu scaturito dal calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna avvenuto con successo grazie al suo notevole Teorema sull’uguaglianza degli angoli opposti; quest’ultimo, è chiaramente visibile nella sezione planimetrica della fig. c. Ogni ipotesi, per il calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna, che non include il notevole Teorema di Talete citato, è improponibile. 158 ALDO BONET Fig. C. Il cosmo di Talete. Disegno di Aldo Bonet ideato nel 2009 7. LA CALOTTA OCEANICA COME ARCHÈ DEL COSMO. Il semplice cosmo sferico (fig. c), ipoteticamente ricostruito dall’autore attraverso una sezione planimetrica verticale, fu probabilmente concepito da Talete, nella sua elementare unicità, come una calotta celeste visibile nell’emisfero concavo soprastante, saturo d’aria (colore bianco) abbinata a una calotta oceanica invisibile nella parte emisferica convessa sottostante, satura d’acqua (colore nero), la quale, assieme alla corona d’aria circolare, era sospesa nel vuoto e, con al centro la Terra galleggiante sulla visibile e piana superficie oceanica; una Terra a forma di disco piatto arrotondato (colore grigio) e avente il visibile orizzonte terrestre (o marino) coincidente con la linea di confine dell’orizzonte cosmico (o celeste) attorno al quale avrebbero ruotato nell’immediata periferia dell’universo, passando così sotto la 159 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI calotta oceanica e quindi sotto la Terra 33 , la corona d’aria fuoriuscente dalla calotta celeste, le costellazioni e i due astri principali sole/luna i quali, dentro la scuola Ionica, furono pensati più di forma circolare che sferica. Il primo modello cosmologico di Talete, si configurò definitivamente in seguito alla buona riuscita del calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna. Nel disegnare questo innovativo cosmo, una sorta di livella sferica universale ad acqua, Talete dovette necessariamente pensare a un moto circolare dei corpi celesti, che passavano sotto la calotta oceanica e pertanto sotto la Terra, e ciò non fu cosa da poco. Questa idea innovativa potrebbe essergli venuta inizialmente in modo generico, durante l’impegnativo calcolo della durata dell’anno e parti di esso (solstizi, equinozi, stagioni, ritorno annuale del sole ecc.) e successivamente, in modo definitivo, con il calcolo dell’ampiezza angolare 34 sole/luna. 33 Questa ipotesi cosmologica innovativa, di Bonet 2010, è stata ripresa, anni dopo, in Rossetti 2013, cap. 3, e in Rossetti 2015, p. 200. 34 Prima di cimentarsi con successo al calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna, Talete doveva aver, innanzitutto, compreso appieno l’illusione o il fenomeno ottico che avviene per sole/luna, sia nel momento della loro comparsa (o levata) che nel momento della loro scomparsa (o calata), i quali, danno solo l’impressione di essere più grandi del normale. E non fu una comprensione da poco. Poiché solo così avrebbe portato a pensare a un’orbita dei corpi celesti di forma circolare. Questo fenomeno illusorio fu dibattuto anche da Tolomeo (85-165 d.C.) e ancora verso il 1000 d.C. dallo studioso arabo Alhazan. Se un sole più grande, sia all’alba che al tramonto, avesse fatto supporre a un diametro solare più grande nel suo percorso notturno sottostante rispetto a quello diurno soprastante, avrebbe indotto, per giustificare il fenomeno, a pensare a un’orbita solare non più circolare ma oblunga (oggi diremo ellittica); un tale pensiero avrebbe ostacolato e fallito il calcolo. Il fenomeno illusorio non è comprensibile, all’acuità visiva, occludendo direttamente sole/luna con un diaframma (come propone Rossetti 2015, p. 204) ma solo includendoli dentro un semplice campo diottrico di mira e di verifica: Bonet 2010, pp. 122-3, n. 48. Peraltro, il metodo del prof. Rossetti, poiché occlude direttamente il sole con un diaframma, evita i due momenti più propizi (alba/tramonto), implicando così, a Talete, l’incomprensione del fenomeno illusorio, indispensabile invece per il successo del metodo e del calcolo. Nell’Arenario, per esempio, Archimede descrive un metodo per la misura angolare del sole che gli consentì di ricavare un intervallo angolare (tra 32’56” e 27’) dentro il quale collocare il diametro solare apparente. Si servì di una diottra con un piccolo cilindro mobile, con il quale nascondere l’astro mentre spuntava all’orizzonte, perché quello era il momento meno ricco di luce che gli consentì di poterlo guardare direttamente. Archimede, prima di procedere con un metodo diottrico occlusivo verso un sole albeggiante, doveva avere ben chiaro il fenomeno illusorio della maggiore perce- 160 ALDO BONET Nell’ipotesi di Talete, i due emisferi aria/acqua dovevano inevitabilmente appartenersi vicendevolmente ed avere in comune e, necessariamente, nel centro cosmico, la totalità della terra emersa, concepita a forma di disco piatto e arrotondato ma galleggiante sull’oceano che ne garantiva l’equilibrio cosmico naturale 35, escludendo quindi (per logica) che l’emisfero oceanico (più la corona d’aria circolare) sottostane poggiasse su altro. Un’idea così rivoluzionaria per l’epoca, che non fu ben accolta, neanche da Aristotele (De caelo II, 13, 294a 28-33). Eppure, da questo primo modello cosmologico non possiamo non percepire il prefigurasi nella scienza di Talete (e con straordinario anticipo) di una grande rivoluzione del pensiero che fecondò nella mente dell’uomo del VI sec. a.C. quell’ovulo embrionale concepito poi nel principio newtoniano della gravità universale; per questo, non fu facilmente accolta 36 già dai suoi primi discepoli. zione sull’orizzonte, che deve aver sperimentato attraverso un campo diottrico inclusivo: cfr. Bonet 2010, pp. 171-174 e n. 63 alle pp. 173-174. 35 Il galleggiamento della Terra nell’oceano, secondo le varie testimonianze, era pensato da Talete analogamente ad un legno galleggiante o ad una nave e, quando essa è scossa o fluttua per il movimento dell’acqua, allora diciamo che c’è il terremoto (Seneca, Nat. Quaest., III, 14). Ne consegue che per Talete, la causa del terremoto doveva accadere quando l’equilibrio cosmico naturale (garantito dalla calotta oceanica) veniva a scuotersi improvvisamente (cfr. Bonet 2010, p. 117, n. 47). 36 Anassimandro, non riuscendo ad accettare il rivoluzionario pensiero (newtoniano ante litteram) del Maestro, fa un grosso passo indietro, trasforma e ridimensiona subito i due emisferi di Talete riducendoli a un cilindro roccioso, una sorta di stampo di pietra a ciambella: ripieno di acqua oceanica che circonda una Terra abitata, di forma circolare, e posta nel centro della superficie superiore del cilindro. Anassimandro, sostituisce così, l’acqua taletiana che garantiva sostegno ed equilibrio alla Terra nel cosmo (ma che non approvava per quella sospensione emisferica nel vuoto) con una sostanza indefinibile come: l’apeiron, quale ipotetico garante dell’equilibrio cosmico che teneva sospesa una Terra (rocchio-cilindrica) senza farla cadere. Anassimene invece, ritorna per certi aspetti a un elemento più vicino a Talete e ai nostri sensi, cioè: l’aria, quale nuovo garante o equilibratore cosmico più accettabile alla percezione. Tuttavia, Anassimene, fa un passo indietro ancora più grande rispetto al suo illustre predecessore, dovendo di conseguenza, ipotizzare che gli astri non potevano più passare al di sotto ma intorno ai bordi della Terra, celandosi dietro i luoghi più elevati, in quanto, i turbini delle sterminate masse di aria che tenevano sospesa la Terra piatta e in equilibrio nel cosmo, ne avrebbero impedito il percorso sottostante. Forse, l’unico passo che Anassimene compì in avanti rispetto ad Anassimandro e Talete, fu l’aver indovinato l’ordine cosmico: Terra, Luna, Sole, Costellazioni. L’acqua, l’apeiron e l’aria, più che sostanze generanti o soggette a un processo (Aristotelico) di alterazio- 161 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 8. TALETE SCALA IL CIELO DEGLI DEI L’idea del calcolo dell’ampiezza angolare sole/luna e di un rapporto in scala da cercare con le loro rispettive orbite era una meta che, grazie al suo fedele e multifunzionale strumento, Talete poteva già scorgere all’orizzonte, e (in un modo che a noi appare tanto straordinario da stentare a crederci) riuscì a raggiungere. Spodestando gli dei, consegnerà un cielo nuovo ben al disopra dell’Olimpo alle future esplorazioni astronomiche dell’uomo, ma anche una scienza che getterà le basi alle più grandi opere degli scienziati dell’antica Grecia, come gli Elementi, l’Ottica, la Catottrica e i Fenomeni di Euclide (riguardo a quest’ultima, un’opera astronomica fondamentalmente basata sul primo modello taletiano, cfr. Incardona 1996). Per un uomo sapiente come Talete, che ha misurato con estrema precisione e indirettamente, l’altezza delle inviolabili piramidi dei re faraoni, che ha misurato indirettamente, con un semplice strumento da lui ideato e basato sul principio di messa in equilibrio, la distanza delle navi spinte da Eolo nel mare del dio greco Poseidone e, con lo stesso strumento e principio, ha spiegato i teoremi basilari della geometria “sacra” dei sacerdoti egizi e, con lo stesso strumento e principio, ha scoperto lui stesso nuovi e importanti teoremi della geometria, postulando da questa scienza strumentale anche l’inizio della ricerca filosofica e non più di un’altra divinità, ma di un analogo principio primo naturale di tutte le cose su cui si fonda, si spiega e appoggia tutto il cosmo circostante, non è certo difficile immaginarci un Talete astronomo che, con l’uso dello stesso strumento e principio 37 e l’idea “une, erano, per i tre maestri di Mileto, dei primordiali principi equilibranti del cosmo, analogamente al principio (fisico primordiale) di equilibrio che si può riscontrare, con una bilancia, sulla Terra. 37 Talete aveva un peculiare metodo sistemico: tramite l’uso di uno stesso strumento di rilevazione da lui inventato e di un unico principio fisico (l’equilibrio) indagò in molteplici direzioni speculative. Non possiamo pertanto essere d’accordo con chi sostiene che le eterogenee misurazioni effettuate da Talete non ci hanno lasciato alcun indizio che ci faccia pensare ad una indagine compiuta dal maestro con uno stesso accorgimento e decisivo per diverse situazioni. Abbiamo invece una eccellente testimonianza di Apuleio Flor. 18: «Talete di Mileto, certamente il maggiore di quei sette celebrati sapienti, infatti fu tra i greci il primo inventore della geometria, infallibile indagatore dei fenomeni naturali ed espertissimo osservatore degli astri, con piccole 162 ALDO BONET topistica” o “sacrilega” di valicare la linea dell’orizzonte per esplorare o violare il cosmo degli dei, di determinare una scala del cielo fino allora riservato esclusivamente al dio egizio Thoth, di calcolare un rapporto tra il sole e la sua orbita in un “viaggio” attorno alla Terra che era solo concesso al supremo dio cosmico Ra che incontrava al tramonto la dea egizia Nut, abbia dato inizio alla più grande rivoluzione culturale e scientifica dell’uomo, che ha fatto probabilmente eclissare nella mente del Milesio Talete, come prima vittima eccellente, proprio lo stesso dio straniero Ra, già soccombente nelle antiche dinastie egizie; il dio creatore Ra, che si identificava al tramonto nel quotidiano richiamo alla vita in Ra-Atum, divenuto poi, Amon-Ra. Passando prima per due tappe preliminari fondamentali, Talete, presumibilmente raggiunse due notevoli scoperte, che per un osservatore attento e ingegnoso come doveva essere il saggio Milesio nonché indiscutibile maestro delle ombre e della precisa misura indiretta 38 non devono essergli sicuramente sfuggite di mano né tanto meno, passate a Lui inosservate. linee (parvis lineis) fece scoperte importantissime: il volgere delle stagioni, il soffio dei venti, i percorsi delle stelle, la sonora meraviglia dei tuoni, il corso obliquo dei corpi celesti, il periodo o il ritorno annuale del sole e, in modo analogo, l’espandersi della luna crescente, il ridursi di quella calante e le sovrapposizioni (o gli ostacoli) di quella che si eclissa. Egli [Talete], quando era ormai assai vecchio, scoprì un divino teorema (divinam rationem) concernente il sole, che non mi sono limitato ad apprendere ma ho anche verificato con l’ausilio dell’esperienza, teso a dimostrare quante volte il sole, nelle sue dimensioni, sia contenuto nell’orbita che percorre». Apuleio ci dice sostanzialmente che, tutte queste eterogenee indagini, invenzioni, osservazioni e importantissime scoperte, furono compiute da Talete con: piccole linee, quindi, attraverso uno stesso accorgimento. Grazie alla mia ipotesi ricostruttiva, ho interpretato le «piccole linee» come le tacche del multifunzionale strumento di Talete: cfr. Bonet 2010, p. 131. Apuleio scrive di «un divino teorema concernente il sole» che apprese e verificò. Per qualificarlo come «divino» doveva essere un metodo degno di quell’aggettivo. 38 Lo stile peculiare e inconfondibile di Talete era fatto da: osservazione, spiegazione, scoperta e calcolo, che poi confluivano nella sua scienza strumentale in una pratica metodologia indiretta; la determinazione dell’altezza delle piramidi e il calcolo della distanza delle navi in mare, abbiamo visto che, sono soltanto due degli esempi eloquenti ascrivibili a Talete. 163 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI B.1) l’osservazione indiretta del sole. B.2) Il metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse. DUE TAPPE PRELIMINARI FONDAMENTALI: A.1) L’osservazione diretta sole/luna. A.2) metodo ad ostacoli diretto della doppia eclisse. Nei due traguardi (o pinnule) che delimitano il campo ottico dello strumento, sono stati praticati dei rispettivi fori, sia sul traguardo dell’oculare che su quello dell’obiettivo e, per una riuscita ottimale del metodo, meglio se questi fori risultino con un diametro identico a quello apparente degli oggetti cosmici di osservazione e quindi, nel caso della misura angolare del sole, uguali al diametro apparente dell’astro solare; pertanto, i traguardi, in una iniziale osservazione diretta, avrebbero agito col movimento ascendente/discendente dell’asta oculare come dei veri e propri ostacoli tra l’occhio dell’osservatore e il sole stesso o anche, nel caso, della luna 39. Detti traguardi, avrebbero giocato un primo ruolo vantaggioso nella schermatura protettiva dell’occhio per le fastidiose osservazioni dirette del sole, inoltre, come fu per la misura delle navi in mare, anche vantaggioso per una precisa “misurazione” del diametro solare apparente, in quanto, l’astro solare si sarebbe potuto spostare a piacimento 39 In Apuleio Flor. 18 si legge: «itidem lunae vel nascentis incrementa vel senescentis dispendia vel delinquentis obstiticula»: «e, in modo analogo, l’espandersi della Luna crescente, il ridursi di quella calante e gli ostacoli di quella che si eclissa». Si è dibattuto molto su cosa volesse dire Apuleio con: «e gli ostacoli di quella che si eclissa». Cfr. Bonet 2010, pp. 130-31. Scorrendo l’intera frase, si potrebbe anche tradurre: «e, in modo analogo, l’iniziale espandersi della luna crescente, il ridursi di quella calante, fino all’eclissarsi della stessa mediante gli ostacoli», ovvero, data una luna piena, Apuleio poteva riferirsi al metodo ad ostacoli diretto della doppia eclisse! Vedremo più avanti il disegno di cui al Punto 4. Interessante è notare che la citata frase di Apuleio è propedeutica a quella che vedremo descritta nella successiva nota 41, nella quale riporta il «divino teorema» al solo astro solare, come se, per l’astro lunare il «divino teorema» valesse per logica conseguenza. 164 ALDO BONET (al pari di una nave) dentro il campo ottico strumentale, mediante il semplice movimento ascendente/discendente dell’asta oculare di collimazione, sino a poterlo eclissare totalmente sia nella parte superiore come in quella inferiore del foro dell’obiettivo, ovvero, cercando nell’istante comune di buio, di far coincidere, il più perfettamente possibile, la linea tangente immaginaria posta in comune (fig. d: fase 1 e fase 5) tra la circonferenza del foro (f) dell’obiettivo con l’identica circonferenza apparente del sole (s) artificialmente eclissato dietro il traguardo dello stesso obiettivo. La precisione era una prerogativa fondamentale per Talete nel raggiungere una buona riuscita del risultato, come fu per l’altezza delle piramidi e la distanza delle navi in mare. Fig. d: disegno di Aldo Bonet, 2009 L’osservatore (fig. d) producendo artificialmente nel campo ottico o di mira strumentale una eclisse iniziale del sole, ostacolando e collocan165 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI do a piacimento l’intero astro apparente nella parte schermata del traguardo e tangente al punto superiore del foro dell’obiettivo (fase 1prima eclisse), mediante il movimento ascendente dell’asta oculare, faceva quindi gradualmente comparire il sole (fase 2) fin tutta la sua apparente interezza e abbagliante luminosità tra i due fori ad esso allineati e dentro il campo ottico (fase 3), per farlo gradualmente scomparire (fase 4) nella parte schermata del traguardo, fino a farlo interamente eclissare e condurlo tangente al punto inferiore del foro dell’obiettivo (fase 5-seconda eclisse). Un tale movimento dell’asta oculare, avrebbe così percorso idealmente, tra le due eclissi artificialmente prodotte: due volte l’intero diametro apparente 40 del sole. Lo stesso metodo si sarebbe potuto applicare ancor meglio per la luna piena e, non fu una cosa da poco! Poiché da quel giorno, gli astri con le loro eclissi, non incutevano più paura, ora era l’uomo che li poteva addirittura eclissare a suo piacimento! Talete, per una impresa che non poté affatto improvvisare e prima di stabilire un risultato storico che determinò uno stesso rapporto angolare sia per il sole che per la luna, dovette certamente sviluppare una lunga e propedeutica sperimentazione scientifica strumentale che lo impegnò una vita intera nel quantificare i fenomeni della natura, poiché pare dalle testimonianze, che questo risultato lo raggiunse quando ormai era assai vecchio 41 e, probabilmente, ipotizzando anche un suo 40 Questo metodo, avrebbe rappresentato una vera novità assoluta se si pensa che il diametro apparente sole/luna è visto esattamente sotto uno stesso e piccolissimo angolo, pari a 0,53 gradi, ovvero 32’ (tra afelio e perielio varia tra 0,525 e 0,543 gradi) e che Talete aveva quasi raggiunto con il suo rapporto di 1/720, ponendolo, con i nostri calcoli a 30’ ovvero: 0,50 gradi. Un doppio diametro apparente quindi, avrebbe avuto un’ampiezza angolare doppia (pari a 1 grado) e pertanto, avrebbe raddoppiato anche l’ampiezza della tacca strumentale rilevabile sullo strumento; un’ampiezza doppia da riportare nel calcolo, avrebbe agevolato notevolmente sia l’acuità visiva che la buona riuscita del metodo. 41 Apuleio Flor. 18: «Egli [Talete] quando era ormai assai vecchio, scoprì un divino teorema concernente il sole, […] teso a dimostrare quante volte il sole, nelle sue dimensioni, sia contenuto nell’orbita che percorre». Notare che Talete, quando scoprì il divino teorema, era già molto avanti con l’età e, per un uomo che ha passato una vita a studiare intensamente gli astri a occhio nudo [cfr. Platone, Theaet. 174 a] anche la sua vista doveva essere molto più compromessa rispetto ad altri della sua età. Pare che Talete morì al tempo della 58ª Olimpiade e Diog. Laert. I 39 ricorda l’epigramma: «Il sapiente Talete rapisti dallo stadio, o Elio Zeus, mentre assisteva ad un ginnico agone. 166 ALDO BONET raggiungimento di angolo formidabile per l’epoca: un concetto precursore a quello moderno del radiante! Ma non solo, percorrendo le fasi innovative dello strumento, Talete, avrebbe raggiunto anche il massimo, con quella sua probabile e notevole scoperta del metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse mediante proiezione del sole tra i due fori strumentali, che dovette giungergli come un grande dono divino, in onore della sua veneranda età e quale degna ricompensa per una vita dedicata agli studi celesti 42 (Apuleio Flor. 18: caelestia studia); fedele al suo metodo sistemico, forse, mediate queste ipotetiche quattro tappe preliminari: TALETE AVREBBE DOVUTO: I. Valutare, grazie anche alle precedenti misurazioni sperimentali, che l’esclusione del bilanciere dello strumento avrebbe portato una minore sensibilità strumentale ma una maggiore praticità e precisione, ed eluso quelle inevitabili discordanze angolari, già riscontrate didatticamente durante lo studio empirico della sommatoria degli angoli interni dei triangoli [disegno-punto 1]. II. Spostare la rilevazione delle tacche strumentali, dal supporto alla circonferenza di un cerchio incorporato allo strumento. L’angolo precursore al nostro radiante, sarebbe stato ricavato da Talete più come Ti lodo per averlo condotto vicino: ormai vecchio, dalla Terra non poteva più vedere gli astri». Per questo, forse, Apuleio Flor. 18 ha intercalato, nella sua citata frase e nel punto indicato dalle parentesi quadre, con: «che non mi sono limitato ad apprendere ma ho anche verificato con l’ausilio dell’esperienza», togliendo così ogni dubbio sull’efficacia o meno del metodo ideato da Talete, in tarda età. Talete quindi, per giungere a una tale scoperta (ma con una vista ormai debilitata) doveva aver già a disposizione il suo fedele strumento, che aveva utilizzato ampiamente per le sue precedenti scoperte, pertanto, senza doverlo costruire ex novo. 42 Per un veterano scienziato come Talete, la cui vista si era ormai compromessa con l’età (affetto da plausibile miopia) il geniale metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse, con la proiezione di un sole quasi a tavolino, rispetto al più debilitante metodo visivo diretto, dovrebbe averlo accolto come un dono del Cielo considerato anche, come vedremo, che consentirà di raddoppiare sullo strumento l’ampiezza della singola tacca, venendo così incontro allo stile inconfondibile del vecchio Talete, all’acuità visiva e alla buona riuscita del risultato. 167 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI una porzione di spazio individuata dall’asta oculare di collimazione degli astri sulla fune circoscrivente il cerchio dello strumento e quindi, con una connotazione dell’angolo molto somigliante a quella ciclometrica a settore circolare, ovvero, di una misura circolare sulla circonferenza che si poteva sviluppare o stendere anche in orizzontale (disegni-punto 2-punto 3). Un concetto che Talete, avrebbe potuto attingere facilmente dalle tecniche ciclo-metriche utilizzate dagli artigiani carradori, dai vasai, dagli architetti 43 o anche averlo auto- elaborato dai suoi ingegnosi e precedenti esperimenti strumentali. III. Ricercare, mediante il metodo diretto della doppia eclisse, la costruzione del foro perfetto 44 coincidente con la circonferenza apparente dell’astro cosmico in osservazione (disegno-punto 3) e valutare con il teorema di Talete, enunciato in precedenza (disegno precedentepunto 4.4a) l’invarianza dei risultati a vantaggio della migliore praticità e dimensionamento, di un utilizzo dell’asta oculare di collimazione preferibile in una forma più radiale che diametrale. Probabilmente, in fase costruttiva, Talete avrebbe potuto ricavare un fortuito foro stenopeico 45 e scoprire così, anche una nitida proiezione di un’eclisse par43 Bonet 2010, p. 133, n. 49: «1. - L. Giacardi-S.C. Roero, La matematica delle civiltà arcaiche, Stampatori didattica 1978, pp. 99-101 e 102; 2. Singer 1954, p. 215 e 401». Questo concetto è molto importante. Solitamente gli studiosi hanno dato notizie in tal senso, senza mai approfondire la potenzialità pratica di un tale metodo. Una questione di non poco conto se si pensa che questo metodo pratico serve a compiere una misurazione curvilinea che si può stendere in una comoda forma rettilinea. Un rapporto matematico che generalmente si compiva su corpi rettilinei (funi distese) consentiva, con questo metodo empirico, di trasportarlo anche su corpi circolari (funi circoscritte) da poter paragonare a quelli in movimento curvilineo (orbite sole/luna) e viceversa. 44 Il foro perfetto si potrebbe ottenere anche senza il metodo diretto della doppia eclisse per via strumentale: cfr. infra nota 47. 45 Il fenomeno del foro stenopeico si verifica già in natura attraverso i fori millimetrici (o stenopeici naturali) presenti nelle foglie delle piante e quindi, è un fenomeno indiretto più antico dell’uomo stesso, cfr. Url: <http://www.elamit.net/astro/eventi.htm>. In termini probabilistici, questo semplicissimo fenomeno di proiezione indiretta, doveva esser stato notato (ma senza particolare interesse) sin dall’esperienza più primitiva dell’uomo, osservando l’ombra proiettata dal sole sul fogliame del sottobosco oppure, attraverso l’ombra che si potrebbe ottenere dagli oggetti d’uso comune, per esempio: monili ornamentali forati e, una eclisse anulare o parziale di sole, si sarebbero potute verificare e facilmente osservare in un momento fortuito e soleggiato del giorno. Proprio quello che dovrebbe essersi verificato agli occhi attenti di Talete, grazie all’uso frequente e protratto nel tempo, che avrebbe fatto con il suo strumento diottri- 168 ALDO BONET ziale o anulare che in quel tempo era casuale osservare o captare sulla superficie dell’acqua guardando i riflessi del sole e di giungere, dopo anni di osservazione, ad affermare che tutte le possibili eclissi di sole annuali si verificano sempre in coincidenza del novilunio: Papiro 46 di Ossirinco nr. 3710 e Bonet 2010, p. 154. IV. Verificare poi il foro perfetto ricalcolandolo per praticità e precisione con lo stesso strumento, prima sull’astro lunare nella fase di luna piena 47 e poi su quello solare; la perfetta coincidenza porterà ad affermare la medesima ampiezza angolare per i due astri principali del cosmo e quindi, per una teoria Euclidea della visione conica che sarebbe sopraggiunta anche la conseguente affermazione della differente co per poter scoprire o raggiungere con precisione quella molteplice concordanza, sia di dati astronomici sia di problemi pratici, che la tradizione gli attribuisce. Un fenomeno indiretto, probabilmente scoperto da Talete anche in una fase costruttiva del suo multifunzionale strumento, mediante la realizzazione fortuita di un foro stenopeico praticato nel traguardo dell’oculare della diottra in costruzione (cfr. Bonet 2010, p. 151-62). 46 Papiro di Ossirinco 3710-col. II (Od. XX 156): «Il fatto che l’eclissi (si verificano) durante il novilunio è illustrato da Aristarco di Samo quando scrive: Talete ha detto che il sole è eclissato quando la luna si trova davanti ad esso, cosicché [l’oscuramento] segna il giorno in cui si verifica l’eclissi (giorno) che taluni chiamano triakas (il trenta) e altri neomenia (luna nuova)». Queste informazioni, Talete, poteva averle avute con l’ausilio della sua diottra fissata o puntata verso il sole nei giorni di novilunio, ovvero, quando la luna nuova nel cielo, coperta dai raggi solari, non era visibile all’occhio umano. Attraverso i fori della diottra si sarebbe proiettata indirettamente l’immagine del sole, con la probabilità, durante i giorni di novilunio, di captare una eclisse parziale o anulare e, ancor più nitida, se si fosse realizzato nei traguardi strumentali, anche un fortuito foro stenopeico. 47 Bonet 2010, p. 140, n. 54: «Se invece, viceversa, si vuole realizzare lo strumento in funzione del foro perfetto, basta fissare sull’obiettivo un traguardo con un foro arbitrario d’inquadramento che può risultare leggermente più grande del plenilunio in osservazione, determinato anche dall‘iniziale vicinanza dell’occhio al foro e poi, con l’altro traguardo forato, basta allontanarsi o indietreggiare lungo l’asta radiale sino all’istante in cui la luna piena coincide con la circonferenza del foro posto sull’obiettivo, il punto trovato lungo l’asta radiale risulterà il punto su cui fissare il traguardo oculare. La lunghezza dell’asta radiale così ottenuta tra i due traguardi, sarà quindi il raggio del cerchio dello strumento-progetto, da costruire». Notare che, la tecnica alternativa esposta in questa nota, descritta in Bonet 2010, è stata ripresa in Rossetti 2015, p. 202 e note correlative. Per sapere come ragionava prima Rossetti, riguardo l’ampiezza angolare del sole, basta leggere Marcacci 2001, pp. 265 ss., fig. 1. 169 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI grandezza tra i due astri, ricercata poi dagli astronomi successivi (disegno-punto 4). Probabilmente, questi primi 4 punti dovevano essere già stati raggiunti da Talete nel corso delle sue ingegnose osservazioni e scoperte astronomiche, ovvero, raggiunti molti anni prima del divino calcolo dell’ampiezza angolare del sole che sappiamo, da Apuleio Flor. 18, raggiunse per ultimo, in tarda età. Anche in questo caso, sempre per dare un’indicativa visione panoramica d’insieme dell’evoluzione e dell’applicazione di questo strumento multifunzionale, che portò Talete alla storica impresa astronomica, vengono qui di seguito ripresi i seguenti disegni (autore: Aldo Bonet, 2009), enumerati e correlati alle tappe elencate nei primi quattro punti descritti in precedenza: Punto 1 Punto 2 170 ALDO BONET Punto 3 Punto 4 TALETE AVREBBE INFINE: V. Scoperto il metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse. Una scoperta avvenuta quando ormai era assai vecchio e dopo una lunga sperimentazione strumentale precedente che gli avrebbe consentito ancor prima, mediante un fortuito foro stenopeico, di scoprire quanto descritto al precedente punto III.; una vantaggiosissima osservazione, quasi a tavolino, che risultò più precisa e affidabile dell’osservazione diretta. Notare come l’osservazione indiretta del sole (disegno-punto 5) si presenti, all’acuità visiva, identica a quella dell’osservazione diretta della luna piena (disegno-punto 4), se non addirittura più agevole e abbordabile. VI. Calcolato il numero divino con il metodo di cui al punto V e la proiezione indiretta del sole sopra una superficie chiara e liscia (marmo, muro o papiro, posti in penombra) da utilizzare come schermo ottico. Talete avrebbe calcolato non il numero espresso in decimali di 1/720 tra il diametro del sole e la sua orbita, ma più semplicemente il numero di volte (720) in cui il diametro del Sole è contenuto dentro la stessa (disegni-punto 5-punto 6). 171 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Punto 5 Disegno di Aldo Bonet, 2009 172 ALDO BONET Punto 6 Disegno di Aldo Bonet, 2009 173 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 9. TALETE CALCOLA IL NUMERO DIVINO (O L’AMPIEZZA ANGOLARE DEL SOLE/LUNA) Le notevoli scoperte di Talete, per l’epoca, sarebbero state all’avanguardia ma soprattutto riconoscendo al grande Milesio, il giusto titolo di “primo scienziato” che studiò in modo innovativo e originale i corpi celesti: “l’espertissimo osservatore degli astri” come ci ricorda Apuleio 48 che gli avrebbe solo per questo, garantito una certa paternità storica della scoperta o della comprensione dei fenomeni cosmici mediante l’invenzione di un semplice strumento astronomico, una diottra a proiezione 49, che avrebbe anticipato di circa 2000 anni, con dei metodi efficacemente alternativi, il cannocchiale lenticolare galileiano e pertanto, non sarebbe improprio definire oggi, alla luce di queste innovative ipotesi e risultati, l’astronomo Talete come il “Galileo Galilei” dell’antichità. Con il metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse, l’istante di buio in cui l’osservatore eclissava artificialmente il sole, proiettato su una superficie utilizzata come schermo, non veniva più stimato con l’incombente presenza del fastidioso flash solare che si produceva mediante il metodo precedente dell’osservazione diretta (fig. d) ma, con una più agevole e precisa valutazione che avveniva tramite l’osservazione del graduale accrescimento e riduzione della riflessa luminosità indiretta (luce/ombra) delle lunule solari, quest’ultime, proiettate dai fori dei traguardi attraverso il campo ottico strumentale e create direttamente dall’osservatore mediante l’ausilio della cordicella di bloccaggio dello strumento con la quale, effettuava lo spostamento micrometrico dell’asta oculare (disegni-punto 5-punto 6). 48 Cfr. Apuleio Flor. 18 (DK 11 A 19). Cfr. Bonet 2010, p. 103 e pp. 130-131. A favore dell’ipotesi che Talete si servisse di una diottra a proiezione per l’osservazione indiretta del sole e quindi della possibilità di aver osservato nitidamente la frequenza dell’eclissi di sole parziali e anulari che si formano durante l’anno e che avvengono esattamente nel giorno del novilunio, come egli ha affermato, abbiamo la curiosa testimonianza di Aezio II 24, 1-Dox 353, che riporta: «Talete per primo disse che il sole si eclissa quando la luna, di natura terrosa, gli passa sotto perpendicolarmente. Allora la sua immagine, stando sotto il disco solare, si vede riflessa» (cfr. Bonet 2010, p. 155, n. 58). 49 174 ALDO BONET I SEMPLICI PASSAGGI PER LA DETERMINAZIONE DEL NUMERO DIVINO 50 Talete, con questo suo metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse, avente alla base, sia una concezione geometrica rettilinea di propagazione dei raggi solari, che già considerò per la misurazione delle piramidi, sia il suo teorema dell’uguaglianza degli angoli opposti, che scoprì per la geometria, avrebbe così misurato il doppio del diametro solare apparente (2a). E ciò rappresentò un enorme vantaggio per l’acuità visiva e per il procedimento, poiché, Talete, avrebbe ottenuto sulla fune circoscritta al cerchio incorporato allo strumento, un’ampiezza doppia dell’arco orientato [disegni-punto 5-punto 6] rispetto a quella dimezzata che avrebbe ottenuto per il singolo diametro 50 Talete non conosceva ancora la definitiva connotazione di angolo come grandezza, e tanto meno quella di angolo giro suddiviso in 360 parti o gradi (cfr. Bonet 2010, p. 21, n. 10). Inoltre calcolò il rapporto divino senza alcuna esitazione, evitando (contrariamente all’ipotesi di Rossetti 2015, p. 205) aree di oscillazione nei risultati per non doverli delineare in una media. Diogene Laerzio non dice «la grandezza del sole è pressoché, è all’incirca la 720ma parte» ma: «Talete […] stabilì che la grandezza del sole è la 720 ma parte dell’orbita solare, come pure che la grandezza della luna è nelle stesse proporzioni rispetto all’orbita lunare». E Apuleio Flor. 18 fa la verifica con un suo proprio esperimento: «Talete scoprì un divino teorema concernente il sole, che non mi sono limitato ad apprendere ma ho anche verificato con l’ausilio dell’esperienza, teso a dimostrare quante volte il sole, nelle sue dimensioni, sia contenuto nell’orbita che percorre». Pertanto, un tale convincimento dovette provenire più per l’affascinante rilevanza di un metodo ambizioso ma semplice da comprendere e insegnare che dal mero calcolo, altrimenti, non si spiega nemmeno ciò che narra Apuleio, nel seguito dei Florida 18, su Mandrolito di Priene: «Si narra che Talete avesse insegnato questa sua recente scoperta a Mandrolito di Priene, il quale, molto dilettato da questa nuova e inattesa conoscenza, lo esortò a dire quanto volesse essere retribuito per un insegnamento così importante». La verifica di Apuleio e quest’ultima sua narrazione, ci fanno capire inoltre, che Talete non coinvolse né squadre di collaboratori né cantieri di lavoro (cfr. Rossetti 2015, cap. V, pp. 205 e 206) per questa sua grandiosa scoperta, altrimenti, Apuleio non avrebbe fatto lui stesso la verifica, mentre, a Mandrolito di Priene, che distava a circa 20 Km da Mileto, l’eco della notizia non gli sarebbe giunta né nuova né tanto meno inattesa per voler retribuire Talete ad ogni costo e con qualsiasi somma richiesta e, sappiamo anche, dai Florida 18, che il saggio Talete rifiutò la ricca ricompensa in cambio dell’onestà intellettuale: « sarebbe per me una ricompensa sufficiente se ciò che hai appreso da me non lo attribuirai a te stesso ma, quando inizierai a divulgarlo, dirai che io e non altri sono l'autore di questa scoperta». 175 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI (a) apparente del sole e, all’epoca, non esistevano nemmeno unità metriche di misura per poterla eventualmente rilevare, poiché l’unità minima conosciuta e dalla quale partire con i calcoli ordinari, era il dito greco 51 (δάκτυλος) pari ai nostri 1,85 cm o quello egizio, pari ai nostri 1,88 cm. Predisponendo lo strumento ad uso astronomico, ovvero, mediante l’applicazione verticale di una grande ruota 52 (o di un cerchio solido in legno e metallo) avente un diametro ideale, a misura d’uomo, pari a quattro cubiti 53 reali ovvero, pari a circa 210 cm e, attorno alla quale è stata circoscritta una fune alloggiata in una scanalatura semicircolare lungo tutta la circonferenza della ruota; lo sbordo della stessa fune 54 sommato alla misura precedente del diametro della ruota (pari a circa 210 cm) si presuppone che avrebbe portato a un diametro tecnico strumentale di circa 212 cm. La fune alloggiata lungo la circonferenza della ruota astronomica taletiana sarebbe stata lunga 666 cm, pari a 15 piccoli cubiti greci 55 equivalenti a 20 piedi di Egina, che poniamo uguale a “2p”. Pertanto, il raggio strumentale risultava pari a: 212 cm / 2 = 106 cm, che corrispondeva all’ampiezza dell’asta radiale dello strumento (disegno-punto 6). Il semicerchio superiore di ampiezza “p” rappresenta l’arco apparente (o di collimazione strumentale) della calotta sferica celeste soprastante 51 Bisogna pensare che Talete visse in un periodo della Grecia arcaica, nel quale iniziavano a delinearsi quelle riforme metrologiche in materia di misure unitarie per opera di Solone ad Atene e Fidone ad Argo. Una misura più piccola del dito greco (circa 1, 85 cm) si poteva ricavare empiricamente ma poi, sarebbe stata inesprimibile per i calcoli ordinari. Difatti, sottomultipli del dito, pur non impensabili (cfr. Bonet 2010, p. 134), non vennero mai indicizzati nelle tabelle metrologiche. 52 Quest’idea, presentata per la prima volta in Bonet 2010, pp. 163 ss., viene ripresa, con criteri analoghi, in Rossetti 2015, cap. V, pp. 201-205 e n. 22. Cfr. supra, nota 47. 53 Il cubito reale (πῆχυς βασιλήιος) era in uso sia in Egitto che in Grecia ed era pari ai nostri 52,5 cm. Quattro piccoli cubiti erano pari a una orgya (ὀργυιά) e corrispondevano all’apertura di 177,6 cm, due braccia distese: l’uomo vitruviano dentro la ruota taletiana. 54 Si ipotizza, vista l’ampiezza della ruota astronomica taletiana, una spessa fune, una di quelle che veniva usata per l’attracco delle navi nel porto. L’attracco richiedeva spesse funi da impugnare con forza a tutto tondo per garantire una buona presa nelle manovre. 55 Il piccolo cubito greco (πῆχυς) - equivaleva a 24 dita greche, pari ai nostri 44,4 cm. Il piede di Egina, invece, a 18 dita greche. 176 ALDO BONET e il rimanente semicerchio inferiore di ampiezza “p” rappresenta l’arco apparente della calotta oceanica invisibile sottostante. TALETE NELL’ORBITA DEL DIO EGIZIO RA Nel “seguire” il movimento iniziale di un sole già alto sull’orizzonte, partendo da una qualsiasi ora del giorno, in un ideale viaggio orbitale che compiva giornalmente il dio egizio Ra intorno alla Terra, di durata pari a un giorno e a una notte fino all’alba successiva e raggiungendo la stessa ora iniziale di partenza, Talete avrebbe compiuto logicamente con lo strumento (in equilibrio e al centro del cosmo) in un tale ipotetico percorso zenitale o circumnavigante l’eclittica, un giro completo con l’asta oculare radiale, la quale, avrebbe percorso in questo ipotetico viaggio e in modo circolare (passando prima sopra la calotta celeste e poi sotto la calotta oceanica e quindi sotto la Terra), tutto il cerchio dello strumento, che abbiamo posto pari a 2p. Talete ora, aveva a disposizione sia la corretta teoria sia la migliore tecnica strumentale per ottenere un ottimo rapporto tra: l’ampiezza “a” dell’arco orientato sulla fune, corrispondente al diametro solare 56 apparente, con l’intero sviluppo pari a “2p” della fune stessa circoscritta al cerchio, corrispondente all’orbita solare apparente. Poniamo con “D” tale rapporto, ovvero: D = a/2p. Il rapporto doppio, col doppio diametro apparente misurato, risulterà pertanto: 2D = 2a/2p. È più plausibile che Talete calcolò il rapporto doppio, nel modo inverso, ovvero: 2p/2a = 1/2D, trovando così, non un rapporto espresso in decimali, ma più semplicemente un numero intero, corrispondente a: quante volte il sole, col doppio del suo diametro, occupa la sua stessa orbita. A Talete, mediante il più preciso metodo indiretto della doppia eclisse (disegno-punto 5-punto 6) non rimaneva che tracciare il doppio del diametro apparente sulla fune circoscrivente il cerchio dello strumento 56 L’ampiezza del foro perfetto sui traguardi strumentali che era corrispondente all’ampiezza apparente del diametro (a) solare e, in questo caso, realizzata empiricamente, sarebbe risultata pari alla metà di un dito greco, ovvero: 1,85 / 2 = 0,925 cm. Difatti: 0,925 cm x 720 = 666 cm, lunghezza totale della corda circoscrivente. Cfr. anche Bonet 2010, pp. 134-143. 177 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI e quindi, ottenere il corrispettivo spazio dell’arco orientato occupante (2a) il quale, con le misure strumentali indicate in precedenza, avrebbe portato sulla fune un’ampiezza della tacca esattamente pari al dito greco 57 ovvero pari a: 1,85 cm. Talete, fece la verifica empirica per sovrapposizione 58 ovvero, osservando che l’ampiezza del polpastrello del suo indice della mano 59 copriva perfettamente quella della tacca strumentale risultante sulla fune. Talete pose il primo importante risultato: dito greco = 2 a = doppio diametro apparente del sole. Dopodiché, distesa per comodità la fune al suolo in tutta la sua lunghezza (666 cm) e sapendo che la fune era lunga 15 piccoli cubiti (o 20 piedi di Egina) - Talete, poté iniziare a trasformare i piccoli cubiti greci in dita: 24 dita x 15 = 360 dita. Oppure, i piedi di Egina in dita: 18 dita x 20 = 360 dita; così pose il secondo importante risultato: 360 dita = numero di volte in cui il sole, col doppio del suo diametro, occupa la sua stessa orbita. Infine, non rimaneva che raddoppiare questo numero (pari a 360 dita) per ottenere quello esatto: che indica il numero di volte in cui il diametro solare è contenuto nella sua stessa orbita. Talete, fissò il numero divino: 57 Oggi possiamo fare questa verifica anche con i nostri calcoli. Con un manuale tecnico del geometra e del perito agrario si possono trovare delle tavole per la lunghezza dello sviluppo S di un arco di cerchio di raggio R= 1 sotteso da un angolo α°. La formula che calcola lo sviluppo S dell’arco è: S = π R α°/ 180°. Poiché l’angolo strumentale, formatosi con il metodo ad ostacoli indiretto della doppia eclisse, è pari a 1 grado, si rileva nelle tavole uno sviluppo S = 0,0174533. Sapendo che il raggio strumentale R dell’asta oculare è: 212 cm /2 = 106 cm, avremo, ponendo S = 2a: 106 cm x 0,0174533 = 2a = 1, 85 cm. [disegno-punto 6]. 58 Le unità di misura nella Grecia arcaica erano basate su parti del corpo umano e variabili a seconda delle zone geografiche. A Egina il piede valeva 33,3 cm mentre ad Atene era più corto: 29,6 cm. Egina fu una delle più notevoli basi navali della Grecia arcaica. Difatti vedremo alla nota 63 come Eraclito di Efeso (VI -V sec.a.C) in un suo famoso frammento si esprime sul sole facendo riferimento al piede umano, inteso proprio come unità di misura naturale [cfr. Bonet 2010, p. 168, n. 61] 59 Nell’Ellade, il dito (δάκτυλος) era l’unità minima riconosciuta o standardizzata per essere rapportata con le altre misure multiple unitarie: il palmo (παλαιστή o δῶρον) la spanna (σπιθαµή) - il piede (ποῦς) - il cubito ecc. 178 ALDO BONET 360 x 2 = 720 = numero di volte in cui il sole, col suo diametro, occupa la sua stessa orbita. Talete, il vecchio saggio, stabilì questo divino rapporto, conscio dell’esattezza teorica del suo metodo e della tecnica strumentale impiegata: precisa, facile da capire e da insegnare! Talete, inoltre, sapendo già dalle scoperte astronomiche precedenti che il foro perfetto era uguale sia per il sole che per la luna 60 era altresì conscio che, non sarebbe stato necessario stabilire una verifica, con il metodo ad ostacoli diretto della doppia eclisse, anche sulla luna piena, poiché era ovvio che la luna si trovasse pure nelle stesse proporzioni rispetto all’orbita lunare. Alla luce delle considerazioni fatte e dell’ottimo risultato raggiunto da Talete con le unità metrologiche dell’epoca, diventa irragionevole pensare a metodi che implicano l’osservazione diretta del sole o che coinvolgono creazioni artigianali complicatissime da realizzare e con centinaia di piccolissimi riporti unitari. Riportare anche solo la misura minima visibile, qual’era il dito greco (o egizio), sopra una intera fune distesa e lunga 360 dita, per un Talete astronomo che aveva una vista ormai debilitata dall’età avanzata, era non solo un’impresa ardua ma anche con un rischio d’imprecisione, se non di fallimento, altissimo; rischioso in ogni caso, per chiunque si cimenti in una tale impresa 61 anche se dotato di una vista perfetta. 60 Rivedere al precedente paragrafo 8 il punto nr. 4, nonché le precedenti note nr. 39 e 41. 61 Rossetti 2015, cap. V, pp. 199 e ss. si cimenta con un metodo che si basa su un diaframma solido da far corrispondere alle dimensioni apparenti del disco solare (e lunare) puntandolo direttamente per occlusione davanti ai due astri e tramite un piccolo apparato, sommariamente descritto. Interessante è notare che Rossetti passa da un mega-apparato (cfr. supra, nota 47) a un piccolo apparato ma, soltanto dopo Bonet 2010 (dal cap. 19 al cap. 27). -Supporre che il vecchio saggio Talete si sia orientato con un ostico metodo diretto rispetto a un più preciso e agevole metodo indiretto vuol dire, innanzitutto, non considerare il suo stile peculiare ma anche, non vedere sia l’improponibilità per l’imprecisione che ne scaturisce da un metodo diretto, sia la sua inapplicabilità per le naturali difficoltà che sopraggiungono a un astronomo veterano e, delle quali, ne abbiamo ampiamente accennato nell’articolo. - Rossetti contraddice se stesso quando, giustamente, presume, alla sua nota 17 di p. 201, «Presumo però che, quando si prova a riportare il segmento o arco svariate centinaia di volte, il rischio di imprecisione divenga altissimo (è possibile che dieci misurazioni effettuate 179 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Si potrebbe pensare allora, che Talete, per semplificare la verifica, avrebbe potuto immaginare di operare sulla mezza fune, fatta di 180 dita o meglio ancora, sopra un quarto della fune, fatta di 90 dita o sull’ottavo della fune, fatta di 45 dita. È più verosimile invece, che Talete, per venire incontro alla sua veneranda età, si fosse servito dei multipli metrologici unitari in uso nella Grecia arcaica del suo tempo, quali il piede di Egina (la fune era di 20 piedi di Egina) o il piccolo cubito greco in quanto l’intera fune corrispondeva anche a 15 piccoli cubiti, per poi riportarli sopra una frazione della fune stessa, per esempio: 5 piedi di Egina (5 x 33,3 cm = da dieci persone diano dieci risultati differenti)»; poi però, a p. 205, sviluppa il metodo proprio in quella rischiosa direzione. - E ancora, quando giustamente segnala, a p. 204: «Incomincio col segnalare la difficoltà che comporta la realizzazione di un triangolo fisico che abbia le proporzioni richieste (l’operazione sarebbe in grado di creare dei problemi, suppongo, anche a un artigiano dei nostri giorni e malgrado la possibilità di macchinari piuttosto sofisticati)»; poi però, prosegue, a p. 205, con l’applicazione di un metodo ancor più ostico per l’asperità del materiale, l’imprecisione e per le tantissime insidie aggiuntive. Il metodo taletiano possedeva genialità, sistematicità, eleganza, semplicità e precisione, lo aveva già mostrato con le notevoli misure indirette fatte nell’Egitto dei faraoni o anche, con la distanza delle navi in mare ma anche, con le scoperte e le spiegazioni dei teoremi fondamentali della geometria ecc. Inoltre Talete sapeva portare tutto a percezione distinta per facilitarne subito il convincimento: la rotazione micrometrica dell’asta strumentale percorreva esattamente una porzione circolare dell’orbita solare uniformemente riprodotta sulla fune e non un’ambigua porzione poligonale inscritta o circoscritta. Il metodo diretto per occlusione dell’astro solare, per il suo scarso rigore all’acuità visiva, viene tutt’al più applicato quando si cerca un risultato approssimativo del diametro apparente, dentro un intervallo di minima oscillazione angolare. Ciò che fece Archimede con il suo calcolo dell’ampiezza angolare del sole mediante un alternativo metodo ad ostacoli diretto della doppia eclisse, che però, lo applicò per una ragione metodologica ben precisa. Con una scienza cosmologica che andò a poggiare le sue basi sopra una più corretta concezione sferica degli astri e con il sopraggiungere, nell’Ottica di Euclide, del teorema nr. 23: «Di una sfera vista in qualunque modo da un solo occhio appare sempre meno di un emisfero, e questa parte vista della sfera appare come una circonferenza di cerchio» l’innovativo calcolo del numero divino che Talete determinò con una diottra di puntamento che inquadrava o includeva l’astro e che inoltre concepì di forma circolare, fu messo (erroneamente) in discussione, ritenendolo non più idoneo per la determinazione angolare di un sole sferico e, per questa ragione, Archimede ritenne di rideterminarla con un’alternativa diottra di puntamento che lo occludeva, cercando così un intervallo minimo angolare in cui fosse contenuto il diametro sferico del sole: Bonet 2010, pp. 171-174 e n. 63 tra p. 173 e p. 174. 180 ALDO BONET 166,5 cm) coprivano esattamente ogni quarto della fune 62 distesa (666 cm / 4 = 166, 5 cm). Minore erano i riporti unitari distribuiti lungo la fune e minore risultava l’errore accumulato nella verifica del numero divino. Quest’ultimo metodo di verifica 63 dell’ampiezza angolare del sole, avrebbe consentito a Talete (o ai suoi discepoli) non solo di ridurre conseguentemente l’accumulo complessivo dei riporti e quindi gli errori, per eventuali o future verifiche del numero divino, ma anche, di ridimensionare a piacimento la fattezza stessa dello strumento; per esempio, modificando lo strumento in un semicerchio e con una semifune ad esso circoscritta, o in un quarto di cerchio e con la quarta parte della fune ad esso circoscritta, precorrendo in quest’ultimo caso, uno strumento di fattezza molto simile al quadrante 64 astronomico Tolemaico. 62 Il quarto della fune si poteva ottenere empiricamente mediate una prima piegatura su se stessa, facendo combaciare le prime due metà della fune e, con una seconda piegatura su se stessa, facendo combaciare le seconde due metà della medesima fune. 63 Quest’ultimo metodo di verifica dell’ampiezza angolare del sole che utilizza, per natura, il piede umano di Egina, echeggia con il frammento fr. 3 DK di Eraclito (il famoso frammento sul sole): «il sole per natura ha la misura di un piede umano», cfr. Rossetti 2015, cap. V, pp. 209-214. A mio parere, Eraclito non si riferiva né a una parodia su Talete né a un piede umano con funzione di diaframma. È più verosimile che Eraclito (VI -V sec. a.C.) si riferisse alla verifica metrologica dell’ampiezza angolare del sole che fu fatta, per semplificazione, con il piede greco, utilizzato come unità multipla di misura: «il sole per natura (con le parti del corpo umano) ha la misura di un piede umano». In Fronterotta 2013, pp. 128-132, troviamo una traduzione e un’interpretazione migliore: «il sole, la cui larghezza è per natura di un piede umano, non oltrepassa i suoi confini, perché se uscirà dall’arco del suo corso, le Erinni, che amministrano la Giustizia lo sorprenderanno». Mouraviev propone invece: «Questo sole, che per natura ha la larghezza di un piede umano, non oltrepasserà i confini appropriati: se esce dall’arco del suo corso, le Erinni, che amministrano la Giustizia lo sorprenderanno». Nelle pagine citate, ci sono analisi sulle singole parti della frase. 64 L’allievo di Talete, Anassimandro, non solo fu il primo ad introdurre in astronomia lo gnomone per l’osservazione dell’ombra variabile proiettata da un bastone verticalizzato sul terreno, ma fu anche il primo ad introdurre, come misuratore dell’ora solare, una meridiana, guarda caso, a forma di quarto di cerchio o di quadrante, nonché il primo a dare luogo ad una stesura cartografica terrestre, che seppur ingenua, doveva esser stata concepita soltanto dopo una dimestichezza topografica - strumentale e cosmologica pur minima o elementare, ma non certamente improvvisata (cfr. Bonet 2010, p. 169, n. 62). 181 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI La strada della scienza strumentale sulla quale si sarebbero incamminate tutte le più grandi menti dell’antica Grecia, Talete il Milesio, l’aveva chiaramente tracciata. 10. CONCLUSIONI La scienza strumentale o “meccanica”, iniziata da Talete, è stata osteggiata in epoca platonica anche a causa dell’influsso che ancora esercitava presso i geometri, e che non doveva piacere a Platone e ai platonici. Per questo è stata allontanata dalla filosofia da Platone stesso. Ma, «indipendentemente dal fatto che egli [Talete] sia stato o non sia stato anche il primo filosofo» (Rossetti 2015, p. 225), non si può mettere in dubbio che l’apporto di questa scienza strumentale è straordinario, essendo precorritrice della moderna topografia, cartografia, astronomia terrestre, nautica e fisica sperimentale, ma che è anche stimolo e punto di riferimento per la geometria e la filosofia naturalistica posteriori. Tutto sta a intendersi sul significato di “filosofia”. Perché, nel senso platonico del termine, Talete non pare esser stato un filosofo, e neppure Socrate. È questa la tesi di fondo di Rossetti 201565, in cui non si fa altro che sostenere dall’inizio alla fine che è 65 In Rossetti 2010 Socrate è il filosofo per eccellenza (questo viene riconosciuto in Rossetti 2015, p. 169). Cinque anni dopo, in Rossetti 2015, si cambia idea, e la tesi di fondo diventa quella di Platone come padre della filosofia, chiarissima fin da p. 45 («la filosofia […] è decollata […] con pagine di Platone»). Il titolo di questo libro avrebbe potuto esser completato in questo modo: La filosofia non nasce con Talete e nemmeno con Socrate, ma con Platone. A p. 60 si legge della «svolta epocale […] di Platone, […] passaggio decisivo». A p. 62 si legge che la filosofia «è entrata in scena ai tempi di Platone e, sostanzialmente, per merito suo»; a p. 76 questa affermazione è ribadita («si è cominciato a parlare (e scrivere) intensivamente di filosofia solo ai tempi di Platone e sostanzialmente per suo merito»); a p. 70 si legge che il pensiero di Platone è «terribilmente innovativo» (la parola «innovativo», in riferimento a Platone, è presente due volte a p. 70, il «terribilmente» ricorda la parola δεινὰ, così come viene usata in Sofocle, Antigone, v. 334: πολλὰ τὰ δεινὰ κοὐδὲν ἀνθρώπου δεινότερον πέλει: «molte sono le cose mirabili [o: terribili], ma nessuna è più mirabile (o: terribile) dell’uomo»); a p. 84 si insiste a ripetere che l’idea di filosofia è di Platone, è «la sua idea» (ripetuto a p. 164, mettendo, anche questa seconda volta, «sua» in corsivo); a p. 105 ci si trova nuovamente a sentirsi ripetere che la filosofia, così come la intende Rossetti con Platone, «è largamente attestata da Platone in poi». Si può anche essere 182 ALDO BONET d’accordo con Rossetti 2015 p. 132, quando scrive: «solo con - e grazie a - Platone la filosofia è diventata una cosa pubblica, dichiarata e riconoscibile, un sapere, una disciplina ben identificata, un ideale di vita e altro ancora, con tanto di libri di filosofia, di filosofi riconosciuti come tali e di aspiranti filosofi». Ma in Rossetti 2015 si fa assoluto silenzio del fatto che i meriti di Platone non sono meriti suoi, ma del pensiero orfico, pitagorico e, a ben vedere, egizio di cui Platone si fa mero portavoce, che Platone ha imparato da loro, lo ha assimilato, lo ripete e fa finta che sia suo, omettendo spesso di citarne la fonte, come invece sarebbe stato forse giusto fare, approfittandosene probabilmente delle circostanze storiche a lui favorevoli, tali per cui trova un terreno già pronto ad accogliere la filosofia egizia proposta con la maschera di Platone, il quale Platone si vuole nascondere dietro a un’altra maschera, quella di Socrate, che diventa il portavoce del pensiero egizio che Platone porta ad Atene senza dire che è egizio, ma dicendo che è socratico. No: questo in Rossetti 2015 non interessa, non viene considerato importante, anzi non viene nemmeno preso in considerazione, nemmeno per ipotesi. Viene censurato. Molto sbrigativamente, in Rossetti 2015, pp. 138-9 ci si limita a riportare Isocrate, Busiride, 17, 23 e 28 (i sacerdoti egizi come fondatori della filosofia greca: cfr. Chirico 1995-1996, pp. 219-28), per concludere allegramente «questo tipo di documentazione non è rilevante per la presente indagine». Così, a p. 135 riecco il ritornello del Platone primo filosofo: «prima di Platone e Aristotele, non ci sono stati intellettuali il cui sapere sia stato percepito come filosofico», che viene ripetuto a p. 136: «la filosofia […] ha una sua data di inizio o di nascita: intorno al 385-80 a.C., a Atene, nella testa di Platone e, inizialmente, di nessun altro», queste sono «le specialissime benemerenze di Platone» (p. 137), su cui si torna anche a p. 151: «un protagonista certo [Platone] (quindi anche una data fondamentale [poi, alle pp. 161-163, la data deve esssere quella in cui viene scritto Fedone 61c-d, vale a dire, come si legge a p. 164 e di nuovo a p. 165, tra il 385 ed il 380 a.C. - ed è proprio questa una delle tre date considerate della massima importanza da Rossetti, oltre al 430-420 e al 350 circa: cfr. la parte conclusiva-riepilogativa di Rossetti 2015, p. 328, ma anche pp. 149-51 e p. 87])». Rossetti afferma con la massima certezza che Platone è capace di «far sognare» (5 volte: una volta a p. 64, un’altra volta a p. 65, due volte a p. 66 e una volta a p. 67), che il suo è un pensiero «attraente», che «attrae» (questa parola è attestata 5 volte: pp. 66, 151, 164, 217 e 223; ricorda lo Ione 533c533e (ἄγει, ἄγειν, «attirare», «attrarre», parlando della δύναµιν del magnete: cfr. anche Euripide, fr. 567 (dall’Oineo); Democrito DK 68 A 165; Giuliano 2005, pp. 17783), che la sua è una filosofia come validissima «suggestione» (p. 67), di un pensiero da apprezzare più di quello degli altri in quanto dà luogo ad una «profonda empatia» (sempre a p. 67). E ancora: «la filosofia egli [Platone] l’ha saputa […] far amare»). Una volta addirittura troviamo una presentazione quasi evangelica di Platone, divinizzata, quasi a modo di adorazione, quando leggiamo che «lui [Platone] il pane ce lo spezza, lui si dedica con impegno a spezzarci il pane» (p. 45). Al contrario, tutti gli altri autori (Talete, Socrate, Aristotele, Senofonte, ecc.) vengono trattati con distacco, dubbiosità, diffidenza, sospetto. A Platone si concede un trattamento privilegiato, che non si concede a nessun altro. Qui le motivazioni filosofiche sembrano cedere il passo a motivazioni di carattere piuttosto affettivo, emozionale (senza nulla togliere 183 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Platone il primo filosofo 66. Qui, però, ho cercato di presentare Talete, non Platone. Il Talete non detto (o non voluto) da Platone. Talete non è solo il filosofo dell’acqua, o l’autore improbabile di un teorema geometrico scolastico. È molto di più. È l’erede legittimo della cultura dell’antico Egitto e il padre ispiratore della Grecia. È in Talete la fonte, la sorgente viva di quel pensiero che oggi ci siamo abituati a chiamare semplicemente con il nome universale di «scienza». all’importanza dell’affettività e dell’emozionalità nella vita di un filosofo, che prima ancora di essere un filosofo è un uomo, fatto non solo di razionalità). Per riprendere il cenno alla fonte egizia del pensiero di Platone, ammettendo pure che non è né stata dimostrata, né potrà esserlo, resta il fatto che non è nemmeno dimostrabile il contrario, ed è quindi possibile, anzi, è verosimile, come vari autori si sono accorti. Cfr. infra i 29 titoli della parte bibliografica L’Egitto e l’Oriente come punto di riferimento comune a Talete e Platone. A meno che in Rossetti 2015 non si sia implicitamente schierati dalla parte della commedia attica e dell’immaginario greco per quanto riguarda la ben nota rappresentazione greca (o, meglio, grecocentrica) degli egizi come infidi e imbroglioni (cfr. p. es. Eschilo, fr. 373 Radt; Archippo, fr. 23 Kassel-Austin, a 311e; Teocrito, XV 47-48; Zenobio, III 37, CPG I p. 237). O a meno che in Rossetti 2015 ci si rifiuti di fare il nome di Ateneo solo in quanto anti-platonico, vale a dire in quanto nel libro XI critica Platone, come pure nel V (critica dei simposi platonici) e IV (critica dei filosofi tout court) [a. m.]. 66 In Rossetti 2015 si fa una ricerca sulla storia delle parole che iniziano con filosof(filosofo, filosofia, filosofico, ecc.), e si conclude che solo a partire dal Fedone di Platone il significato di queste parole che iniziano con filosof- è quello che Rossetti si sente di riconoscere come quello attualmente comunemente condiviso. Tuttavia tale conclusione è da considerarsi solo provvisoria, perché la premessa sulla quale si basa è fondata solo sulla parola filosofia, non tenendo in nessuna considerazione la parola sophia. Sarebbe forse il caso di fare un’ulteriore ricerca (a completamento di questa già ottimamente svolta) sulla storia della parola sophia. Infatti, come si legge in Canfora 2011, p. 309, n. 8, «sophia è sapienza, e anche destrezza, nonché, in fondo, sinonimo di filosofia (come è chiaro del resto dal resto delle parole di Socrate) [si sta riferendo a Platone, Gorg., 487c]». 184 ALDO BONET APPENDICE. ALCUNE FONTI GRECHE ANTICHE 67 Erodoto I, 74. ∆ιαφέρουσι δέ σφι ἐπ᾿ ἴσης τὸν πόλεµον τῶι ἕκτωι ἔτει συµβολῆς γενοµένης συνήνεικε, ὥστε τῆς µάχης συνεστεώσης τὴν ἡµέρην ἐξαπίνης νύκτα γενέσθαι. τὴν δὲ µεταλλαγὴν ταύτην τῆς ἡµέρης Θαλῆς ὁ Μιλήσιος τοῖσι ῎Ιωσι προηγόρευσε ἔσεσθαι, οὖρον προθέµενος ἐνιαυτὸν τοῦτον, ἐν τῶι δὴ καὶ ἐγένετο ἡ µεταβολή. I, 75. Ὡς δὲ ἀπίκετο ἐπὶ τὸν ῞Αλυν ποταµὸν ὁ Κροῖσος, τὸ ἐνθεῦτεν, ὡς µὲν ἐγὼ λέγω, κατὰ τὰς ἐούσας γεφύρας διεβίβασε τὸν στρατόν, ὡς δὲ ὁ πολλὸς λόγος ῾Ελλήνων, Θαλῆς οἱ ὁ Μιλήσιος διεβίβασε. Ἀπορέοντος γὰρ Κροίσου, ὅκως οἱ διαβήσεται τὸν ποταµὸν ὁ στρατός..., λέγεται παρεόντα τὸν Θαλῆν ἐν τῶι στρατοπέδωι ποιῆσαι αὐτῶι τὸν ποταµὸν ἐξ ἀριστερῆς χειρὸς ·έοντα τοῦ στρατοῦ καὶ ἐκ δεξιῆς ·έειν, ποιῆσαι δὲ ὧδε· ἄνωθεν τοῦ στρατοπέδου ἀρξάµενον διώρυχα βαθέαν ὀρύσσειν ἄγοντα µηνοειδέα, ὅκως ἂν τὸ στρατόπεδον ἱδρυµένον κατὰ νώτου λάβοι, ταύτηι κατὰ τὴν διώρυχα ἐκτραπόµενος ἐκ τῶν ἀρχαίων ·εέθρων, καὶ αὖτις παραµειβόµενος τὸ στρατόπεδον ἐς τὰ ἀρχαῖα ἐσβάλλοι. Ὥστε ἐπείτε καὶ ἐσχίσθη τάχιστα ὁ ποταµός, ἀµφοτέρηι διαβατὸς ἐγένετο. I, 170. Χρηστὴ δὲ καὶ πρὶν ἢ διαφθαρῆναι ᾿Ιωνίην Θαλέω ἀνδρὸς Μιλησίου ἐγένετο [sc. ἡ γνώµη], τὸ ἀνέκαθεν γένος ἐόντος Φοίνικος, ὃς ἐκέλευε ἓν βουλευτήριον ῎Ιωνας ἐκτῆσθαι, τὸ δὲ εἶναι ἐν Τέωι [Τέων γὰρ µέσον εἶναι ᾿Ιωνίης], τὰς δὲ ἄλλας πόλιας οἰκεοµένας µηδὲν ἧσσον νοµίζεσθαι κατάπερ εἰ δῆµοι εἶεν. Platone Theaet. 174a. Ὥσπερ καὶ Θαλῆν ἀστρονοµοῦντα, ὦ Θεόδωρε, καὶ ἄνω βλέποντα, πεσόντα εἰς φρέαρ, Θρᾶιττά τις ἐµµελὴς καὶ χαρίεσσα θεραπαινὶς ἀποσκῶψαι λέγεται, ὡς τὰ µὲν ἐν οὐρανῶι προθυµοῖτο εἰδέναι, τὰ δ᾿ ὄπισθεν αὐτοῦ καὶ παρὰ πόδας λανθάνοι αὐτόν. Leg. x, 67 [a. m.]. 185 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI 899b. Ἄστρων δὴ πέρι πάντων καὶ σελήνης, ἐνιαυτῶν τε καὶ µηνῶν καὶ πασῶν ὡρῶν πέρι, τίνα ἄλλον λόγον ἐροῦµεν ἢ τὸν αὐτὸν τοῦτον, ὡς ἐπειδὴ ψυχὴ µὲν ἢ ψυχαὶ πάντων τούτων αἴτιαι ἐφάνησαν, ἀγαθαὶ δὲ πᾶσαν ἀρετήν, θεοὺς αὐτὰς εἶναι φήσοµεν, εἴτε ἐν σώµασιν ἐνοῦσαι, ζῷα ὄντα, κοσµοῦσιν πάντα οὐρανόν, εἴτε ὅπῃ τε καὶ ὅπως; ἔσθ’ ὅστις ταῦτα ὁµολογῶν ὑποµενεῖ µὴ θεῶν εἶναι πλήρη πάντα; Aristotele Metaph. a, 3, 983b 18. Τὸ µέντοι πλῆθος καὶ τὸ εἶδος τῆς τοιαύτης ἀρχῆς οὐ τὸ αὐτὸ πάντες λέγουσιν, ἀλλὰ Θαλῆς µὲν ὁ τῆς τοιαύτης ἀρχηγὸς φιλοσοφίας ὕδωρ εἶναί φησιν [διὸ καὶ τὴν γῆν ἐφ᾿ ὕδατος ἀπεφαίνετο εἶναι], λαβὼν ἴσως τὴν ὑπόληψιν ταύτην ἐκ τοῦ πάντων ὁρᾶν τὴν τροφὴν ὑγρὰν οὖσαν καὶ αὐτὸ τὸ θερµὸν ἐκ τούτου γιγνόµενον καὶ τούτωι ζῶν [τὸ δ᾿ ἐξ οὗ γίγνεται, τοῦτ᾿ ἐστὶν ἀρχὴ πάντων], διά τε δὴ τοῦτο τὴν ὑπόληψιν λαβὼν ταύτην καὶ διὰ τὸ πάντων τὰ σπέρµατα τὴν φύσιν ὑγρὰν ἔχειν· τὸ δ᾿ ὕδωρ ἀρχὴ τῆς φύσεώς ἐστι τοῖς ὑγροῖς. Εἰσὶ δέ τινες οἳ καὶ τοὺς παµπαλαίους καὶ πολὺ πρὸ τῆς νῦν γενέσεως καὶ πρώτους θεολογήσαντας οὕτως οἴονται περὶ τῆς φύσεως ὑπολαβεῖν· ᾿Ωκεανόν τε γὰρ καὶ Τηθὺν ἐποίησαν τῆς γενέσεως πατέρας καὶ τὸν ὅρκον τῶν θεῶν ὕδωρ, τὴν καλουµένην ὑπ᾿ αὐτῶν Στύγα τῶν ποιητῶν· τιµιώτατον µὲν γὰρ τὸ πρεσβύτατον, ὅρκος δὲ τὸ τιµιώτατόν ἐστιν. De caelo b, 13, 294a28. Οἱ δ᾿ ἐφ᾿ ὕδατος κεῖσθαι [sc. τὴν γῆν]. Τοῦτον γὰρ ἀρχαιότατον παρειλήφαµεν τὸν λόγον, ὅν φασιν εἰπεῖν Θαλῆν τὸν Μιλήσιον ὡς διὰ τὸ πλωτὴν εἶναι µένουσαν ὥσπερ ξύλον ἤ τι τοιοῦτον ἕτερον [καὶ γὰρ τούτων ἐπ’ ἀέρος µὲν οὐθὲν πέφυκε µένειν, ἀλλ’ ἐφ’ ὕδατος], ὥσπερ οὐ τὸν αὐτὸν λόγον ὄντα περὶ τῆς γῆς καὶ τοῦ ὕδατος τοῦ ὀχοῦντος τὴν γῆν. Pol. a, 11, 1259a 6. Πάντα γὰρ ὠφέλιµα ταῦτ᾿ ἐστὶ τοῖς τιµῶσι τὴν χρηµατιστικήν, οἶον καὶ τὸ Θαλέω τοῦ Μιλησίου. Τοῦτο γάρ ἐστι κατανόηµά τι χρηµατιστικόν· ἀλλ᾿ ἐκείνωι µὲν διὰ τὴν σοφίαν προσάπτουσι, τυγχάνει δὲ καθόλου τι ὄν. Ὀνειδιζόντων γὰρ αὐτῶι διὰ τὴν πενίαν ὡς ἀνωφελοῦς τῆς φιλοσοφίας οὔσης, κατανοήσαντά φασιν αὐτὸν ἐλαιῶν φορὰν ἐσοµένην ἐκ τῆς ἀστρολογίας, ἔτι χειµῶνος ὄντος 186 ALDO BONET εὐπορήσαντα χρηµάτων ὀλίγων ἀρραβῶνας διαδοῦναι τῶν ἐλαιουργείων τῶν τ᾿ ἐν Μιλήτωι καὶ Χίωι πάντων, ὀλίγου µισθωσάµενον ἅτ᾿ οὐδενὸς ἐπιβάλλοντος. Ἐπειδὴ δ᾿ ὁ καιρὸς ἧκε, πολλῶν ζητουµένων ἅµα καὶ ἐξαίφνης, ἐκµισθοῦντα ὃν τρόπον ἠβούλετο, πολλὰ χρήµατα συλλέξαντα ἐπιδεῖξαι, ὅτι ·άιδιόν ἐστι πλουτεῖν τοῖς φιλοσόφοις, ἂν βούλωνται, ἀλλ᾿ οὐ τοῦτ᾿ ἔστι περὶ ὃ σπουδάζουσιν. De an. a, 5, 411a7. Καὶ ἐν τῶι ὅλωι δέ τινες αὐτὴν [sc. τὴν ψυχήν] µεµεῖχθαί φασιν, ὅθεν ἴσως καὶ Θαλῆς ὠιήθη πάντα πλήρη θεῶν εἶναι. i, 2, 405a19. Ἔοικε δὲ καὶ Θαλῆς, ἐξ ὧν ἀποµνηµονεύουσι, κινητικόν τι τὴν ψυχὴν ὑπολαβεῖν, εἴπερ τὸν λίθον ἔφη ψυχὴν ἔχειν ὅτι τὸν σίδηρον κινεῖ. Simplicio Phys. 23, 21. Τῶν δὲ µίαν καὶ κινουµένην λεγόντων τὴν ἀρχήν, οὓς καὶ φυσικοὺς ἰδίως καλεῖ [Aristotele], οἱ µὲν πεπερασµένην αὐτήν φασιν, ὥσπερ Θαλῆς µὲν ᾿Εξαµύου Μιλήσιος καὶ ῞Ιππων, ὃς δοκεῖ καὶ ἄθεος γεγονέναι, ὕδωρ ἔλεγον τὴν ἀρχὴν ἐκ τῶν φαινοµένων κατὰ τὴν αἴσθησιν εἰς τοῦτο προαχθέντες· καὶ γὰρ τὸ θερµὸν τῶι ὑγρῶι ζῆι καὶ τὰ νεκρούµενα ξηραίνεται καὶ τὰ σπέρµατα πάντων ὑγρὰ καὶ ἡ τροφὴ πᾶσα χυλώδης· ἐξ οὗ δέ ἐστιν ἕκαστα, τούτωι καὶ τρέφεσθαι πέφυκε· τὸ δὲ ὕδωρ ἀρχὴ τῆς ὑγρᾶς φύσεώς ἐστι καὶ συνεκτικὸν πάντων· διὸ πάντων ἀρχὴν ὑπέλαβον εἶναι τὸ ὕδωρ καὶ τὴν γῆν ἐφ᾿ ὕδατος ἀπεφήναντο κεῖσθαι. BIBLIOGRAFIA I. Talete Bonet 2009a A. Bonet, La Scienza strumentale di Talete, in Gioia Mathesis, 2009. Url: <http://www.gioiamathesis.it/index_file/giornale_file/articoli_file/pub blicazioni_file/La%20Scienza%20di%20Talete.pdf >. 187 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Bonet 2009b A. Bonet, Talete. Il padre dell’astronomia razionale, in Diogene, nr. 11, dicembre 2009. Url: <http://www.matematicamente.it/magazine/dicembre2009/124-BonetTalete.pdf>. Bonet 2010 A. Bonet, La Scienza di Talete. Geometria, filosofia, fisica, astronomia, Raleigh (NC), 2010. Bonet 2011 A. Bonet, La Scienza di Talete, in Scuola e Didattica, maggio 2011. Url: <http://www.lanostra-matematica.org/2011/06/prestigiosasegnalazione-per-la-scienza.html>. Bonet 2014 A. Bonet, Talete, il padre della scienza, in Atuttascuola, dicembre 2014. Url: <http://www.atuttascuola.it/collaborazione/bonet/Talete_di_Mileto.pd f>. Calenda 2015 G. Calenda, I cieli alla luce della ragione. Talete, Anassimandro, Anassimene, Roma 2015. Marcacci 2001 F. Marcacci, Talete di Mileto tra Filosofia e Scienza, Tesi di Laurea, Università di Perugia, a.a. 1999-2000, relatore Livio Rossetti, Perugia 2001. Url: <http://www.flaviamarcacci.it/documenti/varie/tesi_talete_marcacci_2 001.pdf >. Marcacci 2008 F. Marcacci, Una caduta di ventisei secoli: l’immagine di Talete, un problema di storiografia filosofica, in Aquinas, 51, 2008, pp. 333-365. 188 ALDO BONET O’Grady 2002 P. O’Grady, Thales of Miletus: The Beginnings of Western Science and Philosophy, Ashgate 2002. Panchenko 2005 D. Panchenko, Thales and the Origin of the Theoretical Reasoning, Athens 2005. Rizzi 1980 B. Rizzi, Talete e il sorgere della scienza attraverso la discussione critica, in Physis, 22/3-4, 1980, pp. 293-324. Rossetti 2010 L. Rossetti, Talete sophos (ad Atene, sotto l’arcontato di Damasia), in Humanitas (Coimbra), 52, 2010, pp. 33-39. Rossetti 2011a L. Rossetti, Chi ha inventato la filosofia? Ma la risposta esatta non è Talete di Mileto…, in Diogene, 22, 2011, pp. 91-94. Rossetti 2011b L. Rossetti, Gli onori resi a Talete dalla città di Atene, in Hypnos, 27, 2011, pp. 205-221. Rossetti 2013 L. Rossetti, Cominciare a misurare il cosmo. La precisione di cui fu capace Talete e il Sole “largo quanto un piede umano” (Eraclito), in Babelonline, nr. 13, 2013, pp. 35-52. Rossetti 2015 L. Rossetti, La filosofia non nasce con Talete e nemmeno con Socrate, Bologna 2015. Rovelli 2011 C. Rovelli, Che cos’è la Scienza. La rivoluzione di Anassimandro, Milano 2011. 189 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Schwab 2011 A. Schwab, Thales von Milet in der frühen christlichen Literatur. Darstellungen seiner Figur und seiner Ideen in den griechischen und lateinischen Textzeugnissen christlicher Autoren der Kaiserzeit und Spätantike, Berlin-Boston 2011. Wöhrle 2012 G. Wöhrle (a cura di), Die Milesier: Thales, Berlin 2009. II. Platone 68 Canfora 2011 L. Canfora, Il mondo di Atene, Roma-Bari 2011. Canfora 2014a L. Canfora, La crisi dell’utopia. Aristofane contro Platone, RomaBari 2014. Canfora 2014b L. Canfora, La democrazia nella Grecia antica, pp. xv-xxxi, in P. Boitani (a cura di), Aristotele. Politica, vol. i, Milano 2014. Ferrari 2011 F. Ferrari, Platone. Teeteto, introduzione, traduzione e commento, Milano 20111, 20153. Spinelli 2002 E. Spinelli, Socratismo, platonismo e arte della vita. Ancora sulla digressione del Teeteto (172c-177c), in G. Casertano (a cura di), Il Teeteto di Platone: struttura e problematiche, Napoli 2002, pp. 201-215. Vegetti 2007 68 Le tre parti bibliografiche: II. Platone; III. L’Egitto e l’Oriente come punto di riferimento comune a Talete e Platone; IV. Altri testi utilizzati in questo capitolo, sono fatte da a. m.. 190 ALDO BONET M. Vegetti, Platone. La Repubblica, introduzione, traduzione e note, Milano 2007. III. L’Egitto e l’Oriente come punto di riferimento comune a Talete e Platone Badi 1963 A.M. Badi, Les Grecs et les Barbares. L’autre face de l’Histoire, 2 voll., Parigi 1963. Barns 1978 J.W.B. Barns, Egyptians and Greeks, Bruxelles 1978. Bernal 1987 M. Bernal, Black Athena. The Afroasiatic Roots of Classical Civilization, 2 voll. Londra 1987 e 1991; tr. franc. Black Athena. Les racines afro-asiatiques de la civilisation classique, 3 voll., Parigi 1987; ed. it. Atena nera. Le radici afroasiatiche della civiltà classica, tr. it. L. Fontana, Milano 1997. Bidez 1945 J. Bidez, L’os ou Platon et l’Orient, Bruxelles 1945. Brisson 1987 L. Brisson, L’Egypte de Platon, in Les Etudes Philosophiques, nr. 23/1987: L’Égypte et la Philosophie, aprile-settembre 1987, pp. 153168. Brisson 2000 L. Brisson, L’Égypte de Platon, in Lectures de Platon, Parigi 2000. Chirico 1995-1996 M.L. Chirico, Timocle, fr. 1 K.-A., in Museum Criticum, aa. xxx-xxxi, 1995-1996, pp. 219-28. Daumas 1963 191 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI F. Daumas, L’origine égyptienne du jugement de l’âme dans le Gorgias de Platon, in De l’humanisme à l’humain. Mélanges R. Godel, Parigi 1963, pp. 187-191. Daumas 1984 F. Daumas, L’origine égyptienne de la tripartition de l’âme chez Platon, in Mélanges A. Gutbub, publications de la recherche, Montpellier 1984, pp. 41-54. Davies 1979 W.M. Davies, Plato on Egyptian Art, in Journal of Egyptian Archaeology, 65, 1979, pp. 121-127. Foumet 1989 J.-L. Foumet, Les emprunts grecs l’égyptien, in Bulletin de la Société de linguistique de Paris, vol. lxxxiv, 1, Parigi 1989. Froidenfond 1971 C. Froidenfond, Le mirage égyptien dans la littérature grecque d’Homère à Aristote, Aix-en-Provence 1971. Godel 1956 R. Godel, Platon à Héliopolis d’Egypte, con una prefazione di François Daumas, Parigi 1956; anche in Bulletin de l’Association Guillaume Budé, vol. 1, nr. 1, 1956 (ma l’articolo è datato 18.08.1955), pp. 69118; tr. it. e cura di M. Albertella, Platone a Heliopolis d’Egitto, Genova 2015. Gutschmid 1855 A. De Gutschmid, De rerum Aegyptiakarum scriptoribus Graecis ante Alexandrum Magnum, in Philologus, x, 1855. Hani 1976 J. Hani, La religion égyptien dans la pensee de Plutarque, Parigi 1976. Hartog 1986 192 ALDO BONET F. Hartog, Les Grecs égyptologues, Les Annales ESC (sett.-ott. 1986), pp. 953-967. James 1954 G.G.M. James, Stolen Legacy: Greek Philosophy is Stolen Egyptian Philosophy, New York 1954, ora in The Journal of Pan African Studies, 2009, in particolare cap. vi: The Athenian Philosophers, pp. 60-95, § 1: Socrates, pp. 60-68, e § 2: Plato, pp. 69-81. Joly 2000 H. Joly, Platon égyptologue, in Etudes platoniciennes: La question des étrangers Librairie philosophique, Parigi 2000. Kerschensteiner 1945 J. Kerschensteiner, Platon und der Orient, Stuttgart 1945. Mallet 1922 D. Mallet, Les rapports des Grecs avec l’Égypte (521-331), in Mémoire français d’archéologie orientale, nr. 48, Il Cairo 1922. Marestaing 1915 P. Marestaing, Les écritures égyptiennes, l’antiquité classique, Parigi 1915. Mathieu 1987 B. Mathieu, Le voyage de Platon en Égypte, in Annales du Service des Antiquités de l’Égypte (ASAL), 71, lxxi, Il Cairo 1987, pp. 153-167. Mathieu 2013 F. Mathieu, Platon, l’Egypte et la question de l’ame, Montpellier 2013. McEvoy 1984 J. McEvoy, Plato and the Wisdom of Egypt, in Irish Philosophical Journal, vol. l, nr. 2, autunno 1984; tr. franc. aggiornata Platon et la sagesse de l’Égypte, in Kernos, 6, 1993, pp. 245-275. 193 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Obenga 2005 T. Obenga, L’Égypte, la Grèce et l’école d’Alexandrie, Parigi 2005. Steinen 1951 H. von den Steinen, Plato in Egypt, in Bulletin of Faculty of Arts (Fouad i University), vol. xiii, Il Cairo 1951. Svoboda 1952 K. Svoboda, Platon et l’Egypte, in Archiv Orientalni, nr. 20, Praga 1952, pp. 28-38. Voegelin 1947 E. Voegelin, Plato’s Egyptian Myth, in The Journal of Politics, vol. ix, nr. 3, Londra 1947, pp. 307-24. Vourvéris 1938 K.I. Vourvéris, Platon und die Barbaren, Atene 1938. IV. Altri testi utilizzati in questo capitolo Ansari 2002 M. Razaullah Ansari, History of oriental astronomy, Dordrecht 2002. Becker 1968 F. Becker, Geschichte der Astronomie, Mannheim 1968. Bonet 1989 A. Bonet, Le possibili origini geometriche del principio della semisomma e semidifferenza delle incognite in uso presso i Babilonesi e sue applicazioni, in L’educazione matematica, anno x, serie ii, vol. 4, nr. 3, dicembre 1989, pp. 197-218. Bonet 2008 A. Bonet, Il Diagramma di argilla, geometrico risolvente a modulo quadrato, che governava l’intera arte algebrica degli antichi scribi. Un paradigma che ha aperto le porte alla Cultura Matematica delle 194 ALDO BONET civiltà arcaiche, in Periodico di Matematiche, nr. 3, vol. 1, serie x, anno cxviii, settembre-dicembre 2008, pp. 33-78. Boyer 1968 C.B. Boyer, A History of Mathematics, New York 19681, II ed. con revisione di U.C. Merzbach 1976; tr. it. Storia della matematica, tr. it. Adriano Carugo, con un’introduzione di Lucio Lombardo Radice, Milano 1976. Canfora 2014c L. Canfora, Gli antichi ci riguardano, Bologna 2014. Catastini-Ghione 2006 L. Catastini-F. Ghione, Le geometrie della visione, Scienza, Arte, Didattica, Milano 2006. Cherubina 2001 Rodolfo Cherubina, tr. it. dei libri IX 1-31, X e XI di Ateneo, I Deipnosofisti. I dotti a banchetto, ed. it. su progetto di Luciano Canfora, vi voll., Roma 2011. Cloché 1951 P. Cloché, La démocratie athénienne, Parigi 1951. Couper-Henbest 2011 H. Couper-N. Henbest, Die Geschichte der Astronomie, München 2008. Dick-Hamel 2002 W.R. Dick-J. Hamel (a cura di), Beiträge zur Astronomiegeschichte, Frankfurt 2002. Di Marco 2007 M. Di Marco, Talete in Fenice di Colofone: un problema testuale, in Rivista di cultura classica e medioevale, vol. 49, nr. 1, gennaio-giugno 2007. 195 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Ferguson 2008 K. Ferguson, The music of Pythagoras. How an ancient brotherhood cracked the code of the universe and lit the path from antiquity to outer space, The Music of Pythagoras, Palo Alto (CA) 2008; tr. it. La musica di Pitagora, Milano 2009. Frajese-Maccioni A. Frajese-L. Maccioni, Gli elementi di Euclide, Torino 1970. Francescato 1998 F. Francescato, Le scoperte dell’astronomia: cronologia e protagonisti, Padova 1998. Fronterotta 2013 F. Fronterotta, Eraclito. Frammenti, Milano 2013. Giacardi-Roero 1978 L. Giacardi-C.S. Roero, La matematica delle civiltà arcaiche, Torino 1978. Giuliano 2005 F.M. Giuliano, Platone e la poesia. Teoria della composizione e prassi della ricezione, Sankt Augustin 2005. Godoli 1993 G. Godoli, Sfere armoniche. Storia dell’astronomia, Torino 1993. Hamel 2002 J. Hamel, Geschichte der Astronomie, Stuttgart 2002. Heilbron 2005 J.L. Heilbron, The Oxford guide to the history of physics and astronomy, New York 2005. Hockey 2011 T. Hockey, How We See the Sky, Chicago 2011. 196 ALDO BONET Houdin 2007 J.-P. Houdin, Khufu: The Secrets Behind the Building of the Great Pyramid, Il Cairo 2006; ed. it. Cheope i segreti della costruzione della grande piramide, tr. it. Paola Maggiori, Torino 2007. Incardona 1996 F. Incardona, Euclide. Ottica. Immagini di una teoria della visione, Roma 1996. Jacob 2001 C. Jacob, Ateneo, o il Dedalo delle parole, tr. it. di Michele Napolitano, in Ateneo, I Deipnosofisti. I dotti a banchetto, vi voll., ed. it. su progetto di Luciano Canfora, Roma 2011, vol. i, pp. xi-cxvi. Klemm 1954 F. Klemm, Technik eine Geschichte ihrer probleme, Friburgo-Monaco 1954; ed. it. Storia della tecnica, tr. it. U. Zangrande, Milano 1966. Klimpert 1888 R. Klimpert, Geschichte der Geometrie für Freunde der Mathematik, gemeinverständlich dargestellt, Stuttgart 1888; ed. it. Storia della geometria, tr. it, note e aggiunte di Pasquale Fantasia, Bari 1901. La Rocca 2005 A. La Rocca, Il Filosofo e la città, commento storico ai Florida di Apuleio, Roma 2005. Livingstone 2001 N. Livingstone, A commentary on Isocrates’ Busiris, Leiden 2001. Maeyama 2003 Y. Maeyama, Astronomy in Orient und Occident. Selected papers on its cultural and scientific history, Hildesheim 2003. Musti 1989 D. Musti, Storia greca. Linee di sviluppo dall’età micenea all’età romana, Roma-Bari 1989. 197 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Nenci 1998 G. Nenci, Erodoto. Le Storie, vol. VI, tr. it. e cura, Milano 19981, 20144. North 1997 J. North, Viewegs Geschichte der Astronomie und Kosmologie, Berlin 1997. Opsomer 1998 J. Opsomer, In Search of the Truth. Academic Tendencies in Middle Platonism, Bruxelles 1998. Pichot 1991 A. Pichot, La naissance de la science. Mésopotamie, Egypte, Grèce présocratique, Parigi 1991; ed. it. La nascita della scienza. Mesopotamia, Egitto, Grecia antica, tr. it. M. Bianchi, Bari 1993. Reale 2004 G. Reale, Aristotele. Metafisica, introduzione, traduzione e commentario, Milano 2004. Rossetti 2010 L. Rossetti, Quando gli Ionici (e altri) sono stati promossi filosofi, in Anais de Filosofia Clássica, 8, 2020, pp. 41-59. Roth 1987 G.D. Roth, Astronomiegeschichte (Astronomen, Instrumente, Entdeckungen), Stuttgart 1987. Russo 1996 L. Russo, La rivoluzione dimenticata, Milano 19961, 20052. Singer 1954 C. Singer-E.J. Holmyard-A.R. Hall-T.I. Williamset (a cura di), A History of Technology, vol. I: From Early Time to Fall of Ancient Empires, Londra 1954; tr. it. Storia della tecnologia, vol. I: Dai tempi primitivi alla caduta degli imperi, Torino 2012. 198 ALDO BONET Singer 1959 C. Singer, A short History of Scientific Ideas to 1900, Londra 1959; ed. it. Breve storia del pensiero scientifico, tr. it. di Flora Tedeschi Negri, Torino 1961. Stuani 1977 E. Stuani et. Al., Il manuale tecnico del geometra e del perito agrario, Milano 1977. Waerden 1988 B.L. van der Waerden, Die Astronomie der Griechen. Eine Einführung, Darmstadt 1988. Wilamowitz 1921 U.v. Wilamowitz-Moellendorff, Geschichte der Philologie, BerlinLeipzig 1921. Platone nel pensiero moderno e contemporaneo - Vol. VII Limina Mentis Editore, Villasanta (MB), luglio 2016 - ISBN: 978-88-99433-39-0. 199 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Volume VII - Platone nel pensiero moderno e contemporaneo a cura di Andrea Muni- Limina Mentis Editore, Villasanta (MB), luglio 2016 - ISBN: 978-88-99433-39-0. Indice I. Maurizio Marin, Platone negli scritti di Jacques Maritain, pp. 1-18. II. Jonathan Molinari, Pensare il mito. Il problema dell’origine dalla “prisca theologia” alla “nova philosophia” di Pico della Mirandola, pp. 19-34. III. Pasquale Indulgenza, Oralità e scrittura. La riflessione di Platone e la «rivoluzione dell’informazione», pp. 35-52. IV. Giuseppe Potenza, Platone e la concezione estetica del Goethe, pp. 53-64. V. Mosè Cometta, Politica: prudenza e creatività, pp. 65-80. VI. Aldo Stella, Il pensiero riflessivo e critico come fondamento del dialogo platonico, pp. 81-92. VII. Annalisa De Razza, Il platonismo di Buber, la relazione iotu, pp. 93-104. VIII. Filippo Parmeggiani, Essere e intuizione. Platone: filosofia e musica, pp. 105-122. IX. Aldo Riccadonna, Nietzsche discepolo di Callicle, pp. 123138. 200 ALDO BONET X. Aldo Bonet, Il Talete non detto da Platone. Alcune considerazioni a partire da un libro di Livio Rossetti, pp. 139-200. XI. Ricardo Lucio Perriello, Francesco che vince se stesso: l’incontro con il “lebbroso” nella sua valenza filosofica, pp. 201-212. XII. Roberto Santorino, Platone contro la democrazia. Una critica antica alla società democratica, pp. 213-232. XIII. Enrico Galavotti, L’allegoria della caverna e la formazione dello statista nella Repubblica platonica, pp. 233-242. Questo volume si compone di 13 capitoli scritti da 13 autori diversi, in cui si confrontano alcuni dei più interessanti aspetti del pensiero di Platone con alcuni autori medievali (p. es. san Francesco di Assisi), moderni e contemporanei (p. es. Pico della Mirandola, Goethe, Maritain, Buber, Rossetti). L’intento di fondo non è tanto un’esposizione di ricezioni del platonismo dal Medioevo ad oggi, quanto piuttosto un confronto diretto con la filosofia di Platone tenendo presenti le proposte interpretative di autori di altre epoche. L’etica,la politica, la scienza, l’estetica, la musica,la metafisica, la teologia, la pedagogia, il linguaggio e la comunicazione sono alcune delle tematiche che vengono qui affrontate. 201 IL TALETE NON DETTO DA PLATONE. ALCUNE CONSIDERAZIONI A PARTIRE DA UN LIBRO DI LIVIO ROSSETTI Si segnala, tra gli altri, l’originale capitolo di Aldo Bonet sul Talete non detto da Platone, in cui si propone una non comune ermeneutica degli inizi del pensiero filosofico e scientifico occidentale, le cui radici non sarebbero greche, ma egizie. (A.Muni) Autori: Bonet Aldo - Cometta Mosè - De Razza Annalisa - Galavotti Enrico Indulgenza Pasquale – Marin Maurizio - Molinari Jonathan- Parmeggiani Filippo – Perriello Ricardo Lucio-Potenza Giuseppe - Riccadonna Aldo – Santorino Roberto – Stella Aldo. 202