Unfigliodaesibire…sulweb - Scuola media Pregassona

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Unfigliodaesibire…sulweb - Scuola media Pregassona
Azione Settimanale della Cooperativa Migros Ticino • 27 maggio 2013 • N. 22
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Società eTerritorio
Un maglio funzionante nel Malcantone
Sul fiume Magliasina in territorio di Miglieglia è nuovamente
attivo il maglio che lavorava il ferro estratto nella regione. Una
storia appassionante
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Il masso erratico di Lugano
Nel bosco di Cornaredo ci si imbatte in una rara e millenaria
sorpresa, ul sass da Vira, trasportato dal ghiacciaio alle porte della
Città di Lugano. Ma in questo caso non viene da molto lontano
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Un figlio da esibire… sul web
Sempre più gli
scatti di intimità
famigliare
finiscono sui
social network.
(Keystone)
Diritti dell’infanzia I genitori si trasformano in paparazzi e le esperienze private della famiglia finiscono in Internet.
Un fenomeno dilagante su cui riflette lo psicoterapeuta Claudio Risé
Massimiliano Angeli
Le foto delle prime volte: il bagnetto, la
pappa, a gattoni, in piedi. E poi il compleanno, l’ingresso all’asilo, le vacanze. I
soggetti sono sempre loro, i bambini.
Dietro l’obiettivo di smarthphone e tablet, però, ci sono genitori che sempre
più spesso si trasformano in incontenibili paparazzi 2.0.
Una rivoluzione (o meglio in-voluzione) in atto che, con Internet, esce dalla
sfera del privato. L’album non si conserva più nella libreria del salotto, pronto a
essere mostrato ad amici e parenti in visita. Oggi gli scatti al pupetto, ritratto anche nei momenti più intimi, vengono caricati in modo compulsivo su Facebook,
Twitter, Flickr e su ogni genere di social
network. In tempo reale. Basta un click e
via, il tesorino di mamma e papà si ritrova in rete. Sotto gli occhi di chiunque.
«Rendere pubbliche le foto dei figli
è un comportamento che denota possessività. Il bambino viene trattato come un oggetto (una casa, un’auto) in
grado di assicurare uno status e un interesse sociale. Così si cerca di renderlo
visibile quanto più si può» spiega lo psi-
coterapeuta milanese Claudio Risé.
«Tutti noi dovremmo riflettere su questa confusione del figlio con una proprietà, riguarda un essere umano che
non possediamo. Il bambino, al contrario, è stato affidato dalla vita al genitore
perché questi lo aiuti a costruire la propria autonomia e libertà (Risé lo spiega
anche nel suo ultimo libro Il padre. Libertà. Dono, editore Ares, ndr.)».
Oggi, invece, sembra che la preoccupazione principale dei genitori-paparazzi sia solo quella estetica e gran parte
dei dubbi riguardano il tipo di filtro Instagram da usare per ottenere immagini
seppiate oppure in formato simil-polaroid. Sul web, ormai, vengono addirittura caricate le foto dell’ecografia. Qualche numero. L’Agenzia di Sicurezza in
Internet (Avg) ha calcolato che l’81 per
cento dei bambini con meno di due anni è già presente in Internet con un’immagine (media calcolata tra Nord America, Europa a cinque, Giappone e Australia); quelli «in posa» mentre nuotano nel liquido amniotico arrivano al 23
per cento del totale.
«La privacy deve essere inviolabile,
fin dall’inizio della vita» sottolinea Risé.
«Così, invece, si disconosce un diritto
fondamentale del bambino (cosa ancora più grave perché un minore non è in
grado di difendersi) e si producono disastri, non solo dal punto di vista psicologico; viene violato da subito anche
quel legame d’intimità che è alla base
del processo educativo. E senza intimità
non si può sviluppare nessun dialogo».
Diffondere le immagini dei figli
può nascondere un malessere. «È un disturbo della relazione con il figlio» spiega Risé. «Chi si comporta in questo modo riduce tutto a un atto esibizionistico:
ho un bambino e credo che susciti un
interesse, così lo metto sul web».
Altro problema. Nel mare magnum
di Internet nuotano anche i pedofili.
Siamo proprio sicuri di voler far sapere
a tutti che faccia ha nostro figlio? Molti
poi, inconsapevolmente, finiscono per
«postare» insieme alle foto dati sensibili
come l’indirizzo dell’asilo o della scuola,
i luoghi frequentati, il nome della babysitter. Attenzione! Potrebbero essere
usati da malintenzionati per entrare in
contatto con i bambini.
«Il genitore ha il dovere di proteggere il figlio, in ogni momento, e non
deve esporlo a questo tipo di pericoli»
dice Risé. «Mi preoccupa, comunque,
anche la smania di pubblicazione. Stiamo assistendo a un fenomeno di trasformazione culturale che vede una
progressiva diminuzione dei momenti
d’intimità personale. Succede per i genitori con le foto dei figli ma, ad esempio, anche tra fidanzati. La molla che fa
scattare il comportamento è la stessa
però, nel secondo caso, è meno grave. Il
compagno o la compagna sono dei pari,
non sono stati affidati a noi per essere
cresciuti e resi liberi».
Intanto, a complicare il quadro, arriva una notizia pubblicata da «Der
Spiegel» e rilanciata dal «New York Times». L’azienda svedese Memoto, fondata dal 37enne Martin Kallstrom, sta
sviluppando una mini-fotocamera indossabile (si appende al collo o al bavero), dalle dimensioni di un iPod nano.
Già prenotabile a circa 250 franchi su
www.memoto.com, è capace di scattare una foto ogni 30 secondi (120 in
un’ora, 2880 al giorno) e di «geotaggarle» con il Gps incorporato, registrando
le coordinate geografiche. Il tutto viene
poi scaricato automaticamente in un
server remoto, per creare un lifelog (un
blog della vita). Così la lifelogging camera, pubblicizzata con lo slogan Remember every moment (Ricorda ogni momento), può documentare l’esistenza
di chi la possiede e, ovviamente, quella
dei suoi bambini, istante per istante…
«per godersi il tempo passato con i vostri cari senza doversi più preoccupare
di come documentare e registrare le vostre esperienze», spiegano i video pubblicitari sul sito.
«Mio figlio, un ventenne, si è reso
conto che la gente non è più capace di
vivere e di ricordare le cose che fa» sottolinea Risé. «Mi sembra un’osservazione interessante. Siamo di fronte alla
distruzione del vissuto personale e della capacità di memorizzare le proprie
emozioni e sentimenti. Si abdica facendo affidamento alla macchina fotografica e ai grandi archivi digitali per cercare di placare l’ansia della perdita dei
ricordi. Sempre più persone si affidano
agli strumenti tecnici ma, in questo
modo perdono un’esperienza fondamentale, perché smettono di elaborare,
anche inconsciamente, i ricordi e la vita
passata».