la malattia di dupuytren

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la malattia di dupuytren
www.puntiraf.it
N°
notizie
44 - Settembre 2009
PERIODICO D’INFORMAZIONE
DEI PUNTI DEL SAN RAFFAELE
Notizie in breve
sul Servizio Check Up
a cura del dr. Gabriele Pellicciotta – Direttore Sanitario HSRR
A
lcuni mesi fa, un articolo
molto esaustivo sul Servizio Check Up riportava
alcuni “numeri” a supporto di
quest’attività.
Ora siamo lieti di proporvi un
aggiornamento ed informarvi che,
se nel primo triennio di attività,
1993-1995 sono stati eseguiti
5.833 Check Up, nell’ultimo triennio
2006-2008 il numero è divenuto
20.219. Questo dato (che parla
da sé) esprime la bontà del lavoro
prodotto dagli Operatori tutti:
il personale sanitario -medici, infermieri e tecnici- che supportano
la fase puramente “medica” e
il personale amministrativo e
di accoglienza, che consente
un’organizzazione di alto livello.
Cosa dire se non: continuiamo così!!!
La malattia di dupuytren
a cura del Prof. Roberto Azzoni – Specialista in Ortopedia
genetica, quindi vi è familiarità.
La malattia esordisce con la
formazione di noduli fibrosi
alle falangi della dita delle mani;
a volte la malattia è associata
a fibrosi anche della pianta del
piede (Malattia di Ledderhose) e
del pene (Malattia di La Peyronie).
Queste malattie depongono per
una malattia generalizzata caratterizzata da fibrosi del tessuto
connettivo. A volte nella storia
del paziente si può riscontrare
un trauma unico e violento o
microtraumi ripetuti alla mano,
difatti ne sono più colpiti soggetti che svolgono attività
lavorative quali il falegname, il
rematore, l’operaio che utilizza
il martello pneumatico, eccetera.
Sembra che anche il diabete sia
una condizione predisponente,
essendone affetto un diabetico su
“Vengono a frotte
i colori sugli alberi
come stormi
di farfalle in volo
a segnare l’abbandono
e poi il ritorno”
Anna Spissu
Bimestrale ad uso interno
L
a malattia di Dupuytren
prende nome dal medico francese Guillaume Dupuytren,
nato nel 1777 nei pressi di Limoges.
Dall’inizio del ‘800 Dupuytren, dopo
studi anatomici, diviene chirurgo
presso il famoso ospedale Hôtel
Dieu di Parigi. Fu medico consulente dei re di Francia Luigi XVIII
e Carlo X. Morì nel 1835 all’età di
58 anni, dopo una brillante carriera.
La malattia che porta il suo nome
è caratterizzata da retrazione di
una fascia fibrosa del palmo della
mano, descritta da Dupuytren
per la prima volta nel 1831. E’ più
frequente nel sesso maschile circa
8-9 volte più che nel femminile;
esordisce generalmente tra i 30
e i 50 anni, mai dopo i 70 anni.
La causa della malattia resta a
tutt’oggi sconosciuta, ma sempre è
presente una forte predisposizione
1
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H San Raffaele Resnati
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I PUNTI DEL SAN
RAFFAELE
“La luce dell’autunno
si stende sulle foglie dei boschi
come l’ultimo lungo bagliore
prima della neve”
Anna Spissu
quattro. Le retrazioni osservabili sulla cute del palmo della mano
sono legate al fatto che numerose fibre della fascia palmare sono
ancorate agli strati profondi della
cute, cosicché la retrazione fasciale
è associata alla retrazione cutanea.
Nel corso della malattia tendono a
retrarsi le dita con flessione delle
falangi generalmente a partire dal
quinto dito per coinvolgere successivamente le altre dita. La retrazione è assolutamente senza dolore.
All’inizio compaiono noduli duri al
palmo della mano, specie in corrispondenza del 5° e 4° dito. Nelle
fasi avanzate i noduli diventano allungati e ricoperti da cute stirata
per le aderenze sottostanti.
I pazienti si lamentano della
impossibilità a estendere le dita
interessate che creano notevole
2
fastidio all’utilizzo della mano in
attività di vita quotidiana come
lavarsi il volto.
Le alterazioni della malattia di
Dupuytren sono divise in 4 gradi:
1° grado presenza di noduli senza
retrazione delle dita; 2° grado
presenza di noduli con flessione
delle dita fino a 90°; 3° grado
presenza di noduli con marcata
flessione di tutte le falangi da 90° e
più; 4° grado presenza di noduli con
estensione della terza falange sulla
seconda che è flessa a 90° o più.
La terapia della malattia di Dupuytren è esclusivamente chirurgica. Il trattamento radicale prevede
l’asportazione chirurgica di tutta la
fascia palmare superficiale, con un
intervento che consente di riportare in estensione le dita che erano
flesse e rigide. Questo intervento
viene eseguito in regime di ricovero
in anestesia locale del braccio
interessato; il ricovero è di 2 o 3
giorni al massimo e il recupero
dell’utilizzo della mano richiede
mediamente 1 mese.
Da alcuni anni viene proposto un
intervento alternativo al precedente, eseguibile in regime ambulatoriale in anestesia locale della
sola mano, detto di resezione della
fascia palmare mediante infiltrazione ad ago. Questo intervento
consiste nel realizzare una o più
incisioni cutanee dei noduli fasciali,
utilizzando la punta di un ago
impiegato per l’iniezione dell’anestetico locale. Si introduce l’ago in
sottocute e con ripetute manovre
si perfora e si rompe la corda del
nodulo fasciale, che viene contemporaneamente stirato, la rottura di
I PUNTI DEL SAN
quest’ultimo è ottenuta mediante
una energica estensione del dito.
Il completamento del trattamento
può richiedere fino a tre sedute,
ogni seduta dura circa 15-20 minuti. Ovviamente migliori risultati si
hanno meno è avanzato il grado
della malattia, non vi è indicazione
a questo tipo di intervento nel 4°
grado. La malattia di Dupuytren ha
naturale tendenza alla recidiva, le
percentuali di recidiva con l’inter-
RAFFAELE
vento classico e con l’intervento
ad ago sono quasi sovrapponibili: a
5 anni poco meno del 50%; ma è
possibile ripetere più volte l’intervento ad ago senza particolari problemi, data la sua scarsa invasività.
Nei casi di grado più avanzato
della malattia e dopo l’inefficacia del
trattamento con l’intervento ad ago,
trova corretta indicazione l’intervento classico di asportazione totale chirurgica della fascia palmare.
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via Respig
Emorroidi e patologia emorroidaria
a cura della dr.ssa Nadine Osman – Specialista in Chirurgia dell’Apparato Digerente, Colonproctologia
C
on il termine di emorroidi
si definisce una normale
formazione vascolare localizzata nella sottomucosa del canale anale, presente già alla nascita in
tutta la popolazione.
Le emorroidi sono quindi dei cuscinetti venosi che hanno la funzione
di rendere elastico il canale anale
e di provvedere, insieme ai muscoli
sfinterici, alla continenza delle feci.
Le emorroidi sono quindi delle
importanti strutture anatomiche e
hanno una loro specifica funzione.
Si parla di malattia emorroidaria
quando sussiste un quadro patologico di questa formazione anatomica.
La malattia emorroidaria rappresenta uno dei problemi più
comuni dell’intestino, anche se è
difficile stabilirne la reale incidenza
in quanto solo una minoranza dei
pazienti consulta il medico. Tuttavia
si calcola che nei paesi industrializzati ne è affetta almeno il 60% della
popolazione adulta. E’ stato
evidenziato che nella patogenesi
della malattia emorroidaria entrano
in gioco la presenza di fattori
predisponenti (età, familiarità, costituzione) sul quale vanno ad
interagire fattori scatenanti (stipsi,
lassità del tessuto elastico e muscolare, abitudini alimentari errate,
abitudini di vita). Tutti questi fattori
portano ad un’alterazione dei
tessuti del canale anale con tendenza al prolasso delle emorroidi
interne verso l’esterno provocando
i sintomi della malattia emorroidaria (prolasso, sanguinamenti, crisi
dolorose). Le emorroidi pertanto possono essere sia interne sia
esterne. Le emorroidi interne
vengono identificate dal medico
durante la visita clinica mediante l’esplorazione rettale, mentre
le emorroidi esterne si possono
riconoscere al tatto anche dal
paziente stesso. Se paragoniamo
l’ano ad un orologio, le sedi più
frequenti delle emorroidi corrispondono alle ore 3, 7 e 11.
Non c’è niente di specifico nella
sintomatologia
della
malattia
emorroidaria ma la presenza di
alcuni sintomi può far sospettare la
presenza di malattia emorroidaria
(fastidio, prurito, bruciore perianale..). Questa malattia è la causa più
frequente di sanguinamento dell’ano,
tuttavia dal punto di vista diagnostico differenziale, anche quando
la relazione fra sanguinamento
ed emorroidi sembra evidente, è
necessario escludere una eventuale lesione sovrastante, soprattutto quando il paziente ha un età
superiore a 45 anni e presenta
fattori di rischio per la patologia
neoplastica del grosso intestino.
Durante la visita proctologica già
l’anamnesi indirizza il medico verso
una diagnosi. Successivamente
l’ispezione può evidenziare la
3
I PUNTI DEL SAN
presenza di malattia emorroidaria
ma permette anche di escludere la
concomitante presenza di ragadi,
fistole, condilomi od altre patologie
dell’ultimo tratto intestinale; con
l’esplorazione rettale si potrà
apprezzare eventuali alterazioni
o tumefazioni della mucosa anorettale. Per ultimo l’anoscopia permetterà l’osservazione diretta del
canale anale con l’identificazione
di emorroidi interne e di eventuali
lesioni della mucosa non apprezzabili palpatoriamente.
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RAFFAELE
Il trattamento della malattia emorroidaria dipende dal suo stadio e
dalla sintomatologia osservata. Le
possibilità terapeutiche variano da
un’ampia gamma di presidi farmacologici che hanno solo significato
palliativo a trattamenti strumentali parachirurgici ambulatoriali o
chirurgici veri e propri che
rappresentano l’unica possibilità di
trattamento definitivo della malattia
emorroidaria.
La legatura elastica e la scleroterapia sono tra i trattamenti ambulatoriali più efficaci nella terapia delle
emorroidi di I e II grado. La legatura
elastica consiste nel posizionare
un piccolo elastico sulla base delle
emorroidi in modo da “strozzare” il
gavocciolo emorroidario e risolvere
la sintomatologia; mentre nel 2° caso
si procede con l’iniezione di pochi
cc di olio fenolato per sclerosare
il gavocciolo. Nelle emorroidi di
III e IV grado vi è indicazione
all’intervento chirurgico vero e
proprio per la risoluzione del
prolasso ed il ripristino della
condizione anatomica fisiologica e
quindi risoluzione della sintomatologia annessa.
Gli interventi chirurgici praticati
più frequentemente sono sostanzialmente due, e la scelta si basa sul
grado della malattia emorroidaria.
L’intervento di emorroidectomia
sec. Milligan-Morgan è l’intervento
classico di escissione chirurgica
delle emorroidi. L’intervento di
muco-prolassectomia sec. Longo si
pratica per via transanale: mediante
una suturatrice meccanica si va
ad eseguire una sorta di lifting
della mucosa del canale anale con
l’intento di riportare all’interno del
canale anale i gavoccioli emorroidari
prolassati. Questo tipo di intervento viene eseguito internamente al
canale anale, in zone poco innervate dal punto di vista del dolore,
senza ferite esterne. Così facendo
il dolore dopo l’intervento è
contenuto ai minimi termini
(circa l’80% in meno rispetto alle
tecniche abituali).
Periodico di informazione dei
Punti del San Raffaele
Raf Notizie
anno IX - N° 44 - Settembre 2009
Redazione:
Rossella Calvi, Alberto Galliani,
Gabriele Pellicciotta
Collaborazione artistica:
Anna Spissu (Scrittrice)
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