le origini della famiglia mandalari

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le origini della famiglia mandalari
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LE ORIGINI DELLA FAMIGLIA MANDALARI
Litteria
Savoia
Filippo
Pizzi
Elisabetta
Mandalari
Domenico
Caracciolo
Nunziata
Pangallo
Bruno
Curatola
Giovanna
Alati
* notaio regio *
1729-1782
* possidente *
* possidente *
~ 1735-1800
* possidente *
~ 1743-1838
* possidente *
~ 1740-1812
* possidente *
~ 1742-1826
* civile *
1752-1819
* filandiera *
~1742-1818
Gaetana
Pizzi
Vincenzo
Caracciolo
* regio giudice / sindaco *
nato a San Lorenzo nel 1760
morto a Melito nel 1833
* possidente *
nata a Condofuri verso il 1774
morta a Melito nel 1844
Maria
Curatola
* possidente / civile *
nato a Pentidattilo nel 1772
morto ivi nel 1815
Andrea
Mandalari
* possidente / civile *
nata a Melito nel 1782
morta ivi nel 1850
Maria Saveria
Caracciolo
* capitano doganale *
nato verso il 1751
morto a Napoli nel 1814
Rosa
Lupoli
sorella del consuocero
Andrea Mandalari
* possidente *
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Carmela
Mandalari
* luogotenente della Guardia Doganale *
Frattamaggiore, 1784 – Melito Porto Salvo, 1874
* possidente *
Melito Porto Salvo, 1837 – ivi, 1922
Carmela
Mandari
* casalinga *
Melito Porto Salvo, 1882 – Pavia, 1968
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Francesco
Martorelli
* possidente *
Melito Porto Salvo, 1807 – ivi, 1868
Francesco Bonaventura
Mandalari
Giovanni
Martorelli
aa
* possidente / civile *
Melito Porto Salvo, 1804 – ivi, 1878
Caterina Pasquale
Mormile
Lupoli
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Antonio Maria
Mandalari
Francesco
Martorelli
ix
Saverio
Mandalari
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Quella dei Mandalari era la famiglia della mia bisnonna Carmela, nata a Melito Porto Salvo in provincia di
Reggio Calabria nel 1882.
Il suo albero genealogico è costruito in buona parte sulla base dei registri di Stato Civile, notarili e
parrocchiali di Melito Porto Salvo, San Lorenzo, Pentidattilo e Condofuri, paesi d'origine di molti dei suoi
antenati:
* possidente *
Melito Porto Salvo, 1808 – ivi, 1876
Rachele
Martorelli
* possidente *
Melito Porto Salvo, 1841 – ivi, 1914
Albero genealogico ascendente
della mia bisnonna Carmela Mandalari
(fino alla generazione dei suoi trisavoli)
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Tra gli avi ed i parenti più prossimi della mia bisnonna Carmela vi furono possidenti, medici, avvocati,
sacerdoti, soldati e notai, e molti di essi risultano a loro volta imparentati con famiglie che, a quell‟epoca ed
in quei luoghi, venivano considerate nobili.
Tra queste famiglie vi sono i Cilea, i Caracciolo, gli Alati, i Tropea, i Pizzi ed i Cordova. Tra i più o meno
lontani parenti troviamo persino San Gaetano Catanoso (1879-1963) di Chorio, beatificato nel 1997 da Papa
Giovanni Paolo II e proclamato Santo nel 2005 da Papa Benedetto XVI, Francesco Cilea (1866-1960) di
Palmi, celebre compositore, il Dottor Ugo Tropea (1898-1975) di Melito, insigne medico e presidente della
Provincia di Reggio dal 1948 al 1960, ed il Dottor Lorenzo Mandalari (1854-1908) di Melito, psichiatra,
allievo di Lombroso e docente a Messina.
La lista continua con Don Saverio Mandalari (1729-1782), notaio regio di San Lorenzo, Don Antonio Maria
Mandalari (1760-1833), che fu tra i primi sindaci di Melito, il Cavalier Giacomo Mandalari (1825-1893) di
Condofuri, capitano della Guardia Nazionale durante l'epoca del brigantaggio, Mario Mandalari (18511908), letterato, allievo di De Sanctis, autore di numerose opere, direttore di scuole italiane all‟estero e
docente di letteratura italiana all‟università di Roma.
Ed ancora i Gesuiti Antonio Mandalari (1842-1902), docente della Università di Washington, ed Alfonso
Mandalari (1852-1927), capo dei gesuiti del Texas, fondatore di collegi di cultura in Messico, e creatore
dell‟Ospedale S. Giuseppe ad Albuquerque.
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Quello che segue è l‟albero genealogico discendente della famiglia che segue i soli rami maschili fino alla
mia bisnonna Carmela:
Pietro Mandalari, nato verso il 1590
sposa Elisabetta Arcidiaco
Giuseppe nato nel 1620 e morto prima del 1684
sposa verso il 1643 Virginia Ligato e nel 1652 Angilella Amato.
Dal primo matrimonio nasce Antonino, dal secondo Pietro e Palma
Elena
Gabriele ~1635-1660
Giovanni Giacomo 1635
Giovanni 1638
Maddalena 1640
Angela 1643
Antonino ~1716-1759
Parroco della Chiesa di San Nicola
de’ Bianchi di Reggio Calabria. Fu
segretario dell’Arcivescovo di Reggio
Calabria Damiano Polou
Pietro Ludovico n. 1740
Arciprete di Motta San Giovanni
Saverio, nato e morto a San Lorenzo (1729-1782)
possidente, laureato in legge, fu notaio di San Lorenzo.
sposa Litteria Savoia di Bagnara Calabra, figlia del notaio
Giuseppe Savoia di Bagnara e di Nunzia Munizza e sorella del notaio
Vincenzo Savoia di San Lorenzo. Presso gli atti di quest'ultimo si trova il
testamento di Saverio Mandalari, in data 16 settembre 1782
Faustina,
Vincenza
battezzata a San Lorenzo nel 1766
~1757-1763
sposa nel 1784 a San Lorenzo.
Vincenzo Firmano’ del casale di Sant'Eufemia
(cap. matrimoniali 1784 not. Savoia)
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Lorenzo 1772-1846
battezzato a San Lorenzo, morto a Melito.
Come lo zio omonimo fu Parroco di Melito
fino al 1846 alla chiesa di Santa Maria Immacolata
Muore in casa del nipote Filippo Mandalari.
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Domenico †1725
Lorenzo 1720-1793
Maria ~1748-1751
sposa Giovanna Zuccalà
Bruna ~1727
(capitoli matrim. 1776)
Domenica ~1734
Mariana Vittoria 1736
Pietro †1731
Vincenzo 1745
Vittorio, possidente, nato nel 1697
sposa nel 1723 Felicia Strati di San Lorenzo, figlia di Paolo Strati
e di Cristina Manti. Dopo la morte della moglie si trasferisce col figlio
Lorenzo a Melito Porto Salvo. Muore dopo il 1765
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Giuseppe 1692-1772
possidente, vive a San Lorenzo
sposa Francesca Cancelleri
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Giuseppe 1681-1682
Caterina 1690 (morta giovane)
Antonia 1695 (morta giovane)
Margherita 1699 (morta giovane)
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Antonino, nato verso il 1660 a San Lorenzo dal primo matrimonio del padre.
sposa Francesca Arena di San Lorenzo, figlia di Michele Arena e Caterina Casile.
Tutti i loro figli nascono a San Lorenzo. Muore a San Lorenzo nel 1699
Carmela 1808-1876
Andrea 1804-1878, possidente,
sposa nel 1824 Francesco Martorelli (1784-1874)
sposa Maria Saveria Caracciolo (1807-1868)
tenente doganale di Frattamaggiore (Napoli),
figlia di Vincenzo e di Maria Curatola
figlio di Giovanni e di Rosa Lupoli.
(capitoli matrimoniali 1827)
La famiglia vive prima a Mugnano e ad Afragola, ed infine a Melito.
Tre dei figli sposano dei cugini del ramo Mandalari
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Filippo 1806-1888, possidente, avvocato, fu cancelliere
al comune di Melito. Propose dopo il 1860 di
aggiungere “Porto Salvo” al nome del paese.
Sposa nel 1833 Luisa Tropea figlia di
Francesco e Maria Saveria Cilea, morta nel 1893
Antonio Maria, possidente, battezzato a San Lorenzo nel 1760,
morto a Melito Porto Salvo nel 1833. Studiò in seminario e si laureò in legge
all’Università di Napoli. Fu uno dei primi Sindaci di Melito.
Sposò verso il 1790 Gaetana Pizzi di Condofuri, nata verso il 1774 e
morta a Melito nel 1844, figlia del Dottor Don Filippo Pizzi e di Donna
Elisabetta Mandalari (del ramo di Mandalari di Condofuri)
Cap. matrimoniali 1790 not. Savoia. Tutti i loro figli nacquero a Melito Porto Salvo
Francesco 1851-1908
(detto Mario)
(GIORNALISTA)
Filippo
(AVVOCATO)
Lorenzo 1854-1908
(PSICHIATRA)
sposa Grazia Parlato
di Messina
Concetta 1889-1908
Maria 1891-1908
Giuseppa 1893-1908
Antonio 1842-1902 (GESUITA)
Maria Gaetana 1845-1922 (SUORA)
Clementina 1847 sposa Pietro Papalia
Tommasina 1849 sposa Domenico Cordova
Alfonso Maria 1852-1927 (GESUITA)
Vincenza ~1862-1941 sposa Pietro Tropea
Filomena 1840-1880
Giovanni 1856-1858
Giuseppina ~1860-dopo il 1932 (SUORA?)
Beatrice 1802-1885
sposa nel 1821 Agostino
Massa di Sorrento (capitoli
matrimoniali, 1820)
Vincenzo 1832-1920
sposa nel 1868 Caterina Familiari
e nel 1894 Giuseppa Romeo
Francesco Bonaventura 1837-1922, possidente,
laureato in legge, fu cancelliere al comune di Melito Porto Salvo
e giudice. Sposa nel 1870 la cugina Rachele Martorelli (1841-1914)
Albino 1869-1956
Mario Teodosio 1885
sposa a Reggio nel 1921
Elia Romeo
Alfredo 1870-1949
sposa a La Maddalena nel 1898
Maria Pino
Filippo Giuseppe 1833
sposa nel 1875 la cugina
Felicia Gaetana Massa
Carmela 1882-1968
Adriano 1871
sposa a Melito nel 1910 Andrea 1872-1896
Giuseppe Arcidiaco Anselmo 1874-1902
Dionigi 1875
Carmela 1877-1881
Egidio 1879-1917
Giuditta 1881†
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ALBERO GENEALOGICO DISCENDENTE DEI
MANDALARI DI SAN LORENZO E MELITO
PORTO SALVO
Tommaso morto a San Lorenzo nel 1754
“caporale”, sposa Maria Merigliano,
figlia di Domenico e di Vincenza Zuccalà
Giuseppe
sacerdote, vive a
Condofuri
ix
Pietro 1688-1771
Reverendo, sposa Caterina Casile
da cui nasce l’unica figlia
Caterina ~1702-1752
rc
Elisabetta 1684-1761
sposa Antonino Maurici
Pietro, clerico, nato dal secondo matrimonio del padre,
sposa Galatea (o Calidea) Casili e muore a circa 90 anni nel 1746
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Palma, nata dal secondo matrimonio del padre
sposa in prime nozze Antonino Maisano nel 1676 (cap. matr. 1676)
ed in seconde nozze Domenico Modaffari. Muore a San Lorenzo a circa 85 anni nel 1740
Maria (o Mariana)
Lorenzo, nato a San Lorenzo nel 1727
sposa nel 1740 il “magister” Giuseppe Barreca
Morto a Melito nel 1802. Diventa sacerdote ed
figlio di Francesco e Giovanna Manti
è tuttora ricordato come primo Dittereo di Melito Porto Salvo
(a partire dal 1754 alla Chiesa della Concessa)
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Vincenza
sposa nel 1784 a San Lorenzo
il Dottor Fisico Michele
Licastro della Terra di Sinopoli
(cap. matrimoniali 1784 not. Savoia)
Saveria
Giovanni
battezzata a Melito nel 1783
battezzato a Melito nel 1779
(dopo la morte del padre)
Dottor Fisico
sposa Pietro Papalia di Sinopoli
(cap. matrimoniali 1798 not. Savoia)
morì a Sinopoli nel 1851
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Vincenzo
battezzato a Melito nel 1775
morì a San Lorenzo lo stesso anno
Francesca ~1712-1772
sposa Diego Roda'
Saverio
1798 circa - 1829
Giovanna 1799
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Raffaela Faustina 1813-1898
Sposa nel 1847 a Melito Francesco Mandalari (1786- 1859)
di Tropea, figlio di Giuseppe e di Dorotea Crispino
Nel 1878 (cfr. status animarum) vive con la famiglia
della figlia Carmela e del genero Demetrio Familari.
Quest'ultima Carmela muore a Melito nel 1933 a 82 anni.
Carmelo 1839-1909
sposa nel 1875 la cugina
Mariangela Massa
Camillo Oreste 1879-1963
(STORIOGRAFO)
sposa Maria Giannelli
e Felicetta Toraldo
Saverio, morto nel 1894
bersagliere, combatte’ a
Custoza nel 1866
Carlotta 1883
sposa nel 1912
Pietro Cucchi
Giuditta 1828-1909
sposa nel 1870 il cugino
Giovanni Martorelli (1834-1912)
Andrea 1876-1924
sposa la cugina
Sara Massa
Immacolata 1881†
Elisea 1886-1887
Concetta 1801
Sposa nel 1830 a Melito
Don Antonio Pinto
tenente doganale di Napoli
Giuseppe, morto nel 1914
a 87 anni, sposa la cugina
Teresa Massa
Clorinda 1876
Beatrice 1876†
sposa nel 1894
Salvatore Orlando
Caterina
Concetta 1768
morta infante
Antonino 1705 circa
sposa Anna Perino
e vive a Bagaladi
Nunzia ~1726
Antonio Giuseppe ~1729
Giovanni ~1731
Pasquale ~1734
Mariana ~1746
Bruna ~1749
Luigi †1751†
Pietro ~1752
Maria Anna Elena 1805
Antonio Maria
sposa nel 1869 Felicia Barreca ed
in seconde nozze nel 1876 la cugina
Teresa Martorelli. Civile, morto a 82
anni nel 1908
Valentino 1879-1959
sposa nel 1911
Eleonora Dattola
Carmela 1881-1930
sposa nel 1903
Eleuterio Demetrio
Maria †1781 a Montebello
Domenica 1692
Giuseppa 1694
Francesca 1696
Caterina †1753
Giuseppe Maria
sposa Dorotea Crispino
e si trasferisce a Tropea
Francesco 1786-1859
Vincenza Tommasina 1810-1888
(morta nubile)
Lorenzo
sposa nel 1883
Filomena Orlando.
Morto nel 1892
Riccardo ~1879–1891
Giuseppa 1885
Cosimo 1884
Immacolata ~1887-1909
Francesco
Rosa
Maria Saveria 1885
Giuditta 1829-1831
Ludovico 1845-1845
Gaetana 1846-1849
Andrea 1884
sposa nel 1920
Caterina Evoli
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Si dice che, prima della fine del Cinquecento, una parte della famiglia Mandalari si trasferì da Condofuri al
vicino paese di San Lorenzo.
Tra i più antichi Mandalari di San Lorenzo troviamo un Domenico, che “è stato amazato” il 4 novembre
1595, una Caterina, “passata da questa vita a miglior vita” il 1° novembre 1595, ed una Diana, morta il 26
dicembre 1601.
Una Lorenza Mandalari risulta essere una “mammina approbata” (cioè una levatrice approvata dalla chiesa)
1
citata in molti atti di battesimo dei primi del Seicento per aver battezzato in casa dei neonati che, per
imminente pericolo di morte, non potevano aspettare di essere portati in chiesa.
Un Roderico Mandalari, così come il figlio Francesco, è citato più volte come padrino tra la fine del
Cinquecento e l‟inizio del Seicento, e nei più antichi registri di San Lorenzo si ritrovano gli atti di
matrimonio di Giulio e di Marco Mandalari, che sposarono rispettivamente nel 1595 e nel 1598 Caterina
Miserraffiti ed Elisabetta Misitano.
Questo è uno dei più antichi documenti della Parrocchia Dittereale di San Lorenzo in cui si trova indicato il
cognome Mandalari:
Atto di matrimonio tra Giulio Mandalari e Caterina Miserraffiti
Libro dei matrimoni della Chiesa Dittereale di San Lorenzo, 1595-1616 – San Lorenzo, 20 settembre 1595
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Un‟ultima nota: il cognome Mandalari deriva con tutta probabilità dal greco “mandilàris/mandalàris”
cognome esistente anche in Grecia e significante "fabbricante di catenacci e chiavistelli”.
Nel 1754 il reverendo Lorenzo Mandalari, fratello del trisavolo della mia bisnonna Carmela, si trasferì da
San Lorenzo a Melito Porto Salvo dove è ancora oggi ricordato come il primo parroco del paese, seguito in
breve tempo dal padre Vittorio, dalla vedova del fratello, e dai figli di lei.
A conferma di questi dati, nel volumetto “Mario Mandalari, IX Lettura di storia letteraria calabrese” si
legge che “il prof. Moscato [...] dà prove filologiche dell’origine grecanica della famiglia” e che “la
famiglia Mandalari è la più antica di Melito, quella di cui si hanno tracce, ed è, nondimeno, di San
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Lorenzo” .
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2
Dal “Liber Renatorum” della Chiesa Arcipretale di San Lorenzo anni 1607-1646
“Mario Mandalari, IX Lettura di storia letteraria calabrese” edito dalla Tipografia Fata Morgana, Reggio Calabria, 1932, autore del quale fu
Camillo Oreste Mandalari, un cugino della mia bisnonna del quale si parlerà ancora molto in seguito.
Nel libro si trova anche una trascrizione di questa lettera di Mario Mandalari, cugino del mio trisavolo, sulla storia di Melito che indica: “Due altre
antiche e stimate famiglie ebbe Melito: Alàti e Vernagallo, le quali nemmeno sono indigene, ma venute di fuori, da Montebello e Pentidattilo. I
Tropea sono di Reggio, ed i Cilea di Pentidattilo. Giardino, luogo di villeggiatura, o di bagnatura, fu la contrada sin dopo l‟anno del terremoto;
dopo il terremoto ebbe le prime abitazioni: ma delle più antiche case costruite nel paese è la mia casa paterna, presso alla chiesa Arcipretale, che in
origine serviva alla industria dei bachi da seta - Mario Mandalari”.
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Il capostipite della famiglia della mia bisnonna Carmela si chiamava Pietro Mandalari, era di San Lorenzo,
ed era sposato con Elisabetta Arcidiaco. Era nato nella seconda metà del Cinquecento ed era il nonno del
bisnonno del bisnonno della mia bisnonna Carmela.
I registri dei battesimi di quell‟epoca indicano che Pietro ed Elisabetta avevano avuto almeno sette figli:
Elena (citata come madrina ad un battesimo nel 1670, che sposò nel 1657 Giacomo Maisano), Gabriele
(morto a circa 25 anni nel 1660), Giuseppe (nato nel 1620, che sposò nel 1643 Virginia Ligato e, rimasto
vedovo, si risposò nel 1652 con Angilella Amato), Giovanni Giacomo (nato nel 1635), Giovanni (nato nel
1638 e subito battezzato dall‟ostetrica per imminente pericolo di morte), Maddalena (nata nel 1640) ed
Angela (nata nel 1643).
Il ramo da cui discese la mia bisnonna Carmela è quello di Giuseppe Mandalari, padre del bisnonno del suo
bisnonno, nato a San Lorenzo il 18 maggio 1620. Giuseppe Mandalari si era sposato due volte: dalla prima
moglie Virginia Ligato – sua parente in quarto e quinto grado, secondo quanto si legge nell‟atto di
matrimonio – nacque Antonino, che nel 1672 sposò Francesca Arena, e dalla seconda moglie Angilella
Amato nacquero Palma, che nel 1676 sposò Antonino Maisano (del qual matrimonio esistono i capitoli
matrimoniali conservati in Busta 603 Vol. 3273/4 - Not. Altomonte 1788), e Pietro che divenne clerico.
Vittorio Mandalari, quadrisavolo della mia bisnonna Carmela, era il penultimo dei dieci figli di Antonino
Mandalari e Francesca Arena.
Stando alle fonti di cui disponiamo, è certo che Vittorio (1699- dopo il 1765) ed i suoi fratelli Giuseppe
(1692-1772), Pietro (1688-1771) e Tommaso (1682 circa - 1754) fossero dei benestanti proprietari terrieri di
San Lorenzo.
Nel registro del Catasto Onciario di San Lorenzo del 1754 si trova la pagina relativa a Giuseppe Mandalari,
fratello maggiore di Vittorio, nato a San Lorenzo il 14 ottobre 1692, e di professione “civile” (parola che in
quel luogo ed in quell'epoca aveva il significato di benestante proprietario terriero): si legge anche che il suo
figlio primogenito Antonio, nato verso il 1716 e morto a San Lorenzo nel 1759, dottore in teologia, era
sacerdote a Reggio Calabria:
Catasto Onciario di
San Lorenzo del 1746:
Giuseppe Mandalari
Altre fonti, tra cui il suo stesso atto di morte, indicano che quest'ultimo Antonio era Parroco della Chiesa di
San Nicola de‟ Bianchi. Fu anche citato dal De Lorenzo in un cenno sul Seminario di Reggio per essere stato
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segretario dell‟Arcivescovo di Reggio Damiano Polou, e, in conseguenza, redattore della Sinodo Polou del
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1755 .
In "Monografie e memorie reggine e calabresi" di Antonio De Lorenzo si legge infatti:
.it
"[...] non poteva il Polou non iscegliere pel suo Seminario abilissimi e dotti professori. Ricordiamo fra gli
altri due ottimi parroci reggini, D. Giuseppe Furfaro, dei SS. Filippo e Giacomo, laureato in Divinità, e D.
Antonio M.a Mandalari, curato di S. Nicola dei Bianchi, dottore ancor esso di Sacra Teologia, che fu poi
Segretario nel celebre Sinodo del 1751. Sia l'uno come l'altro erano esaminatori sinodali; nel Seminario
insegnavano Grammatica il primo, ed Umanità il Mandalari, il quale vi dimorava ancora, e in esso chiuse
gli occhi alla luce verso i principii del 1760" [ad onor del vero, come si può leggere dal relativo atto
parrocchiale, Antonio Maria Mandalari morì a San Lorenzo, paese in cui era nato, il 2 ottobre 1759].
ix
Da citare un altro figlio di Giuseppe, Ludovico, nato nel 1740, che divenne Arciprete di Motta San Giovanni.
Un fratello di Giuseppe, di nome Tommaso, anch'egli ricco proprietario terriero, è invece citato in qualità di
“caporale” a capo di una squadra di sicurezza in pattuglia in un atto notarile del 1724 (ASRC, Notaio
Tommaso Merigliano di San Lorenzo, inv. 81, busta 595) che recita:
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Die decima quinta mensis martis secunte inditionis millesimo septingentesimo vigesimo quarto, 1724 in
Terre S.ti Laurentii. In pub.co test.nio personalmente c.o nella nostra p.nza Domenico Jofrida del q.m Paolo di
Casale Nuovo da più tempo abitante nel Casale di la Motta di Roghudi, al p.nte in q.sta T.ra di S.to Lorenzo.
Sciolto di vincoli e catene, posto nella sua pristina libertà, il quale s.nte non vi […] cora nobis vulg.e
loquendo: come ieri giorno di martedì quattordici del corrente marzo verso l’alba ritrovandomi io et
Innocentio Romeo mio cog.to del Casale di Roghudi alla custodia alcune capre di Dom.co Romeo mio
socero e padre di detto Innocentio nella Contrada detta Porta pertinenza di detto Casale di Roghudi,
fummo circondati dal Caporal Tommaso Mandalari e suoi compagni di questa Terra di San Lorenzo per
carcerarci.
In un subito presimo la fuga ed, essendo giunti sopra di una rocca, la suddetta squadra ci assaltò in detta
rotta per carcerarci et essendosi visti ruolati presimo l’armi alle mani e tirato il fucile facendoci sopra la
squadra delli Boricelli, fra questo mentro mio cognato Innocenzo Romeo prese fuga per non essere
carcerato et io per non essere anche preso cartaci e il detto Innocenzo [?] tirato una botta d’archibuggiata
et pigliò sopra la persona di detto Innocenzo Romeo.
Catasto Onciario di
San Lorenzo del 1746:
Tommaso Mandalari
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Informazioni tratte dal già citato “Mario Mandalari, IX Lettura di storia letteraria calabrese” – La chiesa di San Nicola de‟ Bianchi, che non esiste
più, distrutta dal terremoto del 1783 si trovava sul Corso di Reggio (da un articolo di De Lorenzo sulla Rivista Storica Calabrese, anno 1897)
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Nato il 12 gennaio 1697, infine, Vittorio Mandalari fu battezzato lo stesso giorno nella Parrocchia Dittereale
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di San Lorenzo dal Reverendo Dittereo Luigi Varra .
L‟8 novembre 1723 sposò a San Lorenzo Felicia Strati (1696 circa - 1730), figlia di Paolo e Cristina Manti:
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Atto di matrimonio tra Vittorio Mandalari e Felicia Strati
Libro dei matrimoni della Chiesa Arcipretale di San Lorenzo, 1722-1732 – San Lorenzo, 8 novembre 1723
Questa è la sua firma in calce ad un documento del 1746 nel quale egli "emancipava" il figlio Sacerdote
Lorenzo, togliendo la patria potestà che estercitava su di lui e donandogli parte dei propri beni:
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La firma di Vittorio Mandalari (1746)
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Tra il 1724 ed il 1730 Vittorio e Felicia ebbero tre figli: Maria sposò nel 1740 il “magister” Giuseppe
Barreca. Lorenzo, battezzato nella chiesa Arcipretale di San Lorenzo il 14 marzo 1727 (con il nome
Antonino Lorenzo), frequentò il seminario, e nel 1754 si trasferì a Melito dove fu Dittereo per quasi
cinquant‟anni e dove morì nel dicembre del 1802.
Saverio, battezzato il 20 gennaio 1729 (con il nome Antonino Saverio), studiò legge, si laureò e divenne
notaio. Egli compare già a partire dalla metà degli anni Quaranta del Settecento come testimone in molti atti
notarili (cfr. ad esempio gli atti del notaio Francesco Russo di Cardeto, ASRC, fondo notarile, inv. 81 busta
607) ed in alcuni atti degli anni Cinquanta del Settecento come Sindaco di San Lorenzo.
Altri dati sulla famiglia di Vittorio Mandalari sono trascritti nei registri del già citato Catasto Onciario di San
Lorenzo del 1746, ed in quello di Pentidattilo del 1759, che comprendeva anche i cittadini di Melito.
All‟epoca del primo dei due catasti, Vittorio Mandalari, vedovo, viveva a San Lorenzo insieme ai due figli
Saverio, studente, e Lorenzo, clerico. Il capofamiglia risultava essere Lorenzo, che aveva 28 anni:
Catasto Onciario di
San Lorenzo del 1754:
Lorenzo Mandalari
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Cfr. libro dei battezzati della Parrocchia Dittereale di San Lorenzo 1674-1710.
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Nell‟anno del secondo censimento, Lorenzo era stato nominato Dittereo della Parrocchia di San Costantino
di Pentidattilo, che, dopo la morte del parroco del precedente parroco Giacomo Minicucci, all‟inizio del
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1754 , era stata di fatto trasferita nel paese di Melito che stava crescendo a scapito dell‟antico borgo di
Pentidattilo. Lorenzo si trasferì così a Melito, e con lui il padre Vittorio.
Nel catasto di Pentidattilo del 1759 leggiamo così i nomi di Lorenzo e di Vittorio, che in quell‟anno
vivevano nella “Villa di Melito” con un giovane servo di nome Domenico D‟Andrea.
Catasto Onciario di
Pentidattilo del 1759:
Lorenzo Mandalari
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Vittorio Mandalari morì dopo il 1765, anno in cui compare per l‟ultima volta come testimone ad un
matrimonio celebrato nella Parrocchia Arcipretale di San Lorenzo. La data della sua morte, però, non è certa
dal momento che non risulta registrata né a San Lorenzo né a Melito.
Il parroco di Melito, Lorenzo Mandalari, è invece citato ancora nell‟opera in tre volumi, Storia
dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria di Padre Francesco Russo, pubblicata a Napoli da Laurenziana nel 1963,
nella quale si legge che Melito Porto Salvo «nel secolo XVIII aveva un economo curato nella chiesa
dell’Immacolata6, con l’obbligo della celebrazione della Messa festiva, alla dipendenza dell’Arciprete di
Pentadattilo».
Nel catasto di Pentidattilo (1759) – cui faceva capo Melito – leggiamo l‟elenco dei suoi beni:
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Io qui sottoscritto Sacerdote Lorenzo Mandalari della terra di San Lorenzo, al presente abitante in Melito,
Dittereo e Parroco, in esecuzione del bando emanato per la riforma del general Catasto rivelo esser d’età
di anni 32.
- Vittorio Mandalari di San Lorenzo interpellato rivela abitare nella suddetta villa – Padre, di anni 63.
- Domenico D’Andrea del Casale di Roghudi servo, anni 29.
Abito in casa terrena addetta alla abitazione per comodo del Parroco. Possiedo un pezzo di terra
beveraticcia in Contrada Annà di q.te 12, limitante Giuseppe Marino e via pubblica che dedotta la coltura
mi rende. Possiedo un altro pezzo di terra limitante la suddetta terra di q.te [quattronate] 8 pervenutami in
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titulo di compra dal magnifico Paolino Pangallo di Pentidattilo limitante la sudetta terra, il magnifico
Paolino Malavenda, e via pubblica.
Tutte due rendono annui docati 6,50. Possiedo due bovi per mio servizio e propriamente per la coltura del
mio patrimonio. Possiedo un cavallo per uso di mia casa.
Pago per le suddette terre alla Corte Marchesale di Pentidattilo annui docati 7 e grana sessantasei dico
7,66. Pago ogni anno per metter l’aquidotto dalla parte di sopra alla suddette terre 0,90.
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Cfr. libro dei defunti della Chiesa di SS Pietro e Paolo (Parrocchia Arcipretale) di Pentidattilo 1752-1783, 11 febbraio 1754
Detta anche della “Concessa”, all‟epoca, e fino al 1820, intitolata a San Costantino.
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Paolino Pangallo di Pentidattilo, figlio di Giovanni e Nunziata Malavenda (padrino in tre atti nella Parrocchia Arcipretale di Pentidattilo in date 19
agosto 1753, 3 febbraio 1756, e 18 dicembre 1756) era bisnonno di Saveria Caracciolo di Melito, nonna paterna della mia bisnonna.
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In calce a questa dichiarazione si trova la sua firma, riportata di seguito insieme alla firma del fratello
Saverio:
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Le firme di Saverio Mandalari (1746) e di
suo fratello, il sacerdote Dittereo Lorenzo
Mandalari (1759)9
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Il Parroco Lorenzo Mandalari ed il fratello Saverio erano certamente molto uniti. Lo stesso Saverio, nel suo
testamento (San Lorenzo, 1782) asserisce di aver sempre vissuto in armonia con il fratello che da sempre si
occupava anche della gestione del patrimonio familiare, degli acquisti e delle vendite, e che da sempre
sovraintendeva a tutta la famiglia. Nello stesso documento Saverio confessa che il fratello Lorenzo
«manteneva la sua famiglia e faceva da Padre, e se forse d.to Testatore lucrava qualche cosa dalle sue
industrie, non li bastava nemmeno per vestire».
La storia del Parroco Lorenzo Mandalari è legata alla chiesa della Concessa di Melito. Fondata verso il 1650
dal Marchese Domenico Alberti in un‟antico fondo che prese da questa il nome “Concessa”, era ancora
visibile fino dopo il secondo conflitto mondiale, diroccata e sconsacrata, nella parte finale dell‟attuale via
Tenente Minicuci. Avendo subito danni rilevanti durante il terremoto del 1783 fu completamente ricostruita,
ma poco meno di un secolo dopo, considerata decadente e pericolosa, fu abbandonata per la nuova chiesa
Arcipretale, fondata nel 1852, che mantenne il nome dell‟Immacolata.
Saverio si laureò in legge, forse a Napoli, ed intorno al 1756 si sposò con Litteria Savoia, nata in una ricca
famiglia di Bagnara Calabra, figlia del notaio Giuseppe Savoia e di Nunzia Munizza e sorella del notaio
Vincenzo Savoia di San Lorenzo (nato a Bagnara Calabra verso il 1751, trasferitosi a San Lorenzo ed ivi
morto il 21 dicembre 1813).
Rimasto per tutta la vita a San Lorenzo, dove morì il 17 settembre 1782, il notaio Saverio Mandalari ebbe
almeno nove figli: Vincenza (1757 circa - 1763), Antonio Maria (1760-1833), Vincenza (nata nel 1764),
Faustina (nata nel 1766 e morta prima del 1815), Concetta (nata nel 1768 e morta da bambina), Vincenzo
(nato e morto nel 1775), Saveria (battezzata a Melito nel 1783 pochi mesi dopo la morte del padre), Giovanni
che divenne medico, e Lorenzo (1772-1846), che, diventato prete come l‟omonimo zio, fu parroco a Melito
Porto Salvo.
Di questi nove figli sei furono quelli che sopravvissero all‟infanzia: Antonio Maria, Lorenzo, Giovanni,
Vincenza, Faustina e Saveria.
All‟Archivio di Stato di Reggio si trova un documento9 nel quale Saverio Mandalari compare come parte in
causa: con questo atto egli si impegnava a consegnare a un tal Domenico Nesci, in cambio della somma di
venti ducati in monete d‟oro e d‟argento una quantità equivalente in seta.
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Die quinta mensis Januarii millesimo septingentesimo octagesimo primo 1781 in Terra S. Laurentij […]
Personalmente costituto in presenza nostra il M. D. Saverio Mandalari di questa Terra di San Lorenzo, il
quale dichiara e confessa col suo giuramento aver ricevuto dal Magnifico D. Domenico Nesci della città di
Bova la somma di ducati venti in monete d’oro e d’argento manualmente […] e perciò col suo reperito
giurmento […] si obbliga col suo v.j. realmente e personalmente […] di consegnare a detto M. D. Dom.
Nesci, suoi, nella prossima ventura stagione dell’anno 178uno, tanta seta […].
Il notaio Saverio Mandalari si trova anche citato in molti atti notarili rogati a San Lorenzo negli anni
Cinquanta del Settecento, talvolta semplicemente come testimone ed altre volte come "sindaco della Terra di
San Lorenzo".
A riprova del suo lavoro da notaio è arrivato fino a noi oggi un solo protocollo completo, da lui rogato nel
1771, che contiene pochi atti dai quali in ogni caso non è possibile trarre notizie di nostro interesse.
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La firma di Saverio Mandalari è tratta dall‟atto notarile già citato, datato 17 settembre 1746, conservato all‟Archivio di Stato di Reggio Calabria;
quella di Lorenzo Mandalari è tratta dal Catasto Onciario di Pentidattilo del 1759, conservato all‟Archivio di Stato di Napoli.
Notaio Francesco Antonio Altomonte di San Lorenzo - busta 602, protocollo 3271/1 (ASRC)
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Il sigillo del Notaio Saverio Mandalari di San Lorenzo
(N. S. M. S. L.) tratto dall'intestazione di un suo
protocollo (incompleto) del 176011
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Questo è l‟atto di morte di Saverio Mandalari, conservato all‟Archivio della Curia Arcivescovile di Reggio
Calabria:
Atto di morte del notaio Saverio Mandalari
Libro dei defunti della Chiesa Arcipretale di San Lorenzo, 1774-1817 – San Lorenzo, 17 settembre 1782
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Il “Dottor Don Antonio Maria Mandalari” (così è citato in decine di documenti d‟epoca), oggi ricordato per
essere stato uno dei primi sindaci di Melito (dal 1812 al 1816) era un bisnonno della mia bisnonna Carmela,
ed era nato il 24 agosto 1760 a San Lorenzo dal notaio Saverio Mandalari e da Litteria Savoia.
Molti atti notarili in cui egli è citato sembrano far trasparire qualche incomprensione tra Antonio Maria ed il
resto della sua famiglia negli anni intorno al 1782. Sappiamo infatti che proprio in quell'anno Antonio Maria,
che ancora non si era sposato, aveva già lasciato la casa paterna: in un atto notarile del gennaio 1802 infatti si
legge che vari cittadini di Melito «confessano, testificano, e dichiarano sapere benissimo in consa scentie,
che il Dr. D. Antonio M.a Mandalari abbita de domo et familia in questo sud.to Melito da venti anni a questa
parte10».
Le ultime volontà di suo padre Saverio, nel 178211, ci dicono poi che quest'ultimo aveva lasciato le sue
pochissime proprietà divise tra i suoi cinque figli, sottolineando però che la "quota disponibile" fosse divisa
in sole quattro parti, e da questa fosse escluso proprio Antonio Maria dato che egli «bastantemente ha avuto
la sua porzione, stante [che] da più anni fù mantenuto in seminario e nelli studii fuori, e fra tanto non siede
sotto la disciplina paterna di esso Testatore».
L'anno successivo, il Dittereo Lorenzo Mandalari12, in un suo primo testamento, indica come suoi eredi
universali i cinque nipoti Lorenzo, Giovanni, Vincenza, Faustina e Saveria (quest'ultima era nata dopo la
morte del padre e perciò non era considerata nel testamento di quest'ultimo) escludendo proprio Antonio
Maria, al quale venivano dati "soli" cinquecento ducati in usufrutto che, alla sua morte, sarebbero dovuti
tornare ai suoi due fratelli Lorenzo e Giovanni.
Inoltre il testatore segnala «ch'essendo d.to suo Nipote D. Antonio Maria perturbatore, che forse inquietasse
la Madre o li f.lli e sorelle, che fosse in tal caso escluso totalmente da d.ti docati cinquecento, ma solo
dovesse avere la legittima che li lasciò in testamento il fù suo Padre dall'eredità paterna come da d. to
Testamento».
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ASRC - inv.81, B599 Vol. 3259 - Notaio Vincenzo Savoia, San Lorenzo, 2 gennaio 1802.
ASRC - inv.81, B598 Vol. 3239 - Notaio Vincenzo Savoia, San Lorenzo, 16 settembre 1782.
ASRC - inv.81, B598 Vol. 3240 - Notaio Vincenzo Savoia, Pentidattilo, 9 luglio 1783.
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Antonio Maria aveva quindi studiato in seminario e si era laureato come il padre in legge, all‟Università di
Napoli. Su di lui troviamo anche queste informazioni13:
«Antonio Maria Mandalari: nato a San Lorenzo, fu il primo sindaco di Melito Porto Salvo 14.
Laureato in Legge all’Università di Napoli, uomo dotto, lasciò un manoscritto che conserva il
nipote Camillo Oreste Mandalari».
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Beatrice (1802-1885) sposò Agostino Massa
Filippo (1806-1888) sposò Luisa Tropea (1817-1893)
Andrea (1804-1878) sposò Maria Saveria Caracciolo (1807-1868)
Carmela (1808-1876) sposò Francesco Martorelli (1784 -1874)
Raffaela Faustina Mandalari (1813-1898) sposò Francesco Saverio Mandalari (nato a Tropea nel 1786), figlio
di Giuseppe (1726 circa – 1786) e Dorotea Crispino, suo parente.
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Verso il 1791 aveva sposato Gaetana Pizzi, nata a Condofuri e più giovane di lui di circa 16 anni.
I capitoli matrimoniali15 indicano che al momento del matrimonio Gaetana aveva portato una dote di mille e
trecento ducati, una somma notevole, soprattutto considerato che il reddito di un bracciante si aggirava sui 70
ducati annui.
Lo stesso atto notarile ci dà ulteriori informazioni, suggerendoci per esempio che le supposte incomprensioni
tra Antonio Maria Mandalari ed i suoi familiari dovevano essere finite, dato che lo zio Dittereo Lorenzo,
stavolta, donava al futuro sposo una somma equivalente a quella che quest'ultimo aveva ricevuto in dote
dalla moglie: mille e trecento ducati.
Interessante anche il fatto che Gaetana Pizzi, bisnonna della mia bisnonna Carmela, era imparentata a sua
volta, da parte materna, con i Mandalari di Condofuri: sua madre si chiamava infatti Elisabetta Mandalari, e
di lei si parlerà più avanti.
Antonio Maria Mandalari morì a Melito il 31 gennaio 1833. Sua moglie Gaetana morì invece undici anni
dopo, nel 1844, all‟età di circa settant‟anni. Ebbero almeno nove figli registrati nella Chiesa Dittereale di San
Costantino e battezzati dallo zio Dittereo Lorenzo Mandalari: Giovanna (nata nel 1799), Concetta (nata nel
1801), Beatrice (1802-1885), Andrea (1804-1878), Filippo (1806-1888), Maria Anna Elena (nata nel 1805),
Carmela (1808-1876), Vincenza Tommasina (1810-1888) e Raffaela Faustina (1813-1898).
Un aneddoto interessante riguardante quell‟epoca in cui Antonio Maria Mandalari era sindaco ci è fornito da
alcuni documenti conservati all‟Archivio di Stato che testimoniano le conseguenze di un bombardamento
16
eseguito il 4 marzo 1812 al fortino di Melito da parte della marina Anglo-Borbonica .
In quegli anni Melito, occupata dai distaccamenti napoleonici, era già stata altre volte attaccata dai cannoni
borbonici che dalla Sicilia si spingevano fino alle più vicine coste dell‟Italia. In quell‟occasione, a seguito
dei danni prodotti dai bombardamenti a vari edifici (tra cui la chiesa parrocchiale di Santa Maria
Immacolata) vi furono episodi di saccheggi a cui non sfuggì la casa di Antonio Maria Mandalari che riceveva
con questi documenti la somma di lire 88 a risarcimento dei danni subiti.
I figli di Antonio Maria Mandalari e Gaetana Pizzi:
Da Andrea e da Carmela Mandalari nacquero Bonaventura Francesco Mandalari (1837-1922) e Rachele
Martorelli (1841-1914), genitori della mia bisnonna Carmela, che erano cugini di primo grado.
Interessante il fatto che il padre della mia bisnonna, seppur battezzato con il solo nome di Bonaventura, era
chiamato da tutti “Don Francesco” e, nei vari documenti conservati nello stato civile di Melito in cui, durante
la sua vita, appose una sua firma, è indicato di volta in volta come “Francesco”, come “Bonaventura”, o
come “Bonaventura Francesco”.
Il 19 febbraio 1870 sposò a Melito la cugina Rachele Martorelli e da lei ebbe nove figli, l‟ultimo del quali,
Mario, nacque nel 1885.
Cfr. “Gli scrittori Calabresi – Dizionario Bio-Bibliografico”, di Luigi Aliquò Lenzi, Reggio Calabria, 1955-1958.
Prima di Antonio Maria Mandalari, ad onor del vero, risultano essere stati Sindaci di Melito: Coratola Fortunato (1809-1810), Vernagallo Saverio
(1810) e Cilea Giuseppe (1810-1812) – cfr. “Memoria e Ricerca – Melito di Porto Salvo tra Ottocento e Secondo dopoguerra – di Agazio
Trombetta, Ed. Culture, Reggio Calabria 2008 pag. 352. Da notare il fatto che il sindaco Giuseppe Cilea aveva sposato Imara Caracciolo, sorella
del mio avo Vincenzo Caracciolo, e che il Camillo Oreste Mandalari citato in queste righe era il già citato scrittore e giornalista, cugino della mia
bisnonna.
15
ASRC - inv.81, B598 Vol. 3247 - Notaio Vincenzo Savoia, Condofuri, 28 dicembre 1790.
16
Cfr. “Memoria e Ricerca – Melito di Porto Salvo tra Ottocento e Secondo dopoguerra – di Agazio Trombetta, Ed. Culture, Reggio Calabria 2008
pag. 20, 365-366.
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Come molti altri Mandalari ebbe una buona educazione e studiò legge all‟Università. All‟epoca della nascita
della mia bisnonna Carmela svolgeva la professione di “scrivano”, ovvero di giurista o studioso di diritto
(cfr. atto di nascita di Carmela Mandalari, Stato Civile di Melito Porto Salvo, ASRC). In altri atti dell‟epoca
è citato come “possidente”, “proprietario”, ed anche come “alunno giudiziario”.
Alcuni anni dopo la morte della moglie, e in età decisamente avanzata, Francesco si risposò con Angelina
Timpano, una sua vicina di casa che si era occupata di lui negli ultimi tempi. Era la fine del 1920 e lui morì
poco tempo dopo, nell‟estate del 1922.
La mia bisnonna Carmela Giuditta Ersilia Mandalari (1882-1968), detta “Carmelina”, infine, nacque poco
dopo le cinque di mattina del 2 agosto 1882 a Melito Porto Salvo, in Via Plebiscito (una via tuttora esistente
nella parte vecchia del paese, vicino alla Chiesa Arcipretale) al numero 16.
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ix
In un altro libro di Camillo Oreste Mandalari, “Uomini e cose della mia Calabria (scritti di storia,
letteratura e politica 1908-1932)”, edito a Roma nel 1934, si trovano altre informazioni sulla famiglia
Mandalari ed in particolare sul contributo che essa diede alla nazione durante l'epoca risorgimentale:
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Nella famiglia Mandalari, oltre che una tradizione di sapere, si ricorda un’altra ancor più bella: l’amore per la
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patria. Saverio Mandalari combatteva a Custoza nel 1866, e Antonio Massa da sergente del 6° reggimento
garibaldino (Nicotera) 21° compagnia, si batteva a Bezzecca nel ’66 stesso. Il capitano della Guardia Nazionale
19
Giacomo Mandalari , verso il ’61, vicino a Laureana di Borello, distruggeva la banda del brigante Staropoli,
uccidendo da solo otto banditi. Per questo atto, famoso in tutta la Calabria, ebbe la medaglia al valor militare,
con un autografo di Re Vittorio Emanuele II, che era rimasto ammirato di tanto coraggio.
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Nel 1860, Melito Porto Salvo sarebbe stato presto ricordato come una delle ultime “tappe” di Garibaldi
prima del famoso incontro di Teano con il Re Vittorio Emanuele II, e sarebbe così entrato a far parte dei libri
di storia.
Alle prime luci dell‟alba del 19 agosto 1860 il Generale Giuseppe Garibaldi ormeggiò la “Frankilin” nello
specchio di mare di Capo San Lorenzo, località a ridosso di Melito Porto Salvo; proveniva dalla vicina
Sicilia con la famosa spedizione dei Mille.
Seguito dalle sue truppe il Generale installò il quartiere generale a Melito in una Villa, detta poi “la Casina
dei Mille”, di proprietà del Marchese Ramirez, ubicata su una collinetta, punto strategico per l‟avvistamento
delle navi borboniche che presidiavano la costa.
A quell‟epoca Bonaventura Francesco Mandalari e Rachele Martorelli avevano rispettivamente ventiritré e
diciannove anni, vivevano probabilmente entrambi con i propri genitori e fratelli, e naturalmente si trovarono
a vivere in prima persona tali avvenimenti, tanto più che le loro famiglie, che in quegli anni avevano assunto
idee liberali ed anti-borboniche, avevano dato e stavano dando più di un uomo alla causa della liberazione
del Regno delle Due Sicilie.
Un altro personaggio vicino alla famiglia Mandalari, che rimase nel suo piccolo nella storia dello sbarco, fu
il “cugino Carmelo”, Carmelo Massa, figlio di sua zia Beatrice Mandalari e di Agostino Massa, marito di
Marianna Tropea (i due si sposarono a Pentidattilo nel 1856).
Nel 1861 questi aveva circa cinquant‟anni, ed era il capo della stazione telegrafica di Melito. Con lui
lavorava anche il fratello Antonio, e quando Garibaldi sbarcò a Melito, Carmelo gli offrì il suo aiuto.
Alcune fonti indicano che Don Carmelo Massa impiegato governativo borbonico proveniente da Sorrento,
fosse una persona molto nota, proba, colta, e fine. Onestissimo e ligio al suo dovere, non poteva non
trasmettere il dispaccio a Reggio, e così telegrafò: “un corpo di esercito sconosciuto, i cui militi indossano
una camicia rossa, è sbarcato da un piroscafo prima dell’alba a Ovest di Melito. Le operazioni di sbarco
continuano”.
Reggio ricevette e riscontrò.
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Fratello di Francesco Bonaventura Mandalari.
Cugino di Francesco Bonaventura Mandalari (figlio dei suoi zii Beatrice Mandalari ed Agostino Massa).
19
Figlio di Antonino e di Elisabetta Rodà. Nel libro “Uomini e Cose della mia Calabria”, Camillo Mandalari indica che egli era cugino di Francesco
Bonaventura Mandalari.
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“Lettera del Signor Sotto Intendente per denaro imprestato al Signor Sindaco sopra il Predicatore” - Archivio di Stato di Reggio
Calabria – Fondo Intendenza, Conti Comunali, 1812, inv. 32, b.685, fasc. 2298
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“Lettera del Signor Sotto Intendente per denaro imprestato al Signor Sindaco sopra il Predicatore” - Archivio di Stato di Reggio
Calabria – Fondo Intendenza, Conti Comunali, 1812, inv. 32, b.685, fasc. 2298
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Del resto il passaggio era stato avvistato dalle altre Torri circostanti litoranee. Questo particolare lui lo
confessò più volte dopo l‟avvenimento e lo raccontava sempre alle altre famiglie che abitavano in via XIX
agosto, pur essendo tanto parco di parole.
Molti anni dopo Mario Mandalari, l‟illustre scrittore e giornalista di cui si è già parlato, scrisse una pagina
dal titolo “Il 19 agosto a Melito”, che riguarda i suoi ricordi sull‟arrivo dei famosi Mille a Melito, quand‟egli
non aveva che nove anni.
La pagina che segue è tratta dal libro “Mario Mandalari”, in cui si ritrova trascritto questo racconto.
E‟ Camillo Oreste Mandalari, l‟autore del libro, a parlare, ed è lui che introduce lo scritto di suo zio Mario.
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Estratto da "Il Dovere, giornale politico
settimanale per la democrazia" del 15
ottobre 1864.
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Nell'articoletto a lato, "Soccorso alla
Libera Stampa", si leggono tra gli altri i
nomi dei seguenti donatori di Melito
Porto Salvo:
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Carmelo Massa, lire 1
Mandalari Giuseppe, cent. 21
Mandalari Filippo, lire 1
Mandalari Francesco, lire 1
IL 19 AGOSTO A MELITO
Un altro suo scritto corre alla mia mente, ch‟è oggi, un documento storico di grandissima importanza, locale, dal
titolo “19 Agosto”, fatto di chiari e vivi ricordi personali giacché – a quell‟epoca «aveva nove anni, cinque mesi,
ed undici giorni» come egli stesso dice, ed andava a scuola dal cugino Carmelo, sull‟altura, nell‟uffizio
telegrafico semaforico.
“Il cugino Carmelo dalla barba nera e dalla testa nuda, leggeva quotidianamente il giornale officiale del
Regno delle Due Sicilie.
Gli uomini seri, cioè i “decurioni”, il “primo eletto”, il “R. Giudice” ed il “cancelliere comunale” si
riunivano nella cancelleria e là parlavano liberamente come a loro pareva, d‟ogni cosa. Anche di politica,
che era il discorso prediletto del cugino Carmelo, rappresentante la classe degli impiegati dello Stato.
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Erano tutti, o quasi, di carattere onesto e tranquillo, amanti del vecchio, poco pratici del presente, ed
avevano una grande paura dell‟avvenire.
Il cugino Carmelo parlava, spesso, di Garibaldi e delle sue imprese in Sicilia. Non era un avventuriero,
diceva. Non era un uomo irrequieto. Era un gran capitano, degno d‟Italia. Il Regio Giudice, certo Aufiero,
non parlava. Udiva, sospirando. Aveva l‟anima gretta, l‟intelletto piccino ed i capelli rossi.
Una volta disse: «Ha i fucili la nostra Guardia Nazionale? »
Nessuno rispose. Finalmente ruppe quel silenzio il cugino Carmelo: «E se avesse i fucili? Dov‟è la
polvere? E se anche ci fosse la polvere? Possono i nostri contadini deliziarsi nel sangue de‟ nostri fratelli
e cooperare alla guerra civile?»
La sera del 18 avevamo già fatto il bagno. Era sabato.
C‟era in tutti un grave presentimento. S‟era detto che in Melito sarebbero arrivati i soldati del Re e che il
palazzo Ramirez sarebbe diventato quartiere generale. Nella cancelleria comunale c‟erano mio padre20 ed
il cugino Carmelo.
Il quale, all‟ultimo, disse fumando, e guardando nel mare:
-Zio, vengono dunque i soldati?
-Dovevano arrivare oggi.
-Ah! Dovevano arrivare oggi?
-Verranno, forse, domani.
-Sarà troppo tardi, domani.
E si avvicinò. Aveva il capo scoperto e scintillante. Mi parve bello. Disse:
-Zio, stanotte verrà Garibaldi. Qualunque cosa accada non vi spaventate. Ci sono io. Mandate la famiglia
in Prunella ed offerite la casa al Generale“.
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In queste poche linee c‟è tutta la verità storica dello sbarco di Garibaldi a Melito, il 19 agosto, domenica, 1860.
Il ”cugino Carmelo” era Carmelo Massa, mio zio materno, fratello di mia madre, uomo di cultura e liberale, per
cui, nel „48, era stato condannato a morte a Messina, e perciò fece malissimo Cesare Morisani nel suo libro sui
“Fatti del „60” (scritto a tesi in difesa della dinastia borbonica) a dire che il maggiore Dezza, inviato da Garibaldi
21
a demolire il telegrafo ad asta, “dubitò della malafede del Massa” . No, non è vero!
E Mario Mandalari, dalla tomba, attesta il contrario, perché mio zio, liberale, sapeva già dello sbarco di
Garibaldi e quando il maggiore Dezza gli disse: «distruggiamo il telegrafo», mio zio rispose: «Senta signor
maggiore: ieri è servito ai Borboni, da questo momento serve alla Nazione».
Il Maggiore Dezza rimase pensoso di questa risposta, ma poi rispose: «gli ordini del gen. Garibaldi, però, sono
questi: d‟inchiodarlo». E fu inchiodato.
Così mi raccontò sempre mia Madre, così mi raccontò sempre mio zio Carmelo Massa, il quale, dopo avere
inchiodato il telegrafo, andò col Dezza stesso da Garibaldi, ad Annà, che lo trattò molto bene, gli domandò
quanti pozzi c‟erano da Melito a Reggio e fu presente quando da S. Lorenzo giunse Missori, il valorosissimo
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23
Missori . Sono pure fantasie ciò che racconta Don Bruno Rossi , che a Melito i garibaldini furono accolti
male, come potrei documentare, se ciò non fosse estraneo al mio assunto.
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I FATTI DELLE CALABRIE NEL LUGLIO ED AGOSTO 1860
Un resoconto dell‟arrivo a Melito delle navi garibaldine Vittorio Emanuele, Torino e Franklin, si trova nel
libro “Ricordi Storici – I fatti delle Calabrie nel luglio ed agosto 1860” di Cesare Morisani, edito in Reggio
Calabria nel 1872. In questo racconto è citato anche il nostro Carmelo Massa:
Garibaldi, profittando delle circostanze nella notte di quel giorno 18, imbarcò verso i Giardini circa duemila dei
suoi, protetto dal Vittorio Emanuele. Sul Torino di più grossa portata stivò col Bixio quasi tutta la sua gente, sul
Franklin salì egli col suo stato maggiore, e poca altra truppa, più armi e munizioni abbondanti per provvederne i
volontari calabresi.
20
Don Filippo Mandalari, fratello del mio quadrisavolo Andrea Mandalari e della mia quadrisavola Carmela Mandalari.
Vedi più avanti nel capitoletto “I fatti delle Calabrie nel luglio ed agosto 1860”.
22
Alcune fonti raccontano che Carmelo Massa fosse stato uno dei pochi abitanti di Melito a seguire Garibaldi. Se così fosse non sarebbe possibile,
però, che egli si trovasse a Melito quando arrivò da San Lorenzo l'armata di garibaldini comandati da Missori, che giunse a Melito quando
Garibaldi si era già spostato verso Reggio.
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L‟allora sindaco di San Lorenzo, figlio di un altro sindaco di San Lorenzo, Don Domenico Rossi.
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La notte era oscura e il mare grosso, forte soffiava il vento, e cadea pioggia leggera, sicché si tennero per più ore
in mezzo al canale onde non urtare negli scogli della costa calabra, ma finalmente al primo spuntar dell‟alba,
abbonacciatosi il mare, drizzarono verso Melito, e ivi approdarono nella spiaggia di Rombolo, presso la chiesa di
Portosalvo a circa due miglia dall‟abitato.
Garibaldi coi suoi facilmente discese dal Frenklin, ma il Torino sia che fosse stato troppo spinto verso terra, sia
che il comandante avesse approssimativamente così manovrato per facilitare lo sbarco, arrenò. Volle tentare, ma
inutilmente Garibaldi di scagliarlo col Franklin, che poi rimandò solo a Messina onde mettersi al sicuro dai legni
napoletani, e chiedere soccorso alla regia squadra sarda, mentre faceva sbarcare uomini ed armi.
Prima cura di Garibaldi si fu di impedire che si fosse dato avviso del suo sbarco a Reggio, e di ciò dette incarico
a Dezza. Questi nel recarsi alla stazione ne incontrò il capo, certo Carmelo Massa, che andava ad offrire i suoi
servigi al dittatore, egli suggerì al Dezza di far passare i dispacci ordinari, onde non dar sospetto a Reggio sul
silenzio di quella stazione, ma il garibaldino dubitando della buona fede di lui, non volle.
Nella pianura di Rombolo accamparono i nuovi arrivati, ma privi di tutto, tanto che taluni militi e graduati
dovettero requisire le cose di prima necessità presso i naturali di Melito, indifferenti affatto per loro. Intanto
dall‟alto del promontorio di Capo d‟Armi ov‟è situata la stazione telegrafica, potevano essere osservati i due
vapori e la gente dalle camicie rosse, e quindi darne avviso a Reggio, ciò non volea Garibaldi, per cui mandò una
mano dei suoi militi ad impossessarsene e vi riuscì. Mentre gl‟impiegati telegrafici salivano da Lazzaro, giusta il
consueto, sul promontorio s‟incontrarono coi garibaldini, che impedirono loro d‟accostarsi alla stazione.
Inutilmente quindi le aste del telegrafo di Pellaro venivano agitate, quegl‟impiegati non sapendone spiegare
l‟immobilità segnalarono a Reggio, che dalla stazione di Capo d‟Armi non si rispondeva ai loro segnali, e più
tardi, appurato il vero, dettero avviso dell‟avvenuto sbarco di Garibaldi, lo che partecipatosi ai regi legni il
Fulminante, e la corvetta a vapore l‟Aquila non tardarono recarsi sopra luogo. Per via s‟incontrarono nel
Franklin, che Salazar lasciò passare, vistolo vuoto, e giunti verso l‟una e mezzo p.m. nella spiaggia di Melito
aprirono il fuoco contro i garibaldini, che immantinenti si sbandarono in cerca di sicuro riparo, temendo non già
le cannonate dei vapori, ma le regie truppe, che supponevano avessero da sbarcare.
I due vapori li fulminavano ovunque potessero scorgerli, e le camice rosse, erano segno al fuoco dei cannonieri
marinai, sicché se qualche trentina di garibaldesi rimasero sul terreno, avvenne perché gli altri furono solleciti
rifugiarsi fuori il tiro del cannone.
I cadaveri degli uccisi furon lasciati per più giorni insepolti in quelle spiagge, i feriti quasi settanta, trasportati in
Melito, ma pochissimi scamparono.
Lo stesso Garibaldi corse forte pericolo, egli avea preso alloggio in un casino di campagna di pertinenza dei
Signori Ramirez, in contrada Annà, non molto lungi dal mare. All‟arrivo dei due vapori egli si fece al balcone,
che guarda la spiaggia, né volle allontanarsi nonostante le vive
insistenze di quelli che gli stavan vicino, ma non appena il
capitano Besia, comandante dell‟Aquila, l‟ebbe ravvisato,
unicamente a lui diresse i suoi colpi, e un proiettile danneggiò
internamente il casino, un altro si conficcò nel muro laterale al
balcone ov‟egli si trovava.
Allora solo si convinse, ch‟era imprudenza rimanere di più, e si
allontanò col Bixio attraversando a cavallo a spron battuto la
strada, e invece riparò in una casa campestre del Sig. Paolo
Alati nel territorio di Pentidattola, contrada Pellicanò, per una
collinetta che le sta d‟innante quasi nascosta e riparata dal
cannone dell‟Aquila. Ivi tra gli altri con Bixio e con Massa, il
capo della stazione telegrafica, che poi lo raggiunse, passò la
notte, accontentandosi si uova e pane bruno, che a stento poté
procurare un mandriano dell‟Alati.
Il fuoco dei due vapori durò circa un‟ora, cessò solo quando i
comandanti s‟accorsero che non poteano più arrecare verun
danno al nemico. Ma pria d‟allontanarsi da quella spiaggia
vollero distruggere il Torino colà arrenato, e fatti scendere
parecchi uomini della ciurma, lo mandarono in fiamma,
barbaro sfogo! ...La discesa dei marinai nelle lance fé credere a
taluni del paese, ch‟era truppa da sbarco, che i vapori
mettevano a terra, per cui divulgatasi appena questa notizia
portò un allarme in quei luoghi, tanto che taluni cercarono di
mettersi in salvo fuggendo.
In questo tempo Missori, liberato dalle persecuzioni di Ruiz,
Bruno Matteo Simone, marito di Liberia
già volto in dietro, avuta notizia dell‟effettuato sbarco di
Massa, figlia del “cugino” Carmelo Massa
Garibaldi, il quale, giungendo, avea scritto a Musolino per
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avvertirlo del suo arrivo, ed esagerando il numero delle sue forze, scendeva da S. Lorenzo alla volta di Melito
per congiungersi a lui, seco conducendo taluni individui di quel paese arrestati come sospetti partigiani regi, tra
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cui l‟Arciprete , e altri sacerdoti.
Giunti al villaggio Prunella s‟incontrarono col Sig. Ramirez, che anch‟egli cercava altrove uno scampo, e inteso
da lui, che le truppe regie aveno di già posto piede a terra, liberarono gli arrestati e cercarono di mettersi in salvo
prendendo le alture, arrampicandosi per quell‟erte cretacce infocate dal sole, soffrendo oltre il trapazzo lo
stimolo della sete, impossibile a soddisfare.
Parecchi si sbandarono in diversi punti di quelle campagne, e Pentidattola, Montebello, Chorio, videro costoro,
che in quei momenti cangiavano volentieri la camicia rossa con un costume contadinesco.
Cessato il pericolo, gli ufficiali garibaldini duraron fatica a raccogliere i militi dispersi, e perché mancanti
specialmente di vitto, dovettero costringere quei naturali a provvederli d‟ogni cosa colle buone o colla forza,
obbligarono quei del comune e diversi particolari a prestarvisi per requisire carri, cavalli, e denari coll‟aiuto del
precettore, come anticipo di fondiaria. Né altrimenti praticarono il dì seguente, già partito il Dittatore, i
garibaldini di Missori rimasti a Melito.
In quel giorno stesso s‟avvicinò a quella spiaggia il Carlo Alberto allo scopo di salvare il Torino, che con sua
sorpresa rinvenne distrutto, e invece Della Mantica si trattenne onde appurare i particolari dell‟avvenuto sbarco, i
danni prodotti dai regi legni, e accertarsi dello spirito del paese.
L‟annunzio del verificato sbarco di Garibaldi produsse un certo allarme in città, giacché destava speranza nei
suoi partigiani, che teneano certo il buon successo della rivoluzione, timori nei devoti alla casa Borbone, che dai
fatti di Sicilia e dall‟aspetto delle preparate cose militari in Calabria, prevedevano sciagure, timori infine negli
indifferenti, ed erano i più, che in caso di conflitto temevano la prepotenza soldatesca, essendosi, ad arte, fatta
sparsa la voce che i soldati, vincendo, avrebbero dato il sacco alla città.
Sicché per le strade si vedeva un affaccendarsi di gente dalle varie espressioni, secondo i vari sentimenti
dell‟animo, che ciascuno nutriva, chi pensava a rifugiarsi nelle vicine campagne, chi a nascondere gli oggetti di
più valore, e chi a sorvegliare le mosse delle regie milizie per tenerne informato il Dittatore.
E tutti poi temevano danni dal castello, e dalla cooperazione della regia squadra in caso di conflitto, per cui si
pensò di inviare una deputazione a Salazar, onde pregarlo a rispettare la città. Dapprima s‟invitò per tal missione
il nipote di lui; che copriva alta carica amministrativa, e al suo rifiuto, gli si presentò l‟Intendente della
Provincia, Sig. Bolani, a capo di altri tre cittadini del paese; egli li accolse con ogni cortesia, e promise di
accontentarli.
Ad uno della deputazione s‟accostò il comandante del legno, che avea inteso ciò che essi volevano, e gli disse
«Non temete, che no, noi non siamo croati».
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L‟Arciprete Marco Iacopino, che nel 1837 e 1847 battezzò Lorenzo Arcidiaco e Domenica Mafrici, e nel 1864 celebrò il loro matrimonio. Di lui
si dice "acceso borbonico, amico del Re, tanto da corrispondere direttamente con esso" (da "L'olmo tricolore di Carmelo Bagnato, Kalidon
editrice, 2011").
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LA FAMIGLIA CARACCIOLO
DI BOVA E PENTIDATTILO
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Parlando dei Mandalari non possiamo evitare di citare la famiglia Caracciolo, cui apparteneva Maria Saveria,
moglie di Andrea Mandalari e nonna paterna della mia bisnonna Carmela.
Un ramo di questa famiglia era passato verso la metà del Settecento da Bova a Pentidattilo con Domenico
Antonio Caracciolo nonno paterno di Maria Saveria Caracciolo, che compare per la prima volta nei
documenti del Pentidattilo nel 1757, anno in cui si sposò con Nunziata Pangallo.
Solo due anni dopo, nel 1759, nonostante la giovane età di circa 19 anni, egli compare come cancelliere
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durante la stesura del secondo catasto onciario del paese .
Stando a ciò che leggiamo in quest'ultimo documento, Domenico, di professione civile, abitava a quell'epoca
nella casa dotale con la moglie di diciassette anni e la figlia Giuseppa di un anno, e tra i suoi beni possedeva
“una terra beveraticcia, due bovi domiti, due vacche selvatiche, una giumenta di sella per uso proprio,
cinquanta animali pecorini e caprini e due scrofe”.
Nello stesso censimento non c‟è traccia dei suoi genitori Giovanni Vincenzo Caracciolo e Domenica
Vernagallo (che evidentemente erano rimasti a Bova), ma si trovano i nomi dei suoceri Paolino Pangallo,
civile, e Giuseppa Pagano.
Questi ultimi Paolino e Giuseppa, rispettivamente di quarantotto e quarantaquattro anni, vivevano con il
figlio chierico novizio Francesco quattordicenne in una casa d‟affitto dovendo alla corte marchesale tre
ducati ogni anno, e possedevano una vigna, alcune terre di celsi “che non rendono cosa alcuna perché il peso
assorbisce la rendita”, e poi “due buoi domiti, dodici animali pecorini ed una scrofa”.
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Nel precedente catasto onciario di Pentidattilo , datato 1745, non ci sono invece tracce di alcun Pangallo né
di Caracciolo.
Atto di nascita di Vincenzo Caracciolo, figlio di Domenico Antonio e di Nunziata Pangallo
- Pentidattilo, 12 febbraio 1772 – Libro dei battezzati della Parrocchia Arcipretale di SS. Pietro e Paolo 1750-1785
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Archivio di Stato di Napoli, volume 6090
Archivio di Stato di Napoli, volume 6091
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Quello che segue è l'albero genealogico discendente della famiglia che evidenzia (tralasciando gli altri rami)
la parentela tra la mia bisnonna Carmela, il celebre compositore Francesco Cilea di Palmi, l'avvocato
Tommaso Tropea di Melito, San Gaetano Catanoso di Chorio ed il dottor Ugo Tropea di Melito, tutti
discendenti dai suddetti Domenico Caracciolo e Nunziata Pangallo:
Giovanni Vincenzo Caracciolo
morto a Bova (S. Costantino) a 63 anni nel 1768
sposa Domenica Vernagallo
figlia di Giovanni Battista e di Margherita Pannuti
Silvestro
cresimato a Bova (S. Costantino) nel 1755
morto a Bova (S. Costantino)
a 10 anni nel 1758
Vincenzo 1772-1815
sposa a Melito nel 1800 Maria Curatola 1782-1850
Maria Curatola 1782-1850 figlia di Bruno e Giovanna Alati
la quale, rimasta vedova, sposa nel 1816 Saverio Vernagallo
Imara, nata verso il 1762
morta a Pentidattilo nel 1818
sposa Giuseppe Cilea 1752 circa- 1820
civile, sindaco di Melito dal 1819, figlio di Franceseco Cilea
e fratello dell'arciprete di Pentidattilo Antonio Cilea
Maria Saveria
Pentidattilo, 1807 - Melito, 1868
sposa verso il 1827
Andrea Mandalari 1804-1878
Giovanna
nata verso il 1804
sposa a Pentidattilo nel 1823
Domenico Evoli
Domenico Antonio
morto a Pentidattilo nel 1851
sposa a Pentidattilo nel 1823
Domenica Catanoso
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Francesco Mandalari 1837-1922
sposa a Melito nel 1870
Rachele Martorelli
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Carmela Mandalari 1882-1968
sposa a Melito nel 1910
Giuseppe Arcidiaco 1881-1960
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Annunziato †1896
Nunziata 1803-1803
Nunziata 1804
Domenica 1811-1853
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Agnese
nata a Pentidattilo, morta a Melito
a circa 94 anni nel 1869
* monaca *
Domenico
nato con tutta probabilità a Bova,
cresimato a Bova (S. Trifonio) nel 1746, morto a Pentidattilo nel 1812
sposa a Pentidattilo nel 1757 Nunziata Pangallo
figlia di Paolino e di Giuseppa Pagano, morta a Pentidattilo nel 1826
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Antonina
sposa a Bova (S. Costantino)
nel 1757 Domenico Marsello di Staiti
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Giuseppe
cresimato a Bova (S. Costantino)
nel 1751, compare come padrino
a Melito nel 1771
Francesco Cilea
proprietario, sposa
Rachela Parisi
Emanuele Giuseppe Cilea 1830-1884
avvocato, sposa Felicita Grillo
Francesco Cilea 1866-1950
compositore
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ALBERO GENEALOGICO
DISCENDENTE DEI CARACCIOLO DI
BOVA E DI PENTIDATTILO
Margherita 1765-1812
Paola n. 1774
Maria †1812 a 18 anni
Giuseppa 1758-1831
sposa a Pentidattilo nel 1775
Natale Familiari
Fortunata m. 1865
sposa a Pentidattilo nel 1818
Bruno Mafrici di Staiti
Domenica m. 1761
Maria n. 1762
Antonino 1763-1764
Antonino 1769-1773
Ursula †1783
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Antonia nata nel 1767
suora (cfr. testamento
del padre, 1812)
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Nicolina
morta a Bova (S. Trifonio)
a 3 anni nel 1746
Annunziata Familiari
sposa Francesco Antonio Catanoso
(capitoli matr. rogati a Melito nel 1800, not. Familiari, busta 223, vol. 1558)
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Maria Saveria Cilea
nata a Pentidattilo, morta a Melito a 79 anni nel 1870 sposa a Melito nel 1816
Francesco Tropea di Reggio Calabria (morto nel 1864)
(capitoli matr. rogati a Melito nel 1815, not. Familiari, busta 225 vol. 1573)
Luisa Tropea 1817-1893
sposa a Melito nel 1834 l'avvocato
Filippo Mandalari 1806-1888
figlio di Antonio Maria e di Gaetana Pizzi
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Tommaso Tropea m. 1902
avvocato, sposa Antonia Alati
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Vincenza Mandalari
sposa nel 1890 Pietro Tropea
Francesco Tropea 1892
Renato Tropea
Ugo Tropea 1898-1975
Pietro Catanoso
di professione proprietario
morto a Pentidattilo nel 1855
sposa a Pentidattilo nel 1830 Maria Giuseppa Battaglia
figlia di Giuseppe e di Angela Lipari
Antonino Catanoso 1847-1942
sposa nel 1872 Antonina Tripodi
San Gaetano Catanoso 1879-1963
Un‟ultima nota: a quell‟epoca chi possedeva il paese, ancora in stato feudale, era la Marchesa di Pentidattilo
Donna Teodora Alberti, moglie, guarda caso, di un Caracciolo del quale non è però nota alcuna parentela con
i nostri avi.
Alla sua morte Donna Teodora Alberti aveva lasciato il paese al nipote, l‟”Illustre Marchese Don Litterio
Caracciolo” che compare infatti nel catasto del 1759 come possessore di numerosissime proprietà intorno al
paese.
Anche la famiglia Cilea di Melito Porto Salvo era imparentata con i Caracciolo di Pentidattilo: Imara
Caracciolo, figlia dei nostri Domenico Antonio e Nunziata Pangallo (altrimenti indicata come Asmara o
anche come Fiumara) aveva infatti sposato il sindaco di Melito Giuseppe Cilea.
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Quest'ultimo, fratello del dotto arciprete Antonio Cilea di Pentidattilo, che fu poi canonico alla Metropolitana
di Reggio, fu alto magistrato della Calabria Citeriore, e si trova citato anche nelle raccolte della
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Magistratura .
Da Giuseppe Cilea ed Imara Caracciolo nacque Maria Saveria Cilea, che, sposata con Francesco Tropea,
ebbe Luisa Tropea, che nel 1833 avrebbe sposato l'avvocato Filippo Mandalari, prozio della nonna mia
bisnonna Carmela (fratello di suo nonno Andrea).
Un fratello di Luisa si chiamava Tommaso Tropea e fu anche lui avvocato a Melito Porto Salvo nella
seconda metà dell'Ottocento:
L’avvocato Don Tommaso Tropea di Melito Porto Salvo
(sua madre Maria Saveria Cilea era cugina di Maria Saveria Caracciolo)
Si noti che, nonostante si tratti di parentele piuttosto antiche, i Mandalari di Melito Porto Salvo, molto
orgogliosi del proprio passato e dei rapporti familiari instaurati soprattuto durante l'Ottocento con altre
famiglie tanto importanti, conoscevano bene questi fatti che erano spesso oggetto dei propri racconti.
Interessante ricordare che un fratello di Maria Saveria Cilea si chiamava Francesco e fu anche lui sindaco di
Melito.
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Per Giuseppe Cilea si veda l'opuscolo "Ricordando Ugo Tropea", Rievocazione per l'Università della terza età, al Cipresseto, in Reggio Cal., 19
maggio 2012 - Avvocato Vincenzo Panuccio di Reggio Calabria.
Per l'Arciprete Antonio Cilea si veda il già citato volume "Mario Mandalari", pag. 8.
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Sposatosi il 2 giugno del 1822 con Donna Rachela Parisi di Sant‟Eufemia d‟Aspromonte, quest'ultimo
Francesco Cilea ebbe sette figli: Giuseppe (1823), Marianna (1829), Emanuele Giuseppe (1830), Antonino
(1834), Carlo Gaetano (1835), Maria Teresa (1837) e Filomena (1840).
Emanuele Giuseppe, nato il 25 dicembre 1830, all‟età di 28 anni, già orfano di entrambi i genitori, sposò
Donna Felicita Grillo di Oppido Mamertina e da quel momento si trasferì a Palmi dove nacquero i suoi tre
figli: Filomena, Francesco e Michele. Al secondogenito, nato a Palmi il 23 luglio 1866, venne imposto il
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nome Francesco in memoria del nonno paterno .
Francesco Cilea (1866-1950) fu un celebre compositore di musica da camera, vocale, strumentale, sinfonica
ed operistica a proposito del quale non è difficile trovare una lunga bibliografia.
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Il celebre compositore Francesco Cilea (1866-1950) ed i suoi genitori Giuseppe Cilea (1830-1884) e Felicita Grillo
(il padre di Giuseppe Cilea, di nome Francesco, era cugino di Maria Saveria Caracciolo)
San Gaetano Catanoso di Chorio (1879-1963) ed i suoi genitori Antonino Catanoso (1847-1942) ed Antonina Tripodi
(la nonna di Antonino Catanoso, Annunziata Familiari, era cugina di Maria Saveria Caracciolo)
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Dal volume “Memoria e Ricerca – Melito di Porto Salvo tra Ottocento e Secondo dopoguerra” di Agazio Trombetta, 2008