previdenza complementare e pubblico impiego prof . ivan

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previdenza complementare e pubblico impiego prof . ivan
“PREVIDENZA COMPLEMENTARE E
PUBBLICO IMPIEGO”
PROF. IVAN CANELLI
Università Telematica Pegaso
Previdenza complementare e pubblico impiego
Indice
1
INTRODUZIONE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3
2
EXCURSUS NORMATIVO-------------------------------------------------------------------------------------------------- 4
3
IL TFR DEI DIPENDENTI PUBBLICI ----------------------------------------------------------------------------------- 6
4
IL TFS --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 11
5
IL DIFFERENTE TRATTAMENTO DEI DIPENDENTI PUBBLICI NON PRIVATIZZATI -------------- 13
6
LA GESTIONE VIRTUALE DEL TFR NEL PUBBLICO IMPIEGO E LE COMPONENTI DEL FONDO
PENSIONE ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 15
7
GENERALITÀ DEI FONDI PENSIONE PER GLI ADERENTI AL PUBBLICO IMPIEGO --------------- 17
8
I TRASFERIMENTI DI POSIZIONE E RISCATTO ----------------------------------------------------------------- 20
9
I FONDI PENSIONE PER I PUBBLICI DIPENDENTI AL VAGLIO DELLA PRASSI ---------------------- 23
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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Previdenza complementare e pubblico impiego
1 Introduzione
Si definisce la previdenza complementare come “una forma di accantonamento di risorse
finanziarie, volontaria, agevolata fiscalmente”, con lo scopo caratterizzante di integrare la tutela
previdenziale pubblica e assicurare mezzi adeguati alle esigenze di vita . Come noto la previdenza
complementare costituisce il secondo pilastro del nostro sistema previdenziale e si affianca alla
previdenza pubblica al fine di integrarla o di aggiungersi ad essa, non essendo in grado quest’ultima
di soddisfare da sola i bisogni dei lavoratori che vi sono iscritti. La previdenza complementare trova
il proprio fondamento nell’art. 38 Cost., che riconosce ai lavoratori il diritto che siano preveduti ed
assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e
vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Bisogna ora notare, però, che tale previdenza complementare non ha regole uguali per tutti.
Infatti la relativa normativa ha seguito due percorsi diversi a seconda di chi fossero i destinatari
della disciplina. Nello specifico, nel nostro ordinamento si può osservare un diverso trattamento tra
soggetti operanti nel pubblico impiego e soggetti operanti in tutti gli altri settori. La ratio di tale
differenziazione tra lavoratori pubblici e dipendenti privati, a fronte di un diritto costituzionalmente
garantito, è di ordine prettamente economico giuridico: trattasi dell’assenza per un lungo periodo
del Trattamento di Fine Rapporto per i pubblici dipendenti (e, ad onor del vero, per alcuni di essi
ancor oggi non si applica). TFR che , come noto, è la principale fonte di finanziamento della
previdenza complementare nel settore privato.
La peculiarità della disciplina che ci si appresta ad analizzare risulta evidente e trova conferma
nel fatto che la normativa fondamentale in tema di previdenza complementare, il D.lgs. n. 252 del
2005, non si applica a coloro che prestano servizio nel pubblico impiego .
Nel prosieguo della trattazione si analizzerà, dunque, proprio la peculiare disciplina della
previdenza complementare per il pubblico impiego.
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2 Excursus normativo
Già l’art. 2
lett. a) del D.lgs. n. 124 del 1993 prevedeva che forme pensionistiche
complementari potessero essere istituite per i pubblici dipendenti. Come poc’anzi accennato, il
vero freno al decollo della previdenza complementare nel pubblico impiego consisteva nel fatto che
ai dipendenti pubblici non era applicabile la disciplina del TFR così come prevista dall’art. 2120
c.c., bensì la disciplina del TFS ovvero Trattamento di Fine Servizio (per un approfondimento sul
TFS v. infra par. 4). Da ciò derivava di fatto l’assenza del principale contributo della previdenza
complementare.
Il TFS dei pubblici dipendenti consisteva in una indennità calcolata sull’ultima retribuzione
percepita integralmente ed era disciplinato dal D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.
La differenza tra TFR e TFS consiste innanzitutto nella loro natura, rispettivamente contributiva
e retributiva. Nello specifico il TFS consiste in un salario differito versato per il 7,10% dal datore di
lavoro e per il 2,50% dal dipendente sulla base imponibile dell'80% delle voci stipendiali utili.
Il complesso iter normativo che ha portato alla estensione del Trattamento di Fine Rapporto
anche ad i dipendenti pubblici è iniziato con la legge n. 335 del 1995, che per prima ha compiuto
tale estensione della disciplina del TFR ex art. 2120 c.c. (art. 59), ed è culminato con l’accordo
quadro 29/07/1999.
La ragione dell’estensione del TFR anche ai dipendenti pubblici va ricercata da un lato nelle
esigenze di armonizzazione tra settore pubblico e privato , dall’altro nel fatto che l’ammontare del
TFS non si poteva calcolare ex ante – in quanto calibrato sull’ultima retribuzione - e ciò non
rendeva possibile conoscere l’esatto ammontare da destinare alla previdenza complementare, con
conseguente impossibilità di effettuare prelievi di risorse da versare ai fondi pensione .
Il d.lgs. n. 252/2005, nonostante le modifiche intervenute con la legge finanziaria per il 2007, ha
mantenuto un percorso differenziato per i dipendenti pubblici. Infatti, il comma 6 dell’art. 23
prevede che: “Fino all’emanazione del decreto legislativo di attuazione dell’art. 1 co. 2 lettera p,
della legge 23 agosto 2004 n. 243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1
comma 2 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, si applica esclusivamente ed integralmente la previgente
normativa”.
Ciò comporta in sostanza che per i dipendenti pubblici, nonostante la parziale estensione della
disciplina sul TFR, il testo di riferimento per la previdenza complementare continua a essere il
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d.lgs. n. 124/1993 con la principale conseguenza che per lo smobilizzo del TFR non si applica ad
essi il meccanismo del silenzio-assenso .
Ad una più attenta osservazione della realtà si nota, però, che tale d.lgs. 124 del 1993 si applica
al dipendente pubblico solo se questi aderisce ad una forma di previdenza collettiva. Infatti in caso
contrario, ovvero se aderisce ad un FIP, si applicherà la disciplina del d.lgs. n. 252 del 2005 salvo
per le norme sul TFR come quella inerente il silenzio-assenso.
Per concludere il discorso circa la differente disciplina in materia di previdenza complementare
tra dipendenti pubblici e privati non ci si può esimere dal notare che, dato il rango costituzionale
degli interessi in gioco (art. 38 Cost.), la ancora incisiva difformità di trattamento tra lavoratori
pubblici e privati comporta un serio dubbio di costituzionalità alla stregua dell’art. 3 Cost..
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3 Il TFR dei dipendenti pubblici
Data la centralità del Trattamento di Fine Rapporto nell’economia dell’istituto è necessario
andare ora ad analizzare come esso si configura per i pubblici dipendenti.
In primis si osserva che esso è erogato principalmente dall’INPS (si noti che sino al 2011 tale
funzione veniva esercitata dall’INPDAP, e che con il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 cosiddetto salva Italia- convertito con la legge 24 dicembre 2011, n. 214 si è invece disposta la
soppressione dell'INPDAP con trasferimento all'INPS delle relative funzioni.) Vi può essere
nondimeno altro ente di gestione del TFR per quei soggetti non iscritti all’INPS. Come accade, ad
esempio, con il TFR dei dipendenti degli enti pubblici non economici , degli enti di ricerca e
sperimentazione e degli enti il cui personale non ha obbligo di iscrizione all’INPS. Per essi la
gestione del TFR resta a carico degli enti medesimi che devono gestire autonomamente tali
trattamenti.
L’INPS (o altro ente, come precisato) gestisce “virtualmente” il Trattamento, nel senso che il
TFR viene accantonato in un conto virtuale gestito dall’INPS e liquidato al lavoratore alla
cessazione del rapporto di lavoro (per un approfondimento sulla gestione “virtuale” v. infra par.6).
La gestione virtuale del Trattamento di Fine Rapporto per i pubblici dipendenti comporta
chiaramente l’impossibilità di ottenere anticipazioni, a differenza di quanto previsto invece per i
lavoratori privati. Dunque è evidente che la disciplina delle anticipazioni di cui all’art. 2120 c.c. non
è applicabile ai pubblici dipendenti.
Si comprende allora che l’art. 2120 c.c. non viene trasposto automaticamente al settore
pubblico. Se infatti da un lato, così come per i dipendenti privati, si applica ai dipendenti pubblici
l’accantonamento del 6,91 per cento della retribuzione annua base di riferimento , d’altra parte ad
essi non si applicano le disposizioni sul “Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto” data
la natura solvibile del datore di lavoro. L’aliquota come anticipato è la medesima, ovvero 6,91 per
cento, sia per dipendenti pubblici che privati ma per i primi non è dovuto il versamento dello 0,50 .
Per le frazioni annue, la quota di accantonamento risulta proporzionalmente ridotta, computandosi
come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni. Cosicché il dipendente che
cessa dal servizio dopo 15 giorni di lavoro ha diritto ad un TFR rapportato ad una mensilità. Si
evince allora che il diritto al TFR non sorge se non si è svolta attività lavorativa continuativamente
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nel mese per almeno 15 giorni, senza soluzione di continuità. Un regime analogo vige per i
lavoratori a tempo determinato ai sensi del d.p.c.m. 20 dicembre 1999.
Una ipotesi particolare riguarda il comparto scuola: qui infatti i contratti di lavoro inferiori a 15
giorni, anche se stipulati con istituti scolastici diversi, si sommano al fine del computo dei giorni
necessari per avere diritto al TFR. Ciò però a condizione che non vi sia soluzione di continuità tra i
vari contratti, dunque neanche un giorno feriale o festivo non coperto da contratto.
Ai dipendenti pubblici spetta una rivalutazione del 75 per cento dell’inflazione cui si somma
l’1,5 per cento in misura fissa , ed essa è calcolata dall’INPS. Sempre ai sensi del d.p.c.m. 20
dicembre 1999 nell’accantonamento annuale non vengono computate le quote destinate ai fondi
pensione.
Altro aspetto peculiare del TFR per i dipendenti pubblici è la retribuzione utile ai fini del
calcolo del TFR, determinata con l’accordo quadro 29 luglio 1999. In essa è compreso l’intero
stipendio tabellare, l’intera indennità integrativa speciale, la retribuzione individuale di anzianità, la
tredicesima mensilità, altri emolumenti come l’assegno ad personam o la retribuzione dei dirigenti
mentre nella retribuzione utile ai fini del TFR per i privati si deve far riferimento all’art. 2120 c.c. in
base al quale “(…)Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del
TFR, comprende tutte le somme, compreso l'equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in
dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto
a titolo di rimborso spese (…)”.
Per i dipendenti pubblici anche il diritto al pagamento del TFR ha una disciplina parzialmente
autonoma. Infatti il dipendente ha diritto al pagamento del TFR alla risoluzione del contratto solo
se non ha sottoscritto un altro contratto, decorrente dal giorno successivo alla cessazione del primo,
con un ente obbligato ad iscrivere i propri dipendenti presso l’INPS. Ciò sia se tale secondo
contratto sia a tempo determinato che se tale contratto risulti a tempo indeterminato (per un
approfondimento v. infra par. 7).
Ci si chiede ora come si debba calcolare il TFR del dipendente pubblico. Per il calcolo del TFR
al momento della cessazione della prestazione lavorativa bisogna distinguere tra “optanti” assunti
ante e post 31 dicembre 2000.
Per gli “optanti” in servizio al 31 dicembre 2000, bisogna sommare l’importo di TFR derivante
dalla trasformazione del TFS spettante sino all’adesione, al TFR in misura intera relativo al periodo
intercorrente tra la data di adesione e quella di decorrenza della contribuzione ed, infine, le quote
residue di TFR che non vanno a previdenza complementare e maturate dall’adesione alla
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cessazione. Al Fondo vengono conferiti gli accantonamenti di TFR nella misura prevista dalla
contrattazione e che al momento non può superare il 2% della base utile TFR.
Per gli “optanti” dal 1 gennaio 2001 invece quale prestazione finale viene conferito il TFR
maturato dalla data di assunzione all’adesione, mentre al Fondo vengono conferiti gli
accantonamenti di TFR, in misura intera, maturati dall’adesione alla cessazione del rapporto di
lavoro.
Più specificamente, per calcolare il TFR del dipendente pubblico che ha già maturato il diritto al
TFS e vuole effettuare il passaggio al TFR (“optante” assunto ante 31 dicembre 2000) in primis si
deve effettuare il calcolo del TFS maturato fino al momento dell’adesione e lo si deve trasformare
in TFR. Tale TFR, in seguito, deve essere rivalutato annualmente dall’Inps del 75% del tasso di
inflazione e dell’1,5% fisso. Invece la quota dell’accantonamento di TFR che matura dopo
l’adesione viene destinata al fondo nella misura prevista dalla contrattazione (di norma pari al 2%)
ed è versata - virtualmente - al fondo pensione. La quota di TFR restante, che non è indirizzata alla
previdenza complementare (di norma pari al 4,91%), viene anch’essa rivalutata, ed è corrisposta al
lavoratore alla cessazione del rapporto di lavoro, unitamente all’importo di TFR derivante dalla
trasformazione del TFS spettante sino all’adesione. Per incentivare l’adesione alla previdenza
complementare è previsto che l’Inps accrediti ai dipendenti iscritti alle proprie gestioni del TFS un
contributo pari all’1,5% della base contributiva utile del TFS.
Si giunge ora ad analizzare le regole per il pagamento del TFS e del TFR.
In particolare dal 2010 e con riferimento alle cessazioni dal servizio intervenute dal 31 maggio
2010, l’art. 12 del d.l. 78/2012 ha introdotto nuove modalità di pagamento. Ciò sia per le prestazioni
di fine servizio comunque denominate sia per il TFR. In particolare se la prestazione dovuta ha un
importo lordo massimo di 90.000 €, essa viene corrisposta in un’unica soluzione e nel rispetto della
scadenza già prevista per la generalità dei casi. Nel caso in cui la prestazione superi l’importo lordo
di 90.000 € ma sia inferiore a 150.000€, il pagamento del primo acconto avverrà nei modi sopra
stabiliti, mentre la seconda rata verrà erogata dopo 12 mesi dalla decorrenza del diritto al primo
pagamento. Nel caso in cui la prestazione superi l’importo lordo di 150.000 €, i pagamenti dei
primi due acconti nei avverranno nei modi sopra stabiliti, mentre la terza ed ultima rata verrà
erogata dopo 24 mesi dalla decorrenza del diritto al primo pagamento
Solo per coloro che matureranno il diritto alla pensione dopo il 2013, il ddl di stabilità 2014 ha
introdotto una diversa modulazione delle rate. Infatti se la prestazione dovuta ha un importo lordo
massimo di 50.000 € viene erogata in un’unica soluzione e seguendo la scadenza già prevista per la
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generalità dei casi mentre ove la prestazione superi l’importo lordo di 50.000 € ma sia inferiore a
100.000 €, il pagamento del primo acconto avverrà nei modi sopra stabiliti, mentre la seconda rata
verrà erogata dopo 12 mesi dalla decorrenza del diritto al primo pagamento. Infine laddove la
prestazione superi l’importo lordo di 100.000 €, i pagamenti dei primi due acconti avverranno nei
modi sopra stabiliti, mentre la terza ed ultima rata verrà erogata dopo 24 mesi dalla decorrenza del
diritto al primo pagamento.
Per ciò che concerne le scadenze per il pagamento delle prestazioni di fine lavoro, l’art. 1,
commi 22 e 23, del DL 138/2011, conv. dalla L. n.148/2011 ha introdotto nuove scadenze per il
pagamento delle prestazioni di fine lavoro per coloro che hanno diritto alla pensione maturato dopo
il 12 agosto 2011 . Per coloro che hanno invece diritto alla pensione maturato entro il 12 agosto
2011 (31 dicembre 2011 per il personale scolastico AFAM) rimangono i termini di 105 giorni per
maturazione limiti di età o servizio previsti dagli ordinamenti di appartenenza , compreso il
raggiungimento del termine finale dei contratti a tempo determinato e 6 mesi per la maturazione del
diritto alla pensione anticipata.
I nuovi termini per le cessazioni successive al 13 agosto 2011 sono:
a)Termine breve, entro 105 giorni (15+90), in caso di inabilità e decesso;
b)Termine di 6 mesi in caso di raggiungimento limiti di età e di servizio, cessazione servizio per
termine contratto tempo determinato, cessazione servizio per anzianità massima contributiva
maturata entro il 31/12/2011;
c)Termine di 24 mesi per tutti gli altri casi di cessazione e, dunque, per dimissioni volontarie,
recesso da parte del datore di lavoro (licenziamento, destituzione dall’impiego);
d)Vi sono poi deroghe per vecchi termini: questi infatti valgono se entro il 12 agosto (31
dicembre per il personale scolastico e Afam) 2011 si è maturato il diritto a pensione. Pertanto
saranno di 105 giorni per maturazione dei limiti di età o servizio previsti dagli ordinamenti di
appartenenza, compreso il raggiungimento del termine finale dei contratti a tempo determinato; 6
mesi per maturazione del diritto alla pensione;
Per chi cessa dal servizio dal 1° gennaio 2014 e matura dopo questa data il diritto a pensione
a)Termine breve: entro 105 giorni (15+90) in caso di inabilità e decesso;
b)Termine di 12 mesi in caso di raggiungimento limiti di età e di servizio, cessazione servizio
per termine contratto tempo determinato, cessazione servizio per anzianità massima contributiva
maturata entro il 31/12/2011
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c)Termine di 24 mesi in tutti gli altri casi di cessazione e, dunque, per dimissioni volontarie,
recesso da parte del datore di lavoro (licenziamento, destituzione dall’impiego )
d) Vi sono poi (anche qui) le deroghe per vecchi termini . Nello specifico per chi ha diritto alla
pensione maturato dopo il 12 agosto (31 dicembre per Scuola e Afam) 2011 ed entro il 31 dicembre
2014 il termine sarà di 105 giorni (15+90) in caso di inabilità e decesso; di 6 mesi per
raggiungimento limiti di età e di servizio, cessazione servizio per termine contratto tempo
determinato, cessazione servizio per anzianità massima contributiva maturata entro il 31/12/2011;di
24 mesi in tutti gli altri casi di cessazione e, dunque, per dimissioni volontarie, recesso da parte del
datore di lavoro (licenziamento, destituzione dall’impiego ).
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4 Il TFS
Come si è accennato in precedenza il TFS dei pubblici dipendenti consisteva (e per alcuni
soggetti, come si vedrà, ancor oggi consiste) in una indennità calcolata sull’ultima retribuzione
percepita integralmente ed era disciplinato dal D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032.
All’interno del TFS si ricomprendono l’indennità di buona uscita, l’indennità premio di servizio
ed il trattamento di quiescenza degli enti pubblici non economici e degli enti di ricerca.
-
Indennità di buona uscita (IBU): ex d.p.r. 1032 /1973 è erogata dall’INPDAP (ora INPS) ai
dipendenti statali. Si ha diritto all’IBU alla cessazione dal servizio e dopo almeno un anno di
iscrizione al fondo di previdenza per i dipendenti civili e militari dello Stato. Non è contemplata la
possibilità di anticipazione di tale indennità, a differenza di quanto accade per il TFR. Viene
finanziata con un contributo pari al 9.6 per cento della base contributiva di riferimento di cui il 7.10
per cento è a carico della amministrazione mentre il 2.50 per cento è a cario dell’iscritto. La base
contributiva si compone dell’80 per cento dell’ultimo stipendio paga o retribuzione annui compresa
la tredicesima mensilità. Tale indennità è soggetta a tassazione separata.
-
Indennità premio di servizio (IPS): ex l. 152/1968 è una somma di denaro corrisposta al
lavoratore iscritto all’Inps Gestione ex Inpdap al momento della cessazione dal servizio. Hanno
diritto all’IPS i dipendenti degli Enti locali, del Servizio sanitario nazionale e degli altri enti iscritti
al fondo di previdenza ex Inadel, assunti con contratto a tempo indeterminato entro il 31 dicembre
2000 che abbiano risolto, per qualsiasi causa, il loro rapporto di lavoro e quello previdenziale con
almeno un anno ininterrotto di iscrizione all’Istituto. Per ciò che concerne il personale assunto con
contratto a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000 trova applicazione, invece, la disciplina
del trattamento di fine rapporto (TFR). Il termine di prescrizione del diritto all’IPS (o alla sua
riliquidazione o al suo aggiornamento nel tempo) è di cinque anni dal momento in cui è sorto il
diritto, tanto per gli iscritti quanto per i loro superstiti. La prescrizione può essere interrotta da
qualsiasi atto rivolto all’INPS Gestione Dipendenti Pubblici dal quale possa rilevarsi l’intenzione di
avvalersi del diritto stesso.
Il finanziamento avviene con un contributo complessivo del 6.10 per cento della base
contributiva di riferimento, di cui il 3.6 per cento a carico dell’ente e il 2.5 per cento è a carico
dell’iscritto. L’ammontare della prestazione si calcola moltiplicando un quindicesimo dell’80%
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della retribuzione contributiva degli ultimi dodici mesi di servizio, comprensiva della tredicesima
mensilità, per il numero degli anni utili (legge 152 del 2 aprile 1968). Si considera come anno intero
la frazione di anno superiore a sei mesi, mentre quella inferiore a sei mesi viene trascurata. Per anni
utili si intendono i servizi resi con iscrizione al fondo di previdenza ex Inadel e quelli riscattati. Non
è possibile ottenere una anticipazione di tale indennità. Essa è sottoposta a tassazione separata.
-
Trattamento di quiescenza degli enti pubblici non economici e degli enti di ricerca: è il
trattamento attribuito di diritto al dipendente di ruolo collocato a riposo, comprendente la
liquidazione e la pensione.
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5 Il differente trattamento dei dipendenti pubblici
non privatizzati
Bisogna ora notare che la estensione (rectius adattamento) della disciplina inerente il TFR non
coinvolge tutti i pubblici dipendenti. Tra di essi infatti vi è una ulteriore differenziazione: quella tra
dipendenti pubblici privatizzati e non . Solo ai primi si estende la disciplina in esame, mentre per i
secondi l’adeguamento della struttura contributiva e retributiva è demandata alla contrattazione
collettiva nazionale, nell’ambito dei singoli comparti . In altri termini ai dipendenti pubblici non
privatizzati non si estende la disciplina del capo I titolo II libro V del Codice Civile ed in particolare
l’art. 2120 c.c.. Per essi invece si prevede la possibilità di creare forme di previdenza
complementare attraverso apposite norme dei rispettivi ordinamenti o , in mancanza, attraverso
accordi tra i dipendenti stessi promossi dalle rispettive associazioni (art.3 d.lgs. 252/2005 e
124/1993).
Un trattamento ancora differente è previsto per magistrati ordinari, amministrativi e contabili;
avvocati e procuratori di Stato; personale militare e delle forze armate di polizia; personale della
carriera diplomatica e prefettizia; professori e ricercatori universitari nonché personale degli enti le
cui attività sono contemplate all’art.1 d.lgs. del Capo Provvisorio dello Stato 17/07/1947, n. 691,
dalla l. n. 281 del 1985 e dalla l. n. 287 del 1990 . Per essi rimane al momento vigente il regime di
TFS, indipendentemente dalla data di assunzione. Solo con successive specifiche regolamentazioni
avrà luogo l’applicazione della disciplina TFR e l’adeguamento della struttura contributiva e
retributiva, così come è accaduto per il personale contrattualizzato. Ciò è avvenuto ad esempio per
le Forze armate e di polizia per le quali, in base al combinato disposto degli art. 26 comma 20, l. n.
48 del 1998 e art. 3 d.lgs. 252/2005, si sono aperte le procedure di concertazione al fine di estendere
la disciplina del TFR e la previsione dei fondi pensione complementare in data 16 settembre 1999
culminate con il DPR 16 marzo 1999, n. 254 rubricato “ Recepimento dell’accordo sindacale per le
Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia
ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico
1998-1999”.
Per ciò che concerne i soggetti privatizzati, invece, sono già stati costituiti dei
fondi di
previdenza complementare (sui cui esiti nella prassi v. par. 8), ad esempio:
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- Il Fondo pensione Espero. Esso è rivolto ai lavoratori del comparto Scuola (personale docente
ed amministrativo - ATA), con contratto a tempo sia indeterminato che determinato (purché
quest’ultimo di durata non inferiore a tre mesi), e alla dirigenza scolastica. Al Fondo Espero
possono aderire anche i lavoratori della scuole private e della formazione professionale, laddove
specifici accordi contrattuali contengano una previsione al riguardo.
- Il Fondo pensione Laborfond. Esso è rivolto ai lavoratori privati e pubblici residenti nella
Regione Trentino Alto Adige ed è in al lavoro dal 1999. Vi hanno aderito più di 38.000 lavoratori
delle amministrazioni pubbliche locali. I contratti collettivi di comparto a livello locale hanno
stabilito le modalità di adesione e la misura dei contributi.
- Il Fondo pensione Fopadiva. Esso è rivolto ai lavoratori privati e pubblici residenti nella
Regione Valle d’Aosta, ed è dunque, come il Laborfond un fondo a carattere
territoriale.
- Il Fondo Cessazione Servizio. Anche questo è un fondo pensione territoriale che associa i
dipendenti della Regione Valle d’Aosta
- Il Fondo Nazionale di Pensione Complementare nell’ambito delle Regioni e Autonomie Locali
e Sevizio Sanitario Nazionale. Esso è rivolto al comparto regioni ed autonomie locali ed ai loro
dirigenti ed al comparto della sanità. E’ nato con la sottoscrizione dell’accordo il 14 maggio 2007
concluso con l’approvazione del Governo e della Corte dei Conti.
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vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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6 La gestione virtuale del TFR nel pubblico
impiego e le componenti del Fondo Pensione
Come già accennato nel pubblico impiego la gestione del TFR è solo “virtuale”. Infatti l’INPS
impiega i contributi versati dalle amministrazioni al fine di fronteggiare le uscite correnti del TFS,
con un sistema di riscossione ed erogazione definito “a ripartizione”.
Ne consegue che gli accantonamenti dei dipendenti pubblici vanno ad alimentare degli
“accrediti figurativi”, ossia accrediti senza la creazione di un effettivo fondo monetario costituito da
risorse materiali. Tale accrediti figurativi verranno liquidati solo alla cessazione dell’attività
lavorativa . La ratio di tale peculiare meccanismo è da rinvenirsi nell’esigenza di coprire le uscite
correnti di TFS che altrimenti non avrebbero sufficienti risorse per essere finanziate.
Nel caso che maggiormente rileva ai fini della trattazione, ovvero quello dell’aderente del
pubblico impiego che decide di avvalersi della previdenza complementare, si osserva che
l’accredito figurativo dell’interessato al momento della cessazione dal servizio verrà trasferito al
fondo pensione. Tale fondo verserà al beneficiario una prestazione complessiva costituita dal
montante maturato a seguito degli accantonamenti e dalle somme ricevute dall’INPS (anche se nel
tempo non erano state conservate risorse reali a tal fine). Dunque la posizione individuale del
pubblico dipendente che si costituisce presso il Fondo è composta da due montanti :
- “il montante presso il fondo” comprendente gli accantonamenti fatti tempo per tempo e che
includono la contribuzione obbligatoria del dipendente, la contribuzione obbligatoria datoriale, la
contribuzione volontaria aggiuntiva del dipendente, l’eventuale ‘bonus’ spettante per dodici
mensilità a chi si iscrive nei prima due anni di vita del Fondo; in questo montante possono entrare a
far parte anche le quote di TFR provenienti dall’Inps quando si smette di lavorare ma non si ha
diritto al pensionamento;
- “il montante figurativo presso l’INPS” corrispondente agli accantonamenti di TFR (in misura
parziale o intera), all’eventuale accantonamento aggiuntivo calcolato sull’imponibile TFS spettante
per coloro (iscritti INPDAP/INPS ai fini TFS) che aderendo esercitano il diritto all’opzione della
trasformazione del TFS in TFR. Tali accantonamenti vengono conferiti al Fondo al momento della
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cessazione del servizio purchè vi sia almeno un giorno di interruzione rispetto al servizio
successivo.
Inoltre si noti che mentre il montante presso il fondo si rivaluta in base ai rendimenti maturati
dalle risorse investite , il montante figurativo presso l’INPS si rivaluta nella prima fase di vita del
fondo, in base alla media dei rendimenti di un paniere di 13 fondi pensione individuati da un
decreto del ministro dell’economia e delle finanze (del 2005); mentre una volta consolidata la
struttura finanziaria del fondo pensione, si rivaluta con lo stesso tasso di rendimento del fondo.
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7 Generalità dei fondi pensione per gli aderenti al
pubblico impiego
Nel paragrafo che precede si è iniziato a osservare il sistema fondi pensione per i pubblici
dipendenti, ed in particolare come il TFR confluisce in essi e quali siano le voci che li vanno ad
alimentare.
Uno sguardo più ampio su tali fondi pensione per i pubblici dipendenti permette di considerare
che essi sono caratterizzati, analogamente ai fondi del settore privato, dalla volontarietà della
adesione, formalizzazione dell’accordo istitutivo, definizione dello statuto del regolamento e della
scheda di adesione, elezione a criteri di partecipazione agli organi sociali e requisiti di accesso alle
prestazioni.
Come si è già visto nel settore pubblico, però, vi è un maggiore legame tra Fondi e TFR (la cui
peculiare gestione virtuale si è già analizzata) e vi è anche un certo margine di discrezionalità,
rispetto alla disciplina legale, attribuito alla contrattazione collettiva.
L’art. 3 comma 2 d.lgs. n.124 del 1993 e l’art. 3 comma 2 del d.lgs. n. 252 del 2005 rinvengono
la fonte istitutiva dei fondi pensione per gli aderenti al pubblico impiego nei contratti collettivi di
comparto di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 (per i dipendenti contrattualizzati) e nelle norme dei
rispettivi ordinamenti o in mancanza negli accordi tra dipendenti stessi proposti dalle rispettive
associazioni (per i dipendenti non contrattualizzati).
La contrattazione collettiva si manifesta in due differenti livelli, quello nazionale e quello
integrativo. Il primo disciplina la durata dei contratti collettivi nazionali integrativi, la struttura
contrattuale e i rapporti tra diversi livelli, mentre il secondo opera nei limiti fissati dal primo. Per la
stipula dei contratti collettivi di comparto (ovvero dell’insieme di settori omogenei o affini della
pubblica amministrazione) devono essere rispettati i meccanismi di cui al d.lgs. n. 165 del 2001 e vi
partecipano l’Aran, i comitati di settore e la Corte dei Conti. Il contratto collettivo è efficace dal
momento di sottoscrizione e non da quello di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il fondo pensione per poter agire dovrà essere autorizzato dal COVIP e avere la forma di
soggetto riconosciuto ai sensi dell’art. 4 comma 4 d.lgs. n. 124 del 1993, dunque associazione
riconosciuta o fondazione. Il fondo dovrà essere gestito mediante un sistema di capitalizzazione
individuale e in regime di contribuzione definita ai sensi dell’art. 9 dell’Accordo 29 luglio 1999. I
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finanziamenti di ogni iscritto sono investiti secondo precisi limiti e criteri di investimento per
costituire il c.d. montante individuale, composto dalle risorse investite e dai relativi rendimenti .
Come noto, il fondo può essere finanziato mediante contributi del lavoratore, del datore di
lavoro e attraverso il conferimento del TFR che, come visto, per i dipendenti pubblici può essere
destinato ai fondi solo a partire dal 31 dicembre 2000 . Inoltre all’INPS confluiscono i
finanziamenti ulteriori previsti dalla normativa e dagli interventi di settore che li ripartisce in base al
criterio proporzionale mediante raccolta e versamento dei contributi ai fondi per conto delle
amministrazioni statali (v. d.p.c.m. 20 dicembre 1999). L’art. 2 comma 502, l. 244/2007 ha però
previsto il trasferimento dall’INPDAP (ora INPS) al datore di lavoro del compito di versare il
contributo datoriale per il personale scolastico dipendente da amministrazioni statali a partire dal
2008.
Per ciò che concerne la ripartizione delle contribuzioni tra lavoratore e datore di lavoro, essa è
definita dai summenzionati contratti collettivi e accordi istitutivi. In tutti i casi la retribuzione utile a
tal fine è la medesima utile ai fini del TFR (v. supra par. 3) o una quota più ristretta se così
determinato in sede di contrattazione. Per ciò che riguarda il conferimento del TFR si rimanda al
paragrafo precedente. In definitiva si avrà una contribuzione costituita dagli apporti del lavoratore e
del datore di lavoro il cui ammontare viene definito in sede contrattuale e una contribuzione
costituita dalla quota di TFR e dalla quota dell’1,5 per cento della vigente aliquota contributiva
relativa al TFS. E mentre la prima di tali contribuzioni ha un sistema di rendimento basato
sull’impiego dei fondi sui mercati finanziari, la seconda tipologia di contribuzione (ovvero il TFR),
in quanto virtuale, non potrà essere investita e pertanto si è definito un rendimento virtuale in base
alla media dei rendimenti netti ottenuti da un paniere di fondi sul mercato definito in base al d.m.
23 dicembre 2005.
Si rilevi, infine, che l’introduzione dei fondi pensione per i dipendenti pubblici è stata
accompagnata da incentivi da parte dello Stato di cui all’art. 2 comma 3-sexies del d.p.c.m.. In
particolare per coloro che si iscrivono nel primo anno di operatività del fondo è prevista una
contribuzione aggiuntiva da parte del datore di lavoro erogabile per dodici mesi e il cui importo non
può superare la misura del contributo ordinario del datore stesso. Per i dipendenti che invece
aderiscono al fondo durante il secondo anno di operatività le fonti istitutive possono prevedere una
contribuzione aggiuntiva che non può superare in ogni caso il 50 per cento del contributo ordinario
a carico del datore di lavoro e sempre per un termine non superiore ai dodici mesi. L’utilizzo di
queste risorse per incentivare le adesioni in fase di avvio deve avvenire nel rispetto della dotazione
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finanziaria complessiva stabilita dalla legge finanziaria nonché dei limiti di riparto definiti secondo
le modalità di cui al d.p.c.m..
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8 I trasferimenti di posizione e riscatto
La circolare INPDAP numero 14 del 2011 riguarda i conferimenti e i trasferimenti di posizione
virtuale in caso di continuità di iscrizione ai fini TFS/TFR.
Essa disciplina nello specifico i casi in cui il pubblico dipendente voglia chiudere la posizione
di previdenza complementare presso il fondo pensione senza interruzione del rapporto previdenziale
ai fini TFS e TFR.
a) Nel caso in cui la chiusura sia volta al trasferimento ad altro fondo negoziale di dipendenti
pubblici si noti, in primis, che il montante virtuale del Fondo di origine deve essere convertito al
valore della quota del Fondo di destinazione.
Si prevede inoltre che gli accantonamenti e le rivalutazioni continuano presso il Fondo di
destinazione secondo le sue regole. Infine si sottolinea che si deve effettuare il conferimento al
Fondo di destinazione quando vi è cessazione del rapporto di lavoro con soluzione di continuità con
successivi periodi di iscrizione ai fini TFS e TFR.
b) Nel caso in cui la chiusura sia volta al trasferimento ad una forma pensionistica individuale
(Fondo aperto o Pip) cessano innanzitutto gli accantonamenti delle quote figurative di TFR (e di
TFS, per gli optanti) sulla posizione virtuale maturata in relazione all’adesione al Fondo negoziale
di origine. In secondo luogo il montante figurativo maturato presso il Fondo di origine, se espresso
con valori quota del fondo stesso, deve essere convertito al valore quota del paniere dei fondi
pensione e continuerà ad essere solo rivalutato in base ai rendimenti del paniere.
Infine si noti che si deve effettuare il conferimento alla forma pensionistica individuale alla
cessazione del rapporto di lavoro con soluzione di continuità con successivi periodi di iscrizione ai
fini TFS e TFR. In costanza di rapporto di lavoro dopo un periodo minimo di partecipazione al
fondo di provenienza di cinque anni di vita del fondo e, successivamente, dopo tre anni. Il
trasferimento riguarda in definitiva il montante accumulato presso il fondo cui potrà poi aggiungersi
quello contabilizzato e rivalutato dall’INPS solo alla cessazione del rapporto di lavoro non seguito
immediatamente da un successivo rapporto di lavoro.
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c) Nel caso in cui la chiusura sia volta al riscatto della posizione a causa della perdita dei
requisiti di partecipazione, cessano gli accantonamenti delle quote figurative di TFR (e di TFS, per
gli optanti) sulla posizione virtuale maturata in relazione all’adesione al Fondo negoziale di orgine.
Il montante figurativo maturato presso il Fondo di origine, se espresso con i valori quota del fondo
stesso deve essere convertito al valore quota del paniere dei fondi pensione. Successivamente il
montante figurativo continuerà ad essere solo rivalutato in base ai rendimenti del paniere. Deve poi
essere effettuato il conferimento al Fondo di origine alla cessazione del rapporto di lavoro con
soluzione di continuità con successivi periodi di iscrizione ai fini TFS e TFR. Il Fondo provvede
alla riliquidazione del riscatto dopo il conferimento.
Nel caso in cui l’aderente alla forma pensionistica contrattuale deceda, il riscatto può essere
richiesto dal coniuge, dai figli o , se a carico, dai genitori. Nel caso di decesso e mancato riscatto da
parte dei soggetti suddetti, la posizione resta acquisita al fondo pensione, ex art. 10 commi 3-ter e
quater d.p.c.m. 20/12/1999.
d) Nel caso di accesso alla pensione complementare di vecchiaia in costanza di rapporto di
lavoro cessano gli accantonamenti delle quote figurative di TFR (e di TFS, per gli optanti) sulla
posizione virtuale maturata in relazione all’adesione al Fondo negoziale
ed il montante figurativo continua ad essere rivalutato in base ai rendimenti del fondo stesso.
Deve effettuarsi il conferimento al Fondo alla cessazione del rapporto di lavoro con soluzione di
continuità con successivi periodi di iscrizione ai fini TFS e TFR. Il Fondo provvede inoltre ad una
riliquidazione della prestazione dopo il conferimento.
Ciò detto, risulta chiaro che le anticipazioni, i riscatti ed i trasferimenti non possono concernere
la parte di posizione individuale gestita dall’INPS e derivante dagli accantonamenti figurativi.
Questa, infatti, conserva la propria natura fino all’atto della cessazione del rapporto di lavoro con
soluzione di continuità. Solo in tal momento il montante viene trasformato in reale e conferito
dall’INPS al fondo pensione di appartenenza del lavoratore. Pertanto le anticipazioni, i riscatti ed i
trasferimenti non possono che riferirsi unicamente alla parte “reale” della posizione individuale,
ossia quella costituita dai contributi effettivamente versati e da questo gestiti .
Infine si noti che il termine entro cui la forma pensionistica ha l’obbligo di completare gli
adempimenti è di sei mesi dall’esercizio della facoltà di riscatto o trasferimento.
Il conferimento avviene di regola il quarto mese successivo alla cessazione del rapporto di
lavoro purchè vi siano tutti i dati e le informazioni che necessitano.
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Nel caso particolare in cui i dipendenti pubblici iscritti ai fondi siano dipendenti degli enti
pubblici non economici, degli enti di ricerca e sperimentazione e di altri enti per i quali non è
prevista l’iscrizione all’INPDAP/INPS ai fini del TFR, il trasferimento del montante è a carico degli
altri datori di lavoro. Per consentire all’istituto di procedere ai conferimenti in modo corretto, le
amministrazioni e gli enti iscritti, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro del
dipendente iscritto a un fondo pensione complementare, devono darne comunicazione attraverso la
denuncia mensile analitica (DMA) che è trasmessa mensilmente per via telematica all’INPS (così l.
326/2004 art. 44 comma 9).
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9 I fondi pensione per i pubblici dipendenti al
vaglio della prassi
Si è già accennato, nei paragrafi che precedono, alla nascita di alcuni fondi pensione per i
dipendenti pubblici. Si vuole ora fare il punto sul loro funzionamento al vaglio della prassi.
Il primo fondo di cui ci si occupa è ESPERO. Come già visto, trattasi del fondo nazionale per i
lavoratori del comparto “Scuola”.
ESPERO è operativo dal primo gennaio 2005 ed il 14 dicembre 2006 sono stati eletti i delegati
dell’assemblea mentre il 26 aprile 2007 si è insediato il primo C.d.A. eletto dall’assemblea. Già
alla fine del 2012 le adesioni avevano superato la quota 98.000.
ESPERO inizialmente si configura come un fondo monocomparto ma ad oggi esso è stato
ampliato in due comparti. Il primo comparto , noto come comparto “garanzia”, è destinato a
raccogliere anche i flussi di TFR conferiti tacitamente da parte dei dipendenti privati, e l’altro
comparto, noto come “crescita”, è caratterizzato da un profilo di rischio medio basso.
L’adesione è consentita ai dipendenti a tempo indeterminato (anche part-time) ed ai dipendenti a
tempo determinato (con rapporto di almeno 3 mesi, anche part-time) e per essi la contribuzione è
dovuta a decorrere dal terzo mese successivo all’adesione. E’ inoltre consentita l’adesione ai
dipendenti di Organizzazioni Sindacali firmatarie dell’accordo e, in un successivo momento ed a
determinate condizioni, anche per i dipendenti di scuole private – parificate –paritarie – legalmente
riconosciute – enti formazione professionale
Si è già visto che vi è un altro fondo configurato per i dipendenti pubblici: PERSEO.
PERSEO nasce il 21/12/2010 e riguarda un bacino di potenziali aderenti di circa 1.300.000
lavoratori, suddivisi in circa 700.000 per la Sanità ed in circa 540.000 per Regioni ed Autonomie
locali, ivi comprese le Camere di Commercio presenti sul territorio nazionale. Il 23 dicembre 2010
PERSEO è stato costituito con atto pubblico presso il notaio e già a fine 2011 è stata rilasciata
l’autorizzazione all’esercizio da parte di Covip. Nel mese di aprile 2012 poi PERSEO ha ottenuto
l’autorizzazione all’esercizio da parte della Covip e la piena operatività è attiva dal 15 settembre
2012
Gli accordi che consentono l’adesione a tale fondo anche al personale medico e dirigente del
servizio sanitario nazionale sono stati sottoscritti in data 5 marzo 2008. Per le categorie di Segretari
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comunali e Dirigenti sanitari infatto si era in un primo momento determinato che potessero
scegliere anche di non aderire sin da subito al Fondo.
L’adesione a questo fondo è consentita a dipendenti a tempo indeterminato (anche part-time) ed
ai dipendenti a tempo determinato (anche part-time) ed ogni altra tipologia di rapporto di lavoro
flessibile, di durata pari o superiore a tre mesi continuativi; possono essere destinatari delle
prestazioni del fondo anche i lavoratori dipendenti delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’
accordo istitutivo del Fondo.
Ad oggi la quota di iscrizione( trattasi di una-tantum di 2,75 €) è a carico sia del datore di lavoro
che dell’aderente mentre la quota associativa annua, è a valere sulla contribuzione, determinata
annualmente dal C.D.A.; La contribuzione è data dalla trattenuta mensile dalla busta paga pari
all’1% sull’imponibile TFR ed ulteriore 1% a carico datore lavoro;
Per ciò che concerne gli accantonamenti la cui fonte è il TFR bisogna osservare come essi siano
composti da una quota di TFR, ovvero dall’intero TFR a seconda che si tratti di dipendente
cosiddetto ‘optante’ già in servizio al 31/12/2000 o di dipendente a tempo indeterminato in TFR
assunto dopo il 31/12/2000 o a tempo determinato con contratto in corso al 30/5/2000 o successivo;
la quota aggiuntiva (dell’1,5% sulla retribuzione di
riferimento del TFS) vale per i soli dipendenti pubblici iscritti all’Inps ai fini della gestione
Tfs/Tfr. Inoltre il lavoratore può versare un’aliquota di contribuzione aggiuntiva a proprio carico
rispetto a quella definita dalle fonti istitutive, secondo gli scaglioni stabiliti dal Consiglio di
Amministrazione.
I principali destinatari del fondo sono il Personale dirigente e non dirigente del comparto
Regioni, il personale dirigente e non dirigente comparto Autonomie locali, il personale non
dirigente comparto Sanità, personale appartenente alle aree dirigenziali sanitarie III area
(amministrativa, sanitaria, tecnica e professionale) e IV area (medica e
veterinaria), i segretari comunali e provinciali, il personale dipendente di organizzazioni
regionali ed interregionali, nonché ANCI, CINSEDO, UNIONCAMERE, i dipendenti di case di
cura private, di strutture ospedaliere gestite da enti religiosi, di imprese private eroganti servizi
socio-sanitari assistenziali ed educativi, i lavoratori dipendenti delle Organizzazioni sindacali
firmatarie dell’accordo istitutivo.
Un ulteriore fondo pensione per i pubblici dipendenti è il fondo SIRIO.
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L’accordo istitutivo è stato sottoscritto il 1° ottobre 2007 e nasce con l’idea di accogliere
dipendenti pubblici ripartiti tra i Ministeri, la Presidenza del Consiglio, gli Enti Pubblici non
Economici, l’Enac ed il Cnel.
Ad oggi possono aderirvi, previa stipula di specifico accordo, anche il personale di Università e
Ricerca, Agenzia del Demanio, Agenzie Fiscali, Coni e Federazioni sportive. SIRIO ha ottenuto
l’autorizzazione all’esercizio da parte della Covip ad aprile 2012 ed è operativo da ottobre 2012.
Come si accennava è stata prevista l’adesione del personale dipendente, nonché del personale
dirigente, del comparto Università (sono esclusi i docenti ed i ricercatori universitari) , ciò
attraverso specifici accordi successivamente formalizzati con atto integrativo del 4/10/2012 di
accordo per l’adesione. A tali adesioni sono seguite quelle del personale dipendente del comparto
delle Istituzioni e degli Enti di Ricerca e sperimentazione (l’accordo è stato formalizzato con atto
integrativo in data 4/10/2012), del personale dipendente, nonché del personale dirigente, del
comparto Agenzie Fiscali (l’accordo è stato formalizzato con atto integrativo in data 4/10/2012).
Ad oggi il bacino dei potenziali aderenti al fondo SIRIO è di circa 390.000 unità. L’adesione a
questo fondo è consentita a dipendenti a tempo indeterminato (anche part-time) ed ai dipendenti a
tempo determinato (anche part-time) ed ogni altra tipologia di rapporto di lavoro flessibile, di durata
pari o superiore a tre mesi continuativi; possono essere destinatari delle prestazioni del fondo anche
i lavoratori dipendenti delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’ accordo istitutivo del Fondo.
Interessanti e peculiari sono poi le caratteristiche del fondo pensione per pubblici dipendenti
LABORFOND, caratterizzato come visto in precedenza, dalla territorialità.
Si tratta di un Fondo multicomparto che si rivolge ai lavoratori residenti nel Trentino Alto
Adige. A fine 2012 contava 113.000 adesioni di cui oltre 45.000 provenienti dalle amministrazioni
pubbliche locali. Ha iniziato ad operare nel 2000 e dal 2008 la sua gestione finanziaria è passata da
monocomparto a multicomparto, ed ad oggi comprende le linee d’investimento: “bilanciata”,
“garantita”, “prudente-etica” e “dinamica”. Anche qui l’adesione a questo fondo è consentita a
dipendenti a tempo indeterminato (anche part-time) ed ai dipendenti a tempo determinato (anche
part-time) ed ogni altra tipologia di rapporto di lavoro flessibile, di durata pari o superiore a tre mesi
continuativi; possono essere destinatari delle prestazioni del fondo anche i lavoratori dipendenti
delle organizzazioni sindacali firmatarie dell’ accordo istitutivo del Fondo. La contribuzione degli
aderenti è ad oggi dovuta a decorrere dal mese successivo all’acquisizione della domanda da parte
del Fondo. Però per alcuni aderenti è stato possibile il versamento di contribuzione arretrata.
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Un altro fondo territoriale multicomparto è FOPADIVA. Esso è rivolto ai lavoratori residenti
nella Valle d’Aosta. Contava già nel 2012 più di 6.000 aderenti dei quali oltre 4.600 sono
dipendenti di amministrazioni pubbliche locali. A partire dal 2003 FOPADIVA è stato autorizzato
all’esercizio dell’attività. La sua gestione finanziaria prevede tre linee d’investimento: “prudente”,
“garantita” e “dinamica”. Anche qui l’adesione a questo fondo è consentita a dipendenti a tempo
indeterminato (anche part-time) ed ai dipendenti a tempo determinato (anche part-time) ed ogni
altra tipologia di rapporto di lavoro flessibile, di durata pari o superiore a tre mesi continuativi;
possono essere destinatari delle prestazioni del fondo anche i lavoratori dipendenti delle
organizzazioni sindacali firmatarie dell’ accordo istitutivo del Fondo.
Infine si sottolinea come, per i dipendenti pubblici che decidono di aderire ad un fondo
pensione, l’esposizione al rischio derivante da un sistema di prestazioni variabili è mitigato dalla
presenza di un tasso di rendimento definito ex lege per la parte corrispondente al TFR e alla quota
dell’1,5 per cento. In altri termini il TFR che viene investito in previdenza complementare viene
gestito dall’INPS che lo rivaluta in base ad un tasso predeterminato, una media dei rendimenti, e
dunque in caso di singoli rendimenti negativi non si compromette il rendimento positivo globale del
TFR. Ciò mitiga dunque l’incertezza del rendimento degli investimenti che di regola è, invece,
ancorato all’abilità del fondo e all’andamento dei mercati finanziari. Altro elemento che rende
appetibili i fondi pensione per i pubblici dipendenti è dato dal fatto che non si perde quanto
accumulato fino al momento dell’adesione, e che vi è la presenza di una quota aggiuntiva di
contribuzione prevista a carico del datore di lavoro nonchè l’eventuale contributo aggiuntivo
previsto dal d.p.c.m. 2 marzo 2001, oltre ai già visti incentivi fiscali. Infine i controlli sulla corretta
gestione dei contributi sono molto stringenti ed affidati a COVIP, CONSOB, Banca d’Italia e
ISVAP. D’altra parte se si opta per mantenere il TFR, e dunque non investire in previdenza
complementare, il rischio viene pressoché eliminato dato che il TFR è legato al solo tasso di
inflazione.
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