Innovazione e composizione della forza lavoro nelle imprese delle

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Innovazione e composizione della forza lavoro nelle imprese delle
INNOVAZIONE E COMPOSIZIONE DELLA FORZA LAVORO NELLE IMPRESE
DELLE MACROAREE ITALIANE
Sergio De Nardis e Marco Ventura
Abstract
Recente evidenza empirica ha mostrato che le imprese italiane hanno
mutato il mix produttivo a favore di attività di downstream e
upstream rispetto a quella strettamente manifatturiera. Tale fenomeno
è spiegato dai recenti sviluppi teorici che asseriscono che il numero di
beni prodotti ed esportati è endogeno all’impresa. Verosimilmente,
l’alterazione del mix produttivo produce degli effetti nella
composizione della forza lavoro intra-impresa. Lo scopo di questo
lavoro è di verificare se l’attività di modificazione del mix produttivo,
colto dalla innovazione intra-impresa ha effettivamente indotto
cambiamenti qualitativi del fattore lavoro all’interno delle imprese.
1. INTRODUZIONE
Alcune recenti evidenze hanno posto in luce come una porzione importante
dell’aggiustamento indotto dalla più intensa competizione internazionale nel corso degli anni
duemila si sia concretizzata in spostamenti di risorse realizzatisi all’interno delle unità produttive;
una forma di adattamento che si è affiancata a quelle consistenti nella ri-allocazione di fattori
produttivi tra le imprese e tra i settori1. Le modifiche verificatesi “dentro le mura” delle aziende si
sono sostanziate in riorganizzazioni di gestione, in cambiamenti nelle linee di produzione nella
direzione del miglioramento della qualità dell’output e in sforzi di differenziazione orizzontale dei
prodotti attraverso investimenti in asset intangibili, collaterali all’attività manifatturiera vera e
propria (marchio, design, reti di vendita, marketing) Bugamelli et al (2008). Nella misura in cui
questo tipo di aggiustamento agli shock competitivi ha sostituito quello inter-imprese e intersettoriale, esso dovrebbe essersi accompagnato anche a modifiche nei fabbisogni dell’impresa delle
diverse tipologie di lavoratori, supplendo, in qualche misura, allo spostamento della forza lavoro
che si sarebbe realizzato se quelle stesse risorse avessero dovuto fluire dalle imprese e dalle
industrie in contrazione verso quelle in espansione. La spinta verso la differenziazione orizzontale e
verticale dei prodotti, gli sforzi di innovazione e le riorganizzazioni di gestione accompagnatisi a
1
Su questo tipo di aggiustamento intra-impresa cfr. ISAE (2008) e de Nardis e Pappalardo (2009).
1
tali processi dovrebbero essersi riflessi in mutamenti nella domanda di capitale umano da parte
delle aziende2.
In questo capitolo si indaga su questi fenomeni. Utilizzando le informazioni dell’indagine
sulle imprese manifatturiere effettuata da Unicredit, si intende studiare l’impatto di alcune attività
innovative realizzate nelle aziende (innovazione di prodotto, di processo, di gestione) sulla
composizione dell’occupazione (misurata dalla percentuale di colletti bianchi sul totale della forza
lavoro occupata nell’impresa). Ci si focalizza, in particolare, sulle eventuali differenziazioni spaziali
per verificare se e in quale misura si sia realizzato nel periodo di tempo considerato un
aggiustamento della forza lavoro nella direzione di un più intenso utilizzo di high-skill workers in
modo diffuso nel territorio nazionale o se, al contrario, emergano specificità nel comportamento
delle imprese italiane nelle principali ripartizioni e, in particolare, nel Sud del Paese.
2. LA BASE DI DATI UNICREDIT
L’esercizio econometrico dei paragrafi seguenti si avvale dell'indagine sulle imprese
manifatturiere italiane condotta da Unicredit. Caratteristica fondamentale dell'indagine è la
ricchezza delle informazioni qualitative e quantitative, raccolte attraverso un questionario
somministrato alle imprese e l'acquisizione per le stesse dei dati di bilancio. Mentre quest’ultimo
tipo di dati viene raccolto con cadenza annuale, il questionario viene somministrato solo con
cadenza triennale. Le principali informazioni triennali riguardano notizie di carattere generale
sull'impresa, quali: proprietà e controllo, appartenenza a gruppi, forze di lavoro, attività di
investimento, innovazione tecnologica, ricerca e sviluppo, internazionalizzazione, canali
commerciali ed infine concorrenza. L'indagine copre un’ampiezza campionaria di circa 5.000
imprese manifatturiere con più di dieci addetti. Le informazioni sono classificate per classi di
addetti, per settori di attività economica e per aree geografiche. Sebbene i questionari vengano
somministrati regolarmente ogni tre anni, l’unione delle diverse edizioni comporta la perdita di
numerosissime imprese. Ad esempio, l’unione del triennio 2004-2006 con il precedente, 2001-2003,
produce la perdita di circa l’80% delle imprese e l’unione della wave 2001-2003 con quella 19982000 comporta la perdita del 77% delle imprese inserite nel campione (Matteucci e Sterlacchini,
2009). Per questo motivo, qualora si volesse analizzare l’evoluzione temporale di un dato fenomeno
è preferibile ripetere le analisi separatamente sulle diverse edizioni, anziché procedere a
congiungerle in un unico panel. Un altro limite presente nella base di dati consiste nella numerosità
delle mancate risposte, che a volte raggiunge quote assai elevate.
2
Bugamelli et al. (2008) indagano su questi fenomeni utilizzando le informazioni della banca dati Invind; de Nardis e
Ventura (2009) e ISAE (2009) effettuano analisi simili impiegando dati ISAE e ISTAT.
2
Un completo e dettagliato resoconto dei risultati provenienti dalle analisi descrittive del
campione è contenuto nel volume di presentazione della base di dati pubblicato da Unicredit e
disponibile alla pagina http://www.unicreditcorporate.it/eventi/eventi/2009/doc/02/rapporto.pdf.
Nel presente lavoro ci limiteremo a presentare le statistiche descrittive delle sole variabili utilizzate
di seguito.
Tavola 1. Statistiche descrittive di alcune variabili del Database Unicredit
Variabile
Numerosità
Imprese operanti sei settori
Tradizionali3
Nordovest
5137
Nordest
5137
Centro
5137
Sud
5137
Addetti
1283
Fa parte di un
Consorzio
Investimenti in impianti
macchine e attrezzature
Esportatori
5097
quota dei
colletti blu
quota dei
colletti bianchi
5137
5137
5104
1272
1272
Media
(s.d.)
0,302
(0,459)
0,429
(0,495)
0,290
(0,454)
0,162
(0,369)
0,118
(0,323)
137,09
(489,21)
0,032
(0,177)
0,744
(0,436)
0,620
(0,485)
0,592
(0,258)
0,408
(0,258)
Fonte: Elaborazioni su dati Unicredit
Tra le molteplici informazioni contenute nel questionario Unicredit vi è una sezione
attinente all’attività innovativa dalle imprese nel triennio 2004-2006. In particolare, le innovazioni
vengono distinte in innovazioni di prodotto, di processo e relative gestioni di prodotto e di processo.
Per innovazione di prodotto si intende l’introduzione di almeno un prodotto nuovo o
significativamente migliorato. Per innovazione di processo si intende l’adozione di almeno un
processo di produzione nuovo o significativamente migliorato. Mentre, per innovazione di gestione
si intende una innovazione organizzativo-gestionale connessa a innovazioni di prodotto/processo.
3
Nei settori cosiddetti tradizionali sono stati inseriti i seguenti settori Ateco a 2 digit: alimentari (15), industrie tessili
(17), abbigliamento (18), cuoio pelli e calzature (19), legno e prodotti in legno (20), mobili e altre industrie
manifatturiere (36).
3
E’ possibile ottenere informazioni circa le imprese che hanno attuato i diversi tipi di innovazioni
combinando in vario modo i tre tipi di innovazione.
Tavola 2. Numero e quota delle imprese innovatrici per tipologia di innovazione
Freq
%
Almeno 1
3,224 62,76
Innovazione qualsiasi
Solo
706 13,74
prodotto
Solo
396
7,71
Processo
Prodotto
1,257 24,47
e processo
Almeno 1
2,519 49,04
Innovazione prodotto
Almeno 1 innovazione 2,191 42,65
Processo
Entrambe
30
0,58
gestioni
prodotto e sua
118
2,30
gestione
processo e sua
90
1,75
gestione
Fonte: Elaborazioni su dati Unicredit
La Tavola 2 mostra la numerosità e la quota delle imprese che hanno introdotto delle innovazioni
nel periodo in esame, per diverse definizioni di innovazione4. La quota è calcolata sulla numerosità
campionaria di 5137 imprese. Come è possibile notare, in sei casi su nove la distribuzione delle
imprese innovative rispetto a quelle non innovative è fortemente sbilanciata a favore di
quest’ultime. Nei rimanenti tre casi - e segnatamente almeno una innovazione qualsiasi, almeno una
innovazione di prodotto e almeno una innovazione di processo – si registrano quote non lontane dal
50% che oscillano tra il 62,76% e il 42,65%. Per questo motivo concentreremo l’attenzione su
queste tre definizioni di innovazione5. Per agevolare la lettura della tavola si tenga presente che
quando si adotta una definizione di innovazione diversa dalla prima indicata nella Tavola 2, cioè
diversa da “una innovazione qualsiasi”, la quota delle imprese che non hanno innovato non va letta
con riferimento a quella particolare definizione di innovazione. Per esempio, considerando
4
Nel testo si riportano solo nove combinazioni possibili di innovazioni. Per dovere di completezza, va detto che sono
possibili anche altre combinazioni quali: solo gestione prodotto, solo gestione processo, innovazione prodotto e gestione
processo, innovazione processo e gestione prodotto. Si tratta di combinazioni di scarso interesse, data anche l’esiguità
campionaria delle imprese che rientrano in ciascuna di queste categorie di innovazione.
5
Un forte sbilanciamento tra la proporzione di trattati e non trattati in un uno stimatore matching propensity score tende
a generare elevati valori dello standard error con conseguente sovra accettazione dell’ipotesi nulla di assenza di
significatività dell’effetto causale stimato.
4
“entrambe le gestioni” una quota dello 0,58% di innovatrici non significa che il 99,42% di imprese
non ha introdotto alcuna innovazione, poiché tra queste vi sono imprese che hanno innovato in
maniera differente e rientrano nella definizione di “almeno una innovazione”.
3. TECNICA UTILIZZATA PER LA STIMA DELL’EFFETTO DELLA INNOVAZIONE
SULLA COMPOSIZIONE DELLA FORZA LAVORO
Per l’individuazione dell’effetto indotto dalle innovazioni praticate dalle imprese sulla
composizione della forza lavoro, si è scelto di far ricorso allo stimatore Matching propensity score.
La scelta è stata motivata dalla natura dei dati a disposizione6.
Lo stimatore matching propensity score è uno stimatore volto a misurare l’effetto medio di
trattamento sui trattati, ATT, scegliendo come non trattati delle unità che vengono ritenute
particolarmente adatte al confronto sulla base di un criterio di “somiglianza statistica”.
Da un punto di vista empirico, lo stimatore in questione viene computato in due step. Prima
si effettua una stima logit in cui la variabile binaria di trattamento, nel nostro caso “innovazione”
che identifica le imprese che hanno effettuato innovazioni, viene regredita su una serie di covariate.
Da questa stima si ritrae la probabilità di innovare per ogni impresa. Si tratta del cosiddetto
propensity score o Pscore.
Successivamente, il Pscore viene utilizzato per costruire dei blocchi, o celle, entro cui
giacciono innovatori e non innovatori confrontabili. I blocchi sono costituiti da intervalli del pscore,
es: 0-0,10; 0,11-0,25; …-1. L’effetto del trattamento viene così calcolato in ogni blocco e da ultimo
aggregato con una media ponderata.
Sebbene regressioni logit siano facilmente stimabili, non tutte le equazioni stimate, o
stimabili, possono essere utilizzate nel primo step. Per effettuare i confronti tra unità trattate e non
trattate è necessario che all’interno di ciascun blocco l’assegnazione al trattamento sia casuale
rispetto alle variabili osservabili. In altre parole, all’interno di ogni singola cella casi e controlli non
devono differire statisticamente nel valore delle covariate che entrano nell’assegnazione al
trattamento. Questa proprietà è detta proprietà di bilanciamento ed è il principio cardine su cui si
6
Stimatori DID non sono applicabili in quanto le informazioni provenienti dai dati dei questionari Unicredit non hanno
una dimensione temporale, a meno che non si proceda all’unione delle diverse wave triennali del questionario pagando
il sostanzioso prezzo di una fortissima perdita di numerosità campionaria. Inoltre lo stimatore DID necessita di un
periodo pre trattamento per tutte le imprese, cosa che chiaramente non è rinvenibile. Lo stimatore a variabili strumentali
mostra forti limiti nella possibilità di individuare degli strumenti validi e nella parzialità dell’effetto causale
eventualmente stimato, Angrist (1990), Angist et al (1996), Angrist, Pischke (2008). Lo stimatore in due stadi di
Heckman non supera il problema di trovare validi strumenti e richiede ulteriori ipotesi di tipo distributivo, diversamente
dal Matching, Heckman (1978 e 1979).
5
basa la somiglianza statistica delle unità inserite nell’esperimento7. Ne segue che solo le stime logit
che rispettano questa proprietà possono essere utilizzate per il calcolo del Pscore. Per questo motivo
nel paragrafo seguente verranno riportate le stime logit in cui si dà conto di ciò che concorre alla
determinazione della probabilità di innovare, per diverse definizioni di innovazione, tenuto conto
della necessità econometrica di rispettare il principio di bilanciamento8.
4. STIMA DEI FATTORI CHE CONCORRONO NELLA DECISIONE DI INNOVARE
Si riporta di seguito la stima logit dei fattori che concorrono alla decisione di innovare per
tre diverse definizioni di innovazione
Tavola 3. Stime logit della probabilità di innovare
almeno 1
innovazione
almeno 1
almeno 1
innovazione
innovazione
di prodotto
di processo
Sett. Tradizionali nel
0,069
0,186
-0,022
Nordovest
(0,226)
(0,216)
(0,223)
Sett. Tradizionali nel Sud
-0,360
-0,133
-0,572*
(0,278)
(0,276)
(0,298)
Sett. Tradizionali nel
0,346
0,315
0,238
Centro
(0,240)
(0,230)
(0,233)
Fatturato 2004
0,000
-0,000
-0,000
(0,000)
(0,000)
(0,000)
(log) addetti
0,451***
0,341***
0,375***
(0,054)
(0,052)
(0,054)
Fa parte di un consorzio
0,896**
0,654**
0,979***
(0,376)
(0,332)
(0,342)
Investimenti in imp.
0,870***
0,565***
0,830***
macc. attrez.
(0,152)
(0,156)
(0,165)
esportatori
0,705***
0,573***
0,442***
(0,134)
(0,135)
0,138)
Constant
-2,632***
-2,538***
-2,829***
(0,216)
(0,216)
(0,227)
Observations
1267
1267
1267
Standard errors in parentesi, * significativo al 10%; ** significativo al 5%; ***
significativo al 1%
Nella seconda colonna della Tavola 3 viene riportata la stima Logit per le imprese che hanno
effettuato almeno una innovazione di qualsiasi genere: di prodotto, di processo, di gestione o un
opportuno mix di queste politiche. La stima presenta diversi spunti interessanti. Concorrono
positivamente e significativamente ad aumentare la probabilità di innovare le seguenti variabili: la
7
La proprietà di bilanciamento può essere sinteticamente espressa nel seguente modo: D ⊥ X | p ( X ) ove D
rappresenta la dummy che identifica i trattati, X una matrice di covariate e p(X) la probabilità di essere assegnati al
trattamento, cioè il Pscore.
8
Per esempio, la variabile indicante la quota degli occupati che ha partecipato a corsi di formazione, sebbene entri
positivamente e significativamente nelle stime della Tavola 4, impedisce il bilanciamento, per questo è stata omessa.
6
dimensione d’impresa, misurata con il (logaritmo del) numero degli addetti, l’appartenenza ad un
consorzio, la presenza di investimenti effettuati in impianti macchine e attrezzature, l’attività di
esportazione. Non risultano invece significative, oltre al fatturato del 2004, né la distinzione
settoriale, né le dummy di localizzazione, ossia non vi è una componente territoriale significativa
che presenta caratteristiche di maggior dinamismo nell’innovazione. Il fatto che un’impresa operi
nei settori tradizionali o sia localizzata in un’area, piuttosto che in un’altra, non è di per sé foriera di
maggior/minor capacità di innovazione. Questa evidenza rimane valida anche quando si analizza la
dimensione territoriale per settori di produzione, come evidenziato dalle prime tre righe della
Tavola 3. Detto in termini econometrici, la dimensione territoriale continua a non essere un fattore
distintivo nella innovazione quando le dummy di localizzazione vengono fatte interagire con la
variabile settoriale.
La diagnostica effettuata sulla stima ha mostrato che non si ravvisano effetti territoriali neanche
sulle altre variabili inserite nella regressione9.
La terza colonna della Tavola 3 ripete l’esercizio econometrico su una diversa definizione di
innovazione. In questo caso si considerano innovative le imprese che nel triennio 2004-06 hanno
introdotto almeno una innovazione di prodotto. I risultati non sono differenti da quelli appena
esposti.
Infine, la quarta colonna mostra una significativa interazione territoriale in merito alle
imprese che operano nei settori tradizionali localizzate nel Sud. Per questo gruppo di imprese si
ravvisa uno svantaggio relativo. Computando l’effetto marginale per la variabile “settori tradizionali
nel Sud”, le imprese che operano in questo comparto hanno una probabilità di introdurre
innovazioni di processo inferiore del 12,27% rispetto a quelle delle altre macroaree. Per dovere di
precisazione, il termine di paragone sono le imprese tradizionali del Nordovest, dummy omessa che
funge da paragone, ma essendo non significativi i coefficienti delle dummy del Nordovest e del
Centro, se ne deduce una sostanziale uguaglianza tra tutte le macroaree ad eccezione del Sud, che
risulta essere l’unica svantaggiata.
5. STIMA DELL’EFFETTO DELL’INNOVAZIONE SULLA COMPOSIZIONE DELLA
FORZA LAVORO
9
Non si può rifiutare l’ipotesi nulla di uguaglianza dei coefficienti stimati sulle macroaree, per la variabile fatturato
2004 Chi2=4,01, P-value=0,13; per investimenti in impianti macchine e attrezzature Chi2=1,89, P-value=0,389; per
appartenenza ad un consorzio Chi2=4,12, P-value=0,13; per la variabile esportatori Chi2=1,78, P-value=0,410.
7
Di seguito si riporta il secondo step dell’analisi econometrica in cui si computa l’effetto
causale dell’innovazione sulla quota dei colletti bianchi per le tre diverse definizione di
innovazione.
Tavola 4. Effetto dell’innovazione sulla quota dei colletti bianchi
Trattati
ATT
(non trattati)
Una innovazione qualsiasi
stratification
Kernel
(Bootstrap)
Radious
678
(589)
678
(589)
678
(589)
0,034**
(0,020)
0,036***
(0,014)
0,025*
(0,016)
Nearest Neighbor
(random draw
678
0,025
version)
(288)
(0,024)
innovazione di prodotto
Stratification
Kernel (Bootstrap)
Radious
506
(760)
510
(756)
510
(756)
510
(337)
0,055***
(0,015)
0,048***
(0,014)
0,039***
(0,015)
0,029*
(0,021)
483
(784)
494
(773)
492
(773)
494
(285)
0,044***
(0,016)
0,044***
(0,015)
0,033**
(0,016)
0,022
(0,022)
Nearest Neighbor
(random draw
version)
innovazione di processo
Stratification
Kernel (Bootstrap)
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
Numero di controlli in parentesi nella seconda colonna. SE in parentesi nella terza colonna.
“***”, “**” e “*” indicano significatività del coefficiente rispettivamente al 1%, al 5% e al 10%. Ove non possibile il
computo dello SE in forma analitica si è proceduto alla simulazione via Bootstrap con 200 replicazioni, come suggerito
da Moonye, Duval (1993)
Nella prima colonna della Tavola 4 viene indicato l’algoritmo con cui lo stimatore è stato
implementato, per ragioni di completezza si è proceduto all’implementazione di tutti gli algoritmi
possibili. Nella seconda colonna viene riportato il numero di trattati (vale a dire di imprese
innovatrici) e quello dei non trattati (questi ultimi in parentesi) e nella terza vi è la stima dell’effetto
medio del trattamento sui trattati, ATT, con il relativo standard error e ai consueti livelli di
significatività.
8
Sia la stima dell’ATT che le relative significatività mostrano quasi ovunque una sostanziale
stabilità rispetto all’algoritmo utilizzato. L’eccezione è composta dal Nearest Neighbor, in
corrispondenza di cui si osserva sempre una riduzione del livello di significatività. Tuttavia, va
precisato che proprio in corrispondenza di questo algoritmo si registra una consistente perdita di
numerosità dei controlli, per ogni tipologia di innovazione.
I risultati principali che emergono dalla tavola sono tre: i) l’introduzione di innovazioni
conduce ad una ricomposizione della forza lavoro a favore del lavoro maggiormente qualificato.
ii) Non tutti i tipi di innovazione producono gli stessi effetti. In particolare, considerando le
innovazioni di prodotto si registra un effetto maggiore rispetto a quello rinvenuto considerando solo
le innovazioni di processo o qualsiasi tipo di innovazione. Dall’evidenza empirica a nostra
disposizione emerge che, grazie all’innovazione di prodotto, le imprese sperimentano un
incremento della quota dei colletti bianchi pari al 3-5%. Prendendo l’effetto medio su tutti gli
algoritmi l’incremento dei colletti bianchi ammonta al 4,27%.
Considerando invece come innovative le imprese che hanno effettuato innovazione di
processo, o le imprese che hanno effettuato un qualsiasi tipo di innovazione, le stime mostrano
effetti più contenuti. Nel primo caso l’effetto medio sui quattro algoritmi ammonta al 3,02%,
mentre nel secondo al 2,37%.
iii) L’innovazione di gestione, sia essa riferita al prodotto o al processo, comporta una
ricomposizione qualitativa della forza lavoro nulla o molto contenuta. Questa osservazione è
deducibile dai punti precedenti. Dal punto ii) si è visto che passando da innovazioni di prodotto a
quelle di processo si registra un calo della media degli effetti stimati dal 4,27% al 3,02%. L’effetto
medio di una innovazione qualsiasi non giace a metà tra queste due cifre, ma si attesta al 2,37%.
Quest’ultimo effetto è computato con tutta l’informazione disponibile per le imprese che hanno
innovato i prodotti più quella per le imprese non comprese nel primo gruppo che hanno innovato i
processi più quelle non comprese nei due gruppi precedenti che hanno effettuato solo innovazione
di gestione. Poiché aumentando il set informativo si trova un effetto minore di quelli stimati per
prodotto e processo è lecito dedurre che è l’informazione aggiuntiva necessaria a produrre il calo
dell’effetto stimato, ossia l’innovazione di gestione, comporta una ricomposizione qualitativa della
forza lavoro nulla, se non addirittura genera un effetto negativo.
In via di principio, questa
deduzione potrebbe essere corroborata da un metodo diretto, per mezzo di un’analisi empirica in cui
si ripete l’esercizio econometrico usando come innovatrici le imprese che hanno effettuato
innovazioni di gestione. Se la deduzione è corretta troveremo effetti non significativi sulla quota dei
9
colletti bianchi. Tuttavia, l’evidenza di questo test potrebbe essere considerata valida laddove lo
sbilanciamento tra casi e controlli non sia elevato, come invece risulta dalla Tavola 110.
6. DIMENSIONE TERRITORIALE DELL’EFFETTO DELL’INNOVAZIONE SULLA
COMPOSIZIONE DELLA FORZA LAVORO
L’esercizio di stima dell’effetto dell’innovazione sulla composizione della forza lavoro è
stato ripetuto a livello territoriale. Lo stimatore matching è stato applicato nuovamente, dividendo il
campione nelle quattro macroaree per le tre definizioni di innovazione
Si riporta di seguito la distribuzione degli innovatori nelle quattro macroaree per le innovazioni di
prodotto.
Tavola 5. Numero e quota delle imprese innovatrici per macroarea
(innovazione di prodotto)
Freq
%
Nordovest 1076 48,84
Nordest
741 49,66
Centro
426 51,08
Sud
276 45,39
Fonte: Elaborazioni su dati Unicredit
Dalla Tavola 5 emergono due informazioni rilevanti. A livello di macroarea viene sostanzialmente
mantenuta invariata la quota degli innovatori trovata a livello di intero Paese. Infatti, tra le
macroaree si passa da un minimo di 45,39% del Sud ad un massimo del 51,08% del Centro, contro
un dato nazionale del 49,04%. Ciò attesta il buon bilanciamento del campione. La seconda
informazione interessante proviene dalla frequenza degli innovatori, che vedono il Nordovest in
testa e a seguire Nordest, Centro e fortemente distaccato il Sud.
Tavola 6. Effetto dell’innovazione sulla quota dei colletti bianchi nelle macroaree
(innovazione di prodotto)
Trattati
(non trattati)
Nordovest
Stratification
Kernel
(Bootstrap)
Radious
189
(288)
189
(288)
189
ATT
0,079***
(0,024)
0,075***
(0,024)
0,056**
10
E’ stato condotto l’analogo esercizio econometrico sulla wave di indagine relativa al triennio precedente, 2001-03.
Esso mostra che la reattività delle imprese nel ricomporre la forza lavoro a seguito di una innovazione è aumentata nel
tempo. Infatti, l’effetto causale medio stimato sul 2001-03 ammonta a 4,7%, 3,02% e 2,3% rispettivamente per
innovazione di prodotto, processo e per una innovazione qualsiasi Tale evidenza sul triennio 2001-03 viene omessa per
ragioni di spazio; è disponibile su richiesta del lettore interessato.
10
(288)
Nearest Neighbor
(random draw
version)
Stratification
Kernel (Bootstrap)
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
(0,026)
189
(109)
Nordest
0,086***
(0,033)
160
(242)
160
(242)
159
(242)
160
(98)
0,044***
(0,026)
0,046***
(0,023)
0,045***
(0,026)
0,046*
(0,035)
Centro
Stratification
(Bootstrap)
Kernel
(Bootstrap)
Radious
(Bootstrap)
Nearest Neighbor
(random draw
version, bootstrap)
98
(116)
101
(113)
98
(113)
101
(56)
0,034
(0,034)
0,034
(0,033)
0,030
(0,038)
0,050*
(0,037)
Sud
Stratification
59
-0,041
(Bootstrap)
(101)
(0,061)
Kernel
60
-0,022
(Bootstrap)
(100)
(0,056)
Radious
59
-0,001
(Bootstrap)
(100)
(0,044)
Nearest Neighbor
60
0,015
(random draw
(41)
(0,070)
version, bootstrap)
Numero di controlli in parentesi nella seconda colonna. SE in parentesi nella terza colonna.
“***”, “**” e “*” indicano significatività del coefficiente rispettivamente al 1%, al 5% e al 10%. Ove non possibile il
computo dello SE in forma analitica si è proceduto alla simulazione via Bootstrap con 200 replicazioni, come suggerito
da Moonye, Duval (1993)
Le stime evidenziano un effetto positivo e significativo per il Nordovest e per il Nordest. L’effetto è
più marcato nel Nordovest, oscillando da un minimo di 5,6% ad un massimo di 8,6%, a seconda
dell’algoritmo di stima utilizzato, ma comunque sempre al di sopra della stima nazionale (cfr
Tavola 4). Più vicino al dato nazionale, invece sembra l’effetto stimato per il Nordest. Infine, per il
Centro e il Sud non si ravvisa un’evidenza significativa dell’effetto dell’innovazione di prodotto
sulla quota dei colletti bianchi. Solo in un caso, nearest neghbour per il Centro, vi è una
significatività al 10%, evidenza troppo ristretta e dipendente dall’algoritmo per concludere
favorevolmente circa la presenza di un effetto significativo.
In questi due sottocampioni non vi è uno sbilanciamento dissimile da quello delle altre due aree,
tuttavia per tener conto dell’esiguità campionaria gli standard error sono stati computati con il
11
metodo bootstrap, onde evitare che il risultato ottenuto fosse attribuibile ad un problema di
numerosità campionaria, quanto piuttosto ad una effettiva non significatività delle stime11.
Ripetendo l’analisi territoriale sulle altre definizioni di innovazione troviamo indicazioni
analoghe a quelle appena viste per Nordovest e Sud, mentre si rinviene una sostanziale differenza
per Nordest e Centro. Segnatamente, nel Centro l’innovazione di processo (Tavole 7 e 8) causa uno
spostamento del lavoro verso un maggior contenuto di capitale umano, altrettanto non si verifica per
il Nordest. Questo effetto permane, dominando quello indotto dalla innovazione di prodotto quando
si prende in considerazione l’innovazione di qualsiasi tipo (tavole 9 e 10).
Tavola 7. Numero e quota delle imprese innovatrici per macroarea
(innovazione di processo)
Freq
%
Nordovest 937 42.53
Nordest
620 41.55
Centro
391 46.88
Sud
243 39.97
Fonte: Elaborazioni su dati Unicredit
Tavola 8. Effetto dell’innovazione sulla quota dei colletti bianchi nelle macroaree
(innovazione di processo)
Trattati
(non trattati)
Nordovest
stratification
Kernel
(Bootstrap)
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
Stratification
Kernel (Bootstrap)
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
ATT
184
(288)
184
(288)
180
(288)
0,073***
(0,025)
0,068***
(0,028)
0,040**
(0,026)
184
(109)
Nordest
0,073**
(0,037)
151
(251)
151
(251)
151
(251)
151
(90)
0,019
(0,029)
0,038
(0,025)
0,022
(0,027)
0,048*
(0,034)
11
Sotto il profilo temporale la dinamica dell’effetto causale mostra una realtà dicotomica. Rispetto al triennio 2001-03,
si registra un aumento dell’effetto causale medio per le due macroaree del Nord, mentre Centro e Sud mostrano una
flessione. Quindi, nel 2004-06 il Nordovest avrebbe superato il Nordest nella capacità di ricomporre la forza lavoro a
seguito dell’innovazione di prodotto. In particolare, per il Nordovest e il Nordest tra i due trienni si passa dal 2,41% al
6,1% e dal 4,1% al 4,5%; per il Centro si passa dal 3,6% all’1,25% e per il Sud da 2,8% ad un effetto statisticamente
nullo; le elaborazioni sul triennio 2001-03 sono disponibili su richiesta..
12
Centro
Stratification
(Bootstrap)
Kernel
(Bootstrap)
Radious
(Bootstrap)
Nearest Neighbor
(random draw
version, bootstrap)
89
(115)
89
(115)
89
(115)
89
(49)
0,067**
(0,034)
0,068**
(0,033)
0,066**
(0,033)
0,073*
(0,046)
Sud
Stratification
59
0,004
(Bootstrap)
(101)
(0,060)
Kernel
60
0,011
(Bootstrap)
(100)
(0,050)
Radious
60
0,020
(Bootstrap)
(100)
(0,043)
Nearest Neighbor
60
0,000
(random draw
(35)
(0,072)
version, bootstrap)
Numero di controlli in parentesi nella seconda colonna. SE in parentesi nella terza colonna.
“***”, “**” e “*” indicano significatività del coefficiente rispettivamente al 1%, al 5% e al 10%. Ove non possibile il
computo dello SE in forma analitica si è proceduto alla simulazione via Bootstrap con 200 replicazioni, come suggerito
da Moonye, Duval (1993)
Tavola 9. Numero e quota delle imprese innovatrici per macroarea
(una innovazione qualsiasi)
Freq
%
Nordovest 1379 62,60
Nordest
935 62,67
Centro
560 67,15
Sud
350 57,57
Fonte: Elaborazioni su dati Unicredit
Tavola 10. Effetto dell’innovazione sulla quota dei colletti bianchi nelle macroaree
(una innovazione qualsiasi)
Trattati
(non trattati)
Nordovest
stratification
Kernel
(Bootstrap)
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
Stratification
Kernel (Bootstrap)
ATT
249
(228)
249
(228)
249
(228)
0,074***
(0,023)
0,078***
(0,021)
0,048**
(0,027)
249
(104)
Nordest
0,088**
(0,043)
218
(184)
218
(184)
0,000
(0,042)
0,041
(0,030)
13
Radious
Nearest Neighbor
(random draw
version)
218
(184)
218
(89)
0,009
(0,027)
-0,034
(0,044)
Centro
Stratification
(Bootstrap)
Kernel
(Bootstrap)
Radious
(Bootstrap)
Nearest Neighbor
(random draw
version, bootstrap)
121
(83)
121
(83)
121
(83)
121
(50)
0,059*
(0,038)
0,060**
(0,028)
0,055**
(0,031)
0,093***
(0,038)
Sud
Stratification
69
-0,010
(Bootstrap)
(91)
(0,049)
Kernel
80
-0,048
(Bootstrap)
(80)
(0,066)
Radious
78
-0,005
(Bootstrap)
(80)
(0,046)
Nearest Neighbor
80
-0,073
(random draw
(39)
(0,091)
version, bootstrap)
Numero di controlli in parentesi nella seconda colonna. SE in parentesi nella terza colonna.
“***”, “**” e “*” indicano significatività del coefficiente rispettivamente al 1%, al 5% e al 10%. Ove non possibile il
computo dello SE in forma analitica si è proceduto alla simulazione via Bootstrap con 200 replicazioni, come suggerito
da Moonye, Duval (1993)
Riassumendo l’evidenza territoriale, se si prende in considerazione la definizione più ampia
possibile di innovazione e si analizza il suo effetto sulla quota dei colletti bianchi nelle diverse
articolazioni territoriali si trova un effetto significativo nel Nordovest e nel Centro. Restringendo la
definizione di innovazione al prodotto si può notare che nel Nordest vi sono effetti significativi, ma
non nel Centro. Se ne deduce che è l’innovazione di processo a produrre questa inversione delle
significatività tra Nordest e Centro12.
7. Conclusioni
In questo capitolo si è studiato l’effetto di alcune attività innovative (di gestione, di prodotto
e di processo) realizzate all’interno delle aziende manifatturiere italiane sulla composizione
dell’occupazione, utilizzando le informazioni dell’ultima indagine presso le imprese (2004-06)
12
Osservando la dinamica, per l’innovazione di processo Nordest e Sud non presentano alcuna variazione, mentre le
rimanenti aree registrano un netto incremento dell’effetto causale medio, il Nordovest passa da -1,4 a 6,4 e il Centro da
-2,2 % a 6,9%. Considerando un’innovazione qualsiasi Nordovest e Centro registrano un aumento passando entrambi da
un effetto nullo a circa il 6%. Nordest e Sud, mostrano una dinamica praticamente opposta rispetto alle altre due aree,
passando da un effetto attestato intorno al 2% nel 2001-03 (2,85% Nordest e 1,95 Sud) ad uno nullo nel triennio
successivo
14
condotta da Unicredit. L’analisi è stata indirizzata verso la verifica dell’esistenza di eventuali
specificità territoriali. Si è in particolare osservato che la probabilità di effettuare un’attività di
innovazione, comunque definita, è positivamente influenzata dalla dimensione di impresa,
dall’appartenenza a un consorzio, dall’avere investito in macchinari e attrezzature e dallo status di
esportatore. L’incidenza favorevole di queste variabili riguarderebbe tutte le imprese, ovunque
localizzate e qualunque sia il settore produttivo a cui appartengono, con un’unica parziale
eccezione: l’essere un’impresa di un settore tradizionale e localizzata al Sud sembra indebolire la
probabilità di realizzare le innovazioni di processo (con più precisione, di effettuare almeno
un’innovazione di processo).
A questa sostanziale omogeneità territoriale circa le decisioni di innovare non ha
corrisposto, però, un’analoga uniformità negli effetti delle attività innovative sulla composizione
della forza lavoro. In generale, si osserva con riferimento all’intero territorio nazionale che
l’introduzione di innovazioni conduce a un aumento della quota di colletti bianchi nell’occupazione
aziendale e che questo impatto è differenziato a seconda del tipo di innovazione adottato: quella di
prodotto sembra avere comportato una ricomposizione della forza lavoro più rilevante rispetto alla
modalità di processo di processo e, ancor più, rispetto a quella di gestione (che sembrerebbe anzi
non avere richiesto modifiche significative). L’analisi dell’articolazione territoriale di tali effetti
mostra, però, una sostanziale assenza di ripercussioni al Sud: mentre nelle altre ripartizioni sono
riscontrabili effetti più o meno significativi delle diverse attività innovative sul peso dei colletti
bianchi (con conseguenze maggiormente rilevanti e significative nel Nordovest), nel Mezzogiorno
le imprese che hanno fatto innovazione (in qualunque modalità) non sembrano essere state
interessate da cambiamenti di composizione della forza lavoro: le attività connesse all’introduzione
di nuovi prodotti, di mutamento nei processo e nei metodi di gestione non avrebbero, in questa parte
del Paese, comportato una ricomposizione nel tipo di occupazione interna verso più elevate
tipologie di capitale umano. Nella misura in cui l’aggiustamento della forza lavoro intra-impresa si
può considerare come in parte sostitutivo di quello che si realizza tra le imprese, appartenenti o
meno alla stessa industria, l’evidenza di un’assenza di effetto nelle imprese del Sud segnalerebbe
una maggiore esposizione del mercato del lavoro nel Mezzogiorno alle spinte alla mobilità (verso
altre attività produttive o, più probabilmente, verso l’inattività) indotte da shock competitivi
internazionali.
BIBLIOGRAFIA
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Security Administrative Records”, American Economic Review, 80, p. 313-336, June.
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Mooney C.Z., Duval R.D. (1993) Bootstrapping: A Nonparametric Approach to Statistical
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16