piccoli frutti coltivati con metodo biologico piccoli frutti

Transcript

piccoli frutti coltivati con metodo biologico piccoli frutti
BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI
Coinvolte sette aziende agricole di altrettante zone del Trentino
Il programma avviato
nel 2001 è ancora
in corso. Rientra nelle
iniziative finanziate
dalla PAT e finalizzate
a promuovere
e sostenere progetti
dimostrativi
che possano trovare
concrete applicazioni
nelle nostre realtà
produttive. Prime
indicazioni alla fine
del terzo anno.
Alberto Grassi1
Davide Profaizer2
Giuseppe Visintainer3
U.O. Difesa delle colture – IASMA
C.A.T. – IASMA
3
Ufficio qualità delle produzioni agroalimentari – PAT
1
2
La coltivazione dei piccoli frutti
è un’attività consolidatasi nel
tempo nelle zone collinari delle
nostre vallate, laddove queste
produzioni hanno trovato una
loro ottimale collocazione in virtù della vocazionalità climaticoambientale, della dimensione
aziendale di norma limitata, nonché per la professionalità acquisita dagli operatori.
Il metodo di gestione adottato
per queste colture che richiedono, più di altre, tecniche
colturali condotte con criteri e
tecnologie all’avanguardia, ha
lasciato finora poco spazio al
perseguimento di una conduzione agronomica meno intensiva, ma più in armonia con le
esigenze ambientali, obiettivo
che invece si prefigge di perseguire la coltivazione secondo il metodo dell’agricoltura
biologica.
Attualmente non sono molte le
aziende operanti nell’ambito
dei piccoli frutti inserite nell’Elenco degli Operatori biologici curato dalla Provincia, in
quanto tale comparto, proprio
per il livello specialistico raggiunto, non sempre è in linea
con i dettami del Reg. CEE
2092/91 che disciplina il metodo di produzione biologica.
Vale per tutti, a titolo esemplificativo, oltre ovviamente al
generale divieto ad impiegare
prodotti di sintesi per difesa e
concimazione, l’incompatibilità per il metodo biologico della coltivazione fuori suolo che
invece è predominante nel
convenzionale per fragola e, in
parte, per il lampone.
Inoltre anche dal punto di vista commerciale finora non è
stata ritenuta sufficientemente
interessante la domanda di piccoli frutti certificati “biologici”,
forse l’aspetto attualmente più
limitante al diffondersi di queste particolari produzioni.
I motivi possono essere diversi e verosimilmente riconducibili alle seguenti problematiche:
- l’attribuzione a queste produzioni da parte del consumatore di un valore intrinsecamente legato alla naturalità e all’ambiente incontaminato tale da
far percepire come superflua
la certificazione del metodo di
produzione biologico;
- il costo al consumatore già di
per sé elevato che non lascia
spazio ad ulteriori ritocchi
che le produzioni ottenute
con metodo biologico di norma richiedono;
- la difficoltà di gestione di due
linee di lavorazione per strutture commerciali già oberate
da pressanti problemi dovuti
alla stagionalità dei conferimenti, scarsa predisposizione
alla conservazione dei prodotti e molteplicità di lavorazioni e confezionamenti simultanei che le varie tipologie
produttive richiedono.
Si spiega così l’orientamento finora intrapreso dalle aziende
produttrici di piccoli frutti certificati biologici di imboccare, parallelamente al consumo fresco,
la strada della trasformazione
con produzioni di confetture ed
altri lavorati di qualità che consentono di ovviare in parte alle
problematiche sopra esposte.
Unitamente alle valutazioni di
natura economica e di strategia
commerciale occorre considerare la scarsa conoscenza e la
limitata esperienza sul modo di
affrontare secondo i dettami
dell’agricoltura biologica aspetti
agronomici e fitosanitari specifici di queste colture.
Per tali motivi si è ravvisata la
necessità di approfondire le
tematiche legate alla produzione dei piccoli frutti secondo il
metodo dell’agricoltura biologica coinvolgendo diverse
aziende, alcune già operanti
TERRA TRENTINA
PICCOLI FRUTTI COLTIVATI
CON METODO BIOLOGICO
13
BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI
nel settore, altre invece di nuova costituzione, inserendole in
un programma sostenuto a partire dal 2001 dall’Assessorato
all’Agricoltura in collaborazione con ’Istituto di S. Michele a/
A nell’ambito delle iniziative
finalizzate a promuovere e sostenere progetti dimostrativi
che possano trovare benefiche
ricadute e concrete applicazioni nelle nostre realtà produttive ( ex art. 40 L.P. 17/81 ).
Il progetto ha lo scopo di verificare sul campo la possibilità
di coltivare con soddisfazione
le più diffuse colture di piccoli
frutti secondo i dettami dell’agricoltura biologica.
In questo percorso conoscitivo
non rientra, per diversi motivi,
la coltura del mirtillo che comunque gode già di una discreta diffusione presso le
aziende certificate per la produzione con metodo biologico
in virtù di una apprezzabile,
intrinseca rusticità.
Le aziende aderenti al progetto sono sette, individuate su
indicazione dell’Associazione
Trentina per l’Agricoltura Biologica ( A.T.A.Bio) e per la loro
posizione geografica rappresentano una buona parte del
territorio provinciale investito
a piccoli frutti.
TERRA TRENTINA
Gestione della difesa nelle
aziende aderenti al progetto.
14
In quanto attività dimostrativa,
quindi destinata a fornire informazioni utili a quanti vorranno intraprendere in futuro produzioni di questo tipo, la PAT
ha richiesto l’intervento e la
supervisione tecnica del personale esperto dello IASMA precisamente della Unità Operativa Difesa delle Colture, per seguire le problematiche inerenti la difesa da insetti, acari e
funghi e del CAT (Centro Assi-
stenza Tecnica) per quanto attiene gli aspetti agronomici ed
economici del progetto.
Consapevole che questa opportunità costituisce una occasione importante per valutare le
reali possibilità di produrre piccoli frutti con metodi biologici,
l’U.O. Difesa delle Colture ha
pianificato il proprio intervento secondo precisi criteri.
1. Tra gli impianti finanziati, ne
sono stati selezionati alcuni
quali “campi pilota”, impianti cioè dove;
- seguire con regolarità
(ogni 7-15 gg circa), mediante l’applicazione di
svariate tecniche di
monitoraggio, le dinamiche di popolazione di insetti ed acari dannosi, utili e indifferenti, individuando così anche le epoche più opportune per un
eventuale trattamento;
- isolare diverse parcelle
nelle quali poter comparare l’efficacia di alcuni
formulati commerciali tra
quelli d’uso più comune o
di diverse tecniche di lotta o strategie, verso lo stesso fitofago bersaglio. Nel
contempo, ciò permette
di analizzare eventuali effetti collaterali degli interventi sugli organismi utili
(insetti ed acari predatori
e parassiti) e l’efficacia
secondaria dei prodotti
verso specie fitofaghe minori e specie indifferenti;
- disporre di un utilissimo
blocco testimone (non
trattato), utile sia al fine di
poter valutare l’efficacia
dei trattamenti, che per
osservare la dinamica naturale delle popolazioni,
senza alcuna interferenza
dei trattamenti;
- testare strategie di monitoraggio dei vari fitofagi
(es. controlli visuali, trappole cromotropiche, battiture, ecc.);
- valutare la fattibilità e l’impegno economico delle
strategie adottate;
- individuare nuovi fitofagi,
o fitofagi minori e occasionali;
- individuare soglie di danno economico dei vari
fitofagi (nelle situazioni di
coltivazione in esame);
- ricostruire lo sviluppo del
clima (temperatura dell’aria e umidità relativa),
l’influenza delle coperture, e mettere in relazione
questi dati con le dinamiche di popolazione dei
fitofagi chiave.
In buona sostanza, ottenere quindi alla fine di ogni
stagione un quadro riassun-
zione biologica. Ipotesi che,
chiaramente, saranno particolarmente valide per tutte
quelle situazioni di coltivazione analoghe o vicine a
quelle considerate nel progetto.
All’interno della prevenzione,
ad esempio, è emersa in tutta
la sua importanza la necessità
di rispettare per ogni specie la
vocazionalità pedo-climatica.
Si tratta di un presupposto fondamentale affinché la pianta sia
messa nelle condizioni ottimali
per esprimere la propria resistenza naturale verso i fitofagi.
Per quanto riguarda, ad esempio, il lampone rifiorente e la
fragolina di bosco, nello stesso impianto, caratterizzato da
un terreno fortemente carbonatico, l’infestazione di Tetranychus urticae (ragnetto rosso)
ed il danno conseguente si è
sviluppata in modo significativamente più massiccio sulle
piante più clorotiche ed esposte alle temperature più elevate durante il giorno.
Relativamente invece alla difesa attiva, è emersa l’importanza del monitoraggio costante
delle colture sin dalle prime fasi
vegetative, alla ricerca delle
prime forme infestanti di insetti
ed acari.
Infatti, tutte le sostanze saggiate nel progetto, ed alcune in
modo particolare (es. azadiractina), dimostrano di avere una
efficacia tanto maggiore, quanto più sono precoci gli interventi, indirizzati su popolazioni ancora contenute.
Si deve considerare infatti che
questi prodotti non hanno in
genere il potere abbattente e la
persistenza d’azione che caratterizza molti dei prodotti di sintesi chimica. Per ottenere il
massimo beneficio dalle sostanze di origine naturale ed
evitare numerosi trattamenti, è
necessario un intervento tempestivo e precoce, che possa
evitare la formazione di grosse
colonie di insetti e di acari, di
più difficile controllo.
In sostanza, chi intende produrre piccoli frutti biologici è
chiamato ad una forte “relazione” con il proprio impianto, sicuramente superiore a quella
richiesta al produttore convenzionale.
Il legame della coltura con il
proprio ambiente di coltivazione (inteso in senso lato; terreno, clima, biocenosi, interventi agronomici, ecc.) si basa su
equilibri più delicati che non
nel convenzionale.
I mezzi produttivi a disposizione devono essere conosciuti e
sapientemente impiegati, integrati e valorizzati.
Aziende partecipanti al progetto.
Azienda Giacomozzi Mirta,
situata a Gaggio di Segonzano
in Val di Cembra, ad un’altitudine di 820 m slm, con giacitura
declive ed esposizione a Nord
- Ovest. Il terreno, ricco in sostanza organica, ha reazione
acida. L’azienda è composta da
7 appezzamenti in cui si coltivano la mora Lochness, numerose cultivars di mirtillo tra cui
un appezzamento di Brigitta,
ciliegio tardivo e lampone
rifiorente. Gli appezzamenti
interessati dal progetto sono 2,
entrambi coltivati a lampone
rifiorente della varietà Heritage, con copertura antipioggia,
per una superficie complessiva di 700 mq. Quello posto più
in alto è costituito da 2 tunnel
affiancati larghi 5 metri e lunghi 30; quello in basso, in prossimità della chiesa, da 4 tunnel
di 20 metri, al centro dei quali
si trovano due grossi meli secolari.
Il lampone in questi impianti non
ha mai sofferto fino ad ora di
particolari problematiche legate
TERRA TRENTINA
tivo della evoluzione di una
parte della frazione biocenotica che frequenta gli impianti oggetto di indagine,
evidenziando le relazioni tra
l’ospite, l’ambiente di coltivazione, i nemici e i fattori
di contenimento naturale in
genere. Infine poter analizzare l’efficacia delle strategie adottate, rivederle e
reimpostarle per l’anno successivo, alla luce delle conoscenze acquisite al termine di ogni stagione.
2. Nelle rimanenti aziende, è stata prevista l’applicazione delle strategie di difesa più idonee, sulla base di monitoraggi
decisionali eseguiti dagli stessi produttori. Ispezioni dei tecnici IASMA sono programmate solamente nelle epoche
fenologiche strategiche per
l’evoluzione dei fitofagi chiave delle singole colture.
Nonostante notevoli difficoltà
nell’assicurare, come previsto,
una regolare presenza nelle
aziende, al termine del 3° anno
è stata raccolta una gran quantità di informazioni e dati, che
devono essere ancora opportunamente analizzati ed organizzati in un rapporto finale.
Senza scendere per ora nel dettaglio, riteniamo che i dati raccolti permetteranno in particolare di:
1. Estrapolare una serie di norme di comportamento per
realizzare quello che è un
fattore chiave nella coltivazione e nella difesa dei piccoli frutti, siano essi prodotti con metodi biologici che
convenzionali, ovvero la
prevenzione. Non si tratta di
norme rivoluzionarie, bensì
di conferme, nella maggior
parte dei casi, di quanto era
già noto.
2. Formulare delle ipotesi di
strategie di “difesa attiva” dai
principali fitofagi delle colture considerate in coltiva-
15
BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI
a presenza di fitofagi o di origine fungina; i polloni, specie nell’impianto posto ad altitudine
inferiore, crescono vigorosi e
con un diametro piuttosto marcato. Sono frequenti le spaccature dell’epidermide sulla base
dei polloni e, di conseguenza, gli
attacchi di Resseliella theobaldi
(cecidomia del pollone). Sebbene il danno dei funghi associati
a questo insetto sia spesso evidente, esso non ha mai portato
a morte il pollone durante la stagione di produzione.
Popolazioni modeste di Tetranychus urticae (ragnetto rosso)
sono state fino ad ora controllate da fitoseidi naturali
TERRA TRENTINA
Azienda agrituristica Brugnara
Fabio, situata nel comune di
Meano in località Gorghe alla
quota di circa 600 m slm esposta ad Ovest, con giacitura leggermente declive, caratterizzata da terreno argilloso a reazione basica. L’attività agricola viene effettuata su un appezzamento di 1500 mq, tutto coperto con tunnel antipioggia. Vi si
coltiva ribes rosso della varietà
Rovada, a grappolo lungo e
maturazione tardiva, in 5 tunnel
di 20 metri di lunghezza; mora
Lochness in 5 tunnel di 20 metri e lampone rifiorente Heritage
in 6 tunnel di 18 metri.
16
L’evoluzione dei fitofagi nell’impianto di mora viene seguita
con una certa frequenza in questo impianto. Data la vicinanza
con il bosco, si riscontrano ogni
anno attacchi piuttosto consistenti e pericolosi di Anthonomus rubi (antonomo) contrastato efficacemente con piretro
naturale e di larve di lepidotteri
defogliatori nelle prime fasi della ripresa che possono arrecare
danno diretto anche ai boccioli
fiorali, parzialmente controllati
con azadiractina e Bacillus
thuringiensis) Gli afidi, che in
alcune primavere calde e umide possono dare luogo a colonie di dimensioni ragguardevoli
con effetto temporaneo deprimente sulla crescita della vegetazione, si controllano facilmente con piretro o rotenone.
Azienda biodinamica Gadler
Luigi, sita nel comune di
Pergine Valsugana, in cui si coltivano melo, mirtillo e lampone. L’appezzamento interessato dalla sperimentazione è
ubicato nella frazione di
Zivignago con giacitura pianeggiante. Il suolo è a reazione subacida, di tessitura fine con qualche problema nello sgrondo
dell’acqua, della superficie di
1600 mq, coltivato a lampone
unifero della varietà Tulameen,
disposto su 4 file della lunghezza complessiva di 120 metri ciascuna e coperte da 2 file affiancate di tunnel della lunghezza
di 20 metri in modo tale da favorire una buona ventilazione.
Il lamponeto non ha trovato
nelle sua collocazione un ambiente ideale e la crescita ne risente fortemente ogni anno.
Non è stato possibile effettuare
osservazioni degne di nota in
questo impianto, se non durante il primo anno di coltivazione, quando è stata registrata una
infestazione di tripidi (Thrips
fuscipennis). Proveniente dalle
erbacee dei prati, questa popolazione (che ha raggiunto un
massimo di circa 10 forme mobili/fiore) non ha causato alcun
danno alla produzione. Presenti
sin dalla ripresa vegetativa negli apici ancora avvolti dei getti, questi insetti provocano
necrosi e spaccature del lembo
fogliare, piuttosto insignificanti
agli effetti dello sviluppo regolare della vegetazione.
Azienda Pucher Bruna, situata a
Povo di Trento in posizione
collinare, con giacitura declive
ed esposizione a ovest. Il terre-
no è calcareo e a reazione basica.
Vi si coltiva, in sistemazione a
rittochino, lampone rifiorente
della varietà Heritage su 2000 mq
avvalendosi dell’impiego di tunnel con caratteristiche standard.
Il lamponeto ha manifestato ogni
anno problemi piuttosto gravi di
clorosi ferrica; le piante, notevolmente stressate da questa situazione pedologica, sono state interessate da forti infestazioni di
ragnetto rosso (che ha potuto
raggiungere livelli di presenza
notevoli, anche grazie alle elevate temperature estive del sito).
Il controllo di questo fitofago è
diventato l’obiettivo primario
della difesa in questo impianto;
l’impiego dell’olio minerale estivo e dei predatori commerciali
(es. Amblyseius californicus) ha
dato buoni risultati. Il controllo
dell’Anthonomus rubi mediante piretro naturale (un doppio
intervento poco prima della fioritura) si è rivelato efficace
Azienda Baldessari Michela,
collocata sulla collina di
Martignano in prossimità della
strada che porta in Valsugana
ad un altitudine di 280 m slm,
con giacitura leggermente
declive ed esposizione ad
ovest. Il terreno è calcareo e a
reazione sub-basica. Vi si coltiva su 2000 mq coperti con
tunnel antipioggia la mora spi-
nosa Topee, rustica, caratterizzata dalla maturazione precoce e 2000 mq di ribes rosso precoce, varietà Junifer. Questi
due impianti sono stati oggetto di frequenti ispezioni da parte dei tecnici IASMA.
La mora spinosa presenta una
vigoria naturale piuttosto marcata, che la aiuta nella resistenza verso diversi fitofagi; annualmente si ripresentano alla ripresa vegetativa (aprile-maggio)
infestazioni di afidi, che specie
in alcune stagioni possono raggiungere livelli notevoli. Il danno diretto è assai debole (rallentamento della crescita dei getti
colpiti e imbrattamento dei frutti
con melata); il trattamento con
piretro naturale effettuato poco
prima della fioritura per il controllo dell’antonomo, altro insetto chiave di questa coltura in
questa zona, consente la limitazione anche degli afidi. Per
quanto riguarda il ribes, certamente gli afidi (e tra questi
Cryptomyzus ribis e Aphis
schneideri) sono i fitofagi chiave in questo impianto; l’impiego dell’olio minerale a fine inverno riduce sensibilmente le
infestazioni primaverili, che
possono essere limitate anche
con trattamenti a base di piretro
o rotenone. La sesia del ribes
viene controllata mediante applicazione della confusione sessuale.
Azienda Manfrini Marco, situata nell’abitato di Noriglio
posto all’imbocco delle Valli
del torrente Leno alla quota di
494 m slm. Si tratta di un
appezzamento con giacitura
declive, con esposizione ad
ovest e condizioni di temperature favorevoli in inverno e
molto caldo e ventilato in estate. Il pendio è terrazzato con
muri a secco che ne consente
la meccanizzazione solo in forma leggera; inoltre le rigide
geometrie dei tunnel di coper-
TERRA TRENTINA
Azienda Debiasi Stefano, oggetto di monitoraggio in un
appezzamento situato nel comune di Rovereto sul colle della Campana dei Caduti, a mezza costa ad altitudine di 250 m
slm con giacitura pianeggiante. Il terreno è calcareo e ricco
di scheletro. La superficie occupata dal lampone rifiorente
è di 1280 mq, coperti da 4 tunnel disposti per 2, affiancati,
della lunghezza di 30 metri ciascuno e precedentemente impiegati per la coltivazione di
ortaggi. Accanto ad esso, ci
sono alcuni tunnel di fragole
della varietà Madleine ed un
filare di ribes nero per la produzione di confetture, colture
queste ultime non rientranti
nell’iniziativa.
Rilievi entomologici sono stati
eseguiti solamente durante il
primo anno di coltivazione in
questa azienda. é stata registrata all’epoca una pericolosa
infestazione precoce (primaverile/estiva) di Tetranychus
urticae, controllata mediante
l’abbinamento di metodi
agronomici (aumento del tenore di umidità relativa sotto i tunnel) e l’impiego tempestivo di
olio minerale leggero
17
BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI
TERRA TRENTINA
tura poco si adattano a questi
terreni di conformazione irregolare generando numerose
tare di superficie. Il terreno è
calcareo a reazione sub-basica.
Nella parte superiore dell’appezzamento si coltiva fragolina
di bosco della cultivar Alexandria, coperta da 5 tunnel per
una superficie totale di 365 mq;
nella parte sottostante lampone unifero Tulameen, in 5 tunnel per 380 mq complessivi e 2
tunnel di more per 120 mq di
superficie.
Certamente, la fragolina è tra
tutte le colture interessate da
questo progetto, quella che ha
dimostrato di soffrire maggiormente degli attacchi di alcuni
fitofagi. Inoltre, il lungo ciclo
colturale (da aprile a ottobre)
e l’accavallarsi degli stadi
fenologici che caratterizza questa coltura, ne rende difficile la
difesa. In questo sito, tra l’altro, la pianta non ha potuto
esprimere la sua resistenza naturale, a causa di un contenuto
carbonatico piuttosto forte nel
suolo e a temperature estive
decisamente elevate sotto le
18
coperture in nylon, che ne hanno impedito una crescita
ottimale. Ciò conferma la notevole importanza che riveste
nelle produzioni biologiche
(ma non solo) il rispetto della
vocazionalità pedoclimatica
per queste colture.
Il ragnetto rosso si è sempre
sviluppato con popolazioni
medio-alte, specialmente nei
tratti dell’impianto più soleggiati e sofferenti a causa della
clorosi ferrica che interessa tutto l’impianto. Il controllo è stato difficile, e ci si è affidati sia a
metodi agronomici (impiego di
nebulizzatori per innalzare
l’umidità relativa sotto le coperture), che di lotta biologica (rilasci di A.californicus).
Sin dalla ripresa vegetativa, diverse specie di afidi infestano
le piante e possono rapidamente sviluppare colonie numericamente consistenti; la
crescita vegetativa può subire
forti rallentamenti e le colonie
possono passare ad interessare i fiori e i frutti, imbrattandoli
di melata e ritardandone la
maturazione. Si trovano afidi
sulla coltura per tutta la durata
del ciclo colturale. La lotta mediante l’impiego di sostanze
naturali è necessaria nelle prime fasi della crescita vegetativa, per evitare la formazione
di dense colonie, difficili poi da
controllare. A questo scopo,
piretro naturale e rotenone si
sono dimostrati efficaci.
L’antonomo può provocare
danni di una certa consistenza, dal momento che dispone
di boccioli per un lungo periodo; il trattamento ad inizio
fioritura, non consente un
controllo persistente durante
la stagione.
In alcune stagioni, i tripidi
(Thrips tabaci) si sono presentati con popolazioni medioalte, creando comunque danni di debole consistenza.
Considerazioni di carattere
agronomico.
Dopo il terzo anno di coltivazione, giunti alla metà della
durata del progetto dimostrativo, si possono fare le prime
considerazioni in merito ai risultati, seppur parziali, raggiunti.
La coltura che ha dimostrato
di adattarsi meglio al metodo
di coltivazione biologica, è
stato il lampone rifiorente
della cultivar Heritage, che ha
confermato di possedere una
rusticità intrinseca e ha fornito buoni risultati nella maggior parte delle varie situazioni di coltivazione. Il problema principale emerso nella
coltivazione è stata l’individuazione dell’esatto momento di esecuzione del taglio dei
polloni per il controllo della
cecidomia ed il ritardo dell’epoca di maturazione, che in
annate siccitose come il 2003
ha creato problemi di ricrescita dei germogli quando
eseguito troppo tardi. Si può
quindi affermare che in regime di agricoltura biologica,
con la difficoltà di sostenere
sufficientemente la coltura a
causa della limitata disponibilità di concimi a pronto effetto autorizzati all’impiego,
l’opportunità di esecuzione di
questa operazione va valutata attentamente in base alla vigoria dell’impianto e alla
fertilità del terreno, evitando
in ogni caso di effettuarla in
presenza di polloni troppo
sviluppati.
Non altrettanto positivi sono
stati i risultati raggiunti dal lampone unifero della varietà Tulameen, che ha dimostrato di
soffrire dei problemi di disseccamento invernale in entrambi gli ambienti di coltivazione.
Altri limiti incontrati nella coltivazione sono stati la sensibilità alla clorosi ferrica e ai rista-
scono i terrazzamenti su cui si
sviluppa l’azienda e dall’elevata insolazione dovuta all’esposizione del terreno. Per ovviare a questi inconvenienti viene
adottata una rete ombreggiante unitamente alla tecnica della microaspersione il cui effetto combinato dovrebbe sortire
i benefici desiderati.
Si conferma che anche la
fragolina, come pure la fragola, si adatta con più difficoltà
delle precedenti colture alle
condizioni ed ai vincoli della
coltivazione biologica essendo
entrambi specie ad elevato
input. Tale gap viene comunque compensato dall’interessante remunerazione fino ad
ora spuntata sul mercato locale dei prodotti per alta pasticceria e ristorazione.
Considerazioni finali
Per la buona riuscita di una
coltura è fondamentale una
valutazione approfondita della vocazionalità della zona,
data dall’insieme delle caratteristiche ambientali, pedo-climatiche e della disponibilità
idrica, per non dover incorrere successivamente in problematiche colturali non sempre
di facile soluzione. Questo pre-
supposto se è valido per la pratica convenzionale di coltivazione, diventa imprescindibile
nel metodo di coltivazione biologico per motivo di un più ragionato impiego dei mezzi tecnici che contraddistingue tale
disciplina, la loro limitata disponibilità prevista dal Reg.
CEE 2092/91 e per un generale maggior costo d’acquisto.
Le soluzioni fitoiatriche adottate contro i più comuni parassiti, manifestatisi nel corso di
quest’iniziativa, ed ammesse
dalle normative vigenti pur con
i noti limiti di persistenza e efficacia consentono di trarre dei
positivi riscontri se applicate
con i criteri dianzi esposti, garantiscono sufficientemente gli
operatori del settore.
Il settore, per poter trovare ulteriori convinte adesioni, necessita di un maggior riconoscimento sotto il profilo commerciale di quanto finora realizzato, in quanto l’impegno richiesto per una razionale gestione degli impianti, i costi di
produzione di norma superiori e le rese produttive non sempre in linea con il convenzionale rendono la scelta del produrre piccoli frutti secondo il
metodo dell’agricoltura biologica particolarmente impegnativa.
TERRA TRENTINA
gni idrici, che hanno determinato la diffusione di malattie
dell’apparato radicale, quali
Agrobacterium tumefaciens e
fitoftora con conseguente riduzione della vigoria e del numero di polloni emessi.
La mora ha dimostrato di soffrire particolarmente la siccità;
solo nelle situazioni con
ottimale rifornimento idrico la
vigoria delle piante è risultata
ideale, mentre negli altri casi la
produzione in questi primi
anni ha risentito dello scarso
sviluppo delle piante. È comunque ragionevole supporre
che in futuro, con la progressiva espansione e affrancamento dell’apparato radicale, la situazione possa migliorare.
Anche il ribes ha avuto un comportamento simile a quello della mora, dimostrando problemi di limitata vigoria nei terreni più siccitosi; questo inconveniente ha provocato un
contenimento della vigoria della pianta che non ha consentito il raggiungimento degli
obiettivi produttivi prefissati. La
situazione è stata ulteriormente compromessa dalle forti
grandinate verificatesi nell’estate 2003 che hanno interessato anche una parte della superficie del progetto investita
a mora. Si può comunque ipotizzare anche per questa coltura, vista la rusticità e capacità
di recupero, il raggiungimento
di una buona capacità produttiva nel corso delle prossime
stagioni, seppur più lentamente rispetto alla mora.
Per quanto riguarda la fragolina
di bosco, si conferma la sensibilità della coltura alla presenza di calcare attivo, che risulta
di difficile soluzione nonostante l’apporto di fertilizzanti e
ammendanti specifici. La
clorosi che ne consegue viene
accentuata dalle elevate temperature raggiunte causate anche
dai muri a secco che costitui-
19