piccoli frutti coltivati con metodo biologico piccoli frutti
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piccoli frutti coltivati con metodo biologico piccoli frutti
BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI Coinvolte sette aziende agricole di altrettante zone del Trentino Il programma avviato nel 2001 è ancora in corso. Rientra nelle iniziative finanziate dalla PAT e finalizzate a promuovere e sostenere progetti dimostrativi che possano trovare concrete applicazioni nelle nostre realtà produttive. Prime indicazioni alla fine del terzo anno. Alberto Grassi1 Davide Profaizer2 Giuseppe Visintainer3 U.O. Difesa delle colture – IASMA C.A.T. – IASMA 3 Ufficio qualità delle produzioni agroalimentari – PAT 1 2 La coltivazione dei piccoli frutti è un’attività consolidatasi nel tempo nelle zone collinari delle nostre vallate, laddove queste produzioni hanno trovato una loro ottimale collocazione in virtù della vocazionalità climaticoambientale, della dimensione aziendale di norma limitata, nonché per la professionalità acquisita dagli operatori. Il metodo di gestione adottato per queste colture che richiedono, più di altre, tecniche colturali condotte con criteri e tecnologie all’avanguardia, ha lasciato finora poco spazio al perseguimento di una conduzione agronomica meno intensiva, ma più in armonia con le esigenze ambientali, obiettivo che invece si prefigge di perseguire la coltivazione secondo il metodo dell’agricoltura biologica. Attualmente non sono molte le aziende operanti nell’ambito dei piccoli frutti inserite nell’Elenco degli Operatori biologici curato dalla Provincia, in quanto tale comparto, proprio per il livello specialistico raggiunto, non sempre è in linea con i dettami del Reg. CEE 2092/91 che disciplina il metodo di produzione biologica. Vale per tutti, a titolo esemplificativo, oltre ovviamente al generale divieto ad impiegare prodotti di sintesi per difesa e concimazione, l’incompatibilità per il metodo biologico della coltivazione fuori suolo che invece è predominante nel convenzionale per fragola e, in parte, per il lampone. Inoltre anche dal punto di vista commerciale finora non è stata ritenuta sufficientemente interessante la domanda di piccoli frutti certificati “biologici”, forse l’aspetto attualmente più limitante al diffondersi di queste particolari produzioni. I motivi possono essere diversi e verosimilmente riconducibili alle seguenti problematiche: - l’attribuzione a queste produzioni da parte del consumatore di un valore intrinsecamente legato alla naturalità e all’ambiente incontaminato tale da far percepire come superflua la certificazione del metodo di produzione biologico; - il costo al consumatore già di per sé elevato che non lascia spazio ad ulteriori ritocchi che le produzioni ottenute con metodo biologico di norma richiedono; - la difficoltà di gestione di due linee di lavorazione per strutture commerciali già oberate da pressanti problemi dovuti alla stagionalità dei conferimenti, scarsa predisposizione alla conservazione dei prodotti e molteplicità di lavorazioni e confezionamenti simultanei che le varie tipologie produttive richiedono. Si spiega così l’orientamento finora intrapreso dalle aziende produttrici di piccoli frutti certificati biologici di imboccare, parallelamente al consumo fresco, la strada della trasformazione con produzioni di confetture ed altri lavorati di qualità che consentono di ovviare in parte alle problematiche sopra esposte. Unitamente alle valutazioni di natura economica e di strategia commerciale occorre considerare la scarsa conoscenza e la limitata esperienza sul modo di affrontare secondo i dettami dell’agricoltura biologica aspetti agronomici e fitosanitari specifici di queste colture. Per tali motivi si è ravvisata la necessità di approfondire le tematiche legate alla produzione dei piccoli frutti secondo il metodo dell’agricoltura biologica coinvolgendo diverse aziende, alcune già operanti TERRA TRENTINA PICCOLI FRUTTI COLTIVATI CON METODO BIOLOGICO 13 BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI nel settore, altre invece di nuova costituzione, inserendole in un programma sostenuto a partire dal 2001 dall’Assessorato all’Agricoltura in collaborazione con ’Istituto di S. Michele a/ A nell’ambito delle iniziative finalizzate a promuovere e sostenere progetti dimostrativi che possano trovare benefiche ricadute e concrete applicazioni nelle nostre realtà produttive ( ex art. 40 L.P. 17/81 ). Il progetto ha lo scopo di verificare sul campo la possibilità di coltivare con soddisfazione le più diffuse colture di piccoli frutti secondo i dettami dell’agricoltura biologica. In questo percorso conoscitivo non rientra, per diversi motivi, la coltura del mirtillo che comunque gode già di una discreta diffusione presso le aziende certificate per la produzione con metodo biologico in virtù di una apprezzabile, intrinseca rusticità. Le aziende aderenti al progetto sono sette, individuate su indicazione dell’Associazione Trentina per l’Agricoltura Biologica ( A.T.A.Bio) e per la loro posizione geografica rappresentano una buona parte del territorio provinciale investito a piccoli frutti. TERRA TRENTINA Gestione della difesa nelle aziende aderenti al progetto. 14 In quanto attività dimostrativa, quindi destinata a fornire informazioni utili a quanti vorranno intraprendere in futuro produzioni di questo tipo, la PAT ha richiesto l’intervento e la supervisione tecnica del personale esperto dello IASMA precisamente della Unità Operativa Difesa delle Colture, per seguire le problematiche inerenti la difesa da insetti, acari e funghi e del CAT (Centro Assi- stenza Tecnica) per quanto attiene gli aspetti agronomici ed economici del progetto. Consapevole che questa opportunità costituisce una occasione importante per valutare le reali possibilità di produrre piccoli frutti con metodi biologici, l’U.O. Difesa delle Colture ha pianificato il proprio intervento secondo precisi criteri. 1. Tra gli impianti finanziati, ne sono stati selezionati alcuni quali “campi pilota”, impianti cioè dove; - seguire con regolarità (ogni 7-15 gg circa), mediante l’applicazione di svariate tecniche di monitoraggio, le dinamiche di popolazione di insetti ed acari dannosi, utili e indifferenti, individuando così anche le epoche più opportune per un eventuale trattamento; - isolare diverse parcelle nelle quali poter comparare l’efficacia di alcuni formulati commerciali tra quelli d’uso più comune o di diverse tecniche di lotta o strategie, verso lo stesso fitofago bersaglio. Nel contempo, ciò permette di analizzare eventuali effetti collaterali degli interventi sugli organismi utili (insetti ed acari predatori e parassiti) e l’efficacia secondaria dei prodotti verso specie fitofaghe minori e specie indifferenti; - disporre di un utilissimo blocco testimone (non trattato), utile sia al fine di poter valutare l’efficacia dei trattamenti, che per osservare la dinamica naturale delle popolazioni, senza alcuna interferenza dei trattamenti; - testare strategie di monitoraggio dei vari fitofagi (es. controlli visuali, trappole cromotropiche, battiture, ecc.); - valutare la fattibilità e l’impegno economico delle strategie adottate; - individuare nuovi fitofagi, o fitofagi minori e occasionali; - individuare soglie di danno economico dei vari fitofagi (nelle situazioni di coltivazione in esame); - ricostruire lo sviluppo del clima (temperatura dell’aria e umidità relativa), l’influenza delle coperture, e mettere in relazione questi dati con le dinamiche di popolazione dei fitofagi chiave. In buona sostanza, ottenere quindi alla fine di ogni stagione un quadro riassun- zione biologica. Ipotesi che, chiaramente, saranno particolarmente valide per tutte quelle situazioni di coltivazione analoghe o vicine a quelle considerate nel progetto. All’interno della prevenzione, ad esempio, è emersa in tutta la sua importanza la necessità di rispettare per ogni specie la vocazionalità pedo-climatica. Si tratta di un presupposto fondamentale affinché la pianta sia messa nelle condizioni ottimali per esprimere la propria resistenza naturale verso i fitofagi. Per quanto riguarda, ad esempio, il lampone rifiorente e la fragolina di bosco, nello stesso impianto, caratterizzato da un terreno fortemente carbonatico, l’infestazione di Tetranychus urticae (ragnetto rosso) ed il danno conseguente si è sviluppata in modo significativamente più massiccio sulle piante più clorotiche ed esposte alle temperature più elevate durante il giorno. Relativamente invece alla difesa attiva, è emersa l’importanza del monitoraggio costante delle colture sin dalle prime fasi vegetative, alla ricerca delle prime forme infestanti di insetti ed acari. Infatti, tutte le sostanze saggiate nel progetto, ed alcune in modo particolare (es. azadiractina), dimostrano di avere una efficacia tanto maggiore, quanto più sono precoci gli interventi, indirizzati su popolazioni ancora contenute. Si deve considerare infatti che questi prodotti non hanno in genere il potere abbattente e la persistenza d’azione che caratterizza molti dei prodotti di sintesi chimica. Per ottenere il massimo beneficio dalle sostanze di origine naturale ed evitare numerosi trattamenti, è necessario un intervento tempestivo e precoce, che possa evitare la formazione di grosse colonie di insetti e di acari, di più difficile controllo. In sostanza, chi intende produrre piccoli frutti biologici è chiamato ad una forte “relazione” con il proprio impianto, sicuramente superiore a quella richiesta al produttore convenzionale. Il legame della coltura con il proprio ambiente di coltivazione (inteso in senso lato; terreno, clima, biocenosi, interventi agronomici, ecc.) si basa su equilibri più delicati che non nel convenzionale. I mezzi produttivi a disposizione devono essere conosciuti e sapientemente impiegati, integrati e valorizzati. Aziende partecipanti al progetto. Azienda Giacomozzi Mirta, situata a Gaggio di Segonzano in Val di Cembra, ad un’altitudine di 820 m slm, con giacitura declive ed esposizione a Nord - Ovest. Il terreno, ricco in sostanza organica, ha reazione acida. L’azienda è composta da 7 appezzamenti in cui si coltivano la mora Lochness, numerose cultivars di mirtillo tra cui un appezzamento di Brigitta, ciliegio tardivo e lampone rifiorente. Gli appezzamenti interessati dal progetto sono 2, entrambi coltivati a lampone rifiorente della varietà Heritage, con copertura antipioggia, per una superficie complessiva di 700 mq. Quello posto più in alto è costituito da 2 tunnel affiancati larghi 5 metri e lunghi 30; quello in basso, in prossimità della chiesa, da 4 tunnel di 20 metri, al centro dei quali si trovano due grossi meli secolari. Il lampone in questi impianti non ha mai sofferto fino ad ora di particolari problematiche legate TERRA TRENTINA tivo della evoluzione di una parte della frazione biocenotica che frequenta gli impianti oggetto di indagine, evidenziando le relazioni tra l’ospite, l’ambiente di coltivazione, i nemici e i fattori di contenimento naturale in genere. Infine poter analizzare l’efficacia delle strategie adottate, rivederle e reimpostarle per l’anno successivo, alla luce delle conoscenze acquisite al termine di ogni stagione. 2. Nelle rimanenti aziende, è stata prevista l’applicazione delle strategie di difesa più idonee, sulla base di monitoraggi decisionali eseguiti dagli stessi produttori. Ispezioni dei tecnici IASMA sono programmate solamente nelle epoche fenologiche strategiche per l’evoluzione dei fitofagi chiave delle singole colture. Nonostante notevoli difficoltà nell’assicurare, come previsto, una regolare presenza nelle aziende, al termine del 3° anno è stata raccolta una gran quantità di informazioni e dati, che devono essere ancora opportunamente analizzati ed organizzati in un rapporto finale. Senza scendere per ora nel dettaglio, riteniamo che i dati raccolti permetteranno in particolare di: 1. Estrapolare una serie di norme di comportamento per realizzare quello che è un fattore chiave nella coltivazione e nella difesa dei piccoli frutti, siano essi prodotti con metodi biologici che convenzionali, ovvero la prevenzione. Non si tratta di norme rivoluzionarie, bensì di conferme, nella maggior parte dei casi, di quanto era già noto. 2. Formulare delle ipotesi di strategie di “difesa attiva” dai principali fitofagi delle colture considerate in coltiva- 15 BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI a presenza di fitofagi o di origine fungina; i polloni, specie nell’impianto posto ad altitudine inferiore, crescono vigorosi e con un diametro piuttosto marcato. Sono frequenti le spaccature dell’epidermide sulla base dei polloni e, di conseguenza, gli attacchi di Resseliella theobaldi (cecidomia del pollone). Sebbene il danno dei funghi associati a questo insetto sia spesso evidente, esso non ha mai portato a morte il pollone durante la stagione di produzione. Popolazioni modeste di Tetranychus urticae (ragnetto rosso) sono state fino ad ora controllate da fitoseidi naturali TERRA TRENTINA Azienda agrituristica Brugnara Fabio, situata nel comune di Meano in località Gorghe alla quota di circa 600 m slm esposta ad Ovest, con giacitura leggermente declive, caratterizzata da terreno argilloso a reazione basica. L’attività agricola viene effettuata su un appezzamento di 1500 mq, tutto coperto con tunnel antipioggia. Vi si coltiva ribes rosso della varietà Rovada, a grappolo lungo e maturazione tardiva, in 5 tunnel di 20 metri di lunghezza; mora Lochness in 5 tunnel di 20 metri e lampone rifiorente Heritage in 6 tunnel di 18 metri. 16 L’evoluzione dei fitofagi nell’impianto di mora viene seguita con una certa frequenza in questo impianto. Data la vicinanza con il bosco, si riscontrano ogni anno attacchi piuttosto consistenti e pericolosi di Anthonomus rubi (antonomo) contrastato efficacemente con piretro naturale e di larve di lepidotteri defogliatori nelle prime fasi della ripresa che possono arrecare danno diretto anche ai boccioli fiorali, parzialmente controllati con azadiractina e Bacillus thuringiensis) Gli afidi, che in alcune primavere calde e umide possono dare luogo a colonie di dimensioni ragguardevoli con effetto temporaneo deprimente sulla crescita della vegetazione, si controllano facilmente con piretro o rotenone. Azienda biodinamica Gadler Luigi, sita nel comune di Pergine Valsugana, in cui si coltivano melo, mirtillo e lampone. L’appezzamento interessato dalla sperimentazione è ubicato nella frazione di Zivignago con giacitura pianeggiante. Il suolo è a reazione subacida, di tessitura fine con qualche problema nello sgrondo dell’acqua, della superficie di 1600 mq, coltivato a lampone unifero della varietà Tulameen, disposto su 4 file della lunghezza complessiva di 120 metri ciascuna e coperte da 2 file affiancate di tunnel della lunghezza di 20 metri in modo tale da favorire una buona ventilazione. Il lamponeto non ha trovato nelle sua collocazione un ambiente ideale e la crescita ne risente fortemente ogni anno. Non è stato possibile effettuare osservazioni degne di nota in questo impianto, se non durante il primo anno di coltivazione, quando è stata registrata una infestazione di tripidi (Thrips fuscipennis). Proveniente dalle erbacee dei prati, questa popolazione (che ha raggiunto un massimo di circa 10 forme mobili/fiore) non ha causato alcun danno alla produzione. Presenti sin dalla ripresa vegetativa negli apici ancora avvolti dei getti, questi insetti provocano necrosi e spaccature del lembo fogliare, piuttosto insignificanti agli effetti dello sviluppo regolare della vegetazione. Azienda Pucher Bruna, situata a Povo di Trento in posizione collinare, con giacitura declive ed esposizione a ovest. Il terre- no è calcareo e a reazione basica. Vi si coltiva, in sistemazione a rittochino, lampone rifiorente della varietà Heritage su 2000 mq avvalendosi dell’impiego di tunnel con caratteristiche standard. Il lamponeto ha manifestato ogni anno problemi piuttosto gravi di clorosi ferrica; le piante, notevolmente stressate da questa situazione pedologica, sono state interessate da forti infestazioni di ragnetto rosso (che ha potuto raggiungere livelli di presenza notevoli, anche grazie alle elevate temperature estive del sito). Il controllo di questo fitofago è diventato l’obiettivo primario della difesa in questo impianto; l’impiego dell’olio minerale estivo e dei predatori commerciali (es. Amblyseius californicus) ha dato buoni risultati. Il controllo dell’Anthonomus rubi mediante piretro naturale (un doppio intervento poco prima della fioritura) si è rivelato efficace Azienda Baldessari Michela, collocata sulla collina di Martignano in prossimità della strada che porta in Valsugana ad un altitudine di 280 m slm, con giacitura leggermente declive ed esposizione ad ovest. Il terreno è calcareo e a reazione sub-basica. Vi si coltiva su 2000 mq coperti con tunnel antipioggia la mora spi- nosa Topee, rustica, caratterizzata dalla maturazione precoce e 2000 mq di ribes rosso precoce, varietà Junifer. Questi due impianti sono stati oggetto di frequenti ispezioni da parte dei tecnici IASMA. La mora spinosa presenta una vigoria naturale piuttosto marcata, che la aiuta nella resistenza verso diversi fitofagi; annualmente si ripresentano alla ripresa vegetativa (aprile-maggio) infestazioni di afidi, che specie in alcune stagioni possono raggiungere livelli notevoli. Il danno diretto è assai debole (rallentamento della crescita dei getti colpiti e imbrattamento dei frutti con melata); il trattamento con piretro naturale effettuato poco prima della fioritura per il controllo dell’antonomo, altro insetto chiave di questa coltura in questa zona, consente la limitazione anche degli afidi. Per quanto riguarda il ribes, certamente gli afidi (e tra questi Cryptomyzus ribis e Aphis schneideri) sono i fitofagi chiave in questo impianto; l’impiego dell’olio minerale a fine inverno riduce sensibilmente le infestazioni primaverili, che possono essere limitate anche con trattamenti a base di piretro o rotenone. La sesia del ribes viene controllata mediante applicazione della confusione sessuale. Azienda Manfrini Marco, situata nell’abitato di Noriglio posto all’imbocco delle Valli del torrente Leno alla quota di 494 m slm. Si tratta di un appezzamento con giacitura declive, con esposizione ad ovest e condizioni di temperature favorevoli in inverno e molto caldo e ventilato in estate. Il pendio è terrazzato con muri a secco che ne consente la meccanizzazione solo in forma leggera; inoltre le rigide geometrie dei tunnel di coper- TERRA TRENTINA Azienda Debiasi Stefano, oggetto di monitoraggio in un appezzamento situato nel comune di Rovereto sul colle della Campana dei Caduti, a mezza costa ad altitudine di 250 m slm con giacitura pianeggiante. Il terreno è calcareo e ricco di scheletro. La superficie occupata dal lampone rifiorente è di 1280 mq, coperti da 4 tunnel disposti per 2, affiancati, della lunghezza di 30 metri ciascuno e precedentemente impiegati per la coltivazione di ortaggi. Accanto ad esso, ci sono alcuni tunnel di fragole della varietà Madleine ed un filare di ribes nero per la produzione di confetture, colture queste ultime non rientranti nell’iniziativa. Rilievi entomologici sono stati eseguiti solamente durante il primo anno di coltivazione in questa azienda. é stata registrata all’epoca una pericolosa infestazione precoce (primaverile/estiva) di Tetranychus urticae, controllata mediante l’abbinamento di metodi agronomici (aumento del tenore di umidità relativa sotto i tunnel) e l’impiego tempestivo di olio minerale leggero 17 BIOLOGICO/PICCOLI FRUTTI TERRA TRENTINA tura poco si adattano a questi terreni di conformazione irregolare generando numerose tare di superficie. Il terreno è calcareo a reazione sub-basica. Nella parte superiore dell’appezzamento si coltiva fragolina di bosco della cultivar Alexandria, coperta da 5 tunnel per una superficie totale di 365 mq; nella parte sottostante lampone unifero Tulameen, in 5 tunnel per 380 mq complessivi e 2 tunnel di more per 120 mq di superficie. Certamente, la fragolina è tra tutte le colture interessate da questo progetto, quella che ha dimostrato di soffrire maggiormente degli attacchi di alcuni fitofagi. Inoltre, il lungo ciclo colturale (da aprile a ottobre) e l’accavallarsi degli stadi fenologici che caratterizza questa coltura, ne rende difficile la difesa. In questo sito, tra l’altro, la pianta non ha potuto esprimere la sua resistenza naturale, a causa di un contenuto carbonatico piuttosto forte nel suolo e a temperature estive decisamente elevate sotto le 18 coperture in nylon, che ne hanno impedito una crescita ottimale. Ciò conferma la notevole importanza che riveste nelle produzioni biologiche (ma non solo) il rispetto della vocazionalità pedoclimatica per queste colture. Il ragnetto rosso si è sempre sviluppato con popolazioni medio-alte, specialmente nei tratti dell’impianto più soleggiati e sofferenti a causa della clorosi ferrica che interessa tutto l’impianto. Il controllo è stato difficile, e ci si è affidati sia a metodi agronomici (impiego di nebulizzatori per innalzare l’umidità relativa sotto le coperture), che di lotta biologica (rilasci di A.californicus). Sin dalla ripresa vegetativa, diverse specie di afidi infestano le piante e possono rapidamente sviluppare colonie numericamente consistenti; la crescita vegetativa può subire forti rallentamenti e le colonie possono passare ad interessare i fiori e i frutti, imbrattandoli di melata e ritardandone la maturazione. Si trovano afidi sulla coltura per tutta la durata del ciclo colturale. La lotta mediante l’impiego di sostanze naturali è necessaria nelle prime fasi della crescita vegetativa, per evitare la formazione di dense colonie, difficili poi da controllare. A questo scopo, piretro naturale e rotenone si sono dimostrati efficaci. L’antonomo può provocare danni di una certa consistenza, dal momento che dispone di boccioli per un lungo periodo; il trattamento ad inizio fioritura, non consente un controllo persistente durante la stagione. In alcune stagioni, i tripidi (Thrips tabaci) si sono presentati con popolazioni medioalte, creando comunque danni di debole consistenza. Considerazioni di carattere agronomico. Dopo il terzo anno di coltivazione, giunti alla metà della durata del progetto dimostrativo, si possono fare le prime considerazioni in merito ai risultati, seppur parziali, raggiunti. La coltura che ha dimostrato di adattarsi meglio al metodo di coltivazione biologica, è stato il lampone rifiorente della cultivar Heritage, che ha confermato di possedere una rusticità intrinseca e ha fornito buoni risultati nella maggior parte delle varie situazioni di coltivazione. Il problema principale emerso nella coltivazione è stata l’individuazione dell’esatto momento di esecuzione del taglio dei polloni per il controllo della cecidomia ed il ritardo dell’epoca di maturazione, che in annate siccitose come il 2003 ha creato problemi di ricrescita dei germogli quando eseguito troppo tardi. Si può quindi affermare che in regime di agricoltura biologica, con la difficoltà di sostenere sufficientemente la coltura a causa della limitata disponibilità di concimi a pronto effetto autorizzati all’impiego, l’opportunità di esecuzione di questa operazione va valutata attentamente in base alla vigoria dell’impianto e alla fertilità del terreno, evitando in ogni caso di effettuarla in presenza di polloni troppo sviluppati. Non altrettanto positivi sono stati i risultati raggiunti dal lampone unifero della varietà Tulameen, che ha dimostrato di soffrire dei problemi di disseccamento invernale in entrambi gli ambienti di coltivazione. Altri limiti incontrati nella coltivazione sono stati la sensibilità alla clorosi ferrica e ai rista- scono i terrazzamenti su cui si sviluppa l’azienda e dall’elevata insolazione dovuta all’esposizione del terreno. Per ovviare a questi inconvenienti viene adottata una rete ombreggiante unitamente alla tecnica della microaspersione il cui effetto combinato dovrebbe sortire i benefici desiderati. Si conferma che anche la fragolina, come pure la fragola, si adatta con più difficoltà delle precedenti colture alle condizioni ed ai vincoli della coltivazione biologica essendo entrambi specie ad elevato input. Tale gap viene comunque compensato dall’interessante remunerazione fino ad ora spuntata sul mercato locale dei prodotti per alta pasticceria e ristorazione. Considerazioni finali Per la buona riuscita di una coltura è fondamentale una valutazione approfondita della vocazionalità della zona, data dall’insieme delle caratteristiche ambientali, pedo-climatiche e della disponibilità idrica, per non dover incorrere successivamente in problematiche colturali non sempre di facile soluzione. Questo pre- supposto se è valido per la pratica convenzionale di coltivazione, diventa imprescindibile nel metodo di coltivazione biologico per motivo di un più ragionato impiego dei mezzi tecnici che contraddistingue tale disciplina, la loro limitata disponibilità prevista dal Reg. CEE 2092/91 e per un generale maggior costo d’acquisto. Le soluzioni fitoiatriche adottate contro i più comuni parassiti, manifestatisi nel corso di quest’iniziativa, ed ammesse dalle normative vigenti pur con i noti limiti di persistenza e efficacia consentono di trarre dei positivi riscontri se applicate con i criteri dianzi esposti, garantiscono sufficientemente gli operatori del settore. Il settore, per poter trovare ulteriori convinte adesioni, necessita di un maggior riconoscimento sotto il profilo commerciale di quanto finora realizzato, in quanto l’impegno richiesto per una razionale gestione degli impianti, i costi di produzione di norma superiori e le rese produttive non sempre in linea con il convenzionale rendono la scelta del produrre piccoli frutti secondo il metodo dell’agricoltura biologica particolarmente impegnativa. TERRA TRENTINA gni idrici, che hanno determinato la diffusione di malattie dell’apparato radicale, quali Agrobacterium tumefaciens e fitoftora con conseguente riduzione della vigoria e del numero di polloni emessi. La mora ha dimostrato di soffrire particolarmente la siccità; solo nelle situazioni con ottimale rifornimento idrico la vigoria delle piante è risultata ideale, mentre negli altri casi la produzione in questi primi anni ha risentito dello scarso sviluppo delle piante. È comunque ragionevole supporre che in futuro, con la progressiva espansione e affrancamento dell’apparato radicale, la situazione possa migliorare. Anche il ribes ha avuto un comportamento simile a quello della mora, dimostrando problemi di limitata vigoria nei terreni più siccitosi; questo inconveniente ha provocato un contenimento della vigoria della pianta che non ha consentito il raggiungimento degli obiettivi produttivi prefissati. La situazione è stata ulteriormente compromessa dalle forti grandinate verificatesi nell’estate 2003 che hanno interessato anche una parte della superficie del progetto investita a mora. Si può comunque ipotizzare anche per questa coltura, vista la rusticità e capacità di recupero, il raggiungimento di una buona capacità produttiva nel corso delle prossime stagioni, seppur più lentamente rispetto alla mora. Per quanto riguarda la fragolina di bosco, si conferma la sensibilità della coltura alla presenza di calcare attivo, che risulta di difficile soluzione nonostante l’apporto di fertilizzanti e ammendanti specifici. La clorosi che ne consegue viene accentuata dalle elevate temperature raggiunte causate anche dai muri a secco che costitui- 19