Romani 14, 6-9 - chiesa battista sarzana

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Romani 14, 6-9 - chiesa battista sarzana
Romani 14, 1-9
15.12.2013 (s)
Romani 14: 1 Accogliete colui che è debole nella fede, ma non per sentenziare sui suoi
scrupoli. 2 Uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l'altro che è debole, mangia
verdure. 3 Colui che mangia di tutto non disprezzi colui che non mangia di tutto; e colui
che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto, perché Dio lo ha accolto. 4
Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il
suo padrone; ma egli sarà tenuto in piedi, perché il Signore è potente da farlo stare in
piedi. 5 Uno stima un giorno più di un altro; l'altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno
pienamente convinto nella propria mente. 6 Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e
chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, poiché ringrazia Dio; e chi non mangia di tutto fa
così per il Signore, e ringrazia Dio. 7 Nessuno di noi infatti vive per se stesso, e nessuno
muore per se stesso; 8 perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo
per il Signore. Sia dunque che viviamo o che moriamo, siamo del Signore. 9 Poiché a questo
fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore sia dei morti sia dei viventi.
Il tema di oggi è quello della riconciliazione. La via della riconciliazione
passa attraverso vite vissute nei limiti della nostra esistenza umana, tra le
divisioni che si creano tra forti e deboli, ortodossi ed eretici, tra le
prevaricazioni di chi si crede migliore o più benedetto di un altro.
Paolo ha di fronte a sé una chiesa che presenta delle diversità anche
molto accentuate tra i suoi membri, tuttavia prendendo atto che essi hanno
fede nell’unico Signore Gesù Cristo e che i motivi di frizione non sono sui
punti fondamentali della fede, non pretende che tutti abbiano lo stesso modo
di pensare o di agire.
Anche se i punti di divergenza sono sui cibi che si possono mangiare
o sui giorni della settimana da considerare (siamo nella fase in cui la
domenica si sostituisce al sabato ebraico) non si possono disprezzare un
fratello o una sorella per avere o non avere un certo scrupolo perché, come
ci ricorda lo stesso Paolo al capitolo 11 «Dio ha rinchiuso tutti nella
disubbidienza per far misericordia a tutti».
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Con questo approccio a dei temi che sono sicuramente secondari nella
testimonianza dobbiamo essere consapevoli che non siamo tutti uguali, ma è
indispensabile che tutti siano però in buona fede e rendano gloria a Dio.
In questo testo il contrasto forti/deboli riguarda la certezza o meno che
la propria fede permetta di compiere certe azioni (legalisti/non legalisti,
utilizzatori di carni sacrificate/vegetariani).
Quindi, queste differenze secondarie non devono essere messe in
risalto, non devono diventare oggetto di aspre discussioni o di dure prese di
posizione, con conseguenti reciproci anatemi, ma devono essere comprese e
intese come modi diversi di porsi al servizio del Signore: «Poiché nessuno di
noi vive per sé stesso, e nessuno muore per sé stesso; perché, se viviamo,
viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore. Sia dunque che
viviamo o che moriamo, siamo del Signore».
Le cronache quotidiane ci stanno mostrando gruppi che si oppongono
si scontrano, ognuno con la propria ricetta risolutiva e che spesso esclude gli
altri, insomma tutti nemici di tutti.
Paolo, che comunque al capitolo 15 (v. 1) si dichiarerà parte dei “forti”,
ci porta a riflettere come in ogni ambito, e specialmente in quello della fede, è
necessario che chiunque, forte o debole che sia, deve prendere atto che il
limite della nostra libertà è definito dal giudizio di Dio.
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Con la nascita di Gesù e la sua predicazione, la nostra vita acquista un
senso diverso ed anche la morte verrà trasformata da perdita di ogni cosa in
speranza di vita eterna.
La via della riconciliazione che si apre nell’incarnazione del Messia è un
annuncio di riscatto per tutti.
C’è una dichiarazione falsa, o per lo meno fuorviante, un luogo comune
che gira ogni anno in questo periodo e che sostiene: a Natale siamo tutti più
buoni, come una certa marca di panettoni.
In realtà se riflettiamo sull’incarnazione scopriamo che con essa ci viene
offerto un insegnamento di vita e di fede che parla di unità e solidarietà,
proprio l’opposto di uno schierarsi a favore o contro qualcuno o qualcosa.
Quello che ci verrà insegnato da Gesù è scoprire un mondo pieno di
diversità, e spesso di contraddizioni, ma sottomesso solo al giudizio di Dio e
non al piacere del principe del momento.
I deboli ed i forti sembrano essere separati da divisioni incolmabili,
tuttavia il Signore li guarda con la medesima compassione e non privilegia
alcuno di loro, anzi offre a tutti quel pellegrinaggio di riconciliazione dove i
forti devono abbandonare l’arroganza di un potere di cui si sono rivestiti ed i
deboli a superare le sofferenze e le umiliazioni dell’oppressione che hanno
subito.
Il vivere ed il morire in Cristo trasforma tutti in creature completamente
nuove, totalmente aperte alla grazia di Dio e sottomesse al suo giudizio, ma
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apre anche una riflessione etica, ovvero del come viviamo la nostra vita di
cristiani.
Se riflettiamo anche sulla stessa giornata del Natale (non faceva parte
dello scenario affrontato da Paolo) vediamo che anche in questo caso per
alcuni è un giorno speciale mentre per altri una data ordinaria a fianco a tante
altre, anche qui tante diversità o disaccordi che vedono credenti seguire, nella
pratica, decisioni contrapposte.
Su questo Paolo ricorda che ciascuno, nella propria testimonianza di
fede deve utilizzare le proprie capacità di ragionamento, e cioè quel
discernimento che ci porta a comprendere quale ubbidienza ci richiede
l’Evangelo.
Come dice l’apostolo Paolo: «Cristo è morto ed è tornato in vita per
essere il Signore dei morti e dei viventi».
Ora, questa fondamentale affermazione di Paolo, che può essere
considerata una sintetica confessione di fede, deve essere assunta nella nostra
vita di credenti non solo all’interno della nostra comunità, ma anche e
soprattutto all’esterno, nei confronti degli altri uomini e le altre donne della
nostra società.
Questa fondamentale affermazione di Paolo deve essere sempre
presente nella nostra mente e deve stare alla base della nostra testimonianza
evangelica.
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Se questo è vero, allora siamo tutti chiamati in quanto discepoli di Gesù
Cristo, «ciascuno secondo il dono che ha ricevuto» (1 Pietro 4,10), ad
assumerci, proprio in questa nostra società e in questo nostro tempo,
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