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Mercato
In apertura, un momento
della produzione della spirale
di bilanciamento inhouse
di un orologio A. Lange & Söhne
turato (49,4%), anche se lo shopping
online ormai vale il 10,6% in quantità
e in 5,4% di valore totale.
«Il settore, in cifre, tiene grazie alla
clientela straniera», precisa Mario Peserico, presidente di Assorologi, «ma
risente in modo pesante della crisi e
degli strumenti fiscali, che se non vengono armonizzati a livello continentale, sono solo espedienti paradossali e di facciata che danneggiano tutta
la filiera e l’Italia. Intanto, tranne pochi marchi, l’orologeria italiana è quasi scomparsa e i bei negozi, che una
volta erano presenti anche in provin-
cia, oggi resistono solo nelle grandi città e nelle località turistiche». Anche su come intervenire Peserico ha
le idee chiare: «In attesa che ripartano i consumi servono idee per preservare le tipicità italiane, magari con distretti dell’orologeria sullo stile delle
corporazioni medievali, qualcosa che
esalti la realtà italiana dall’omologazione internazionale. Inoltre non bisogna abbassare la guardia sulla contraffazione».
A livello internazionale “splende il
sole” su Swatch Group – leader mondiale del settore con 33.600 di-
IL RISULTATI NELLA PENISOLA
A fronte di un aumento, seppur minimo, del fatturato è diminuita
la quantità dei prodotti venduti (dati 2013 Gfk per Assorologi)
1,15
6,5
di euro.
Il giro d’affari
del settore
Il totale degli orologi
venduti
nei 12 mesi
miliardi
L’OROLOGERIA
ITALIANA
PARLA
STRANIERO
LA FILIERA SOFFRE IL COSTANTE CALO
DEI CONSUMI E NORMATIVE FISCALI COMUNITARIE
DISOMOGENEE, MA “RESPIRA” GRAZIE AI TURISTI
ESTERI CHE ALLACCIANO AL POLSO I MARCHI
PIÙ AUTOREVOLI
DI MICHELE MENGOLI
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milioni
+0,5%
-5,6%
La crescita
del fatturato
rispetto al 2012
La flessione del numero
di acquisti rispetto
all’anno precedente
I
n Italia l’orologeria da polso ha sviluppato nel 2013 un giro d’affari di
1,15 miliardi di euro e per la prima
volta dal 2007 ha registrato un segno
più (seppur striminzito), parliamo dello 0,5% (dati GfK per Assorologi). Nel complesso sono stati oltre 6,5 milioni gli orologi venduti (il 21% di questi per Natale) con
una flessione del 5,6% (un trend negativo che dura da 6 anni). I meccanici – automatici o manuali – pesano per il 16% come
quantità venduta e per il 40,7% per esborso
economico. Il canale di acquisto privilegiato resta quello tradizionale della gioielleriaorologeria, sia per pezzi (41,7%) che per fat-
LUCA DONDI
Richemont Group
«Abbiamo diversificato
gli strumenti diretti
alla sofisticata clientela
locale e ai turisti asiatici»
ROBERTO BECCARI
Tag Heuer
«Nonosante le difficoltà del
mercato interno, i consumi
domestici rimangono la
nostra priorità strategica»
LAURA GERVASONI
Patek Philippe
«Vanno bene gli stranieri,
ma noi invitiamo i nostri
concessionari a coltivare
la clientela italiana»
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LAURA BURDESE
Swatch Group
«Da anni lavoriamo
per migliorare la qualità
distributiva dei nostri
brand»
Mercato
pendenti e 20 marchi a presidiare
ogni segmento di prezzo – che l’anno passato ha realizzato un fatturato di 8.817 milioni di franchi svizzeri (+8,3%), un margine operativo del
27,4% e ha aumentato l’organico di
3.800 unità. «Abbiamo avuto un esercizio record nel 2013 in tutti i seg-
TRA CRISI
DEI CONSUMI
E GLOBALIZZAZIONE,
L’INTERO COMPARTO,
STA AFFRONTANDO
UN PASSAGGIO
EPOCALE
menti», afferma Laura Burdese, amministratore delegato di Swatch Group
Italia, «e per quello che riguarda l’alto di gamma continuiamo a registrare
performance molto positive sia a livello internazionale che in Italia, dove il
segmento è in crescita grazie alle opportunità offerte dal turismo e a ingenti investimenti mirati a rivitalizzare
il mercato interno. Così le aspettative
per il 2014 restano positive, puntando
soprattutto a una distribuzione selettiva e qualitativa e a una clientela sempre più orientata verso notorietà, tradizione e qualità dei brand». Peraltro,
crisi e le normative fiscali non hanno
spinto Swatch a cambiare strategie sul
prodotto e nei rapporti con i concessionari nel Belpaese. «Da sempre implementiamo strategie globali, di prodotto e marketing, di lungo termine»,
spiega Burdese, «e da anni lavoriamo per migliorare la qualità distributiva dei nostri brand sul territorio, in ottica di partnership con i nostri migliori rivenditori. In sintesi, la strategia è
sempre quella di puntare sulla qualità,
partendo in primis dal prodotto che
offriamo, dalla formazione del perso-
A. LANGE & SÖHNE
HAMILTON
TAG HEUER
PATEK PHILIPPE
nale di vendita, dal “customer service” alla comunicazione a 360 gradi,
cercando di soddisfare al massimo le
esigenze del cliente finale e garantendo un servizio eccellente».
Sempre in ambito di “colossi”, tiene
duro anche Tag Heuer (Gruppo Lvmh).
«L’orologeria meccanica rappresenta
l’82% delle vendite della nostra marca», commenta Roberto Beccari, ge-
neral manager per l’Italia «e sebbene
lo sviluppo del business con turismo
e “travel retail” stia portando grandi
soddisfazioni e raccolga sempre più
attenzione e investimenti, i consumi
domestici rimangono la nostra priorità
strategica. La situazione è difficile per
congiuntura economica e non solo,
ma riteniamo fondamentale mantenere il focus sul mercato italiano im-
Dal Sihh di Ginevra la casa sassone propone
la versione in oro rosa (44,2 mm)
dello Zeitwerk Striking Time che indica ore
e minuti a “cifre saltanti” e dispone
di una suoneria meccanica con ripetizione
delle ore e dei quarti (97.300 euro)
A Basilea, il brand di punta di Lvmh
per numero annuale di orologi prodotti,
ha presentato nella iconica cassa Carrera
(41 mm il diametro) il Calibre 5 Day-Date con
indicazioni di ore, minuti, secondi, data
e giorno della settimana (2.600 euro)
Tra i 20 marchi di Swatch Group, Hamilton
ha una posizione di rilievo nell’entry level
dell’alta gamma. Da Baselworld ritorna
il mitico Pan Europ (del 1971) con nuovo
movimento H30 (80 ore di autonomia).
Il diametro è di 42 mm (845 euro)
Il Cronografo Travel Time (Ref. 5990/1A) va ad
arricchire la collezione degli orologi Nautilus
complicati, aggiungendo al cronografo
il meccanismo Travel Time che permette di
leggere con un solo sguardo l’ora di due fusi
orari su una cassa di 45,5 mm (44.240 euro)
ECOMMERCE
Anche per l’orologeria, gli acquisti italiani effettuati on line
registrano interessanti trend di crescita
10,6%
La quota,
in quantità,
dell’ecommerce
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5,4%
La quota,
in valore,
dell’ecommerce
piegando risorse e cercando iniziative per rinforzare l’attrattiva dell’orologeria e in particolare del nostro marchio, in un momento in cui la domanda è condizionata più da variabili esogene al settore. Banalmente, stiamo
seminando per raccogliere quando lo
scenario cambierà (tenendo presente esigenze e profili delle nuove generazioni)».
A rendere ancora più difficile la situazione sono, anche per il general manager di Tag Heuer Italia, le attuali
normative fiscali (l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate il codice fiscale dell’acquirente che spende oltre 3.600 euro e il limite italiano
di mille euro per i pagamenti in contanti contro, per esempio, i 15 mila di
Belgio e Slovenia, ndr): «Sono un vero
problema per i nostri concessionari e
una “manna” per i Paesi confinanti»,
sostiene, «e mi auguro che presto alla
demagogia faccia spazio l’applicazione di un più sano e pragmatico buon
senso nell’individuazione degli strumenti per conseguire quei giusti risultati, che tutti condividiamo e auspichiamo, contro l’evasione fiscale. Per
quanto riguarda la crisi, la nostra risposta è stata presentata a Basilea,
con il lancio di un “range” di modelli “entry price”, nelle collezioni Carrera, Aquaracer e Formula 1, nel quale le componenti qualitative sono state fortemente accresciute a scapito dei
nostri margini, permettendo di offrire
un ulteriore e forte valore aggiunto ai
nostri clienti».
Senza dimenticare l’attenzione per la
clientela straniera, anche in Italia. «Il
nostro Paese dovrà sempre più assumere un ruolo catalizzatore del turismo internazionale», puntualizza Beccari, «e la percentuale di asiatici che
approdano in Italia è ancora molto limitata. Abbiamo di fronte un futuro
roseo se sapremo valorizzare le ricchezze naturali, strutturandoci per farlo. La nostra strategia di comunicazione è orientata da tempo verso codici
internazionali, senza tuttavia penalizzare le esigenze locali, ma certamente quello che è cambiato negli ultimi
anni, è l’incidenza degli investimenti
dedicati alle piazze con maggiore presenza di turismo».
RETAIL DI SUCCESSO
MARCHI AL TOP PER CLIENTI RUSSI E ASIATICI
Criticità: scontistica su brand che non hanno un giusto rapporto qualità-prezzo e fiscalità diversa tra Paesi confinanti
Come va il mercato per i retailer? Dall’identikit
della clientela finale – italiana e straniera –
al rapporto con i marchi rappresentati, fino
all’effetto dell’identificazione fiscale sulle vendite,
ecco il parere di tre rivenditori italiani di fama
internazionale; concessionari ufficiali delle marche
al top, che complessivamente, con i loro rispettivi
punti vendita, coprono tutto il territorio nazionale.
«Rispetto a vent’anni fa il nostro mestiere è
molto più faticoso», commenta Carlo Bartorelli,
dinamico numero uno dell’omonimo brand
che conta sei orologerie-gioiellerie tra riviera
Adriatica, Cortina d’Ampezzo e Forte dei Marmi,
«perché devi garantire sempre più qualità e servizi
a una clientela davvero esigente e dal profilo
internazionale. Il nostro cliente più importante è il
turista e l’uomo d’affari russo. Per noi, lo straniero,
ancora molto focalizzato sull’aspetto estetico
dell’orologio (l’italiano invece cerca contenuti di
qualità) vale fino al 70% del fatturato. La scontistica
per certe marche, non percepite al top, è alta,
perché non hanno saputo individuare un giusto
rapporto qualità-prezzo e in questo senso non sono
immuni da colpe anche le stesse multinazionali,
che hanno immesso troppo prodotto sul mercato
generando una bolla speculativa, mentre dal
punto di vista della fiscalità servono regole uguali
per tutti a livello comunitario».
Su identificazione fiscale e sconto è d’accordo
anche Umberto Verga – rappresentante della terza
generazione famigliare dell’orologeria Luigi Verga,
80 anni di storia alle spalle e tre punti vendita nel
“cuore” di Milano – che dice: «La battaglia fiscale
contro il “nero” va portata avanti con gradualità
e deve coinvolgere anche le nazioni confinanti,
altrimenti l’effetto è soltanto quello di far uscire
ricchezza dall’Italia; il fenomeno dello sconto,
invece, è legato al prezzo sbagliato deciso dalla
casa e i marchi percepiti di qualità soffrono meno».
Crisi e globalizzazione, continua Verga, «sono
due aspetti che hanno radicalmente
cambiato la nostra attività, poiché sulla
piazza milanese il cliente italiano è
diventato occasionale, mentre sono
tanti gli uomini d’affari stranieri che
comprano anche tre volte in un anno
Da sinistra a destra: Carlo Bartorelli,
numero uno dell’omonima insegna
che conta sei gioiellerie; Umberto Verga,
rappresentante della terza generazione
dell’orologeria Luigi Verga; Francesco
Restivo dei punti vendita Restivo
e Trucchi
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(prediligendo di solito casse in oro rosa). A mutare
è anche il rapporto con le case produttrici. Oggi
anche noi, come da più tempo capita ai nostri
colleghi di Londra, Parigi e New York, operiamo con
una clientela internazionale e questo può generare
delle incomprensioni a livello di concessioni con le
marche. Spesso i grandi gruppi chiedono negozi
uguali nel mondo, mentre noi non vogliamo essere
cloni di nessuno, perché la personalità italiana è
un valore aggiunto che non vogliamo perdere».
Vocazione internazionale anche per un altro leader
del mercato. «Confermo un buon andamento
delle vendite in tutte le nostre boutique da
Catania a Napoli e nelle città a forte vocazione
turistica: Taormina, Siracusa, Capri e Roma», spiega
Francesco Restivo, che con le orologerie-gioiellerie
Restivo, affiancate da quelle a marchio Trucchi,
rappresenta una delle realtà più prestigiose e
strutturate della vendita al dettaglio tra centro e
sud del Belpaese, «e il rapporto con le aziende che
rappresentiamo da anni è sempre ottimo, anche se
l’attenzione ai mercati emergenti, legata a un forte
aumento della richiesta di beni di alta gamma,
ha determinato nell’ultimo decennio una logica
di distribuzione e commercializzazione indirizzata
al controllo diretto, con continue aperture di
monomarca nelle città internazionali del mondo. Il
cliente italiano è molto oculato e legato ai marchi
di grande tradizione e sicurezza, quello straniero
ha un altro approccio, cerca il marchio particolare,
anche da ostentare». E la scontistica ha un ruolo
decisivo? «Riceviamo pochi modelli dei pezzi
più importanti e tante volte abbiamo difficoltà
ad accontentare la nostra clientela sempre a
caccia di novità», conclude. «Invece ha un ruolo
decisivo l’identificazione fiscale che ha creato
sfiducia e ha disincentivato una certa clientela
non abituata a questo tipo di normative, rendendo
proibitivo l’acquisto nelle nostre boutique italiane e
agevolando l’acquisto all’estero».
Mercato
E per Patek Philippe – prestigioso marchio indipendente che quest’anno celebra il 175esimo anniversario – che
2013 è stato? «Si è rivelato ancora un
anno positivo», esordisce Laura Gervasoni, direttore generale Italia, «sia a
livello locale che internazionale, anche se ormai diventa difficile fare una
vera distinzione tra le due tipologie di
clienti, italiani o stranieri. Il fatto che
la Penisola attiri e interessi gli stranieri per diversi aspetti (cucina, cultura, moda, città d’arte e bellezze naturali) ha sicuramento contribuito, con
soddisfazione da parte dei nostri concessionari, a un consolidamento del-
LA CRISI TENDE
A FAVORIRE
LA RICERCA
DI QUALITÀ
E AUTENTICITÀ
DEI CONTENUTI
le vendite, compensando così una diminuzione negli acquisti da parte dei
clienti locali. Inoltre, un monitoraggio costante del “sell-in/sell-out” ci ha
permesso di ben calibrare le consegne
contenendo gli stock».
Naturalmente anche Gervasoni è piuttosto critica sulle normative in vigore.
«Di certo non incentivano le vendite
alla clientela locale», commenta, «ma
la nostra politica non è comunque
mutata e i concessionari sono calorosamente invitati a coltivare la clientela italiana con maggiore attenzione
di prima, attraverso la comunicazione e gli eventi. Pertanto non sono stati
lanciati prodotti specifici per il nostro
Paese e nemmeno sono state adottate politiche di prezzo ad hoc. Discorso analogo per la strategia di comunicazione che è la stessa a livello mondiale».
Uno dei fiori all’occhiello del Gruppo Richemont è A. Lange & Söhne.
«Nel 2013 abbiamo mostrato un’ulteriore crescita di domanda», dice Luca
Dondi, direttore generale per West,
South, Central Europe and Russia/Cis,
«sia a livello italiano che internazionale, confermandoci sempre più un ri-
In questa immagine,
un particolare
di un raffinato
orologio Patek
Philippe,
di cui è riconoscibile
il caratteristico
simbolo sul pulsante
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ferimento per i collezionisti di tutto il
mondo, con picchi di crescita in Svizzera, Stati Uniti e Middle East, dove
le nostre boutique monomarca stanno performando molto bene. L’opportunità è consolidare il posizionamento tra i collezionisti di complicazioni; il rovescio della medaglia rimane
legato alla limitata capacità produttiva e alla difficoltà di reperire risorse
umane da formare in grado di produrre in un futuro prossimo le nostre opere orologiere così apprezzate quanto complesse da realizzare». E sul rapporto tra crisi e fiscalità nostrana, afferma: «Il nostro target di riferimento è
così elevato da non esserne influenzato in modo particolare. La crisi, anzi,
tende a favorire la ricerca di autenticità e qualità dei contenuti, principi
fondamentali del nostro progetto. Domande e vendite crescono, i valori dei
nostri orologi alle aste salgono e non
vi è davvero motivo di apportare cambiamenti al rapporto con i nostri partner». Lo stesso vale per le strategie di
comunicazione. «Messaggi e posizionamento del marchio non cambiano: innovazione funzionale, eccellenza nelle finiture e Made in Germany»,
dice Dondi. «Invece da qualche anno
abbiamo diversificato gli strumenti diretti alla sofisticata clientela locale
da quelli volti a “indirizzare” i grandi flussi provenienti dall’Asia. Non direi che abbiamo modificato la strategia, direi che è stata aggiornata a un
contesto più elaborato e in continua
evoluzione, dove parole come lusso,
esclusività e status hanno simboli, codici e significati differenti a seconda
della cultura e della maturità del Paese di provenienza».
Come conciliare l’“umore nero” di Peserico (Assorologi) e l’ottimismo dei
top manager di realtà primarie sullo stato di salute del nostro mercato?
Probabilmente sono i consueti due lati
della stessa medaglia. Come il settore
automobilistico – dove le eccellenze
sono al massimo storico e le case generaliste soffrono – anche l’orologeria
italiana, tra crisi, normative inadeguate e globalizzazione, sta affrontando
un passaggio epocale, che per la filiera nel suo complesso, purtroppo, non
P
si sta rivelando indolore.
Abbiamo
fatto fuori
la vecchia.
Ebbene sì, abbiamo eliminato la vecchia veste grafica, dovevamo farlo.
Con le nuove serie e il nuovo look abbiamo dato al canale una nuova identità:
uno spazio dove i brand potranno comunicare con la qualità Discovery,
e gli spettatori saranno sempre più complici di storie appassionanti.
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