fair trade rules!

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fair trade rules!
FAIR TRADE RULES!
Il Commercio Equo e Solidale per un commercio più giusto
Posizione del movimento equosolidale globale verso la VI Conferenza
ministeriale della WTO a Hong Kong
Noi, membri del movimento internazionale del Commercio Equo, sappiamo per
esperienza che il commercio può ridurre la povertà e contribuire allo sviluppo
sostenibile. Tuttavia, se non è realizzato in una maniera giusta e responsabile, il
commercio può inasprire la povertà e la disuguaglianza. Perchè il Round dello Sviluppo
di Doha mantenga le sue promesse e raggiunga veramente lo sviluppo, bisogna porre
al centro dei negoziati commerciali le necessità dei produttori piccoli ed emarginati
del Sud del mondo e delle loro comunità.
Che cos’è il Commercio Equo e Solidale?
Il Commercio Equo e solidale è una partnership commerciale, basata sul dialogo, la
trasparenza e il rispetto, che cerca di raggiungere una maggiore equità nel commercio
internazionale. Contribuisce allo sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni
commerciali e assicurando i diritti dei produttori e lavoratori emarginati, specialmente
nel Sud del mondo. Le organizzazioni del Commercio Equo, sostenute dai consumatori,
sono attivamente coinvolte nel sostenere i produttori, nel far crescere la
consapevolezza diffusa e promuovendo campagne per cambiare le regole e le pratiche
del commercio internazionale convenzionale.
Da oltre 40 anni, il Commercio Equo ha avuto un enorme successo nel far girare il
commercio a vantaggio dello sviluppo. Nelle sue pratiche, il Commercio Equo e
solidale tiene conto della dimensione sociale, economica, culturale e ambientale
attraverso un insieme rigoroso di standard volontari. Oltre 4.000 gruppi di produttori
piccoli ed emarginati e centinaia di migliaia di lavoratori nelle piantagioni e nelle
fabbriche di più di 50 Paesi in via di sviluppo sono inseriti nelle filiere del Commercio
Equo e Solidale. Più di 5 milioni di persone in Africa, America Latina e Asia traggono
beneficio dalle condizioni garantite dal Commercio Equo.
Che cosa non va nella WTO?
La liberalizzazione del commercio perseguita dall’Organizzazione mondiale del
Commercio (WTO) impedisce sempre di più agli Stati di regolare e controllare le
proprie economie. Allo stesso tempo qualche membro della WTO, essenzialmente i più
forti e i più grandi, traggono beneficio da questo approccio “a taglia unica”, che ha
trascinato in una spirale verso il basso fatta di dumping sociale ed ecologico molti altri
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Paesi in tutto il mondo. Molti produttori nel movimento del Commercio Equo hanno
sperimentato in prima persona quanti danni abbia provocato la liberalizzazione ai loro
mezzi di sussistenza.
La storia dimostra che nessuna economia nazionale è mai cresciuta grazie al solo
commercio. Nessun Paese sviluppato ha ottenuto il benessere economico senza forti
mercati interni e collegamenti economici multipli tra la produzione industriale interna,
quella agricola e le altre produzioni primarie. Questi intrecci erano favoriti da una
distribuzione diffusa delle terre, da interventi economici degli Stati e da politiche per
la gestione del commercio e la protezione della produzione e dei mercati interni.
E’ essenziale per le economie emergenti che le loro industrie di recente nascita
possano contare su un ambiente protetto nel quale poter crescere. Solo quando
avranno cominciato a diventare robuste, le piccole economie potranno affrontare la
feroce competizione del commercio internazionale - e solamente se la liberalizzazione
si accorderà ai loro piani di sviluppo nazionale. In questo processo le piccole e medie
imprese (SMEs) sono di vitale importanza. Nella maggior parte dei Paesi sviluppati le
piccole imprese sono il cuore dell’economia, impiegando la maggior parte della
popolazione lavoratrice. E’ essenziale che la politica del commercio internazionale
sostenga la crescita del settore delle piccole e medie imprese nei Paesi in via di
sviluppo, e non la indebolisca attraverso una liberalizzazione forzata.
Un principio chiave delle politiche commerciali – attualmente assente in ambito WTO –
è che ogni Paese dovrebbe avere diritto alla sicurezza e alla sovranità alimentare, e
dovrebbe essere autorizzata a proteggere i settori strategici della propria economia. Il
Commercio Equo e Solidale crede che i Paesi ricchi abbiano l’obbligo morale di fermare
ogni forma di sussidio distorsivo della concorrenza e che provochi dumping sui mercati
mondiali, poiché l’impatto di queste pratiche sui più poveri è stato devastante.
I membri della WTO si sono impegnati a rendere il ciclo di negoziati di Doha un “round
dello sviluppo”. Per ottenere questo le trattative in corso in ambito WTO dovrebbero
cambiare rotta e portare al centro dei negoziati gli interessi dei produttori piccoli ed
emarginati. Un cambiamento è possibile solo se l’agenda della WTO permetterà un
sufficiente spazio politico per analizzare le preoccupazioni delle parti più deboli, e se i
Paesi poveri potranno conservare il diritto di proteggere i settori vitali delle loro
economie, fino a che lo riterranno opportuno. Gli accordi sul commercio e i sussidi
potrebbero essere subordinati ai diritti politici, ambientali, culturali e sociali condivisi a
livello internazionale. Se il commercio deve contribuire a raggiungere uno sviluppo
sostenibile, si devono tenere in considerazione le condizioni sociali ed ambientali delle
produzioni.
Agricoltura
L‘Agricoltura rimane il maggiore settore economico nei Paesi in via di sviluppo,
impiegando quasi il 75% della popolazione ed essendo responsabile di circa metà del
Prodotto interno lordo (GDP). Sebbene la maggior parte della produzione alimentare è
ancora consumata localmente, le politiche di liberalizzazione del commercio hanno
preso il sopravvento su quelle agricole interne, restringendo la possibilità per i Governi
di sviluppare politiche orientate allo sviluppo rurale e alla sovranità alimentare.
I Paesi ricchi continuano a proteggere e a sostenere pesantemente il loro settore
agricolo, vendendo sottocosto le loro produzioni in eccesso sui mercati mondiali.
Queste politiche contribuiscono a immettere sui mercati produzioni in quantità
superiore alla domanda e a deprimere i prezzi, riducendo alla povertà milioni di piccoli
agricoltori e le loro famiglie e minando la sicurezza alimentare in molti Paesi poveri .
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Noi crediamo che i provvedimenti della WTO sull’agricoltura dovrebbero riconoscere il
diritto alla sovranità alimentare di ogni Paese, attraverso politiche locali, nazionali e
regionali appropriate.
Quindi, noi chiediamo ai membri della WTO di:
- Accordarsi in via definitiva su una data-limite per l’eliminazione di tutti i tipi di
sussidi all’esportazione di prodotti agricoli;
- Arrivare a una decisione che riorienti i sussidi interni al sostegno dell’agricoltura
familiare, allo sviluppo rurale e all’aiuto ai piccoli produttori;
- Decidere modalità significative per definire i Prodotti Speciali e un Meccanismo
di Salvaguardia Speciale (SSM) che consenta ai Paesi in via di sviluppo di
difendersi da importazioni forzose;
- Impegnarsi ad eliminare i meccanismi di escalation delle tariffe.
Materie prime “coloniali” (Commodities)
Le politiche di liberalizzazione del commercio e di aggiustamento strutturale hanno
contribuito a provocare la sovrapproduzione nella maggior parte dei prodotti agricoli
ex-coloniali. Il risultato è stato un chiaro declino nei prezzi pagati agli agricoltori, che
sono spesso obbligati a vendere i loro raccolti a prezzi inferiori ai costi di produzione.
Il Common Fund for Commodities ha stimato che tra 1 e 2.5 miliardi di piccoli
agricoltori in tutto il mondo dipendono per una gran parte delle loro entrate dalle
esportazioni di prodotti agricoli ex-coloniali. Produzioni come il caffè, il cacao e lo
zucchero di canna sono spesso intraprese da piccoli contadini che vivono ai livelli
minimi di sussistenza e hanno pochi mezzi da investire in altri prodotti o nella
diversificazione. In molti casi gli agricoltori ora ricevono appena una piccola parte dei
prezzi che ottenevano negli anni 70.
Questa crisi strutturale delle materie prime agricole ex-coloniali è una delle sfide più
importanti con le quali i Paesi in via di sviluppo si stanno confrontando. Tuttavia,
questo problema è marginalizzato nei negoziati in corso in ambito WTO.
Per questo, noi chiediamo ai membri della WTO di:
- Lavorare con l’UNCTAD e con altri organismi internazionali per intervenire
nell’emergenza delle materie prime agricole ex-coloniali, alla ricerca di una
soluzione globale in favore dei produttori piccoli e marginali dei Paesi in via di
sviluppo;
- Riconoscere la necessità di un Sistema di Gestione globale dell’offerta – così
come sperimentato con successo dal movimento del Commercio Equo e Solidale
– e supportare la realizzazione di Accordi internazionali tra Paesi produttori e
Paesi consumatori con l’obiettivo di garantire prezzi alti e stabili ai produttori;
- Sostenere la creazione di un Fondo Internazionale per la Diversificazione
Agricola per aiutare i piccoli contadini a ridurre la loro dipendenza dalle materie
prime agricole ex-coloniali.
Accesso al Mercato per i prodotti Non Agricoli (NAMA)
Molti Paesi in via di sviluppo richiedono tariffe più alte per proteggere i loro sistemi
industriali piccoli e recenti. Queste importanti protezioni sono minacciate
dall’aggressivo programma di liberalizzazioni proposto dai Paesi ricchi negli attuali
negoziati sul NAMA. Per di più, le riduzioni delle tariffe che risulteranno dai negoziati
in corso ridurranno ancora di più le entrate dei Governi nei Paesi in via di sviluppo, e
questo renderà più difficile a questi Paesi già molto poveri investire risorse aggiuntive
nei servizi pubblici. Considerando questo elemento, risulta evidente che i negoziati
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NAMA stanno minando gli avanzamenti possibili verso il raggiungimento degli Obiettivi
di Sviluppo del Millennio fissati dalle Nazioni Unite.
L’escalation delle tariffe (ossia quel meccanismo che impone dazi più bassi sulle
importazioni di materie prime e più alti sui prodotti finiti) impedisce ai piccoli
produttori di accumulare più valore aggiunto all’interno dei propri Paesi, e costituisce
un’autentica barriera allo sviluppo sostenibile. Con lo sviluppo del Commercio Equo e
Solidale nei più alti settori a valore aggiunto come il tessile, la pelle, l’abbigliamento
sportivo, le calzature e la gioielleria, il numero di produttori del Commercio Equo che
potrebbero essere colpiti dai negoziati NAMA sta crescendo.
Quindi, noi chiediamo ai Paesi membri della WTO di:
- Consentire ai Paesi in via di sviluppo di agire il principio di “non reciprocità”;
- Raggiungere un accordo che non restringa la possibilità dei Paesi in via di
sviluppo di determinare le proprie tariffe;
- Valutare l'impatto dell’erosione delle preferenze commerciali su quei paesi in via
di sviluppo che attualmente beneficiano di accordi preferenziali in virtù delle
proprie condizioni, quali l’Accordo di Cotonou e l’AGOA (Africa Growth and
Opportunity Act) prima che venga introdotta alcuna modifica ai regimi in vigore;
Trattamento speciale e differenziato
Gli accordi commerciali devono considerare le specifiche esigenze di sviluppo di ogni
Paese. Il Trattamento Speciale e Differenziato (SDT) è considerato come uno degli
strumenti principali all'interno della WTO per raggiungere questo obiettivo Il
Trattamento Speciale e Differenziato è cruciale per fare sì che i Paesi in via di sviluppo
abbiano mezzi sufficienti per adattarsi all'ambiente ferocemente competitivo del
commercio internazionale. Deploriamo la mancanza di progressi nelle trattative
relative allo SDT. Una seria considerazione delle richieste dei Paesi in via di sviluppo
per una revisione e un'implementazione delle misure di SDT già concordate, dovrebbe
rappresentare una priorità in vista dell’Assemblea ministeriale di Hong Kong.
Di conseguenza noi chiediamo ai membri della WTO di:
- Mantenere le promesse legate al “Doha Round” e dare alta priorità alle
trattative relative al Trattamento Speciale Differenziato;
- Sospendere qualsiasi tentativo per suddividere i Paesi in via di sviluppo in
sottocategorie, contro la propria volontà.
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