mappa del tesoro con depistaggi

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mappa del tesoro con depistaggi
Paolo Rodriguez
MAPPA DEL TESORO
CON DEPISTAGGI
Introduzione di
Silvio Ramat
Edizioni Helicon
(prologo)
Son partito al mattino
in un mese di maggio
dal timido binario
di una piccola stazione polifonica
dal finestrino sono andati presto
il vecchio borgo di bottegucce fioche
il campanile e le sere d’estate
coi discorsi dei grandi fuori gli usci
sempre più in fretta
gente mi si è seduta accanto
per scendere in stazioni senza nome
con saluti insolubili
mi sono addormentato su binari morti
perso coincidenze ineludibili
fatto appassire arcobaleni gracili
e intanto tramontava il sole
la sera ora riflette
la mappa di un tesoro
un intrico di rughe
su di un vetro appannato.
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Sul disfar della sera
L’intruso
La tua finestra siede in mezzo ai tetti
siepi di un infinito capovolto
che sbianca le stagioni e l’orizzonte
settant’anni è un balcone
che si sporge sul mare
un tramonto che fonde
il museo delle cere
e ti chiede e ti chiede
del niente di oggi
ma tra le sbarre delle dissolvenze
saltella il chiacchiericcio delle scuole
ride la fuga di chi suona alle porte
e sei tu
che gli apri il tuo sorriso
tu che ad un tratto
tu che varchi sospeso
sopra un filo di biro
la paura del vuoto
è per davvero ritornato maggio.
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Lumino per i giorni dei Morti
Anna ha preso l’aereo
Tanti son stati figli del baffuto
Piccolo Padre rosso
e il santo Bianco Padre
ancora ne ha milioni
mio padre era un modesto padre grigio
davvero confondibile
parlava sempre poco e pochi
sprecavano il suo vero nome
Peppino di prezioso mi ha lasciato
l’ultimo suo respiro
su un letto di ospedale
e un baule di mali
ma più di tutto quella sculacciata
(niente tuono solo un nero negli occhi
che prometteva pioggia nel sereno di festa)
fulmine solitario irripetuto
ma io lo sento ancora
e ancora mi fa bene.
Lo so da qualche tempo
non cercava più il cielo
volando in altalena
ma ci aveva promesso
starò via qualche mese
al più tardi ritorno con settembre
sta finendo novembre
e non so più dov’è
forse l’hanno sbranata
i leoni di pietra di Trafalgar
o gira immemorata e persa
in quel gran labirinto verticale
dei sotterranei di Victoria Crossing
non l’aspettiamo più
e in fondo il mondo è questo
un giorno parte l’Anna che conosci
ed al suo posto il giorno dopo siede
una donna con i capelli rossi
che pretende sapere
dove appoggiare i piedi.
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Ventricoli ventriloqui
Bar M.
Son qui ancora
vecchio pendolo esausto
ancora qui con te
che sempre è miccia corta
per scoppi di emicrania
Sempre più fitto
il chiacchiericcio
nella sala qui accanto
c’è chi vuole il caffè
drogato col ferné
chi rimane fedele
al vecchio montenegro
e fa l’areoplanino
col palmo della mano
chi si aspetta una vodka
tutta vergine e bianca
e chi nello sconcerto generale
gli basta una birrina naturale
e si sente che tutti
si divertono un mondo
canzonano da matti
chi a tressette si è perso
il due secondo
e l’altro che è sicuro
che vincerà la Juve
la coppa dei campioni
però l’anno venturo
e c’è donna Concetta
che chiede del marito
“fino all’ultimo fiato mi ha mentito
sembrava che venisse
e se n’è andato”
per te ero nient’altro
che una camera a ore
ma anch’io ero ragazzo
e non provo rancore
se mi davi in affitto
poi m’hai ristrutturato
ospito tanta gente
ma con le stesse facce
e a nessuno domandi
domani a che ora parti?
ora ho un portiere armato
tecnologia tedesca
che fa da sentinella
alla ciurma violenta
che arremba le tue vene
la domeremo insieme
almeno fino a quando
(sarà la prima volta
che prometti e non bari)
morte non ci separi.
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li sento li sentiamo
siamo sempre più larghi
stiamo sempre più stretti
con i nostri caffè sempre più freddi.
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I nonsisamai
Succede con l’età
dopo tutta una vita
senza il cirro di un male
che soffi un po’ d’artrosi
tuoni la cervicale
tracimi anche la prostata
e un intaso di globuli
faccia rossa la spia
di carenza di un dio
così con le compresse
le supposte e le fiale
parte la profilassi
paramedicinale
di santini ed icone
perché non si sa mai
sia vera quella storia
di paradiso e inferno
e il nostro Dio se c’è
sarà per forza buono
e non lesina mai
in extremis perdono
anche a chi nel baule
cercando un po’ di fede
non trova che paura.
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Piazza Tripoli
Divaricazioni
Mi hanno chiesto di te
da un macchinone ansante
fuori il prato dell’ Arco
gli ho elencato le svolte
le rotonde e i semafori
che conosco a memoria
per giungere alla spiaggia
ma mi è mancato il fiato
per dirgli non c’è più
che di te non rimane
neppure il vero nome
e che quella risacca
che portava alla riva
il luccicare degli anni all’orizzonte
ora infeltrisce il peso
dei giorni e dei minuti
e mi sospinge al largo
sempre più mi allontana
dalla città e le case
Quante partite e quanti giochi
con la stessa divisa
con lei sulle mie spalle
aggrappata ai capelli
quando avevo i capelli
e cercavo a tentoni
le mie strade
ma poi la casa dolce casa
e il caldo affascinante del camino
e lavorare di sicuro stanca
e la stanchezza che annerisce e imbianca
e alla fine scoprire
solo a tempo scaduto
che l’anima è rimasta alla sua età
con le sue vesti chiare e trasparenti
e io col mio cappotto crono-logico
non sono più capace
di far squadra con lei.
e mi vieta il ritorno.
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