La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso: un

Transcript

La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso: un
Ricerche
La qualità della vita professionale
nel lavoro di soccorso: un contributo
alla validazione italiana della
Professional Quality of Life Scale
(ProQOL)
Luigi Palestini, Gabriele Prati, Luca Pietrantoni e Elvira Cicognani
Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
Riassunto
La letteratura sul lavoro nell’emergenza ha dedicato crescente attenzione agli effetti dell’esposizione
prolungata degli operatori a incidenti critici potenzialmente traumatici nel corso della propria professione. In
questo contesto, è forte l’esigenza di disporre di strumenti di misurazione della qualità della vita lavorativa
adeguati e basati su proposte concettuali articolate. La Professional Quality of Life Scale (ProQOL) di Stamm
(2005) si inserisce in questa linea di riflessione, e si propone di misurare la qualità della vita nel lavoro di
soccorso mediante tre dimensioni: Compassion Fatigue, Burnout e Compassion Satisfaction.
Obiettivo dello studio è proporre un contributo alla validazione italiana della Professional Quality of
Life Scale. Lo strumento è stato somministrato a 939 operatori (età 18-66 anni), afferenti sia all’area
del soccorso sanitario che del soccorso tecnico. Il 74,9% è composto da volontari.
I risultati hanno confermato la bontà di una versione revisionata dello strumento originario, elaborata
tenendo conto dei problemi psicometrici evidenziati in letteratura, di un’analisi approfondita del
contenuto degli item e di analisi fattoriali confermative. Viene inoltre confermata la struttura teorica a
tre dimensioni proposta dall’autore.
Parole chiave: operatori dell’emergenza, qualità della vita professionale, Compassion
Fatigue, Burnout, Compassion Satisfaction.
Summary
The professional quality of life in accident and emergency work: A contribution to
the Italian validation of the Professional Quality of Life Scale (ProQOL)
The literature on emergency work has dedicated increasing attention to the effects of the prolonged
exposure of staff to critical incidents which are potentially traumatic during a worker’s professional
Edizioni Erickson - Trento
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 (pp. 205-227)
205
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
life. There is a strong need to have tools which are adequate and based on structured conceptual
proposals in order to measure the professional quality of life in this context. The Professional Quality
of Life Scale (ProQOL) developed by Stamm (2005) forms part of this approach and aims to measure
the professional quality of life of accident and emergency workers based on three dimensions:
Compassion Fatigue, Burnout and Compassion Satisfaction.
The study aims to provide a preliminary contribution to the Italian validation of the the Professional
Quality of Life Scale. The tool was administered to 939 accident and emergency workers (aged
between 18-66 years) involved in both the healthcare emergency area and the technical emergency
area. 74.9% of the workers were volunteers.
The results confirmed the validity of a revised version of the original tool, developed by taking into
account the psychometric problems highlighted in the literature, a detailed analysis of the content of
the items and of confirmative factor analyses. Furthermore, the theoretical, three-dimensional structure
of the scale proposed by the author is confirmed.
Keywords: accident and emergency workers, professional quality of life, Compassion
Fatigue, Burnout, Compassion Satisfaction.
INTRODUZIONE
Negli ultimi anni gli studi sulle risposte psicologiche degli operatori dell’emergenza e
i lavori di validazione degli strumenti per una loro valutazione hanno visto un crescente
incremento (Sbattella e Pini, 2007). La letteratura scientifica sugli operatori di soccorso e sul
lavoro nell’emergenza si concentra in misura sempre maggiore sugli effetti dell’esposizione
prolungata a incidenti critici potenzialmente traumatici nel corso della propria professione.
Tale esposizione si verifica su due fronti: da un lato gli operatori affrontano l’incidente
critico in sé e dall’altro si trovano a prestare aiuto agli individui coinvolti nell’evento
(Raphael, 1986; Hytten e Hasle, 1989; Fullerton, McCarroll, Ursano e Wright, 1992).
La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso risulta fortemente associata
all’intensità e alla frequenza dell’esposizione a incidenti critici essendo quest’ultima
correlata all’aumento del rischio per la salute mentale degli operatori (Weiss, Marmar,
Metzler e Ronfeldt, 1995). Le conseguenze negative sopra citate si ricollegano a due
aspetti principali. In primo luogo, un soccorritore può trovarsi ad affrontare una serie di
difficoltà psicologiche di tipo post-traumatico: la ricerca in questo senso si è focalizzata
sia su aspetti epidemiologici di prevalenza (si veda Wagner, Heinrichs ed Eklert, 1998)
che sull’evoluzione delle sintomatologie manifestate (ad esempio Ursano, Fullerton, TzuCheg e Bhartiya, 1995; Marmar et al., 1999). Inoltre, come accennato in precedenza,
l’esperienza traumatica di un soccorritore può non derivare necessariamente dall’evento
in sé, ma dalla relazione di aiuto con un individuo che sta soffrendo a causa di questo
evento (Beaton et al., 1999). In questa prospettiva una prima concettualizzazione si è
avuta con l’introduzione del termine «traumatizzazione vicaria» (McCann e Pearlman,
1990), intesa come un cambiamento in negativo degli schemi cognitivi e dei sistemi di
credenze di chi svolge una professione d’aiuto, che deriva dal coinvolgimento empatico
206
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
con le esperienze traumatiche degli utenti. Il costrutto è stato successivamente esteso fino
a comprendere sintomatologie di tipo post-traumatico ed è stato indicato da Figley (1995)
come «stress traumatico secondario», ovvero l’insieme di reazioni comportamentali ed
emotive alla conoscenza di eventi traumatici sperimentati da altri o in seguito all’aiuto o
al tentativo di aiuto a persone traumatizzate. Se si esclude il fatto che in questa particolare
condizione l’esposizione all’evento traumatico è indiretta, la tipologia di sintomi che ne
consegue è la stessa riscontrabile in un quadro clinico di disturbo da stress post-traumatico:
pensieri intrusivi, evitamento, aumento dell’arousal e più in generale una compromissione
del funzionamento dell’individuo (Figley, 1995; 2002; Figley e Roop, 2006). Lo stesso
Figley propone successivamente il costrutto di Compassion Fatigue, che maggiormente
descrive i sentimenti di profonda partecipazione e comprensione per qualcuno colpito da
sofferenza, accompagnati da un forte desiderio di alleviarne la sofferenza o eliminarne
la causa. Sebbene ci siano alcune differenze in termini di origine teorica del costrutto, i
concetti «traumatizzazione vicaria», «stress traumatico secondario» e Compassion Fatigue
possono essere considerati largamente sovrapponibili (Bride, Radey e Figley, 2007). La
Compassion Fatigue può pertanto essere considerata un rischio professionale a pieno titolo
(Adams, Boscarino e Figley, 2006; Bride, 2004; 2007). In questo senso Figley (1995)
propone che la risposta all’esposizione a un evento traumatico si inserisca in un continuum
che va da un estremo positivo, di soddisfazione lavorativa (Compassion Satisfaction) a un
estremo negativo, di logoramento (Compassion Fatigue) e delinea un modello causale per
cui lo sviluppo della Compassion Fatigue è influenzato sia dalle strategie di coping (come
il senso di raggiungimento dei propri obiettivi e il disimpegno emotivo), sia da fattori
contestuali come un’esposizione prolungata all’evento traumatico (Figley, 2002).
Se si considera la misura in cui il lavoro di soccorso è riconducibile a una professione
d’aiuto, al quadro finora descritto si affianca il rischio di sviluppare una sindrome da Burnout,
intesa come una combinazione di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e senso di
ridotta efficienza nello svolgimento della professione (Maslach, 1982), caratterizzata da
cinismo, distress psicologico, insoddisfazione, difficoltà nel funzionamento interpersonale,
ottundimento emotivo e conseguenze fisiologiche (Fothergill, Edwards e Burnard, 2004).
Il Burnout risulta associato a un ampio ventaglio di caratteristiche tipiche del lavoro di
soccorso. Maslach, Schaufeli e Leiter (2001) sottolineano tra queste la percezione del
carico di lavoro, la pressione temporale e gli stressor riferiti alla relazione con l’utenza:
tra questi si evidenzia in particolare il contrasto tra la richiesta di inibire le proprie
emozioni sul lavoro (allo scopo di mantenere un buon livello di performance) e quella di
mostrare empatia per il fatto di avere un ruolo da caregiver. In questo particolare contesto
organizzativo, la componente dell’esaurimento emotivo emerge come una caratteristica
centrale (Argentero, Bonfiglio e Pasero, 2006; Escribà-Agüir e Pérez-Hoyos, 2007).
Burnout e Compassion Fatigue possono apparire simili, ma si distinguono su
alcune dimensioni principali. Da un lato la Compassion Fatigue è improvvisa e acuta
e può emergere anche come risultato di una singola esposizione a un incidente critico;
dall’altro lato la sindrome da Burnout corrisponde a un graduale e progressivo consumarsi
dell’operatore, che si sente sopraffatto dal proprio lavoro e incapace di promuovere un
cambiamento positivo (Figley, 1995). In una ricerca di Alexander e Klein (2001) con
207
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
personale di ambulanza, l’aumento dell’incidenza di Compassion Fatigue e Burnout è
risultato associato a fattori relativi all’esposizione a eventi traumatici, come la durata
prolungata dei turni di lavoro o l’assegnazione a incarichi che comprendono un’alta
percentuale di vittime traumatizzate. Fra i fattori protettivi, una ricerca con operatori
socio-sanitari intervenuti dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 ha sottolineato il ruolo
dell’ambiente di lavoro supportivo e di una supervisione adeguata (Boscarino, Figley e
Adams, 2004).
La letteratura scientifica ha indicato anche altre variabili associate all’aumento o alla
diminuzione del rischio di incorrere nella Compassion Fatigue o in una sindrome da
Burnout: in particolare, l’appartenenza al genere femminile aumenta la vulnerabilità ai
due aspetti negativi della qualità della vita professionale (Brady, Guy, Poelestra e Brokaw,
1999; Kassam-Adams, 1999; Meyers e Cornille, 2002), mentre il grado di educazione è
protettivo nei confronti del Burnout (Abu-Bader, 2000).
Svolgere una professione di soccorso non significa tuttavia andare incontro
necessariamente a una serie di conseguenze negative. A questo proposito Stamm (2002)
introduce il concetto di Compassion Satisfaction per descrivere gli effetti positivi che un
individuo può derivare dal lavorare con persone traumatizzate o sofferenti, fra cui sensazioni
positive rispetto all’aiutare gli altri, al contribuire al bene della società e più in generale
il piacere di «fare bene il proprio lavoro». In base alla prospettiva «saluto-centrica», la
qualità della vita professionale di un soccorritore non è riconducibile esclusivamente
all’assenza di conseguenze negative, ma a uno stato di benessere psicosociale. Secondo
Stamm (2002) le componenti positive e negative della qualità della vita professionale
sono tra loro indipendenti: un individuo può essere ad alto rischio di Compassion Fatigue
e contemporaneamente ricavare soddisfazione e riconoscimento dallo svolgimento del
proprio lavoro. Tenendo in considerazione la misura in cui le dimensioni finora descritte
incidono sulla qualità della vita professionale di chi si trova a svolgere una professione
d’aiuto, Stamm (2005) ha introdotto la Professional Quality of Life Scale. Quest’ultima
è stata proposta come revisione di una scala precedente, il Compassion Fatigue Self
Test (CFST; Figley, 1995; Figley e Stamm, 1996), nel tentativo di superare i problemi
psicometrici emersi, in particolare la difficoltà di separare il Burnout dalla Compassion
Fatigue (Figley e Stamm, 1996; Jenkins e Baird, 2002; Larsen, Stamm e Davis, 2002).
Inoltre il nuovo strumento si preoccupa di includere anche una dimensione positiva della
qualità della vita professionale, ovvero la Compassion Satisfaction.
La Professional Quality of Life Scale è composta da tre scale (Compassion Fatigue,
Compassion Satisfaction e Burnout) i cui punteggi non possono essere combinati, data
la relativa indipendenza tra le variabili in esame. L’elaborazione dello strumento è stata
effettuata basandosi su oltre 1000 partecipanti a differenti studi e si è concentrata sul
mantenimento degli item più robusti dal punto di vista teorico e psicometrico: nello
specifico, sono state utilizzate analisi di coerenza interna delle tre scale, analisi fattoriali
e di invarianza multigruppo per ricavare 30 item (contro i 66 della versione precedente).
Ogni scala è composta da 10 item, di cui 7 ricavati dal Compassion Fatigue Self Test e
3 introdotti sulla scorta della letteratura più recente per aumentare la robustezza teorica
della scala.
208
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
Nonostante sia relativamente recente la Professional Quality of Life Scale ha avuto una
notevole diffusione ed è stata utilizzata per l’indagine su popolazioni di operatori di salute
mentale (Sprang, Clark e Whitt-Woosley, 2007), insegnanti (Robinson, 2005), infermieri
(Alexander, 2006; Amodeo, Goulart e Kapalka, 2006), volontari che si occupano di supporto
a vittime di trauma (Moultrie, 2004) ginecologi (Orlandini, 2007) e psicoterapeuti che
lavorano con pazienti traumatizzati (Deighton, Gurris e Traue, 2007). Data l’eterogeneità
dei contesti lavorativi in cui è stata applicata, un aspetto interessante concerne le differenze
in termini di professione. Ad esempio, Stamm (2005) ha confrontato le differenze nei
punteggi delle sottoscale fra assistenti sociali, insegnanti e operatori sanitari. Dalle analisi
sono emerse differenze significative: gli insegnanti sono più soddisfatti, gli assistenti
sociali presentano maggiori punteggi di Burnout e gli operatori sanitari minori punteggi
nella Compassion Fatigue. Una ricerca italiana ha evidenziato che le ginecologhe che
lavorano nell’ambito del soccorso alla violenza sessuale tendono a riportare maggiori
punteggi di Compassion Fatigue rispetto a un gruppo di controllo di ginecologhe che
non ricoprono tali compiti (Orlandini, 2007). Infine, si è messo in luce che il personale
che presta soccorso volontariamente piuttosto che nell’ambito di una professione tende a
riportare migliori punteggi di qualità della vita, misurati mediante la Professional Quality
of Life Scale (Dean, Gow e Shakespeare-Finch, 2003). Un secondo elemento di interesse
appare nelle differenze emerse in termini di genere dei partecipanti: in accordo con quanto
già emerso in letteratura, lo studio di Sprang et al. (2007) mette in luce come le donne siano
maggiormente a rischio di incorrere in Compassion Fatigue e Burnout.
Nonostante tali risultati promettenti, va rilevato che al momento attuale non esistono
ancora studi di validazione che confermino la struttura fattoriale della scala (Bride et al.,
2007). La maggior parte delle ricerche che utilizzano la Professional Quality of Life Scale
si ricollegano a tale assenza di una validazione di costrutto e riportano le caratteristiche
psicometriche dello strumento originale (Compassion Satisfaction α = 0,87; Compassion
Fatigue α = 0,80; Burnout α = 0,72; Stamm, 2005).
Alcuni studi riportano un’analisi degli indici di coerenza interna per le tre scale della
Professional Quality of Life Scale riscontrati in base ai dati raccolti. In particolare, in uno
studio di Abendroth (2005) su un campione di infermieri sono stati riscontrati indici pari
a α = 0,86 per la Compassion Satisfaction, α = 0,81 per la Compassion Fatigue e α = 0,69
per il Burnout, pertanto non dissimili da quelli dello studio originale. Parallelamente, lo
studio di Lounsbury (2006) su counselor che lavorano con vittime di eventi traumatici
ha riscontrato indici di coerenza interna simili agli originali (Compassion Satisfaction
α = 0,88; Compassion Fatigue α = 0,84; Burnout α = 0,72). Una ricerca di Linley e
Joseph (2007) svolta su un campione di psicoterapeuti ha evidenziato invece indici di
coerenza interna più ridotti (Compassion Satisfaction α = 0,83; Compassion Fatigue α =
0,70; Burnout α = 0,61). Nell’insieme queste ricerche, effettuate utilizzando le tre scale
teoriche, evidenziano che i coefficienti di coerenza interna non sono complessivamente
soddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda la dimensione del Burnout.
Tuttavia il problema riscontrato nell’uso di questo strumento concerne la scarsità di
studi che ne sottopongono a esame la struttura fattoriale: solo lo studio di Smit (2006)
svolto su una popolazione di operatori di sanità pubblica presenta i risultati dell’analisi
209
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
fattoriale esplorativa effettuata sugli item della Professional Quality of Life Scale, rilevando
la presenza di due fattori principali. Il primo fattore è composto dalla dimensione della
Compassion Satisfaction e dagli item a sfondo positivo della dimensione del Burnout (α
= 0,80); il secondo fattore è composto dalla dimensione della Compassion Fatigue e dagli
item a sfondo negativo della dimensione del Burnout (α = 0,70). Sembrerebbe pertanto che
la mera formulazione degli item risulti determinante e che dal punto di vista concettuale
la dimensione del Burnout tenda a sovrapporsi con le altre due. Una possibile spiegazione
è da ricercarsi in primis nel fatto che cinque item della scala Burnout (in particolare, «mi
sono sentito/a felice», «mi sono sentito/a di star bene con gli altri», «ho sentito di avere
dei valori forti che mi fanno andare avanti», «mi sono sentito/a di essere la persona che
ho sempre voluto essere», «mi sono sentito/a una persona molto sensibile») non sembrano
essere specifici di questa dimensione, ma hanno un significato più generale e tendono ad
aggregarsi con gli altri item positivi dello strumento, nella fattispecie la scala Compassion
Satisfaction (Smit, 2006).
In secondo luogo, si rileva una scarsa corrispondenza fra il contenuto di alcuni item
e il costrutto teorico che essi intendono misurare. Ad esempio, l’item: «Ho avuto dei
problemi di sonno a causa delle esperienze forti vissute durante i soccorsi», appartenente
alla scala Burnout, rappresenta un’espressione di una sintomatologia più riconducibile alla
Compassion Fatigue in quanto esprime l’effetto di esperienze ad alto impatto e a bassa
frequenza come quelle traumatiche. Al contrario, gli item: «Mi sono sentito/a nervoso per
motivi legati al mio lavoro di soccorritore», «Il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto
sentire depresso/a» e «Ho trovato difficile separare la vita privata dal lavoro di soccorritore»,
appartenenti alla scala Compassion Fatigue, ci sembrano cogliere più adeguatamente il
fenomeno del Burnout in quanto esprimono il senso di logorio continuo del soccorritore
piuttosto che la conseguenza dell’esposizione vicaria a eventi traumatici.
Questi diversi elementi di criticità impongono pertanto l’esigenza di effettuare
un’analisi più approfondita delle caratteristiche dello strumento, anche in vista di un suo
adattamento al contesto italiano, nell’ambito del quale l’esigenza di disporre di strumenti
di misurazione adeguati a questa tipologia di operatori è ormai da più parti avvertita
(Sbattella e Pini, 2007).
Obiettivi e ipotesi
L’obiettivo di questo studio era offrire un primo contributo alla validazione italiana
della Professional Quality of Life Scale. A differenza di quanto generalmente riscontrato
in letteratura, la ricerca si è focalizzata maggiormente su un campione di soccorritori di
area sanitaria operanti nell’emergenza extraospedaliera e di soccorritori di area tecnica
(nello specifico Vigili del fuoco). Si è inteso verificare la bontà della scala dal punto di
vista delle proprietà strutturali (medie, deviazioni standard, correlazioni corrette itemtotale), dell’attendibilità (alfa di Cronbach) e della validità convergente e discriminante
delle dimensioni (analisi fattoriale confermativa).
L’analisi della letteratura esistente, soprattutto in lingua inglese, ha evidenziato come
non esistano studi di validazione che confermino la struttura fattoriale della scala. Alla
210
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
luce delle criticità emerse, un obiettivo specifico di questo studio era indagare la struttura
fattoriale, per verificarne la tenuta dal punto di vista sia psicometrico che teorico.
In seconda battuta si volevano indagare le differenze nei punteggi in base al genere
dei soccorritori, alla condizione di servizio (volontario o professionale), all’appartenenza
all’area tecnica (Vigili del fuoco) piuttosto che sanitaria (118) del soccorso, all’anzianità
di servizio e al grado di istruzione.
In accordo con i risultati emersi nelle ricerche precedenti, ci si aspettava che le
partecipanti donne mostrassero livelli più elevati di Compassion Fatigue e Burnout rispetto
ai colleghi maschi. Coerentemente con i risultati di Dean et al. (2003), invece, si ipotizzava
che i soccorritori volontari riportassero maggiori punteggi nella scala Compassion
Satisfaction e minori punteggi nelle scale Compassion Fatigue e Burnout.
Per quanto riguarda il grado di istruzione l’ipotesi era che vi fosse una relazione
lineare non solo con il Burnout, ma con i punteggi di tutte le scale, poiché si presume
che all’aumentare del livello educativo corrispondano differenze in termini di mansioni,
responsabilità e status che riducono la frequenza di contatto con gli individui soccorsi.
Si intendeva infine indagare, a livello esplorativo e senza porre ipotesi specifiche al
riguardo, una possibile relazione tra l’anzianità di servizio, l’appartenenza all’area tecnica
vs quella sanitaria e le tre dimensioni della Professional Quality of Life Scale.
METODO
Partecipanti
Hanno partecipato alla ricerca 939 operatori dell’emergenza, afferenti sia all’area del
soccorso sanitario che del soccorso tecnico: il 74,9% (n = 703) è volontario, il 90,4% (n =
849) appartiene al soccorso sanitario e il 71,5% (n = 671) è di sesso maschile. L’anzianità di
servizio nello svolgimento dell’attività di soccorritore va da un minimo di 0 a un massimo
di 36 anni con una media di 9,38 anni (DS = 7,44). L’età dei soggetti va da un minimo di
18 anni a un massimo di 66 anni con una media di 33,91 (DS = 9,73). La maggior parte
(n = 527, 56,1%) degli operatori ha conseguito un diploma di scuola media superiore; a
seguire come livello di istruzione abbiamo operatori in possesso di una laurea quinquennale
(n = 212, 22,6%), di una licenza di scuola media inferiore (n = 126, 13,4%) e di una laurea
triennale (n = 74, 7,9%).
Procedura
Ai partecipanti è stata somministrata la scala Professional Quality of Life Scale,
Compassion Satisfaction and Fatigue Subscales – Revision IV (Stamm, 2005) che va
a indagare il benessere professionale dei soccorritori tenendo in considerazione tre
dimensioni: Compassion Satisfaction (CS), Burnout (BO) e Compassion Fatigue (CF).
La consegna era di indicare con quale frequenza nel mese precedente si fossero verificate
le situazioni descritte dalle affermazioni. Ogni item è misurato su una scala da 1 = mai a 5
= molto spesso. La scala originaria consta di 30 item. Dalla scala originale sono stati esclusi
211
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
in via preliminare due item. Il primo («Ho pensato di essere un soccorritore modello»)
è stato ritenuto in primo luogo non appropriato per il contesto culturale italiano che, a
differenza di quello statunitense in cui è stata elaborata la scala, è presumibilmente meno
orientato all’enfatizzazione di caratteristiche personali positive nello svolgimento della
propria professione; in seconda battuta, ci è sembrato che il contenuto stesso dell’item
apparisse ambiguo, in quanto avrebbe potuto ricadere tanto nella scala Compassion
Satisfaction quanto nella scala Burnout, riferendosi in questi termini alla capacità di
ottenere risultati positivi sul lavoro. Il secondo item escluso («Sono felice di aver scelto
questo lavoro») non è invece adattabile ai soccorritori che prestano servizio volontario: per
questo sottocampione l’attività di soccorso in primis non è considerabile come un lavoro;
in seconda battuta, i soccorritori volontari possono abbandonare l’attività in qualsiasi
momento in cui la scelta non sia più motivo di soddisfazione.
Per la somministrazione dei questionari si è scelto di utilizzare una modalità digitale
(sotto forma di somministrazione online). Il questionario è stato pubblicato sulla pagina
web del sito del gruppo di psicologia dell’emergenza dell’Università di Bologna (http://
emergenze.psice.unibo.it/ricerca.soccorritori.html): prima della compilazione dello
strumento gli operatori hanno avuto la possibilità di ottenere informazioni generali sugli
scopi della ricerca e hanno espresso il consenso informato necessario a partecipare alla
ricerca, oltre a dichiarare di essere maggiorenni e operatori nell’ambito dell’emergenza.
Allo scopo di ottenere un’ampia rappresentatività del campione nel territorio italiano,
contestualmente alla pubblicazione del questionario online avvenuta ad aprile 2007 è stata
inviata un’e-mail di avviso ai gestori dei siti web delle principali organizzazioni di operatori
dell’emergenza (Vigili del fuoco, Croce rossa, 118, pubblica assistenza, Protezione civile,
ecc.). L’e-mail conteneva una presentazione generale dello studio e una richiesta di
collaborazione al progetto mediante l’inserimento di un link (collegamento ipertestuale)
sulla propria home page diretto al sito dell’Università di Bologna in cui era ospitato il
questionario, allo scopo di invitare i visitatori del sito a compilare lo strumento.
Al di là della già evidenziata possibilità di raggiungere un campione più ampio e
distribuito su tutto il territorio nazionale, la scelta di utilizzare un questionario online ci è
sembrata appropriata dal momento che nelle organizzazioni di operatori dell’emergenza
generalmente si dispone di una connessione a internet e, in molti casi, un sito web gestito
dall’organizzazione stessa.
Analisi statistica
Per analizzare i dati ottenuti con questa ricerca sono stati utilizzati i programmi Spss
versione 15.0 per le analisi preliminari e della varianza ed Eqs versione 6.1 per le analisi
fattoriali confermative. Come limite per la significatività dei risultati è stato stabilito p <
0,05.
È stata condotta un’analisi dei valori mancanti in base alla quale si è provveduto a
escludere 45 partecipanti che riportavano percentuali di missing superiori al 50%. Il risultato
del Little’s MCAR test, χ2 (1685) = 2053,511, p = 0,00, ci indica che i valori mancanti
non sono completamente casuali. Dal momento che non vi sono variabili con percentuali
212
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
di valori mancanti superiori al 5% abbiamo ritenuto opportuno non ricorrere alla loro
stima tramite imputazione multipla. I valori mancanti sono stati stimati tramite il metodo
basato sull’algoritmo EM, la cui superiorità rispetto ai metodi classici di imputazione è
stata dimostrata (Schafer e Graham, 2002). Si è preferito utilizzare in questa procedura il
software Norm v. 2.03 (Schafer, 2000) a causa di bias presenti in SPSS per questa tecnica
di imputazione di dati mancanti (von Hippel, 2004).
Prima di effettuare le analisi fattoriali è stata verificata l’assunzione della normalità
multivariata seguendo le procedure proposte da DeCarlo (1997). Da questa analisi è emerso
che l’assunzione di normalità multivariata non è rispettata per i dati in questione per cui
nella successiva analisi fattoriale confermativa è stata utilizzata la stima della massima
verosimiglianza con una correzione robusta, che previene problemi legati alla distribuzione
normale multivariata (Satorra e Bentler, 1994).
Allo scopo di verificare la struttura fattoriale della Professional Quality of Life Scale
è stata applicata l’analisi fattoriale confermativa. L’analisi fattoriale confermativa risulta
essere una procedura appropriata per verificate la validità di costrutto in quanto consente di
esaminare il grado in cui alcuni item saturano congiuntamente uno specifico fattore (validità
convergente) e mostrano saturazioni nulle con i restanti fattori (validità discriminante).
Nella presente ricerca sono stati utilizzati i seguenti indici per valutare la bontà
dell’adattamento del modello: 1) il test del chi quadrato indica il grado di discrepanza tra
matrice osservata e attesa. Tuttavia questo test è sensibile all’ampiezza campionaria per cui
vi è il rischio di respingere un modello per motivi puramente matematici, indipendentemente
dalla sua effettiva validità; 2) la radice quadrata della media dell’errore di approssimazione
(Root Mean Square Error of Approximation, RMSEA): valori inferiori o uguali a 0,05;
0,08; 0,10 indicano rispettivamente un fit ottimo, accettabile o mediocre (Browne e
Cudeck, 1993; Marsh, Hau e Wen, 2004); 3) Comparative Fit Index (CFI) e Non-Normed
Fit Index (NNFI), indici di fit incrementale basati sul confronto tra l’adattamento del
modello ipotizzato e l’adattamento del modello nullo (in cui tutte la variabili sono prive di
correlazione e dove gli unici parametri da stimare sono le varianze d’errore). In letteratura
vi sono discordanze: da una parte si considerano accettabili valori uguali o superiori a
0,90 (Bentler, 1990), dall’altra in modo più conservativo si richiedono valori uguali o
maggiori di 0,95 (Hu e Bentler, 1999). Quest’ultimo criterio risulta essere eccessivo e non
generalizzabile secondo Marsh, Hau e Wen (2004) per cui consideriamo accettabili indici
di fit maggiori o uguali a 0,90.
Tramite la statistica r di Pearson si sono verificate le relazioni fra le tre scale e le
variabili età e anzianità di servizio.
In seguito si sono effettuati confronti fra i diversi gruppi di soccorritori (genere,
condizione di servizio, tipo di soccorso e grado di istruzione) tramite analisi della varianza:
nei casi in cui l’assunzione di omogeneità della varianza non è stata soddisfatta si è ricorsi
alla statistica del Welch F, che effettua l’analisi correggendo i problemi dovuti a questa
violazione (Field, 2005). Nell’analisi delle medie per il grado di istruzione si è condotta
un’analisi dei contrasti per la stima di effetti lineari.
Infine sono stati calcolati i percentili, ossia valori di posizione che dividono la
distribuzione delle frequenze osservate in cento parti uguali (con lo stesso numero di
213
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
casi). Nello specifico sono stati calcolati i decili e gli interquartili i cui valori dividono
rispettivamente la distribuzione in 10 parti uguali o in 4 parti uguali.
RISULTATI
I punteggi raccolti sono stati sottoposti a un’analisi descrittiva degli item (media, DS,
asimmetria e curtosi) dalla quale sono emersi risultati accettabili. Successivamente è stata
applicata una prima analisi fattoriale confermativa per verificare la struttura originaria a
tre fattori della scala (modello 1): i risultati, esposti nella tabella 1, indicano chiaramente
che gli indici di fit non appaiono altrettanto accettabili.
Tabella 1 – Analisi fattoriale confermativa e relativi indici di fit per diversi modelli
della scala (N = 939; NFI = Normed Fit Index; RMSEA = Root Mean Squared Error
of Approximation; CFI = Comparative Fit Index; * p < 0,001)
S-Bχ2
g.l.
RMSEA
NNFI
CFI
1. Modello a tre
fattori (28 item)
2042,50*
347
0,072
0,671
0,698
2. Modello a 22
item
704,24*
206
0,051
0,865
0,880
3. Modello a 22
item rivisto
495,12*
206
0,039
0,922
0,931
Modello
Sono state quindi esaminate le proprietà psicometriche degli item sulla base dei
seguenti criteri: a) correlazioni corrette (< 0,30) item-totale della scala; b) saturazioni
fattoriali standardizzate (< 0,25) nell’analisi fattoriale confermativa (modello 1 in tabella
1); c) presenza di saturazioni fattoriali simili su più fattori. L’applicazione di questi criteri
ha condotto all’eliminazione di sei item: cinque di questi coincidono con gli item della
scala bornout che erano stati giudicati troppo generali («Mi sono sentito/a felice», «Mi
sono sentito/a di star bene con gli altri», «Ho sentito di avere dei valori forti che mi fanno
andare avanti», «Mi sono sentito/a di essere la persona che ho sempre voluto essere», «Mi
sono sentito/a una persona molto sensibile»); a questi si aggiunge un item della scala della
Compassion Fatigue («Mi sono sentito/a preoccupato/a per le persone che soccorro»).
Sui 22 item restanti è stata applicata una seconda analisi fattoriale confermativa che ha
dato risultati più soddisfacenti rispetto al modello originario e complessivamente accettabili
(modello 2 in tabella 1). Tuttavia, alla luce della scarsa congruenza evidenziata in sede
introduttiva fra il contenuto di alcuni item e il rispettivo costrutto teorico, è stato testato un
ulteriore modello a tre fattori che prevedeva lo spostamento di un item dalla scala bornout alla
scala Compassion Fatigue («Ho avuto dei problemi di sonno a causa delle esperienze forti
214
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
vissute durante i soccorsi») e di tre item dalla scala Compassion Fatigue alla scala bornout
(«Mi sono sentito/a nervoso per motivi legati al mio lavoro di soccorritore», «Il mio lavoro
come soccorritore mi ha fatto sentire depresso/a» e «Ho trovato difficile separare la vita
privata dal lavoro di soccorritore»). Come si può vedere dai risultati (tabella 1), il modello 3
presenta indici di fit decisamente migliorati che raggiungono livelli ottimali.
Sulla base delle nostre ipotesi teoriche e dei dati ricavati riteniamo pertanto opportuno
accettare le revisioni proposte per il modello 3 (in appendice sono riportati gli item della
scala rivista). Nella tabella 2 sono riportate le statistiche descrittive per ciascun item. I
coefficienti di correlazione item-scala totale corretti sono tutti superiori a 0,40 a esclusione
dell’item «Mi sono sentito/a di poter fare la differenza sul lavoro» appartenente alla scala
della Compassion Satisfaction. I valori dell’alfa di Cronbach sono soddisfacenti per tutte
e tre le scale e non risultano item che, se esclusi, possano migliorare in modo sensibile
gli indici di coerenza interna. Le saturazioni fattoriali dell’analisi confermativa sono tutte
uguali o superiori a 0,40. I valori di asimmetria e curtosi sono rispettivamente di -0,53 e
1,17 per la scala Compassion Satisfaction, 1,07 e 1,55 per la scala bornout, 1,33 e 2,96
per la scala Compassion Fatigue.
Tabella 2 – Medie, Deviazioni standard, coefficienti di correlazione item-scala totale
corretti, valori di α senza l’item specifico e saturazioni fattoriali standardizzate
derivate dall’analisi fattoriale (Modello 3). Il punteggio dei singoli item varia da 1 a
5. Il punteggio complessivo per la scala Compassion Satisfaction va da 8 a 40 e per
le scale Burnout e Compassion Fatigue va da 7 a 35
Correlazioni
corrette itemtotale
α
Saturazioni
fattoriali
standardizzate
Media
DS
Compassion Satisfaction
30,95
4,53
Ho avuto soddisfazioni nel
sentirmi capace di soccorrere le persone
4,00
0,77
0,60
0,81
0,76
Mi sono sentito/a
rafforzato/a dopo aver lavorato come soccorritore
3,73
0,91
0,54
0,82
0,60
Mi è piaciuto il mio lavoro
come soccorritore
4,37
0,68
0,53
0,82
0,79
Mi sono sentito/a
soddisfatto/a delle mie
capacità di cavarmela con
le procedure e le tecniche
di soccorso
4,07
0,71
0,59
0,81
0,77
0,84
(continua)
215
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
(continua)
Media
DS
Correlazioni
corrette itemtotale
α
Saturazioni
fattoriali
standardizzate
Sono giunto/a alla conclusione che il mio lavoro mi
ha reso soddisfatto/a
3,92
0,80
0,62
0,81
0,72
Mi sono sentito/a felice
quando ho pensato alle
persone soccorse ed alle
mie capacità di aiutarle
3,88
0,85
0,63
0,81
0,71
Mi sono sentito/a di poter fare la differenza sul
lavoro
3,00
1,02
0,37
0,85
0,91
Mi sono sentito/a fiero di
quello che riesco a fare
come soccorritore
3,97
0,85
0,70
0,80
0,63
Burnout
13,02
4,46
Ho trovato difficile separare la vita privata dal lavoro di soccorritore
2,42
1,18
0,41
0,80
0,89
Mi sono sentito/a come
intrappolato/a nel mio lavoro di soccorritore
1,43
0,79
0,60
0,76
0,75
Mi sono sentito/a nervoso
per motivi legati la mio
lavoro di soccorritore
1,95
0,99
0,62
0,75
0,70
Il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto sentire
depresso/a
1,42
0,73
0,57
0,76
0,74
A causa del mio lavoro
come soccorritore mi sono
sentito/a come esaurito/a
1,67
0,92
0,62
0,75
0,71
Mi sono sentito/a
sovraccaricato/a dalla
quantità di lavoro e dalla
varietà di casi da affrontare
3,00
1,02
0,54
0,77
0,79
0,80
(continua)
216
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
(continua)
Media
DS
Correlazioni
corrette itemtotale
α
Saturazioni
fattoriali
standardizzate
Mi sono sentito/a
limitato/a nel mio lavoro
1,96
0,99
0,42
0,79
0,89
Compassion Fatigue
11,96
3,87
Ho sussultato o mi sono
agitato quando ho sentito
rumori improvvisi
2,12
1,03
0,40
0,72
0,89
Ho avuto dei problemi di
sonno a causa delle esperienze forti vissute durante
i soccorsi
10,57
00,87
0,57
0,68
0,70
Ho pensato di essere
stato/a scosso/a dai traumi delle persone che ho
soccorso
1,80
0,88
0,59
0,68
0,68
Ho sentito di provare gli
stessi traumi di qualcuno
che ho soccorso
1,43
0,75
0,42
0,72
0,87
Ho evitato certe attività
o situazioni perché mi
ricordavano le esperienze
terribili delle persone che
ho soccorso
1,44
0,79
0,41
0,72
0,89
A causa del mio lavoro di
soccorso mi sono venuti in
mente ricordi terribili
1,68
0,87
0,58
0,68
0,73
Non sono riuscito a ricordare alcuni momenti di un
intervento con persone
traumatizzate
1,93
0,96
0,25
0,76
0,96
0,74
Nella tabella 3 è presentata la matrice di correlazione di Pearson per le variabili
età, anzianità di servizio, Compassion Satisfaction, bornout e Compassion Fatigue.
Dall’analisi emerge che le dimensioni Burnout e Compassion Satisfaction sono altamente
correlate fra loro. Il Burnout correla negativamente in modo modesto con la Compassion
Satisfaction mentre tra Compassion Fatigue e Compassion Satisfaction non vi è una
217
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
relazione significativa. L’età e l’anzianità lavorativa non correlano con la dimensione
Compassion Satisfaction mentre presentano relazioni significative con le dimensioni
Burnout e Compassion Fatigue.
Tabella 3 – Matrice di correlazione di Pearson per le variabili età, anzianità di
servizio, Compassion Satisfaction, Burnout e Compassion Fatigue (N = 883-939; *
p < 0,01; ** p < 0,001)
1. Età
2. Anzianità di servizio
3. Compassion Satisfaction
4. Burnout
5. Compassion Fatigue
1
2
3
4
5
—
0,64***
-0,05
0,06
0,10**
—
0,02
0,04
0,09**
—
-0,09**
0,01
—
0,61**
—
Analizzando le differenze di genere, gli uomini tendono a riportare punteggi
significativamente più alti (M = 31,17, DS = 4,62) nella dimensione della CS rispetto
alle donne (M = 30,42, DS = 4,25), F (1,937) = 5,21, p = 0,023, η 2 = 0,006. Nella
dimensione BO si riscontra una differenza significativa fra uomini (M = 12,80, DS
= 4,40) e donne (M = 13,55, DS = 4,59), F (1,937) = 5,42, p = 0,020, η2 = 0,006. Allo
stesso modo si riscontra nella dimensione CF una differenza significativa fra uomini
(M = 11,67, DS = 3,85) e donne (M = 12,69, DS = 3,82), F (1,937) = 13,45, p < 0,001,
η2 = 0,014.
Prendendo in considerazione le differenze relative alla condizione di servizio, non ci
sono differenze nella CS tra coloro che svolgono un’attività professionale (M = 30,55, DS
= 4,60) e coloro che prestano servizio volontario (M = 31,09, DS = 4,50), F (1,937) = 2,56, p
= 0,110. Nella dimensione BO rileviamo una differenza significativa fra professionisti (M
= 14,34, DS = 5,04) e volontari (M = 12,57, DS = 4,16), Welch F (1,937) = 23,75, p < 0,001,
η2 = 0,030. Allo stesso modo si riscontra nella dimensione CF una differenza significativa
fra professionisti (M = 12,55, DS = 4,14) e volontari (M = 11,77, DS = 3,75), Welch F
= 6,65, p = 0,010, η2 = 0,008.
(1,937)
Nell’analizzare le differenze relative all’area di soccorso, i partecipanti appartenenti
all’area del soccorso tecnico tendono a riportare punteggi significativamente più elevati
nella dimensione della CS (M = 31,92, DS = 4,73) rispetto a coloro che appartengono
all’area del soccorso sanitario (M = 30,85, DS = 4,50), F (1,937) = 4,57, p = 0,033, η2 =
0,005. Nella dimensione BO non emergono differenze significative tra gli appartenenti
all’area tecnica (M = 13,68, DS = 4,66) e gli operatori dell’area sanitaria (M = 12,95,
DS = 4,44), F (1,937) = 2,18, p = 0,140. Nella dimensione della CF si osserva invece una
218
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
differenza significativa fra appartenenti all’area tecnica (M = 12,91, DS = 4,52) e sanitaria
(M = 11,86, DS = 3,78), Welch F (1,937) = 4,51, p = ,036, η2 = 0,006.
Analizzando le differenze in termini di livello di istruzione troviamo differenze
significative relative alla dimensione della CS, F (3,935) = 3,79, p = 0,010, η2 = 0,012,
ma non per le dimensioni BO, F (3,935) = 2,13, p = 0,095, e CF, F (3,935) = 0,41, p = 0,749.
L’analisi dei contrasti per la stima ponderata di effetti lineari evidenzia un trend lineare
significativo per la CS, per cui all’aumentare del grado di istruzione tende a diminuire il
punteggio di CS (scuola media inferiore M = 31,45, DS = 4,20; scuola media superiore
M = 31,24, DS = 4,35; laurea triennale M = 30,14, DS = 5,06; laurea quinquennale M =
30,24, DS = 4,86), F (1,935) = 9,92, p = 0,002.
Nella tabella 4 sono infine mostrati i percentili (nello specifico i decili e gli interquartili)
delle tre dimensioni Compassion Satisfaction, Burnout e Compassion Fatigue sulla base
delle variabili genere, condizione di servizio e tipo di soccorso prestato, in modo da fornire
un plausibile quadro di riferimento per la lettura e l’interpretazione dei risultati alle singole
scale.
Tabella 4 – Decili e interquartili delle dimensioni Compassion Satisfaction, Burnout
e Compassion Fatigue sulla base delle variabili genere, condizione di servizio e
tipo di soccorso prestato (CS = Compassion Satisfaction, BO = Burnout e CF =
Compassion Fatigue)
Uomini
Donne
Percentili
CS
BO
CF
Percentili
CS
BO
CF
10
25,0
8,0
8,0
10
24,9
8,0
8,0
20
28,0
9,0
9,0
20
27,0
9,0
9,0
25
28,0
9,0
9,0
25
28,0
10,0
10,0
30
29,0
10,0
9,0
30
28,7
11,0
10,0
40
30,0
11,0
10,0
40
30,0
12,0
11,0
50
31,0
12,0
11,0
50
31,0
13,0
12,0
60
32,0
13,0
12,0
60
31,4
14,0
13,0
70
34,0
14,0
13,0
70
33,0
15,0
14,0
75
34,0
15,0
14,0
75
33,0
16,0
15,0
80
35,0
16,0
14,0
80
34,0
17,0
16,0
90
37,0
29,4
17,0
90
36,0
20,0
18,0
(continua)
219
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
(continua)
Servizio volontario
Servizio professionista
Percentili
CS
BO
CF
Percentili
CS
BO
CF
10
25,0
8,0
8,0
10
25,0
8,0
8,0
20
28,0
9,0
9,0
20
27,0
10,0
9,0
25
28,0
9,0
9,0
25
28,0
11,0
9,0
30
29,0
10,0
9,0
30
28,0
12,0
10,0
40
30,0
11,0
10,0
40
30,0
13,0
11,0
50
31,0
12,0
11,0
50
31,0
13,0
12,0
60
32,0
13,0
12,0
60
32,0
15,0
13,0
70
34,0
14,0
13,0
70
33,0
17,0
14,0
75
34,0
15,0
14,0
75
34,0
17,0
15,0
80
35,0
16,0
15,0
80
34,0
18,0
16,0
90
37,0
18,0
17,0
90
36,0
21,0
18,0
Area tecnica
220
Area sanitaria
Percentili
CS
BO
CF
Percentili
CS
BO
CF
10
26,0
9,0
8,0
10
25,0
8,0
8,0
20
28,2
10,0
9,0
20
27,0
9,0
9,0
25
29,0
10,0
9,0
25
28,0
9,5
9,0
30
30,0
10,0
10,0
30
29,0
10,0
9,0
40
31,4
11,4
11,0
40
30,0
11,0
10,0
50
32,0
13,0
12,0
50
31,0
12,0
11,0
60
33,6
14,0
13,6
60
32,0
13,0
12,0
70
34,7
15,0
14,7
70
33,0
15,0
13,0
75
35,0
16,3
15,0
75
34,0
15,0
14,0
80
35,0
17,0
16,0
80
35,0
16,0
15,0
90
38,0
20,0
18,9
90
37,0
19,0
17,0
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
In questo studio ci siamo proposti di offrire un primo contributo alla validazione italiana
della Professional Quality of Life Scale di Stamm (2005). Il nostro studio ha testato in
modo approfondito le proprietà della versione italiana della Professional Quality of Life
Scale da noi elaborata, evidenziandone principalmente una serie di potenziali punti deboli
per i quali proponiamo una revisione, al fine di utilizzare la scala anche nel nostro contesto
culturale.
In primo luogo, appare chiaro che non tutti gli item proposti da Stamm hanno una
tenuta psicometrica sufficientemente forte da giustificarne il mantenimento all’interno
delle scale. Inoltre, analizzando nuovamente gli item alla luce della letteratura disponibile
è stata introdotta una revisione strutturale dello strumento, eliminando in prima battuta
gli item dal significato più generale che non saturavano in modo forte su una dimensione.
In modo inaspettato è risultato che anche l’item relativo al sentimento di preoccupazione
per le persone soccorse non satura in modo deciso sul fattore della Compassion Fatigue. È
possibile che la componente della preoccupazione non sia intesa necessariamente in senso
negativo, ma che rappresenti anche un aspetto positivo di interessamento nei confronti
delle persone soccorse che permette lo svolgimento competente della professione. Pertanto,
l’item non ricade necessariamente in una dimensione di disagio professionale; va rilevato
altresì che lo stesso item aveva già manifestato problemi a livello psicometrico in ricerche
precedenti (Smit, 2006).
In seconda battuta si è testato un modello che prevedeva lo spostamento di alcuni
item fra le scale bornout e Compassion Fatigue in modo da massimizzare la differenza
concettuale: in particolare, si è proposto di portare nella dimensione della Compassion
Fatigue un item relativo alla presenza di disturbi del sonno (e quindi più avvicinabile
all’area dei sintomi post-traumatici) e di spostare nella componente del Burnout alcuni item
che esprimono situazioni di esaurimento emotivo sicuramente più vicine ad essa. I risultati
ottenuti in questo senso sono incoraggianti, in quanto l’analisi fattoriale confermativa ha
mostrato un progressivo miglioramento del fit passando dal modello originale a una struttura
alleggerita degli item più deboli dal punto di vista psicometrico, per finire con il modello
concettualmente revisionato che ha mostrato gli indici di fit più elevati, nonché ottimali
secondo i criteri metodologici correnti. Ci troviamo quindi di fronte a uno strumento
che, sebbene più economico rispetto alla versione originale, evita la sovrapposizione che
ridurrebbe la struttura fattoriale a due sole componenti. La non riducibilità di Burnout e
Compassion Fatigue a una sola componente trova sostegno sia dal punto di vista teorico
che nei dati da noi raccolti: appare infatti dall’analisi delle correlazioni che, sebbene queste
dimensioni siano in relazione diretta tra loro, non esiste in entrambi i casi un collegamento
con gli aspetti di Compassion Satisfaction. In altre parole, in accordo con quanto riscontrato
da Stamm (2002) Burnout e Compassion Satisfaction sono inversamente correlate, ma un
individuo ad alto rischio di Compassion Fatigue può allo stesso tempo ricavare un’elevata
soddisfazione dallo svolgimento del proprio lavoro.
Dal punto di vista della robustezza psicometrica delle singole scale, la versione
revisionata ha mostrato di avere buoni indici di coerenza interna che appaiono più elevati
221
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
rispetto a quelli della versione originale (CS α = 0,83; BO α = 0,86; CF α = 0,85). L’analisi
delle statistiche di normalità ha restituito invece dati coerenti con quanto già riscontrato
nella versione originale: la distribuzione dei punteggi per la scala Compassion Satisfaction
appare asimmetrica verso i punteggi più elevati della scala mentre la distribuzione dei
punteggi per la Compassion Fatigue è asimmetrica verso i punteggi più bassi. A questo
proposito, da un lato va sottolineato che il nostro campione di partecipanti è composto in
larghissima parte da soccorritori volontari che traggono soddisfazione dalla loro attività.
Dall’altro, gli item relativi alla Compassion Fatigue si rifanno a una condizione di disagio
psicologico per cui è lecito aspettarsi una distribuzione nei punteggi simile a quella
riscontrata.
Si tratta, infatti, di una delle prime applicazioni dello strumento su una popolazione di
operatori di emergenza che lavorano specificamente nell’ambito del soccorso. La modalità
di somministrazione ci ha permesso di raggiungere un campione vasto e differenziato in
termini di condizione di servizio (volontario vs professionale), area di appartenenza (tecnica
vs sanitaria) e grado di istruzione. La struttura identificata, pertanto, sembra riflettere come
la cultura italiana dei soccorritori si adatti al modello proposto per la costruzione dello
strumento stesso.
Se consideriamo il genere dei soccorritori, in accordo con quanto ipotizzato le
partecipanti donne mostrano non solo punteggi più elevati di Burnout e Compassion
Fatigue, ma anche punteggi più bassi di Compassion Satisfaction: sembrerebbe pertanto
confermata l’idea per cui l’appartenenza al genere femminile è un elemento di vulnerabilità
per la qualità della vita di un soccorritore.
Per quanto riguarda la condizione di servizio, i soccorritori professionisti riportano livelli
più elevati di Burnout e Compassion Fatigue. Ciò potrebbe ricollegarsi al maggior grado di
esposizione a incidenti critici per chi svolge l’attività di soccorritore come professione in
quanto la costante identificazione con le persone sofferenti potrebbe condurre a maggiore
distress (Dean et al., 2003). Un’altra spiegazione potrebbe essere riconducibile al maggior
tasso di ricambio presente nei volontari rispetto ai professionisti che hanno più possibilità
e facilità di lasciare l’attività qualora non sia più fonte di soddisfazione.
Osservando le differenze in termini di area di soccorso, si può vedere come gli
operatori di area tecnica mostrino maggiori livelli di Compassion Satisfaction ma
contemporaneamente anche di Compassion Fatigue. È possibile che i soccorritori dell’area
tecnica si trovino a intervenire in situazioni maggiormente stressanti per cui ne ricavano
da una parte maggiore soddisfazione e dall’altra maggiore distress.
Infine, per quanto riguarda il grado di istruzione è stata parzialmente confermata
l’ipotesi che vi fosse una relazione lineare tra livello educativo e punteggi alle tre
scale: i dati indicano infatti che all’aumentare del grado di istruzione corrisponde una
diminuzione del livello di Compassion Satisfaction. Possiamo supporre in questo senso
che alle differenze nel titolo di studio corrispondano differenze in termini di status (e
quindi di mansioni e responsabilità) all’interno delle organizzazioni di soccorso, per cui
se da un lato gli individui di status più elevato hanno minori occasioni di «sporcarsi le
mani» sul campo, dall’altro una minore operatività può tradursi anche in una minore
soddisfazione.
222
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
Come ultima analisi, il campione è stato esplorato in termini di percentili delle singole
scale (decili e interquartili): i percentili non sono stati riferiti al campione generale ma
alle suddivisioni secondo tre variabili principali (genere, condizione di servizio, area di
soccorso) in modo da fornire un numero più ampio di riferimenti sui quali misurare i
punteggi ottenuti. Al di là dei risultati positivi, la ricerca effettuata presenta anche alcuni
limiti. In primo luogo, non è stato possibile effettuare misure in tempi diversi in modo
da valutare l’affidabilità test-retest dello strumento. In secondo luogo, l’assenza di una
batteria di strumenti di confronto non ha permesso di indagare la validità convergente e
discriminante della revisione della Professional Quality of Life Scale proposta.
In conclusione, lo scopo dello studio può dirsi parzialmente confermato. Le proprietà
psicometriche dello strumento appaiono soddisfacenti e sebbene in letteratura esistano già
strumenti di assessment di alcune delle dimensioni rilevate dalla Professional Quality of
Life Scale (per una rassegna sugli strumenti nell’ambito dell’emergenza si veda Sbattella e
Pini, 2007), questo si rivela particolarmente appropriato per lo studio della qualità della vita
dei soccorritori: alla brevità e concisione delle scale — rispetto a strumenti più conosciuti
e diffusi — si accompagna infatti una considerazione tanto degli aspetti negativi quanto
di quelli positivi della professione di soccorso, secondo una prospettiva salutocentrica.
Inoltre, l’utilizzo di questo strumento appare preferibile anche per la specificità degli item
utilizzati, che sono stati sviluppati tenendo conto delle conseguenze specifiche che possono
derivare dall’attività di soccorso e non orientandosi verso una popolazione generale.
223
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
Bibliografia
Abendroth, M. (2005). Predicting the risk of Compassion Fatigue: An empirical study of hospice nurses. Unpublished master thesis, Florida State University School of Nursing.
Abu-Bader, S.H. (2000). Work satisfaction, Burnout, and turnover among social workers
in Israel: A causal diagram. International Journal of Social Welfare, 9, 191-200.
Adams, R.E., Boscarino, J.A., & Figley, C.R. (2006). Compassion Fatigue and psychological distress among social workers: A validation study. American Journal of
Orthopsychiatry, 76, 103-108.
Alexander, M. (2006). Compassion Fatigue experienced by emergency department nurses
who provided care during and after the hurricane season of 2005. Unpublished master
thesis, Florida State University College of Nursing.
Alexander, D.A., & Klein, S. (2001). Ambulance personnel and critical incidents: Impact
of accident and emergency work on mental health and emotional well-being. British
Journal of Psychiatry, 178, 76-81.
Amodeo, D., Goulart, M., & Kapalka, G.M. (2006, May). Relationship Between Depression,
Compassion Fatigue, and Burnout in Graduate Nursing Students. Paper presented at
the Annual Conference of the New Jersey Counseling Association. Eatontown, New.
Argentero, P., Bonfiglio, N.S., & Pasero, R. (2006). Il Burnout negli operatori sanitari
volontari. Giornale italiano di medicina del lavoro ed ergonomia, 28, Suppl Psicologia
2, 77-82.
Beaton, R., Murphy, S., Johnson, C., Pike, K., & Corneil, W. (1999). Coping Responses
and Posttraumatic Stress Symptomatology in Urban Fire Service Personnel. Journal
of Traumatic Stress, 12, 293-308.
Bentler, P.M. (1990). Comparative fit indexes in structural models. Psychological Bulletin,
107, 238-246.
Boscarino, J.A., Figley, C.R., & Adams, R.E. (2004). Compassion Fatigue following the
September 11 terrorist attacks: A study of secondary trauma among New York social
workers. International Journal of Emergency Mental Health, 6, 110.
Brady, J.L., Guy, J.D., Poelestra, P.L., & Brokaw, B.F. (1999). Vicarious traumatisation,
spirituality, and the treatment of sexual abuse Survivors: A national survey of women
psychotherapists. Professional Psychology: Research and Practice, 30, 386-393.
Bride, B.E. (2004). The impact of providing psychosocial services to traumatized populations. Stress, Trauma, and Crisis: An International Journal, 7, 1-18.
Bride, B.E. (2007). Secondary traumatic stress among social workers. Social Work, 52,
63-70.
Bride, B.E., Radey, M., & Figley, C.R. (2007). Measuring Compassion Fatigue. Clinical
Social Work Journal, 35, 155-163.
Browne, M.W., & Cudeck, R. (1993). Alternative ways of assessing model fit. In K.A.
Bollen e J.S. Long (eds.), Testing structural equation models (pp. 136-162). Newbury
Park, CA: Sage.
224
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
Cicognani, E., Pietrantoni, L., Palestini, L., & Prati, G. (2007). Autoefficacia personale e
collettiva, senso di comunità e traumatizzazione vicaria negli operatori dell’emergenza. Paper presentato all’VIII Congresso Nazionale AIP, sezione di Psicologia Sociale,
Cesena 24-26 settembre.
Dean, P.G., Gow, K.M., & Shakespeare-Finch, J. (2003). Counting the cost: Psychological
distress in career and auxiliary firefighters, The Australasian Journal of Disaster and
Trauma Studies, 1, 1-13.
DeCarlo, L.T. (1997). On the meaning and use of kurtosis. Psychological Methods, 2,
292-307.
Deighton, R.M., Gurris, N., & Traue, H.C. (2007). Factors affecting Burnout and Compassion
Fatigue in psychotherapists treating torture survivors: Is the therapist’s attitude to working through trauma relevant? Journal of Traumatic Stress, 20, 63-75.
Escribà-Agüir, V., & Pérez-Hoyos, S. (2007). Psychological well-being and psychosocial
work environment characteristics among emergency medical and nursing staff. Stress
and Health, 23, 153-160.
Field, A. (2005). Discovering statistics using SPSS. London: Sage Publications.
Figley, C.R. (1995). Compassion Fatigue: Coping with secondary traumatic stress disorder
in those who treat the traumatized. New York: Brunner-Mazel.
Figley, C.R. (2002). Treating Compassion Fatigue. New York: Brunner-Routledge.
Figley, C.R., & Roop, R. (2006) Compassion Fatigue in the animal care community.
Washington, DC: Humane Society Press.
Figley, C.R., & Stamm, B.H. (1996). Psychometric Review of Compassion Fatigue
Self Test, http://www.isu.edu/~bhstamm/pdf/figleystamm.pdf. In B.H. Stamm (Ed),
Measurement of Stress, Trauma and Adaptation. Lutherville, MD: Sidran Press http://
www.sidran.org/catalog/stms.html.
Fothergill, A., Edwards, D., & Burnard, P. (2004). Stress, Burnout, coping and stress management in psychiatrists: findings from a systematic review. International Journal of
Social Psychiatry, 50, 54-65.
Fullerton, R., McCarroll, J., Ursano, R., & Wright, K. (1992). Psychological Responses
of Rescue Workers: Fire Fighters and Trauma. American Journal of Orthopsychiatry,
62, 371-377.
Hu, L.T., & Bentler, P.M. (1999). Cutoff criteria for fit indexes in covariance structure
analysis: Conventional criteria versus new alternatives. Structural Equation Modeling,
6, 1-55.
Hytten, K., & Hasle, A. (1989). Firefighters: A study of stress and coping. Acta Psychiatrica
Scandinavica, 80 (Suppl. 355), 50-55.
Jenkins, S.R., & Baird, S. (2002). Secondary traumatic stress and vicarious trauma: a
validational study. Journal of Traumatic Stress, 15, 423-432.
Kassam-Adams, N. (1999). The risks of treating sexual trauma: Stress and secondary
trauma in psychotherapists. In B.H. Stamm (Ed), Secondary traumatic stress: Selfcare issues for clinicians, researchers, and educators (2nd ed.). Lutherville, MD:
Sidran Press.
225
Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009
Larsen, D. Stamm, B.H., & Davis, K. (2002). Telehealth for Prevention and Intervention
of the Negative Effects of Caregiving. Traumatic StressPoints, 16, (4). http://www.
istss.org/publications/TS/Fall02/telehealth.htm.
Linley, P.A., & Joseph, S. (2007). Therapy work and therapists’ positive and negative
well-being. Journal of Social and Clinical Psychology, 26, 385-403.
Lounsbury, C.J. (2006). Risk and protective factors of secondary traumatic stress in crisis
counselors. Dissertation Abstracts International, 67, 2062.
Marmar, C.R., Weiss, D.S., Metzler, T.J., Delucchi, K.L., Best, S.R., & Wentworth, K.A.
(1999). Longitudinal course and predictors of continuing distress following critical
incident exposure in emergency services personnel. Journal of Nervous and Mental
Disease, 187, 15-22.
Marsh, H.W., Hau, K.T., & Wen, Z. (2004). In search of golden rules: Comment on hypothesistesting approaches to setting cutoff values for fit indexes and dangers in overgeneralizing
Hu and Bentler’s findings. Structural Equation Modeling, 11, 320-341.
Maslach, C. (1982). Burnout, the cost of caring. Englewood Cliffs, NJ: Prentice Hall.
Maslach, C. (2001). The Truth About Burnout. San Francisco: Jossey Bass.
Maslach, C., Schaufeli, W.B., & Leiter, M.P. (2001). Job Burnout. Annual Review of
Psychology, 52, 397-422.
McCann, I.L., & Pearlman, L.A. (1990). Vicarious traumatization: A framework for understanding the psychological effects of working with victims. Journal of Traumatic
Stress, 3, 131-149.
Meyers, T. W., & Cornille, T. A. (2002). The trauma of working with traumatized children.
In C.R. Figley (Ed), Treating Compassion Fatigue (Vol. 24, pp. 39-55). New York:
Brunner-Routledge.
Moultrie, A. (2004). Indigenous trauma volunteers: Survivors with a mission. Unpublished
master thesis, Department of Psychology, Rhodes University.
Orlandini, A. (2007). L’esperienza emotiva degli operatori di fronte alla violenza.
Traumatizzazione secondaria e trauma da tradimento: chi traumatizza chi?, Relazione
presentata al convegno «La Prevenzione della Violenza contro le donne», La Salle
(Aosta).
Raphael, B. (1986). Victims and helpers. In B. Raphael (Ed), When disaster strikes: How,
individuals and communities cope with catastrophe (pp. 222-244). New York: Basic
Books.
Robinson, B.C. (2005). Exploring Career Satisfaction, Burnout, and Compassion Fatigue
as Indicators of the Quality of Career Engagement of Public School Educators.
Unpublished doctoral dissertation, Department of Counseling, Rehabilitation Counseling,
and Counseling Psychology.
Satorra, A., & Bentler, P.M. (1994). Corrections to test statistics and standard errors in covariance structural analysis. In A von Eye e C. C Clogg (Eds). Latent variables analysis:
Applications for developmental research, (pp. 399-419). Thousand Oaks, CA: Sage.
Sbattella, F., & Pini, E. (2004). Strategie di coping ed emozioni dei soccorritori. Nuove
Tendenze della Psicologia, 2, 1-29.
226
L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso
Sbattella, F., & Pini, E. (2007). Questionari ed inventari per la valutazione dell’impatto
del lavoro in emergenza sugli operatori, Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale,
13 (3), 345-378.
Schafer, J.L. (2000). NORM: Multiple imputation of incomplete multivariate data under
a normal model, version 2.03. Software per Windows, scaricato il 6 marzo 2007 dal
sito http://www.stat.psu.edu/~jls/misoftwa.html.
Schafer, J.L., & Graham, J.W. (2002). Missing data: Our view of the state of the Art.
Psychological Methods, 7 (2), 147-177.
Smit, J. (2006). The influence of coping and stressors on Burnout and Compassion Fatigue
among health care professionals. Unpublished doctoral dissertation, Department of
Psychology, University of the Free State (South Africa).
Sprang, G., Clark, J.J., & Whitt-Woosley, A. (2007). Compassion Fatigue, Compassion
Satisfaction, and Burnout: Factors Impacting a Professional’s Quality of Life. Journal
of Loss and Trauma, 12, 259-280.
Stamm, B.H. (2002). Measuring Compassion Satisfaction as well as fatigue: Developmental
history of the Compassion Satisfaction and fatigue test. In C.R. Figley (Ed), Treating
Compassion Fatigue (pp. 107-119). New York: Brunner-Routledge.
Stamm, B.H. (2005). The professional quality of life scale: Compassion Satisfaction, Burnout,
and Compassion Fatigue/secondary trauma scales. Latherville, MD: Sidran Press.
Ursano, R.J., Fullerton, C.S., Tzu-Cheg, K., & Bhartiya, V.R. (1995). Longitudinal assessment of post-traumatic stress disorder and depression after exposure to traumatic
death. Journal of Nervous and Mental Disease, 183, 36-42.
von Hippel, P.T. (2004). Biases in SPSS 12.0 Missing Value Analysis. The American
Statistician, 58 (2), 160-164.
Wagner, D., Heinrichs, M., & Eklert, U. (1998). Prevalence of symptoms of post-traumatic
stress disorder in German professional firefighters. American Journal of Psychiatry,
155, 1727-1732.
Weiss, D.S., Marmar, C.R., Metzler, T.J., & Ronfeldt, H.M. (1995). Predicting symptomatic distress in emergency services personnel. Journal of Consulting and Clinical
Psychology, 63, 361-368.
Presentato il 29 febbraio 2008, accettato per la pubblicazione il 6 febbraio 2009
Corrispondenza
Palestini Luigi
Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione
Via Filippo Re, 6
40126 Bologna
Tel. 347.5795247
e-mail: [email protected]
227