La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso: un
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La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso: un
Ricerche La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso: un contributo alla validazione italiana della Professional Quality of Life Scale (ProQOL) Luigi Palestini, Gabriele Prati, Luca Pietrantoni e Elvira Cicognani Università di Bologna, Dipartimento di Scienze dell’Educazione Riassunto La letteratura sul lavoro nell’emergenza ha dedicato crescente attenzione agli effetti dell’esposizione prolungata degli operatori a incidenti critici potenzialmente traumatici nel corso della propria professione. In questo contesto, è forte l’esigenza di disporre di strumenti di misurazione della qualità della vita lavorativa adeguati e basati su proposte concettuali articolate. La Professional Quality of Life Scale (ProQOL) di Stamm (2005) si inserisce in questa linea di riflessione, e si propone di misurare la qualità della vita nel lavoro di soccorso mediante tre dimensioni: Compassion Fatigue, Burnout e Compassion Satisfaction. Obiettivo dello studio è proporre un contributo alla validazione italiana della Professional Quality of Life Scale. Lo strumento è stato somministrato a 939 operatori (età 18-66 anni), afferenti sia all’area del soccorso sanitario che del soccorso tecnico. Il 74,9% è composto da volontari. I risultati hanno confermato la bontà di una versione revisionata dello strumento originario, elaborata tenendo conto dei problemi psicometrici evidenziati in letteratura, di un’analisi approfondita del contenuto degli item e di analisi fattoriali confermative. Viene inoltre confermata la struttura teorica a tre dimensioni proposta dall’autore. Parole chiave: operatori dell’emergenza, qualità della vita professionale, Compassion Fatigue, Burnout, Compassion Satisfaction. Summary The professional quality of life in accident and emergency work: A contribution to the Italian validation of the Professional Quality of Life Scale (ProQOL) The literature on emergency work has dedicated increasing attention to the effects of the prolonged exposure of staff to critical incidents which are potentially traumatic during a worker’s professional Edizioni Erickson - Trento Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 (pp. 205-227) 205 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 life. There is a strong need to have tools which are adequate and based on structured conceptual proposals in order to measure the professional quality of life in this context. The Professional Quality of Life Scale (ProQOL) developed by Stamm (2005) forms part of this approach and aims to measure the professional quality of life of accident and emergency workers based on three dimensions: Compassion Fatigue, Burnout and Compassion Satisfaction. The study aims to provide a preliminary contribution to the Italian validation of the the Professional Quality of Life Scale. The tool was administered to 939 accident and emergency workers (aged between 18-66 years) involved in both the healthcare emergency area and the technical emergency area. 74.9% of the workers were volunteers. The results confirmed the validity of a revised version of the original tool, developed by taking into account the psychometric problems highlighted in the literature, a detailed analysis of the content of the items and of confirmative factor analyses. Furthermore, the theoretical, three-dimensional structure of the scale proposed by the author is confirmed. Keywords: accident and emergency workers, professional quality of life, Compassion Fatigue, Burnout, Compassion Satisfaction. INTRODUZIONE Negli ultimi anni gli studi sulle risposte psicologiche degli operatori dell’emergenza e i lavori di validazione degli strumenti per una loro valutazione hanno visto un crescente incremento (Sbattella e Pini, 2007). La letteratura scientifica sugli operatori di soccorso e sul lavoro nell’emergenza si concentra in misura sempre maggiore sugli effetti dell’esposizione prolungata a incidenti critici potenzialmente traumatici nel corso della propria professione. Tale esposizione si verifica su due fronti: da un lato gli operatori affrontano l’incidente critico in sé e dall’altro si trovano a prestare aiuto agli individui coinvolti nell’evento (Raphael, 1986; Hytten e Hasle, 1989; Fullerton, McCarroll, Ursano e Wright, 1992). La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso risulta fortemente associata all’intensità e alla frequenza dell’esposizione a incidenti critici essendo quest’ultima correlata all’aumento del rischio per la salute mentale degli operatori (Weiss, Marmar, Metzler e Ronfeldt, 1995). Le conseguenze negative sopra citate si ricollegano a due aspetti principali. In primo luogo, un soccorritore può trovarsi ad affrontare una serie di difficoltà psicologiche di tipo post-traumatico: la ricerca in questo senso si è focalizzata sia su aspetti epidemiologici di prevalenza (si veda Wagner, Heinrichs ed Eklert, 1998) che sull’evoluzione delle sintomatologie manifestate (ad esempio Ursano, Fullerton, TzuCheg e Bhartiya, 1995; Marmar et al., 1999). Inoltre, come accennato in precedenza, l’esperienza traumatica di un soccorritore può non derivare necessariamente dall’evento in sé, ma dalla relazione di aiuto con un individuo che sta soffrendo a causa di questo evento (Beaton et al., 1999). In questa prospettiva una prima concettualizzazione si è avuta con l’introduzione del termine «traumatizzazione vicaria» (McCann e Pearlman, 1990), intesa come un cambiamento in negativo degli schemi cognitivi e dei sistemi di credenze di chi svolge una professione d’aiuto, che deriva dal coinvolgimento empatico 206 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso con le esperienze traumatiche degli utenti. Il costrutto è stato successivamente esteso fino a comprendere sintomatologie di tipo post-traumatico ed è stato indicato da Figley (1995) come «stress traumatico secondario», ovvero l’insieme di reazioni comportamentali ed emotive alla conoscenza di eventi traumatici sperimentati da altri o in seguito all’aiuto o al tentativo di aiuto a persone traumatizzate. Se si esclude il fatto che in questa particolare condizione l’esposizione all’evento traumatico è indiretta, la tipologia di sintomi che ne consegue è la stessa riscontrabile in un quadro clinico di disturbo da stress post-traumatico: pensieri intrusivi, evitamento, aumento dell’arousal e più in generale una compromissione del funzionamento dell’individuo (Figley, 1995; 2002; Figley e Roop, 2006). Lo stesso Figley propone successivamente il costrutto di Compassion Fatigue, che maggiormente descrive i sentimenti di profonda partecipazione e comprensione per qualcuno colpito da sofferenza, accompagnati da un forte desiderio di alleviarne la sofferenza o eliminarne la causa. Sebbene ci siano alcune differenze in termini di origine teorica del costrutto, i concetti «traumatizzazione vicaria», «stress traumatico secondario» e Compassion Fatigue possono essere considerati largamente sovrapponibili (Bride, Radey e Figley, 2007). La Compassion Fatigue può pertanto essere considerata un rischio professionale a pieno titolo (Adams, Boscarino e Figley, 2006; Bride, 2004; 2007). In questo senso Figley (1995) propone che la risposta all’esposizione a un evento traumatico si inserisca in un continuum che va da un estremo positivo, di soddisfazione lavorativa (Compassion Satisfaction) a un estremo negativo, di logoramento (Compassion Fatigue) e delinea un modello causale per cui lo sviluppo della Compassion Fatigue è influenzato sia dalle strategie di coping (come il senso di raggiungimento dei propri obiettivi e il disimpegno emotivo), sia da fattori contestuali come un’esposizione prolungata all’evento traumatico (Figley, 2002). Se si considera la misura in cui il lavoro di soccorso è riconducibile a una professione d’aiuto, al quadro finora descritto si affianca il rischio di sviluppare una sindrome da Burnout, intesa come una combinazione di esaurimento emotivo, depersonalizzazione e senso di ridotta efficienza nello svolgimento della professione (Maslach, 1982), caratterizzata da cinismo, distress psicologico, insoddisfazione, difficoltà nel funzionamento interpersonale, ottundimento emotivo e conseguenze fisiologiche (Fothergill, Edwards e Burnard, 2004). Il Burnout risulta associato a un ampio ventaglio di caratteristiche tipiche del lavoro di soccorso. Maslach, Schaufeli e Leiter (2001) sottolineano tra queste la percezione del carico di lavoro, la pressione temporale e gli stressor riferiti alla relazione con l’utenza: tra questi si evidenzia in particolare il contrasto tra la richiesta di inibire le proprie emozioni sul lavoro (allo scopo di mantenere un buon livello di performance) e quella di mostrare empatia per il fatto di avere un ruolo da caregiver. In questo particolare contesto organizzativo, la componente dell’esaurimento emotivo emerge come una caratteristica centrale (Argentero, Bonfiglio e Pasero, 2006; Escribà-Agüir e Pérez-Hoyos, 2007). Burnout e Compassion Fatigue possono apparire simili, ma si distinguono su alcune dimensioni principali. Da un lato la Compassion Fatigue è improvvisa e acuta e può emergere anche come risultato di una singola esposizione a un incidente critico; dall’altro lato la sindrome da Burnout corrisponde a un graduale e progressivo consumarsi dell’operatore, che si sente sopraffatto dal proprio lavoro e incapace di promuovere un cambiamento positivo (Figley, 1995). In una ricerca di Alexander e Klein (2001) con 207 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 personale di ambulanza, l’aumento dell’incidenza di Compassion Fatigue e Burnout è risultato associato a fattori relativi all’esposizione a eventi traumatici, come la durata prolungata dei turni di lavoro o l’assegnazione a incarichi che comprendono un’alta percentuale di vittime traumatizzate. Fra i fattori protettivi, una ricerca con operatori socio-sanitari intervenuti dopo la tragedia dell’11 settembre 2001 ha sottolineato il ruolo dell’ambiente di lavoro supportivo e di una supervisione adeguata (Boscarino, Figley e Adams, 2004). La letteratura scientifica ha indicato anche altre variabili associate all’aumento o alla diminuzione del rischio di incorrere nella Compassion Fatigue o in una sindrome da Burnout: in particolare, l’appartenenza al genere femminile aumenta la vulnerabilità ai due aspetti negativi della qualità della vita professionale (Brady, Guy, Poelestra e Brokaw, 1999; Kassam-Adams, 1999; Meyers e Cornille, 2002), mentre il grado di educazione è protettivo nei confronti del Burnout (Abu-Bader, 2000). Svolgere una professione di soccorso non significa tuttavia andare incontro necessariamente a una serie di conseguenze negative. A questo proposito Stamm (2002) introduce il concetto di Compassion Satisfaction per descrivere gli effetti positivi che un individuo può derivare dal lavorare con persone traumatizzate o sofferenti, fra cui sensazioni positive rispetto all’aiutare gli altri, al contribuire al bene della società e più in generale il piacere di «fare bene il proprio lavoro». In base alla prospettiva «saluto-centrica», la qualità della vita professionale di un soccorritore non è riconducibile esclusivamente all’assenza di conseguenze negative, ma a uno stato di benessere psicosociale. Secondo Stamm (2002) le componenti positive e negative della qualità della vita professionale sono tra loro indipendenti: un individuo può essere ad alto rischio di Compassion Fatigue e contemporaneamente ricavare soddisfazione e riconoscimento dallo svolgimento del proprio lavoro. Tenendo in considerazione la misura in cui le dimensioni finora descritte incidono sulla qualità della vita professionale di chi si trova a svolgere una professione d’aiuto, Stamm (2005) ha introdotto la Professional Quality of Life Scale. Quest’ultima è stata proposta come revisione di una scala precedente, il Compassion Fatigue Self Test (CFST; Figley, 1995; Figley e Stamm, 1996), nel tentativo di superare i problemi psicometrici emersi, in particolare la difficoltà di separare il Burnout dalla Compassion Fatigue (Figley e Stamm, 1996; Jenkins e Baird, 2002; Larsen, Stamm e Davis, 2002). Inoltre il nuovo strumento si preoccupa di includere anche una dimensione positiva della qualità della vita professionale, ovvero la Compassion Satisfaction. La Professional Quality of Life Scale è composta da tre scale (Compassion Fatigue, Compassion Satisfaction e Burnout) i cui punteggi non possono essere combinati, data la relativa indipendenza tra le variabili in esame. L’elaborazione dello strumento è stata effettuata basandosi su oltre 1000 partecipanti a differenti studi e si è concentrata sul mantenimento degli item più robusti dal punto di vista teorico e psicometrico: nello specifico, sono state utilizzate analisi di coerenza interna delle tre scale, analisi fattoriali e di invarianza multigruppo per ricavare 30 item (contro i 66 della versione precedente). Ogni scala è composta da 10 item, di cui 7 ricavati dal Compassion Fatigue Self Test e 3 introdotti sulla scorta della letteratura più recente per aumentare la robustezza teorica della scala. 208 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso Nonostante sia relativamente recente la Professional Quality of Life Scale ha avuto una notevole diffusione ed è stata utilizzata per l’indagine su popolazioni di operatori di salute mentale (Sprang, Clark e Whitt-Woosley, 2007), insegnanti (Robinson, 2005), infermieri (Alexander, 2006; Amodeo, Goulart e Kapalka, 2006), volontari che si occupano di supporto a vittime di trauma (Moultrie, 2004) ginecologi (Orlandini, 2007) e psicoterapeuti che lavorano con pazienti traumatizzati (Deighton, Gurris e Traue, 2007). Data l’eterogeneità dei contesti lavorativi in cui è stata applicata, un aspetto interessante concerne le differenze in termini di professione. Ad esempio, Stamm (2005) ha confrontato le differenze nei punteggi delle sottoscale fra assistenti sociali, insegnanti e operatori sanitari. Dalle analisi sono emerse differenze significative: gli insegnanti sono più soddisfatti, gli assistenti sociali presentano maggiori punteggi di Burnout e gli operatori sanitari minori punteggi nella Compassion Fatigue. Una ricerca italiana ha evidenziato che le ginecologhe che lavorano nell’ambito del soccorso alla violenza sessuale tendono a riportare maggiori punteggi di Compassion Fatigue rispetto a un gruppo di controllo di ginecologhe che non ricoprono tali compiti (Orlandini, 2007). Infine, si è messo in luce che il personale che presta soccorso volontariamente piuttosto che nell’ambito di una professione tende a riportare migliori punteggi di qualità della vita, misurati mediante la Professional Quality of Life Scale (Dean, Gow e Shakespeare-Finch, 2003). Un secondo elemento di interesse appare nelle differenze emerse in termini di genere dei partecipanti: in accordo con quanto già emerso in letteratura, lo studio di Sprang et al. (2007) mette in luce come le donne siano maggiormente a rischio di incorrere in Compassion Fatigue e Burnout. Nonostante tali risultati promettenti, va rilevato che al momento attuale non esistono ancora studi di validazione che confermino la struttura fattoriale della scala (Bride et al., 2007). La maggior parte delle ricerche che utilizzano la Professional Quality of Life Scale si ricollegano a tale assenza di una validazione di costrutto e riportano le caratteristiche psicometriche dello strumento originale (Compassion Satisfaction α = 0,87; Compassion Fatigue α = 0,80; Burnout α = 0,72; Stamm, 2005). Alcuni studi riportano un’analisi degli indici di coerenza interna per le tre scale della Professional Quality of Life Scale riscontrati in base ai dati raccolti. In particolare, in uno studio di Abendroth (2005) su un campione di infermieri sono stati riscontrati indici pari a α = 0,86 per la Compassion Satisfaction, α = 0,81 per la Compassion Fatigue e α = 0,69 per il Burnout, pertanto non dissimili da quelli dello studio originale. Parallelamente, lo studio di Lounsbury (2006) su counselor che lavorano con vittime di eventi traumatici ha riscontrato indici di coerenza interna simili agli originali (Compassion Satisfaction α = 0,88; Compassion Fatigue α = 0,84; Burnout α = 0,72). Una ricerca di Linley e Joseph (2007) svolta su un campione di psicoterapeuti ha evidenziato invece indici di coerenza interna più ridotti (Compassion Satisfaction α = 0,83; Compassion Fatigue α = 0,70; Burnout α = 0,61). Nell’insieme queste ricerche, effettuate utilizzando le tre scale teoriche, evidenziano che i coefficienti di coerenza interna non sono complessivamente soddisfacenti, soprattutto per quanto riguarda la dimensione del Burnout. Tuttavia il problema riscontrato nell’uso di questo strumento concerne la scarsità di studi che ne sottopongono a esame la struttura fattoriale: solo lo studio di Smit (2006) svolto su una popolazione di operatori di sanità pubblica presenta i risultati dell’analisi 209 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 fattoriale esplorativa effettuata sugli item della Professional Quality of Life Scale, rilevando la presenza di due fattori principali. Il primo fattore è composto dalla dimensione della Compassion Satisfaction e dagli item a sfondo positivo della dimensione del Burnout (α = 0,80); il secondo fattore è composto dalla dimensione della Compassion Fatigue e dagli item a sfondo negativo della dimensione del Burnout (α = 0,70). Sembrerebbe pertanto che la mera formulazione degli item risulti determinante e che dal punto di vista concettuale la dimensione del Burnout tenda a sovrapporsi con le altre due. Una possibile spiegazione è da ricercarsi in primis nel fatto che cinque item della scala Burnout (in particolare, «mi sono sentito/a felice», «mi sono sentito/a di star bene con gli altri», «ho sentito di avere dei valori forti che mi fanno andare avanti», «mi sono sentito/a di essere la persona che ho sempre voluto essere», «mi sono sentito/a una persona molto sensibile») non sembrano essere specifici di questa dimensione, ma hanno un significato più generale e tendono ad aggregarsi con gli altri item positivi dello strumento, nella fattispecie la scala Compassion Satisfaction (Smit, 2006). In secondo luogo, si rileva una scarsa corrispondenza fra il contenuto di alcuni item e il costrutto teorico che essi intendono misurare. Ad esempio, l’item: «Ho avuto dei problemi di sonno a causa delle esperienze forti vissute durante i soccorsi», appartenente alla scala Burnout, rappresenta un’espressione di una sintomatologia più riconducibile alla Compassion Fatigue in quanto esprime l’effetto di esperienze ad alto impatto e a bassa frequenza come quelle traumatiche. Al contrario, gli item: «Mi sono sentito/a nervoso per motivi legati al mio lavoro di soccorritore», «Il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto sentire depresso/a» e «Ho trovato difficile separare la vita privata dal lavoro di soccorritore», appartenenti alla scala Compassion Fatigue, ci sembrano cogliere più adeguatamente il fenomeno del Burnout in quanto esprimono il senso di logorio continuo del soccorritore piuttosto che la conseguenza dell’esposizione vicaria a eventi traumatici. Questi diversi elementi di criticità impongono pertanto l’esigenza di effettuare un’analisi più approfondita delle caratteristiche dello strumento, anche in vista di un suo adattamento al contesto italiano, nell’ambito del quale l’esigenza di disporre di strumenti di misurazione adeguati a questa tipologia di operatori è ormai da più parti avvertita (Sbattella e Pini, 2007). Obiettivi e ipotesi L’obiettivo di questo studio era offrire un primo contributo alla validazione italiana della Professional Quality of Life Scale. A differenza di quanto generalmente riscontrato in letteratura, la ricerca si è focalizzata maggiormente su un campione di soccorritori di area sanitaria operanti nell’emergenza extraospedaliera e di soccorritori di area tecnica (nello specifico Vigili del fuoco). Si è inteso verificare la bontà della scala dal punto di vista delle proprietà strutturali (medie, deviazioni standard, correlazioni corrette itemtotale), dell’attendibilità (alfa di Cronbach) e della validità convergente e discriminante delle dimensioni (analisi fattoriale confermativa). L’analisi della letteratura esistente, soprattutto in lingua inglese, ha evidenziato come non esistano studi di validazione che confermino la struttura fattoriale della scala. Alla 210 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso luce delle criticità emerse, un obiettivo specifico di questo studio era indagare la struttura fattoriale, per verificarne la tenuta dal punto di vista sia psicometrico che teorico. In seconda battuta si volevano indagare le differenze nei punteggi in base al genere dei soccorritori, alla condizione di servizio (volontario o professionale), all’appartenenza all’area tecnica (Vigili del fuoco) piuttosto che sanitaria (118) del soccorso, all’anzianità di servizio e al grado di istruzione. In accordo con i risultati emersi nelle ricerche precedenti, ci si aspettava che le partecipanti donne mostrassero livelli più elevati di Compassion Fatigue e Burnout rispetto ai colleghi maschi. Coerentemente con i risultati di Dean et al. (2003), invece, si ipotizzava che i soccorritori volontari riportassero maggiori punteggi nella scala Compassion Satisfaction e minori punteggi nelle scale Compassion Fatigue e Burnout. Per quanto riguarda il grado di istruzione l’ipotesi era che vi fosse una relazione lineare non solo con il Burnout, ma con i punteggi di tutte le scale, poiché si presume che all’aumentare del livello educativo corrispondano differenze in termini di mansioni, responsabilità e status che riducono la frequenza di contatto con gli individui soccorsi. Si intendeva infine indagare, a livello esplorativo e senza porre ipotesi specifiche al riguardo, una possibile relazione tra l’anzianità di servizio, l’appartenenza all’area tecnica vs quella sanitaria e le tre dimensioni della Professional Quality of Life Scale. METODO Partecipanti Hanno partecipato alla ricerca 939 operatori dell’emergenza, afferenti sia all’area del soccorso sanitario che del soccorso tecnico: il 74,9% (n = 703) è volontario, il 90,4% (n = 849) appartiene al soccorso sanitario e il 71,5% (n = 671) è di sesso maschile. L’anzianità di servizio nello svolgimento dell’attività di soccorritore va da un minimo di 0 a un massimo di 36 anni con una media di 9,38 anni (DS = 7,44). L’età dei soggetti va da un minimo di 18 anni a un massimo di 66 anni con una media di 33,91 (DS = 9,73). La maggior parte (n = 527, 56,1%) degli operatori ha conseguito un diploma di scuola media superiore; a seguire come livello di istruzione abbiamo operatori in possesso di una laurea quinquennale (n = 212, 22,6%), di una licenza di scuola media inferiore (n = 126, 13,4%) e di una laurea triennale (n = 74, 7,9%). Procedura Ai partecipanti è stata somministrata la scala Professional Quality of Life Scale, Compassion Satisfaction and Fatigue Subscales – Revision IV (Stamm, 2005) che va a indagare il benessere professionale dei soccorritori tenendo in considerazione tre dimensioni: Compassion Satisfaction (CS), Burnout (BO) e Compassion Fatigue (CF). La consegna era di indicare con quale frequenza nel mese precedente si fossero verificate le situazioni descritte dalle affermazioni. Ogni item è misurato su una scala da 1 = mai a 5 = molto spesso. La scala originaria consta di 30 item. Dalla scala originale sono stati esclusi 211 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 in via preliminare due item. Il primo («Ho pensato di essere un soccorritore modello») è stato ritenuto in primo luogo non appropriato per il contesto culturale italiano che, a differenza di quello statunitense in cui è stata elaborata la scala, è presumibilmente meno orientato all’enfatizzazione di caratteristiche personali positive nello svolgimento della propria professione; in seconda battuta, ci è sembrato che il contenuto stesso dell’item apparisse ambiguo, in quanto avrebbe potuto ricadere tanto nella scala Compassion Satisfaction quanto nella scala Burnout, riferendosi in questi termini alla capacità di ottenere risultati positivi sul lavoro. Il secondo item escluso («Sono felice di aver scelto questo lavoro») non è invece adattabile ai soccorritori che prestano servizio volontario: per questo sottocampione l’attività di soccorso in primis non è considerabile come un lavoro; in seconda battuta, i soccorritori volontari possono abbandonare l’attività in qualsiasi momento in cui la scelta non sia più motivo di soddisfazione. Per la somministrazione dei questionari si è scelto di utilizzare una modalità digitale (sotto forma di somministrazione online). Il questionario è stato pubblicato sulla pagina web del sito del gruppo di psicologia dell’emergenza dell’Università di Bologna (http:// emergenze.psice.unibo.it/ricerca.soccorritori.html): prima della compilazione dello strumento gli operatori hanno avuto la possibilità di ottenere informazioni generali sugli scopi della ricerca e hanno espresso il consenso informato necessario a partecipare alla ricerca, oltre a dichiarare di essere maggiorenni e operatori nell’ambito dell’emergenza. Allo scopo di ottenere un’ampia rappresentatività del campione nel territorio italiano, contestualmente alla pubblicazione del questionario online avvenuta ad aprile 2007 è stata inviata un’e-mail di avviso ai gestori dei siti web delle principali organizzazioni di operatori dell’emergenza (Vigili del fuoco, Croce rossa, 118, pubblica assistenza, Protezione civile, ecc.). L’e-mail conteneva una presentazione generale dello studio e una richiesta di collaborazione al progetto mediante l’inserimento di un link (collegamento ipertestuale) sulla propria home page diretto al sito dell’Università di Bologna in cui era ospitato il questionario, allo scopo di invitare i visitatori del sito a compilare lo strumento. Al di là della già evidenziata possibilità di raggiungere un campione più ampio e distribuito su tutto il territorio nazionale, la scelta di utilizzare un questionario online ci è sembrata appropriata dal momento che nelle organizzazioni di operatori dell’emergenza generalmente si dispone di una connessione a internet e, in molti casi, un sito web gestito dall’organizzazione stessa. Analisi statistica Per analizzare i dati ottenuti con questa ricerca sono stati utilizzati i programmi Spss versione 15.0 per le analisi preliminari e della varianza ed Eqs versione 6.1 per le analisi fattoriali confermative. Come limite per la significatività dei risultati è stato stabilito p < 0,05. È stata condotta un’analisi dei valori mancanti in base alla quale si è provveduto a escludere 45 partecipanti che riportavano percentuali di missing superiori al 50%. Il risultato del Little’s MCAR test, χ2 (1685) = 2053,511, p = 0,00, ci indica che i valori mancanti non sono completamente casuali. Dal momento che non vi sono variabili con percentuali 212 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso di valori mancanti superiori al 5% abbiamo ritenuto opportuno non ricorrere alla loro stima tramite imputazione multipla. I valori mancanti sono stati stimati tramite il metodo basato sull’algoritmo EM, la cui superiorità rispetto ai metodi classici di imputazione è stata dimostrata (Schafer e Graham, 2002). Si è preferito utilizzare in questa procedura il software Norm v. 2.03 (Schafer, 2000) a causa di bias presenti in SPSS per questa tecnica di imputazione di dati mancanti (von Hippel, 2004). Prima di effettuare le analisi fattoriali è stata verificata l’assunzione della normalità multivariata seguendo le procedure proposte da DeCarlo (1997). Da questa analisi è emerso che l’assunzione di normalità multivariata non è rispettata per i dati in questione per cui nella successiva analisi fattoriale confermativa è stata utilizzata la stima della massima verosimiglianza con una correzione robusta, che previene problemi legati alla distribuzione normale multivariata (Satorra e Bentler, 1994). Allo scopo di verificare la struttura fattoriale della Professional Quality of Life Scale è stata applicata l’analisi fattoriale confermativa. L’analisi fattoriale confermativa risulta essere una procedura appropriata per verificate la validità di costrutto in quanto consente di esaminare il grado in cui alcuni item saturano congiuntamente uno specifico fattore (validità convergente) e mostrano saturazioni nulle con i restanti fattori (validità discriminante). Nella presente ricerca sono stati utilizzati i seguenti indici per valutare la bontà dell’adattamento del modello: 1) il test del chi quadrato indica il grado di discrepanza tra matrice osservata e attesa. Tuttavia questo test è sensibile all’ampiezza campionaria per cui vi è il rischio di respingere un modello per motivi puramente matematici, indipendentemente dalla sua effettiva validità; 2) la radice quadrata della media dell’errore di approssimazione (Root Mean Square Error of Approximation, RMSEA): valori inferiori o uguali a 0,05; 0,08; 0,10 indicano rispettivamente un fit ottimo, accettabile o mediocre (Browne e Cudeck, 1993; Marsh, Hau e Wen, 2004); 3) Comparative Fit Index (CFI) e Non-Normed Fit Index (NNFI), indici di fit incrementale basati sul confronto tra l’adattamento del modello ipotizzato e l’adattamento del modello nullo (in cui tutte la variabili sono prive di correlazione e dove gli unici parametri da stimare sono le varianze d’errore). In letteratura vi sono discordanze: da una parte si considerano accettabili valori uguali o superiori a 0,90 (Bentler, 1990), dall’altra in modo più conservativo si richiedono valori uguali o maggiori di 0,95 (Hu e Bentler, 1999). Quest’ultimo criterio risulta essere eccessivo e non generalizzabile secondo Marsh, Hau e Wen (2004) per cui consideriamo accettabili indici di fit maggiori o uguali a 0,90. Tramite la statistica r di Pearson si sono verificate le relazioni fra le tre scale e le variabili età e anzianità di servizio. In seguito si sono effettuati confronti fra i diversi gruppi di soccorritori (genere, condizione di servizio, tipo di soccorso e grado di istruzione) tramite analisi della varianza: nei casi in cui l’assunzione di omogeneità della varianza non è stata soddisfatta si è ricorsi alla statistica del Welch F, che effettua l’analisi correggendo i problemi dovuti a questa violazione (Field, 2005). Nell’analisi delle medie per il grado di istruzione si è condotta un’analisi dei contrasti per la stima di effetti lineari. Infine sono stati calcolati i percentili, ossia valori di posizione che dividono la distribuzione delle frequenze osservate in cento parti uguali (con lo stesso numero di 213 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 casi). Nello specifico sono stati calcolati i decili e gli interquartili i cui valori dividono rispettivamente la distribuzione in 10 parti uguali o in 4 parti uguali. RISULTATI I punteggi raccolti sono stati sottoposti a un’analisi descrittiva degli item (media, DS, asimmetria e curtosi) dalla quale sono emersi risultati accettabili. Successivamente è stata applicata una prima analisi fattoriale confermativa per verificare la struttura originaria a tre fattori della scala (modello 1): i risultati, esposti nella tabella 1, indicano chiaramente che gli indici di fit non appaiono altrettanto accettabili. Tabella 1 – Analisi fattoriale confermativa e relativi indici di fit per diversi modelli della scala (N = 939; NFI = Normed Fit Index; RMSEA = Root Mean Squared Error of Approximation; CFI = Comparative Fit Index; * p < 0,001) S-Bχ2 g.l. RMSEA NNFI CFI 1. Modello a tre fattori (28 item) 2042,50* 347 0,072 0,671 0,698 2. Modello a 22 item 704,24* 206 0,051 0,865 0,880 3. Modello a 22 item rivisto 495,12* 206 0,039 0,922 0,931 Modello Sono state quindi esaminate le proprietà psicometriche degli item sulla base dei seguenti criteri: a) correlazioni corrette (< 0,30) item-totale della scala; b) saturazioni fattoriali standardizzate (< 0,25) nell’analisi fattoriale confermativa (modello 1 in tabella 1); c) presenza di saturazioni fattoriali simili su più fattori. L’applicazione di questi criteri ha condotto all’eliminazione di sei item: cinque di questi coincidono con gli item della scala bornout che erano stati giudicati troppo generali («Mi sono sentito/a felice», «Mi sono sentito/a di star bene con gli altri», «Ho sentito di avere dei valori forti che mi fanno andare avanti», «Mi sono sentito/a di essere la persona che ho sempre voluto essere», «Mi sono sentito/a una persona molto sensibile»); a questi si aggiunge un item della scala della Compassion Fatigue («Mi sono sentito/a preoccupato/a per le persone che soccorro»). Sui 22 item restanti è stata applicata una seconda analisi fattoriale confermativa che ha dato risultati più soddisfacenti rispetto al modello originario e complessivamente accettabili (modello 2 in tabella 1). Tuttavia, alla luce della scarsa congruenza evidenziata in sede introduttiva fra il contenuto di alcuni item e il rispettivo costrutto teorico, è stato testato un ulteriore modello a tre fattori che prevedeva lo spostamento di un item dalla scala bornout alla scala Compassion Fatigue («Ho avuto dei problemi di sonno a causa delle esperienze forti 214 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso vissute durante i soccorsi») e di tre item dalla scala Compassion Fatigue alla scala bornout («Mi sono sentito/a nervoso per motivi legati al mio lavoro di soccorritore», «Il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto sentire depresso/a» e «Ho trovato difficile separare la vita privata dal lavoro di soccorritore»). Come si può vedere dai risultati (tabella 1), il modello 3 presenta indici di fit decisamente migliorati che raggiungono livelli ottimali. Sulla base delle nostre ipotesi teoriche e dei dati ricavati riteniamo pertanto opportuno accettare le revisioni proposte per il modello 3 (in appendice sono riportati gli item della scala rivista). Nella tabella 2 sono riportate le statistiche descrittive per ciascun item. I coefficienti di correlazione item-scala totale corretti sono tutti superiori a 0,40 a esclusione dell’item «Mi sono sentito/a di poter fare la differenza sul lavoro» appartenente alla scala della Compassion Satisfaction. I valori dell’alfa di Cronbach sono soddisfacenti per tutte e tre le scale e non risultano item che, se esclusi, possano migliorare in modo sensibile gli indici di coerenza interna. Le saturazioni fattoriali dell’analisi confermativa sono tutte uguali o superiori a 0,40. I valori di asimmetria e curtosi sono rispettivamente di -0,53 e 1,17 per la scala Compassion Satisfaction, 1,07 e 1,55 per la scala bornout, 1,33 e 2,96 per la scala Compassion Fatigue. Tabella 2 – Medie, Deviazioni standard, coefficienti di correlazione item-scala totale corretti, valori di α senza l’item specifico e saturazioni fattoriali standardizzate derivate dall’analisi fattoriale (Modello 3). Il punteggio dei singoli item varia da 1 a 5. Il punteggio complessivo per la scala Compassion Satisfaction va da 8 a 40 e per le scale Burnout e Compassion Fatigue va da 7 a 35 Correlazioni corrette itemtotale α Saturazioni fattoriali standardizzate Media DS Compassion Satisfaction 30,95 4,53 Ho avuto soddisfazioni nel sentirmi capace di soccorrere le persone 4,00 0,77 0,60 0,81 0,76 Mi sono sentito/a rafforzato/a dopo aver lavorato come soccorritore 3,73 0,91 0,54 0,82 0,60 Mi è piaciuto il mio lavoro come soccorritore 4,37 0,68 0,53 0,82 0,79 Mi sono sentito/a soddisfatto/a delle mie capacità di cavarmela con le procedure e le tecniche di soccorso 4,07 0,71 0,59 0,81 0,77 0,84 (continua) 215 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 (continua) Media DS Correlazioni corrette itemtotale α Saturazioni fattoriali standardizzate Sono giunto/a alla conclusione che il mio lavoro mi ha reso soddisfatto/a 3,92 0,80 0,62 0,81 0,72 Mi sono sentito/a felice quando ho pensato alle persone soccorse ed alle mie capacità di aiutarle 3,88 0,85 0,63 0,81 0,71 Mi sono sentito/a di poter fare la differenza sul lavoro 3,00 1,02 0,37 0,85 0,91 Mi sono sentito/a fiero di quello che riesco a fare come soccorritore 3,97 0,85 0,70 0,80 0,63 Burnout 13,02 4,46 Ho trovato difficile separare la vita privata dal lavoro di soccorritore 2,42 1,18 0,41 0,80 0,89 Mi sono sentito/a come intrappolato/a nel mio lavoro di soccorritore 1,43 0,79 0,60 0,76 0,75 Mi sono sentito/a nervoso per motivi legati la mio lavoro di soccorritore 1,95 0,99 0,62 0,75 0,70 Il mio lavoro come soccorritore mi ha fatto sentire depresso/a 1,42 0,73 0,57 0,76 0,74 A causa del mio lavoro come soccorritore mi sono sentito/a come esaurito/a 1,67 0,92 0,62 0,75 0,71 Mi sono sentito/a sovraccaricato/a dalla quantità di lavoro e dalla varietà di casi da affrontare 3,00 1,02 0,54 0,77 0,79 0,80 (continua) 216 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso (continua) Media DS Correlazioni corrette itemtotale α Saturazioni fattoriali standardizzate Mi sono sentito/a limitato/a nel mio lavoro 1,96 0,99 0,42 0,79 0,89 Compassion Fatigue 11,96 3,87 Ho sussultato o mi sono agitato quando ho sentito rumori improvvisi 2,12 1,03 0,40 0,72 0,89 Ho avuto dei problemi di sonno a causa delle esperienze forti vissute durante i soccorsi 10,57 00,87 0,57 0,68 0,70 Ho pensato di essere stato/a scosso/a dai traumi delle persone che ho soccorso 1,80 0,88 0,59 0,68 0,68 Ho sentito di provare gli stessi traumi di qualcuno che ho soccorso 1,43 0,75 0,42 0,72 0,87 Ho evitato certe attività o situazioni perché mi ricordavano le esperienze terribili delle persone che ho soccorso 1,44 0,79 0,41 0,72 0,89 A causa del mio lavoro di soccorso mi sono venuti in mente ricordi terribili 1,68 0,87 0,58 0,68 0,73 Non sono riuscito a ricordare alcuni momenti di un intervento con persone traumatizzate 1,93 0,96 0,25 0,76 0,96 0,74 Nella tabella 3 è presentata la matrice di correlazione di Pearson per le variabili età, anzianità di servizio, Compassion Satisfaction, bornout e Compassion Fatigue. Dall’analisi emerge che le dimensioni Burnout e Compassion Satisfaction sono altamente correlate fra loro. Il Burnout correla negativamente in modo modesto con la Compassion Satisfaction mentre tra Compassion Fatigue e Compassion Satisfaction non vi è una 217 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 relazione significativa. L’età e l’anzianità lavorativa non correlano con la dimensione Compassion Satisfaction mentre presentano relazioni significative con le dimensioni Burnout e Compassion Fatigue. Tabella 3 – Matrice di correlazione di Pearson per le variabili età, anzianità di servizio, Compassion Satisfaction, Burnout e Compassion Fatigue (N = 883-939; * p < 0,01; ** p < 0,001) 1. Età 2. Anzianità di servizio 3. Compassion Satisfaction 4. Burnout 5. Compassion Fatigue 1 2 3 4 5 — 0,64*** -0,05 0,06 0,10** — 0,02 0,04 0,09** — -0,09** 0,01 — 0,61** — Analizzando le differenze di genere, gli uomini tendono a riportare punteggi significativamente più alti (M = 31,17, DS = 4,62) nella dimensione della CS rispetto alle donne (M = 30,42, DS = 4,25), F (1,937) = 5,21, p = 0,023, η 2 = 0,006. Nella dimensione BO si riscontra una differenza significativa fra uomini (M = 12,80, DS = 4,40) e donne (M = 13,55, DS = 4,59), F (1,937) = 5,42, p = 0,020, η2 = 0,006. Allo stesso modo si riscontra nella dimensione CF una differenza significativa fra uomini (M = 11,67, DS = 3,85) e donne (M = 12,69, DS = 3,82), F (1,937) = 13,45, p < 0,001, η2 = 0,014. Prendendo in considerazione le differenze relative alla condizione di servizio, non ci sono differenze nella CS tra coloro che svolgono un’attività professionale (M = 30,55, DS = 4,60) e coloro che prestano servizio volontario (M = 31,09, DS = 4,50), F (1,937) = 2,56, p = 0,110. Nella dimensione BO rileviamo una differenza significativa fra professionisti (M = 14,34, DS = 5,04) e volontari (M = 12,57, DS = 4,16), Welch F (1,937) = 23,75, p < 0,001, η2 = 0,030. Allo stesso modo si riscontra nella dimensione CF una differenza significativa fra professionisti (M = 12,55, DS = 4,14) e volontari (M = 11,77, DS = 3,75), Welch F = 6,65, p = 0,010, η2 = 0,008. (1,937) Nell’analizzare le differenze relative all’area di soccorso, i partecipanti appartenenti all’area del soccorso tecnico tendono a riportare punteggi significativamente più elevati nella dimensione della CS (M = 31,92, DS = 4,73) rispetto a coloro che appartengono all’area del soccorso sanitario (M = 30,85, DS = 4,50), F (1,937) = 4,57, p = 0,033, η2 = 0,005. Nella dimensione BO non emergono differenze significative tra gli appartenenti all’area tecnica (M = 13,68, DS = 4,66) e gli operatori dell’area sanitaria (M = 12,95, DS = 4,44), F (1,937) = 2,18, p = 0,140. Nella dimensione della CF si osserva invece una 218 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso differenza significativa fra appartenenti all’area tecnica (M = 12,91, DS = 4,52) e sanitaria (M = 11,86, DS = 3,78), Welch F (1,937) = 4,51, p = ,036, η2 = 0,006. Analizzando le differenze in termini di livello di istruzione troviamo differenze significative relative alla dimensione della CS, F (3,935) = 3,79, p = 0,010, η2 = 0,012, ma non per le dimensioni BO, F (3,935) = 2,13, p = 0,095, e CF, F (3,935) = 0,41, p = 0,749. L’analisi dei contrasti per la stima ponderata di effetti lineari evidenzia un trend lineare significativo per la CS, per cui all’aumentare del grado di istruzione tende a diminuire il punteggio di CS (scuola media inferiore M = 31,45, DS = 4,20; scuola media superiore M = 31,24, DS = 4,35; laurea triennale M = 30,14, DS = 5,06; laurea quinquennale M = 30,24, DS = 4,86), F (1,935) = 9,92, p = 0,002. Nella tabella 4 sono infine mostrati i percentili (nello specifico i decili e gli interquartili) delle tre dimensioni Compassion Satisfaction, Burnout e Compassion Fatigue sulla base delle variabili genere, condizione di servizio e tipo di soccorso prestato, in modo da fornire un plausibile quadro di riferimento per la lettura e l’interpretazione dei risultati alle singole scale. Tabella 4 – Decili e interquartili delle dimensioni Compassion Satisfaction, Burnout e Compassion Fatigue sulla base delle variabili genere, condizione di servizio e tipo di soccorso prestato (CS = Compassion Satisfaction, BO = Burnout e CF = Compassion Fatigue) Uomini Donne Percentili CS BO CF Percentili CS BO CF 10 25,0 8,0 8,0 10 24,9 8,0 8,0 20 28,0 9,0 9,0 20 27,0 9,0 9,0 25 28,0 9,0 9,0 25 28,0 10,0 10,0 30 29,0 10,0 9,0 30 28,7 11,0 10,0 40 30,0 11,0 10,0 40 30,0 12,0 11,0 50 31,0 12,0 11,0 50 31,0 13,0 12,0 60 32,0 13,0 12,0 60 31,4 14,0 13,0 70 34,0 14,0 13,0 70 33,0 15,0 14,0 75 34,0 15,0 14,0 75 33,0 16,0 15,0 80 35,0 16,0 14,0 80 34,0 17,0 16,0 90 37,0 29,4 17,0 90 36,0 20,0 18,0 (continua) 219 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 (continua) Servizio volontario Servizio professionista Percentili CS BO CF Percentili CS BO CF 10 25,0 8,0 8,0 10 25,0 8,0 8,0 20 28,0 9,0 9,0 20 27,0 10,0 9,0 25 28,0 9,0 9,0 25 28,0 11,0 9,0 30 29,0 10,0 9,0 30 28,0 12,0 10,0 40 30,0 11,0 10,0 40 30,0 13,0 11,0 50 31,0 12,0 11,0 50 31,0 13,0 12,0 60 32,0 13,0 12,0 60 32,0 15,0 13,0 70 34,0 14,0 13,0 70 33,0 17,0 14,0 75 34,0 15,0 14,0 75 34,0 17,0 15,0 80 35,0 16,0 15,0 80 34,0 18,0 16,0 90 37,0 18,0 17,0 90 36,0 21,0 18,0 Area tecnica 220 Area sanitaria Percentili CS BO CF Percentili CS BO CF 10 26,0 9,0 8,0 10 25,0 8,0 8,0 20 28,2 10,0 9,0 20 27,0 9,0 9,0 25 29,0 10,0 9,0 25 28,0 9,5 9,0 30 30,0 10,0 10,0 30 29,0 10,0 9,0 40 31,4 11,4 11,0 40 30,0 11,0 10,0 50 32,0 13,0 12,0 50 31,0 12,0 11,0 60 33,6 14,0 13,6 60 32,0 13,0 12,0 70 34,7 15,0 14,7 70 33,0 15,0 13,0 75 35,0 16,3 15,0 75 34,0 15,0 14,0 80 35,0 17,0 16,0 80 35,0 16,0 15,0 90 38,0 20,0 18,9 90 37,0 19,0 17,0 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso DISCUSSIONE E CONCLUSIONI In questo studio ci siamo proposti di offrire un primo contributo alla validazione italiana della Professional Quality of Life Scale di Stamm (2005). Il nostro studio ha testato in modo approfondito le proprietà della versione italiana della Professional Quality of Life Scale da noi elaborata, evidenziandone principalmente una serie di potenziali punti deboli per i quali proponiamo una revisione, al fine di utilizzare la scala anche nel nostro contesto culturale. In primo luogo, appare chiaro che non tutti gli item proposti da Stamm hanno una tenuta psicometrica sufficientemente forte da giustificarne il mantenimento all’interno delle scale. Inoltre, analizzando nuovamente gli item alla luce della letteratura disponibile è stata introdotta una revisione strutturale dello strumento, eliminando in prima battuta gli item dal significato più generale che non saturavano in modo forte su una dimensione. In modo inaspettato è risultato che anche l’item relativo al sentimento di preoccupazione per le persone soccorse non satura in modo deciso sul fattore della Compassion Fatigue. È possibile che la componente della preoccupazione non sia intesa necessariamente in senso negativo, ma che rappresenti anche un aspetto positivo di interessamento nei confronti delle persone soccorse che permette lo svolgimento competente della professione. Pertanto, l’item non ricade necessariamente in una dimensione di disagio professionale; va rilevato altresì che lo stesso item aveva già manifestato problemi a livello psicometrico in ricerche precedenti (Smit, 2006). In seconda battuta si è testato un modello che prevedeva lo spostamento di alcuni item fra le scale bornout e Compassion Fatigue in modo da massimizzare la differenza concettuale: in particolare, si è proposto di portare nella dimensione della Compassion Fatigue un item relativo alla presenza di disturbi del sonno (e quindi più avvicinabile all’area dei sintomi post-traumatici) e di spostare nella componente del Burnout alcuni item che esprimono situazioni di esaurimento emotivo sicuramente più vicine ad essa. I risultati ottenuti in questo senso sono incoraggianti, in quanto l’analisi fattoriale confermativa ha mostrato un progressivo miglioramento del fit passando dal modello originale a una struttura alleggerita degli item più deboli dal punto di vista psicometrico, per finire con il modello concettualmente revisionato che ha mostrato gli indici di fit più elevati, nonché ottimali secondo i criteri metodologici correnti. Ci troviamo quindi di fronte a uno strumento che, sebbene più economico rispetto alla versione originale, evita la sovrapposizione che ridurrebbe la struttura fattoriale a due sole componenti. La non riducibilità di Burnout e Compassion Fatigue a una sola componente trova sostegno sia dal punto di vista teorico che nei dati da noi raccolti: appare infatti dall’analisi delle correlazioni che, sebbene queste dimensioni siano in relazione diretta tra loro, non esiste in entrambi i casi un collegamento con gli aspetti di Compassion Satisfaction. In altre parole, in accordo con quanto riscontrato da Stamm (2002) Burnout e Compassion Satisfaction sono inversamente correlate, ma un individuo ad alto rischio di Compassion Fatigue può allo stesso tempo ricavare un’elevata soddisfazione dallo svolgimento del proprio lavoro. Dal punto di vista della robustezza psicometrica delle singole scale, la versione revisionata ha mostrato di avere buoni indici di coerenza interna che appaiono più elevati 221 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 rispetto a quelli della versione originale (CS α = 0,83; BO α = 0,86; CF α = 0,85). L’analisi delle statistiche di normalità ha restituito invece dati coerenti con quanto già riscontrato nella versione originale: la distribuzione dei punteggi per la scala Compassion Satisfaction appare asimmetrica verso i punteggi più elevati della scala mentre la distribuzione dei punteggi per la Compassion Fatigue è asimmetrica verso i punteggi più bassi. A questo proposito, da un lato va sottolineato che il nostro campione di partecipanti è composto in larghissima parte da soccorritori volontari che traggono soddisfazione dalla loro attività. Dall’altro, gli item relativi alla Compassion Fatigue si rifanno a una condizione di disagio psicologico per cui è lecito aspettarsi una distribuzione nei punteggi simile a quella riscontrata. Si tratta, infatti, di una delle prime applicazioni dello strumento su una popolazione di operatori di emergenza che lavorano specificamente nell’ambito del soccorso. La modalità di somministrazione ci ha permesso di raggiungere un campione vasto e differenziato in termini di condizione di servizio (volontario vs professionale), area di appartenenza (tecnica vs sanitaria) e grado di istruzione. La struttura identificata, pertanto, sembra riflettere come la cultura italiana dei soccorritori si adatti al modello proposto per la costruzione dello strumento stesso. Se consideriamo il genere dei soccorritori, in accordo con quanto ipotizzato le partecipanti donne mostrano non solo punteggi più elevati di Burnout e Compassion Fatigue, ma anche punteggi più bassi di Compassion Satisfaction: sembrerebbe pertanto confermata l’idea per cui l’appartenenza al genere femminile è un elemento di vulnerabilità per la qualità della vita di un soccorritore. Per quanto riguarda la condizione di servizio, i soccorritori professionisti riportano livelli più elevati di Burnout e Compassion Fatigue. Ciò potrebbe ricollegarsi al maggior grado di esposizione a incidenti critici per chi svolge l’attività di soccorritore come professione in quanto la costante identificazione con le persone sofferenti potrebbe condurre a maggiore distress (Dean et al., 2003). Un’altra spiegazione potrebbe essere riconducibile al maggior tasso di ricambio presente nei volontari rispetto ai professionisti che hanno più possibilità e facilità di lasciare l’attività qualora non sia più fonte di soddisfazione. Osservando le differenze in termini di area di soccorso, si può vedere come gli operatori di area tecnica mostrino maggiori livelli di Compassion Satisfaction ma contemporaneamente anche di Compassion Fatigue. È possibile che i soccorritori dell’area tecnica si trovino a intervenire in situazioni maggiormente stressanti per cui ne ricavano da una parte maggiore soddisfazione e dall’altra maggiore distress. Infine, per quanto riguarda il grado di istruzione è stata parzialmente confermata l’ipotesi che vi fosse una relazione lineare tra livello educativo e punteggi alle tre scale: i dati indicano infatti che all’aumentare del grado di istruzione corrisponde una diminuzione del livello di Compassion Satisfaction. Possiamo supporre in questo senso che alle differenze nel titolo di studio corrispondano differenze in termini di status (e quindi di mansioni e responsabilità) all’interno delle organizzazioni di soccorso, per cui se da un lato gli individui di status più elevato hanno minori occasioni di «sporcarsi le mani» sul campo, dall’altro una minore operatività può tradursi anche in una minore soddisfazione. 222 L. Palestini et al. – La qualità della vita professionale nel lavoro di soccorso Come ultima analisi, il campione è stato esplorato in termini di percentili delle singole scale (decili e interquartili): i percentili non sono stati riferiti al campione generale ma alle suddivisioni secondo tre variabili principali (genere, condizione di servizio, area di soccorso) in modo da fornire un numero più ampio di riferimenti sui quali misurare i punteggi ottenuti. Al di là dei risultati positivi, la ricerca effettuata presenta anche alcuni limiti. In primo luogo, non è stato possibile effettuare misure in tempi diversi in modo da valutare l’affidabilità test-retest dello strumento. In secondo luogo, l’assenza di una batteria di strumenti di confronto non ha permesso di indagare la validità convergente e discriminante della revisione della Professional Quality of Life Scale proposta. In conclusione, lo scopo dello studio può dirsi parzialmente confermato. Le proprietà psicometriche dello strumento appaiono soddisfacenti e sebbene in letteratura esistano già strumenti di assessment di alcune delle dimensioni rilevate dalla Professional Quality of Life Scale (per una rassegna sugli strumenti nell’ambito dell’emergenza si veda Sbattella e Pini, 2007), questo si rivela particolarmente appropriato per lo studio della qualità della vita dei soccorritori: alla brevità e concisione delle scale — rispetto a strumenti più conosciuti e diffusi — si accompagna infatti una considerazione tanto degli aspetti negativi quanto di quelli positivi della professione di soccorso, secondo una prospettiva salutocentrica. Inoltre, l’utilizzo di questo strumento appare preferibile anche per la specificità degli item utilizzati, che sono stati sviluppati tenendo conto delle conseguenze specifiche che possono derivare dall’attività di soccorso e non orientandosi verso una popolazione generale. 223 Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale - Vol. 15 - n. 2 • 2009 Bibliografia Abendroth, M. (2005). Predicting the risk of Compassion Fatigue: An empirical study of hospice nurses. Unpublished master thesis, Florida State University School of Nursing. Abu-Bader, S.H. (2000). Work satisfaction, Burnout, and turnover among social workers in Israel: A causal diagram. International Journal of Social Welfare, 9, 191-200. Adams, R.E., Boscarino, J.A., & Figley, C.R. (2006). Compassion Fatigue and psychological distress among social workers: A validation study. American Journal of Orthopsychiatry, 76, 103-108. Alexander, M. (2006). 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