Febbre da cavallo - Newsletter di Sociologia

Transcript

Febbre da cavallo - Newsletter di Sociologia
Luglio 2006, Anno 3, Numero 4
Newsl ett er di S ociol ogia
Scrivi alla redazione >>
[email protected]
8
Professione Studente
P r o f e s s i o n e
S t u d e n t e
Nell’ambito del Laboratorio di Sociologia Applicata B (Metodi Qualitativi), le studentesse e gli
studenti vengono chiamati a cimentarsi in una piccola ricerca sul campo, ricorrendo a tecniche
come l’osservazione partecipante, le interviste discorsive, il focus group.
Tra i lavori prodotti, come abbiamo già fatto negli anni scorsi, sono stati selezionati i lavori che,
ad oggi, hanno acquisito una certa rilevanza e possono essere riportati come esempi e stimoli per
altri studenti. Ai componenti dei gruppi di ricerca abbiamo quindi chiesto di creare un breve
articolo, estrapolando dal loro rapporto di ricerca i tratti salienti del lavoro.
In questo numero, vi presentiamo il lavoro di Michele Cioffi, Marco Pastore, Valentina Molinengo
e Donatella Coviello, che hanno osservato un’agenzia ippica di Torino e l’ippodromo di Vinovo per
studiare il fenomeno del gioco d’azzardo.
Introduzione
Febbre da cavallo
La nostra ricerca si occupa del gioco d’azzardo, in particolare di scommesse ippiche. La domanda cognitiva
attiene alla presenza di differenze tra due contesti di gioco: l’agenzia ippica e l’ippodromo. Un aspetto che ci
ha colpito è stato il fatto che mentre l’agenzia ippica da noi osservata tende a diventare una “casa del vizio”,
aumentando le possibilità di scommesse che si possono effettuare (oltre all’ippica, anche il calcio e altri
sport) e introducendo nella struttura delle slot machines, l’ippodromo, all’opposto, organizza delle serate
evento in concomitanza delle corse serali in modo da attirare anche persone che non hanno intenzione di
giocare ma semplicemente di passare una serata un po’ diversa. Come sottolinea la Signora Fletcher (così
abbiamo ribattezzato una delle nostre interlocutrici), frequentatrice assidua dell’ippodromo da anni, «se uno
non sa cosa fare il sabato sera viene qui e passa un po’ il tempo». Il tentativo è quello di provare a concepire
l’ippodromo come “il luogo d’evasione”, delle gita fuori porta.
Il nostro scopo non era quello di delineare una tipologia del gioco d’azzardo, ma di osservare le due
comunità e i loro diversi modi di attuare la stessa pratica, apparentemente irrazionale: quella del giocare.
Come tenere sotto controllo il caso, che è parte essenziale del gioco d’azzardo? La componente aleatoria è
sempre presente, ma i giocatori appassionati di scommesse ippiche sembrano essere veri e propri tecnici
della giocata. L’etimologia greca della parola rimanda a tekné, che significa “arte, metodo di lavoro”. Il
comportamento spesso definito come “vizioso” presenta in realtà una sua razionalità, mentre è la smania di
giocare ad essere irrazionale. Si tratta di una “scorciatoia” per ottenere più denaro o di un passatempo? O di
altro ancora? Qui le opinioni dei singoli giocatori sembrano divergere: la Signora Fletcher lo prende come
passatempo, in agenzia ippica invece uno di noi ha assistito all’episodio qui di seguito riportato:
Al centro della sala un signore pelato, giacca beige, sorridendo ai due clienti, in tono da presa in giro: «Ma
cazzo giochi i favoriti?? Io gioco per vincere mica a perdere!!! Pagano mai un cazzo quelli...ad Agnano
[ippodromo nei pressi di Napoli] poi va’ a finire che manco prendi i tuoi!!!!!!!!»
Il metodo
Il metodo da noi adottato è quello dell’osservazione partecipante coperta, in virtù del fatto che nessuno dei
giocatori sapeva che la nostra presenza all’ippodromo oppure in agenzia ippica era dovuta alla conduzione di
una ricerca sul gioco d’azzardo e scommesse ippiche. In svariate occasioni abbiamo potuto intavolare
conversazioni con i presenti (in particolare all’ippodromo): abbiamo cercato di “stimolare” i giocatori, con
risultati più o meno felici. Questo perché la componente femminile del nostro gruppo ha avuto difficoltà a
rapportarsi ad un ambiente prevalentemente maschile: in agenzia ippica l’osservazione è stata condotta solo
dai due ragazzi perché la presenza di una ragazza avrebbe creato sospetto, diventando un fattore di disturbo.
All’ippodromo un altro problema riscontrato è stato quello delle competenze: abbiamo ritenuto più facile
dimostrarci o fingerci novizi del gioco per parlare con i giocatori, ma poi ci siamo resi conto che i più esperti
non erano disponibili a parlare con noi; altri invece lo sono stati fornendoci molte informazioni.
Luglio 2006, Anno 3, Numero 4
Scrivi alla redazione >>
[email protected]
Newsl ett er di S ociol ogia
9
Gli ambiti di analisi
Durante l’analisi della documentazione empirica sono emersi quattro ambiti tematici nei quali è stato
possibile rilevare differenze nei due contesti: le popolazioni, la socialità, i comportamenti e i processi
cognitivi.
Le popolazioni. Per quel che riguarda il genere in entrambi i luoghi abbiamo riscontrato una maggiore
presenza maschile; le donne sono entrate raramente nell’agenzia e vi sono rimaste poco, il tempo di
effettuare una giocata per il loro compagno; all’ippodromo sono in numero maggiore, in particolare nei fine
settimana, quando intere famiglie vi si recano per trascorrervi la giornata. La scena che si apre davanti a noi
è molto diversa: sentiamo subito bambini che urlano e giocano un po’ dovunque, vediamo molte persone anziani, giovani, coppiette, adulti, famiglie con bambini più o meno piccoli (alcuni sono ancora nel
passeggino) ed alcuni addirittura col cane. La sensazione è la medesima che si prova arrivando nei pressi di
un fiume con permesso di balneazione: tantissima gente allegra che si gode un pomeriggio di riposo e
divertimento.
Sono rari i casi in cui le donne si recano da sole all’ippodromo, la “Studiosa” ne è un esempio: [La signora
Fletcher] ci indica una sua amica, seduta su una panchina vicino a noi, di circa 35 anni, coi capelli scuri e
l’aria un po’ schiva, che ha un negozio, nel quale ha lasciato la madre per andare all’ippodromo.
Circa l’età, quella media è piuttosto alta in entrambi i luoghi.
La socialità, ovvero come si mettono in relazione tra loro i giocatori nei due contesti.
La differenza principale in questo caso è legata al luogo: l’agenzia ippica, per ovvi motivi, è un luogo più
raccolto e meno dispersivo dell’ippodromo. Nell’uno si crea una piccola comunità dove tutti si conoscono
almeno di vista, nell’altro abbiamo riscontrato la presenza di piccoli gruppi già formati e chiusi. Insomma,
all’ippodromo ci vai con gli amici, in agenzia invece te li fai!
Una pratica che abbiamo avuto modo di osservare in entrambi i luoghi è la giocata “in società”, che consiste
appunto nella condivisione del rischio e dell’eventuale vincita. Con un’espressione coniata da uno di noi,
potremmo dire che si sfrutta la capacità collettiva in quanto ognuno dei “soci” mette a disposizione del
gruppo le proprie conoscenze e competenze. Alcune tensioni possono sorgere nel momento in cui si perde.
Un esempio osservato in agenzia ippica è quello di un gruppo di tre ragazzi che decidono di giocare insieme
e quando perdono due di loro se la prendono in maniera scherzosa con il terzo, quello che ha consigliato il
cavallo che non si è piazzato: «Ma che cavallo c’hai fatto giocare??!! Manco s’è fatto vedere!! Ma non capisci
proprio un cappero!!!!»
Un altro caso è invece quello di alcuni uomini osservati all’ippodromo, di tutt’altra specie rispetto al
precedente:
[…]nelle gradinate basse, di fianco alla terza entrata, un gruppo di sei uomini, tra i 40 e i 60 anni, litiga
animatamente, tanto che pensiamo stiano per passare dalla violenza verbale a quella fisica.
Fortunatamente non è così e ci avviciniamo, quando però sembra che tutto sia concluso. Invece uno di loro,
quello che urlava più di tutti, era andato via un momento per sbollire la rabbia e appena tornato ricomincia
ad urlare. Con un po’ di difficoltà riusciamo a capire che stanno litigando perché hanno giocato insieme la
Trio, ma uno di loro ha insistito per mettere un cavallo che è rimasto piazzato tutta la gara ma ha perso
negli ultimi 100 metri; discutono quindi, guardando il replay, di come il cavallo ha perso.
La differenza tra le due reazioni è presumibilmente dovuta anche ai soldi in gioco: nel primo pochi, nel
secondo di più.
Il comportamento, dove abbiamo individuato il “rito della giocata”, suddividendolo in tre “momenti”. Nel
primo, la puntata, ogni giocatore ha il suo metodo di studio della corsa e una preferenza sul momento in cui
giocare (se con anticipo oppure un attimo prima che parta la corsa); nel secondo, la corsa, tutti i giocatori
seguono con attenzione gli eventi; nel terzo, la reazione, incidono molto la somma giocata e il luogo (in
agenzia ippica l’ambiente è più goliardico e ci si vanta o prende in giro davanti a tutti, all’ippodromo invece
la reazione dà meno nell’occhio).
Luglio 2006, Anno 3, Numero 4
Scrivi alla redazione >>
[email protected]
Newsl ett er di S ociol ogia
10
I processi cognitivi, che portano alla costruzione del pronostico.
Nessun giocatore esperto gioca a caso ma tiene in grande considerazione il caso, consapevole della parte
aleatoria sempre compresa nel gioco d’azzardo. Anche un signore ascoltato da uno di noi in agenzia ippica
nell’elencare tutte le variabili che bisogna considerare per fare una buona giocata dava grande importanza
agli imprevisti della sorte: «non ci si può aspettare che vinca sempre il favorito» diceva. È evidente che il
giocatore sa di trovarsi alle prese con un evento agonistico sul cui risultato non può influire in nessun modo,
ma di cui può solo provare a calcolare le probabilità senza avere la certezza matematica della vittoria. Nei
consigli dati ai principianti il caso appare essere la più importante delle variabili, come ci ha consigliato un
signore all’ippodromo: «Tanto…O uno studia e viene spesso qui oppure gioca così…E poi sai, non è neanche
mica detto che funzioni studiare eh? Perché a volte sono favoriti e rompono [cioè galoppano anziché
trottare], altre arrivano»
Nessuno dei giocatori osservati da noi chiama in causa la fortuna e la sfortuna. Quando si vince ci si prende
il merito, le vincite degli altri possono essere frutto della buona sorte ma le proprie no. Le proprie vittorie
sono sempre il frutto di un attento studio o di un intuizione geniale. Insomma delle proprie capacità.
Quando si perde alcuni si prendono la responsabilità del proprio errore:
Dopo la corsa l’uomo col giubbotto azzurro dice: “Se mettevo il 16 invece del 9 facevamo la trio.” “Ci avevo
pure pensato di giocare quel cavallo e invece...” gli risponde un signore con gli occhiali che aveva giocato
con lui.
Oppure:
“Ho buttato una trio fattibile. Stamattina sto giocando proprio male.” Si lamenta tra sé un signore con la
giacca di pelle.
Altri giocatori, non volendo ridimensionare le loro abilità, danno le colpe a fattori esterni. Uno di questi è il
caso, inteso come il verificarsi di un evento accidentale imprevedibile. Un altro è quello delle corse truccate,
che vengono tenute in grande considerazione e in alcuni casi diventano un fattore determinante nella scelta
del pronostico. Allusioni sulla scarsa trasparenza delle corse sono state colte da noi sia all’ippodromo sia in
agenzia ippica: «Quel cavallo si vede che non deve andare. Guarda il fantino come lo tira, si vede che non
deve proprio arrivare».
Se i giocatori non vogliono parlare di fortuna o se cercano cause esterne per le loro sconfitte, è perché oltre
ai soldi in gioco c’è anche il prestigio. All’interno del gruppo di giocatori abituali chi vince si guadagna il
ruolo di esperto e gli vengono riconosciute particolari abilità. L’esperto diventa il punto di riferimento a cui
gli altri giocatori chiedono consigli, egli li dà volentieri, ma la giocata finale la tiene per se stesso: sia perché
essa è frutto del suo proprio impegno sia perché essere il solo a vincere non consente di mettere in
discussione il ruolo di esperto. In conclusione possiamo quindi dire che le differenze tra i vari giocatori
riguardo la formulazione del pronostico non sono legate al luogo (ippodromo o sala corse) dove si gioca, ma
all’essere più o meno coinvolti nel gioco. Più si entra nel meccanismo delle scommesse meno le giocate
saranno casuali.
In conclusione
A uno di noi è capitato di osservare, lavorando in agenzia ippica, un episodio particolare: circa un anno fa
presso l’ippodromo di Vinovo erano in programma corse serali (dalle 8 di sera in poi) e gli habitué
dell’agenzia ippica si sono ritrovati, muniti di cena al sacco, alle 19.30, cioè al termine delle corse
pomeridiane, per andare all’ippodromo tutti assieme. Evidentemente quello che ormai era un gruppo di
amici consolidatosi all’interno dell’agenzia andava a fare un vera e propria gita. Questa “transumanza”
avvalora le nostre ipotesi che l’ippodromo è visto come luogo d’evasione più che luogo di assorte
scommesse e che all’ippodromo ci si reca assai difficilmente soli, ma molto più facilmente in compagnia.
Questo episodio fornisce un nuovo stimolo in merito a questo tipo di ricerche: benché noi non abbiamo
osservato le stesse persone all’ippodromo ed in agenzia, è possibile che ci siano giocatori che frequentano
entrambi i luoghi.
Vista inoltre l’altissima componente maschile nella comunità dell’agenzia ippica si potrebbe effettuare un
esperimento di perturbazione dell’ambiente in cui ricercatrici donne facciano osservazione partecipante,
onde verificare se ciò comporti un effettivo cambiamento nei comportamenti dei giocatori.