E. Trismegisto ed i Tarocchi

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E. Trismegisto ed i Tarocchi
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Ermete Trismegisto e le 22 Lame dei Tarocchi
“Esso è vero, è certo, è reale: ciò che è in basso è come ciò che è in alto, e ciò
che è sù è come ciò che è giù per compiere le meraviglie della cosa unica”:
queste le prime parole impresse su
una lastra di smeraldo ritrovata in
Egitto tra il IV e il III secolo a.C.
La Tavola di Smeraldo o Tavola
Smeraldina venne attribuita ad un
grande personaggio che compare
nella storia dell’umanità per
lasciare un pensiero filosoficoreligioso innovativo, caratterizzato
da una spiccata impronta
ermetica: Ermete Trismegisto, il
“Tre Volte Grande Maestro”,
depositario di una sapienza antica
custodita e rivelata agli uomini dalle epoche più remote.
Non molto si sa della sua vita, ma gli scritti tutt’oggi conservati testimoniano
la sua venuta. Clemente Alessandrino, Padre della Chiesa della fine del I
secolo d. C., parlò di lui come di un grande Iniziato, Re, Filosofo e Profeta
identificandolo in un personaggio straordinario, “quasi inviato da Dio”, sceso
in Egitto per iniziare alle Arti, alle Scienze e alla Filosofia coloro che si
facevano ricettivi al suo linguaggio.
La nascita di Ermete Trismegisto è ancor oggi molto controversa, c’è chi lo
individua nello stesso periodo
storico di Mosè e chi non
riesce a definirne la data
ipotizzando per lui qualità
prodigiose che non hanno
niente di umano, ma
nonostante qualsiasi ardita
ipotesi formulata, tutto il
mondo culturale è concorde
nel rimanere affascinato da
ciò che lasciò scritto nei suoi
trattati.
Ermete ideò una cosmogonia
ed una teologia che nascose
dietro a favole “più o meno curiose e
paradossali”, utilizzando un linguaggio
segreto che serviva per tramandare, con
geniale acutezza, delle verità eterne di non
facile comprensione. La sua dottrina si
fondava sul “principio della corrispondenza”,
p e n s i e r o i n n ov a t i v o c h e p o r t ò u n
cambiamento totale nelle coscienze di allora
e di sempre: “il visibile non è che
l’espressione dell’invisibile, il noto
dell’ignoto”, ciò che vediamo “in basso” non
è altro che l’immagine di ciò che sta più “in alto”.
In virtù della corrispondenza tra “l’alto” e il “basso” fu possibile affermare
che il mondo della Natura non è altro che lo specchio nel quale il Divino si
riflette: concetto già impresso sulla Tavola di
Smeraldo, ma ripreso ed approfondito nel
“Corpus Hermeticum”, antico manoscritto che
r a c ch i u d e l ’ e s s e n z a d e i s u o i p re z i o s i
insegnamenti.
Fu il monaco benedettino Leonardo da Pistoia
che nel 1460, reduce da un viaggio in
Macedonia, ne entrò in possesso consegnandolo
poi nelle mani di Cosimo il Vecchio. Il
manoscritto era composto da diciassette trattati e
di questi, quattordici, sono tutt’oggi conservati a Firenze nella Biblioteca
Laurenziana. Fu Cosimo il Vecchio ad affidare la traduzione del testo a
Marsilio Ficino e la sua divulgazione si
propagò da Firenze in tutta Europa,
andando ad esercitare una profonda
influenza sul pensiero scientifico e religioso
di quel secolo e dei secoli a venire.
Intorno alla fine del Quattrocento la
notorietà di Ermete Trismegisto fu tale da
far imprimere la sua immagine sul
pavimento del Duomo di Siena.
Entrando dal portone centrale del Duomo
possiamo osservare che il primo riquadro,
posto all’inizio della navata che conduce
all’altare, riporta l’immagine del grande
sapiente egiziano, ritratto nell’abbigliamento
tipico degli antichi sacerdoti, mentre indica
un cartiglio in pietra
sorretto da due sfingi: in
quella scritta latina si
allude a Dio creatore
dell’univer so ed alla
stretta relazione che esiste
tra il mondo umano e
quello Divino. A sinistra
della s ua imponente
figura ne appaiono altre
due che con estrema
deferenza ricevono da
Ermete quella Sapienza.
La scritta “Suscipite o
licteras et leges Egiptii”, impressa sulla pagina aperta del tomo che Ermete
sta loro offrendo, è un chiaro riferimento al passaggio dall’Oriente
all’Occidente di quell’antica Conoscenza.
Francesco de Vieri, alla corte di Francesco I de’ Medici definì Trismegisto
“grandissimo per religiosa Pietà e per altezze di Divini concetti”,
riaffermando la grande considerazione che i Medici avevano per la sua
persona. Ancor prima del De Vieri il frate francescano Francesco Zorzi, nel
suo celebre manoscritto “De Armonia mundi”, redatto a Venezia nei primi
anni del Cinquecento, mise
in relazione la sapienza di
E r m ete Tr i s m eg i s to a
quella di Mosé ricordando
che presso gli antichi
sapienti Ermete fu
conosciuto anche con il
nome di Moseo.
Athanasius Kircher, filosofo
gesuita e storico del XVII
secolo, evidenziò la
straordinaria risonanza che
ebbe la sua figura di
sacerdote presso tutti i
popoli e così commentò:
“gli Arabi lo chiamano
Idris, i Fenici Tauto, gli
Egizi Toth ed i Greci
Ermete Trismegisto”.
Ermete educò ed istruì scrivendo numerosi trattati
contenenti studi di astrologia, alchimia e medicina fino a
toccare tutte le discipline dello scibile umano. “Tutto
dunque procede da Dio. Se non puoi adeguarti a Dio, vuol
dire che non sei in grado di comprenderlo, poiché solo il
simile può comprendere il simile.”
Così Ermete afferma nel “Corpus Hermeticum” e in
questa sua opera si avverte forte l’invito a svegliarsi dal
“sonno” dell’ignoranza, triste effetto causato dalla caduta
dell’uomo nella materializzazione: “O popoli, o uomini
nati dalla terra, voi che vi siete abbandonati
all’ubriachezza, al sonno e all’ignoranza di Dio, diventate
sobri, distoglietevi dall’ebbrezza che vi alletta nel sonno dei bruti!”
Parole terribili, ma nelle quali possiamo leggere ancor oggi un serio monito
ed una esortazione a prendere coscienza del degrado nel quale l’umanità è
caduta.
Ad Ermete Trismegisto furono attribuiti altri numerosi trattati; c’è chi dice
che fossero ventimila e chi addirittura più di trentaseimila. Ogni suo scritto o
raffigurazione simbolica era stata ideata affinché servisse da guida sicura per
la salvezza dell’anima, ma le sue idee risultarono volutamente chiare e
precise solo per un ristretto numero di eletti.
Toth-Ermete aveva ben capito che la
dottrina espressa nei suoi trattati non era
adatta a tutti e fu per questo che preferì
ideare simboli difficili da interpretare, che
rimanevano ben “chiusi” per la massa
involuta che, ancora non pronta a
comprendere i misteri della Natura,
avrebbe frainteso quel profondo
insegnamento o se ne sarebbe
appropriata sfruttandolo in maniera
egoistica e nociva per sé e per gli altri;
ecco perché tutto il suo sapere fu noto
solo all’interno di un certo numero di
discepoli che seppero tramandare nei
secoli quella conoscenza.
A questo proposito, presso i Sacerdoti
della città di Menphis, in Egitto, venne
ritrovato un libro strano composto di 22
Arcani Maggiori e 56 Arcani Minori,
redatti su settantotto fogli di papiro, la cui
paternità fu attribuita ad Ermete
Trismegisto; sembra che in un
secondo tempo quelle stesse
raffigurazioni venissero incise su
lamine d’oro, quale metodo più
sicuro per garantir ne la loro
trasmissione.
Anche in questo caso Er mete
Trismegisto ebbe ragione perché,
malg rado le devastazioni che
distrussero biblioteche e templi sacri
con i loro di sacerdoti e profeti, il
Libro di Toth o “Lame del Tarocco”,
giunse nei Santuari Occulti dell’India e di altre regioni del
mondo.
Intorno al V secolo, nacque sempre in India un gioco
chiamato “Chaturange” o “dei Quattro Re” con quattro
figure ricorrenti: re, regina, torre e cavaliere, le stesse che
ritroveremo in seguito nel gioco degli scacchi. In Europa le
Lame o Arcani arriveranno molto più tardi; nel Medioevo se
ne comincerà a parlare, ma la loro comparsa avverrà
soprattutto nel XV secolo, grazie all’interesse dimostrato dal
duca Francesco Sforza e dalla sua corte.
Nel sud della Francia in quello stesso periodo storico nascono i
“Tarocchi di Marsiglia”, che lo studioso Court de Gebelin
considererà tra i più attendibili perché, secondo lui, furono riprodotti sulla
base di disegni trovati in un libro, miracolosamente scampato all’incendio
della Biblioteca di Alessandria d’Egitto.
Anche se l’idea simbolica di fondo che aveva
mosso il pensiero di Ermete fu nei secoli
mantenuta, ogni stato ed ogni regione
d’Europa modificò quelle figurazioni
adottando iconografie particolari che
rispecchiavano la mentalità dell’artista che le
aveva riprodotte.
La storia delle Lame del Tarocco ha dunque
un’origine molto antica ed una sua intima
s a c r a l i t à ; q u e l l e d i s p a r at e fi g u re s i
svilupparono attorno ad un tema centrale il
cui insieme avrebbe potuto rimanere un vero
enigma, se non fossero intervenuti i Maestri
Kabbalisti ebraici a darne la giusta
lettura ed a svelarci il loro nascosto
insegnamento.
Le 22 Lame o Arcani Maggiori
rappresentano le carte fondamentali
dalle quali derivano le altre 56 o Arcani
Minori; i 22 Arcani Maggiori si
riferiscono alla vita Divina e forniscono
delle importanti chiavi di lettura per
prendere contatto con quel Mondo,
mentre i 56 Arcani Minori si riferiscono
alla vita umana ed alle forze che la
governano.
In quelle Lame furono rappresentate
figure allegoriche, simboli, numeri,
lettere ebraiche ed egizie secondo
l’antico insegnamento ermetico attinto
dai Sacerdoti egiziani e riportato in luce
dai detentori della Dottrina kabbalistica.
Quelle carte assunsero nei collegi
sacerdotali un significato profetico e
talismanico e la loro utilizzazione fu
riservata esclusivamente per ritualità teurgiche di alta sacralità. In quelle 22
raffigurazioni si volle celare la Magia Divina, la stessa di cui erano entrati in
possesso i Re Magi che, da veri Sapienti, sapevano dominare le forze presenti
in Natura al fine di disperdere i demoni e tutte le potenze inique che
ostacolano il cammino dell’uomo verso la perfezione spirituale.
Magia, dal greco “magheia”, è quindi la scienza ed arte dei Magi e per
“Mago” la Dottrina Ermetica intende il “gran sacerdote” che, grazie allo
sforzo personale e continuo di ascesi misticoiniziatica, arriva a dirigere le forze presenti
nell’Universo direzionandole per la propria
ed altrui elevazione.
Nei testi ermetici si legge che in quei 22
Arcani Maggiori si celano 22 Pentacoli e 22
C h i av i . L a s c i e n z a p e n t a c o l a r e è
antichissima e non vi è popolo che non abbia
acquisito esperienza in proposito.
Andando ad indagare sulla materia
energetica dell’universo e sulle leggi che lo
regolano, possiamo constatare che non vi è
niente di statico o di inanimato; tutto vibra
ed è in eter no movimento: onde
elettromagnetiche, piani e mondi di
vibrazione vi si intersecano dando vita ad un
autentico “serbatoio” di energia dove tutto
viene registrato e dove tutto è in rapporto
vibratorio senza limiti di distanze.
L’uomo si trova immerso in questi mondi che
si compenetrano fra loro e che sono popolati
di forze vibrazionali, immagini, pensieri,
cariche ingannevoli ed entità nocive che
costituiscono una perenne insidia per il
contagio che esercitano. I Sacerdoti ed i
Sapienti, che avevano ben capito a quali pericoli l’umanità si trovava
soggetta, cominciarono ad utilizzare fin dall’antichità dei “pentacoli” o
amuleti di carta, pietra, metallo o di altro materiale che, grazie alla capacità
di condensare delle forti energie, erano in grado di combattere ed avversare
ogni forza malefica.
Il vero Mago, o “gran sacerdote”, era capace di utilizzare quei segreti
pentacoli, chiamati anche talismani, condensando su di essi le proprie forze
positive, caricandoli anche di simboli
e di parole magiche al fine di creare
un “filo conduttore” attraverso il
quale poteva entrare in contatto con
Angeli, Arcangeli e con Entità capaci
di aiutare il suo segreto sforzo.
Il Mago, la Papessa, l’Imperatrice,
l’Imperatore, il Papa, l’Innamorato, il
Carro, la Giustizia, l’Eremita, la
Ruota, la Forza, l’Appeso, la Morte,
la Temperanza, la Torre, le Stelle, la
Luna, il Sole, il Giudizio, il Mondo
ed infine il Pazzo: ecco i nomi delle
22 Lame, ciascuna con la
raffigurazione simbolica, i colori, il
numero progressivo e la lettera
ebraica che la contraddistingue.
L’utilizzo antico di quelle Lame aveva
una sua sacralità. Ogni carta veniva
prima consacrata, poi il Sacerdote pronunciava i 22 nomi e compiva una
serie di atti che prevedevano la disposizione di quelle figure simboliche
sull’altare; l’officiante, una volta entrato in
sintonia con le entità angeliche da lui invocate,
traeva gli auspici seguendo un procedimento di
meditazione e concentrazione. Egli prendeva in
mano una Lama e, con la ferma volontà che si
realizzasse nel bene, pregava ed invocava le
forze che stanno dietro a quella carta affinché lo
assistessero e lo aiutassero nel suo compito
divinatorio.
Quei disegni, realizzati seguendo un minuzioso
studio simbolico, sono in grado di svelare non
solo il percorso mistico-iniziatico da compiere
per entrare in contatto con Dio, ma diventano
anche l’aiuto segreto per individuare le
resistenze che vi si oppongono ed eliminarle.
E’ importante ricordare che ogni Lama racchiude in sé due aspetti opposti:
uno che si addice all’evoluzione dell’uomo e l’altro che vorrebbe condurlo
all’aspetto contrario ed è sempre la volontà di chi opera a scandire la giusta
direzione; la veggenza e la divinazione sono Arti professate solo da uomini di
grande statura interiore che mettono tutte le proprie capacità conoscitive e
teurgiche a beneficio di loro stessi e dell’umanità.
Purtroppo la volgarizzazione subita nei secoli, ha relegato le Lame del
Tarocco al ruolo di carte da gioco o, ancor peggio, di carte da “divinazione”
di bassa lega, utilizzate da maghi improvvisati che ignorano l’alta sacralità di
quei simboli.
Nonostante i tentativi per offuscarne
la loro vera identità, le 22 Lame
rimangono ancor oggi il mezzo
sicuro - per chi le sa interpretare per compiere la propria scalata
verso il cielo.
Quei 22 Arcani Maggiori hanno
molto da insegnarci: più si studiano
nei particolari e si entra in una certa
familiarità con quei simboli, e più ci si può affinare da un punto di vista
intuitivo tanto da riuscire a sintonizzare con il corrispondente archetipo.
Oswald Wirth, scrittore e disegnatore svizzero della fine del XIX secolo,
affermava che il simbolo è come una finestra aperta sull’infinito. Il Wirth,
ben addentro nella dottrina ermetica, nel suo libro “I Tarocchi”, sosteneva
che non ci si può improvvisare indovini poiché a questa facoltà si arriva solo
dietro ad uno studio serio e motivato, nel silenzio e nell’isolamento.
Fu Ermete Trismegisto, misterioso personaggio Umano-Divino, ad affidarci
questa Conoscenza. Il Grande Sapiente aveva ben capito che l’uomo doveva
attingere a quel tipo di sapienza per poter uscire dal labirinto della propria
esistenza.
Lo studio dei 22 Arcani Maggiori, secondo il Filosofi ermetici, deve venire
intrapreso seguendo la chiave di lettura quaternaria, cioè suddividendo le
Lame in raggruppamenti di quattro cercando di interpretarne il misterioso
messaggio senza mai perdere di vista questa linea.
Il termine “arcano, dal latino “arcanus”, ci introduce subito nell’idea di un
luogo chiuso, riposto, ma anche di uno scrigno, un forziere che può
nascondere impensabili meraviglie.
“Gli Arcani parlano solamente a coloro che hanno imparato a
comprenderli”, sosteneva Oswald Wirth: un’antica Sapienza è stata portata
nell’umanità e l’uomo saggio non dovrà disdegnarla." "
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Le 22 Lame del Tarocco ! !