Autore: Efisio Spada Titolo : Distorsione Fui svegliato dal caldo. Era

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Autore: Efisio Spada Titolo : Distorsione Fui svegliato dal caldo. Era
Autore: Efisio Spada
Titolo : Distorsione
Fui svegliato dal caldo. Era domenica. L'ora era tarda; me ne accorsi dalla luce che
filtrava violenta dalle fessure dell'avvolgibile. Un cerchio alla testa e un leggero
senso di nausea. I boxer appiccicati e la maglietta dei Ramones incollata al petto.
Scesi dal letto ed urtai col piede destro una bottiglia vuota di Jack Daniel's che si
rovesciò rumorosamente a terra. Barcollai sino al bagno e svuotai la vescica.
Passando di fronte allo specchio notai dei segni sul collo e sulle braccia. Pensai di
essermi graffiato durante la notte.
Entrai in cucina. Fu allora che lo vidi. Era riverso lungo il pavimento, tra il
frigorifero e la credenza; le zampe distese, il ventre leggermente rigonfio e teso.
Pensai che fosse stato avvelenato. Un sorriso cinico allontanò dal mio viso
l'espressione assonnata ed idiota che avevo avuto sino a quel momento.
E così te ne sei andato via anche tu, vecchio mio?
Era il gatto di Ester, un vecchio e grasso gatto nero. L'avevamo castrato ma ciò non
era bastato a tenerlo lontano dalle risse con gli altri gatti del vicinato e
dall'abitudine di svignarsela dalla finestra della cucina in piena notte. La lingua
bluastra fuoriusciva mollemente dalla bocca; gli occhi gialli spalancati e vitrei
erano rivolti verso il frigo, come a rivendicare l'ultimo pasto.
Lo lasciai lì e me la presi comoda. Feci il caffè, nero, catramoso, e lo bevvi
lentamente, fissando quell'ammasso di carne e pelo. Pensai a Ester, al litigio della
sera prima, alla scenata che mi aveva fatto e alla minaccia di ritornarsene da sua
madre.
“Brava! Ritornaci pure se con me non ci stai più bene!”
Il tempo di terminare la frase e lei aveva già varcato la soglia di casa; le davo le
spalle quando sentii la porta d'ingresso sbattere rumorosamente, facendo vibrare le
pareti.
Ecco ciò che ricordavo della sera prima: ora mi spiegavo la bottiglia di whisky in
camera da letto, la nausea ed il mal di testa. Intanto continuavo a guardare il gatto,
come se ciò mi aiutasse a far riaffiorare i ricordi. Presi una busta di plastica, una di
quelle che ti danno al supermarket e ce lo ficcai dentro. Mentre lo sollevavo da
terra, mi sorprese la sua eccessiva pesantezza. La sensazione di schifo e repulsione,
unita al puzzo dolciastro e di urina, mi fece vomitare a lungo, a carponi, sul
pavimento della cucina. Rimasi in ginocchio con le braccia distese lungo i fianchi
per un bel po'.
Prima di uscire di casa mi cambiai e ripulii velocemente la cucina. Presi la vanga
che avevo in garage insieme alla busta contenente il gatto e li misi nel portabagagli
della station wagon. Non potevo sotterrarlo nel giardino condominiale; i vicini si
sarebbero lamentati. Decisi di seppellirlo in un terreno incolto lungo la statale.
Al chilometro dieci trovai il posto che faceva al caso mio. Parcheggiai l'auto in una
stradina non asfaltata che dipartiva dalla strada principale.
La terra era più pietrosa di quanto immaginassi ma alla fine riuscii a fare una buca
profonda quel tanto da contenere il piccolo cadavere. Mi sorpresi nuovamente nel
constatare la sua eccessiva pesantezza. Risalii in macchina e feci il tragitto a
ritroso, sorseggiando una birra ghiacciata.
Rientrato a casa, provai a chiamare Ester al cellulare. Un telefono squillava da
qualche parte nella casa. Era il suo. L'aveva dimenticato o lasciato lì apposta?
Trascorsi il resto della domenica dormendo e guardando la tv sdraiato sul divano, il
condizionatore al massimo.
Il giorno dopo non fu il caldo a svegliarmi ma il trillo del campanello.
Ester! Ester, sei tornata?
Mi scaraventai giù dal letto e con impeto aprii la porta d'ingresso. Due agenti della
polizia mi si piazzarono di fronte, esibendo il distintivo e allungando il collo
all'interno dell'appartamento. Mi dissero che avevano avuto una segnalazione da
parte del condomino del secondo piano che aveva udito delle urla e degli strani
rumori provenire dalla mia abitazione. Mi chiesero se potevano dare un' occhiata e
che senza un permesso di perquisizione potevano entrare solo dietro il mio consenso.
“Certo che potete entrare.”
Con fare disinvolto iniziarono a rovistare in camera da letto ed in cucina. Notarono
alcune foto disposte in bella mostra sulla mensola del salone.
“E' sua moglie?”
“Si.”
“Dove si trova in questo momento?”
“Da sua madre, credo”.
“Cosa vuol dire? Non sa dove si trova sua moglie?”
Iniziai ad innervosirmi.
“Possiamo vedere il garage?”.
Accettai senza oppormi.
Mi chiesero di poter ispezionare anche dentro la macchina, giusto per togliersi ogni
dubbio.
Il più anziano dei due si sforzò di sorridere. Io feci altrettanto.
Aprii il portabagagli: una bottiglia d'acqua, alcuni stracci e la vanga, leggermente
sporca di terra.
“E' sua abitudine girare in macchina con una vanga? Sembra essere stata usata di
recente.”
“L'ho usata giusto l'altro ieri. Ci ho scavato una buca per seppellirci un gatto. So
che avrei dovuto portarlo all'inceneritore, ma era il gatto di mia moglie. Quando
tornerà e saprà che ora riposa sotto un ulivo sarà contenta. Mi vuol fare la multa
per questo?”
Con modi sempre più gentili mi chiesero di accompagnarli nel terreno dove
sostenevo di averlo sepolto.
“D'accordo. Poi mi fate la multa e la storia finisce qui?”
Li precedevo con la mia vettura. Loro, incollati al mio culo a poco più di un metro.
Arrivammo al chilometro dieci della statale e percorremmo a piedi i pochi metri di
strada sterrata. Sotto un vecchio ulivo svettava una montagnola di terra.
“Vedete che non dico balle? Qui sotto c'è il gatto. Non vorrete mica che mi metta a
scavare...?”
Il mio sguardo divenne implorante, la voce stridula.
“Ma è ridicolo!”
L'espressione dei loro volti non tradiva alcuna emozione.
Per la rabbia e la disperazione mi inginocchiai e. a mani nude e con movimenti
frenetici, iniziai a scavare. Urlavo e scavavo. Scavavo e urlavo.
Rimossi pietre e terra fino a farmi sanguinare le mani.
“Lo vedete? Lo vedete il gatto, ora?”
Io vedevo il corpo nero del gatto.
Loro invece vedevano i capelli corvini e la testa di mia moglie.