Programme - Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini

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Programme - Centro Studi Opera Omnia Luigi Boccherini
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Con il Contributo
Ente Copromotore
Regione Liguria
Provincia della Spezia
Assessorato alla Cultura
Sponsor principale
Enti patrocinatori
Comune
di Carro
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Si ringrazia
Regione Liguria Signor Angelo Berlangieri Assessore alla
Cultura Sport Spettacolo, Signor Daniele Biello Provincia
della Spezia Signor Marino Fiasella Presidente, Signora Paola Sisti Assessore alla Cultura, Signora Elisabetta Pieroni
Comune della Spezia Signor Massimo Federici Sindaco,
Comune di Carro Signor Antonio Solari Sindaco Comune
di Beverino Signor Andrea Costa Sindaco, Comune di Bonassola Signor Andrea Poletti Sindaco, Signor Giampiero
Raso Assessore alla Cultura, Comune di Rocchetta Vara
Signor Riccardo Barotti Sindaco, Comune di Santo Stefano
di Magra Signor Juri Mazzanti Sindaco, Comune di Sesta
Godano Signor Giovanni Lucchetti Morlani Sindaco, Comune di Varese Ligure Signora Michela Marcone Sindaco,
Signor Adriano Pietronave, Signora Maria Cristina De Paoli
Istituzione per i servizi Culturali del Comune della Spezia
Signora Cinzia Aloisini CAMeC Signor Giacomo Borrotti
Teatro Civico Signora Patrizia Zanzucchi, Signor Luigi Lupetti Camera di Commercio Industria Agricoltura e Artigianato della Spezia Signor Aldo Sammartano Presidente,
Pro Loco Niccolò Paganini di Carro Signor Giuseppe Garau
Presidente, Signora Teresa Paganini Associazione Amici del
Festival Paganiano di Carro Sig.ra Monica Amari Staglieno
Presidente Associazione Amici di Paganini Signor Enrico
Volpato Presidente
Questa pubblicazione è stata curata da
Andrea Barizza
l’omaggio
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
giovedì
15 luglio
La Spezia ore 21.00
Teatro Civico
I Solisti
veneti
diretti da
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Claudio Scimone
Programma
Il virtuosismo
strumentale
da Vivaldi
a Paganini
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Programma
A.Vivaldi
Dall’Opera Terza L’Estro Armonico
Concerto n.11 in Re min. per due violini, violoncello e archi
Allegro, Adagio spiccato, Allegro
Largo e spiccato
Allegro
Chiara Parrini Francesco Comisso, violino
Gianantonio Viero, violoncello
A.Vivaldi
Concerto in La min. RV 419 per violoncello e archi
Allegro
Andante
Allegro
Giuseppe Barutti, violoncello
A.Vivaldi
Concerto in Re magg. RV 93 per mandolino e archi
Allegro
Largo
Allegro
Ugo Orlandi, mandolino
A.Ponchielli
Capriccio per oboe e archi
Rossana Calvi, oboe
D.Dragonetti
Concerto in La magg. per contrabbasso e archi
Allegro moderato
Andante
Allegro giusto
Leonardo Colonna, contrabbasso
G.Rossini
Variazioni in Mibim magg. per clarinetto e archi
su temi di Mosè in Egitto e La Donna del lago
Lorenzo Guzzoni, clarinetto
N.Paganini
Variazioni sul Carnevale di Venezia op.10 per violino e archi
Lucio Degani, violino
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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I Solisti Veneti, fondati nel 1959 da Claudio Scimone, sono il Gruppo
Orchestrale da Camera più popolare nel mondo con i loro oltre 5.500
concerti in più di 80 Paesi e nei principali Festival Internazionali. Ospiti
abituali delle più importanti reti televisive italiane e straniere, sono stati al
centro di alcuni dei più significativi film o programmi televisivi di contenuto
musicale.
Hanno registrato, fra l'altro, l'integrale delle opere di Vivaldi e Albinoni
stampate in vita e portato al successo internazionale una serie di capola­
vori di grandi compositori prima dimenticati. Con l'immenso trionfo delle
rappresentazioni di Orlando Furioso di Vivaldi hanno rivelato al mondo la
grandezza dell'opera teatrale vivaldiana.
Hanno in corso la pubblicazione dell'opera omnia di Giuseppe Tartini.
Colmando una lacuna dell'editoria musicale italiana le edizioni de I Solisti
Veneti hanno pubblicato una importantissima serie di cataloghi tematici
di opere dei massimi compositori veneziani: Albinoni, Bonporti, Tartini,
Galuppi, Platti, Torelli, Dall'Abaco, M. Lombardini.
I Solisti Veneti sono stati i primi in Italia a tenere concerti nelle scuole ele­
mentari e medie con programmi e presentazioni appositi. Questa appas­
sionata opera di propaganda della grande musica è stata coronata dalla
vittoria nella singolare manifestazione del Festivalbar 1970, decretata da
350.000 voti di pubblico giovanile. Numerosi compositori hanno dedicato
a Claudio Scimone e I Solisti Veneti opere scritte apposta per il Gruppo
dando vita ad una nuova letteratura per 12 o più archi solisti.
Claudio Scimone, allievo per la direzione d'orchestra di Dimitri Mitro­
poulos e Franco Ferrara, ha raggiunto una reputazione mondiale sul po­
dio in qualità di direttore sinfonico e di opera. Ha al suo attivo le prime
esecuzioni moderne integrali di numerose opere rossiniane quali Mosè in
Egitto, Maometto II, Edipo a Colono, Zelmira, Armida, Ermione, le prime
vivaldiane di Orlando Furioso e di Catone in Utica, nonché infinite altre fra
cui Le Jugement Dernier di Salieri, Il Nascimento dell'Aurora e Pimpinone
di Albinoni, La caduta di Adamo di Galuppi,...
Ha dedicato un'intensa attività alla creazione di nuovo pubblico per la
grande musica e alla formazione dei giovani musicisti. E' stato docente di
Esercitazioni Orchestrali presso il Conservatorio di Venezia e, per 27 anni,
Direttore del Conservatorio Superiore di Padova.
Molti i riconoscimenti ottenuti tra cui il Premio Grammy di Los Angeles,
il Grand Prix du Disque dell'Academie Charles Cros di Parigi, quello
dell'Académie du Disque Lyrique. A Claudio Scimone e a I Solisti Veneti
è stato assegnato nel 2008 al Teatro La Fenice di Venezia il Premio Una
vita nella musica della Fondazione Arthur Rubinstein, ritenuto il premio
musicale più prestigioso in Europa.
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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I Solisti Veneti
diretti da
Claudio Scimone
Lucio Degani, violino principale
Chiara Parrini, Francesco Comisso,
Enzo Ligresti, Matteo Ruffo,
Michelangelo Lentini, Walter Daga, violino
Giancarlo Di Vacri, Silvestro Favero, viola
Gianantonio Viero, Giuseppe Barutti, violoncello
Leonardo Colonna, contrabbasso
Rossana Calvi, oboe
Lorenzo Guzzoni, clarinetto
Ugo Orlandi, mandolino
Ugo ORLANDI, mandolino
il convegno e la mostra
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
La Spezia 15-17, 2010
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Società dei Concerti onlus
La Spezia
Centro Studi Opera Omnia
Luigi Boccherini
Lucca
Musicalwords.it
Cremona
Oltre le Note:
L’improvvisazione nella musica
occidentale dal Settecento all’Ottocento.
CAMeC Centro Arte Moderna e Contemporanea
Piazza Cesare Battisti 1
Comitato scientifico:
Andrea Barizza, Roberto Illiano, Lorenzo Frassà
Fulvia Morabito, Luca Sala e Massimiliano Sala
Keynote speakers:
Prof. Vincenzo Caporaletti Università di Macerata
Prof. Rudolf Rasch Utrecht University
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Programma
Il convegno si propone di indagare l’improvvisazione nella musica
nei secoli XVIII e XIX.
I numerosi interventi sono distribuiti in cinque aree tematiche:
1) l’improvvisazione nella musica vocale;
2) l’improvvisazione musicale nella trattatistica e nei repertori
coevi;
3) l’improvvisazione nella musica strumentale;
4) l’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800;
5) improvvisazione e composizione.
L’improvvisazione musicale sarà trattata da un punto di vista interdisciplinare; sono pertanto inclusi studi che prendono in considerazione aspetti etnomusicologi, sociologici, filosofici e antropologici.
Giovedì 15 luglio
9.00-9.30: Registrazione e accoglienza
9.30-10.00: Apertura dei lavori
10.00-11.00: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale
Presiede: Roberto Illiano
•Damien Colas: Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera
francese e italiana nella prima metà dell’Ottocento
•Laura Möckli: Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative
in Nineteenth Century Opera
Pausa caffé
11.30-12.30: Session 1: L’improvvisazione nella musica vocale
Presiede: Roberto Illiano
•Simone Ciolfi: Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle
Cantate di Alessandro Scarlatti
•Naomi Matsumoto: Free Virtuosity and Rehearsed Traditions:
A Study of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s Lucia
di Lammermoor
13.00 Pranzo
15.00-16.00: Keynote Speaker 1: Prof. Rudolf Rasch (Utrecht University):
La fugacità della composizione musicale
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
16.15-17.00: Presentazione dei volumi:
• Nicolò Paganini Diabolus in Musica, a cura di Andrea Barizza e Fulvia Morabito (Brepols, 2010)
• Instrumental Music and the Industrial Revolution, a cura di
Roberto Illiano e Luca Sala (Ut Orpheus, 2010)
• European ‘Fin de siècle’ and Polish Modernism. The Music of
Mieczysław Karłowicz, a cura di Luca Sala (Ut Orpheus, 2010)
Pausa caffé
17.30-19.00 Session 2: L’improvvisazione musicale nella
trattatistica e nei repertori coevi
Presiede: Andrea Barizza
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• Mariateresa Dellaborra: «L’orecchio più che ’l tempo dee servire di guida»: l’improvvisazione nella trattatistica della seconda
metà del XVIII secolo
• Marina Esposito: Improvviso e improvvisazione negli scritti
di W. H. Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann
• Carmela Bongiovanni: Testimonianze sulla prassi improvvisativa strumentale dei musicisti italiani tra ’700 e ’800
19.30 Cena
21.00: Concerto
I Solisti Veneti
Claudio Scimone direttore,
Teatro Civico della Spezia
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Venerdì 16 luglio
9.00-10.30: Session 3:
L’improvvisazione nella musica strumentale
Presiede: Fulvia Morabito
• Fabrizio Ammetto: Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per
due violini di Vivaldi
• Martin Edin: Cadenza Improvisation in Solo Piano Music According to Czerny, Liszt and their Contemporaries
• Klimis Voskidis: The Role of Improvisation in Liszt’s early
Piano Transcriptions
Pausa caffé
11.00-12.30: Session 3:
L’improvvisazione nella musica strumentale
Presiede: Luca Sala
• Martin Kaltenecker: Improvisation as Oration
• Renato Ricco: Virtuosismo e improvvisazione in CharlesAuguste de Bériot
• Gregorio Carraro: Natura e arte nell’ornamentazione di Giuseppe Tartini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio
Cappella Antoniana)
13.00 Pranzo
15.00-16.00: Keynote Speaker 2: Prof. Vincenzo Caporaletti (UniMc)
Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni inaudibili
16.30-18.00: Session 4:
L’improvvisazione nella musica strumentale (II)
Presiede: Rudolf Rasch
• John Lutterman: Cet art est la perfection du talent: Chordal
Thoroughbass Realization, the Accompaniment of Recitative,
and Improvised Solo Performance on the Viol and Cello
• Walter Kreyszig: The Adagio in C-Major for Flute and Basso
continuo (QV 1:7) in the Versuch einer Anweisung die Flöte
traversière zu spielen (1752) of Johann Joachim Quantz
• Philippe Borer: Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style
Pausa caffé
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
18.30-19.30: Session 5:
L’improvvisazione e la musica popolare nel ’700 e ’800
Presiede: Vincenzo Caporaletti
• Csilla Pethő -Vernet: The Advantages and Drawbacks of Notation or How to Face Improvisatory Elements in 19th century
Hungarian Popular Music
• Raffaele Di Mauro: Improvvisazione popolare e urbana a
Napoli nel primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene
assaie
20.00 Cena
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Sabato 17 luglio
9.30-11.00: Session 6:
L’improvvisazione nella musica strumentale (III)
Presiede: Massimiliano Sala
• Rohan H. Stewart-MacDonald: Improvisation into Composition: The First Movement of the Sonata in F-sharp Minor, Op. 81 by
Johann Nepomuk Hummel
• Valerie Woodring Goertzen: Clara Schumann’s Improvisations
and Her Mosaics of Small Forms
• Steven Young: Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne
Pausa caffé
11.30-12.30 Session 7:
L’improvvisazione nella musica strumentale (IV )
Presiede: Roberto Illiano
• Rogerio Budasz: Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in
18th Century Portuguese Guitar Music
• Maria Christina Cleary: The Single-Action Harp: The Unwritten
Score
13.00 Pranzo
18.00: Trasferimento a Carro
20.30: Concerto in Piazza della Chiesa a Carro
Leticia Muñoz Moreno
Archi dei Filarmonici di Torino
Cena
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra
Mostra
Orchestra visiva
Mostra personale di Federico Marconi (CAMeC, 15-17 luglio 2010)
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La ricerca che Federico Marconi conduce ormai da quasi dieci anni ha come fil rouge
la contaminazione fra i linguaggi espressivi. Molte le tappe di questo percorso che ha
visto Marconi affrontare temi differenti e materiali diversi - dagli studi-esplorazioniespressioni realizzati con colori a olio su carta di cocco all’indagine sulla superficie
materica delle sue effimerografie, ai lavori maturati a seguito dell’esperienza dell’artista a Pechino - per approdare, infine, alle opere realizzate in occasione della Conferenza internazionale Oltre le Note: L’improvvisazione nella musica occidentale tra
Settecento e Ottocento (IX edizione del Festival Paganiniano di Carro).
In questa circostanza Marconi improvvisa la propria Orchestra visiva creando, attraverso il proprio linguaggio artistico, una serie di strumenti e di note che intendono
raccontare la creazione artistica musicale. Una partitura virtuale, dunque, che acquista dimensioni e colori reali.
Le dimensioni e i colori sono quelli di un poetico pentagramma aereo realizzato con
fili rossi e chiodi che li tengono in tensione, avvolgendo i tre lati della sala espositiva
in una nuova dimensione musico-visiva.
L’intenzione con cui Marconi lavora sulle singole opere, strumenti o note, è quella
di depurare gli elementi da dettagli superflui e lavorare sull’essenzialità del bianco e
nero con sole poche note di colore. Quest’ultimo è quindi usato solo per tratteggiare
l’essenzialità del singolo strumento musicale o della singola nota e per indicare il
pentagramma, che diviene il vero e proprio filo rosso su cui si succedono note e
strumenti usati nell’improvvisazione musicale dell’artista
Festival Paganiniano di Carro 2010 Mostra
Federico Marconi (1974)
Architetto, vive e lavora alla Spezia, dove affianca all’attività progettuale la realizzazione di eventi di temporanea modificazione dello spazio pubblico e il lavoro
nell’ambito delle arti visive, della scenografia, dell’allestimento e dell’interior-design,
riconducibili in ogni caso all’analisi e all’indagine conoscitiva intorno alle dinamiche
e ai processi relazionali tra individuo e spazio urbano.
Nel campo delle arti visive, le sue scelte espressive in questi anni sono state diverse,
ma sempre fortemente caratterizzate: pittura figurativa e informale, installazioni,
materiali come la carta di cocco, il legno, l’ardesia, le lastre radiografiche, floppy
disk, plexiglass…
Punto di partenza di questa ricerca è la riflessione sull’inadeguatezza dei mezzi
d’indagine tradizionali al fine di comprendere lo spazio metropolitano contemporaneo: La ricerca personale nasce proprio dalla difficoltà di qualsiasi indagine
conoscitiva nei confronti della metropoli contemporanea solamente attraverso
l’utilizzo di quei modelli morfologici, analitici e descrittivi forniti dalle discipline
che lavorano sullo spazio, come architettura ed urbanistica.
Una scelta, quella delle arti visive, che non viene dunque dettata solo da urgenze
espressive, ma che viene anche intesa come personale strumento di indagine ed
interpretazione dei complessi meccanismi relazionali che esistono tra individuo
e spazio.
Di lui Lamberto Pignotti scrive: La sua attività si svolge in un’area inter-mediale
(architettonico-progettuale, performance e installazioni, opere plurimateriche)
che spesso intende - anche attraverso esplicite titolazioni di sue opere verbo-visive
che si avvalgono a tratti di un supporto di lavagna - coinvolgere emblematicamente i cinque sensi nel suo complesso.
Marconi ha collezionato un’intensa partecipazione a manifestazioni di creatività collettiva di differente natura.
Da Febbraio 2008 due delle sue ultime opere (Individualità-Moltitudine 2008 e Limite 2008) entrano a far parte della collezione permanente del CAMeC-Centro Arte
Moderna e Contemporanea della Spezia.
Selezionato dal critico Germano Beringheli e inserito nel Dizionario degli artisti liguri 2005-2006 (Ed. De Ferrari, Genova), è stato indicato dal critico e artista visivo
Lamberto Pignotti per il Premio Mario Razzano.
Ha ricevuto una segnalazione di merito al Premio Albero Celeste 2005 e ha curato
GEMINI MUSE 2005 nella città della Spezia.
Ha realizzato esposizioni personali e collettive in Italia, in Cina e in Germania. Ultima personale al CAMeC-Centro Arte Moderna e Contemporanea della Spezia nel
2008 (30 maggio-29 giugno), all’interno della mostra China new vision - Chinese
Contemporary Art Collections from Shanghai Art Museum, rassegna su artisti cinesi ideata da Bruno Corà.
Brunetto De Batté, Francesca Mariani, Enrico Formica, Paola Valenti, Germano Beringheli, Lamberto Pignotti, Federica Ratti, testate giornalistiche e molte voci dal
web si sono occupati e hanno scritto del suo lavoro.
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Resoconto del convegno
2009
Nicolò Paganini Diabolus in musica
La Spezia (16-18 luglio 2009)
Renato Ricco*
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Il convegno internazionale Nicolò Paganini Diabolus in Musica, organizzato dalla Società dei Concerti
della Spezia e dal Centro Studi Opera Omnia Luigi
Boccherini di Lucca - La Spezia, 16-18 luglio 2009,
Centro d’Arte Moderna e Contemporanea; comitato
scientifico: Andrea Barizza, Lorenzo Frassà, Roberto
Illiano, Fulvia Morabito, Luca Sala, Massimiliano Sala
-, è riuscito nel suo duplice e mirabile intento: offrire una serie di relazioni di straordinaria ricchezza e
varietà, tracciando allo stesso tempo nuove possibili
linee di ricerca relative alla vicenda biografica e artistica del virtuoso. Sono state affrontate, in una molteplicità di approcci e angolature, problematiche volte
a una più completa ed esatta contestualizzazione e
conoscenza della figura di Paganini, nella cui arte si
realizza in modo compiuto un perfetto equilibrio fra
composizione, esecuzione e interpretazione, dove
quest’ultima si configura come un prolungamento
e un completamento del suo atto creativo di composizione(1).
Sono stati altresì individuati ulteriori filoni collaterali,
come l’approfondimento della prassi improvvisativa
o l’indagine più allargata sulle composizioni della
congrua serie di virtuosi dell’archetto che nel solco
paganiniano indubbiamente s’inseriscono. Si avvalora così, in tutta la sua portata, l’importanza del lascito
artistico del genovese.
Da un punto di vista biografico, Matteo Mainardi ha
puntato l’attenzione sui soggiorni di Paganini a Milano. Nel capoluogo lombardo il virtuoso ebbe modo di
esibirsi non solo presso il Teatro alla Scala, ma anche
in strutture private, quali il Teatro Carcano e il Teatro
Re: nuovo, inoltre, il ritrovamento di notizie di un
concerto di Paganini tenuto nel giugno 1814 presso il
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Santuario della Beata Vergine dei Miracoli di Saronno.
Connessa ai soggiorni milanesi è la vicenda editoriale
delle sue prime opere (opp. 1-5) edite presso Ricordi: in particolare, mediante una scrupolosa indagine
delle lastre d’incisione, è stato possibile appurare che
le prime tracce della pubblicazione dei Capricci, datata 1820, risalgono al 1817. Partendo da recensioni
apparse su riviste coeve quali Il Corriere delle dame,
è stato anche possibile inquadrare meglio la ricezione
della figura di Paganini; degno di nota, a questo proposito, quanto osservato dall’inviato dell’Allgemeine
musikalische Zeitung presente a un concerto milanese del virtuoso, in cui quest’ultimo viene definito
come un artista capace di produrre furore nel pubblico.
Il rapporto tra Paganini e Napoli è stato invece principalmente esaminato da Antonio Caroccia ed Enrica
Donisi mediante lo studio di personalità quali Gaetano Ciandelli e Onorio de Vito. Il primo, violoncellista,
docente di strumento al Conservatorio San Pietro a
Majella e presso l’Istituto dei Ciechi di Aversa, studiò
con Paganini e si guadagnò l’affetto e la sincera stima
del suo docente, sia sul piano artistico che professionale, come attestato in alcune lettere dello stesso
Paganini. Anche De Vito fu sia virtuoso che compositore, docente a Napoli e Aversa presso le medesime
strutture dove insegnò Ciandelli. L’eredità di Paganini è ben visibile nelle opere violinistiche dei due,
ai quali si potrebbe senz’altro aggiungere Giuseppe
Grasso D’Anna: lo stile brillante e le conquiste tecniche del genovese sono infatti centrali in opere come
lo Scherzo sopra alcuni pensieri dell’opera Linda di
Chamounix (attestato sia in versione per violino che
per violoncello con accompagnamento di pianoforte) di Ciandelli, le Variazioni su un tema nazionale il
ritorno di primavera per violino e pianoforte di De
Vito, o il Capriccio per violino solo e il Tema variato
per due violini di D’Anna. Un indubbio influsso paganiniano è presente infine nei maggiori esponenti
della scuola violinistica napoletana: il rumeno Eusebio Dworzak von Walden, il caposcuola, e i suoi due
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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principali allievi, Luigi D’Ambrosio e Gaetano Fusella
- subentrato al maestro a S. Pietro a Majella -, nonché
Giovanni Calveri, autore di 6 Capricci per violino di
notevole fattura.
Se è stato nuovamente affrontato il discorso dei
legami tra Paganini e Pietro Antonio Locatelli - a
quest’ultimo è dedicata l’esauriente monografia di
Fulvia Morabito (2) presentata nel corso del convegno
- in merito ai Capricci paganiniani, si è rilevato come
sia possibile individuare tutta una serie di prestiti e
analogie tra questi due autori e la produzione violinistica di matrice tartiniana, come i Capricci attribuiti
a Pietro Nardini e varie composizioni di Bartolomeo
Campagnoli.
Presentando nuovo materiale documentario e iconografico, Flavio Menardi Noguera ha dato maggior
spessore alla figura di Camillo Sivori, il quale, con
Paganini e fors’anche con altre personalità secondarie sinora poco studiate come Nicola De Giovanni,
contribuì alla caratterizzazione di quella che si può
definire scuola violinistica ligure. Entrando nei dettagli della parabola artistica sivoriana, si evince che la
migliore testimonianza della profondità dell’arte del
violinista consiste nella sua duplice natura di virtuoso
trascendentale - dal 1840, anno di morte di Paganini, Sivori diventa quasi l’ufficiale esecutore pubblico
delle sue opere - e di esecutore attento e sofisticato
di musica da camera, in special modo di quartetti.
Sotto vari aspetti, ognuno con ricchezza e novità di
contenuti, Tatiana Berford, Diane Tisdall e Philippe
Borer hanno discusso del rapporto esistente tra Nicolò Paganini e Giovanni Battista Viotti, che già anni or
sono Edward Neill ebbe a definire il padre spirituale
(3)
del primo: vale la pena di ricordare che il 1782 fu
non solo l’anno di nascita di Paganini, ma anche il primo del decennio parigino di Viotti. Si è cercato allora
di capire quali fossero, sia da un punto di vista tecnico-strumentale che estetico, i caratteri distintivi e innovativi dell’arte viottiana rispetto al background del
violinismo francese, forte di personalità del calibro di
Joseph Boulogne Chevalier de Saint-Georges e Pierre
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Gaviniès, senza dimenticare il siculo-croato Giovanni
Giornovichi. Una peculiarità dello stile viottiano, di
fondamentale importanza per il recupero fattone da
Paganini, consiste nella maggiore cantabilità, o meglio, nel predominio - esemplificato nella formula
violon chanteur versus violon virtuose - dell’elemento lirico su quello virtuosistico. La sede formale dove
questo si realizza appieno è il movimento centrale dei
concerti, come dimostrano bene non solo le opere
di Viotti ma anche quelle dei suoi discepoli: Rodolphe Kreutzer, Pierre Rode e Pierre Baillot. Attraverso un’attenta analisi delle strutture compositive di
Paganini e Viotti, è stata sostenuta la suggestiva tesi
secondo cui il Secondo Concerto in si minore con
un campanello obligato - il cui manoscritto originale autografo è stato oggetto da parte di Mariateresa
Dellaborra di una scrupolosa disamina, tale da accertare come l’orchestrazione originale prevedesse
strumenti quali il serpentone e il cimbasso - sarebbe
addirittura interpretabile come una sorta di tombeau
per Viotti, i cui concerti nn. 17, 18 e 22 risultano d’altronde presenti nel repertorio paganiniano. Rispetto
allo stesso Viotti, inoltre, Philippe Borer ha dimostrato come Paganini abbia compiuto passi in avanti di
cruciale importanza per quel che riguarda l’armonia.
Partendo dalla dimostrazione di come, in contesto
cromatico, i rapporti tra le note successive non siano
costanti (15/16; 128/135; 24/25; 25/27), si deduce che
i semitoni abbiano quattro differenti grandezze, il che
testimonia una significativa lontananza dall’uniformità degli intervalli del temperamento equabile. Nella
scala di Paganini, anche conosciuta come scala armonica o sintonica cromatica, ognuno dei successivi
semitoni risulta in relazione con la tonica. Questa
particolare organizzazione dei suoni ha diretta relazione con il concetto di melodia quale armonia in
successione, nozione di base di un certo rilievo per
Paganini e per tutti quei violinisti formatisi nel solco
della grande tradizione corelliana e tartiniana. Rispetto alla scala cromatica incompleta, utilizzata ancora
da Viotti, la scala di Paganini integra in più il trito-
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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no, cioè il quarto grado innalzato, e tale inclusione
offre la possibilità di impiegare un nuovo intervallo
(terza eccedente) e inesplorati orizzonti armonici.
Sono stati inoltre messi in luce nuovi possibili punti
di contatto che con l’opera di Paganini si potrebbero
rinvenire sia nella trattatistica tartiniana sia nella ricca produzione di metodi per violino composti tra la
metà del XVIII e la metà del XIX secolo.
Robin Stowell, primo keynote speaker del convegno,
ha illustrato come Paganini abbia vissuto, e anche
sfruttato, l’alone diabolico che, a partire dal suo
esordio parigino del 1828, fu associato sempre più
sovente al suo nome, anche grazie, o meglio a causa,
delle recensioni di Jules Janin. Stowell ha in primo
luogo spiegato come all’intervallo di tritono - chiamato appunto diabolus in musica - siano sempre stati
collegati una serie di significati sinistri e negativi, e,
al contempo, come l’immagine della morte o del maligno sembri esser stata associata con una certa frequenza allo strumento del violino, sia da un punto di
vista genericamente artistico che più specificamente
letterario.
A questo specifico proposito basterebbe ricordare la
figura di Franzesco, il diabolico musicista di origini
italiane della novella epistolare di Friedrich Rochlitz,
Aus dem Leben eines Tonkünstlers: Fragment, che
presenta, non a caso, vaghe ma significative somiglianze con Paganini, come il viso emaciato e la chioma bruna e riccia (4). Per rimanere all’ambito letterario, l’identificazione del violino come strumento del
diavolo è palese anche nella novella hoffmanniana
Rat Krespel. In particolare, la connessione tra Nicolò
Paganini e la sfera diabolica sembra avere una precisa
origine e spiegazione nelle parole di Goethe, il quale,
nella conversazione con Johann Peter Eckermann,
dopo aver chiarito che il demonico [dämonisch]
non è possibile comprenderlo né mediante l’intelletto né mediante il raziocinio, specifica che esso è
palese in Paganini in gran misura (5). E non è mera
coincidenza che la data della conversazione goethiana sia il 2 marzo 1831, esattamente una settimana
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
prima del debutto parigino di Paganini.
Partendo poi dalla disamina della tecnica e di alcune
composizioni paganiniane compiuta da Carl Guhr nel
suo Ueber Paganini’s Kunst, die Violin zu spielen,
pubblicato nel 1829, dove vengono individuate le
principali peculiarità e le più rivoluzionarie innovazioni dell’arte violinistica del genovese, l’attenzione
è stata focalizzata sulla figura del virtuoso tedesco
August Wilhelmj: questi, grazie a una felice combinazione di forza interpretativa trascinante e indubbia
perizia strumentale, ricevette, come confermato anche da Franz Liszt, l’appellativo di Paganini tedesco o
Paganini redivivus, rappresentando una valida, seppur forse leggermente anacronistica, alternativa alla
concezione violinistica propria di Joseph Joachim, i
cui esordi strumentali erano pur stati all’insegna del
virtuosismo trascendentale. È bene comunque puntualizzare che quest’ultimo giudizio non fu esclusivo
appannaggio di Wilhelmj: a partire da Camillo Sivori,
infatti, sino ai virtuosi attivi tra i secoli XIX e XX - Jan
Kubelík, Frantisek Ondricek e Vaša Príhoda, per limitarsi alla sola scuola violinistica ceca -, un discreto
numero di solisti furono salutati dalla critica come
Paganini redivivi.
A Parigi l’autore de Le Streghe destò un’impressione
cruciale sui violinisti e, probabilmente in misura anche maggiore, sui pianisti presenti nella capitale (6) :
Fryderyk Chopin, Robert Schumann, Franz Liszt, ma
anche altri virtuosi quali John Field, Friederich Kalkbrenner, Johann Peter Pixis, Ignaz Moscheles, Ferdinand Hiller, Sigmund Thalberg e Stephen Heller.
In relazione ai concerti parigini, giusta attenzione è
stata dedicata da Cécile Reynaud a quanto scritto da
François-Joseph Fétis circa l’arte di Paganini, sia nelle
differenti edizioni della Biographie universelle des
musiciens che nel capitolo de La musique mise à la
portée de tout le monde, denominato L’exécution.
L’impatto su questa generazione di pianisti, inteso
come primo esempio di divismo, anche in virtù alle
particolari atmosfere, talvolta eccentriche, che Paganini amava creare durante le proprie esibizioni pubbli-
23
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
24
che, si concretizza in alcune trascrizioni e altre opere
che si basavano su sue composizioni. Nel primo caso
sono state discusse da Camilla Bork e Andrea Malvano le opp. 3 e 10 di Schumann, le quali evidenziano
la volontà dell’autore di andare alla radice del processo compositivo dei Capricci di Paganini, rispetto ai
quali alcune articolazioni fraseologiche e vari schemi
ritmici risultano variati. Proprio mediante l’analisi di
queste due opere è stato acutamente osservato come
Schumann ravvisasse in Paganini una duplice natura:
una votata al puro virtuosismo strumentale volto a
incantare le platee, e un’altra, più profonda e dalla
prima a volte soffocata, meramente poetica. Rilevando poi come l’aggettivo poetico fosse accostato da
Schumann solo a personalità degne della massima
ammirazione (come Bach, Schubert, Hoffmann e
Shakespeare), Malvano ha osservato che l’opera di
trascrizione/ricreazione pianistica mira esattamente a esaltare il lato poetico dei Capricci; Franz Liszt
sembrerà invece puntare la sua attenzione sull’altro
aspetto dell’arte paganiniana, quello trascendentale e
più legato al funambolismo tecnico.
Sempre al fine d’ottenere una più precisa e circostanziata conoscenza della vicenda artistica paganiniana
da un punto di vista storico e socio-culturale, Carmela Bongiovanni ha scandagliato, con grande perizia e
ricca documentazione, l’ambiente musicale genovese in cui il giovane Nicolò si forma, mentre Antonio
Carlini ha approfondito le relazioni tra l’idea alta del
violino e tutto quel mondo musicale autenticamente
popolare in cui il violino è protagonista (insieme a fisarmonica, mandolini e trombe), fatto di esibizioni in
strada, in occasione di feste o fiere, e in sale da ballo.
La conoscenza da parte di violinisti popolari di composizioni colte (testimoniata da manoscritti di recente scoperta) e la presenza nel repertorio del Paganini
camerista di movimenti di danza, quali monferrine o
alessandrine, testimonia la validità e l’importanza di
questo filone d’indagine.
La produzione di Paganini, in particolare l’Allegro
maestoso del Concerto n. 1 op. 6 in Re maggiore, è
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
stata esaminata in sede d’analisi formale da Rohan
H. Stewart-MacDonald: ne è emersa una tipologia di
prassi compositiva all’insegna di quella che a ragione
è stata definita discontinuità episodica. Se da un lato
si è dimostrato come per i differenti temi sia possibile
individuare un’unica idea di base, la consequenzialità della forma-sonata viene minata dalla sostituzione
della parte centrale con quello che in realtà appare
come un secondo solo: si potrebbe ipotizzare che
questo procedimento venga mutuato da Viotti, come
anche da Rode, nei concerti in cui questa peculiarità
stilistica è ben attestata. Inoltre, se l’orchestrazione di
Paganini è sovente improntata a un’idea di grandeur,
come dimostra il largo impiego di tromboni e percussioni, la liricità proprio del suo stile violinistico viene
accreditata in maggior misura se messa in relazione
con il trattamento dell’orchestra da parte di Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti. Emerge così tutta la
coerenza dell’arte compositiva paganiniana, che, pur
avvicinandosi indubbiamente allo stile melodrammatico, rimane sempre e comunque di squisita e pura
natura strumentale.
Altrettanto importanti sono state le discussioni circa
le ipotesi di arricchire l’attuale corpus delle opere di
Paganini. Danilo Prefumo ha infatti affrontato il problema dell’autenticità dei 4 Studj per violino solo,
citati nel catalogo Moretti/Sorrento (M.S. V/2 pp. 346347), e Italo Vescovo ha dato la meritata importanza, in sede analitica e di prassi strumentale, a quella
produzione paganiniana cameristica a torto ritenuta
minore, come ad esempio i Tre duetti per violino e
fagotto (M.S. 130) - nel cui manoscritto originale solo
il secondo reca il titolo concertante - e i Sei Cantabili
e Valtz per violino e chitarra (M.S. 124-129), dedicati a Camillo Sivori. Al fine di chiarire quali siano le
principali istanze tecniche determinanti l’eredità
paganiniana all’interno del complesso quadro del
violinismo italiano del XIX secolo, dell’opera di Sivori sono stati presi in esame, principalmente sotto gli
aspetti della forma e della tecnica strumentale, i 12
Études-Caprices op. 25. In riferimento alle conquiste
25
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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di Paganini sono state inoltre prese in considerazione
anche le 24 scale per violino ed altrettanti piccoli solfeggi progressivi con l’accompagnamento di un altro
violino di Alessandro Rolla e le 24 Cadenze opera postuma del figlio di costui, Antonio, che con Paganini
suonò diverse volte in duo.
Nel corso del convegno sono emerse le molteplici
connessioni, di natura tecnica ed estetica, tra Paganini e altri virtuosi, contemporanei o di qualche generazione più giovani: in particolare, Renata Suchowiejko
si è soffermata in primo luogo su Karol Josef Lipinski,
che incontrò il genovese a Padova nel 1817, e quindi
anche sugli altri violinisti-compositori polacchi Apolinary Katski, Henryk Wieniawski e Izydor Lotto. Inoltre Harald Herresthal ha relazionato sul norvegese
Ole Bull, che iniziò lo studio dei Capricci nel 1824,
appena quattordicenne, e si recò appositamente a
Parigi nel 1831 per conoscere e ascoltare Paganini,
suonò regolarmente in pubblico composizioni di
quest’ultimo, rivelando poi un palese influsso della
tecnica trascendentale nelle sue opere violinistiche.
Fondamentali, al fine di un approfondimento della
tecnica paganiniana, risultano essere le annotazioni
nel diario di Bull, in cui si legge come, per esempio,
Paganini usasse eseguire passaggi cromatici con un
unico dito, confermando così quanto già affermato
da Guhr. È forse opportuno notare infine come le
istanze ‘rivoluzionarie’ proprie della scuola parigina
d’ascendenza viottiana abbiano influenzato, praticamente, tutto il violinismo ottocentesco: ve ne sono
tracce in Paganini, ma anche negli stessi Lipinski e
Bull, come dimostrano il Concerto militaire op. 21 n.
4 per violino e orchestra del primo e la Polacca guerriera per violino e pianoforte del secondo. Un altro
virtuoso italiano, il cui stile violinistico si sostanzia
largamente del bagaglio tecnico-stilistico di Paganini,
e che anche aderisce a quest’ideale di retorica stentorea, è Antonio Bazzini, con il suo Grand Allegro de
Concert op. 15 e i concerti per violino e orchestra n.
3 (Concerto trionfale) e Militare.
La ricezione della musica di Paganini e il suo stile
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
esecutivo ebbero un forte impatto non solo sui violinisti del XIX secolo, ma anche, più a largo raggio, nei
confronti della prassi esecutiva coeva, che in questo
periodo subisce una decisa trasformazione: questo
l’oggetto dell’intervento del secondo keynote speaker del convegno, Clive Brown. Un cambiamento
di tali proporzioni affonda le sue radici in profondi
rivolgimenti sociali tecnologici e politici: si assiste a
uno sviluppo delle classi medie che sostenevano e
promuovevano gli eventi musicali, al conseguente
maggior numero di concerti pubblici e al lento declino dell’aristocrazia; come attestato dalle vicende biografiche dello stesso Paganini, che nel 1809 decide
di abbandonare la corte lucchese dando vita a quella
che diventerà la figura del concertista moderno. In
queste trasformazioni sociali s’inseriscono anche le
nuove conquiste per quel che concerne la tecnica
dell’arco - grazie anche alle innovazioni apportate da
François Tourte, sperimentate in primis da Viotti nel
periodo parigino - e l’uso del vibrato.
In seno al convegno è emerso un quesito di particolare interesse: se Paganini pensasse o meno a una possibile esecuzione pubblica dei suoi Capricci. A questo proposito, alcune testimonianze coeve sembrano
confermare questa ipotesi. In pieno spirito romantico, nella Vie de Rossini (1823) Stendhal scrive: Non
bisogna ascoltare Paganini quando cerca di lottare
con i violini del Nord nel repertorio dei grandi concerti, ma quando suona i capricci in una serata
in cui è in vena. Ci tengo ad aggiungere che questi
capricci sono più difficili di qualunque concerto
(7)
. In modo più neutro, Heinrich Wilhelm Ernst, per
quanto riferito da Joseph Joachim e riportato dal suo
allievo Andreas Moser (8) , parla dell’esecuzione paganiniana di qualche Capriccio come bis.
Volendo ripensare a tutto quanto il convegno ha elaborato, se ne può trarre una chiara indicazione di lavoro: solo abbandonando in via definitiva l’idea di un
compositore isolato e ineguagliabile fenomeno meteoritico(9) e approfondendo per contro lo studio della
nutrita produzione virtuosistica coeva e posteriore, la
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
figura di Paganini risulterà inserita in compiuta organicità sia nella storia della musica che nello sviluppo
della tecnica violinistica.
Diplomato nel 2000 in violino presso il Conservatorio D. Cimarosa di Avellino, e ha seguito corsi di perfezionamento sotto la guida di George Mönch
e Luca Fanfoni. Nel giugno 2003 si è laureato presso l’Università Federico II
di Napoli in lettere classiche col massimo dei voti e lode, discutendo una
tesi inerente l’evoluzione del concerto per violino e orchestra negli anni
1900-1940. In seno a varie partecipazioni di convegni ESTA, ha pubblicato
sui Quaderni dell’Associazione saggi d’interpretazione violinistica su Vaša
Príhoda e Mischa Elman. Nel 2007 pubblica Frammenti di unità perduta
(Plectica), rielaborazione/approfondimento della tesi di laurea, in cui vengono sinesteticamente messi in luce i nessi tra la crisi dell’armonia tonale
e della forma classica e quanto avviene in letteratura, specie in area mitteleuropea. Ha inoltre pubblicato articoli su Paganini (Brepols Publishers), un
saggio inerente l’evoluzione della Ciaccona (per A tutto arco, Cremonabooks) e Metamorfosi del classico (versione scritta della conferenza tenuta
nell’ottobre 2003 per il Conservatorio di Potenza in collaborazione con il
Dipartimento di Filosofia dell’Università di Salerno). Di prossima pubblicazione due articoli su La Pisanelle di Gabriele d’Annunzio - atti del Convegno
internazionale Gabriele d’Annunzio, Léon Bakst e i Balletti Russi di Sergej
Diaghilev (Roma, Biblioteca nazionale Central, 4-5 marzo 2010) - e su Paganini a Napoli - atti del convegno Henryk Wieniawski and the Bravura
Tradition. Issues of Style, Techniques and Performing Practice, Poznan, 1921 October 2009.
1 SUPICIC, Ivo. La musique expressive, Parigi, Presses Universitaires de France, 1957 (Bibliothèque internationale de musicologie), p. 87.
2 MORABITO, Fulvia. Pietro Antonio Locatelli, Palermo, L’Epos, 2009 (Constellatio musica, 17).
3 NEILL, Edward. Paganini compositore’, in: Musicalia, I/4, p. 8.
4 Cfr. DI STEFANO, Giovanni. La vita come musica. Il mito romantico del
musicista nella letteratura tedesca, Venezia, Marsilio, 1991 (Saggi Marsilio.
Musica critica), p. 81.
5 ECKERMANN, Johann Peter. Gespräche mit Goethe in den letzen Jahren
seines Lebens, a cura di Regine Otto, Monaco, Beck, 21984, p. 405.
6 Come nota anche DELLA SETA, Fabrizio. Storia della musica. Vol. 9: Italia
e Francia nell’Ottocento, Torino, EDT, 1993 (Biblioteca di cultura musicale),
p. 27.
7 Citato in BORER, Philippe. The Twenty-Four Caprices of Niccolò Paganini:
Their Significance for the History of Violin Playing and the Music of the
Romantic Era, Zurigo, Stiftung Zentralstelle der Studentenschaft der Universität Zürich, 1997, p. 288.
8 MOSER, Andreas. Geschichte des Violinspiels, Berlin, M. Hesse, 1923, p.
429.
9 Cfr. GOETHE, Johann Wolfgang von. Sulla musica, a cura di Giocanni
Insom, Pordenone, Studio Tesi, 1992 (L’arte della fuga, 25), p. 159. La testimonianza goethiana è contenuta nella lettera a Carl Friederich Zelter del
9 novembre 1829.
*
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
I partecipanti e gli abstract
Fabrizio Ammetto (Universidad de Guanajuato, Gto., México)
Aspetti di prassi esecutiva nei concerti per due violini di Vivaldi
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In Europa il più importante compositore di concerti per due violini è
senza dubbio Vivaldi, con poco meno di una trentina di lavori scritti
lungo quasi il suo intero arco creativo: questo nutrito corpus offre
alcuni spunti di analisi sulla prassi esecutiva. La giustificazione compositiva di un concerto per due violini era duplice: da un lato, aveva
una funzione pedagogica (un allievo poteva cimentarsi con una pagina
solistica senza sentirsi troppo scoperto suonando la parte del secondo
violino); dall’altro, rappresentava una vera e propria competizione,
una sfida, atta a misurare le capacità tecnico-musicali dei due contendenti. A livello compositivo le possibilità di combinazione delle linee
melodiche dei due solisti (così come sono generalmente attestate nella tipologia del concerto barocco in generale e di quello vivaldiano in
particolare) rientrano in quattro tipologie di base: 1. i due strumenti
procedono per moti paralleli; 2. dialogano alternandosi; 3. le loro linee melodiche si imitano utilizzando qualche tipo di contrappunto;
4. uno dei due strumenti suona una melodia mentre l’altro esegue una
figurazione d’accompagnamento. Alla luce di ciò, quale può essere
stata, nelle intenzioni del compositore, la relazione tra testo scritto
e resa esecutiva? Inoltre, dall’analisi delle partiture dei concerti per
due violini di Vivaldi è spesso possibile dedurre anche la disposizione spaziale dei due solisti e dell’orchestra, così come dev’essere stata
auspicata dal compositore stesso (un aspetto, questo, mai indagato
finora). Nei concerti per due violini, infatti, si possono individuare
almeno quattro diversi atteggiamenti compositivi, corrispondenti ad
altrettante differenti disposizioni spaziali degli organici e a particolari
rese esecutive.
Carmela Bongiovanni (Biblioteca del Conservatorio ‘N. Paganini’, Genova)
Testimonianze sulla prassi improvvisativa strumentale dei musicisti italiani tra ’700 e ’800
La prassi improvvisativa nella musica strumentale italiana del Settecento ha una lunga e straordinaria tradizione, già più volte documentata e
ripercorsa dalla musicologia contemporanea. Due sono le linee guida
di uno studio della prassi improvvisativa strumentale tra i musicisti
italiani a cavallo dei secoli indicati: da una parte le preziose testimonianze teoriche, oggi molto spesso studiate e citate (per fare un solo
cenno si pensi al trattato celeberrimo del Galeazzi, considerato forse
il più importante del suo tempo per quanto concerne l’arte improvvisativa sul violino), e le preziose testimonianze dirette di virtuosi nel
proprio duplice ruolo di interpreti e compositori (è il caso, per citarne
solo una, delle memorie di Nicola Petrini Zamboni). Dall’altra parte
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
sono di estrema importanza le fonti cronachistiche che raccolgono
e trasmettono in presa diretta le testimonianze degli ascoltatori e dei
critici musicali di fronte alle esecuzioni di virtuosi, ma anche di musicisti compositori, nei diversi luoghi italiani. L’immagine restituita è
quella di una diffusa prassi dell’improvvisazione, in particolare a livello
strumentale italiano, che coinvolge le diverse figure del fare musica,
da quella del compositore musicista (è il caso di Ferdinando Paër) a
quella del virtuoso strumentista. Questa prassi tuttavia assume caratteristiche particolari, presenta cioè peculiarità proprie, a seconda dei
casi e dei musicisti coinvolti. Il gusto per l’improvvisazione in musica
si sviluppa in Italia contemporaneamente alla fortunata serie dei poeti
estemporanei, acclamati come virtuosi dalle platee di primo Ottocento. Ciò segnala la tendenza verso il virtuosismo improvvisativo, gusto
diffuso a più livelli nella società italiana del tempo.
Philippe Borer (Société Suisse de Pédagogie Musicale)
Paganini’s Virtuosity and Improvisatory Style
Paganini’s improvisatory style fascinated his listeners because they
had the impression that the original creative process was unfolding
before their eyes and ears. Improvisation most closely reflects the Romantic ideal of creation born out of the moment. Such instantaneous
translation of the creative impulse into a coherent piece of music requires thorough musical grounding and a high degree of instrumental
skill that is commonly called virtuosity. In defining (or re-defining)
the laws of virtuosity and in illustrating their application in his Twenty-Four Caprices op. 1, Paganini provided the Artisti with a tool that
would give them access to artistic freedom. The Caprices elicited an
enthusiastic response and became a sort of textbook of virtuosity for
the rest of the 19th C. Striving for freedom marked the social, political and artistic movements of the time. Beyond their divergences,
the French revolutionaries, the Risorgimento heroes and the young
Romantics shared the ideal of Liberté. Thus, Paganini’s fundamental
intuition about virtuosity - an aspect of musical language particularly
suited to conveying the ideas of liberty and emancipation of the self
- had a resonance in the emerging sensitiveness of the era. In this
study special attention is given to the respective and distinct notions
of virtuosity, improvisatory style, and improvisation. The antinomy of
philological reading and improvisatory style in interpreting the music
of Nicolò Paganini is discussed. The source material under scrutiny
and supporting documents include Bartolomeo Campagnoli’s L’art
d’inventer à l’improviste des Fantaisies et des Cadences pour le Violon (1790), Francesco Galeazzi’s Del Suonare all’improvviso (1796),
Carl Guhr’s Ueber Paganini’s Kunst, die Violine zu Spielen (1829), as
well as relevant passages from Hugo’s preface to the Eastern Lyrics
(1829) and Balzac’s La Comédie Humaine (1830-1856).
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Rogerio Budasz (University of California, Riverside)
Harmonic Patterns and Melodic Paraphrases in 18th
Century Portuguese Guitar Music
Three early-eighteenth-century codices of music in tablature for the
five-course guitar (viola) are about all that remains from the Portuguese repertory for that instrument up to the publication of Manuel
da Paixão Ribeiro’s book in 1789. The absence of Portuguese printed
books for the guitar before that date should not be taken as evidence
of an absence of a local tradition. Rather, these manuscript sources
provide a rare glimpse on local practices of guitar playing, improvising
and paraphrasing, sometimes bordering a gray area between written
and unwritten traditions. This paper will analyze some examples of
such practices, namely the use of harmonic patterns probably originated in Portugal (rojão, chácara, magana, sarau), and local paraphrases
of foreign melodies (Mantuana, Aimable Vainqueur, Marizapalos), attempting at identifying what is imported and what is local in terms of
styles and techniques of variation, improvisation, ornamentation and
improvised accompaniment in the Portuguese guitar repertory.
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Vincenzo Caporaletti (Università degli Studi di Macerata)
Ghost Notes. Problematiche delle improvvisazioni
inaudibili
Sulla base dell’innovativo modello teorico recentemente proposto
dall’autore, inerente alla fenomenologia dei processi improvvisativi
nella musica, sono individuate alcune decisive questioni epistemologiche e metodologiche che attengono alla ricerca sulle pratiche di
creazione estemporanea nella tradizione musicale scritta e d’arte europea, tra Sette e Ottocento. Contestualmente, è delineato un criterio
esplicativo dell’eclissi dei processi improvvisativi nella musica d’arte
occidentale.
Gregorio Carraro (Università degli Studi di Padova)
Natura e arte nell’ornamentazione di Giuseppe Tartini. Le sonate del ms. 1888 fasc. 1 (Padova, Archivio
Cappella Antoniana)
Diminuzione, ornamentazione, improvvisazione. Saranno formulate
alcune considerazioni sulle principali abitudini non scritte della musica strumentale di medio Settecento. Si ragionerà intorno alle sovrastrutture di un testo qualora questo venga fatto oggetto di ornamentazione, entro quali termini esso possa divenire altro da sé, rispetto alla
sua struttura originaria. Saranno presi in considerazione alcuni esempi
tratti da due fonti violinistiche tartiniane: il ms. dell’Università di Ber-
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
keley e il ms. 1888 della Biblioteca Antoniana di Padova. Le sonate
per violino e basso continuo di Tartini diventano così un pretesto per
parlare dell’ornamentazione secondo il Piranese. Sarà analizzato il suo
stile improvvisativo a partire non soltanto dalla sua teoria e pratica
dell’ornamentazione (Traité des Agrémens), ma anche dalla sua più
generale idea di musica ‘secondo natura’ (Tratatto di Musica secondo
la vera scienza dell’armonia).
Simone Ciolfi (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’)
Modelli d’improvvisazione nei recitativi delle Cantate di Alessandro Scarlatti
Fra la fine del secolo XVII e l’inizio del XVIII, la cantata da camera fu
uno tra i generi musicali più frequentati dai compositori e più consumati dal pubblico: del solo Alessandro Scarlatti ce ne sono giunte
poco più di seicento. Note fin dai primi decenni del Settecento per
i suoi recitativi insoliti e sperimentali, le Cantate sono state studiate
dalla moderna musicologia solo dal punto di vista delle arie. L’analisi sistematica dei recitativi ha messo in evidenza come la musica di
queste composizioni sia caratterizzata dalla sovrapposizione di strategie espressive appartenenti alle tecniche del basso continuo e di
modelli tonali (come quello della scala armonizzata, la cosiddetta Regola dell’Ottava) che, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento,
divengono il sostrato di un linguaggio musicale diffuso e apprezzato
per tutto il secolo XVIII. Ma ciò che più interessa è la varietà che Scarlatti sa trarre da questi modelli, palesi nei recitativi più piani, camuffati
dalla diminuzione o dall’elisione nella più peregrina sperimentazione,
ma sempre al servizio del verso e della parola specifica. Tale repertorio di schemi permette al compositore una produttività intensa dal
punto di vista della quantità, e al contempo gli fornisce lo spunto,
tramite il tradimento delle aspettative o la variazione minimale, di
creare l’insolito e il nuovo, di realizzare una qualità espressiva ‘unica’ per le composizioni più riuscite. Inoltre, all’interno del recitativo,
della sua costruzione tonale aperta e della sua struttura a pannelli di
sostegno al verso, tali schemi vengono organizzati per evoca proprio
la natura di un’improvvisazione, per dare l’impressione dell’estemporaneità. Tale discorso di economia dell’energia creativa (reperibile in
qualunque mestiere) porta direttamente alla velocità del comporre e
all’improvvisazione: Giovan Mario Crescimbeni, nel Libro VII prosa V
dell’Arcadia (stampata a Roma nel 1711), racconta come Gian Felice
Zappi e Alessandro Scarlatti fossero capaci, nell’ambito di un’adunanza musicale, di scrivere in forma estemporanea l’uno i versi e l’altro la
musica. L’aneddoto rimane tale, ma trapela tra le righe l’apprezzamento per chi, con velocità e precisione, fornisse in breve un prodotto
artistico. Le Cantate di Scarlatti furono copiate e utilizzate fino alla
metà dell’Ottocento: la sopravvivenza secolare di questo repertorio
ne testimonia la bellezza e l’intelligenza costruttiva, la capacità inter-
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
pretativa del testo, la modernità protratta di un linguaggio duttile ma
basato su impeccabili congegni.
Maria Christina Cleary (Leiden University, The Netherlands/Orpheus Institute,
Ghent, Belgium)
The Single-Action Harp: The Unwritten Score
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The historical evidence and the extent musical scores for the singleaction harp appear to tell two different and opposing stories about
harp playing from 1750-1830. The majority of harp music of this time
looks simple to us nowadays, but if historical performance practice
and cultural context are considered, it would seem that harpists continued to improvise on a bass line as well as melodically, in a similar
way to their 17th century counterparts, even though the written score
becomes more important through the 19th century. Many keyboard
players began to play the newly developed pedal harp and the repertoire for both instruments was interchangeable. This would imply that
as the practise of composing in real-time over a bass line (basso continuo) was still a fundamental part of a keyboard player’s education, it
was also part of a harpist’s training. Evidence is found in harp scores
where basso continuo figuration is printed near the bass staff. Melodic ornamentation is often included in the initial chapters of harp
method books. This shows that the apparently elementary scores
were actually elaborated upon, similar to the examples found in these
books. Another example of improvisation is the plethora of examples
of Preludes used for introducing a new key, modulating, ensuring that
the harp was in tune and as musical introductions to Sonatas. The
music published in Paris from 1770 onwards includes many examples
of the compositional form: the Theme and Variations. A culturally important form, it was especially suited to the musical salons and could
be used as a way to show off the technical ingenuity of a performer.
Casimir Baecker was one of the most renowned harpists for improvising and some of his compositions were published. Considering the
large amount of harp composer-performers, one could propose that
each player would have invented their own improvised variations on
the well-known themes of the time. As an artistic researcher, I try to
experiment with all these forms of improvisation in my historically
informed performances.
Damien Colas (CNRS/Institut de recherche sur le patrimoine musical en France, Paris)
Improvvisazione e ornamenzatione nell’opera francese e italiana nella prima metà dell’Ottocento
Lo studio proposto riguarda la storia dell’interpretazione dell’opera
italiana nella prima metà dell’Ottocento, più precisamente l’atti-
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
vità dei cantanti, e si prefigge come obiettivo d’esaminare il tipo di
rapporto che esisteva, all’epoca di Rossini, tra l’ornamentazione dei
cantanti e la pratica dell’improvvisazione. Lo statuto dell’interprete
nell’opera italiana della prima metà dell’Ottocento ha sempre posto
un problema storiografico, in quanto eludeva i principi estetici e poetici che si affermarono sotto l’influenza del Romanticismo musicale
tedesco. Ne sono testimoni l’idea errata, ma persistente, secondo cui
Rossini avrebbe abolito la libertà dei cantanti di variare le loro parti,
o ancora la categoria a parte che Hegel dovette creare nelle sue Vorlesungen über die Ästhetik (1838) per fare entrare l’opera italiana nel
suo sistema di classificazione fondato sui rapporti tra compositore e
interprete. Ora la realizzazione di cadenze, così come la variazione di
riprese, è un fenomeno corrente nell’opera della prima metà dell’Ottocento, che testimonia la persistenza, nell’ambito di una tradizione
dotta che si caratterizza per una concentrazione sempre maggiore sul
testo scritto, dell’arte dell’improvvisazione, così come nel caso delle
cadenze dei concerti solistici. I trattati di canto e pubblicazione di arie
staccate sono una fonte d’informazione per l’ornamentazione delle
arie italiane da Rossini fino al primo Verdi. Ora queste variazioni pubblicate contengono spesso artefatti: alcune di esse sono state ritoccate
in modo a volte significativo in vista dell’esecuzione in concerto, poi
della pubblicazione, allontanandosi così dall’oggetto sonoro reale che
incarnava l’interprete sulla scena all’origine. Al contrario, le annotazioni dei cantanti nei materiali d’esecuzione rivelano uno stato della
loro ornamentazione che è il testimone fedele dell’interpretazione
sulla scena. La genesi delle varianti, che si può osservare e si può ricostituire, attraverso gli schizzi e le modifiche, mostra come l’ornamentazione si avvicini all’attività d’improvvisazione. È ciò che il mio
intervento illustrerà attraverso lo studio di qualche caso preciso, tratto
dai materiali d’esecuzione del Théâtre Italien di Parigi e dell’Académie
royale de Musique.
Mariateresa Dellaborra (Istituto Superiore di Studi musicali ‘F. Vittadini’, Pavia)
«L’orecchio più che ’l tempo dee servire di guida»:
l’improvvisazione nella trattatistica della seconda
metà del XVIII secolo
Relativamente al tema dell’improvvisazione i trattati settecenteschi di
autori italiani formalizzano alcune soluzioni in modo pressoché sistematico e costante anche se destinati a strumenti differenti. Per meglio
cogliere la varietà degli atteggiamenti e fornire un quadro quanto più
possibile vasto e approfondito degli argomenti, la relazione si concentrerà sui trattati della seconda metà del XVIII secolo investigando sia
tra le fonti edite sia tra quelle manoscritte. Dai più noti Regole armoniche di Vincenzo Manfredini (nell’edizione del 1775 e in quella del
1797), Riflessioni pratiche sul canto figurato di Giambattista Mancini
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
(1777), Saggio per ben suonare il flauto traverso di Antonio Lorenzoni (1779), Regole pratiche per accompagnare il basso continuo di
Pellegrino Tomeoni (1795), Méthode qui apprend la connoissance
de l’harmonie et la pratique de l’accompagnement selon les principes de l’école de Naples di Florido Tomeoni [1798], alle numerose
Regole per accompagnare manoscritte si evidenzieranno una serie di
temi ricorrenti: suggerimenti per meglio rendere concretamente affettie specifici passaggi; riferimenti al repertorio contemporaneo o del
passato come paradigma da seguire o evitare; buoni e cattivi maestri;
compositori autorevoli del repertorio nonché differenze ed eccezioni
nella realizzazione di certi procedimenti pratici a riprova ulteriore della discrepanza tra teoria e prassi.
Raffaele Di Mauro (Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’)
Improvvisazione popolare e urbana a Napoli nel
primo ’800: dai canti del Molo a Io te voglio bene
assaie
36
Nella parte introduttiva della relazione si cercherà brevemente di ricostruire il contesto musicale popolare e urbano della Napoli della prima metà del XIX sec., popolata da diverse figure di musici ambulanti
gravitanti particolarmente intorno a una zona ben precisa della città:
il Molo. Si passerà poi subito ad analizzare, con un approccio di tipo
etnomusicologico, il fenomeno degli ‘improvvisatori’ nel capoluogo
partenopeo durante quel periodo. Si parlerà a tal proposito, attraverso
fonti sia letterarie che musicali, di un doppio livello di improvvisatori. Il primo più tipicamente ‘popolare’, riferibile a quella che Diego
Carpitella chiamava «fascia agro-pastorale», con forme di repertorio
ancora oggi presenti nella musica di tradizione orale campana (‘fronne’ e ‘canti a figliola’) attraverso le quali si disputavano vere e proprie
gare, anche sullo stesso Molo, oppure come quella che si svolgeva
annualmente a Nola al ritorno dalla festa di Montevergine. Il secondo
livello invece più riconducibile alla fascia definita dallo stesso Carpitella «artigiano-urbana» (più soggetta alle influenze della musica colta),
con vere e proprie sfide organizzate nei salotti e nei teatri (in particolare nel Teatro dei Fiorentini) con un pianista che improvvisava melodie
sulle quali i concorrenti, appartenenti per lo più al mondo delle arti e
delle professioni, a sua volta improvvisavano testi a partire da un tema
estratto da un’urna. Si procederà quindi all’analisi musicale e testuale
di un brano contenuto nei «Passatempi musicali» di Guglielmo Cottrau
(pubblicati in tre edizioni dal 1824 al 1829) e indicato come “aria d’improvvisatore”, fornendo alcune considerazioni generali sulle raccolte
ottocentesche di musica popolare destinate ai salotti nobili e borghe-
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
si. Si ricostruirà infine, attraverso il confronto incrociato tra tre versioni apparse su fogli volanti ottocenteschi e la prima versione a stampa
della partitura, la genesi della famosa canzone «Io te voglio bene assaie», ritenuta erroneamente, da molti storici della canzone, la prima
canzone ‘d’autore’ napoletana e spesso impropriamente attribuita a
Donizetti. Si dimostrerà che la nascita del brano è invece riconducibile
al fenomeno dell’improvvisazione salottiera e urbana di cui si è detto
sopra e della quale Raffaele Sacco, ottico di fama, era uno dei principali esponenti. Non a caso la versione del brano ancora oggi cantata e
conosciuta in tutto il mondo non è esattamente quella ‘improvvisata’
da Sacco ma quella pubblicata, sempre dal Cottrau, nel 1840 a partire
da varianti spurie apparse precedentemente su fogli sparsi.
Martin Edin (Örebro University, Sweden)
Cadenza Improvisation in Solo Piano Music According to Czerny, Liszt and their Contemporaries
It is well known that an instrumentalist during the eighteenth century
could be expected to provide his own embellishments of fermatas in
composed pieces of music. The continuation of this practice into the
nineteenth century is, however, an issue that has not, hitherto, received enough attention. Carl Czerny, writing in 1829, gives a description of “cadenza” improvisation in his «Systematische Anleitung zum
Fantasieren auf dem Pianoforte». The paper will take Czerny’s views
on this topic as its point of departure. His ideas will be examined in
the light of writings by other musical authorities in his time. Czerny’s
instructions on this subject will, moreover, be related to the piano
compositions, teachings and performance practice of Franz Liszt, and
suggestions for the employment of “cadenza” improvisation in some
nineteenth century piano pieces will be presented.
Marina Esposito (Università degli Studi di Lecce)
Improvviso e improvvisazione negli scritti di W. H.
Wackenroder ed E. T. A. Hoffmann
Due insigni esponenti del Romanticismo tedesco, W. H. Wackenroder
(1773-1798) ed E. T. A. Hoffmann (1776-1822), furono pienamente
inseriti nei dibattiti del loro tempo, alfieri e punti di riferimento della
prima generazione dei romantici tedeschi; il primo, infatti, si legò con
profonda amicizia a Ludwig Tieck ed esercitò un notevole influsso sul
circolo di Jena, radunato intorno ai fratelli August Wilhelm e Friedrich
Schlegel, mentre Hoffmann si impose come una delle figure di spicco
del gruppo di Berlino. Wackenroder si occupò principalmente di questioni estetiche concentrando il suo interesse su argomenti inerenti
37
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
musica e pittura, mentre Hoffmann scese in campo con un’intensa
attività che lo vide critico musicale, pittore e compositore, nonché organizzatore di concerti, scrittore e giurista. Due approcci diversi, dunque, e per alcuni aspetti antitetici nel panorama musicale della loro
epoca, eppure accomunati dalla medesima volontà di porre la musica
- la più romantica di tutte le arti, perché solo l’infinito è il suo oggetto (E.T.A. Hoffmann) - tra i temi privilegiati di dibattito e confronto. La
relazione esaminerà gli scritti dei due autori tedeschi - in particolare
le Herzensergiessungen eines kunstliebenden Klosterbruders e le
Phantasien über die Kunst für Freunde der Kunst di Wackenroder,
i Fantasiestücke in Callots Manier e Die Serapionsbrüder di Hoffmann -, mettendo in luce le peculiarità della loro riflessione intorno
al tema dell’improvviso e al concetto di improvvisazione nell’ambito
delle teorie estetiche coeve che hanno ampiamente affrontato le tematiche legate all’originalità e alla creatività del genio, all’immediatezza dell’ispirazione e dell’espressione artistica.
Valerie W. Goertzen (Loyola University, New Orleans, LA)
38
Clara Schumann’s Improvisations and Her “Mosaics”
of Small Forms
Clara Schumann’s introductory preludes, which she notated in 1895,
document this eminent pianist’s improvisatory practice and her engagement with music of her time, including the music of Robert Schumann. These preludes also allow us to envision the sets or “mosaics”
of short pieces by different composers that she performed beginning
in the mid-1830s, as Clara Wieck. She connected these small forms,
which the public was unaccustomed to hearing in concerts, by improvised transitions, thereby creating an extended work of contrasting
characters, keys, and tempos. Thus a Bach fugue might lead to the
finale of Beethoven’s ‘Appassionata’, followed by character pieces of
Chopin, Mendelssohn, Robert Schumann, Clara Schumann herself, D.
Scarlatti, or other composers. Clara Schumann’s groupings of pieces
show her concern for large-scale design, her highlighting of relationships among seemingly disparate pieces, and a sense of historical
progression in the repertory. Thus her selection of pieces, and her
improvised preludes and transitions that connected them constituted a form of analysis. Although she did not notate transitions for any
specific set of short pieces, Clara Schumann’s preludes to works of
Robert Schumann - «Des Abends» and «Aufschwung» from «Fantasiestücke», Op. 12, «Schlummerlied» from «Albumblätter», Op. 124, and
the slow movement of the F-Minor Sonata - provide rich evidence of
the manner in which she constructed improvised introductions. Her
composed introductions, instructional materials by her father, Friedrich Wieck, and others, and reviews of her performances in the press
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
are also helpful. This paper examines Clara Schumann’s programmed
sets that included pieces by Robert Schumann for which she notated
introductory preludes. Study of these materials enhances our understanding of her programming and the role of improvisation in communicating her interpretations.
Martin Kaltenecker (Centre de Recherches sur les arts et le langage-EHESS, Paris)
Improvisation as Oration
We analyze several texts that conceptualize improvisation techniques
at the beginning of the nineteenth century by means of rhetorical categories. The rhetorical approach to music, which predominates in
the Baroque era, introduces techniques of persuasion in the realm of
musical composition. Music thus conceived aims at immediate appraisal and consent and is addressed to a present - not a future, absent or
hypothetical - community. On the one hand, the improvising pianist
- passing gradually (as Hummel did) from small to gigantic audiences tests the rationalized rules of “dispositio” and “elocutio”, of intelligible
form and manifold variation. On the other hand, he offers the image
of inspiration or enthusiasm ‘at work’, the fascinating figure of a genius. While his ‘fantastic’ production displays at the end of the eighteenth century something like a ‘super-work’ (revealing the essence
of creating and communicating music), the improvisation is little by
little devaluated and disappears form concert programs. A new work
concept - linked exclusively to precise notation (as Schumann underscores) and organicism - considers every fantasy as an ‘infra-work’,
seducing only ephemeral or superficial audiences.
Walter Kreyszig (University of Saskatchewan, Canada/Center for Canadian Studies,
University of Vienna)
The «Adagio» in C-Major for Flute and Basso continuo (QV 1:7) in the “Versuch einer Anweisung die
Flöte traversière zu spielen” (1752) of Johann Joachim Quantz
In his widely disseminated «Versuch einer Anweisung die Flöte traversière zu spielen» (Berlin, 1752), Johann Joachim Quantz, (1697-1773),
composer of a large body of sonatas and concertos for the flute, devotes most of his attention to the “tactus” and its subdivision, both with
regard to regular notation and ornamentation, with the latter topic
discussed in four chapters, respectively, und the headings ‘Of the appoggiaturas, and the little essential graces related to them’ (Chapter
8), ‘Of shakes’ (Chapter 9), ‘Of extempore variations on simple intervals’ (Chapter 13), and ‘Of cadenzas’ (Chapter 15). While the latter
39
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
40
chapter pertains merely to the execution of solo concertos, the other
chapters identified here, serve as the basis for the interpretation of
the entire body of Quantz’s instrumental repertories. Since the relatively sparsely notated slow movements within the sonata da chiesa and
sonata da camera provide ample room for the exploration of a wide
range of diminutions, as illustrated in the «Adagio» in C-Major for flute
and basso continuo (QV 1:7), with the approach of presenting the
flute part in a plain version (with no diminution) and a highly ornate
version perhaps gleaned from the edition of the «Zwölf Methodische
Sonaten» (Hamburg, 1728, 1732) of Georg Philipp Telemann (16811767), a composer whose compositional skills Quantz praises on
several occasions in his «Versuch». Indeed, the ten hitherto extant autograph scores of Quantz’s sonatas for flute and basso continuo, identified in Georg Thouret’s «Katalog der Musikaliensammlung aus der
Königlichen Hausbibliothek im Schlosse zu Berlin» (Leipzig, 1895),
are almost completely devoid of diminutions, with the exception of
occasional trills and appoggiaturas. Therefore, the sole fully notated
example of small-scale and large-scale diminutions in the «Versuch»
is of prime significance, in that it offers insight into a vital aspect of
contemporary performance practice, one that received little attention
in the actual autographs and subsequent printed editions of Baroque
instrumental repertories.
John Lutterman (Whitman College, University of California at Davis)
Cet art est la perfection du talent: Chordal Thoroughbass Realization, the Accompaniment of Recitative, and Improvised Solo Performance on the Viol
and Cello
One of the most striking characteristics of the earliest cello treatises
is that so many of them give instruction in chordal thoroughbass
realization, especially the conservatory methods designed to train
professional musicians. Anecdotal evidence, often in the form of
complaints, shows that virtuoso viol players were in the habit of improvising harmonic realizations of continuo lines, and the practices
described in the cello treatises reflect the type of harmonic thinking
and improvisatory traditions that solo viol players had developed over
the previous two centuries - ways of thinking and traditions that the
many eighteenth-century viol players who abandoned the viol for the
cello would almost certainly have adapted to their new instrument. In
most of the treatises, continuo realization is discussed as a means of
accompanying, and written-out realizations of bass lines are frequently
given as examples. However, as the popularity of eighteenth-century
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
composition treatises founded on thoroughbass practices attests, continuo realization served as a foundation of both written composition
and improvised solo performance, a practice often referred to today as
“partimento”. The chapter on “fantasieren” in C. P. E. Bach’s «Versuch»
is perhaps the most famous example, but the practice is documented
in Friedrich Niedt’s «Musicalische Handleitung» and other eighteenthcentury sources connected to the Bach circle. While these sources are
aimed at keyboard players, there is reason to believe that musicians
would have employed similar techniques when improvising on the
viol or cello. Indeed, traces of the practice of continuo realization may
be discerned in several examples of eighteenth-century music for solo
viol and cello, traces which offer valuable clues to the idiomatic nature
of improvised solo practices on these instruments.
Naomi Matsumoto (Goldsmiths College, University of London)
‘Free’ Virtuosity and ‘Rehearsed’ Traditions: A Study of the Flute-Accompanied Cadenza in Donizetti’s
«Lucia di Lammermoor»
In the final act of Donizetti’s ‘mad’ opera «Lucia di Lammermoor», the
deranged Lucia sings a cadenza accompanied by an echoing flute, in
which the instrument takes on the mantel of a ghostly Doppelgänger.
The music provides a potent symbol of the abandon of Lucia and,
by extension, seems to act as a vehicle for the apparently unfettered
dramatic and musical skills of the performer who plays her. But the
subtext here of the equation of psychological abandon with performer
freedom hardly does justice to the complex traditions and constraints
that feed into this illuminating moment. This paper will first attempt to
trace the origins of this cadenza through documentary studies by examining the composer’s autograph and investigating the performers
who established its earliest staged version. Next, early recordings and
materials indicative of the history of vocal pedagogy will be surveyed
so as to unravel the transmission lines of the various versions of the
cadenza through the different ‘schools’ of singing. It will soon become
clear that the cadenza is almost always a carefully-learned and well-rehearsed collaboration. These factors enable us to see ornamentation
less as a kind of freedom and more as an indicator of a performer’s
pedigree. Finally, the cadenza and its manifestations will be related to
nineteenth-century views on virtuosity and improvisation in general.
Despite recent feminist readings, Lucia’s “freedom in madness” can be
seen as ironically reversed as her character is embodied in performers
who are tightly constrained by the practices of teacher-imitation and
apprenticeship – victims themselves of one of the most “patriarchal”
contexts within musical society.
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
Laura Möckli (Universität Bern, Switzerland)
Abbellimenti o Fioriture: The Singer’s Creative in Nineteenth Century Opera
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During the first half of the nineteenth century, vocal expression, interpretation and ornamentation were essential components of most
Italian opera performances. However, due to their oral and improvisational nature, first hand written evidence of ornamentation practice
is hard to be found. In a few cases - most famously that of the Parisian
soprano Laure Cinti-Damoreau - personal notes have been preserved,
giving essential insight into her creative work. Though we have no
precise knowledge of how much singers of the time actually wrote, it
is clear that such personal notes or didactical material are only rarely
found in libraries today. This paper presents an anonymous, previously unknown source, written between 1840 and 1850, and containing
examples of ornamentation for over fifty arias and duets by Rossini,
Pacini, Mercadante, Vaccai, Conti, Donizetti, Bellini and Mozart’s Le
nozze di Figaro. The quantity and variety of the examples offer new
insight into Nineteenth century aesthetics, opening perspectives on
singers’ original means of expression and individual ornamentation
propositions. My transcriptions of some of these ornamented arias
will allow us to reconsider the paradigms underlying different ornamentation styles. In exploring the expressional and vocal freedom
required for their performance, we will observe how the fine structure of these works is completed and enhanced by the ‘Abbellimenti o
Fioriture’ they presuppose.
Csilla Pethő - Vernet (Université de Paris IV ‘Sorbonne’)
The Advantages and Drawbacks of Notation or How
to Face Improvisatory Elements in 19th-Century
Hungarian Popular Music
In 19th-century Hungarian popular dance music called verbunkos
(which was succeeded but at the same time partly protected later by
the csárdás repertoire), improvisation played an important role. The
performers of this corpus, the Gypsy musicians employed the improvisatory techniques in a very creative way. As the introductory part of
the paper will demonstrate, writings of the period provide us valuable
information about this performance practice. However, it remains difficult, if not impossible, to retrace certain aspects of this practice in
the musical sources. The noted repertoire is obviously unable to capture the improvised embellishments of a melody or the richly impro-
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
vised solo passages (both being products of the musicians individual
creative power) the way they are described in the literary sources.
The second part of the paper will deal with the lack of notation in
this context, but also it will point out that in certain cases (i.e. in the
first noted sources of the early verbunkos) notation can help us to understand which common models helped the musicians to create and
re-create musical ideas in the instrumental practice. Finally, the paper
will try to shed light on a problematic question of Hungarian music of
this period: was the augmented second really so characteristic in this
repertoire? Here again, the problem will be examined in the context
of improvisation versus notation.
Rudolf Rasch (Utrecht University, The Netherlands)
La fugacità della composizione musicale
A prima vista l’improvvisazione musicale e la composizione musicale
sembrano essere due campi completamente diversi. Ma considerandoli più da vicino la distinzione non è così assoluta. L’improvvisazione
parte spesso da un modello fisso, pre-composto per così dire, mentre
una composizione scritta lascia ampio spazio alla libertà esecutiva,
non solo per quanto riguarda abbellimenti e altre aggiunte prevedibili
ma anche per la scelta del tempo, della dinamica, dell’agogica e talora
perfino dell’organico. Occorre dunque fissare tali aspetti preventivamente o durante il corso dell’esecuzione. Non di rado poi gli esecutori
cambiano deliberatamente alcuni dettagli prescritti dal compositore
(e chi può impedirlo?), perciò una singola composizione notata su
carta permette una molteplicità di realizzazioni sonore. Ma anche la
forma scritta di una composizione non rappresenta di solito la versione ‘attendibile’ della composizione. La storia dell’edizione musicale,
per esempio, ci insegna che una certa composizione viene notata in
modo differente a seconda dell’epoca, dipendentemente dalla prassi
del tempo e dalle aspettative dei fruitori. Inoltre una composizione
può esistere in versioni dissimili, in arrangiamenti, ecc. La volontà di
fissare su carta la forma definitiva di una composizione produce solo
un’ulteriore realizzazione. La composizione musicale risulta essere
un’entità nascosta dietro le note scritte, un’entità inafferrabile ed essenzialmente provvisoria.
Renato Ricco (Università degli Studi di Salerno)
Virtuosismo e improvvisazione in Charles-Auguste
de Bériot
Mediante un’analisi degli snodi cruciali della vicenda biografica e artistica di Charles-Auguste de Bériot, violinista, compositore e didatta,
43
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
e attraverso una ricognizione di alcune delle opere più significative
all’interno della sua copiosa e variegata produzione violinistica, si cercherà di capire in quali sedi e secondo quali modalità il virtuosismo
strumentale venga a interagire con la pratica improvvisativa. Dai primi
studi di canto ai contatti giovanili con Viotti (la cui lezione Bériot recepisce grazie al contatto con André Robberechts) a Parigi, dove ascoltò
Paganini; dal matrimonio con Maria Malibran, compagna di trionfali tournées, alla carriera didattica (Henri Vieuxtemps è solo il nome
più famoso di una vasta schiera di virtuosi formatisi alla scuola di de
Bériot): questi alcuni dei passaggi cruciali di una personalità artistica
che, oltre esser protagonista della vita strumentale del XIX secolo, è al
contempo testimonianza di un’evoluzione e di uno sviluppo di un particolare stile strumentale. Senza dimenticare alcune fondamentali osservazioni, di carattere estetico-stilistico, contenute nella «Méthode de
violon», sarà analizzato lo stile di Bériot per quel che concerne il lato
compositivo, con adeguato riferimento al rapporto virtuosismo/forma
e virtuosismo/improvvisazione: per quest’ultimo aspetto, particolare
attenzione verrà data al Prélude ou Improvisation, opera postuma.
44
Rohan H. Stewart-MacDonald (Cambridge, UK)
Improvisation into Composition: The First Movement of the Sonata in F-sharp Minor, Op. 81 by
Johann Nepomuk Hummel
In «Johann Nepomuk Hummel: A Musician’s Life and World Mark»
Kroll presents ample evidence of Hummel’s contemporary reputation as a first-class improviser. Using this evidence as a starting point,
this paper will explore the assimilation of ‘improvisatory’ techniques
into the Sonata in F-sharp minor, Op. 81 (1819), one of Hummel’s
most imposing and prestigious works. ‘Improvisatory’ is an adjective
often casually applied to this composition. My aim will be to explore
its applicability and to hypothesise that, to a unique degree in Hummel’s output, the opening movement of Op. 81 simulates an act of
improvisation in which the ‘heat of the moment’ leads to occasional
non-sequiturs, ‘unnecessary’ repetitions and fluctuations in the level
of thematic content. I will consider what this means for Derek Carew’s
recent attempt to uncover a continuous network of motivic derivations from the opening theme (CAREW, Derek. ‘Hummel’s Op. 81: A
Paradigm for Brahms’s Op. 2?’, in: “Ad Parnassum: A Journal of Eighteenth- and Nineteenth-Century Instrumental Music”, III/6 (2005), pp.
133-156). Ultimately, this motivic manipulation is only one dimension
of Hummel’s portrayal of the tension between the possibility of loss
of control and direction posed by an improvisatory act and certain
requirements of continuity and structural logic enshrined in the
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
eighteenth-century stylistic models that Hummel continues to invoke.
In this sense the piece microcosmically depicts Hummel’s contemporary and modern reputation as a ‘Janus-faced’ figure in the early
Romantic musical scene.
Klimis Voskidis (Goldsmiths College, University of London)
The Role of Improvisation in Liszt’s early Piano
Transcriptions
Liszt (1811-1886), early in his career, used elements of improvisation
which would emphasize his skills both as a virtuoso pianist and inventive composer. His early piano composition included various Transcriptions which being written in ‘theme and variations’ form, favoured features such as structural liberty, imaginative melodic development and
virtuosic manner. Since virtuosity and advanced technical skills were
considered important ingredients for an instrumentalist’s career in
the beginning of the 19th century, improvisation was used by performers as a demonstration of their practical fluency on their instrument.
Liszt often performed in his public appearances variations on popular
themes, allowing the audience to choose randomly a tune. Therefore
his parallel career as a performer and as a composer enabled him to
exploit several aspects of improvisation. Liszt also reproduced on the
piano various vocal ‘bel canto’ features such as coloratura, which were
directly related to freedom of expression and improvisation. My paper
will demonstrate musical examples of improvisational manner which
characterize several of Liszt’s Transcriptions. The study of particular
scores and the comparison of some works’ alternative versions would
lead to valuable conclusions about Liszt’s compositional approach in
his early years. His first virtuosic works, more than his late style, display characteristically the relation between composition and improvisation, the motivic development through loose structural boundaries.
In my presentation I will also highlight the role of improvisation during the development of the piano as an instrument, while Liszt was
exploring and expanding the new limits of the keyboard in terms of
technique, sonority and musical expression.
Steven Young (Bridgewater State College, MA)
Practical Improvisation: the Art of Louis Vierne
The art of improvisation often results in a dazzling concert performance or a brilliant recording. But in one of the least explored and most
demanding aspects of this art, improvisation can have a vital practical
function, contributing to the effective conduct of liturgical rites.
One of France’s leading organists at the turn of the twentieth cen-
45
Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
tury, Louis Vierne, was considered an especially skillful and brilliant
improviser. Yet an examination of the four recorded improvisations he
made for the Odeon label reveals less virtuosity than pragmatism. In
these four pieces, one hears more predictable sounds than the term
‘improvisation’ suggests; the style might even be called pedestrian. A
close study of these improvisations reveals the musical intelligence
behind them: Vierne’s brilliance can be observed not in extraordinary
technical achievements or adventurous harmonies, but in his thoughtful attention to the needs of worshippers. This paper will elucidate
Vierne’s practical improvisations, contributing to our understanding
of both the composer’s artistry and the concept of improvisation.
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i concerti
Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti
sabato
17 luglio
Carro ore 20.30
Piazza della Chiesa
Leticia
Muñoz
Moreno
violino
Archi dell’Orchestra
Filarmonica
di Torino
Sergio Lamberto,
konzertmeister
50
Programma
W.A. Mozart,
Divertimento k 136
Allegro
Andante
Presto
F.J.Haydn
Concerto per violino e orchestra d’archi
(per Luigi Tomasini, ante 1769)
Allegro moderato
Adagio
Finale. Presto
G. Tartini
Sonata in Sol min. per violino e basso continuo
Il trillo del Diavolo
(Trascrizione per violino e orchestra d’archi di Michelangelo Abbado)
Larghetto affettuoso, Allegro, Grave-allegro assai
F. Mendelssohn
Sinfonia per archi nr.9 in Do magg. Svizzera
Grave. Allegro
Andante
Scherzo. Trio la suisse
Allegro vivace
Festival Paganiniano di Carro 2010 Concerti
Leticia Muñoz Moreno, è uno dei più apprezzati violinisti della sua
generazione. Altrettanto lodato da pubblico e critica per la sua squi­
sita musicalità ed espressività.
Vincitore di cinque concorsi internazionali: il Henryk Szeryng Compe­
tition (2000), Concertino Praga (2000), Novosibirsk (2001) Sarasate
(2001), e il Concorso Kreisler. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti
nazionali e internazionali. Si è esibita nelle sale più importanti del
mondo. È stata membro di giuria nel concorso Sarasate del 2007.
Ha studiato con il leggendario Maestro Bron a Madrid. E con il mae­
stro Maxim Vengerov. Nel 2007 conseguito il master con lode con il
Prof D. Takeno alla Guildhall School of Music and Drama. L'ultimo e
il più prezioso maestro fù musicali Rostropovich fino al 2003.
Da quando ha dodici anni, ha suonato con importanti orchestre in­
ternazionali. Ha inoltre partecipato a numerosi festival.
Nel 2005, il compositore spagnole Francisco Lara le ha dedicato
una composizione dal titolo Capriccio for Leticia. Suona un violino
Nicola Gagliano 1762.
Archi dell’Orchestra Filarmonica di Torino sono frutto del lavoro
appassionato e costante di Sergio Lamberto, animatore indiscusso
della formazione. Senza venir meno al loro ruolo di cuore pulsante
dell’intera orchestra, quando si esibiscono in modo indipendente
riflettono al meglio lo spirito, il calore e l’intelligenza musicale del
loro fondatore. I solisti con i quali hanno collaborato, il pubblico e
la critica riconoscono nelle loro esecuzioni la fondamentale atten­
zione al dettaglio, ma anche l’allegria e la partecipazione emotiva
che caratterizza ogni concerto, segno tangibile del piacere che ogni
membro del gruppo prova nel fare musica. Le esibizioni degli Archi
dell'Orchestra Filarmonica di Torino sono sostenute dalla Fondazio­
ne Cassa di Risparmio di Torino Crt e dalla Fondazione Giovanni
Goria.
Sergio Lamberto è stato primo violino solista dell’Orchestra Haydn
di Trento e Bolzano e dell’Orchestra da Camera di Torino e dal 1991
ricopre lo stesso ruolo nell’Orchestra Filarmonica di Torino. Nel 1987,
insieme al pianista Giacomo Fuga e al violoncellista Dario Destefano
(a cui è subentrato Umberto Clerici), ha fondato il Trio di Torino con
il quale ha vinto il primo premio di musica da camera al Concor­
so Internazionale Giovanni Battista Viotti di Vercelli edizione 1990,
il secondo premio all’International Chamber Music Competition del
1993 di Osaka e il secondo premio al Concorso Internazionale di
Trapani del 1995. Con il Trio di Torino ha suonato dell’ambito dei più
importanti festival e per le più prestigiose associazioni musicali in
Italia ed all'estero effettuando inoltre incisioni discografiche presso
l’etichetta RS. Dal 1982 è docente di violino presso il Conservatorio
di Torino.
51
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Lunedì
19 luglio
Sesta Godano ore 21.00
Piazza della Chiesa
Ensemble
Nuovo
Contrappunto
52
Mario Ancillotti flauto e direttore
Milan Rericha clarinetto
Piotre Nikiforoff e Pino Tedeschi violini
Ivan Vukcevic viola
Claude Hauri violoncello
Alessia Luise arpa
Programma
W.A.Mozart
Quartetto in Sol Magg. K 370
(trascrizione di Hoffmeister per flauto e archi dall’originale per oboe e archi)
Allegro, Adagio, Rondò
J.Brahms
Quintetto in Si min op.115 per clarinetto e archi
Allegretto, Adagio, Andantino
Presto non assai, ma con sentimento
Finale, con moto
C.Debussy
Sonata per flauto, viola e arpa
Pastorale - Interlude - Finale
M.Ravel
Introduzione e allegro per arpa, flauto,
clarinetto e archi
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Ensemble Nuovo Contrappunto nato per spontanea gene­
razione dal Laboratorio di Musica Contemporanea della Scuola
di Musica di Fiesole, è un complesso stabi­le, multiforme, aperto
alle più varie esperienze del linguaggio del Novecento, anima­
to e diretto da Mario Ancillotti. Entusiasmanti gli incontri e le
collabora­zioni, che realizzano pienamente l'esigenza di esplo­
rare, conoscere, vivere l'arte di oggi, con musicisti come Berio,
Petrassi, De Pablo, Sciarrino, fra molti altri, con personaggi della
cultura. Da due anni l'ensemble organizza a Firenze una rasse­
gna dal nome Suoni Riflessi in cui mette a confronto la musica
con le altre arti ed espressioni dell'uomo che ha riscosso entu­
siastici plausi di tutto l'ambiente musicale ed intellettuale.
Mario Ancillotti ha compiuto gli studi musicali di flauto e com­
posizione nella sua città natale, Firenze e dove ha avuto modo di
incontrare e studiare con musicisti quali Luigi Dallapiccola, Fran­
co Rossi, Roberto Lupi, il Quartetto Italiano. È stato Primo flauto
dell'Orchestra di Roma della Rai e successivamente di Santa
Cecilia fino al 1979. Poi si è dedicato completamente all'attività
concertistica ed appare come solista in importantissimi teatri e
sale di tutto il mondo. Il suo interesse per la musica contempo­
ranea lo porterà a collaborare con tutti i maggiori compositori
italiani, dei quali ha tenuto numerosissime prime esecuzioni. Il
suo interesse si è allargato poi alla direzione e organizzazione
musicale, col quale mette al servizio della musica del ‘900 la
sua esperienza di straordinario esecutore. Ha dedicato molte
delle sue energie alla didattica ed è stato docente di flauto nei
Conservatori italiani e all'estero. Insegna ai Corsi Speciali di Per­
fezionamento della Scuola di Musica di Fiesole, alla Hochschule
della Svizzera Italiana a Lugano, e tiene corsi estivi in varie parti
del mondo.
53
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
mercoledì
21 luglio
Suvero ore 21.00
Sagrato della Chiesa di San Giovanni Battista
Sean
Lee violino
3° premio al Concorso Internazionale violinistico
“Niccolò Paganini” di Genova
Emanuele Torquati pianoforte
54
Programma
W.A.Mozart
Sonata per violino e pianoforte in La magg. K. 305
Allegro di molto
Andante grazioso
G.Fauré
Sonata n.1 per violino e pianoforte in La magg. op. 13
Allegro molto
Andante
Allegro vivo
Allegro quasi presto
N.Paganini
Variazioni su God Save the Queen
M.Ravel
Sonata per violino and pianoforte
Allegretto
Blues: Moderato
Perpetuum Mobile: Allegro
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Sean Lee selezionato tra quasi 300 concorrenti internazionali, si e' aggiudicato il secondo premio della Young Concert
Artists International Auditions 2008. Nello stesso anno ha
vinto il terzo premio del prestigioso concorso internazionale
del violino Premio Paganini. Suona negli Stati Uniti come solista, nelle formazioni da camera e orchestre. Come vincitore
del Juilliard Concerto Competition 2009, ha debuttato con la
newyorkese Juilliard Orchestra al Lincoln Center con James
DePriest sul podio. Ha suonato come solista con le maggiori
orschestre Italiane e Americane. Vincitore di molti premi, Lee
è stato uno dei 130 artisti selezionati da 6.500 candidati dalla
National Foundation for Advancement of the Arts per partecipare il YoungARTS Awards nel 2005 e ha ricevuto Emerging
Young Artists Award in Music 2005 dalla California Alliance
for Arts Education.
Si dedica intensamente anche alla musica da camera, è
membro fondatore del LK String Quartett, che viene descritto
dal New York Times …ardente e propulsivo, con l’unanimità
intensa... Per l'estate 2010, è prevista la sua partecipazione
nelle principali manifestazioni musicali mondiali.
Suona uno Stradivari del 1728, gentilmente prestato dalla
Juilliard School
Emanuele Torquati, ha portato a termine i suoi studi col
massimo dei voti e la lode presso il Conservatorio Cherubini
di Firenze sotto la guida di Giancarlo Cardini. Si é specializzato in musica da camera con Franco Rossi prima, con il
Trio di Trieste poi, presso la Scuola Superiore Internazionale
di Duino, conseguendovi il Diploma di Merito. Vincitore di
numerosi premi in Italia e all'estero, suona regolarmente in
Europa, e all'estero. Gia’ pianista in residenza presso The
Banff Centre nel 2008 con il progetto Voyage Messiaen. Recentemente, spiccano il debutto del progetto sulla Musica
degenerata presso il nuovissimo Museo per l’Olocausto di
Chicago e il tour americano con Francesco Dillon. Sempre
in questa formazione, e’ prevista l’uscita del disco Brilliant
con le trascrizioni della musica pianistica e vocale di Robert
Schumann. La sua passione per la musica contemporanea
lo ha portato ad eseguire in prima esecuzione svariate opere
cameristiche e per pianoforte solo e a lavorare intensamente
con compositori di primo piano. In campo didattico e’ stato
invitato a tenere Masterclasses e Seminari d’interpretazione
sulla musica contemporanea da istituzioni quali IULM, Gruppo Aperto Musica Oggi, Scuola di Musica di Fiesole, Conservatorio statale Bonporti di Trento.
55
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
sabato
24 luglio
Maissana ore 21.00
Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo
Duo violino e pianoforte
Andrea
Cardinale
violino
56
Alessandro
Magnasco
pianoforte
Programma
A.Corelli Sonata in Re min. op. 5 n.12 - La Follia
Tema e variazioni
L.v. Beethoven
Sonata in La min. op. 3
Presto,
Andante scherzoso più Allegretto,
Allegro molto
N. Paganini
Tre Capricci dall’op.1
N. Paganini
I palpiti Variazioni op. 13
J.Brahms Scherzo WoO 2
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Duo Cardinale Magnasco formazione stabile esistente già da
svariati anni, ha al suo attivo oltre trecento concerti tenuti in tutta
Italia, e all'estero.
Andrea Cardinale si è diplomato presso il ConservatorioPaganini di Genova nel 1992 e presso lo stesso conservatorio
ha conseguito l'attestato di merito alla master class biennale
di alto perfezionamento virtuosistico. Ha seguito corsi di perfe­
zionamento tenuti all’Accademia Musicale Respighi di Roma
e al Liceo Musicale Viotti di Vercelli dai Maestri Ruggero Ricci,
all'Accademia Musicale di Novara da Franco Gulli, al Peabody
Conservatory di Baltimora da Berl Senofsky, a Milano da Da­
miano Cottalasso, a Genova da Giuseppe Gaccetta, a Blonay
da Giuliano Carmignola. Vincitore di numerosi premi e ricono­
scimenti nazionali e internazionali svolge attività concertistica
come solista e in formazioni da camera; il suo repertorio spazia
dalla musica del Seicento fino al Novecento; ha eseguito come
solista i capolavori per violino e orchestra di Beethoven, Bach,
Paganini, Tchaikowsky, ... Si è poi specializzato nel repertorio
virtuosistico per violino solo arrivando a eseguire in concerto
l'integrale dei ventiquattro Capricci di Paganini. Ha effettuato
tournée in Italia e all'estero partecipando a importanti festival.
Ha effettuato registrazioni televisive per le reti nazionali più im­
portanti. Ha inciso oltre quindici CD .Suona un violino Vuillaume
del 1864 (collezione Devoto).
Alessandro Magnasco si diploma brillantemente in Piano­
forte presso il Conservatorio Paganini di Genova, si perfeziona­
to con illustri didatti e concertisti di fama internazionale. Presso
lo stesso Conservatorio si è anche diplomato, con il massimo
dei voti, in Didattica della Musica ed ha continuato gli studi di
Organo, Clavicembalo e Composizione. Ha suonato, nelle prin­
cipali sale da concerto in Italia e all'estero, entusiasmando per
musicalità e ricercatezza espressiva. Si è classificato primo in
diversi concorsi internazionali ed ha effettuato varie registrazioni
televisive e radiofoniche in Italia e all'estero. È stato più volte
chiamato a partecipare, in qualità di membro di giuria, a concor­
si internazionali. È direttore artistico di A.MU.S.A. e consulente
musicale della Società Lirico Concertistica di Santa Margheri­
ta Ligure. Si occupa della divulgazione della Musica Classica
organizzando stabilmente concerti e opere per conto di molti
comuni italiani. E’ responsabile musicale della Paganini Philharmonic Orchestra.
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
giovedì
29 luglio
Porciorasco ore 21.00
Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli
Philippe
Graffin
Violino
Agnieszka Kolodziej violoncello
60
Programma
J.S.Bach
Dalle Invenzioni a due voci:
BWV 772 n.1 786
BWV n.1 e n.15
M.Ravel
Sonata per violino e violoncello
Allegro
Trés vif
Lent
Vif, avec entrain
Z.Kodaly
Duo op.7 per violino e violoncello
N.Paganini
Dai Duetti concertanti per violino e violoncello:
MS 107 n.2.
Allegro
Rondò e Presto
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Phillippe Graffin per l'originale stile esecutivo e per le sue no­
tevoli conquiste nel campo artistico è considerato il migliore tra
i violinisti francesi. Studente di Joseph Gingold e Philipp Hir­
schhorn, le interpretazioni di Graffin del repertorio francese han­
no fatto dire alla rivista Gramophone che la sua comprensione
dello stile non ha eguali.
Artista in continua ricerca, ha riscoperto gli arrangiamenti ori­
ginali di classici quali il Poème di Chausson e le Tzigane di Ra­
vel, riportato alla luce i dimenticati concerti per violino di Fauré,
Saint-Saens, del compositore inglese Samuel Coleridge-Taylor,
le sonate di Bruno Walter e ampliato considerevolmente il re­
pertorio violinistico. Ha condiviso il palcoscenico con alcuni fra
i migliori musicisti del nostro tempo. Tra i suoi partner abituali
vi sono i violoncellisti più accreditati. Ѐ il fondatore e il direttore
artistico di Consonances, il festival internazionale di musica da
camera di Saint. Nazaire, e viene invitato regolarmente ai più
importanti festival di musica da camera. La musica contempo­
ranea costituisce una parte essenziale dei suoi interessi. Molti
compositori hanno scritto opere a lui dedicate. Ha anche suo­
nato per la prima volta con Nobuko Imai il Duo Concertante di
Barkauskas per violino e viola, e ha eseguito per la prima volta
in Francia e Russia il Concerto Parlando di Rodion Shchedrin.
Ha inciso con la Hyperion molti dischi che sono diventati un rife­
rimento e hanno vinto molti premi. Ha inciso la prima mondiale
del concerto per violino del compositore anglo-africano Samuel
Coleridge-Taylor, il concerto per violino di Elgar e il Poème di
Chausson secondo le versioni dei manoscritti originali. La sua
riscoperta del concerto per violino di Frederick Cliffe, eseguito
durante l’English Music Festival, è stata molto lodata dai criti­
ci e trasmessa su BBC Radio 3. Suona un violino Domenico
Busano, costruito a Venezia nel 1730 ed è attualmente Artista
Residente all’University di New York di Stony Brook.
Agnieszka Kołodziej completa brillantemente gli studi alla
Scuola di Musica Wieniawski, e li ha proseguiti al Conservatorio
Reale di Bruxelles con il Maestro Jeroen Reuling e all’Accade­
mia Bacewicz di Lodz con il Maestro Stanislaw Firlej. Dopo aver
vinto il primo premio al Concorso Internazionale Wilkomirski,
l’artista ha ricevuto una borsa di studio e la medaglia d’oro al
merito per proseguire gli studi alla Towson University di Balti­
mora con Cecilia Barczyk. Nel 2008 ha vinto il primo premio al
concorso Edmond Baert di Bruxelles, il primo premio al Peggy
Gordon Competition di Baltimora ed è stata premiata inoltre al
Concorso Servais. Ha preso parte a vari Festival e corsi esti­
vi quali il Seminario Piatigorsky a Los Angeles, gli Incontri In­
ternazionali di Enghien, i corsi internazionali di Apeldorn tenuti
dai celebri violoncellisti Gary Hoffman, N.Gutman, K.Georgian,
M.Flaksman. Nel 2007 è stata scelta dal centro internaziona­
le Penderecki per un periodo di studio con il violoncellista Ivan
Monighetti al Nieborow Castle. L’interprete è generosamente
sostenuta dal 2004 dal Ministero della Cultura Polacco. Suona
un violoncello di J.B.Vuillame del 1844 di proprietà del Conser­
vatorio Reale di Bruxelles.
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
The Discovery of
Paganini’s Magic Bow
Joseph Gold*
64
«The bow is not important. It is the violinist who is important».
Paganini said that. He did!
This was great publicity for Paganini, the violinist, but very bad
publicity for bowmakers. What will happen to the price of bows
if violinists believe Paganini?
Seriously, dear reader, we are here to examine the genius of
Paganini, and learn what bows he used in his meteoric career.
I take you back in history, to a time when bows really were
‘unimportant’. We return to the days before Tourte.
Paganini was born in Genoa, Italy, in 1782. The modern ‘Tourte’
bow was unknown in Italy — it had just been invented. Paganini
was trained in the 18th century style of violin playing. But his
ideas were always modern. In his early career, Paganini used
the old style bow. Later he wrote that the other violinists laughed at his long bow and thick strings. This is a very important
sentence - his long bow and thick strings!
From this sentence, we can conclude that those laughing violinists used the older, shorter stick. You see, Paganini was always
far ahead of his colleagues. We know from both Vuillaume and
the great Norwegian violinist Ole Bull, that Paganini used a
Post-Tartini style bow. I assume that the length of this bow was
approximately ‘normal’, because they commented on the style
of the stick but not the length.
In the 1820’s, Paganini was actually selling bows of this type.
Here is the scenario: I quote from de Courcy’s great 2 volume
opus on Paganini: «While superintending the repair of Germi’s
instruments in Mantegazza’s workshop, he ordered a quantity
of bows. These were made to his specifications, and Germi was
to sell the bows in Genoa».
Here is Paganini’s letter to Germi, dated January 7, 1824. «The
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
bows should be worth two louis a piece, owing to the precision
of workmanship. They are — I repeat — excellent for everybody. As for myself, however, I prefer more hairs with maximum
elasticity, which is impossible to attain without altering the design of the stick. This would be hard to do without experimenting beforehand and my being present at the tests. But for the
moment what difference does it make if they don’t happen to
suit me? They do beautifully for anyone who wants to use them
— and they suit you, don’t they?»
The Mantagazza mentioned appears to be Carlo. He was the
luthier to Count Cozio de Salabue.
For a description of Paganini’s bow, we turn to the great Norwegian violinist Ole Bull. The young violinist told of a chance meeting with Paganini on a street in Paris. Nicolo invited the young
virtuoso to come along with him. Bull was delighted when the
great man talked to him like an old and trusted friend.
Ole Bull described Paganini’s bow as being «made after the old
Italian style of a somewhat later shape than that of Tartini’s».
When the hair was tightened to the proper tension, the stick
was nearly straight. Vuillaume, when he saw this bow, laughed
and inquired who could play with such a thing. When Paganini
brought it to him to be repaired (he had broken the upper
end), Vuillaume offered to make him another. He was much
displeased with the idea and declined the gift in a very decide
manner. He said that he could never think of using any other.
Both Ole Bull and Vuillaume agree on all these facts.
This style bow can be seen in the drawing which appears in Carl
Guhr’s incomparable book «Paganini’s Art of Violin Playing».
It is curious to note that this same drawing appears in other
books — but the head of the bow is different. Nevertheless, the
type of bow is similar to the early style of Joseph René Lafleur.
The heads are very high and slender, and very elegant. Vatelot
uses the word ‘Pike’ to describe this shape.
I believe Paganini retained this bow throughout his career, and
had it in the same case with his Guarneri violin and his favorite
bow.
At this time, I want to mention a few famous bowmakers from
Paganini’s visits to Paris. We know that Paganini had contact
with Lupot. I offer as evidence the famous letter addressed to
Lupot. There is no evidence that Paganini actually used a Lu-
65
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
66
pot, however.
I am also positive that Paganini met Tourte.
When violinists speak of bows, the name François Tourte is
always spoken with reverence. Did Paganini have any contact
with this great bow maker? Bear in mind that Paganini conquered Paris with his violin and bow in early 1831. Tourte died in
April 1835. This would allow a full four years for some kind of
contact. Knowing Paganini as we do, he had a very inventive
mind; he was curious far beyond the norm. But this is a subject
for a later conference.
In my youth, I was told that Paganini used a bow by Sirjean.
This bowmaker is very obscure — no one knows anything
about him.
On the other hand, we have solid evidence of a working relationship between Paganini and J. B. Vuillaume. While Paganini
was in Paris, Vuillaume marketed his newest invention. It was
the ‘revolutionary’ steel bow. In a letter to Edouard Fetis (the
noted author and musicologist), Paganini praises the new bow.
This letter is dated September 26th, 1834.
«I ask you to make known my opinion of the steel bows invented by M. Vuillaume, which have already been mentioned
in your journal. I have to state in the interest of the musical
art that these bows are infinitely preferable and far superior to
the wooden ones; they unite great firmness with an equality of
resistance throughout their length such as I have not yet found
in other bows, and possess sufficient flexibility to achieve easily
all shades of tone.» Sounds like a pretty good bow, doesn’t it!
At first, the views expressed in this letter seem to contradict his
previous statements. However, I believe Paganini is advocating
the steel bows for the general public and not for his own use.
When viewed in this light, Paganini does not contradict himself
at all. Furthermore, I categorically reject the notion that Paganini’s endorsement was done for his personal or financial gain.
And now, ladies and gentlemen, to the moment which was, to
me, like the discovery of King Tut’s tomb. You all know the
great and famous violin of Paganini, ‘Il Cannone’. But the magic
wand of Paganini — his bow — was completely unknown. It
was always there in Genoa not far from ‘Il Cannone’. But it was
always in a secret place; a secret withheld from the world.
I was taken to a special room in the palace. There I waited in
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
great excitement. The bow finally arrived. It was wrapped in
‘butcher paper’. And now, I will tell you about Paganini’s favorite bow.
Holding it is a metaphysical experience, to say the least. Sadly,
the bow is broken into many pieces. The identification tag states that it is in eight pieces. In a fine hand, Achilles Paganini
(the only child of Nicolo Paganini) writes on the identification
tag, «This is the bow which my father used throughout his artistic career». The fact is, Paganini used other bows prior to the
memory of Achilles (1825-1895). Early on, Paganini used the
pre-Tourte type bow, as we have seen.
I have already told you what the bow is not. It is not a Tartinitype bow, nor a Tourte, nor a Lupot, nor a Sirjean. I do believe
that it is a Jacob Eury.
Before describing this fabulous work of art, it will be interesting
to discover how Paganini acquired his favorite bow.
The facts surrounding the Eury bow are even more cloudy than
how Paganini acquired his Guarneri violin. Perhaps he became acquainted with the French school of bow-making during
his formative period in Lucca, Italy (1801-1805). It was here,
as court violinist to Princess Elise Bonaparte Baciocchi (sister
of Napoleon Bonaparte) that he had his first great concert successes. The French connection is quite clear. Most likely, though, he continued to use his ‘old style’ bow for a while longer.
Another possibility is through his friendly competition with the
French virtuoso Charles Lafont in the year 1816. The bow dates
from this period. Thus, this scenario is certainly a possibility.
Was it a gift from one great violinist to another? Perhaps. If not,
it was most certainly from an admirer.
A beautiful portrait of Paganini (1831) by the English artist Samuel Lover clearly pictures the ‘new’ bow. There is no doubt
that the button and frog are the same as the bow in Palazzo
Rosso. February 24, 1831 marks the date of Paganini’s arrival
in Paris, the bow-making capital of the world. After careful examination of the bow, I believe that Paganini acquired the bow
earlier than 1831. The reason is that the frogs of both bows
in Palazzo Rosso are not original. They seem to be made by
the same bow maker, and are interchangeable. The frog on
the Eury bow has a broader band of hair in accordance with
Paganini’s preference. Perhaps only the bone adjuster button
67
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
68
on the other bow is original, but belongs to the Eury. Alberto
Giordano, a present-day violin maker of Genoa, Italy, thinks the
frogs are of Italian origin.
Another bit of evidence can be observed in the portrait displayed in the Naples Conservatory. Albeit undated, the head of
the bow stands out clearly. Unfortunately, the pattern is rather
generic. It is, however, a modern type bow, and not the postTartini type.
The Eury bow itself was a magnificent creation. It is bold in
concept and boasts a full head. The chamfers are also bold. As
is the usual case with Eury, the stick is octagonal. The octagon
is executed in the manner of Tourte. It is truly virtuoso octagon, as flat as a table top. The bow has excessive wear. Some of
this was the result of the profuse sweating of Paganini (he wore
woolen underwear to absorb the sweat). The other wear, we
can say ‘abuse’, came from enthusiastic and constant use. This
is absolute evidence that this was Paganini’s favorite bow.
The stick is broken in two places. One was repaired by Vuillaume. The other is unrepaired at the time of this writing. The
head is also a disaster area, with two more breaks. Originally,
the head had the Eury trademark of a flat ridge going down the
nose all the way to the tip of the bow. Through constant use,
this flat ridge, which is really a continuation of the upper octagon, has become obliterated. The head of Paganini’s Eury bow
resembles bow no. 2 in L’Archet by Millant and Raffin.
Constant use has left indelible fingerprints where Paganini gripped the bow. You can actually see the indentations where the
fingers of Paganini’s right hand were placed. He had very acidic perspiration which actually destroyed the wood. Evidence
shown in Lover’s portrait, and the butt end of the stick prove
that Paganini played without wrapping on the stick. Speaking
of the butt end of the stick, it too was broken and repaired
with a metal ring. The slot box has been lengthened, but the
characteristically large Eury nipple remains.
The unlined ebony frog is a unique design. Large and rustic
workmanship include a mother-of-pearl diamond on either
side. The mother-of-pearl slide is also one of a kind. Overall,
the impression of the frog is that of a ‘home made’ job.
Undoubtedly, the Eury was in one piece when Paganini died
in 1840. The ensuing years have now been kind to it. Broken
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
in transit to Genoa in 1851 perhaps, sadly separated from ‘Il
Cannone’. Yet, it remains, like the Colosseum in Rome — a magnificent ruin.
I take leave of you now in the words of the poet Antonio Barrili:
«His magic bow is mute. But its supreme sweetness lives on».
69
* JOSEPH GOLD, violinist, achieved international recognition when he was selected to be the private
violin soloist for famed tenor Luciano Pavarotti. Mr. Gold served in the dual capacity of concertmaster and
director of chamber music at the Spoleto Music Festival in Italy. He has been praised on four continents
for his brilliant interpretations of the great repertoire of the 19th century violin virtuosos Paganini, Sarasate, Bazzini, and others. A graduate of the University of Southern California, he studied with the legendary
Jascha Heifetz. Mr. Gold is the author of the definitive book «Paganini’s Art of Violin Playing».
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
sabato
31 luglio
Carro ore 20.30
Piazza della Chiesa
Quartetto
di Fiesole
Alina Company violino
Luca Guidi viola
Daniela Cammarano violino
Sandra Bacci violoncello
72
Programma
A.Webern
Langsamer Satz
R.Schumann
Quartetto in La maggiore op. 41 n.3
Andante espressivo. Allegro molto moderato
Assai agitato. Un poco Adagio. Tempo risoluto
Adagio molto
Allegro molto vivace
A.Dvorak
Quartetto in Fa maggiore op.96
Allegro ma non troppo
Lento
Molto vivace
Finale-Vivace ma non troppo
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Quartetto di Fiesole si forma nel 1988 sotto la guida di Piero
Farulli e Andrea Nannoni presso la Scuola di Musica di Fiesole e
l'Accademia Chigiana di Siena, dove nel 1992 riceve il Diploma
d'Onore. Si perfeziona nel repertorio slavo con Milan Skampa
segue gli Amadeus Summer Course presso la Royal Accademy
di Londra e frequenta le Masters Classes di Siegmund Nissel
nell’ambito dell’Orlando Festival, di Sadao Harada organizzate
dagli Amici della Musica di Firenze e di Valentin Berlinsky. Nel
giugno 1990 vince all'unanimità il Primo premio al Concorso In­
ternazionale per Quartetto d'Archi di Cremona, nel 1992 vince
la Selezione ARAM di Roma e nell'ottobre 1996 vince il Primo
premio al Concorso Internazionale di Musica da Camera Premio
Vittorio Gui di Firenze. Effettua tournées in tutto il mondo. E’
spesso ospite di importanti società di concerti ed è invitato re­
golarmente a prestigiosi Festival, ottenendo sempre un grande
successo di pubblico e critica. Si avvale delle collaborazioni di
Maria Tipo, Piero Farulli, Andrea Lucchesini, Pietro De Maria,
Kostantin Bogino, Alain Meunier, Andrea Nannoni, Antonello
Farulli, Luca Ballerini, Stefania Cafaro, Nelson Goerner, Fabio
Bidini, Marco Vincenzi... Fra le numerose esperienze fatte è
importante ricordare la sua esibizione per l'Accademia Nazio­
nale di Santa Cecilia dove è invitato ad eseguire all'Auditorium
della Conciliazione, in occasione del novantesimo compleanno
di Goffredo Petrassi, il Quartetto per Archi (1958) alla presenza
dell'autore, la sua esibizione al Quirinale alla presenza del Pre­
sidente della Repubblica Italiana e il suo concerto alla Wigmore
Hall di Londra in occasione delle celebrazioni per il cinquantesi­
mo anniversario del Quartetto Amadeus. Per molti anni è Quar­
tetto in Residenza dell’Università di Firenze e spesso è invitato
a tenere delle Masters-Classes. Il Quartetto di Fiesole registra
per la Radio-Televisione Italiana, Svizzera Francese e Tedesca.
Recentemente il violista Pietro Scalvini, straordinario interprete
e fondatore del gruppo con Alina Company ha dovuto inter­
rompere la sua collaborazione con il Quartetto di Fiesole. Al suo
posto è subentrato l’eccellente violista Luca Guidi.
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73
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
venerdì
6 agosto
Beverino ore 20.30
Chiesa di Santa Croce
Trio violino
viola e
violoncello
74
Pier Domenico Sommati violino
Ilaria Bruzzone viola
Alberto Pisani violoncello
Programma
W.A.Mozart:
Divertimento in Mib magg. KV 563
Allegro
Adagio
Minuetto I - Andante con variazioni- Minuetto II
Allegro
L.van Beethoven
Trio in Sol maggiore op. 9 n.1
Adagio
Allegro con brio
Adagio ma non tanto e cantabile
Scherzo
Presto
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Pier Domenico Sommati si è diplomato presso il Conserva­
torio Mascagni sotto la guida del Maestro Sergio Dei. In segui­
to si è perfezionato con i Maestri Renato Zanettovich, Stefan
Gheorghiu e Pavel Vernikov per il violino, e con il Trio di Trieste,
Riccardo Brengola, Piero Farulli, Norbert Brainin per la musica
da camera. Ha collaborato con il Maggio Musicale Fiorentino e
con il Teatro La Fenice di Venezia. Dal 1992 è membro dell’Or­
chestra del Teatro Carlo Felice di Genova, dove dal 1995 ricopre
il ruolo di spalla dei secondi violini. Nel 1991 riceve il Diploma
d’onore per la Musica da Camera all’Accademia Chigiana di
Siena. Nel 1995 incide per la Casa Discografica Dynamic un Cd
di musiche inedite di Paganini, in trio con Stefan Milenkovich e
Riccardo Agosti. Svolge un’intensa attività cameristica, abbrac­
ciando vari repertori e formazioni, dal duo all’ottetto. Ha al suo
attivo, in veste solistica, varie esecuzioni dei Concerti di Bach,
delle Quattro Stagioni di Vivaldi.
Ilaria Bruzzone si è diplomata con ottimi voti in violino presso
il Conservatorio Paganini di Genova sotto la guida del Maestro
Marcello Bianchi nell’anno 1999. Da allora ha collaborato con
diverse formazioni cameristiche e orchestrali. Al suo attivo conta
diverse collaborazioni con importanti Teatri Italiani. Componen­
te, in qualità di violista, del quartetto Zelig ha collaborato nello
spettacolo allestito dal Teatro dell’Archivolto I bambini sono di
sinistra con Claudio Bisio. Sempre con il quartetto Zelig ha par­
tecipato a concerti e manifestazioni a livello nazionale. Dal 2005
fa parte del gruppo musicale Compagnia dell’Alambic, del quale
fanno parte musicisti dell’orchestra del Teatro Carlo Felice e del
quintetto Mampaa. Con altre tre strumentiste fonda nel 2008 la
formazione quartettistica Formus Ensemble.
75
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
domenica
8 agosto
Ponzano Superiore ore 21.00
Corte di Palazo Remedi
Trio clarinetto
viola e
pianoforte
Pietro Tagliaferri clarinetto
Filippo Milani viola
Siro Saracino pianoforte
76
Programma
W. A. Mozart
Trio Kv 498 Kegelstatt-Trio
Andante
Minuetto
Rondeux
P. Tagliaferri
Air per clarinetto, viola e pianoforte
M. Bruch
Dagli Otto pezzi op. 83
V Rumanische Melodie
VI Nachtgesang
R. Schumann
Märchenerzählungen op. 132
Lebhaft, nicht zu schnell
Lebhaft und sehr markiert
Ruhiges Tempo, mit zartem Ausdruck
Lebhaft, sehr markiert
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Pietro Tagliaferri diplomato in clarinetto presso il Conser­
vatorio Nicolini di Piacenza sotto la guida del maestro Parmi­
giani, si perfeziona presso l’Accademia Musicale Chigiana di
Siena e presso l’Accademia Internazionale di Biella, sotto la
guida di Anthony Pay. Laureato in Musicologia presso la Scuo­
la di Paleografia e Filologia musicale di Cremona. Vincitore di
concorsi nazionali ed internazionali, svolge una intensa attivi­
tà concertistica sia come solista, sia con diverse formazioni
cameristiche, in Italia e all’estero. Diversi compositori hanno
scritto brani a lui dedicati. Ha effettuato numerose incisioni
per importanti case discografiche e incisioni radiofoniche per
Rai Radiouno. Svolge attività di ricercatore per conto della
Fondazione Monteverdi di Cremona e presso l’Istituto Dio­
cesano per la Musica Sacra San Cristoforo di Piacenza. Dal
1991 al 2005 è stato consulente musicale delle reti Media­
set. Dal 2005 si dedica alla regia e nel 2006 riceve l’incarico
di regista per la collana Mozart Ways 2006. Nell’aprile 2008
Mediaset gli affida la regia del concerto di Zubin Mehta con
L’Israel Philharmonic Orchestra presso l’Auditorium Parco
della Musica in Roma. Attualmente è direttore artistico delle
riprese dei concerti dell’Orchestra Filarmonica della Scala. È
docente di ruolo di clarinetto presso il Conservatorio Marenzio
di Brescia.
Filippo Milani diplomatosi in violino e viola, ha frequentato
la Scuola di Perfezionamento Musicale di Bobbio e la Scuola
di Alto Perfezionamento Musicale di Pavia sotto la guida del
Maestro Rossi. Dal 1999 suona con l’ Orchestra Filarmonica
della Scala, realtà che gli offre l’opportunità di essere diretto
da grandi direttori e di frequentare alcuni dei teatri più impor­
tanti del mondo. La passione per la musica d’insieme lo porta
a collaborare con diversi gruppi cameristici e a frequentare Fe­
stival in tutta Europa. Dal 2005 suona in qualità di prima viola
nei I Solisti di Pavia, complesso cameristico sotto la guida di
Enrico Dindo. Il bisogno di eseguire la musica del passato con
una rinnovata prospettiva estetica gli ha permesso la collabo­
razione con esecutori di musica antica tra cui i Barocchisti di
Lugano con i quali ha effettuato numerose registrazioni.
Siro Saracino ha intrapreso gli studi musicali presso il Con­
servatorio Nicolini di Piacenza dove si è diplomato a pieni
voti nel 1989 con Giovanna Busatta. Sin da giovanissimo ha
partecipato a numerosi concorsi pianistici nazionali ed inter­
nazionali vincendo svariati premi. Svolge attività concertistica
come solista che in svariate formazioni cameristiche. Come
solista ha suonato in Italia e all’estero. Ha inciso un CD dal
vivo durante un concerto presso la Towson University di Balti­
mora e le sue esecuzioni sono regolarmente trasmesse dalle
più importanti radio specializzate. Ha recentemente iniziato
un sodalizio con l’attrice Paola Gassman incentrato sull’opera
di Satie e Ravel. Ha suonato come solista con le principali
orchestre italiane. Dal 2007-2008 è titolare di cattedra presso
il Conservatorio Marenzio di Brescia.
77
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
giovedì
12 agosto
Mattarana ore 21.00
Parco dei Tigli
Concerto a due pianoforti e percussioni
Guido
78
Bottaro e
Roberto
Logli pianoforte
Daniele
Lunardini e
Dario
Doriani percussioni
Programma
B.Bartok
Sonata per 2 Pianoforti e Percussioni
Assai lento - allegro non troppo
Lento ma non troppo
Allegro non troppo
I.Strawinsky
Petruschka Suite per 2 Pianoforti
Danse russe
Chez Petrouchka
La semaine grasse
W.Lutoslawsky
Variazioni su un Tema di Paganini
R.Logli
1997 per 2 pianoforti
WWW.MUSICALWORDS.IT
Blog di Musica°Arte°Lettere
La Nostra Rivoluzione
è la Tua Voce.
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Roberto Logli ha studiato pianoforte presso il Conservatorio
Niccolò Paganini sotto la guida di Lidia Baldecchi Arcuri, diplomandosi con il massimo dei voti e la lode. Ha studiato composizione con Adelchi Amisano, Musica da camera con il Trio di Trieste a
Fiesole e con Massimiliano Damerini a Genova. Ha seguito i corsi
di perfezionamento pianistico a Salisburgo con Sergei Dorenskij
e Aquiles Delle Vigne. E’ vincitore e finalista di numerosi concorsi
pianistici. Ha eseguito ed esegue con vivo successo di critica e di
pubblico concerti in Italia e all’estero. Dal 2000 si è dedicato alla
composizione e alla esecuzione di brani propri e di autori del 900
storico e contemporaneo.
80
Guido Bottaro, svolge i suoi studi musicali presso il Conservatorio Paganini di Genova diplomandosi a soli 19 anni con il massimo
dei voti e la lode. Studente presso la Scuola di Musica di Fiesole
prima, Diplome Supérieur d’Exécution all’ Ecole Normale Alfred
Cortot di Parigi poi, frequenta vari Corsi di Perfezionamento. Ha
suonato nella prestigiosa Salle Cortot per la Société Chopin di
Parigi; è stato invitato al Festival di Mannheim, al Festival di Venezia, a Leiden in Olanda e nel 1994 ha l’onore di suonare per
il Mozarteum di Salisburgo nella Wiener Saal. Tra le sue ultime
apparizioni in pubblico è di rilievo il Concerto tenuto presso il Teatro Carlo Felice di Genova nel marzo 2000 come solista con
orchestra. Nel maggio 2002 ha suonato un repertorio di musica
operistica e liederistica russa; inoltre sempre nello stesso Teatro
ha tenuto un concerto solistico con musiche di Sciostakovic e
Prokofiev.
Daniele Lunardini intraprende giovanissimo lo studio della
Batteria sotto la guida del maetro Paolo Cozzani. Diplomato in
strumenti a percussione presso il Conservatorio N. Paganini di
Genova, sotto la guida del maestro A. Pestalozza, si specializza nel
repertorio Lirico. Inizia l'attività professionale nel 1987 accostandosi alla musica e al teatro da camera, al minimalismo, alle musiche da films, alla musica contemporanea e al repertorio lirico, sinfonico e jazzistico. Dal 1994 collabora in qualità di percussionista
e timpanista con importanti enti lirici e fondazioni lirico-sinfoniche
italiane. Dal 1997 al 2005 ricopre il ruolo di timpanista aggiunto
presso la Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e dal 2001
ricopre stabilmente il ruolo di timpanista presso l’orchestra CittàLirica di Pisa e del Festival Puccini di Torre del Lago. Nel 2003
forma l’ensemble di percussioni Tin-Cans e collabora inoltre in
qualità di batterista con gruppi di musica Jazz All'attività concertistica affianca quella di docente.
Dario Doriani si e’ diplomato presso il conservatorio di musica
Paganini di Genova sotto la guida del Maestro Andrea Pestalozza
e al pari approfondisce gli studi della batteria.
Dal 1990 collabora in qualità di percussionista con l’orchestra del
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Teatro Carlo Felice ed altre orchestre italiane con cui effettua registrazioni discografiche, concerti e tournee in Italia e all’estero.
Nel 1995 nasce il Classic Jazz Quartet, nel quale ricopre il ruolo
di batterista.
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
venerdì
12 agosto
Bonassola ore 21.00
Oratorio di S.Erasmo
Concerto per flauto e arpa
Massimo
Mercelli flauto
Floraleda
Sacchi arpa
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Programma
C.Debussy
En blanc et noir per due pianoforti
Avec emportement
Lent sombre
Scherzando
R.Logli
1995 per due pianoforti
Allegro
Lento
Presto
B.Bartok
Sonata per due pianoforti e percussioni
Assai lento - allegro non troppo
Lento ma non troppo
Allegro non troppo
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Massimo Mercelli è stato allievo dei celebri flautisti Maxence
Larrieu ed André Jaunet. A diciannove anni diviene primo flauto
al Teatro La Fenice di Venezia, e vince numerosi premi interna­
zionali. Suona regolarmente nelle maggiori sedi concertistiche
del mondo, collaborando con artisti di fama internazionale. È
direttore artistico e fondatore dell’Emilia Romagna Festival, dal
2001 fa parte del direttivo della European Festival Association.
Nel 2006 ha eseguito la premiere di Facades di Philip Glass
col compositore al pianoforte, e ha tenuto una masterclass
per la Rostropovich Fondation; l’11 settembre 2006 ha tenuto
un importante concerto commemorativo presso l’auditorium
dell’ONU, a New York. Ha suonato alla Filarmonica di Berlino e
alla sala grande del conservatorio di Mosca in un gala’ con Yuri
Bashmet e Gidon Kremer ed ha eseguito la prima mondiale di
Vuoto d’anima piena di Ennio Morricone sotto la direzione del
maestro stesso. Al MusikVerein di Vienna ha effettuato la prima
esecuzione mondiale del concerto per flauto ed orchestra di
Michael Nyman a lui dedicato.
Floraleda Sacchi, ispirata dai dischi di Annie Challan a suo­
nare l'arpa, ha iniziato lo studio di questo strumento a 14 anni
sotto la guida dei Maestri Lisetta Rossi e perfezionata con Ali­
ce Giles, Alice Chalifoux e con Judy Loman che considera suo
mentore. Definita da molti critici artista di eccezionale talento,
si è da sempre dedicata al repertorio solistico e alla musica da
camera per arpa cercando di sviluppare progetti originali e un
personale modo di fare musica. Ha suonato in importanti sale
e festival in tutto il mondo confermandosi come una delle più
interessanti ed originali arpiste sulla scena internazionale. Dal
2008 è l’unica arpista al mondo ad incidere per Decca con cui
ha pubblicato Minimal Harp un progetto per arpa sola definito
affascinate da molti giornali, che include 8 prime registrazio­
ni mondiali.
Tra le altre incisioni recenti spiccano Sophia Corri
Dussek, una monografia per arpa sola e Chiaroscuro in cui
Flora presenta per la prima volta le sue composizioni. Nume­
rosi sono i compositori che le hanno dedicato brani originali.
Attualmente sta collaborando con Michael Nyman per la rea­
lizzazione di un progetto originale appositamente scritto per
lei da questo importante compositore. Tra il 1997 e il 2003
ha vinto un’eccezionale numero di competizioni internazionali.
Collabora spesso con attori in spettacoli teatrali. La prestigiosa
rivista americana Harp Column le ha dedicato la copertina e
l’intervista del numero di Settembre-Ottobre 2009; è l’unica
arpista italiana e una delle poche europee ad aver ottenuto
questo importante tributo. Dal 2006 è direttore artistico del
Lake Como Festival, una rassegna di musica da camera am­
bientata in luoghi storici lariani.
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Conversazione
Paganiniana
sabato
14 agosto
Carro ore 18.00
84
Paganini,
unico
direttore...
a cura di Dario De Cicco
La conferenza illustrerà il ruolo che Paganini ebbe
nell’evoluzione della figura del direttore d’orchestra.
Attraverso l’esame di fonti iconografiche, epistolari e
contrattuali si ricostruirà il percorso di un virtuoso che
svolse un ruolo significativo nel consolidamento delle
funzioni e del ruolo del direttore e dell’orchestra.
Festival Paganiniano di Carro 2009 Concerti
Dario De Cicco è laureato in musicologia presso l’Universi­
tà degli Studi di Pavia, diplomato in pianoforte, didattica della
musica e musica corale e direzione di coro. Si è specializzato
nei settori della pedagogia musicale presso i principali centri
formativi italiani ed europei. Pubblica regolarmente studi e ri­
cerche musicologico-didattiche su vari periodici e tiene corsi di
formazione per il personale docente dei vari ordini di scuola.
È vice-presidente nazionale della Società Italiana per l’Educa­
zione Musicale.
Collabora con varie istituzioni scolastiche e associazioni mu­
sicali svolgendo attività di progettazione e coordinamento in
iniziative di sperimentazione didattica in ambito musicale.
È docente di Pedagogia musicale presso il Conservatorio Sta­
tale di Musica “Giuseppe Verdi” di Torino.
85
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
sabato
14 agosto
Carro ore 20.30
Piazza della Chiesa
Recital del violinista
Marco
Rizzi
Edoardo Strabbioli pianoforte
86
Programma
R.Schumann
Sonata in Re min. op.121
Mit leidenschaftlichem Ausdruck
Allegretto
Lebhaft
Bewegt
K.Szymanoswky
Tre Capricci da Paganini
R.Schumann
Sonata in La min. op.105
Ziemlich langsam, Lebhaft
Sehr lebhaft
Leise, einfach
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
Marco Rizzi Ha studiato con eccezionali insegnanti come
G. Magnani, S. Accardo e W. Liberman ed essendosi diplo­
mato con lode e menzione speciale ai conservatori di Milano
ed Utrecht, viene presto riconosciuto come il più interessante
violinista della nuova generazione e gli viene conferito, su indi­
cazione di Claudio Abbado, 1’Europäischen Musikförderpreis
nel 1991. Regolarmente ospite delle sale più prestigiose in ita­
lia e in Europa e collabora con direttori più quotati e con le più
rinomate orchestre europee. Violinista in continua evoluzione,
ogni anno Marco Rizzi arricchisce di un concerto il suo già
vasto repertorio con orchestra: nelle ultime stagioni si sono
dunque aggiunti via via il Concerto di Glazunow, Omaggio
di Van Vlijmen, Concerto n.1 di Paganini, il Concerto n.2 di
Sostakovic, il Concerto di W. Walton e il concerto di Martinu
Inoltre, il suo vivo interesse per programmi non di repertorio
permette di far conoscere al suo pubblico capolavori inusuali
come la Sonata di B. Walter oppure il Concerto di J. Adams.
Si inquadrano in questa linea le incisioni dedicate alla musica
italiana per violino e pianoforte del '900 che, come la sua regi­
strazione delle Sonate e Partite di J.S. Bach, hanno riscosso
entusiastici consensi nel mondo musicale. All’attività solistica
si affianca una dimensione cameristica vissuta con passione,
è spesso ospite di prestigiosi Festival cameristici internazionali.
In ambito didattico insegna in una classe di livello internazio­
nale alla Hochschule für Musik - Mannheim (Germania), dove
è titolare di una cattedra di violino, e alla prestigiosa Escuela
Superior de Musica Reina Sofia di Madrid. Suona un violino
Pietro Guarneri del 1743, messogli a disposizione dalla Fon­
dazione Pro Canale Onlus.
Premiato nei tre concorsi più prestigiosi per violino è partico­
larmente oggi apprezzato per la qualità, la forza e la profondità
delle sue interpretazioni.
87
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
Paganini’s Heritage in
the Piano Music
Veronica Gaspar*
88
Chronologically, Paganini is more Beethoven’s generation
than the great Romantic composers’ where, paradoxically, the
current perception is situating him. Indeed, his relatively late
recognition at European level and the admiration of important
personalities of the 19th century brought Paganini closer to the
epoch he exerted a decisive influence on. A portrayal of Balzac,
in his novel Le cousin Pons (1847): «The melancholy and the
Raphaelite perfection of Chopin together with the energy and
Dantesque grandeur de Liszt comes near to Paganini’s brightness» is illustrative for the general fascination Paganini exerted
in the epoch.
The romantic composers received in different ways Paganini’s
influence, but all of them expressed their admiration and confessed about their endeavour to imitate the Diabolus in musica.
Not just the artist but also the ‘character’ Paganini was perceived as the symbol of a profound transformation affecting the
music and its ways of communication. He brought in the centre of the musical life the soloist and his innovations added an
important weight to the revolutionary transformations which
were later carried out by the great Romantic composers — Liszt, Schumann, Brahms — who were basically pianists.
It is said that the Romantism created the independent soloist.
Such allegation is not quite accurate at least if we consider the
singers. Still, therein the social role of the instrumental performer emerged from the traditional ancillary or anonymous
status described by Guido d’Arezzo as «(the performers) like
animals, are reproducing an activity without being aware of
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
it». Since the 19th century the role of the instrumental soloist,
following Paganini’s wake, got a special weight and became autonomous from a particular work created in a particular time.
The concert stages began from the early 1800s to take in the
performances of works composed by more composers. The
musical performance becomes most often a soloist’s choice
and the act of communication begins to prevail on the content
to be transmitted. A genre not fortuitously developed in this
time and decisively influenced by Paganini’s Caprices is the Romantic Etude. This is no more a means for private improving,
but an independent work highlighting an important compound
of the musical show: the virtuosity.
Meanwhile, Paganini catalysed the opening of the audience to
the dark side of the human esprit. Indeed the musical discourse
which was related to the Apollinic objectivity of a transcendental message or to the Bacchic entertainment added also Saturn
in the mythological imaginary of an epoch that created the gothic novel, the works of Goya or Gerard de Nerval, Mephisto
and many secret societies centred on the dark enigmas of the
Middle Age. When the inexplicable skills of Paganini broke out,
they unleashed the unconscious need for magic of a society
not yet accustomed to the too recent positivist trend of the
modernity. Paganini himself indulged and used for his career
those tendencies, reviving medieval phantasms of the social
imaginary in order to connect unusual skills with magic.
Therefore the authority of Paganini on the Romantic composers acted on several levels, starting from the direct influence
of his musical innovations, but also by the increasing role of the
virtuosity and by a particular spirit, reiterated in many works
in the 19th and 20th centuries. Because of the relationship of
the most important composers of the 19th century with the
piano, we could presume that the incontestable influence of
Paganini played a decisive role also in the development of this
instrument. His challenging impact on the piano music implies
as well the broadening of the instrumental limits by the newinvented ‘performer star’.
The first composer to evoke Paganini in a piano work seems
to be Johann Nepomuk Hummel (1778-1837). He was one of
the first pianists to follow the trend to hold recitals presenting
(also) works of other composers. Because living in an epoch
dominated by Beethoven and later by the reformist Roman-
89
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
90
ticists, Hummel’s instrumental and creative skills are rather
shadowed. In his Fantasia in C major – Souvenirs de Paganini
we recognize some of the Caprices, several of which better exploited by other composers in the following years. The work,
not published during the composer’s life, doesn’t surpass the
average transcription of exercises present in the Baroque. In
this Fantasia there are just some Paganini’s themes with a conventional accompaniment, under the virtuosity requirements
for the piano literature of the time, including Hummel’s own
other works. This work was part of an already rising trend to
praise Paganini, marking the increasing influence of the great
violinist among the musicians in the whole Europe.
The influence of Paganini on Frédéric Chopin (1810-1849) was
more subtle. Generally, Chopin despised virtuosity as an aim
and was rather sarcastic to the average of his contemporary;
nevertheless, for Paganini he had only superlatives. For Chopin, «Paganini is the embodied perfection» as he incidentally
wrote in a letter actually meant to express his admiration for
another musician (the pianist Friedrich Kalkbrenner). It seems
that Chopin heard Paganini in 1829 in a series of 10 concertos
in Warsaw. Chopin took not a significant direct influence from
Paganini’s themes. We found just a little piece from his early
age inspired by The Carnival of Venice, entitled Souvenir de
Paganini for Solo Piano (1829). Chopin’s famous Andante Spianato and Grande Polonaise Op. 22 (1830-34) was also inspired
by Paganini’s Cantabile Spianato e Poloneza brillante played in
Leipzig and Warsaw in 1829. But what inspired Chopin’s rhetoric in a much more significant way was the original insertion
of vocal fioriture in the instrumental music, interrupting the
metric pulse as a subjective comment. The ornamental ‘comment’ as a technical proceeding was already used in the past:
in the Agréments in Baroque works, or even in the Classical
repertoire beside the virtuosity Cadences (e.g. the second Theme of the first movement in Beethoven’s Sonata for Piano Op.
31/3 which is repeated with ornaments, producing a temporal dilatation). But its incidence, the variety and embodiment
in the work’s structure of the proceeding is a typical mark of
the romantic melody and a token of a decisive influence of the
King of Violin on the King of Piano.
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
In 1824-1825 Robert Schumann (1810-1856) was still oscillating
between Music and Poetry (especially because of his friendship
with Jean-Paul). In 1828 «amidst the lugubrious walls of Leipzig»
he wrote to his mother: «My major studies will be Philosophy
and History». But the impact of young Schumann with Paganini
during a concert tour in Germany in 1829 determined him to
choose music as main occupation. Schumann made two cycles
of Studies (Op. 3, 1832 and Op. 10, 1835) directly inspired by
the Caprices for violin solo, some of them used by Hummel
too. The virtuoso trend inspired by Paganini, also stimulated by
the talent of his beloved Clara Wieck, led Schumann toward the
perfection of the piano technique. He tried several devices to
improve his own technical skills (like the Chiroplast of Johann
Bernhard Logier) until he definitively injured his hand. In the
Carnival Op. 9 (1834) Schumann had a different approach: in
the episode named ‘Paganini’ he is not quoting a manner but
painting a personality; the rough energy and the amazing resonance-effects are giving us an idea of Paganini’s performance.
Franz Liszt (1811-1886) made the best rendering of Paganini’s
spirituality and probably gave the most audacious reply to the
broadening of the limits of the instrument initiated by the
violinist. He felt the contact with Paganini as a challenge and
assiduously tried to reach his idol. «My God, what a man, what
a violin, what an artist! […]». In 1832 after hearing Paganini,
Liszt confessed in a letter to Pierre Wolff: «I practice exercises
up to 4-5 hours each day: 8th, 3rd, 6th, tremolos, cadences
etc. […] If I will not become mad, you’ll find a real artist in
me!» Liszt was preoccupied to prove the superiority and the
richness of the piano on the violin. Liszt seemingly made the
essential revolution in the piano playing and in the improving
of the instrument. Like Chopin, he largely used the art of improvising ornaments in a Cantabile, but Paganini stirred mainly
his preoccupation for virtuosity. The piano gets the benefice of
the technical features as scales in 8ves, leaps, chromatic scales
etc. giving them rhetoric and emotional significance. In 1838
he wrote Etudes d’exécution transcendantale d’après Paganini
and, after trying several variants, he published in 1851 the final
version Grandes Etudes de Paganini. Here appeared one of the
first transcriptions of the famous Caprice 24, probably the most
91
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
92
often employed theme in the History of Music.
Johannes Brahms (1833-1897) published in 1863 two series
of Variations on the 24 Paganini Caprices, creating 28 hypostases of psychological nuances and technical diversity. Clara
Schumann used to call them ‘Hexen-Variationen’ (Diabolic
Variations). Still, this work had nothing diabolic and nothing
recalling the consecrated image of Paganini; just one of the
variations, no. 4 in the second volume is evoking Paganini’s
nationality quoting a well-known Canzonetta. Brahms is brilliantly representing the stream of the technical imitation to be
followed since. He puts further the limits of the pianistic skills,
beside a serious contribution to the variation technique, challenging many composers in the next decades.
In the 20th century, the evolution of the music led to the fading of the direct, emotional communication, recovering the
line of ‘Absolute Music’ interrupted by the Romantic episode.
The ‘Paganini character’ disappeared under a huge amount of
dark aesthetics; meanwhile the instrumental skills became attributes of the musical education devoid of any link with the
magic. Nevertheless Paganini was still present in the musical
creation. His themes, especially the Caprice no. 24 are continuing to provoke countless variations no matter the composers’
style, country or instrumental specialization. An exhaustive list
is almost impossible to be completed, when Paganini’s themes
are meant for piano, chamber music, jazz-band, percussion,
flute, even ukulele…
The average motivation for the 20th-century composers seems
to be the technical challenge imposed by a very often employed theme, fortuitously composed by Paganini. The Norwegian
composer, Trygve Madsen, eloquently synthesizes this tendency: «Is it possible to do something new with this theme? Or
does everything have to be ‘in the shadow of Brahms’?» Sometimes, a particular conjuncture offered a different impulse
for one more transcription. For instance, Witold Lutosławski
(1913-1994) needed to increase his two-piano repertoire for
the duo formation he was playing in during the World War II.
He succeeded to create one of the most successful variant of
the eternal Caprice 24. Three decades later he transformed
this work in a Concerto for Piano and orchestra (1971). The
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
approach of Stanisław Skrowaczewski (b. 1923) makes an exception: he is one of the few to evoke the esprit of Paganini,
his strange fury, the demonism, thus recalling to some extent
Schumann’s Paganini from the Carnival Op. 10. A noticeable
work is Luigi Dallapiccola’s (1904-1975): Sonatina canonica in
mi bemolle maggiore su ‘Capricci’ di Niccolò Paganini: per pianoforte (1946). It is one of the few not to use the omnipresent
Caprice 24.
One can wonder about what has so special this theme and why
did it gather the most numerous variants? The general contour
is outlining one of the plainest motives, widely used in the Romanian traditional folklore until well-known classical works as
Beethoven’s Eroica Variations ( Variations and Fugue Op. 35 for
piano solo, 1802 and Final movement of the third Symphony,
1803). A lot of composers from different countries (Poland,
United Kingdom, Portugal, Italy, USA, Norway, Turkey etc.)
exerted their skills processing this theme. It can be found in
several styles, from Post-Romanticism until the most advanced
avant-garde, nothing to say about Jazz-like productions.
Sergey Rachmaninoff ’s (1873-1943) Variations on the 24th Caprice, namely The Rhapsody for Piano and orchestra on a Theme of Paganini (1934) is probably the most complex homage to
Paganini in the last century. The diversity of means and timbres
could, finally, reach Paganini’s mastery. The main motive takes several appearances. One of the metamorphoses (mirror
inversion) gives birth to one of the most uplifting love songs.
Another is Dies Irae drawing near the whole Gothic imaginary
of the Romantism, with its witches’ sabbatical dances, demons’
laughter, etc. picturing Paganini’s stamp in the 19th-century
imaginary. «Ancient stories appear from the Middle Age, with
witches and spirits, rising rumours about the selling out of his
soul to the Devil» wrote Liszt in 1840 depicting Paganini’s image in the 19th century. Almost a century later, Rachmaninoff
succeeded to create a corresponding musical image, in the
same time a continuation of the technical inventiveness of Paganini and a touching evocation of his esprit.
Paganini’s heritage is occupying a large place, from the main
challenging impact on pianists (which is continuing even today) till the creation of a special rhetoric, beside concrete in-
93
Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
94
novations in the musical genres and forms. He led the broadening of the instrumental limits as well for violin as for piano. He
harmonized the vocal with the instrumental music and created
the novel God of our laic world: the performer-star. Paganini,
gathering the occult need for the nocturnal side of the human
imaginary and followed by the most important composers-pianists, initiated a peculiar trend of spiritual enrichment reconciling for a short while the performers’ skills with the musical
creation.
The Romantism, epoch of Faustus and Mephisto was a turbulent epoch, which renewed the art expression. The art works
recovered euphemized forms of archaic myths. Apollo, symbol
and ideal for art creation, was parting his place in the Arts Pantheon with Bacchus, Saturn and, recently with Mercury, the
God of merchandise. In the short period when the Artist was
the intermediary between human and divine, substituting the
traditional role of the music itself, Paganini and his pianists-followers gathered the need of idols in a laic and unstable society.
In the Panegyric wrote by Liszt in 1840, he concluded: «Paganini’s unique geniality frightens even his followers. He is a Master
in the Empire of Arts on a solitary summit. The enchantment
exerted on the audience was so powerful that one could not
imagine a natural explanation for such a genius […]».
* Dr. Veronica Gaspar is Associate-professor at the Piano Department in the National University of Music Bucharest, obtaining her Ph.D. degree in 1997. In 2002 – Master Degree in
Cultural Management. Three books, several articles in revues at national and international
level, concert-lessons and numerous active participations in international conferences,
meetings, symposia under the research areas of performance sciences, musical perception and communication and cross-cultural communication. She is member of several
international societies as ISME, SEMPRE, SMA etc. Foreign languages: French, English,
German and Japanese.
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Saggi
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Convegno
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Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Luglio
Calendario
15-16-17 luglio La Spezia, CAMeC, h. 9.00
Convegno Internazionale di Studi Paganiniani
Giovedì 15 luglio
La Spezia, Teatro Civico h. 21.00
Omaggio a Paganini I Solisti veneti,
Claudio Scimone direttore
Sabato 17 luglio
Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30
Leticia Muñoz Moreno violino
Gli archi de I Filarmonici di Torino
Lunedì 19 luglio
Sesta Godano Sagrato di Santa Maria Assunta h. 21.00
Ensemble Nuovo Contrappunto
Mario Ancillotti, flauto e direttore
Francesco Negrini, clarinetto Barbara Ciannamea, Pino
Tedeschi, violino Yunichiro Muratami, viola Claude
Hauri, violoncello Alessia Luise, arpa
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Mercoledì 21 luglio
Suvero Sagrato di San Giovanni Battista h. 21.00
3° premio al Concorso Internazionale violinistico
Niccolò Paganini di Genova
Sean Lee violino Emanuele Torquati pianoforte
Sabato 24 luglio
Maissana
Sagrato della Chiesa di San Bartolomeo h. 21.00
Duo violino e pianoforte
Andrea Cardinale violino, Alessandro Magnasco pianoforte
Giovedì 29 luglio
Porciorasco Corte di Palazzo De Paoli-Gotelli h. 21.00
Philippe Graffin violino,
Agnieszka Kolodziej violoncello
Sabato 31 luglio
Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30
Quartetto di Fiesole
Alina Company violino, Luca Guidi viola, Daniela
Cammarano violino, Sandra Bacci violoncello
Festival Paganiniano di Carro 2010 Calendario Agosto
Venerdì 6 agosto
Beverino Castello Chiesa di Santa Croce h. 21.00
Trio Violino Viola e Violoncello
Pier Domenico Sommati violino,
Ilaria Bruzzone viola,
Alberto Pisani violoncello
Domenica 8 agosto
Ponzano Superiore, Palazzo Remedi h. 21.00
Trio clarinetto, viola e pianoforte
Pietro Tagliaferri clarinetto, Filippo Milani viola,
Siro Saracino pianoforte
Giovedì 12 agosto
Mattarana, Parco dei Tigli h. 21.00
Concerto a due pianoforti e percussioni
Guido Bottaro e Roberto Logli pianoforti
Daniele Lunardini e Dario Doriani percussioni
Venerdì 13 agosto
Bonassola, Oratorio di S. Erasmo h. 21.00
Concerto per flauto e arpa
Massimo Mercelli flauto, Patrizia Tassini arpa
Sabato 14 agosto
Carro, Casa Nasca h. 18.00
Conversazione paganiniana
Paganini, unico direttore...
a cura di Dario De Cicco
Sabato 14 agosto
Carro, Piazza della Chiesa h. 20.30
Recital del violinista Marco Rizzi
Edoardo Strabbioli piano
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Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni
Prima o dopo concerto
100
La Spezia
All’inferno via Lorenzo Costa 8
T 0187 29458
La Cantina via Fazio 85
C 339 8036384 / 392 5268980
Osteria di Mimmi p.zza Sant’Agostino 66
T 0187 751434 Anche la domenica su pre­
notazione
Pane vino e San Daniele via del Torretto 15
T 0187 778583 su prenotazione
C 392 5047750 / 333 1715712
Toa degli Aranci via Manin 23
T 0187 761645 su prenotazione
Trittico via Cavallotti 62
T 0187 735509 su prenotazione
Antica Trattoria Dino Vevè
via Cadorna 18
T 0187 735004 su prenotazione
Carro
Ristorante pizzeria Da Fausto, via Marconi,
38. T 0187 861305 (18,00 euro)
Agriturismo biologico Cà du chittu, Isolato
Camporione, 25. T 0187 861205 (25,00 euro)
Agriturismo Miramonti fraz. Castello loc.
Cappella. T 0187 861193 (18,00/22,00 euro)
Trattoria Cerreta, Cerreta fraz. di Carro loc.
Cerreta. T 0187 861283 (20,00 euro)
Trattoria Toso Giovanni,Toso GiovanniToso
Giovanni fraz. Ponte S. Margherita via Piave,
30. T 0187 891532 (18,00 euro)
Maissana
Albergo Mafun via Provinciale, 6.
T 0187 845622 (18,00/20,00 euro)
prima
dopo
Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni
Mattarana
Antica Locanda Luigina via Aurelia 185
T+39 0187.893683
C 348 7628240 (18,00/20,00 euro)
Rocchetta Vara
Cuccaro Club via Campo Picchiara,150. T
0187 890210 (20,00 euro)
Sesta Godano
Ristorante La Margherita
via Caduti della Libertà.
T 0187 891233 (20,00 euro)
Dove sono alla Spezia
101
3
5
4
6
2
TAXI
7
1 All’inferno 2 La Cantina 3 Pane vino e San Daniele
4 Trittico 5 Osteria di Mimmi 6 Toa degli Aranci
7 Vevè (Antica trattoria Dino)
Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni
Orario notturno mezzi pubblici
in città
via Chiodo
22.35
23.35
00.35
Ospedale
Canaletto
Migliarina
Mazzetta
N
22.53
23.53
Viale Ferrari
Ponte Scorza
P.zza Caduti lavoro
Via Bixio
via Chiodo
22.40
23.55
Ospedale
23.07
23.32
00.41
via Fiume FS
Canaletto
Lerici
Sarzana
Fossitermi
via Chiodo
23.25
00.47*
Ospedale
Migliarina
Vezzano FS
Sarciara alta
Fezzano
Le Grazie
Porto Venere
23.40
Cadimare
Radio Taxi 0187 523523
Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni
Orario Bus Navetta Riservato
Orario partenze dalle fermate
Via della Pianta
Al Capolinea
della Linea 1
1
Via Vittorio
Veneto
Fermata Comune
2
Stazione
Centrale
La Spezia FS
3
Data/Luogo
17.7 Carro
21.7 Suvero
24.7 Maissana
25.7 Sesta Godano
29.7 Porciorasco
31.7 Carro
6.8 Beverino
8.8 Ponzano Superiore
12.8 Mattarana
14.8 Carro
18.15
19.15
18.15
19.15
18.15
18.15
19.45
20.30
19.00
16.40
18.30
19.30
18.30
19.30
18.30
18.30
20.00
20.15
19.15
16.55
18.45
19.45
18.45
19.45
18.45
18.45
20.15
20.30
19.30
17.10
103
Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso intero
Festival Paganiniano di Carro 2009 Informazioni
Biglietteria
Omaggio a Paganini, Concerto dei Solisti Veneti diretti da Cludio Scimone al
Teatro Civico:
Posto unico numerato 20,00euro
(Con riduzione a 15,00euro acquistando
contemporaneamente l’abbonamneto a
10 concerti del festival di 40,00euro)
Concerti a Carro:
intero 15,00euro ridotto 12,00euro.
Concerti in altre sedi:
intero 12,00euro ridotto 10,00euro.
104
Abbonamenti
a 10 concerti 40,00euro.
Riduzioni
La riduzione è accordata ai soci della Società dei Concerti onlus, del Touring Club
Italiano, Società Italiana di Musicologia ed
ai soggetti previsti dalla Legge.
Trasporto compreso nel biglietto d’ingresso
intero
106
107
108
Informazioni
T 0187 731214
C 320 0443341
C 347 6843236
Società dei Concerti onlus
Via del Prione 45
19121 La Spezia
www.sdclaspezia.it
[email protected]
Ufficio stampa
Studio Montparnasse
Dott.ssa Paola Stefanucci
C 347 6843236