Onoriamo la ribolla gialla e il territorio

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Onoriamo la ribolla gialla e il territorio
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“Onoriamo la ribolla gialla
e il territorio”
Medot
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Toni Gomišček
om Stevenson, l’autorità
T
numero uno nel mondo dello
champagne è convinto, che le
uve della ribolla gialla possano
andare bene solo per un buon
spumante metodo charmat, e non
per un metodo classico. Zvonimir
Simčič, il carismatico (nonché
storico) direttore della cantina
cooperativa di Goriška Brda,
una trentina di anni fa l’avrebbe
abbracciato e forse anche baciato
per questa affermazione. È stato
proprio lui, negli anni sessanta,
a voler spumantizzare la rebula
(nome sloveno del vitigno) in
autoclave, e a farne uno dei
cavalli di battaglia del colosso
vinicolo di Dobrovo. Eravamo
nel bel mezzo dell’era socialista
e, forse, il metodo charmat
risultava più proletario rispetto
alla rifermentazione in bottiglia
con il conseguente “remuage sur
pupitres” e al “dégorgement”
manuale. Da una ventina d’anni
Zvonimir Simčič sta cercando
di coronare il suo amore per la
ribolla gialla facendone la base del
suo spumante metodo classico,
Medot Brut.
Zvonimir Simčič, il titolare
dell’azienda Medot, è figlio
d’arte. Cioè di contadini. I suoi
nonni collaboravano con il conte
Baguer nella modernizzazione
Azienda agricola Medot di
Zvonimir Simcic
Gregorčičeva ulica 19
SI-5212 Dobrovo Brdih (Collio Goriziano), Slovenia
Posta elettronica: [email protected]
Telefono: 0039 335 6208906
della viticoltura dopo il flagello
della filossera, in onore del
padre Medot ha dato lo stesso
nome all’azienda, creata per
permettergli di restare, dopo
il pensionamento, nel divino
mondo del vino. L’attività,
inizialmente, non era per niente
commerciale: nel vigneto si
continuava a selezionare le più
gialle delle ribolle gialle, nella
cantina si cercava il giusto
assemblaggio tra ribolla e vitigni
di supporto (chardonnay e
pinot nero), il miglior tempo
di rifermentazione, la ricetta
per il più appropriato dosaggio.
Zvonimir, già membro
dell’Accademia del vino, è
diventato nel frattempo anche
un nobile del vino, membro del
Ordo equestris vini Europae,
ma, e questo è forse la cosa più
importante, è riuscito a passare la
passione per le bollicine ai nipoti
Marko e Simon. Proprio Simon
Simčič sta ora prendendo in mano
le redini dell’azienda, cercando di
farla diventare anche un’attività
redditizia.
“Il nonno ha vinto la sua sfida, ha
dimostrato, che la ribolla gialla
può essere la base per un grande
spumante metodo classico di
Brda. Non mi sorprende che
Stevenson non la pensi cosi.
Lui è troppo abituato al gusto
dello champagne, che comunque
risulta ai nostri palati spesso tropo
aggressivo e intenso. Mio nonno,
dal canto suo, cercava anche negli
spumanti quella finezza, armonia
ed eleganza, che sono proprie dei
bianchi di Brda. Non trovandola,
ha creato Medot. Io credo
pienamente nel prodotto, che ha
però bisogno di una produzione
maggiore per permetterci di
vivere da viticoltori. Ecco dunque
che stiamo piantando nuovi
vigneti e presto cominceremo gli
scavi per la nuova cantina,” spiega
Simon. Con grande rispetto,
riconoscenza e ammirazione parla
del nonno. Sa che la sua ricetta
per il Medot brut millésime è
un’enorme eredita.
“In un prossimo futuro avremo
come spumante base un brut non
millesimato con quattro anni di
rifermentazione, che esprimerà
il gusto della casa e una qualità
costante. Cioè in costante
progresso,” dice, ridendo.
“Il ruolo del assemblaggio di
varie annate e della struttura
dei vini base, combinato con il
dosaggio finale, darà armonia
al vino. Seguirà poi un rosé non
millesimato, quindi il brut ed il rosé
millesimato. Oggi abbiamo sul
mercato il brut millesimato 2000,
con sei anni di rifermentazione,
del quale abbiamo prodotto 8.000
bottiglie. Tra poco presenteremo
il primo brut, con il quale
vogliamo cogliere l’attenzione
degli amanti dei vini più giovani.
Sono poi in progetto un brut
nature e una cuvée prestige, da fare
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Luglio - Agosto 2008
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occasionalmente e solo nelle
migliori annate. Con tutte queste
nuove proposte dovremmo poter
offrire al mercato fino a 30.000
bottiglie all’anno”, è convinto
Simon che parla con entusiasmo
anche della nuova cantina. “Il mio
sogno sarebbe una cantina con
quindici metri di terra sopra il
soffitto, ma già sei metri sono un
buon strato isolante dagli sbalzi
termici. La temperatura costante
ha un’importanza fondamentale
per la qualità del vino,” ci spiega.
I lavori per il nuovo vigneto
stanno andando avanti ormai da
oltre un anno. In realtà
sono cominciati molto
tempo fa, perché
anche la lunga ricerca
del giusto materiale
genetico ne fa parte.
“Ogni qualvolta
piantiamo un nuovo
vigneto, facciamo la
selezione di quanto
selezionato in
precedenza.
Questo
almeno per le
piante della
ribolla gialla,
mentre per il
chardonnay ed
il pinot nero
ci affidiamo
al lavoro dei vivaisti”. I vigneti
sono proprio sotto la casa,
lavorati a terrazza, esposti verso
il meridione. La terra è pura
marna eocenica, la opoka in gergo
(ponca, per i Friulani). Questa
terra sembra essere fata per le
viti. Poco materiale organico
modera la crescita e stimola la
vite più verso una produzione di
qualità che verso la quantità. Se
la resa non viene spronata con la
concimazione, le radici penetrano
profondamente nel suolo e
caricano l’uva dei minerali. Vini
sapidi, quindi, che grazie alle
vicinanze del mare e delle Alpi
sviluppano una forte struttura ma
non perdono la loro freschezza,
alla base del delicato bouquet.
La vendemmia, per i Simčič, resta
un occasione di festa. Si raccoglie
l’uva solo in mattinata, prima che
il sole cominci a disperdere gli
aromi, ripassando anche più volte
nello stesso filare e selezionando
solo i grappoli che hanno
raggiunto la giusta maturazione.
Ovviamente, solo l’uva sana può
dare un vino eccellente. La qualità
si deve ottenere nel vigneto, in
cantina dobbiamo cercare, di non
perderla. “Con il nostro spumante
cerchiamo di onorare la ribolla
gialla e il territorio”. Ecco il credo
dell’azienda Simon Simčič.
Quando per continuare la
conversazione dobbiamo
stappare una bottiglia di Medot
Brut 2000, ci soffermiamo
sull’importanza del bicchiere.
“Per adesso non abbiamo ancora
creato un bicchiere apposito
per il nostro spumante, però
abbiamo fatto innumerevoli
degustazioni per trovare quello
che riteniamo il migliore per il
nostro vino. Fra tanti abbiamo
preferito un bicchiere della serie
Diva della Schott-Zwiesel, il loro
Bordeauxpokal Claret Goblet.
Il bicchiere, per il vino, è come
l’abito per un uomo. Per farci
sentire bene deve essere fatto
su misura. Il bicchiere deve
stimolare il vino ad esprimersi,
muoversi liberamente, uscire
fuori, comunicare. Allora, e solo
allora, possiamo scoprire il suo
vero carattere, goderne il bouquet,
cogliere tutte le sfumature del
suo sapore...” fantastichiamo
con Simon, mentre un perlage
fine invita a scoprire la fragrante
delicatezza del vino. Nel grande
bicchiere (768 ml) il pallido
spumante Medot a base di ribolla
gialla diventa un grande signore.
Chissà in che razza di bicchiere
l’avrà sorseggiato Stevenson per
non averlo capito?!
“Na zdravje, Medot!” beviamo
allora alla salute dei nonni e
bisnonni, ma anche alla nostra e
alle future generazioni, perché
il vino non è un prodotto che si
inventa dall’oggi al domani. È il
nostro legame con il territorio,
con la lungimirante visione degli
avi, che cerchiamo di interpretare
al meglio per potere, quando
viene il nostro momento, lasciarla
ai posteri.
Nella pagina precedente: Zvonimir
Simčič. A lato: una bottiglia di Medot
In alto a sinistra: Marko e Simon
Simčič. In alto a destra: Marko, nonna
Tatjana, Zvonimir, Simon e Igor.
Foto a cura di: Marijan Močivnik
(www.revija-vino.si)
Abbiamo voluto fermare la stampa per
inserire questa triste notizia giunta in
redazione il 27 giugno scorso.
Zvonimir Simčič, questa notte è stato
chiamato a fare il vino per gli Dei.
Lascia un grande vuoto nel mondo
dell’enologia non solo della Slovenia
e al contempo un’eredità culturale
e morale di altissimo e insostituibile
valore. Come Zvonimir vorrebbe,
alziamo i calici in suo onore.
Le redazioni di Vino e Fuocolento.