La rassegna di oggi

Transcript

La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – venerdì 25 novembre 2016
(Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono
scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti)
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2)
Il Tar boccia i ricorsi sulle chiusure festive (Piccolo, 3 articoli)
Finita l’era delle Province, ora ci sono le Uti (M. Veneto, 2 articoli)
Hypo, oggi il vertice decisivo per i sostegni ai 103 licenziati (M. Veneto)
Legno-arredo, altre otto ore di sciopero il 16 dicembre (Piccolo)
Peroni: «Con il nuovo Senato i territori saranno forti nel ruolo di controllo» (Piccolo)
CRONACHE LOCALI (pag. 6)
Distrutto dalle fiamme il magazzino della Coop (Gazzettino Pordenone)
Electrolux, nuova insidia polacca (M. Veneto Pordenone)
Soldi alle scuole, Pordenone contro Udine (M. Veneto Pordenone)
Provincia, addetti trasferiti: niente sconti bus alle famiglie (Gazzettino Pordenone)
La Kito punta sul polo di Fusine (M. Veneto Udine)
Latisana, da oggi nuova sede dello Spi Cgil (M. Veneto Udine)
Concorso dei vigili, si dimettono due commissari (M. Veneto Udine)
In 200 bussano ogni anno al centro antiviolenza (Piccolo Trieste)
Via al SuperConsorzio industriale: «Vogliamo allearci con Trieste» (Piccolo Gorizia-Monf.)
Operaio morto, chiesti 9 rinvii a giudizio (Piccolo Gorizia-Monfalcone, 2 articoli)
Dipendenti senza paga. Chiude a Cormons l’Ufficio del turismo (Piccolo Gorizia-Monf.)
1
ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE
Il Tar boccia i ricorsi sulle chiusure festive (Piccolo)
di Gianpaolo Sarti - Il Tar dà ragione alla giunta Serracchiani e abbassa le serrande dei negozi nei
giorni festivi. Il primo round sull'annosa vicenda delle chiusure forzate, contenuta in una norma sul
commercio, va alla Regione: ieri il Tribunale amministrativo del Friuli Venezia Giulia ha respinto i
ricorsi di cinque punti vendita dell'Aspiag Service srl e della Bennet spa che chiedevano la
sospensione del provvedimento. Le due società si erano opposte alla Regione e ai Comuni di
Tavagnacco, Tolmezzo, Pradamano, Ronchi e Sacile. I municipi, come emerso, avevano informato i
punti vendita della necessità di fermarsi inviando una nota informativa. Un semplice avviso,
insomma. Ma questa nota contestata dalle imprese, a detta del Tar, è priva di un connotato
“provvedimentale”. Non era un atto che produce effetti giuridici tali da essere impugnati. Ci
vorrebbe, in caso, una determina o una delibera. Tirando le somme, ora resta valida la legge. Nel
caso del ricorso proposto contro la Regione, invece, si trattava addirittura di dichiarazioni rese alla
stampa dal vicepresidente e assessore regionale alle Attività produttive Sergio Bolzonello. Anche
perché, ha evidenziato proprio il Tar, l'ente locale «non è titolare di alcun potere amministrativo né
autorizzatorio, né derogatorio». Non poteva fare alcunché dinnanzi a una legge regionale. Cosa
succede ora? I negozi devono chiudere nelle giornate festive prefissate, così come prevede la
norma. Quindi stop pure il 25, il 26 dicembre e il primo gennaio. Faranno eccezione le attività
commerciali delle località turistiche, come ad esempio Trieste. Ma lo scontro non è finito qui
sebbene i giochi, dopo queste ordinanze del Tar, sembrano ormai fatti. Per gli altri 21 punti vendita
che avevano fatto ricorso, l'ultima parola sarà infatti pronunciata nell'udienza del 6 dicembre. Ma
intanto l'assessore Bolzonello, che ha sul groppone l'intera battaglia, è consapevole di aver portato a
casa una mezza vittoria politica: «Sono molto contento», dice tirando un sospiro di sollievo in attesa
di un altro pronunciamento, quello definitivo, che spetta alla Corte Costituzionale, atteso ad aprile.
«È una decisione che accogliamo con soddisfazione - osserva il numero due dell'esecutivo - perché
fa chiarezza e ribadisce che la legge è completamente in vigore. Ciò sta a testimoniare che
l'impianto normativo era valido e che le domande di sospensione venivano presentate in base a
documenti che non erano provvedimenti amministrativi, ma in taluni casi, semplici comunicati
stampa». È lo stesso Bolzonello a ricordare che il prossimo passo tocca alla Corte Costituzionale
che, come detto, ad aprile dovrà riunirsi per decidere sull'impugnativa del governo. «Non penso che
questa sia una mia vittoria personale - puntualizza Bolzonello - non la metterei in questi termini. Va
invece detto che finalmente - ribadisce - si fa chiarezza. Adesso la nostra norma, va ricordato, è in
vigore e per cui i negozi dovranno restare fermi nelle giornate indicate. Se qualcuno li aprirà sarà
soggetto alle sanzioni che i singoli Comuni dovranno comminare». Bolzonello torna a rimarcare il
valore «sociale e culturale» del provvedimento. «Abbiamo voluto ripristinare un minimo di
chiusure festive, ma non domenicali, per rispetto dei dipendenti che lavorano e alle loro famiglie».
Ma la questione, inevitabilmente, continua ad animare il dibattito politico. Con il Pd, innanzitutto,
che plaude alla decisione del Tar. «I pronunciamenti rappresentano un regalo di Natale per tutti
coloro che lavorano nel settore del commercio della nostra regione, siano essi dipendenti o mediopiccoli operatori. Per ora la nostra legge resta valida, in attesa del prossimo passo che spetta alla
Corte costituzionale in ordine all'impugnativa del Governo alla legge regionale», affermano il
capogruppo in Consiglio regionale Diego Moretti e il consigliere Enio Agnola, relatore di
maggioranza della legge sul commercio. «Ora, in attesa del giudizio della Corte sulla nostra legge continuano - resta l'intento del Consiglio di voler incidere, soprattutto a livello centrale. Le risposte
devono arrivare dalla politica nazionale sulla quale stiamo facendo pressione per arrivare a risposte
chiare sul tema della regolamentazione degli orari commerciali, da troppo tempo fermo in
Parlamento. Questo la consideriamo una scelta di equità per tutti gli operatori commerciali e
cittadini del Friuli Venezia Giulia». Ma la Lega non ci sta. «Inutile cantar vittoria - obietta Barbara
Zilli - i grandi gruppi della distribuzione terranno aperto, sfidando la Regione e impugnando anche
la successiva sanzione che ne deriverà».
2
Confcommercio e sindacati: «Bene la decisione dei giudici»
«La decisione del Tar è una notizia che prendiamo con soddisfazione». Lo afferma il presidente di
Confcommercio regionale Alberto Marchiori (foto). «Un intervento che fa chiarezza - rileva
Marchiori - nell'attesa dell'esame della Consulta la prossima primavera. Dispiace che i
rappresentanti della grande distribuzione insistano su una tematica che riguarda in primis la dignità
delle persone, che sarebbe opportuno rispettare. Tra l'altro parliamo di un numero ristretto numero
di festività, sia religiose che civili». Pure il fronte sindacale (Filcams Cgil, Fiscat Cisl e Uiltucs)
accoglie positivamente il pronunciamento del Tribunale: «Ribadiamo la nostra piena e motivata
contrarietà alla completa liberalizzazione. Le chiusure obbligatorie in alcune giornate di festività non limitano in alcun modo la libertà imprenditoriale, ma consentono invece ai lavoratori di passare
con i propri cari alcune giornate». (g.s.)
I grandi marchi: «Ma la battaglia non è ancora finita»
testo non disponibile
Finita l’era delle Province, ora ci sono le Uti (M. Veneto)
di Maura Delle Case - La strada è stata tutta in salita. Costellata di difficoltà e adempimenti non
banali come la modifica dello Statuto di autonomia. A tre anni dall’inizio ieri però la parola fine è
arrivata. Il Consiglio regionale l’ha votata che erano da poco passate le 18. Dopo due giorni di
animata discussione, con un occhio costantemente rivolto al prossimo referendum costituzionale, la
soppressione delle Province è diventata legge. «Si chiude un percorso» è il primo commento
dell’assessore regionale alle Autonomie locali, Paolo Panontin, a margine del voto. Equivale a una
lunga boccata d’ossigeno prima di guardarsi indietro e abbracciare in un istante gli ultimi tre anni di
lavoro. Trascorsi all’inseguimento di un obiettivo: programmatico anzitutto. «Perché l’abolizione
delle Province era un impegno elettorale della coalizione che governa» ricorda il titolare delle
Autonomie locali della giunta Serracchiani. Su quell’impegno ieri si è acceso il disco verde. Anche
l’ultima tessera del mosaico è andata al suo posto, nonostante le perplessità che la minoranza è
tornata a sollevare rispetto all’effetto che un No al referendum potrebbe provocare a cascata sulla
nuova impalcatura istituzionale del Fvg. Unica Regione d’Italia, a quel punto, sprovvista degli enti
intermedi. Spalleggiato dalla maggioranza, Panontin ha tirato dritto. Niente stralci, nessun
tentennamento. «Cosa succederà il 4 dicembre lo vedremo – ha dichiarato in Consiglio l’assessore –
. Noi in Fvg avevamo detto, tutte e tre le coalizioni candidate a governare la Regione, che volevamo
superare le Province. Questa norma semplicemente declina il principio. Non si può essere in
disaccordo a meno di non essere incoerenti». Approvata la legge, oggi prende il via la fase finale di
smantellamento del sistema provinciale che si concluderà «per tre enti su quattro – Trieste, Gorizia
e Pordenone – entro ottobre dell’anno prossimo – annuncia Panontin –, a differenza della Provincia
di Udine che arriverà a scadenza naturale nel 2018». Ai commissari attualmente in carica, Pierpaolo
Martina a Gorizia, Gianluca Dominutti a Trieste e Anna Maria Pecile a Pordenone, seguirà un
commissario unico. «Lo individueremo e nomineremo a fine anno» fa sapere l’assessore senza nulla
concedere però sull’identità del papabile commissario. Cancellate le Province dallo Statuto di
autonomia era necessario stabilire, con legge ordinaria, l’esatta declinazione della fine. Definendone
ogni aspetto. Dove transitano le funzioni residue, i beni, le partecipazioni. «Durante il lavoro di
Commissione e durante il Consiglio – rileva ancora Panontin – alcuni emendamenti sono stati
accolti, alcune piccole modifiche di natura puntuale e di dettaglio sono state apportate, ma
l’impianto è quello uscito dalla giunta e dalla commissione». Tra le novità non c’è l’edilizia
scolastica. La richiesta di far slittare il passaggio delle scuole superiori in capo alle Uti dal 31
dicembre alla fine dell’anno scolastico non è stata accolta e così, per la Provincia Udine, è stato
deciso l’arrivo del commissario ad acta, chiamato ad approvare il piano di subentro e consentire che
gli immobili delle scuole superiori della provincia passino in proprietà ai Comuni e in gestione alle
Uti.
Penalizzazioni ridotte all’osso
Testo non disponibile
3
Hypo, oggi il vertice decisivo per i sostegni ai 103 licenziati (M. Veneto)
È arrivata la giornata decisiva per Hypo Bank. Questa mattina al ministero del Lavoro l’azienda si
incontrerà con istituzioni e sindacati per definire l’accordo per il licenziamento collettivo di 103
persone nell’ambito della liquidazione del ramo italiano della banca. Nel tardo pomeriggio di ieri la
proprietà ha inviato alle parti una bozza di accordo «minimale» secondo il segretario generale della
Firs Cisl Roberto De Marchi. Stabilito l’accesso al Fondo straordinario di accompagnamento alla
pensione (che riguarda quattro lavoratori) e al Fondo emergenziale di 24 mesi per tutti gli altri
dipendenti «tutto il resto è da approfondire e finanziare» aggiunge De Marchi. I sindacati
vorrebbero portare a casa misure di outplacement, con un anno di affiancamento alle persone
licenziate da parte di agenzie specializzate nella rioccupazione, un contributo al fondo previdenziale
per il periodo di disoccupazione e premi per chi decide l’addio all’azienda nel giro di un paio di
settimane. (m.z.)
Legno-arredo, altre otto ore di sciopero il 16 dicembre (Piccolo)
Un nuovo sciopero di 8 ore, dopo quello del 28 ottobre scorso, è stato proclamato dai sindacati
FenealUil Filca-Cisl e Fillea-Cgil per il settore del Legno/Arredo. La data è quella del 16 dicembre.
La mobilitazione, programmata per venerdì 16 dicembre e decisa nella riunione delle commissioni e
delle consulte nazionali, «ha l’obiettivo - dichiarano le segreterie nazionali - di far riflettere
Federlegno e convincerla a riprendere la trattativa per il rinnovo del contratto, scaduto da quasi 8
mesi. Tra l’altro - fanno notare i sindacati - ci sono imprenditori che non condividono le posizioni
assunte da Federlegno e auspicano una chiusura in tempi brevi del contratto, ribadendo che uno dei
punti controversi, quello delle flessibilità, sia oggetto di confronto con le Rsu, e condividendo che
l’aumento salariale deve essere dignitoso, nella media degli aumenti previsti dai contratti simili già
rinnovati. Un segnale importante che deve far riflettere Federlegno». Lo sciopero, che si aggiunge
al blocco delle ore di straordinario e di flessibilità già in corso, si svolgerà per ogni turno di lavoro;
nella stessa giornata è prevista una manifestazione nazionale a Milano, sotto la sede di Federlegno,
mentre a livello aziendale e territoriale, anche in Friuli Venezia Giulia e Veneto sono state indette
assemblee nei luoghi di lavoro per informare i lavoratori delle nuove iniziative di lotta. «Sedici ore
di sciopero in meno di due mesi - sottolineano Feneal, Filca, Fillea - sono la risposta a chi nel
rinnovare il contratto avanza proposte irricevibili come le flessibilità degli orari di lavoro a gestione
unilaterale delle imprese, l’aumento della precarietà, nessun incremento sulla sanità integrativa, lo
smantellamento della contrattazione di secondo livello, aumenti salariali legati all’inflazione e
corrisposti l’anno successivo sulla base degli indicatori».
4
Peroni: «Con il nuovo Senato i territori saranno forti nel ruolo di controllo» (Piccolo)
di Marco Ballico - Un’occasione da non perdere per il Friuli Venezia Giulia. Non solo perché la
specialità regionale è garantita dalla clausola dell’intesa, ma anche perché il Senato disegnato dalle
modifiche alla Costituzione «darà poteri rilevantissimi ai territori». L’assessore regionale alle
Finanze Francesco Peroni premette di non essere un costituzionalista, ma intende dare un contributo
al dibattito partendo dalla sua formazione di giurista e aggiungendo le conoscenze che derivano dal
ruolo e dalle responsabilità in giunta. Prima certezza, le garanzie per la specialità. Perché a suo
parere la riforma non lederà le prerogative dell’autonomia? Nella disposizione transitoria che
riguarda le Regioni a statuto speciale si legge in modo chiaro che quello che la riforma stabilisce dal
punto di vista del rapporto Stato-Regioni, ossia il nuovo Titolo V, non si applica alle autonome, se
non in sede di futura revisione statutaria e fatta salva l'intesa. Nessun rischio di un blitz simile a
quello che su iniziativa del senatore Russo ha prodotto l’inserimento in statuto della previsione di
città metropolitana? No, la barriera di protezione dell’ecosistema della specialità è netta, proprio
grazie alla clausola dell’intesa. Un principio che è molto più di una tutela transitoria, è un presidio
permanente. Esattamente quello cui tutte le “speciali” hanno puntato, aprendo contenziosi davanti
alla Corte costituzionale in questi anni: alla ricerca di un fondamento pattizio che prevenga
ingerenze unilaterali dello Stato centrale sulle autonomie. Basta questo per votare Sì? La conquista
è enorme. Sufficiente a rasserenare quanti si dicono preoccupati per il futuro della specialità, ma
anche a far ritenere obiettivamente progressista la portata della riforma. Non a caso, chi critica le
novità della Carta dalla visuale delle Regioni ordinarie s'attacca all'idolo polemico della
sperequazione a favore delle “speciali”. Riforma dunque federalista solo per pochi? Secondo me in
realtà neppure le ordinarie saranno penalizzate. Per valutare il destino delle Regioni ci si deve
concentrare non solo sul riparto delle competenze, ma anche sul nuovo Senato. Così come
ridisegnato, Palazzo Madama consegna ai territori un ruolo rilevantissimo di controllo sull’operato
della Camera. Nel dibattito in corso si sottovaluta, a mio parere, il dettato dell’articolo 55, dove si
assegnano al Senato importantissime funzioni di raccordo tra autonomie territoriali, Stato e Ue, di
valutazione delle politiche pubbliche e di verifica dell’impatto delle politiche europee sui territori.
Una potestà di sindacato sull’altro ramo parlamentare capace di un poderoso impatto politico. Cosa
rischia il Fvg in caso di vittoria del No? Roma potrebbe continuare a utilizzare il principio di
supremazia statale a danno della nostra autonomia finanziaria. Un principio più volte fatto valere,
soprattutto nelle manovre di coordinamento della finanza pubblica della scorsa legislatura che ci
hanno sottratto ingenti risorse e che la giurisprudenza costituzionale ha tuttavia fatto salve. Il pregio
dell’averlo previsto nella riforma è che se ne formalizza e se ne delimita l’utilizzo. Anche per
questo, il Sì ci tutelerebbe.
5
CRONACHE LOCALI
Distrutto dalle fiamme il magazzino della Coop (Gazzettino Pordenone)
Un incendio ha distrutto 15 mila dei 30 mila metri quadrati del magazzino di Coop Adriatica, un
capannone nel cuore della zona industriale Ponte Rosso. La struttura serviva buona parte del
Nordest: circa 140 punti vendita Coop. Erano da poco passate le 5, quando le fiamme hanno
cominciato a divorare lo stabilimento che, costruito soprattutto con pannelli imbottiti di poliuretano,
ha permesso al rogo di distruggere, nel giro di un'ora, esattamente la metà della superficie. Nel
magazzino di Coop Adriatica in quel momento c'erano soltanto pochi addetti che stavano
preparando alcuni bancali da caricare sui camion. È stato proprio un autotrasportatore, vedendo una
densa nube di fumo uscire dal reparto dei prodotti freschi carne, pesce, ortofrutta, salumi e latticini
a dare l'allarme. In via Pinzano sono subito arrivati i Vigili del fuoco da Pordenone e dai
distaccamenti di San Vito e Spilimbergo. Viste le proporzioni dell'incendio, è stato chiesto il
supporto dei colleghi di Udine e Treviso, oltre ai pompieri della base americana di Aviano e ai
volontari di Codroipo. Se da una parte era necessario domare le fiamme evitando che si
propagassero all'intero stabilimento, dall'altra i vigili del fuoco una cinquantina in tutto erano
chiamati a contenere la fuoriuscita della densa nube di fumo che, visibile anche a chilometri di
distanza, aveva reso l'aria irrespirabile. Sul posto sono arrivati anche i tecnici dell'Arpa per le
rilevazioni ambientali, che in ogni caso non hanno fatto emergere particolari criticità.
Il rogo potrebbe essere stato innescato da un'anomalia al sistema centrale di produzione del freddo.
È da quell'area del magazzino, infatti, che due addetti hanno riferito di aver visto uscire fumo e
fiamme. Alcuni operai hanno cercato di spegnere le fiamme con gli estintori, ma il fuoco si è
propagato in un lampo costringendoli alla fuga. Ingenti i danni. Non è ancora possibile fare una
stima ma si parla di diversi milioni di euro. Il magazzino, attivo dal 1983 a San Vito, era stato
interessato pochi anni fa da alcuni lavori di ampliamento e ristrutturazione, ancora in corso, che
avevano comportato un investimento pari a 2 milioni e mezzo di euro. «È un duro colpo per noi ha
evidenziato Dino Bomben, vicepresidente di Coop Alleanza 3.0 in un momento in cui le vendite
stavano registrando un segno positivo. Ci stiamo già attrezzando, considerata anche la vicinanza
alle festività natalizie, per garantire le forniture dei punti vendita del Friuli Venezia Giulia e del
Veneto, attraverso le nostre piattaforme in Emilia Romagna ed eventualmente anche mediante
l'affitto temporaneo di altri depositi, soprattutto relativamente alle merceologie deperibili.
L'importante è che nessuno si sia fatto male». Nel magazzino di via Pinzano lavorano
complessivamente 200 persone: 70 sono assunte da Centrale Adriatica, mentre le altre 130
dipendono dalle cooperative Aster Coop e Cta. «Con l'azienda sottolineano Romildo Scala ed
Eraldo Ius (Filcams Cigl Pordenone) abbiamo già aperto un tavolo per trovare le migliori soluzioni
per i lavoratori. Ogni possibile iniziativa sarà presa per tutelare l'occupazione». Per i dipendenti di
Centrale Adriatica è prevista per un periodo prolungato la cassa integrazione. Gli altri 130, invece,
saranno probabilmente ricollocati in altre strutture.
6
Electrolux, nuova insidia polacca (M. Veneto Pordenone)
di Giulia Sacchi - Lo stabilimento polacco di Electrolux punta a realizzare nel 2017 più di un
milione 850 mila lavatrici, superando la produzione del sito di Porcia ai tempi d’oro. E’ il dato
emerso nella prima giornata dell’incontro annuale dei rappresentanti dei sindacati Electrolux
d’Europa (Cae), nel corso del quale i delegati della Polonia hanno portato la propria testimonianza
in merito a condizioni di lavoro, orari di produzione, straordinari e pure volumi. Da quanto si è
appreso, quest’anno la fabbrica polacca dovrebbe superare quota un milione 700 mila pezzi.
L’obiettivo 2017 è fare di più. A settembre si era sparsa la voce che la multinazionale avesse
previsto investimenti per produrre due milioni di pezzi nel sito di Olawa. Le tempistiche parlavano
di un progetto da tradurre in realtà in un anno. Una notizia che aveva fatto alzare le antenne a
maestranze e sindacati e che oggi ha trovato conferma nelle parole dei delegati della fabbrica
ubicata nell’Europa orientale. «Lo spostamento di volumi di medio e basso di gamma da Porcia a
Olawa è previsto dal piano: il sito pordenonese si concentrerà sull’alto di gamma – avevano
osservato nei mesi scorsi i sindacati –. Sono previsti comunque investimenti per raddoppiare la
capacità produttiva della fabbrica polacca: un progetto che ci preoccupa e complica il quadro della
gestione delle eccedenze». Alla luce di quanto riferito dai delegati polacchi, non ci si è sbagliati di
molto sui numeri: la fabbrica di Olawa è in continua crescita. Un fatto che alimenta i timori, tenuto
conto appunto che il sito di Porcia è alle prese con 356 esuberi da gestire. Al di là del caso Polonia,
ieri i vertici aziendali e le Rsu di Fiom, Fim e Uilm hanno siglato l’accordo inerente alle chiusure
collettive di fine e inizio anno: quattro giorni a dicembre e due a gennaio, coperti con ferie o Par
collettivi. «Alla luce dei recenti andamenti delle vendite e delle previsioni disponibili per i prossimi
mesi – si legge nell’intesa – sono state fissate le chiusure collettive per il 27, 28, 29 e 30 dicembre e
per il 2 e 3 gennaio». Per quanto riguarda l’orario di lavoro, a dicembre si opererà a otto ore. Al
rientro dalle ferie, il 4 gennaio, si stabilirà se procedere col regime dell’orario completo o se si
opterà per il ridotto a sei ore.
Soldi alle scuole, Pordenone contro Udine (M. Veneto Pordenone)
Progetti speciali della scuola, la Regione finanzia undici istituti della provincia di Udine, uno solo
di qua del Tagliamento, il comprensivo di Torre. E il consigliere comunale delegato all’Istruzione
Alessandro Basso attacca: «È uno schiaffo a Pordenone». La Regione ha diffuso l’elenco dei
progetti speciali per le scuole e il territorio per cui era disponibile un milione di euro. «Dati alla
mano – denuncia Basso – è l’ennesimo schiaffo a Pordenone, in assenza di criteri esplicitati in
modo trasparente e con un’evidente noncuranza di un equilibrio territoriale che ci vede nettamente
danneggiati. La sproporzione tra Udine e le altre province balza agli occhi: il 59 per cento dei
progetti sono andati a Udine contro l’11 per cento di Pordenone, con le conseguenti divaricazioni
economiche. A Udine arrivano 460 mila euro in più di Pordenone, ovvero 584 mila 415 euro contro
120 mila». Nello specifico, all’istituto comprensivo di Torre la Regione ha assegnato 15 mila euro, i
rimanenti a realtà territoriali. Molte scuole della provincia avevano avanzato domanda di contributo.
I progetti speciali «sono suddivisi tra mondo della scuola e reti extrascolastiche ed ecco ulteriori
dati allarmanti: perché solo una scuola di Pordenone è stata finanziata contro le undici di Udine? Le
scuole pordenonesi, esempio di virtù nella progettazione e prime in tutte le comparazioni per gli
esiti degli studenti, sono state sfavorite e potranno realizzare molti meno progetti che in altre zone e,
se lo vorranno fare, dovranno gravare sui bilanci degli enti locali o, peggio ancora – prosegue
Alessandro Basso, che preannuncia un’interrogazione in Regione –, mettendo le mani nelle tasche
delle famiglie. Se in passato nessuno se ne accorgeva, adesso non è più così. A questo punto se non
vi è criterio territoriale per il riparto, mettiamolo. Chissà che le cose non cambino». (e.l.)
7
Provincia, addetti trasferiti: niente sconti bus alle famiglie (Gazzettino Pordenone)
Famiglie degli studenti penalizzate a causa della burocrazia. In Provincia, ente in liquidazione, non
si possono fare le pratiche per gli sconti degli abbonamenti Atap degli studenti - come era avvenuto
negli ultimi anni utilizzando parte delle risorse economiche che l'ente ha incassato dagli utili della
società partecipata Atap - poiché il personale dell'ufficio preposto è passato sotto la responsabilità
della Regione. Anche se in realtà ancora non ha cambiato scrivania. E così le famiglie che sono in
difficoltà economica restano a bocca asciutta.
A sollevare il caso è il sindacato provinciale. Cgil, Cisl e Uil a ottobre avevano chiesto di
concordare con la Provincia un intervento per abbattere le rette del trasporto scolastico come era
avvenuto gli anni precedenti in base all'Isee delle famiglie. Le risorse utilizzate erano state tratte
dagli utili di Atap che per il 2015 sono stati di circa 6 milioni netti: circa 3,5 milioni vengono
redistribuiti tra i soci, cioé Provincia e una serie di Comuni. La Provincia ha incassato oltre un
milione di euro, il Comune di Pordenone un milione 162 mila euro, Cordenons (circa 337 mila
euro), Porcia (230 mila). Il sindacato, visti gli utili dell'ultimo anno, chiedeva di replicare gli sconti
per le famiglie più in difficoltà. Ma la risposta del commissario dell'ente Annamaria Pecile ha
stoppato l'intervento. «Ci è stato risposto - fanno sapere Carla Franza (Cgil), Luciana Fabbro (Cisl)
e Mauro Agricola (Uil) riconoscendo che sotto l'aspetto tecnico la risposta non fa una piega - che le
funzioni in materia di studio sono già state trasferite alla Regione e che il personale che nel 2015
aveva lavorato alle pratiche non è più in capo alla Provincia ma è passato alla Regione, mantenendo
però la scrivania a Pordenone. Evidentemente - sottolinea il sindacato - il milione di euro incassato
dalla Provincia non appartiene più a questo territorio. E dire che i motivi per aiutare le famiglie in
difficoltà non mancano di certo». Il sindacato si chiede poi: «Perché non si calmierano i costi del
trasporto scolastico prima di fare incassare all'azienda pubblica utili da record?». Si appella poi
all'assessore regionale Panariti e alla politica locale. «È impensabile che la burocrazia abbia la
meglio sulla politica. Non siamo contro il riordino istituzionale, ma rappresentare un territorio
richiede un chiarimento e una dedizione politica diversa. Troppo facile far calare leggi su una
comunità nascondendosi dietro alla burocrazia paralizzante».
8
La Kito punta sul polo di Fusine (M. Veneto Udine)
A Fusine, lo stabilimento Kito Weissenfels, è stato scelto come sito produttivo del gruppo che ha la
sede centrale a Tokio, per quanto riguarda la produzione di anelloni e accessori per le catene di
sollevamento. Fusine acquista quindi un rilievo di notevole importanza essendo il gruppo in oggetto
il primo al mondo per questo tipo di produzione. Questa scelta dà prospettive rosee al futuro di
questa azienda, erede della storica Weissenfesl, sia per l’importanza strategica che al sito di Fusine
viene dato da parte della Società, sia in previsione occupazionale. La novità è stata comunicata ieri
al sindaco Renato Carlantoni, dal nuovo amministratore delegato della Kito - Weissenfels, dott.
Raffaele Fantelli, subentrato a Steve Lister, rientrato negli Stati Uniti. All’incontro in municipio
hanno partecipato anche i collaboratori dell’amministratore, Franco Zamparo e Maurizio
Cortellazzo. Franco e Cortelazzo Maurizio. «È una notizia molto positiva – dichiara il sindaco – la
scelta fatta dai vertici della Kito riunitisi a Tokio. Fantelli mi ha spiegato anche il duro lavoro che
sta perseguendo per riposizionarsi sul mercato del settore e i riscontri positivi stanno arrivando, A
tal proposito è giusto ricordare le travagliate vicissitudini dell'azienda di Fusine negli ultimi 15 anni
e quindi è giustificata la doppia fatica che ora è necessaria per riposizionarsi sul mercato. Si è
discusso anche del futuro piano occupazionale, per il quale bisognerà ancora attendere per il
reinserimento della pianta organica esistente (86 dipendenti), ma un tema importante emerso
dall’incontro è stato quello della constatazione dell’età media degli addetti ai lavori, età piuttosto
elevata, che porterà nei prossimi anni a un probabile ricambio generazionale di personale già
formato per le specializzazioni richieste dall’azienda. La stessa si è dichiarata disponibile a
eventuali stage o corsi di apprendistato destinati a giovani residenti in Valcanale». Su questo
argomento sia Fantelli che il sindaco Carlantoni si sono recentemente incontrati con l'assessore
regionale alle attività produttive Sergio Bolzonello, che ha garantito pieno sostegno da parte del suo
assessorato. (g.m.)
Latisana, da oggi nuova sede dello Spi Cgil (M. Veneto Udine)
Nuova sede per lo Spi Cgil, da oggi operativo a Latisana in via Sottopovolo 87, come recapito fisso
della lega distrettuale del sindacato pensionati (ogni mattina da lunedì a venerdì), come Caf
(martedì e giovedì mattina), patronato Inca (lunedì e mercoledì pomeriggio) e le categorie degli
attivi, che ricevono i lavoratori su appuntamento. Oggi alle 11 l’inaugurazione alla presenza di
Attilio Arseni, della segreteria nazionale dello Spi-Cgil, di Ezio Medeot, segretario regionale e
Daniela Vivarelli, segretaria provinciale, oltre a Orietta Olivo e Natalino Giacomini. (p.m.)
9
Concorso dei vigili, si dimettono due commissari (M. Veneto Udine)
di Cristian Rigo - Bufera sul concorso comunale per l’assunzione di sei vigili. «Due dei tre
commissari si sono dimessi - ha spiegato l’assessore al Personale, Cinzia Del Torre - e adesso
stiamo valutando come procedere. L’obiettivo è quello di provvedere al più presto alla nomina dei
sostituti in modo tale da rispettare la data del 5 dicembre quando era prevista l’ultima prova orale e,
per lo meno, di non farla slittare troppo. Se, come pare, la commissione non aveva ancora iniziato a
correggere gli scritti, l’operazione non sarà complicata altrimenti dovremo fare degli
approfondimenti. Stiamo ancora verificando con gli uffici la situazione per cercare anche di capire
le cause di quanto accaduto». Della commissione, insieme al comandante Sergio Bedessi, facevano
parte anche una funzionaria della Regione e un dipendente comunale. E sono proprio questi ultimi
ad aver scritto una lettera al sindaco e al dirigente pare, dopo un diverbio con Bedessi il quale
avrebbe sollevato dei dubbi sulla gestione del concorso. Parecchi dubbi sono stati sollevati anche
dal capogruppo della Lega nord, Mario Pittoni che ha presentato un’interpellanza urgente
sottoscritta anche da Maurizio Vuerli di Fi e da altri consiglieri di minoranza. Pittoni invita il
sindaco Furio Honsell ad annullare l’intero concorso. Secondo l’esponente del Carroccio invece di
predisporre Tre diverse versioni del questionario, composto da 100 quesiti a risposta multipla e
predefinita di carattere psicoattitudinali e/o di cultura generale e/o sulle materie di esame, come
previsto dalla determina comunale, è stata presentate un unico questionario con 40. Inoltre, si legge
nell’interpellanza, «nel bando di concorso mancano materie base per il lavoro della polizia locale
(quello di agente), quali infortunistica stradale, polizia giudiziaria, procedura penale, quasi a voler
assumere “agenti impiegati”, invece che agenti operativi». E non è finita qui. «Ci è stata segnalata
la presenza nella sede di svolgimento delle prove di palmari, telefoni cellulari, smartphone e altre
strumentazioni multimediali/informatiche... - dice Pittoni - e ci è stato riferito che dalla consegna
delle buste chiuse contenenti i test della prova all’inizio di quest’ultima sono trascorsi circa 20
minuti, lasso di tempo in cui dalle varie aule alcuni candidati si sono recati al bagno, mentre
normalmente nei concorsi è tassativamente vietato allontanarsi dalla sede d’esame una volta
consegnate le buste». Sul banco degli imputati Pittoni inserisce anche «la scelta discutibile della
sede, che non aiutava certo nel controllo dei candidati con 5 aule sparse all’interno della facoltà di
Ingegneria, di fronte al bar popolato da centinaia di studenti» tanto che - conclude - «ci è stato
segnalato durante la prova di preselezione una grande confusione: chi andava e veniva fra le aule e
comportamenti differenziati degli addetti da aula ad aula». Da qui la richiesta di annullamento.
10
In 200 bussano ogni anno al centro antiviolenza (Piccolo Trieste)
di Luca Saviano - «Uscirne si può». È questo il messaggio di speranza che, in occasione della
Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, viene lanciato per indicare una via di uscita a
tutte quelle donne che sono rimaste intrappolate nella spirale della violenza di genere, un fenomeno
divenuto strutturale nella nostra società. E la nostra città, purtroppo, non fa eccezione come
dimostrano i numeri resi noti dal Goap, l’associazione convenzionata con i Comuni della provincia
di Trieste che gestisce due case-rifugio. Vere e proprie oasi di salvezza a indirizzo segreto, che
offrono ospitalità a donne che si trovano in grave pericolo e che, sono, sprovviste di altre risorse
abitative. I numeri In queste abitazioni protette, dal 2002 a oggi, sono state ospitate 215 donne (il
72% delle quali italiane) e 187 minori. Lo scorso anno sono state 215 le donne che si sono rivolte
per la prima volta al Goap di via San Silvestro, mentre quest’anno il numero dei nuovi contatti si è
fermato al momento a 188. I percorsi avviati presso il centro antiviolenza, se si tiene però conto
anche delle prese in carico già in essere dagli anni precedenti, hanno coinvolto 328 donne nei primi
nove mesi del 2016, contro le 320 totali dell’intero 2015. Complessivamente però dal 1999, anno di
nascita del Goap, sono state in tutto 3506 le donne che si sono presentateper chiedere aiuto. Numeri
che si sommano a quelli registrati in ogni angolo del Paese, che hanno portato complessivamente a
quasi sei milioni e 800mila, secondo fonti Istat 2015, le donne che hanno subìto una qualche forma
di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, mentre tre milioni e 500mila donne sono
state vittime di stalking, una forma di persecuzione che può compromettere la quotidianità di chi ne
rimane vittima. Vittime al cui fianco, appunto, sono schierati da decenni i centri antiviolenza come
quello del Goap, attivo a Trieste dagli anni Novanta. Il trend A Trieste i numeri che raccontano
questa piaga sociale sono sostanzialmente costanti, anche se in molti casi è la qualità delle
problematiche a essere peggiorata. «Le permanenze all’interno delle nostre strutture protette sono
meno brevi rispetto al passato - spiega la presidente del Goap Maria Ferrara - . Le difficoltà
economiche delle donne che riescono a uscire da delle relazioni violente non consentono loro di
emanciparsi completamente». I percorsi di aiuto Il lavoro dei centri antiviolenza è enorme, «se si
considera che la società è fortemente sbilanciata, in termini di potere, in favore del genere maschile.
Se una donna vittima di violenza - sottolinea Ferrara - ritiene accettabile che esista questa
disuguaglianza, troverà più difficile comprendere le origini del proprio malessere in famiglia». La
violenza domestica, quella che nasce all'interno del rapporto di coppia, ha infatti radici profonde
che non sempre è facile recidere, per motivi di ordine psicologico e culturale. «Le donne si possono
rivolgere a noi anche in maniera completamente anonima - racconta Tatjana Tomicic, una delle
fondatrici della onlus triestina - . Insieme a loro condividiamo un percorso: le accompagniamo sia
che rimangano a vivere all'interno dell'abitazione dove hanno subìto violenza, sia che decidano di
andare via di casa e di sporgere denuncia». Gli accessi L'ingresso al Goap è diretto, non serve un
invio da parte di nessuna struttura o ente istituzionale, anche se non è raro che siano le stesse forze
dell’ordine o gli operatori del Pronto soccorso a segnalare il caso di violenza. Le operatrici
dell’accoglienza si occupano nella prima fase di valutare attentamente i fattori di rischio all'interno
della relazione violenta che ha condotto la donna al Goap. L’inserimento all’interno di una struttura
protetta avviene se vi è il concreto rischio di andare incontro a un’ulteriore aggressione o se la
vittima di violenza risulta essere in pericolo di vita. «La nostra modalità di intervento - così
l'operatrice del Goap Francesca Maur - prevede che la donna faccia dei colloqui con due operatrici
contemporaneamente. In primis cerchiamo di creare una maggiore consapevolezza su quelli che
sono i suoi diritti e sulla rete dei servizi alla quale può avere accesso. Spesso le donne che si
rivolgono a noi hanno il timore che, allontanandosi dal partner violento, possa venire loro tolta la
potestà genitoriale. Non è così». Le risposte La violenza domestica non deve rimanere un affare di
famiglia. La vittima deve diventare consapevole che non è lei a essere sbagliata e che è necessario
rompere l'isolamento nel quale è sprofondata. Il Centro antiviolenza Goap, contattabile al numero
040/3478827, può aiutare le donne a «riscoprire il piacere di vivere da sole e a riappropriarsi della
propria esistenza».
11
Via al SuperConsorzio industriale: «Vogliamo allearci con Trieste» (Piccolo Go-Monf.)
di Francesco Fain - Un’alleanza con Trieste. Con il nuovo Ezit che nascerà sotto l’egida
dell’Autorità portuale. L’ipotesi più remota? Una fusione con Udine. A svelare questo scenario
inedito è il sindaco Ettore Romoli. Gorizia saluta Monfalcone ma non vuole rimanere isolata.
Questo, infatti, sarà il primo passo del Consorzio “fai da te” tutto goriziano che nascerà dalla
fusione tra la nuova società consortile dell'aeroporto "Duca d'Aosta", la Sdag e il Consorzio
industriale goriziano. Quindi, in futuro, l’alleanza con Trieste è la preferita. E questa strategia ha
anche una logica che è legata al futuro della Sdag che diventerà “retroporto” di Trieste. Il primo
cittadino dà per scontato che arriverà il disco verde della Regione sulla soluzione “in house” dopo il
“no” alla fusione con il Consorzio industriale di Monfalcone. «Aspettiamo - dice Romoli - che
l’ente Regione approvi la legge che ci autorizza a fare l’accordo a tre. Poi, entrerà in azione uno
studio professionale per redarre il progetto di integrazione della nuova società consortile
dell'aeroporto "Duca d'Aosta", della Sdag e del Consorzio industriale goriziano». Quindi, non ci
saranno sorprese? «La Regione ha detto già che la nostra strada è percorribile. Mi sono incontrato
con il vicepresidente Bolzonello e con la presidente Serracchiani che hanno già inserito già
l’emendamento nella norma». Perfettamente in linea l’assessore comunale alle Società partecipate
Guido Germano Pettarin. «Ufficiosamente, la giunta Serracchiani ha fatto sapere che fondendo il
Consorzio alla Sdag e alla società consortile, le normative di legge vengono totalmente rispettate.
Quindi, non ci sarebbe nessuna ragione ostativa. Sono sacrosante le sottolineature del sindaco
Romoli. Ma ancora più sacrosanto è il motivo che sta alla base di questa scelta: quello di dare ai
vari soggetti interessati dimensioni coerenti in maniera che questi possano parlare "da pari", senza
essere fagocitati da nessuno. Non si tratta di un suicidio incomprensibile. Tutt'altro». Nel frattempo,
continuano i contatti a livello regionale con il futuro nuovo Consorzio industriale di Trieste (Ezit).
Romoli sottolinea anche che le affermazioni rilasciate nei giorni scorsi da Zeno D’Agostino «npon
sono casuali» e vanno proprio nella direzione di un accordo sempre più stretto con Trieste. «Noi
non intendiamo chiuderci nella nostra isola ma intendiamo creare le condizioni di sviluppo»,
aggiunge il sindaco di Gorizia. Di sicuro la partnership non toccherà Monfalcone, dopo il
burrascoso esito dell'iter che avrebbe dovuto portare alla nascita del Consorzio industriale isontino,
risultato della fusione del Csia con il Consorzio industriale di sviluppo del Monfalconese. I portatori
d'interesse - tra cui anche la Camera di Commercio - non avevano trovato l'intesa dopo mesi di
trattative, in particolare a causa del mancato accordo sull'ingresso nel nuovo soggetto economico
della Sdag, caldeggiato da Gorizia e avversato da Monfalcone. Come ricorda Romoli, «la proposta
iniziale era ben più ampia e coinvolgeva anche il consorzio Aussa Corno e l'interporto di
Cervignano: questa sarebbe stata una realtà capace di giocare un ruolo importante a livello
regionale, sebbene Gorizia con questa soluzione sarebbe finita in minoranza, pur partecipando a un
progetto macroeconomico di grande spessore. L'asse con la sola Monfalcone non aveva più senso,
anche perché il Consorzio gestisce spazi che da anni non vantano nuove richieste di insediamento»,
evidenzia Romoli.
12
Operaio morto, chiesti 9 rinvii a giudizio (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Laura Borsani - La Procura di Gorizia ha chiesto il rinvio a giudizio nei confronti di nove
imputati, in relazione alla morte del bengalese di 22 anni, Mia Ismail, rimasto vittima di un
infortunio sul lavoro il 21 febbraio 2011, a bordo della “Carnival Magic” allora in allestimento nella
banchina dello stabilimento di Panzano. La richiesta di rinvio a giudizio, infatti, è stata formulata
dal pubblico ministero Valentina Bossi. L’ipotesi di accusa è quella di omicidio colposo. I nove
imputati sono, a vario titolo, dirigenti e quadri intermedi di Fincantieri, nonchè il capo cantiere della
ditta appaltatrice, la Tis, Tecno Impianti Service Srl, per la quale il giovane operaio asiatico
lavorava. A questo punto è stata quindi fissata l’udienza preliminare. C’è un altro aspetto. La
Procura goriziana ha anche chiamato in causa le stesse aziende Fincantieri Spa e Tecno Impianti
Srl, in qualità di persone giuridiche, ai fini della responsabilità amministrativa delle società per fatti
costituenti reato, in base al decreto legislativo numero 231 del 2001. In altre parole, secondo la
Procura, viene preso in considerazione il modello organizzativo all’epoca del fatto, e quindi le
valutazioni idonee a prevenire l’infortunio mortale. Significa che la gestione della sicurezza sul
lavoro non era stata tale da evitare il drammatico incidente. Quanto alla posizione dei familiari del
ventiduenne deceduto, non ci sarà la costituzione di parte civile, a seguito di una transazione
sottoscritta con Fincantieri. Era il 21 febbraio del 2011 quando Mia Ismail, giunto in città da due
anni, morì dopo un volo di venti metri, mentre stava lavorando a bordo della nave passeggeri
“Carnival Magic” in allestimento nella banchina dello stabilimento di Panzano. Il giovane asiatico
precipitò all’interno di un tubo per la ventilazione trovando la morte sul colpo. Il ragazzo, infatti,
era caduto dal ponte 12 fino al ponte 4 della nave. Il giovane lavorava allora alle dipendente della
Tis, impesa di appalto diretta di Fincantieri. Fu aperta l’inchiesta per l’infortunio mortale, condotta
da parte del Comissariato di Polizia di Monfalcone. La Polizia durante le indagini piuttosto lunghe e
articolate, sotto la direzione del pubblico ministero Valentina Bossi, aveva passato in rassegna tutti
gli aspetti e le circostanze dell’evento, raccogliendo particolari e anche testimonianze per ricostruire
quanto accaduto quel giorno sul ponte dodicesimo quando il ragazzo asiatico fu “inghiottito” da un
tubo per la ventilazione. Secondo alcuni elementi investigativi emersi, le condizioni lavorative
all’epoca, nell’ambito del quale il giovane bengalese stava operando a bordo della nave in fase di
allestimento, avevano sollevato la questione delle misure di sicurezza e quindi approfondendo gli
elementi proprio circa la regolarità o meno della loro applicazione. Sul tappeto, ad esempio, c’erano
le condizioni in merito alle segnalazioni logistiche e di attenzione per salvaguardare l’operatività
delle maestranze, comprendendo anche il consono e adeguato equipaggiamento degli operai alle
prese con interventi complessi e potenzialmente a rischio. L’infortunio mortale aveva scosso la
comunità monfalconese. Ne era seguito lo sciopero degli operai del cantiere navale di Panzano, che
scesero in massa in piazza, in segno di solidarietà nei confronti dei familiari della giovane vittima e
ponendo anche con forza i tempi della sicurezza sul posto di lavoro, nonchè dell’adeguatezza delle
misure di protezione e dell’idonea formazione dei lavoratori. Una questione, la sicurezza, che ha
sempre rappresentato un elemento forte e fondamentale per le organizzazioni sindacali e per la
quale, comunque, la stessa Fincantieri ha provveduto intervenendo con misure di potenziamento, sia
in termini di prevenzione e sia di formazione delle maestranze.
Niente costituzione di parte civile
testo non disponibile
13
Dipendenti senza paga. Chiude a Cormons l’Ufficio del turismo (Piccolo Gorizia-Monfalcone)
di Matteo Femia - “L'ufficio è chiuso per esaurimento fondi per il personale. Ci scusiamo per il
disagio". Questo il cartello affisso dalle dipendenti della Pro loco-Iat di Cormons ieri mattina sulla
porta d'ingresso della struttura di ricevimento turistico di via Matteotti come segno di protesta per il
mancato pagamento degli ultimi sei mesi di retribuzione: le due professioniste che operano
nell'Ufficio turistico cormonese infatti non ricevono lo stipendio dallo scorso mese di maggio.
Ufficio chiuso e cartello che spiega in modo eloquente quale sia il problema in questione. Il nodo da
risolvere, dunque, è quello relativo ai pagamenti e più in generale, ai finanziamenti pubblici: «Non è
una chiusura sine die - spiega il presidente della Pro loco, Steno Ferluga - ma non possiamo
chiedere di fare del volontariato a chi svolge un lavoro per il quale non viene pagato da metà anno.
Per intenderci, i numeri sono i seguenti: l'ufficio Pro loco costa 30mila euro all'anno riducendo
all'osso tutte le spese. Dovrebbero essere coperti da contributi pubblici, ma in realtà tra Regione e
Comune riceviamo appena 20mila euro: significa che siamo scoperti per un terzo della quota, che
cerchiamo di coprire con introiti relativi alle manifestazioni che organizziamo noi. Ma se, come
avvenuto quest'anno, gli incassi sono inferiori al previsto, si finisce sotto la cifra necessaria a far
andare avanti la baracca. Ripeto, però: se le istituzioni vogliono che il territorio fornisca un servizio
in campo turistico, non possono pensare di non finanziarlo come necessario. Se l'ufficio costa
30mila euro e svolge un'opera a vantaggio del turismo del territorio, le istituzioni non possono
limitarsi a coprire una parte delle spese, perché altrimenti come si regge in piedi tutto? Per rendere
l'idea: nei giorni scorsi abbiamo ricevuto i 5mila euro che ci spetterebbero dal Comune. Ma li
abbiamo ricevuti appena a novembre, quando dovrebbero essere nelle nostre disponibilità già da
gennaio: abbiamo anticipato le spese, dunque, che solo in parte con questi 5mila euro ora andremo a
ricoprire. Ma mancano comunque all'appello 10mila euro. Nelle prossime settimane apriremo a
singhiozzo, perché non abbiamo la possibilità di garantire il servizio previsto. Abbiamo chiesto al
Comune una mano, ma ci è stato risposto che non ci sono soldi».
14