La vera pandemia del futuro - Il Giornale di Castelnuovo
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La vera pandemia del futuro - Il Giornale di Castelnuovo
Il Giornale di Castelnuovo Periodico di informazioni, opinioni e approfondimenti della Garfagnana Redazione via traversa Vecchiacchi, 17 - 55032 Castelnuovo di Garfagnana (Lucca). Email: [email protected] - www.ilgiornaledicastelnuovo.it Anno III - Numero 21 - Settembre 2009 IO G AG OM Direzione via Terme di Traiano, 25 - 00053 Civitavecchia (Roma) Registrazione n. 871/07 del 19/12/2007 presso il Tribunale di Lucca Il vizio del gioco d’azzardo può diventare una vera malattia La vera pandemia del futuro All’apertura della sala giochi (chiamiamola con il suo vero nome, per favore) a Bagni di Lucca, si è assistito ad un grande orgasmo di massa, con ingorghi, file, giornalisti e gente accorsa per sfidare la sorte. Davanti alle slot machine e alla roulette russa elettronica i gettoni hanno iniziato a tintinnare e cadere nelle cassettine interne. Tin, tin, tin e suoni e luci e mille colori ad animare quello che un tempo era il magnifico Casinò di Bagni di Lucca. Passata la calura estiva e l’entusiasmo eccomi qua a parlarvi della sala giochi, del tintinnio, delle carte e di quanto il gioco faccia impazzire il genere umano. Intendiamoci subito. Il gioco fa parte dell’uomo ed è bello giocare. Dal giro con l’oca, a scala quaranta, alla corsa con i sacchi, al tennis, al calcio e fin al poker con i fagioli secchi. E’ bello, bellissimo giocare. Però come molte altre sfere che ruotano nel nostro sistema, bisogna prestare attenzione. Non superare la soglia e cadere diritti nella parte oscura del gioco. Il confine tra un gioco sano e la malattia si chiama azzardo. E quel giocatore che supera quella linea diventa improvvisamente un malato. Sì cari lettori, avete letto bene. Un malato che gli inglesi chiamano gambler. E si può a ben ragione, parlare di patologia quando ci si addentra nei meandri del gioco che si trasforma in ossessione, mania, disperazione. Ebbene è semplice ammalarsi e tutti potenzialmente, possono cadere vittime della patologia del gioco. Tutto inizia quasi per caso e il tavolo verde o quelle rotelline che girano nello schermo diventano la sfida più importante da cercare di superare. Ogni volta che un giocatore malato prende le carte del poker in mano sente salire dentro una vampa di calore che lo rende incapace di smettere E il passo verso la frode dello smerciare assegni scoperti, millantare beni e proprietà, viene compiuto in un attimo. messo a contare i malati di gioco. Alcune statistiche, non certificate, parlano del 7% dei giocatori. La Regione Piemonte, dove si tro- di giocare. Tra fiori, cuori e picche si nasconde la sua voglia di riscatto, di vincita e in pochi secondo corrono veloci nella testa del malato mille immagini. Una casa, l’auto nuova, un viaggio e mille e mille altre cose ancora. Chi inizia non smette e quando perde si ravviva e brucia il desiderio di rivincita. Il giocatore malato non può smettere. Non riesce a staccarsi e così cade in una spirale vertiginosa e più affonda più si rendono vive le menzogne. Dapprincipio si cercano denari ovunque. Si svuota il conto in banca e poi si mente, si mente, si mente. La bugia è la costante della malattia. Il giocatore patologico alla fine si costruisce un suo piccolo mondo irreale, che però crede vero e insostituibile. Il gioco assume i toni di unica fonte di vita. Come l’acqua e il pane. A quel punto però i problemi sono moltiplicati e gli effetti della malattia ricadono sulla famiglia del malato. Il giocatore accanito si trova sempre più solo con se stesso e la propria mania, mentre i familiari si trovano tra le macerie di una vita gettata, menzogne e problemi economici gravi. E’ però doveroso ricordare che non tutti i giocatori dei giochi elettronici o i patiti delle schedine sono malati o potenziali tali. Non si può certo inserire nella lista chi in un bar prima di prendere un caffè gioca sei numeri o inserisce qualche euro in una slot. Nel caso di questi signori, che sono la grande maggioranza, si parla solo di gioco e azzardo. Gente però che conosce il proprio limite e non lo supera. Torniamo ai malati. Nel nostro paese si parla di patologia, si fanno convegni, si istruiscono gli psicologici, ma nessuno si è vano oltre 80.000 malati, da questo mese ha attivato una task force informativa. Stesso discorso nella provincia di Varese che registra quasi 10.000 casi. Insomma potremmo azzardare che questa vera e propria pandemia, dal Brennero a Lampedusa, veda coinvolti 1 milioni di italiani. In Italia abbiamo quattro Casinò veri: Venezia, Saint Vincent, Sanremo e Campione d’Italia. Nel 2008 la raccolta è stata di quasi 550 milioni di euro. Se a questi aggiungiamo le follie del Superenalotto (l’erario nel 2008 ha incassato 7.746 milioni di euro), ebbene nella penisola ogni anno una piccola manovra finanziaria passa attraverso slot machine, gratta e vinci e schedine. In media ogni dodici mesi un italiano sopra i 15 anni spende 894 euro al gioco. E naturalmente se qualcuno di voi non spende denari nelle slot o nel supe- renalotto, ci sarà un tizio da qualche parte che ne getta quasi 1800. In Garfagnana e media valle siamo circa 50.000 mila persone. Se diamo retta alle statistiche nel giro di pochi mesi potremmo contare oltre 300 casi di gambling. Tradotto in termini semplici: un mare di guai. Va ricordato che l’uomo ha sempre amato correre eccitato e irrefrenabile verso la propria rovina e la letteratura è ricca di esempi. Le biblioteche, i cinema, i teatri sono spesso luogo nei quali vivono drammi simili. Basta ricordare celebri film o stupendi libri. Tutti hanno puntato il dito sul dramma della solitudine del giocatore che per vivere la sfida dell’azzardo dimentica tutto il resto. Ma soprattutto non è memore, il malato, che il gioco non è tale se non vissuto con altri. E su questo punto vorrei soffermarmi. Si gioca a carte insieme ad altri; si gioca a calcio con altri 21 ragazzi o ragazze; si tirano i dadi per compiere il giro dell’oca con figli, amici, parenti o conoscenti. Insomma il gioco è di gruppo. O meglio ancora è di società. E sovente si vince e si perde tutti insieme. Nel gioco d’azzardo moderno (quello di fronte alle macchinette elettroniche) invece si è soli. Maledettamente soli. E’ bene (lo ricordo sempre) che non tutti quelli che giocano alle slot o al superenalotto rischiano la malattia. Ora senza nulla togliere alla sala giochi di Bagni di Lucca, ma gli enti del territorio dovrebbero pensare anche a questo di problema, prima che qualcuno ci lasci le penne. La malattia striscia lentamente e silenziosa intorno a noi. Andrea Giannasi Pagina 2 Numero 21 - Settembre 2009 Il Giornale di Castelnuovo Aperto il tavolo delle trattative: sono 32 gli esuberi Arriva la bufera: la cartiera in crisi Purtroppo lo avevamo già scritto oltre un anno fa. E ci eravamo posti la domanda di come affrontare una possibile crisi delle aziende più grandi della valle. Ebbene oramai è notizia nota che martedì 15 settembre scorso la direzione dello stabilimento Georgia Pacific di Castelnuovo ha annunciato che dovrà effettuare tagli sul personale dipendente, dichiarando 32 esuberi tra le varie posizioni lavorative attuali. Oggi lavorano nel sito industriale di Castelnuovo, che fa parte della Georgia Pacific proprietà della multinazionale americana Koch, 180 persone. Da questa fabbrica escono ogni giorno i prodotti come carta igienica, tovaglioli, rotoli cucina, rotoloni e fazzoletti della linea Tenderly, celebre ai più per il gingle pubblicitario e del brand Lotus. Il ridimensionamento occupazionale dello stabilimento garfagnino è stato motivato dal fatto che per rimanere competitivi sul mercato e superare la crisi economica attuale, diventa impossibile rimandare oltre, la messa in atto di questo nuovo riassetto. Nell’ultimo anno l’impianto di Castelnuovo ha visto ridurre le linee della trasformazione, in quanto alcune macchine sono state trasferite nell’altro stabilimento Georgia Pacific in provincia di Potenza. Alla notizia, immediate le reazioni delle organizzazioni sindacali che hanno subito indetto scioperi, as- semblee e manifestazioni, oltre che chiesto l’immediato intervento delle forze politiche. Quando andiamo in stampa il tavolo delle trattative è ancora al lavoro. Ci auguriamo che vengano trovate le migliori soluzioni possibili e soddisfacenti per entrambe le parti. Mantenere questa fabbrica ed i suoi posti di lavoro in Garfagnana è vitale, visto e considerato che non è semplice attirare imprenditori pronti ad investire nella nostra valle: Tintoria docet. Ma soprattutto bisogna ben ricordare che 32 famiglie rischiano molto e con esse le altre 148 legate agli altri lavoratori. Purtroppo brucia ancora il caso della Luvata che alla fine ha messo in mobilità molti operai, con incentivi e aiuti, ma senza lavoro. Attendiamo trepidanti. Con settembre terminano le feste della Garfagnana La Fiera delle donne Nel primo fine settimana di ogni settembre si conclude la kermesse di sagre e feste organizzate nella valle del Serchio e si riprende la routine dei giorni lavorativi e di studio in vista della stagione autunnale. Da sempre tocca alle vie di Castelnuovo accogliere l’ultimo grande evento garfagnino rappresentato dalla Fiera. Quella che tutti conoscono come Fiera delle donne. Così migliaia di persone, domenica 6 settembre, si sono riversate nel centro storico del capoluogo garfagnino per cercare tra i tanti banchetti qualcosa di interessante da acquistare. Quest’anno la fiera era particolarmente ricca di espositori che offrivano sia cose moderne che di antiquariato. Ne è sorto così un mix di grande successo. Inoltre il clima mite ha aiutato anche la riuscita della tradizionale fiera del Formaggio, del concomitante premio Enzo Pedreschi e della tombola in Piazza Umberto tutto organizzato, magistralmente come ogni anno, dalla Pro Loco di Ca- Occasione persa Lo avevamo scritto mesi fa, quando la Comunità Europea emanò la legge sull’abolizione delle buste di plastica. Molti paesi recepirono immediatemente la normativa, mentre altri, tra i quali l’Italia, presero tempo. Noi scrivemmo che sarebbe stata una eccellente idea promozionale quella di eliminare da Castelnuovo o dalla Garfagnana il polietilene. Ebbene il Comune di Ercolano ha deciso di abolire i sacchetti di polietilene e il Sindaco Nino Daniele ha ricevuto interviste ed è finito anche su Televideo della Rai. Bella idea e bella promozione. stelnuovo. Ma come è nato il nome Fiera delle donne? Molti storici hanno scritto e ricercato le origine di questo evento e noi grazie ad una nostra preziosa lettrice abbiamo raccolto un contributo alla spiegazione della nome: “Fiera delle donne”. Questa signora ci ha raccontato che sua nonna, abitante nel paese di Sassorosso, a fianco della Pania di Corfino, all’arrivo di settembre nei primi anni del ‘900, novella sposa, si vestiva a festa e scendeva a Castelnuovo in compagnia del marito. In quei giorni il paese era aperto a tutti i commerci e da sempre esistevano particolari leggi che favorivano la festa e lo scambio, dunque si potevano acquistare molti prodotti che in altro periodo era difficile reperire. Così le donne, qualche passo avanti ai coniugi passavano in rassegna i banchi, soprattutto di stoffe e stoviglie, e dopo attenta ricerca ed analisi, raggiunto l’obiettivo, indicavano ai mariti la scelta. Questi a loro volta pagavano e continuavano a seguire la moglie che proseguiva a cercare sapendo che comunque la sua disponibilità di acquisto si era ridotta. Questa storia può essere avvalorata dal fatto che al mercato settimanale, durante il resto dell’anno, erano presenti soprattutto gli uomini che vendevano formaggi, carne, verdure, lana, insomma i loro prodotti agricoli e di allevamento, per poi comprare altri generi di prima necessità per il sostentamento della famiglia. Tra questi lo zucchero, il sale, l’olio, il pesce come il baccalà. Era difficile che dai paesi scendessero le donne, le quali rimanevano affaccendate a casa a tirar su figlioli e lavorare sodo. Se avete altre storie raccontatecele. Novità Il Giornale Per dar seguito alle molte richieste che giungono da parte dei lettori da questo numero il Giornale di Castelnuovo avrà un nuovo piano di diffusione e distribuzione. Sarà distribuito gratuitamente presso i bar, gli studi medici, le librerie, gli sponsor e le edicole di Castelnuovo di Garfagnana. Presso l’edicola di Pieve Fosciana (in via San Giovanni); a Castiglione; a Roggio (presso l’alimentari/bar); a Camporgiano, al Poggio; a Barga all’edicola Poli (via Pascoli); a Gallicano all’edicola in via Serchio; a Fornaci di Barga all’edicola presso il supermercato Conad; a Lucca in piazza San martino al locale Girovita. Senso Civico Sabato17 ottobre dalle 15,30 sotto le Logge, come lo scorso anno, la redazione del giornale incontrerà i cittadini per la Giornata del Senso Civico. Le storie Raccontateci le storie delle vostre realtà, delle associazioni, dei gruppi sportivi, di gruppi musicali e qunt’altro. le pubblicheremo per farle conoscere atutti. Il Giornale di Castelnuovo Redazione: via traversa Vecchiacchi, 17 55032 Castelnuovo di Garfagnana Direttore Andrea Giannasi Caporedattrice Barbara Coli In redazione Andrea Settefonti Piergiorgio Leaci Marco Giannasi Gabriele Coli Matteo Ferranti Fotografie Antonella Bertolini Gabriele Coli Direzione e sede legale: via Terme di Traiano, 25 Civitavecchia ROMA Gruppo editoriale Prospettiva Giannasi editore P.iva 09345201009 Stampa Tipografia Etruria via della Vittoria Civitavecchia ROMA www.ilgiornaledicastelnuovo.it [email protected] SOSTENETE IL GIORNALE 25,00 € per l’abbonamento ordinari o annuale 50,00 € per l’abbonamento sostenitore su conto corrente postale n. 11507530 intestato a Giannasi editore IL GIORNALE SI TROVA A Castelnuovo - Presso tutte le edicole e le librerie Pieve Fosciana - Edicola di via San Giovanni Barga - Edicola Poli (via Pascoli) Gallicano - Edicola (via Serchio) Castiglione di Garfagnana (all’edicola bar) Camporgiano Poggio (Bar Valiensi) Roggio (presso l’edicola/bar) Fornaci di Barga - Edicola e libreria c/o Conad Lucca, Girovita, Piazza San Martino Il Giornale di Castelnuovo Numero 21 - Settembre 2009 Pagina 3 Ricostruita e presentata al pubblico al Teatro Alfieri la macchina elettrica del 1891 La “nuova” macchina del Conte Carli Unanime consenso ha riscosso la manifestazione di sabato 5 settembre al Teatro Alfieri di Castelnuovo Garfagnana durante la quale si è alzato il drappo che nascondeva agli occhi del folto pubblico accorso l'auto elettrica del Conte Carli. Ricostruzione fedele all'originale del prototipo progettato nel 1891 per partecipare alla gara Parigi-Rouen del 1894, il veicolo elettrico, perfettamente funzionante, è stato presentato nel corso di una manifestazione organizzata dalla associazione Antiche Ruote del presidente Maurizio Donati. L'auto del Conte Carli è frutto del lavoro di alcune classi dell'ITI e dell'IPSIA di Castelnuovo che, sotto la guida sapiente dei professori degli istituti tecnico e professionale Rocchiccioli, Innocenti e Giampaoli, hanno saputo reinterpretare il progetto del Conte Carli e produrre un'auto praticamente fedele all'originale, che non corse mai la gara francese per intoppi burocratici. Numerose le autorità presenti alla manifestazione. Il sindaco di Castelnuovo Gaddo Gaddi ha sottolineato l'ottima realizzazione dei ragazzi delle scuole augurandosi di poter sempre più valorizzare l'operato di docenti e alunni. In rappresentanza della regione era presente Roggiolani, il quale ha annunciato l'accordo raggiunto con una'azienda italiana per la fornitura nel 2009 di cento macchine a propulsione elettrica da destinare alle Aziende Sanitarie della Toscana. Una statistica fatta dalla regione ha mostrato infatti come la maggior parte dei veicoli in dotazione alle ASL non superi una percorrenza media giornaliera di 35 km, ampiamente nelle possibilità dell'auto elettrica, oggi capce di autonomie fino a 300 km. L'assessore provinciale Gabriella Pedreschi il presidente della Comunità Montana Pifferi hanno dal canto loro esaltato il valore della figura del Conte Carli, grazie al quale Castelnuovo ha conosciuto importanti primati, quali essere stata la prima cittadina dotata di illuminazione elettrica nella provincia all'epoca di Massa, la nascita del primo opificio dotato di energia elettrica, della prima teleferica a vapore, ed ancora la costruzione del Teatro Alfieri, sede della manifestazione. Il Conte Carli ha rappresentato per molti anni la possibilità per Castelnuovo di arginare il fenomeno dell'emigrazione, altrimenti inevitabile per la carenza di lavori redditizi. Come sottolineato dal dirigente scolastico Pietro Paolo Angelini, oltre all'abnegazione e alla professionalità di allievi e docenti, il tutto si è reso possibile grazie alla fondazione Cassa di Risparmio di Lucca, presente all'evento nella persona di Sandro Bianchini. Il conte Carli è oggi protagonista attuale grazie alla sapiente ri- cerca storica portata avanti da Lorenza e Guido Rossi, quest'ultimo premiato durante il pomeriggio con un riconoscimento dovuto alla sua opera di storico locale. I ragazzi delle scuole di Castelnuovo, tra i presenti Marco Fiorelli, Massimiliano Lana, Niccolò Micheletti, Michele Motroni, Paolo Piagentini, Filippo Rossi, Saverio Turri e Marco Viviani hanno potuto raccontare alla platea il lavoro occorso per ricostruire il veicolo elettrico che consta di un telaio in legno massello, opera di Alfredo Galatolo, e di una scatola in lamiera piegata in cui sono alloggiati tutti gli organi necessari alla locomozione, ovvero le batterie, l'albero motore, lo sterzo e i freni. L'auto è stata poi mostrata a tutti gli intervenuti sul piazzale antistante il teatro, e si è rivelata perfettamente fun- l'avanguardia nella trazione elettrica. Marconcini, della Micro-Vett ha ribadito lo sviluppo importante che l'auto elettrica ha subito negli ultimi anni, rendendola di fatto il presente e non più il futuro dell'auto trazione. Batterie ai litio-polimeri e tempi di ricarica super rapidi, inferiori ai 15 minuti, la rendono alternativa e vincente, allo stato attuale, al motore a idrogeno, ancora lontano dalla sua piena commercializzazione. Marco Comparini, dell'associazione Antiche Ruote, ha ringraziato tutti gli intervenuti testimoni di un sogno che è diventato realtà, ma l'associazione non si ferma qua. Nei piani futuri c'è la volontà di farle rivivere al veicolo del Conte Carli l'antica gara Parigi Rouen. Il progetto prevede quindi un raid con carovana di macchine elettriche da Castel- zionante e docile ai comandi che dapprima gli sono stati impartiti da uno dei ragazzi costruttori e poi da uno dei discendenti attuali del Conte Carli, a suo agio nelle vesti di pilota del bolide. Protagonista, insieme all'auto del Conte Carli, anche una Fiat 500 a propulsione elettrica, costruita per la casa torinese dalla MicroVett, azienda italiana al- nuovo a Parigi, con diverse soste in città italiane e francesi durante le quali ci sarà un lavoro di promozione turistica della Garfagnana, in collaborazione con lo Slow Food. In bocca al lupo per la riuscita di questa nuova sfida che porterà questa volta l'auto elettrica del Conte Carli davvero molto lontano. Gabriele Coli Pagina 4 Numero 21 - Settembre 2009 Il Giornale di Castelnuovo Come da una talea e una pigna si può far crescere un fiore Il pollice verde di Graziella Rossi Adesso che finisce l’estate la Garfagnana mostrerà a tutti la sua versione autunnale contraddistinta dai variopinti colori che vanno dal verde al rosso passando da svariate gamme di giallo ed arancio. Gli appassionati di fotografia si alzeranno alle prime luce dell’alba per catturare suggestivi scorci misti di nebbia e selve che cambiano l’abito stagionale. Alla faccia di chi dice che non esistono più le mezze stagioni. Bene, fatto questo doveroso preambolo riprendiamo e diamo senso al titolo spiegandovi un passatempo da pollice verde molto interessante oltre che dai sicuri effetti piacevoli e che ci permetterà di conservare in casa nostra questa natura dai colori inimitabili. La no- Augurissimi a Don Giovanni Moni stra guida verso questa pratica è Graziella Rossi, simpatica nonna, che vive da sempre in Carbonaia e du- Il dito nell’occhio 1 Nel numero di agosto, con l’articolo riguardante il campetto polivalente della Sala Parrocchiale, avevamo accennato alla scomparsa della targa che intitolava tale area al compianto Don Sergio Pioli. Infatti alcune persone avevano mosso critiche agli attuali giovani volontari, circa l’assenza del “sacrosanto emblema” posto a futura memoria e a detta loro, in maniera superficiale, non ricercato, abbandonato, dimenticato. Sappiamo che non è così. Lasciamo questa piccola polemica per seguire un’altra segnalazione fattaci da alcuni giovani del gruppo scout che andando, durante le sere di inizio settembre, al luna park hanno perso le tracce di un’altra targa. Ed hanno proprio ragione, ma facciamo un passo indietro. Il 25 novembre 2007, nel corso della festa in occasione dei 100 anni della fondazione del movimento scout, organizzata presso la tensostruttura di piazzale Chiappini, fu intitolata dal Sindaco Bonaldi alla presenza di Assessori comunali e molte altre persone, appunto piazza Robert Baden Powell ( n.d.r. fondatore del movimento scout nel 1907 in Inghilterra). Tra gli applausi, discorsi di rito e benedizioni fu scoperta una targa in pietra che sarebbe dovuta rimanere lì, cementata al suolo, per lunghi anni, ma non è così. Sparita nel nulla, senza lasciare tracce. Ovviamente il solito imbecille (ma queste mamme degli scemi sono sempre incinte?) ha pensato bene di prendersi un souvenir o fare un dispetto all’amministrazione e agli scout. Ci piacerebbe vedere in faccia quell’idiota che si tiene in casa le due targhe. Chi avesse notizie a riguardo è gentilmente inviato a dare delucidazioni, mentre se altri hanno segnalazioni di altre scomparse misteriose alzino la mano. Astenersi idioti. rante le giornate di pioggia si diletta ad elaborare curiose composizioni. Veniamo alla spiegazione. Innanzitutto dobbiamo procurarci delle pigne cadute dai pini, sceglierle possibilmente grandi e sane. Poi nelle passeggiate di questi tempi, raccogliere, sui poggi, ai margini dei campi e nelle selve, piccoli rametti di piantine spontanee. I rametti in sostanza devono essere talee ossia parti legnose della piantina che poi una volta rimesse nella terra e curate rigenerano l’impianto radicale dando vita ad una nuova pianta. Ebbene, una volta ottenuti tutti questi componenti, si torna a casa, e servendoci di un buon terriccio si cominciano a riempire le fessure presenti nella pigna secca con terriccio e le piccole talee. Si possono inserire rametti provenienti da piante diverse, ma bisogna avere l’accortezza di non metterle troppo vicine. Una volta finito, si prende la pigna e la si mette dentro un vaso pieno d’acqua e si vedrà che ben presto la pigna si richiuderà creando così un ambiente adatto alla crescita delle talee. Il vaso va tenuto sempre pieno d’acqua, non a pieno sole e ad una temperatura costante mai troppo rigida. Le talee, una volta attecchite, daranno vita ad una curiosa e bizzarra composizione contraddistinta dai diversi colori dei fiori che sicuramente porterà allegria in un angolo della nostra casa, Graziella garantisce. Barbara Coli Ha festeggiato 90 anni don Giovanni Moni, uno dei sacerdoti più anziani, per età e per anno di ordinazione, dell’arcidiocesi lucchese. Domenica scorsa il religioso è arrivato a questo bel traguardo. Ed in ottima forma fisica e mentale. Nato il 13 settembre 1919 a Gallicano, don Moni dagli anni Novanta è cappellano all’Ospedale “S. Croce” di Castelnuovo. Qui ogni giorno i degenti, puntualmente, vedono arrivare nelle loro camere il cappellano con indosso il camice bianco. Don Giovanni non solo porta i conforti della Fede ma tanta simpatia per la sua allegria e la sua spontaneità. Non manca mai una parola di conforto a chi soffre e ai familiari, un sorriso per quanti sono soli e una battuta per tirare su gli animi. Quotidianamente celebra la messa nella cappellina del nosocomio alla presenza delle suore e di fedeli che prendono parte alle cerimonia. Ogni tanto, oltre a dir messa all’Ospedale, quando i sacerdoti di Castelnuovo sono particolarmente impegnati va a sostituirli nelle celebrazioni in Duomo. Ordinato presbitero il 30 maggio 1942 ha iniziato il servizio sacerdotale a Fornovolasco, poi è stato parroco a Castiglione, dove è rimasto particolarmente legato, quindi all’Ospedale. E proprio a Castiglione domenica scorsa i fedeli si sono stretti intorno a lui per augurargli buon compleanno. Il dito nell’occhio 2 Parcheggio libero e strada, irregolarmente, occupata. È quello che avviene ogni giorno a Castelnuovo in via Valmaira, nei pressi dello stadio comunale “Nardini”. Una questione annosa, sempre più insostenibile col passare degli anni. Diverse proteste, circa due anni fa, portarono all’installazione di un cartello di divieto di sosta. Non ce ne sarebbe stato nemmeno bisogno, visto che non si può comunque sostare all’interno della carreggiata. Ma i cittadini se ne infischiano, e approfittano del fatto che i vigili urbani non hanno certo un organico così ampio da poter controllare con frequenza anche questa zona. Così ognuno fa come vuole. Ecco il quadro della situazione che può verificarsi la mattina così come al pomeriggio: l’usanza dei castelnovesi, diciamo dei garfagnini in toto, è di fermarsi con l’auto davanti al posto desiderato. In questo caso soprattutto la farmacia, visto che in zona ci sono pochi altri negozi vicini. L’automobilista si ferma il più possibile vicino alla porta d’ingresso dell’attività commerciale e poco importa che non si può. Non si può, infatti, perché fermarsi vuol dire lasciare la macchina occupando metà della carreggiata, ma non solo. Adesso c’è pure un cartello di divieto di sosta per entrambi i lati. E non basta. Stavolta c’è pure l’aggravante. Già, la scusa tipica “non ci sono i parcheggi”, crolla davanti al piazzale don Rossi spesso vuoto e comunque ricco di posti auto. Con il rischio incidente a portata di mano, anzi, di auto. Infatti, per chi esce dal parcheggio, l’attenzione deve essere doppia visto che le auto che arrivano da nord, ad esempio dalla zona industriale, devono allargarsi per superare quelle in sosta. E tutto questo per risparmiare qualche metro alle proprie gambe, aspetto davvero paradossale. Luca Dini Il Giornale di Castelnuovo Numero 21 - Settembre 2009 Pagina 5 Graziano Bertoncini cicerone nel suo podere sotto Palleroso tra passato, presente e futuro A Pastine il custode della valle Nel numero di giugno del nostro Giornale, Eugenio Casanovi lanciava l’idea di valorizzare e sostenere i “custodi” della valle, ovvero quelle persone che con il loro operato mantengono la cura millenaria della nostra terra di Garfagnana, proseguendo il lavoro dei loro padri. Molti lettori si sono dimostrati subito affascinati dall’idea di creare oasi territoriali dove poter ammirare il lavoro dell’uomo ed il suo effetto “modellante” nella natura. Sono così giunte alla redazione numerose segnalazioni di uomini e donne che fanno parte di famiglie, le quali, sono già di fatto custodi della nostra valle da sempre, e noi siamo partiti per cominciare ad incontrarle e valorizzare la loro operosità. “Pronto, sono Graziano. Allora qui è tutto pronto, ti aspetto alle Pastine nel comune di Castelnuovo. Per arrivare devi andare fino all’acqua bona e poi percorrere la strada in salita a destra subito dopo la fontana. 800 metri e mi vedi. Mi raccomando vai piano che ci sono le buche. Ciao” Comincia così, con una breve telefonata, il nostro pomeriggio all’incontro con il primo dei custodi che andremo a conoscere. Seguite le indicazioni, arriviamo con la macchina di fronte ad un vecchio casolare costruito in costa esposta a nord est, immediatamente sotto il paese di Palleroso. Scendiamo, ed è impossibile non scorgere da subito i numerosi terrazzamenti costruiti nel tempo, con fatica ed abilità, per ottenere campetti coltivabili, sorretti da inimitabili muretti a secco ricoperti di muschio. Di fronte a noi, al di là della gola scavata dal Serchio, c’è la sponda chiamata del “garfagnino”, sembra di poter toccare le case di Fosciandora tanto che sono vicine. Ci accoglie la signora Teresa che ci indica le selve e dove suo figlio sta lavorando. C’incamminiamo su una mulattiera in salita e dopo un centinaio di passi ci ritroviamo in un pianoro dove sono presenti decine di castagni secolari, due metati e qua e la macigni di roccia che nessun uomo è riuscito a sistemare. Ad un tratto ecco apparire da lontano l’uomo di questa selva, Graziano, mani da lavoratore, pelle arrossata dal sole ed addosso ancora la polvere della rastrellatura delle foglie, dei cardi e dei rami vecchi, che oggi si fa con un potente soffiatore. Partiamo, anzi ritorniamo indietro, perché la visita di questo posto è dettata da precisi luoghi da vedere in sequenza, ogni cosa ha un preciso significato ed una storia che si tuffa nel passato più remoto. Come detto, ripartiamo dalla casa colonica, abitata dalla famiglia Bertoncini, i matti pastini, da almeno quattro generazioni. Definiti simpaticamente “matti” dai dirimpettai cigerani per la loro capacità di tuffarsi in grandi lavori che nessuno avrebbe immaginati; come quando tracciarono, in lunghe giornate di lavoro, la strada di accesso al loro podere con piccone e pala o più tardi scavarono un pozzo profondo 17 metri alla ricerca della preziosa acqua potabile, poi tra l’altro non trovata. All’interno della casa sono conservati antichi attrezzi di lavoro: come la martellina (le forcelle di legno di castagno utili per rompere i cardi e raccogliere le castagne), il grembiale, le vassoie, ed in cantina tini, botti e mestoli di legno. Bellissima la scala in pietra lavorata a mano ed il forno a legna annerito dal fumo, dove ancora oggi si cuoce il pane fatto in casa. Graziano racconta senza interruzioni, ogni cosa che tocca o indica ci riporta a suo padre, a suo nonno, a suo zio. Dopo aver bevuto il vino del professore, un bianco ben fatto e dall’aroma gradevole, c’incamminiamo e ci tuffiamo nel passato. Graziano, da buon cicerone, ci accompagna come in un museo, minuzioso ed attento nelle descrizioni, ma accorato e sensibile perché ascoltiamo e rivediamo la vita sua e dei suoi fratelli Renato, Luca e Annalisa, passo dopo passo. A sei anni percorreva quel sentiero con le vacche da portare al pascolo nelle selve al piano a parte vecchia, a nove anni tutte le sere le mungeva riportate nella il ghiaccio e la neve. Ci soffermiamo nel punto deve ha perso la vita suo padre in un incidente con il trattore e negli occhi di Graziano si legge ancora tutto il dolore e l’amarezza di quella tragedia. E’ da lì che parte la sua missione di curare e non abbandonare quella selva, che per tradizione è stata il sostentamento e la passione della famiglia nei secoli. Poi saliamo e nel pianoro di fronte ai metati ogni castagno ha il suo nome, il suo frutto, ogni innesto, a bucchione o triangolo, riporta indietro al babbo e si lancia in avanti verso il figlio Simone, pronto a prendere il testimone. Uno dopo l’altro ci viene presentato ciascun castagno con la varietà della castagna prodotta, dal biancardolo, al mazzangagno e via via punticosi, rossola, verdona, primaticcio, pirosola, nerona e maroni. Le cicatrici negli alberi sono come impronte lasciate a futura memoria e i loro frutti sono testimonianza che il lavoro e la fatica ripagano. Si, è proprio la fatica il leit motiv nel continuo della visita, che si può ben sintetizzare in quei 141 metri di filo del decespugliatore, 33 litri di benzina e 55 ore di lavoro, sufficienti solo a tagliare l’erba di questo stalla e a dieci aiutava il nonno ad impagliare il tetto delle capanne in legno dove si ponevano a dimora le fronde e le foglie necessarie per fare il “letto alle vacche”. Non manca di farci vedere lo “stradello” che percorreva per andare alla scuola elementare di Palleroso, da fare con la pioggia, castagneto che ha un’estensione di quasi 3 ettari e che al termine della lavorazione e di una stagione clemente, può dare fino a 10 quintali di farina. Ad un tratto ci troviamo di fronte ad una grande buca, che ovviamente rappresenta per noi motivo di grande curiosità. Ecco che subito viene soddi- sfatta da un racconto alquanto bizzarro e a tratti tragicomico. Era l’inverno del 1944-45, la guerra si era fermata proprio in mezzo a quella selva, tagliata in due dalla tristemente nota linea Gotica e non passava giorno che cannoneggiamenti e bombardamenti aerei si susseguissero seminando morte e distruzione nella valle. Ebbene, durante uno di questi, successe che una grossa bomba sganciata da un aereo e caduta su Palleroso, non esplose e rotolò lungo la costa fermandosi nella ripida selva. Tutti gli abitanti del luogo seppero dell’accaduto e si curavano di stare alla larga dal pericoloso ordigno. In realtà il nonno di Graziano, Lodovico, invece ne era parecchio incuriosito e forse anche infastidito di avere nella sua selva quell’intruso, così una sera, dopo avere fatto festa con i paesani e con una buona dose di vino ingerita per farsi coraggio, affrontò la grossa bomba, e con gran fatica e rischio, la fece rotolare più in basso. In molte altre occasioni successive, a guerra oramai passata, riuscì, poi, a rotolarla fino alla selva più in basso quasi in un piano, chissà cosa aveva in mente di fare. Tuttavia quelle eroiche, quanto rischiose operazioni, arrivarono alle orecchie delle forze alleate che un giorno inviarono una squadra di artificieri i quali fecero brillare l’ordigno che lasciò lì molti ricordi e appunto quella grossa buca. Camminiamo ancora e ci soffermiamo a godere di scorci ed angolature suggestive di questo luogo così curato. Risuonano nelle nostre orecchie le parole insistentemente ripetute da Graziano: “come si fa ad abbandonare una selva così ricca della nostra tradizione !”. Anche noi ci uniamo alla stessa affermazione e lanciamo ad enti ed istituzioni l’appello per venire in aiuto a questo uomo, un vero custode della Garfagnana. Sarebbe un peccato lasciarlo solo. Graziano li aspetta, pronto a presentare ciascun castagno ripulito e curato come per un giorno di festa. Marco Giannasi Pagina 6 Numero 21 - Settembre 2009 Il Giornale di Castelnuovo Fresco vincitore del Costa Smeralda e in testa al campionato italiano 2009 Il campione di rally Paolo Andreucci nazionale ma un serio infortunio ad un ginocchio ha frenato i tuoi sogni. Non sono mai entrato in nazionale, ho fatto un provino e subito dopo ho abbandonato lo sci per il rally, anche per l'infortunio ad un ginocchio. Quando e come è nata la passione per i Rally? I piloti di rally venivano al ristorante dei miei genitori quando avevo 13 anni, la passione è nata subito. Ero tifoso di Dario Cerrato che con Riccardo Trombi sono stati poi i miei maestri. Abbiamo intervistato Paolo Andreucci fresco vincitore del Rally della Costa Smeralda, terz’ultima prova del Campionato italiano 2009. A questo punto l’asso garfagnino è in testa alla classifica e ambisce alla vittoria finale. Sei nato a Castelnuovo il 21 aprile del 1965 e fin da piccolo hai messo in mostra qualità nel mondo dello sci. Nel 1981 sei entrato nella rappresentativa Ricordi la prima corsa quale è stata e come sei arrivato al traguardo? Sì, certo. Ho partecipato al Rally del Ciocco 1987, con una r5 gt turbo. Il traguardo... non l'ho visto! Sono uscito sulla prova dell'Orecchiella, ma ero primo di gruppo e terzo assoluto... forse stavo esagerando un pochino!!! Avevo vinto la prova precedente sul bagnato: Massa Sassorosso. Hai partecipato a numerosi trofei vincendo il Campionato Italiano Rally nel 2001, 2003 e 2006. Quale è stata la vittoria più bella? Tutte le vittorie sono belle, quelle davanti al proprio pubblico però danno una gioia in più, quindi le vittorie al Ciocco le ricordo sempre con particolare emozione. Il campionato più bello vinto è stato quello del 2001 con una Ford Focus WRC privata. Quale il rally più bello al quale hai partecipato? Anche qui il campanilismo mi fa essere di parte per il Rally del Ciocco che è una delle più belle gare del campionato. L'edizione del ‘93 sulla neve è quella che ricordo con più piacere, ma sono tanti i ricordi di questa gara, non ul- timo l'arrivo in piazza a Castelnuovo nel 2007 . Un altro rally memorabile è il San Remo, quando scendeva in Toscana e durava 3 giorni. Quali sono i progetti futuri? Continuare a correre e rimanere competitivo, pensando anche a costruirmi una famiglia dato che ho dedicato tutta la mia vita ai rally. Da anni Paolo Andreucci ha come navigatrice Anna Andreussi. Quest’anno i due hanno trionfato con la loro Peugeot in tre rally e hanno 54 punti, contro i 52 di Travaglia, i 46 di Rossetti e i 14 di Cavallini. Grazie ad Andreucci la Peugeot è prima nella graduatoria costruttori con 118 punti contro gli 88 di Abarth, i 28 della Mitsubishi, i 19 della Skoda e i 13 della Subaru. Intervista di Barbara Coli Soddisfazione per l’evento organizzato da Andrea Pieroni Successo per il Subbuteo in Rocca Subbuteo è nato nel 1947 da un'idea dell'ornitologo inglese Peter Adolph, che voleva creare un gioco da tavolo ispirato al calcio vero. Essendo un ornitologo, Adolph pensò di chiamare il gioco come una delle specie di falchi preferite, il falco subbuteo appunto. Da quel momento in poi Subbuteo è per tutti il calcio da tavolo giocato in punta di dito. Molto popolare tra gli adolescenti negli anni '70 e '80, sta riacquisendo oggi una nuova popolarità grazie ad una serie di iniziative che gravitano intorno a questo gioco. Molti degli adolescenti degli anni di furore del gioco, oggi quarantenni, si incontrano su internet per potersi scambiare notizie, consigli e curiosità su questo gioco. Si veda ad esempio il sito www.oldsubbuteo.it ed il forum associato, uno dei più grandi d'Italia dedicato ai giochi da tavolo. Dallo scambio telematico all'organizzazione di tornei veri e propri il passo è breve, ed ecco un proliferare di incontri a livello nazionale tra i giocatori più appassionati dello stivale. Il Giornale di Castelnuovo, da sempre sensibile alla promozione legata al territorio ha così vo- luto patrocinare il Torneo organizzato nella Rocca Ariostesca di domenica 13 settembre. L'idea di un torneo a Castelnuovo è nata dalla passione di Andrea Pieroni, anche lui rapito dal fascino che questo gioco suscita in piccoli e grandi. Negli ultimi due anni Andrea ha partecipato a diversi tornei sul territorio italiano e così è nata in lui la convinzione che anche a Castelnuovo si potesse fare qualcosa di grande. Il torneo di domenica 13 settembre ha in effetti riscosso un grande successo mettendo insieme appassionati locali del gioco, convocati da Andrea Pieroni per l'occasione, con alcuni dei più forti giocatori a livello nazionale, ca- lati, è proprio il caso di dire, a Castelnuovo da diverse parti d'Italia. Giocatori di Como, come Ciby, finalista del torneo purtroppo per lui sconfitto, e il figlio Ricky, come Kalle da Milano oppure Robuteo da Verona si sono presentati al via del torneo, la mattina alle ore 9.30, muniti dei loro giocatori in miniatura preferiti e di quanto necessario per lucidare le basi in modo da ottenere una giocabilità migliore sul panno verde. Ben ventotto partecipanti hanno animato la fase a gironi, suddivisi in sette raggruppamenti di quattro squadre. Dopo questa prima scrematura si sono selezionati i migliori sedici giocatori che hanno dato vita alla fase a eliminazione diretta. Il vincitore è risultato Riccardo Pacini della Valdinievole, al termine di una emozionante finale risolta agli shot-out contro Ciby. Terzo Kalle e quarto Stefano Pardini da Torre del Lago, il primo dei giocatori cosiddetti non professionisti. L'aspetto promozionale della manifestazione, oltre a far conoscere la bella realtà di Castelnuovo nel forum nazionale dell'OldSubbuteo, è stato ben curato dall'organizzatore Pieroni con un pranzo a cui hanno partecipato i giocatori intervenuti dalle varie località, insieme ad alcuni giocatori castelnovesi e le rispettive famiglie. Eh già, perchè oggi Subbuteo non è più giocato solo da quegli adolescenti degli anni '80, ma vanta numerosi appassionati anche tra i nuovi ragazzi. A testimonianza di questo le numerose partite giocate dai bambini intervenuti alla manifestazione, curiosi di vedere come si gioca a Subbuteo, durante il torneo vero e proprio. E' stato difficile riuscire a liberare il campo per la finale visto che i bambini stavano giocando il loro proprio personale torneo improvvisato! A dare lustro all'evento anche la presenza di Alessandro Benedetti, uno dei migliori giocatori italiani e uno dei promotori del movimento subbuteo. Vincitore di numerosi tornei a livello nazionale, Benedetti si è reso disponibile ad alcune partite di esibizione con chi ha voluto sfidarlo. Tra i temerari anche Andrea Pieroni che nel match con Alessandro Benedetti ha rimediato una secca sconfitta per 3-0. Ma l'ospitalità val bene anche una partita persa... Al termine della giornata premiazioni per i migliori classificati, con Benedetti e con Alessandro Tardelli, in rappresentanza dell'Associazione Compriamo a Castelnuovo, patrocinatore del torneo, a consegnare le coppe ai giocatori. A Riccardo Pacini un premio simbolico anche del Giornale di Castelnuovo, una guida della Garfagnana e alcuni prodotti tipici a valorizzare l'importanza dell'evento come tassello della promozione turistica del nostro luogo. E per finire soltanto un arrivederci, perchè Pieroni è già in pista per la seconda edizione del Torneo in Rocca che si svolgerà il giorno 6 giugno 2010. Gabriele Coli Il Giornale di Castelnuovo Numero 21 - Settembre 2009 Pagina 7 Il santo venuto dalla Scozia prima di arrivare in Garfagnana aveva girato mezzo mondo La magnifica vita di San Pellegrino La leggenda di San Pellegrino è, a dir poco, una grande e bella favola che narra di un asceta interamente dedicato al bene dell’umanità. Di lui si dice che la sua terra d’origine fosse la Scotia (denominazione che si riferisce sia all’Irlanda, che alla Scozia, ma poi nominando la città di Edimburgo, si capisce che si riferirsi solo a quest’ultima). Sembra che nascesse nel 545 d.c. da re Romano e dalla regina Plantula (o Plantufa) che tanto lo avevano desiderato e invocato da Dio. Naturalmente Romano non era re di tutta la Scozia, ma solo, come sembra dall’unica città citata, capo di una tribù o clan di Edimburgo. Infatti il primo re scozzese, cioè di tutto il territorio è Cináed mac Ailpín, chiamato Kenneth I, che regnò dall’843 al 858. Il bambino compì prodigi fin dal suo battesimo, che fu immediatamente eseguito subito dopo la nascita. Quando il sacerdote battezzante ebbe terminato le parole del rito egli stesso rispose Amen. Alla corte di Scozia trascorse i suoi primi trenta anni, distinguendosi per la sua pietà e virtù cristiane. Alla morte dei genitori, i Magnati del regno si prepararono alla sua incoronazione, ma il giovane principe domandò quanto tempo avrebbe dovuto regnare e loro risposero finché fosse vissuto. Pellegrino rifletté che le grandezze di questo mondo sono solo momentanee e non si sentì di dedicarsi ad esse, ma fuggì cercando le grandezze del Regno che non ha mai fine, insegnando così che i piaceri della vita terrena si vincono fuggendo da loro. Nel suo vagare lontano dalla città di Edimburgo, s’imbatté in una banda di Masnadieri, che dopo averlo depredato e percosso lo minacciarono di morte se non avesse procurato un lauto riscatto. Pellegrino disse ai banditi che poteva procurar loro solo i tesori del cielo, ma essi non si accontentavano certo di queste promesse, però non riuscirono a far altro male a Pellegrino, perché improvvisamente divennero ciechi. Fu poi il Santo prigioniero che con le sue preghiere intercesse con Dio e restituì loro la vista. I banditi furono stupefatti del doppio prodigio e si legarono spiritualmente a Pellegrino volendolo seguire nel suo peregrinare fino in Terra Santa, da dove poi rientrarono in Scozia vivendo da buoni cristiani. Nel suo viaggio verso i sacri luoghi della Palestina, Pellegrino si fermò a pregare nei monasteri che incontrò lungo il suo percorso, sempre meditando e sottoponendosi a rigorose penitenze, digiuni e flagellazioni. Voleva vincere tutte le tentazioni che il demonio gli proponeva e si dice che gli Spiriti Infernali tremassero al solo sentir pronunciare il suo nome. In Terra Santa il desiderio di portare nuovi proseliti alla religione cristiana si fece sempre più forte nell’animo del Santo e per questo proselitismo si recò in Egitto. Ricordiamo che in quel periodo Alessandria era considerata il centro culturale più importante del mondo, dove tutte le scienze erano studiate, catalogate e discusse. In Egitto Pellegrino non fu bene accolto dai non cristiani, fu vilipeso, incarcerato e maltrattato fino ad essere messo in una fornace ardente per alcune ore. Da quest’ultima tortura Pellegrino non riportò danni nel corpo perché dall’esterno il calore non tocca chi arde di più al suo interno di Amor Divino. Gli abitanti di Alessandria però lo delusero, nonostante gli esempi dati non si vollero convertire e allora vista l’inutilità della sua opera, decise di andare verso Roma per continuare il suo percorso di missionario. Salito su una nave diretta in Italia, nel Lazio, per un mese ebbero il mare calmo e il vento favorevole, ma poco prima di entrare nel Mar Tirreno scoppiò una terribile bufera che sbatté la nave e la trascinò lontana nell’Adriatico. Era una vendetta del Demonio che voleva la morte di Pellegrino, suo grande nemico. Il Demonio riuscì a convincere i marinai che la tempesta si sarebbe placata solo se avessero gettato in mare Pellegrino. I marinai timorosi accolsero i tristo consiglio e lo gettarono nei grandi vortici delle acque. Qui si verificò un altro grandioso miracolo, le acque, come se si fossero impietosite del Santo, fecero per lui un solido sentiero che gli permise di arrivare alla terraferma, al porto di Ancona, ancor prima che vi giungesse la nave da cui lo avevano gettato. Ad Ancona fu accolto con molti onori e ci fu una gara fra le famiglie più potenti per averlo ospite, ma Pellegrino preferì scegliere di dimorare allo Spedale, in mezzo ai poveri e gli ammalati. Lo Spedale aveva in quei giorni molti infermi per una epidemia che era scoppiata nella città. La notte Pellegrino la passò in meditazione e in preghiera e l’Altissimo accolse le sue suppliche sicché la mattina i malati si ritrovarono tutti guariti. La popolazione d’Ancona, saputo del miracolo accorse a venerarlo e ringraziarlo, ma lui, schivo di queste manifestazioni, era già partito verso Roma, dove giunse dopo aver visitato tutti i luoghi sacri che incontrava nel suo percorso, sostando a pregare e meditare. A Roma visse per un po’ di tempo, dedicandosi alla vita spirituale, sentendo il fascino sacro della città e quindi incontrando l’ambiente favorevole alla sua contemplazione. Un giorno, mentre pregava nella chiesa di San Michele, sentì la voce dell’Arcangelo che gli diceva di incamminarsi verso la Selva tenebrosa, che dalla sua opera sarebbe stata ripulita dai demoni che vi albergavano e infastidivano i pellegrini. Dopo aver portato pace in questo luogo avrebbe avuto la Corona (simbolo di santità) come premio alle sue fatiche. Sua guida sarebbe stata una stella. La stella apparve subito e Pellegrino la seguì risalendo il Lazio e la Toscana, addentrandosi nella valle del Serchio. Nel suo cammino non fu solo, San Doroteo si era unito a lui e assieme giunsero fino sotto a Cardoso (nel comune di Gallicano). Arrivati in questo luogo erano assetati e Doroteo mise la mano in un poggio da cui scaturì l’acqua, ritenuta poi benefica per le cure degli occhi. La fonte esiste ancora oggi sul fianco di una chiesetta romanica dedicata al Santo. Pellegrino però proseguì perché la stella era ancora luminosa e giunse su una delle sommità montane che dividono la Toscana dall’Emilia. Arrivato sul crinale del monte la stella scomparve e così il sant’uomo capì di essere arrivato al luogo stabilito. Appena arrivato nella Selva tenebrosa dopo aver udito urla disumane e spaventose, un gran numero di demoni lo assalirono e lo colpirono così crudelmente che qualunque uomo, per forte che fosse stato, sarebbe morto. Erano i demoni di Mondo (i piaceri mondani) e Carne (sesso). Pellegrino però aveva la santità e con essa il coraggio di affrontare il male comunque si presentasse. Le schiere infernali furono ricacciate e mai più riapparvero. La Selva tenebrosa, da quel momento cambiò nome e fu detta Alpe di San Pellegrino. Dopo lo scontro, Pellegrino cercò un ricovero e scelse per reggia una caverna, dove venivano ad aiutarlo gli animali e in particolare quelli più selvatici e pericolosi, resi da lui mansueti. La sera, al calar della luce, con grandi falò Pellegrino e Doroteo si salutavano, mantenendo quel contatto che li aveva resi tanto amici. Dopo qualche tempo che abitava la caverna, Pellegrino ebbe però l’impressione che questa fosse troppo comoda e ampia e allora si librò in aria guardando attentamente il luogo: vide un antico faggio, che, roso dai tarli, presentava un incavo dove poteva trovar riparo una persona, però stando in piedi. Quest’incavo divenne la sua nuova reggia dove trascorse ben sette anni fino alla sua morte all’età di anni 97, mesi 9 e giorni 13. Un giorno due coniugi modenesi: donna Adeguata Ferrai e suo marito Pietro, furono avvertiti in sogno da un angelo che Pellegrino era morto e dove avrebbero trovato il suo corpo. I due coniugi si recano sul posto e trovano il corpo perfettamente conservato e protetto da una moltitudine di animali. I coniugi riferirono il fatto al Vescovo di Modena che immediatamente ne informò San Severino, vescovo di Ravenna, il quale con ben 27 vescovi si recò subito a riverire le spoglie del Santo. La notizia si diffuse veloce anche dalla parte toscana e così accorse anche l’arcivescovo di Pisa con un buon numero di vescovi toscani. Sorse una disputa perché ognuno voleva portare le spoglie del Santo alla propria città, ma, come si usava in quei tempi, tutto fu risolto ponendo la salma su un carro tirato da due giovenchi, uno emiliano e uno toscano. I due giovenchi si fermarono entrambi in un luogo detto “Termen Salon” o “Termessallo” (evidente il richiamo al giudizio di Salomone). La disputa ebbe così fine immediatamente e tutti lasciarono elemosine affinché si costruisse in quel luogo una chiesa. I lavori della chiesa furono iniziati immediatamente e l’anno successivo fu inaugurata. La chiesa con i locali annessi ebbe la dedica a San Pellegrino il 1° agosto del 643. Il corpo del Santo, con quello di un suo caro amico e suo successore, San Bianco, è stato posto in una teca all’interno dell’edificio sacro. Sull’Alpe di San Pellegrino si nota ancora dove era il famoso faggio/abitazione segnalato da una semplice croce, la Fonte del Santo, dove andava a dissetarsi e poco oltre c’è un campo detto del Giro del Diavolo, dove i pellegrini, che andavano al monastero, si arrampicavano lungo i sentieri del monte portando sulle spalle grosse pietre lasciandole in questo luogo in remissione dei peccati commessi. La leggenda va anche oltre, dice che in una lotta con il demonio Pellegrino lo colpì con forza lanciandolo lontano e il corpo del demonio dette forma a una parte delle Apuane, dette infatti l’Uomo Morto, ma qui si interseca con altre leggende. Si parla anche di molti miracoli che si sarebbero verificati in questi luoghi in nome di Pellegrino. In questo luogo soggiornò per alcuni mesi anche il senese Rolando Bandinelli, Papa Alessandro III (11591181), per sfuggire al Barbarossa e in ricordo della sua pemanenza concesse al sacro luogo il Giubileo perpetuo. Sorse poi un ospizio per accogliere coloro che accorrevano a venerare il Santo. Ma su San Pellegrino esiste un’altra attribuzione. Si reputa infatti che l'ospizio di San Pellegrino abbia preso il titolo da San Pellegrino d'Auxerre, un santo vescovo francese, al quale furono intitolati nel Medio Evo molti ospitaletti sorti per carità cristiana lungo le grandi linee di comunicazione italiane. Resta aperto il problema delle reliquie del Santo, delle quali si ha notizia solo a partire dalla seconda metà del secolo XIII. Il successore di Pellegrino, Bianco, aveva conosciuto il santo sulle colline pisane quando viaggiava verso la sua meta. Quest’ultimo, succeduto a Pellegrino, creò l’ordine monastico degli Eremiti della Carità, chiamati poi Conversi della Santità. Giancarlo Marroni Pagina 8 Numero 21 - Settembre 2009 Il Giornale di Castelnuovo LETTERE IN REDAZIONE A proposito dei voti dati da Lino Carneva sull’ultimo numero del Giornale alla Settimana del Commercio, registriamo numerosi interventi. Tra questi pubblichiamo questa interessante e propositiva lettera. Carissimo Lino, ho letto con molta attenzione e piacere la pagina da lei scritta sul Giornale di Castelnuovo : "I voti della settimana del Commercio". Ho apprezzato e condivido la filosofia di fondo della provocazione benevola, dell'impostazione a critica costruttiva e, in questo senso rimando a Lei, mie considerazione che a loro volta debbano apparire come stimolanti e produttive per un confronto dialettico tramite stampa che, a mio modo sindacabile di vedere, possano in qualche modo aprire un dibattito più ampio e, magari, senza strumentalizzazioni di sorta. Da uomo di Sport, evidenzio il suo magnifico 3 alla serata dedicata al mondo specifico, sottolineo che, da un certo punto di vista condivido questo voto che, se dato in ambito scolastico, mi passi il paragone forse inopportuno, non ci sarebbero esami di sorta o di riparazione per poter passare l'anno ed essere promossi. Da anni in vari ambiti e situazioni dichiaro a voce alta e senza perplessità che, ad iniziare dalle istituzioni sportive per arrivare alle semplici ma ricche, naturalmente di passione e volontà, Associazioni Dilettantistiche Sportive spesso la mancanza di creatività, l'accontentarsi della solita minestra, l'appiattirsi ad un vivere lo Sport in modo consueto e ripetitivo ha portato il nostro Settore, comunque ahinoi non è il solo, ad una paralisi di idee e di contributi evidente ed ad una pigrizia mentale altrettanto palese. Certo i mass-media e la stampa, che in un mondo pieno di etichette e di marketing esasperato, la fanno da padroni, non sempre hanno aiutato lo Sport o meglio, solo coloro che si possono permettere di investire denari nell'immagine della Società sono accolti a braccia aperte mentre, e sono la maggior parte, chi tira la carretta con fatica e dedizione estrema ma con pochi denari vengono, quasi sempre, dimenticati ed isolati. Ci dicono che questa è una legge di mercato. Ovviamente non sono in accordo e credo che il sudore di un podista equivalga chimicamente a quello di un grande calciatore o di un giocatore di Pallacanestro. Dopo questa banalissima premessa, mi creda, la serata di presentazione, tra l'altro per la prima volta di tutte le Società Sportive di Castelnuovo, forse è stata banale, insignificante addirittura noiosa ma, è mia opinione, molto significativa ed importante, pertanto con benevola fermezza rifiuto il suo spartano 3. Da pochi mesi sono il Presidente dell' ASD Orecchiella, ho un vissuto sportivo abbastanza ampio e, come tanti cerco di pensare allo Sport in modo positivo e propositivo. Un bambino, durante quella sera, mi ha avvicinato, mi ha stretto la mano dicendomi con aria perentoria e decisa : "Tu sei il Presidente dell'Orecchiella... come si diventa Presidente????". Ecco, almeno per me, solo per questo banale ma incisivo episodio il suo tre lo tramuterei in 7...ovviamente è solo una mia opinione. Concludendo e scusandomi per le mie banalità, caro Lino, credo importantissimo che Lei, il suo giornale, i mass media e quant'altro, con determinazione e costanza con ripetitività quasi ossessiva, si mettano veramente in campo e, inizino a scrivere e a dibattere sullo Sport a 360 gradi per un vero e proprio cambiamento di cultura sportiva. Avrà capito che non parlo di risultati, di classifiche, di performance o altro ma, all'invero, di stimolare ad una forte e diversa idea del mondo-Sport. Vede, Lei con il suo articolo ha provocato la mia risposta, da par mio, spero suscitare in Lei una curiosità di approfondimento, un barlume di diversa attenzione al mondo Sportivo.....mi auspico che vicendevolmente abbiamo colpito il bersaglio. Distinti saluti sportivi Il Presidente ASD Orecchiella Garfagnana Gianluca Mascagni Grazie caro Mascagni per questa preziosa lettera. Sono interventi come il suo che permettono alla società civile di prosperare e seguire nel suo corso. Mi auguro ne seguano altri. Ma soprattutto mi rallegra osservare che le note di Lino Carneva sono state accolte con piacere e civiltà e sono molti i cittadini che hanno espresso i loro pareri favorevoli. Per parlarne ancora ci vediamo sabato 17 ottobre sotto le Logge con “La Giornata del Senso Civico”. Colgo l’occasione per sottolineare che dietro lo pseudonimo di Lino Carneva si cela un castelnuovese che non è il sottoscritto. Per la precisione. Il direttore Campagna abbonamenti Cari lettori, con l’arrivo dell’autunno la redazione del nostro Giornale darà il via ad una serie di progetti che hanno come obiettivo il miglioramento dell’offerta giornalistica, sia attraverso il sito internet che con l’edizione cartacea. A breve partirà la formazione e l’esperienza della redazione dei piccoli giornalisti, organizzeremo la seconda edizione della “Giornata del Senso Civico” e premieremo i migliori racconti del nostro concorso “Garfagnana in Giallo”. Per fare tutto questo ed essere ancora più creativi abbiamo bisogno, tuttavia, del sostegno di tutti voi. Ringraziamo le molte persone che hanno sottoscritto l’abbonamento di sostegno, perché pur sapendo che il giornale può essere trovato in edicole, bar ed esercizi commerciali gratuitamente, vogliono così sostenere la voce libera ed indipendente della nostra testata. Siamo così a chiedere il sostegno anche di tutti voi che spesso fate i complimenti e trovate piacevole ed interessante seguire mensilmente il nostro impegno. All’interno del Giornale trovate le modalità per effettuare l’abbonamento. Per ultimo vogliamo salutare calorosamente i Castelnuovesi di Scozia ed i Garfagnini di Argentina e Stati Uniti che questa estate si sono voluti abbonare al Giornale e lo hanno fatto colmandoci di sorrisi e ringraziamenti. E da loro nasce un ulteriore progetto che vedrà la pubblicazione delle storie delle loro emigrazioni ed i legami affettivi con la terra di origine, pertanto tutti sono invitati a scrivere alla redazione o contattarci per raccontarci le loro storie. Di nuovo grazie e buona lettura. PONTI NEL TEMPO ALTA VERSILIA GARFAGNANA VALLE DEL SERCHIO Fiera di ottobre. III Rassegna del fungo, tartufo "scorzone" e castagna Domenica 11 settembre, Castiglione di Garfagnana Mondine nel borgo antico. Museo del castagno Domenica 18 settembre, Colognora (Pescaglia) Festa della zucca Domenica 4 Ottobre, Piegaio (Pescaglia) Il fungo, la castagna, il maiale. Alla riscoperta degli antichi sapori Domenica 27 ottobre, Sillano (Garfagnana) Per informazioni Numero Verde: 800-533999 Email: [email protected] Sito web: www.pontineltempo.it ALTA VERSILIA GARFAGNANA VALLE DEL SERCHIO