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Industria e Sviluppo
ANNO V - N. 3 luglio-settembre 2013
trimestrale di informazione, opinione, economia, impresa
Confindustria Arezzo, Firenze, Grosseto, Siena
DALLE TERRITORIALI
Arezzo
Crescere si può, si deve!
Firenze
Un format con la regia del Presidente
Grosseto
Credit Crunch, Credit Funds:
cosa serve alle imprese
Siena
La Toscana del Sud verso l’Expo 2015
I NUOVI INDUSTRIALI
QUELLI DELLA
GLOBALIZZAZIONE
GIAN GIACOMO GELLINI
Carpe diem… ma che sia quello giusto
ALBERTO DI MININ
La scommessa? Nuove strade per lo sviluppo
LUCA ROSSETTINI
Con la crisi resta chi cresce
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Direttore responsabile:
Annarosa Pacini
[email protected]
Comitato di redazione:
Simone Bettini, Sandro Bonaceto,
Antonio Capone, Cesare Cecchi,
Andrea Fabianelli,
Massimiliano Musmeci,
Piero Ricci, Mario Salvestroni
SOMMARIO
7
Conoscenza e digitale:
la via verso l’impresa globale
Coordinatore editoriale:
Furio Massi
Redazione:
Luisa Angioloni (Arezzo),
Simona Bandino (Firenze),
Rossella Lezzi (Siena),
Franco Passarini (Grosseto)
Hanno collaborato a questo
numero:
Maurizio Abbati, Pino Di Blasio,
Mauro Bonciani, Mattia Cialini,
Marco Magrini, Francesco Massignani,
Giuseppe Nigro, Silvia Pieraccini,
Paolo Vannini
COVER STORY
8
Carpe diem… ma che sia quello giusto
10
La scommessa?
Nuove strade perlo sviluppo
Impaginazione, grafica e foto:
Franco Passarini
12
Direzione e redazione:
Confindustria Grosseto,
viale Monterosa 196,
58100 Grosseto, redazione@
iesindustriaesviluppo.com
Con la crisi resta chi cresce
Editore:
Assoservizi Toscana Sud
Rete d’Imprese.
Via Roma, 18 - 52100 Arezzo
Stampa:
Soluzioni per la Stampa Srl,
Corso Carducci 34, Grosseto
Registrazione:
Tribunale di Grosseto
n. 1/2009 del 26.03.2009
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• Foto © Assoservizi Toscana Sud Rete d’Imprese. E’ vietato qualunque
utilizzo e/o riproduzione, anche
parziale, del materiale fotografico
contenuto in questa rivista.
EDITORIALE
14
Giovani industriali:
gli imprenditori dell’oggi
18
Quello scatto che cambia le cose
22
Fare impresa:
tutte le frecce nell’arco dei giovani
26
Globalizzazione: la grande sfida
TERRITORIALI
30 FIRENZE
Un format con la regia del Presidente
36 SIENA
La Toscana del Sud verso l’Expo 2015
42 AREZZO
Crescere si può, si deve!
PUBBLICITÀ: per informazioni e
prenotazioni di spazi pubblicitari su
“IES - Industria e Sviluppo” rivolgersi
a: redazione@iesindustriaesviluppo.
com tel. 339.6908960
48 GROSSETO
Credit Crunch, Credit Funds: cosa serve alle imprese
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Le piccole e medie imprese sono la forza del Paese.
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La concessione del finanziamento è subordinata all’approvazione da parte della Banca.
Banca del gruppo
EDITORIALE
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 7
di Marco Magrini,
giornalista
Conoscenza e
digitale: la via verso
l’impresa globale
O
gni quanti anni andrebbe riscritto un manuale di management?
La domanda è lecita. Negli ultimi cento anni lo scenario competitivo si è
trasformato continuamente, ma con una
straordinaria accelerazione negli ultimi
trenta: nel 1983, la Cina non si era ancora
convertita al capitalismo, viaggiare in aereo
costava una fortuna, i personal computer
erano primordiali e il Web doveva ancora
nascere. Alla fine di questo trentennio, per
certi versi esaltante, il cambiamento è così
profondo da risultare addirittura incessante.
Il mondo è entrato compiutamente
nell’Economia della Conoscenza, dove
il sapere, ma anche il saper maneggiare
un’alluvione di informazioni, sono il sale
e il pepe di una competizione davvero globale. Con le idee giuste, un forte spirito
d’innovazione e con le lenti di una visione
globale, un’impresa – per quanto piccola o
remota – può avere opportunità commerciali che trent’anni fa erano impensabili.
Certo, innumerevoli modelli di business sono stati spazzati via dalla concorrenza cinese, dai computer e da Internet.
Ma le opportunità si sono moltiplicate. Un
po’ per l’accesso a mercati che un tempo
parevano irraggiungibili. Ma soprattutto
grazie alle tecnologie dell’informazione
che, oltre a moltiplicare i frutti di una ricerca scientifica che si avvale dell’interscambio planetario fra le materie grigie, hanno
ribaltato in un batter d’occhio i vecchi paradigmi: beni e servizi possono essere sviluppati, comprati, venduti (e in molti casi
anche spediti) attraverso i network digitali.
La dislocazione geografica può essere strategica, come accadeva molti anni fa. Ma,
in molti casi, può anche essere irrilevante.
La Silicon Valley, l’epicentro della tecnologia mondiale alle porte di San Francisco, parrebbe dimostrare il contrario.
Basta vedere Facebook che, nata nel 2004
nel Massachusetts, nel 2011 si è trasferita lì, armi e bagagli, per non perdere il
passo con Google e Yahoo. Qualsiasi policymaker del mondo vorrebbe avere una
Silicon Valley a casa propria, non foss’altro
per i posti di lavoro e le entrate fiscali che
produce. Eppure, tutti quelli che ci hanno
provato con un certo successo (da New
York a Tel Aviv) hanno visto che non è così
semplice.
La ricetta però, lo sarebbe. Basta far
soffriggere un po’ di buone idee in un recipiente che contenga un paio di prestigiose
università, al fuoco di una rete di venture
capital che finanzia le iniziative più coraggiose. Cospargere di talenti che arrivano
da tutto il mondo, marinati nella prospettiva di diventare ricchi in fretta. E infine
servire sul piatto caldo (guai se è freddo!)
dell’innovazione tecnologica.
Una ricetta che, in teoria, è replicabile ovunque. Anche in Toscana. Alla quale,
sulla carta, mancherebbe solo la capacità
di attirare giovani da tutto il pianeta verso i
suoi poli universitari. Certo, a Firenze non
ci sono le più grandi case di venture capital
del mondo, come accade a sud-est di San
Francisco. Ma al giorno d’oggi alle idee, se
buone per davvero, non sfuggono i capitali
necessari per partire.
Gli esempi abbondano. Da Malta alla
Finlandia, da Taiwan all’Indonesia, dal
Brasile al Sudafrica, la marcia delle startup ha assunto ritmi incessanti. Per definizione, molte non centrano l’obiettivo e
scompaiono. Però tante riescono a scavarsi
una nicchia dove sopravvivere e poi magari prosperare. Il mercato è più competitivo
che mai. Però è un mercato solo, globale.
«Una volta – dice l’imprenditore e consulente aziendale Robert Poole – l’impresa
nasceva locale e poi, se era il caso, allargava il suo raggio d’azione. Oggi, con la giusta mentalità, può permettersi di aspirare
ad essere globale dal primo giorno».
Il genere umano non ha mai posseduto un mezzo potente come il Web, per
la conoscenza e la diffusione delle idee.
Nessuno, neppure Isaac Newton o Steve
Jobs, ha mai inventato qualcosa senza conoscere le invenzioni degli altri.
Così, le nuove opportunità sono enormi. Basta non far troppo affidamento su
quel vecchio manuale di management.
Perché nel mondo digitale e globalizzato,
viene riscritto ogni anno. Se non, addirittura, ogni giorno.
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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
Carpe diem… ma che sia quello giusto
Conoscere, investire, allargare gli orizzonti. Per avere successo nel mondo non c’è una ricetta perfetta ma chi non
si muove affonda. Intervista a Giacomo Gellini, presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana
di Pino Di Blasio, caposervizio interni ed economia regionale “La Nazione”
«
N
on stanno meglio
o peggio delle altre
aziende, quelle che
vedono al timone o nei posti
strategici i giovani industriali
toscani. L’età conta poco in questo momento. E le imprese più
verdi riflettono lo stato di salute
dell’economia generale. Utili o
perdite dipendono dai settori;
nel nostro gruppo di imprenditori toscani ci sono moltissime aziende che vanno bene,
in particolare nel made in Italy
e nell’information technology
o nella telefonia. Altre, e metto
anche qualcuna del mio gruppo,
fanno molta fatica. Soprattutto
quelle che devono lavorare con
gli enti pubblici, che devono re-
alizzare infrastrutture o grandi
opere. Il trend è al suo momento
peggiore».
Giacomo Gellini, 37 anni,
presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana,
usa come leva la diagnosi, prevedibile, sulla congiuntura delle
imprese per dettare il decalogo
della globalizzazione. La conquista di piccole fette di mercato nel pianeta per sopravvivere
all’agonia del mercato interno.
Quali sono le regole per
avere successo nel mondo?
«Partiamo da una premessa
cruciale. A mio avviso le condizioni e i passaggi che elencherò sono necessari, ma non
sufficienti per avere successo.
Rispettare questi comandamenti non basta per entrare nel paradiso dei mercati, emergenti o
meno. Ma sono indispensabili
per provarci almeno. Per bussare
alle porte internazionali, sperando che si spalanchino».
Da qualcosa bisogna pur
cominciare per stilare decaloghi...
«E allora partiamo dall’esperienza del gruppo Gellini, in
particolare dalla Cab srl, marchio che si occupa di impianti
per l’asfalto. Il mercato interno
langue, la situazione nel settore
dei lavori pubblici è pesantissima».
Non vi aiuta il decreto per
il pagamento dei debiti delle
pubbliche amministrazioni?
«E’ accompagnato da grandi proclami, ma di concreto c’è
ben poco. E poi sono cifre che
rappresentano il 10 per cento
del debito complessivo del settore pubblico. E’ vero che ‘piuttosto che niente meglio piuttosto’, ma quei soldi spettano alle
aziende da anni. Altro problema,
non ci sono grandi opere pubbliche all’orizzonte. E le banche,
un tassello cruciale per chi deve
realizzare infrastrutture, chiudono i rubinetti. Le imprese sono
strette in una morsa, la situazione è grave in Toscana e nel resto
d’Italia. Vanno bene solo le manutenzioni».
Meglio scappare in Afri-
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
ca, come ha fatto lei?
«Sono contento di aver
aperto la strada per l’Africa al
mio gruppo. E’ un continente
estremamente variegato, molto
più eterogeneo dell’Europa. Le
condizioni variano in maniera
drastica da un Paese all’altro.
Noi abbiamo puntato sul Ghana».
Perché proprio il Ghana?
«La scelta è nata per caso,
mi affascinò una persona che
parlava delle enormi prospettive
di quel Paese. L’ho visitato e ho
visto che c’erano le condizioni che potevano consentire un
mercato. A cominciare dalla stabilità politica, senza che ci fosse
un regime».
Scusi, ma tanti economisti hanno partorito dogmi del
tipo che «si fanno più affari
con le dittature»...
«E’ uno dei dogmi che la
globalizzazione ha mandato in
frantumi. La stabilità politica di
un Paese deve essere autogenerata. I regimi sono stabili, ma in
maniera forzata. E il loro destino
è una fine violenta, repentina. Si
fanno più affari nei Paesi dove la
popolazione è felice. Io sono andato in Ghana per vedere come
stava la gente».
E cosa ha scoperto?
«Che quel Paese ha tantissima acqua, grazie anche a
una diga costruita dagli italiani
dell’Impregilo in fondo al fiume Volta, la diga di Akosombo.
Quel bacino dà acqua a tutto il
Paese. E dove c’è l’acqua non
c’è miseria, non c’è fame. Altra
Giovani Imprenditori di Confindustria Toscana partecipanti allo study
tour California (9-17 marzo 2013)
Silicon Valley: conoscenza, università, un
ambiente favorevole alla nascita delle
imprese. In Italia un orizzonte ancora lontano
regola fondamentale, se faccio
fatica a mangiare è più facile
che mi arrabbi e renda il Paese
instabile. Terza condizione, una
buona istruzione media dei ghanesi. In più c’è la ciliegina del
petrolio, che ha portato ulteriore
ricchezza. La sfida del Ghana è
gestire bene i soldi che arrivano
dal petrolio. Se il governo riesce
a investirli in infrastrutture, tutto
il Paese crescerà».
Queste le condizioni di
partenza. Lei che ha fatto?
«Mi sono cercato un socio
locale, un italiano che è lì da
35 anni. Abbiamo fondato una
società che può partecipare agli
appalti pubblici locali. Il nostro
socio ha delle cave e una società
di costruzioni edilizie, con il nostro impianto per la produzione
dell’asfalto possiamo realizzare
qualsiasi infrastruttura. E’ il momento migliore, il Ghana ha un
disperato bisogno di strade e di
infrastrutture. E questa è un’altra regola d’oro per chi vuole investire negli altri Paesi: cogliere
l’attimo giusto».
Tutte le aziende che vanno all’estero seguono questo
decalogo, a suo avviso?
«Le cose che bisogna fare,
razionalmente, sono quelle:
conoscere il Paese, investire in
quelli che hanno più potenziale e sfruttare il momento giusto. Sono le regole della buona
globalizzazione, chi punta solo
sull’export non ha certo bisogno
di seguirle. Chi vuole investire
deve avere anche una buona
dose di fortuna. Bisogna guardare dentro un Paese con calma,
non avere fretta. Se dovessi in-
Internazionalizzare: “a partire
dall’idea, - osserva
Gellini - vuol
dire pensare a
un’azienda che ha
come orizzonte di
mercato il mondo”
Gellini ospite all’Italian Innovation Day 2013 – Mountain View
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Giacomo Gellini
vestire adesso in Ghana, probabilmente mi farei male».
Tra le regole per i globalizzatori c’è anche qualcuna
che ha imparato dalla missione dei giovani industriali nella Silicon Valley?
«Più che per un discorso di
internazionalizzazione, siamo
andati nella patria della conoscenza. Alla base di un’impresa
di successo deve esserci tanto
sapere, altra condizione necessaria ma non sufficiente. La Silicon Valley è un territorio grande
quanto il Valdarno, 50 chilometri
per 15. Ma rappresenta la sesta
economia del mondo in termine
di Pil, è un concentrato straordinario di aziende che si fondano sulla conoscenza. Le chiavi
di volta sono le due università,
Stanford e Berkeley, che fanno
da humus a un ambiente favorevole alla nascita delle imprese.
Ingeneroso fare paragoni con
l’Italia, dove invece ci sono troppi ostacoli, tra burocrazia e tasse,
per creare aziende».
E’ un modello replicabile?
«No, ma puoi imparare
tanto. A cominciare dal fatto che
l’internazionalizzazione
vuol
dire pensare a un’azienda che
ha come orizzonte di mercato il
mondo. E’ vero che nella Silicon
Valley ci sono aziende leggere,
che lavorano in rete con tutto il
pianeta. Ma ci sono anche imprese che producono materiali
innovativi. E il loro mercato non
è la California, ma tutto il resto
del mondo».
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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
La scommessa?
Nuove strade per
lo sviluppo
Contro la crisi, l’unica difesa è l’attacco. I giovani imprenditori
sanno qual è il cambiamento necessario alle imprese: è il
momento di passare all’azione
di Silvia Pieraccini, giornalista “Sole 24 Ore”
“L
’input che è arrivato
all’impresa
toscana
in questi anni è stato
di salvare l’esistente, più che di
scommettere su nuove strade di
sviluppo. Si è fatta una politica di
difesa, mentre si poteva osare di
più sulle attività di business venturing e sulla creazione di nuovi
posti di lavoro”. Alberto Di Minin, 36 anni, friulano, docente di
Innovazione alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa – istituto
che con i Giovani Imprenditori
di Confindustria Toscana ha organizzato un percorso sull’innovazione dei modelli di business –
guarda fuori dai confini regionali
e vede iniziative di “attacco” alla
crisi, come quella avviata dalla
Regione Puglia che col programma “Bollenti spiriti” ha finanziato
l’avvio di nuove imprese innovative, o quella del Trentino che ha
puntato su nuovi posti di lavoro
provenienti dalle attività di business venturing.
Professor Di Minin, cosa si
è sbagliato in Toscana?
“Si è fatta soprattutto una
politica di difesa. L’unico progetto
di attacco che mi viene in mente è
il finanziamento al 50 per cento,
da parte della Regione Toscana,
degli assegni di ricerca nel caso
in cui l’Università trovi un partner
industriale che finanzi il restante
50 per cento. Al Sant’Anna, in
questo modo, abbiamo finanziato
progetti di bio-robotica e di ingegneria fotonica, dai quali potrebbero nascere start up e posti di
lavoro. Ci vorrebbero più progetti
simili a questo, e meno finanziamenti a pioggia”.
E’ troppo tardi per fare una
politica di attacco?
“Non è mai troppo tardi, si
può partire adesso, anche se è
indubbio che le imprese toscane,
in questi anni, abbiano preso una
bella botta: ma io sono ottimista
per natura, anche perché vedo i
giovani pieni di idee”.
Idee da trasmettere alle
imprese?
“Il pregio degli imprenditori
toscani, soprattutto quelli giovani
con cui ho occasione di dialogare,
è quello di non piangersi addosso
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
e di sapersi interrogare sul cambiamento necessario alle imprese.
L’interrogativo, l’ansia, il bisogno
di fare qualcosa per aggredire la
crisi, sono ben presenti nelle generazioni dei giovani imprenditori. Magari quello che poi manca
alle aziende toscane è la capacità
di riuscire a mettere in pratica i
progetti, di passare alla fase di implementazione”.
Come dire che non si riesce a passare dalle parole ai
fatti: perché?
“Per problemi interni ed
esterni all’impresa. Sul fronte interno, le imprese tendono ancora
a ragionare in un’ottica di innovazione incrementale, mentre le attività di business venturing richiedono un vero e proprio strappo.
Faccio un esempio: se un’azienda
produce serramenti, può pensare
di applicare quella stessa tecnologia a un altro settore. Significa
attuare un cambio di passo, non
incrementale ma discontinuo. E
questi casi, in Toscana, sono più
unici che rari”.
E i problemi esterni all’impresa?
“E’ l’’ecosistema’ toscano che
non sempre fornisce alle aziende
le professionalità adeguate: mi riferisco sia alle banche che ai consulenti, strategici, per l’internazionalizzazione o per il trasferimento
tecnologico. Nel momento in cui
l’imprenditore trova il coraggio
di fare il salto, dovrebbe avere
vicino un sistema che lo aiuta.
Invece i nostri distretti industriali
non sono abituati ad avere queste competenze per supportare l’innovazione incrementale.
Anche se qualche operazione in
vista c’è, e punta a fornire finanza alle aziende per progetti più
‘coraggiosi’. E anche le Università toscane si stanno attrezzando un po’ meglio, con servizi per
tradurre scienza e tecnologia in
un linguaggio comprensibile alle
aziende”.
E’ l’antica promessa di avvicinare l’Università alle aziende?
“Io sono convinto che sia le
Università che le aziende debbano diventare più ‘spugnose’ l’una
nei confronti dell’altra, nel senso
che devono costruire rapporti e
interfacce migliori. Anche perché
oggi le Università e i centri di ricerca toscani stanno lavorando
molto con aziende che non sono
toscane. Al Sant’Anna abbiamo
un’intera palazzina costruita dalla Ericsson, con cui c’è una partnership da diversi anni; Telecom
finanzia borse di studio per dottorati industriali”.
Sarebbe troppo facile
obiettare che lei sta parlando di
grandi aziende, quando il sistema toscano è formato al 95 per
cento da Pmi...
“E qui veniamo al tema delle
dimensioni aziendali: è indubbio che per fare ricerca esista un
Piccolo non è più bello: per competere
e sopravvivere bisogna diventare grandi
Nel momento in
cui l’imprenditore
trova il coraggio
di “fare il salto”,
dovrebbe avere
vicino un sistema
di competenze
in grado di
supportarlo
problema dimensionale, perché
serve una dimensione minima
per fare investimenti. E il sistema
industriale toscano, ma anche
quello italiano, è indietro rispetto
alle aggregazioni in atto a livello
internazionale, che peraltro consentono l’accesso alle catene di
distribuzione globale. La colpa
non è di nessuno, è la storia che
ha prodotto questo”.
E dunque ha senso, secondo lei, continuare a dire che le
aziende devono aggregarsi e
diventare più grandi?
“Assolutamente sì, ma lo
Stato deve creare un programma
di politica industriale che faciliti i
progetti di aggregazione. Non è
facile, e non è gratuito, nel senso
che le aggregazioni spesso portano a esuberi di posti di lavoro.
Ma non abbiamo scelta, perché se
non lo facciamo il destino è di essere comprati dagli stranieri: e, infatti, la Toscana, col suo saper fare,
è terreno di caccia per l’acquisto di
marchi. Dev’essere chiaro, in ogni
caso, che quello delle dimensioni
aziendali è un problema europeo:
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 11
Alberto Di Minin
non siamo i soli, in Italia, a riflettere su queste cose”.
In attesa di diventare più
grandi, cosa possono fare le
aziende toscane?
“Dovrebbero porre con più
forza una domanda di innovazione: se nei bandi regionali o nazionali si dessero titoli preferenziali
alle Pmi innovative, alle spin off
accademiche di cui la Toscana è
piena, ai soggetti imprenditoriali
nuovi, si potrebbe avere una spesa
pubblica più ‘smart’. E più possibilità di crescita”.
Anche nei nostri cari, tradizionali distretti?
“I distretti sono tutt’altro che
morti, e in Toscana non possiamo
certo farne a meno: ma devono
trovare le loro specificità nell’ambito di catene globali del valore.
Guardiamo cos’è successo alla
concia di Santa Croce sull’Arno:
chi l’avrebbe mai detto nel 2008,
ai tempi del crollo di Lehman
Brothers, che il distretto si sarebbe
inserito nelle filiere internazionali della pelle, e sarebbe diventato
quel che è oggi?”.
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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
Con la crisi resta chi cresce
Eccellenza, innovazione, flessibilità e conoscenza sulla strada del mercato globale. No al mito dei “cervelli in
fuga”, eppure per i giovani in Italia ancora troppi ostacoli
di Mauro Bonciani, giornalista “Corriere Fiorentino”
L
uca Rossettini è cofondatore e ceo della
D-Orbit, ed è stato
scelto da Confindustria Firenze
per parlare dal palco del Teatro
Comunale durante l’Assemblea
annuale, per sottolineare che eccellenza ed innovazione possono e devono essere strategici per
il manifatturiero e non solo. DOrbit è una start up del settore
spaziale, nata nel 2011 che oggi
è ospitata nell’incubatore tecnologico dell’Ateneo di Firenze
a Sesto Fiorentino ed impiega
tredici persone, sei delle quali a
tempo pieno. E che ogni giorno
fa i conti con la globalizzazione
e i suoi vantaggi.
Rossettini, la vostra è una
storia imprenditoriale nata da
un’idea.
“Sì. Tutto è cominciato da
un progetto che poi è diventato un business plan e quindi ha
trovato finanziatori. D-Orbit è
una start up che si propone di
firmare i primi contratti nel 2015,
ma forse anche prima. L’idea è
quella di un sistema che faccia
rientrare in orbita i satelliti a fine
vita o con avarie, distruggendoli senza rischi e problemi per le
persone e l’ambiente. L’idea è
nata nel 2008, quando si discuteva di questo problema solo a
livello accademico, poi una serie
di incidenti, con satelliti precipi-
tati anche in zone abitate, hanno
fatto capire che servivano soluzioni e si è aperto questo settore.
Un ambito giovane nel quale le
grandi aziende e le agenzie spaziali si muovono ancora con lentezza e rigidità e quindi dove le
start up hanno possibilità”.
Per voi la globalizzazione
è l’unico scenario?
“In Italia e anche in Europa non esiste quasi un mercato
aerospaziale e il mercato Usa e
mondiale è l’unico orizzonte.
La globalizzazione per noi non
è una scelta, è una strada obbligata. Sia io che Renato Panesi,
l’altro cofondatore, veniamo da
esperienze all’estero, da studi
nella Silicon Valley in California,
con conoscenze con Nasa e Esa,
l’ente spaziale europeo, ma abbiamo scelto di venire in Italia
per la nostra impresa”.
Perché l’Italia e non gli
Usa?
“Mi sono fatto una semplice domanda: di cosa ho bisogno? E la risposta è stata che
la prima cosa sono i cervelli.
Gli italiani sono intelligenti e
flessibili, più degli anglosassoni
che sono specializzati e quindi
rigidi, e anche se sapevo che ci
sarebbero stati problemi ho deciso di tornare in Italia e siamo
venuti in Toscana. Alla scelta ha
contribuito il patrimonio di pri-
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI, QUELLI DELLA GLOBALIZZAZIONE
mo ordine di conoscenze spaziali del nostro Paese che è stato
il terzo al mondo a lanciare un
satellite, e ha una solida rete di
aziende nonostante il mercato
sia di nicchia. La scelta di venire
in Italia è del 2010 e già nel 2011
abbiamo fondato D-Orbit: negli
Usa ci sarebbe voluto lo stesso
tempo, ma certo avremmo avuto
finanziamenti dieci volte superiori a quelli che abbiamo ricevuto qui”.
A chi vi siete rivolti per i
finanziamenti?
“Una start up, senza fatturato e bilanci, non è certo il settore tradizionale delle banche e
quindi non ci siamo rivolti alle
banche, anche se poi parlando
con alcuni manager ci è stato
detto che anche loro hanno interesse a cambiare approccio e
investire in idee. Ci appoggia
un venture capital, un fondo di
rischio, italiano. L’ecosistema
delle imprese italiane del settore
ne ha pochissime di hardware
e così in poco tempo abbiamo
trovato l’interlocutore giusto,
fermo restando che i fondi di
rischio in Italia investono cifre
molto più basse degli analoghi
fondi statunitensi.
In Usa la competizione è
fortissima e c’è una grande offerta, non solo una grande domanda, con fondi molto più
consistenti che possono per-
mettere un più rapido sviluppo;
noi come stranieri avremmo
avuto però qualche difficoltà in
più ad operare in un settore che
può riguardare anche la difesa”.
Nessuno vi ha considerato poco, in Usa, perché giovani?
“Assolutamente nessuno. E’
qui in Europa che esiste questa
tendenza. Lì si viene valutati per
il progetto, per la sua fattibilità
e finanziabilità, per cosa si fa e
come, per il business plan; nessuno ti chiede l’età, né da quanto esisti. Ti giudicano e ti danno
una possibilità, basandosi poi
sul merito dei tuoi risultati”.
Lei è tornato in Italia:
cosa consiglia ai giovani? Ed è
stato un “ritorno di cervelli”?
“Questa dei cervelli è un
luogo comune. Tutti gli italiani
non vedono l’ora di lavorare in
Italia, il problema è di rendere
attrattivo il Paese, di far sì che
gli stipendi non siano più bassi che all’estero, che chi torna
con un’esperienza manageriale
anche importante, chi è stato
dirigente, non debba poi tornare indietro nella scala gerarchica
perché il merito non è tenuto
nella giusta considerazione.
Detto questo, considero indispensabile un’esperienza all’estero: apre la mente, insegna la
lingua, esperienze che poi possono essere utili nel business in
I “cervelli” italiani fanno la differenza.
Gli italiani sono intelligenti e flessibili,
caratteristiche vincenti in ogni impresa
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In Italia c’è
difficoltà a
fare rete, ma la
troppa diffidenza
danneggia il
business: meglio
condividere di più
Luca Rossettini
Italia. Ai ragazzi consiglio l’estero sia prima di laurearsi sia post
laurea con dottorati o con borse
di studio; sinceramente questa è
la prima cosa che guardo quando ci arriva un curriculum”.
A proposito di luoghi comuni: voi smentite l’assunto
che in tempi di crisi è più difficile investire...
“La crisi, e non è una provocazione, fa bene. Il business
tradizionale era già in crisi prima della crisi e le aziende decotte che vengono tenute in
vita solo grazie ai sussidi statali,
una volta che gli aiuti verranno
meno, chiuderanno comunque.
Capisco i problemi sociali creati
dalla crisi di alcune aziende, ma
ormai non si può competere sui
costi e la gestione del lavoro, la
globalizzazione fa sì che altri Paesi producano comunque a più
basso costo; la crisi farà restare
solo chi può crescere.
Serve innovazione e investimenti e nei periodi di ‘vacche
grasse’ si deve investire proprio
per avere le carte in regola nei
periodi di crisi”.
Ricapitolando, avete trovato competenze, finanziatori,
un ambiente propizio per la
crescita: tutto questo in Italia,
in Toscana.
“Infatti. Stiamo accelerando
la parte di sperimentazione dei
sistemi per satellite e facciamo
parte di ‘Toscana Spazio’ proprio
per fare rete, per sfruttare le sinergie e il supporto industriale,
le conoscenze. E la Regione ha
un’importante linea di finanziamenti per l’innovazione, anche se le procedure sono molto
complesse e portano via tempo,
cosa che molte regioni non hanno: è importante che le istituzioni scommettano sull’innovazione e anche noi stiamo valutando
se presentare domanda per il
bando regionale.
C’è un po’ di difficoltà a
fare rete, ma la troppa diffidenza
danneggia il business; noi preferiamo prenderci il ‘rischio’ di
condividere di più”.
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - FIRENZE, AREZZO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 14
Giovani industriali:
gli imprenditori dell’oggi
Tecnologici, globali, “rottamatori”, con i piedi ben saldi sulle tradizioni e già tanta esperienza alle spalle. E non
chiamateli “giovani”, perché non sono promesse, ma certezze
di Maurizio Abbati, giornalista freelance
T
ecnologici, quel tanto
che basta per capire
che muoversi sulla
rete è più veloce che farlo con un
aereo, su cui però sono abituati
a salire. Globali, perché l’asticella dei confini nazionali l’hanno
superata da un pezzo, ma senza
dimenticare che il termine made
in Italy può comunque servire a
volare più in alto.
Rottamatori, perché rompere gli schemi a volte serve per
affacciarsi su un palcoscenico affollato, ma tenendo ben presente
che la tradizione ha il suo peso.
I giovani industriali di oggi hanno già esperienza da vendere,
di quella fatta sul campo, quella
che serve per orientarsi nella ricerca dei mercati più sensibili,
attorno a cui ruotano i grandi
giri d’affari, lontano spesso dalle
piazze italiane. Hanno l’entusiasmo dell’età, la voglia di fare,
ma anche la consapevolezza che
ogni progetto di sviluppo ha un
prezzo da pagare e in questo
momento gli investimenti vanno
selezionati con cura. E poi quel
termine “giovani”, che a volte
suona un po’ come se si stesse
parlando di eterne promesse, di
speranze per il nostro sistema,
che invece sono già certezze.
“Negli Stati Uniti con i miei
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - FIRENZE, AREZZO
trentuno anni nessuno ti considererebbe più un giovane industriale e questo dà un po’ la dimensione di come il nostro Paese
stenti a guardare avanti.
Francamente non mi ritengo più giovane in termini professionali, ho già maturato una lunga esperienza e giro il mondo per
promuovere la mia azienda, cosa
che mi porta a toccare anche tre
continenti diversi in dieci giorni.
E in questo forse l’essere giovane d’età aiuta”. Rifiuta
un po’ lo stereotipo del giovane
imprenditore Leonardo Boni
di Baldi Home Jewels, brand
internazionale del lusso nel
mondo dell’arredo. “La maggiore frustrazione per noi giovani
- confessa Boni - è forse proprio
quella di non essere presi in considerazione sul serio dal sistema
Italia, che ci dà poca fiducia.
A questo noi cerchiamo di
rispondere dimostrando capacità
di interpretare i cambiamenti avvenuti nel sistema economico. Il
mercato è ormai globale e senza
girare il mondo le aziende non
possono essere performanti. La
stessa Baldi è proiettata ormai
per il 100 per cento sui mercati
esteri.
Proprio perché giovani possiamo avere stimoli nuovi, che
magari chi ha vissuto fasi precedenti ha difficoltà a recepire e
attuare. Anche se personalmente
rappresento in azienda la sesta
generazione di una famiglia che
da sempre ha girato il mondo.
Sarà qualcosa che abbiamo nel
dna. Una sorta di tradizione”.
“Effettivamente credo che
la figura del giovane industriale
vada ridefinita. Ci hanno sempre
detto che siamo gli imprenditori di domani, ma non è più così.
Noi siamo soprattutto gli imprenditori dell’oggi.
Le aziende che sopravvivono e vanno bene hanno tutte
all’interno figure giovani in ruoli
di primo piano”. Ad attendere
il proprio turno si invecchia insomma e non ce lo possiamo più
permettere.
Per Gabriele Brotini, clas-
se 1980, presidente dei Giovani
imprenditori di Confindustria
Firenze e da tempo ormai alla
guida dell’azienda di famiglia, la
Packerson Srl, è ora di far capire
che se l’Italia vuole davvero ripartire, aggredire i mercati con i
propri prodotti, deve affidarsi alle
nuove generazioni. Non si tratta
di rottamazione, ma di naturale
turn over.
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 15
ricerca di nuovi mercati, per portare sia idee nuove che prodotti
innovativi.
Per fare questo serve dinamismo, quello che i giovani possono avere. E poi non possiamo
permetterci di arrivare a 40 anni
e sentirsi ancora considerati gli
industriali di domani. Non di
fronte alla globalizzazione, non
quando c’è una concorrenza fat-
delle caratteristiche del giovane
industriale di oggi, come conferma Giacomo Lucibello di Le
Porcellane Home and Lightning.
Valigia e capacità di innovare,
senza perdere il riferimento con
il proprio territorio.
“Forse più che adoperare
il termine ‘giovani industriali’
in senso generico si dovrebbe
guardare ai vari settori o anche
Serve una visione più internazionale, un concetto di
impresa che parte dal territorio ma ha il coraggio di valicare
i confini alla ricerca di nuovi mercati
Leonardo Boni
“Bisogna assumere una
visione più internazionale. Un
concetto di impresa - spiega
Brotini - che parte dal territorio
e sul territorio trova competenze e garantisce lavoro, ma ha il
coraggio di valicare i confini alla
Gabriele Brotini
ta di giovanissimi brillanti laureati, alla guida di imprese importanti di paesi in forte espansione
come Cina e India”.
Vivere con la valigia sul letto per mettersi il mondo in tasca
insomma, sembra questa una
Giacomo Lucibello
alle situazioni personali. Io ho
un’azienda che produce porcellane e mi sono trovato a dover
cambiare in poco tempo l’intero
sistema distributivo, passando da
avere un 90 per cento di mercato
italiano a un 90 per cento di mer-
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 16
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - FIRENZE, AREZZO
Maria Grazia Cerè
Le imprese devono imparare a crescere:
se il sistema del credito non supporta le
aziende occorrono strade alternative
cato estero. Per me il vantaggio di
essere giovane può essere stato
quello di poter prendere la valigia e girare il mondo per capire
quali erano le realtà dove i nostri
prodotti potevano funzionare.
Ed è stato grazie a questo
passaggio che gli affari hanno
iniziato a crescere”. “In questo
momento il mercato italiano non
sembra avere grandi prospettive
di sviluppo, ma è grazie al marchio made in Italy – sottolinea
Lucibello – che noi riusciamo a
vendere porcellane anche ai cinesi, che in fondo le hanno inventate”.
Ma essere giovani ha un
altro vantaggio, anche se dal gusto un po’ amaro: “Quello di non
aver mai visto momenti d’oro.
Io sono entrato in azienda negli
anni 2000 e d’oro non c’era già
più niente. Solo ricordi.
La crisi ci ha messi nella
condizione di dover consolare i
nostri padri e spingerli a ripartire”.
“Tenere duro e non mollare.
Con grinta. Costruire le basi per
la ripresa”. Sembra un mantra e
forse lo è quello di Maria Grazia
Cerè, aretina, una delle artefici
del rilancio di Flynet Italia e ora
alla guida del comparto telecomunicazioni da rete fissa di Terra.
“Essere giovani è utile soprattutto per la maggiore disponibilità
al cambiamento e la maggiore
attitudine a diversificare e innovare, guardando con un’ottica a
360 gradi per definire obiettivi
e strategie. E’ vero che in certi
casi può mancare un pizzico di
esperienza, ma a questo si può
sempre supplire con l’impiego di
tecnici preparati. E poi si impara
rapidamente”. Non arrendersi, è
questo ciò che un giovane deve
sempre proporsi, soprattutto
quando le difficoltà sembrano
averti costretto nell’angolo e bisogna trovare una via d’uscita.
“Attualmente purtroppo il
nostro sistema creditizio non ci
supporta adeguatamente. Ma
anche in questo caso bisogna
trovare delle alternative. Nella
nostra azienda – racconta Maria Grazia Cerè – siamo riusciti
a creare una rete di imprese che
Patrizio Valentini
oggi ha raggiunto i 120 soci e
questo rende più facile operare
degli investimenti. Le imprese
devono insomma imparare a
crescere”. Detto da un giovane è
significativo.
“Purtroppo a volte ci sentiamo dei giovani vecchi. Cerchiamo di metterci entusiasmo,
curiosità e spirito critico su
quanto fatto finora, ma siamo in
affanno perché ci troviamo a lavorare in un sistema Paese che ci
ha lasciato allo sbaraglio, in una
situazione di difficoltà estrema.
E non mi riferisco solo alla
politica. La voglia di innovare
non basta a superare gli ostacoli
che ci troviamo davanti, almeno se si resta qui in Italia, come
accade a noi che abbiamo nella
produzione made in Italy un
valore aggiunto fondamentale
e non possiamo semplicemente delocalizzare la produzione
in altri paesi”. Non nasconde
un velo di amarezza per le difficoltà in cui ci si imbatte oggi a
fare impresa Patrizio Valentini, dell’omonimo Pastificio Valentini e presidente dei Giovani
Imprenditori aretini, sorto nel
cuore delle foreste Casentinesi
e ora azienda che ha saputo imporsi per la qualità e la genuinità
dei suoi prodotti. Difficoltà che
si evidenziano anche quando
si cerca di fare il salto, valicare i
confini per ritagliarsi nuove fette
di clientela.
“Mercati esteri interessati alla pasta fresca ce ne sono
diversi e l’attenzione verso le
nostre produzioni cresce costantemente, ma quando si parla di
internazionalizzazione
sorge
il problema delle dimensioni aziendali, perché non basta
portare due pancali di merce in
Corea per parlare di export. Per
andare all’estero – fa capire Valentini – bisogna avere dimensioni sufficienti, o si fanno reti
di impresa, cosa non facile da
realizzare, soprattutto in Toscana
dove esiste un forte individualismo”.
E anche in questo i giovani
potrebbero dare una mano, trasformando il fare impresa in un
gioco di squadra.
Il made in Italy è un valore nel mondo,
ma per chi fa impresa in Italia gli
ostacoli da superare sono ancora troppi
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IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 18
Quello scatto che cambia le cose
La crisi pesa e le regole ingessano, ma chi non cambia, muore. Così i giovani industriali sfidano il mondo, senza
dimenticarsi mai della loro terra
di Giuseppe Nigro, direttore “Sienafree.it”
L
a propensione per l’estero nel DNA, una
formazione mirata nel
curriculum, la capacità di trovare
applicazioni pratiche alle proprie competenze per avere una
marcia in più in tempo di crisi.
In estrema sintesi sta soprattutto qui il diverso dinamismo dei
giovani imprenditori di successo
rispetto a un contesto a volte paludato.
“Quello che vedo in certi
giovani imprenditori, e mi piace
spronare, è il concetto di innovazione e cambiamento, di persone
che per età, esperienza e modo
di essere hanno una formazione
che li porta in questa direzione e
uno sguardo nei confronti di un
mercato globale”, dice Giulia
Palmieri, presidente Giovani
Imprenditori di Confindustria
Grosseto e responsabile amministrativa dell’azienda grossetana Acqua e Aria.
“Sono i giovani che possono portare dinamismo all’interno di un’azienda - prosegue
-, una novità necessaria perché
già siamo nei guai dal punto di
vista economico, e nel momento di crisi un’azienda può essere
portata a tagliare i costi, quindi la
formazione o l’innovazione tecnologica.
I ragazzi la portano a costo
zero con dinamismo e volontà di
andare avanti, possono dare un
valore aggiunto. Spesso hanno
conoscenze informatiche, perché sono cresciuti con internet, e
quindi già il loro punto di partenza è innovativo rispetto alle generazioni precedenti. Solo se si è
innovativi si riesce a mantenere
quote di mercato”.
C’è chi è internazionale
per formazione, come Andrea
Fratoni di Elettromar, società di
ingegneria e costruzioni di Follonica. “Ho fatto lo stage universitario in azienda e ho iniziato a
lavorarci subito dopo.
La tesi era sul mercato nordamericano del settore elettrotecnico. Il secondo lavoro di cui
mi sono occupato era in Brasile,
quindi è stata naturale l’apertura
all’internazionalizzazione, senza
cui un’azienda spesso è destinata
a morire. E anche oggi in azienda
la maggior parte dei lavori sono
fuori dall’Europa. Tra internet e
social network la mia generazione è sempre stata abituata a utilizzare certi mezzi di comunicazione a partire dalla rete, per cui
è anche più semplice guardare
poi oltre”.
La marcia in più dei giovani
imprenditori secondo lui è la capacità di adattamento: “Rispetto
ai colleghi di una certa età che si
spendono per far andare avanti
le cose, sopravvivere, mantenersi, senza necessariamente cercare
di innovare, quello che contraddistingue la nostra generazione è
capire che è importante cambiare: senza la versatilità nell’andare
a cercare le innovazioni, veniamo
sorpassati da altre aziende. In
realtà per come le ho conosciu-
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - SIENA, GROSSETO
te io in Italia, le aziende sono
abbastanza versatili. L’ingessatura deriva da quello che c’è attorno: chi dovrebbe sostenere i
finanziamenti o i rapporti con le
banche per esempio, burocrazia
e fisco. Andare a lavorare all’estero sarebbe certo più semplice
ed economicamente vantaggioso, ma nel mio caso sono stati la
passione e l’orgoglio a spingermi
magari con fatica a far crescere
qui l’azienda”.
A volte l’intraprendenza invece è nel codice genetico, come
nel caso di Balbino Terenzi, dei
Vini Terenzi di Scansano. “Mio
nonno è arrivato a Milano da un
paesino nelle Marche investendo su impianti gpl per le auto,
mio padre ha avuto un percorso
nell’industria cosmetica in cui è
stato il primo a esportare all’estero le fiere più importanti del
settore. Spirito imprenditoriale
e apertura all’estero mi vengono dalla mia storia familiare, che
sono serviti adesso nel settore
del vino”.
Ma anche qui il concetto è
chiaro sulle capacità di comprendere il contesto: “Adesso è tutto più incerto e veloce, bisogna
avere capacità di adattarsi, essere
elastici, snelli”. Sul suo caso, Terenzi racconta: “Il vino è il ritorno alle origini, alla campagna,
all’opposto rispetto all’effimero
della cosmetica e della moda,
ma mantenendo la propensione
all’internazionalizzazione e al
sapersi adattare.
Entrammo nel settore nel
2001 quando c’era una profonda
crisi dopo l’esplosione della bolla dei Super Tuscan, l’abbiamo
affrontata cavalcando il successo del Morellino e soprattutto
vivendo la crisi come un’opportunità, come la possibilità di dimostrare che si può fare qualità
a un prezzo interessante. Per
cui quando poi è arrivata anche
la crisi economica ci siamo già
trovati avanti nella capacità di
affrontarla”.
Dna ma anche formazione,
studi, competenze, in uscita dal
sistema accademico e non solo:
da qui arrivano le risorse per ritagliarsi il proprio spazio.
Racconta Simone Bartalucci, presidente Giovani Imprenditori di Confindustria Siena
e responsabile commerciale di
Itla, azienda di Casole d’Elsa che
si occupa di taglio laser e trasformazione lamiere e affini: “Sono
nato all’interno dell’azienda, rilevata dalla mia famiglia quando
avevo appena terminato gli studi.
La mia assenza, ai tempi, di
conoscenze di officina meccanica mi ha permesso di installare
una serie di sistemi di rilevazione
tramite computer che sarebbero
stati probabilmente boicottati
all’interno di un’officina meccanica: vent’anni fa il computer era
quello che sbagliava, oggi è fondamentale.
Nel nostro settore si è dovuto cambiare mentalità e modo
di lavorare, perché il mercato è
totalmente stravolto: continuare
a lavorare come sei-sette anni fa
è un’utopia, a partire dai tempi di
evasione degli ordini.
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 19
Ma chi non cambia non
dura: ognuno può essere stato
bravissimo a fare il lavoro che
ha fatto, però purtroppo è cambiato il mondo. E l’ampliamento
all’estero, nel nostro caso dovuto
all’utilizzo di sistemi come un
database internazionale, veniva
ignorato quando il mercato italiano era florido. Adesso la necessità è di non porsi limiti”.
Anche perché le ingessature
italiane sono evidenti: “Dopo il
viaggio che abbiamo fatto in Silicon Valley avevo una serie di idee
che avrebbero ampliato l’impatto sociale della nostra azienda,
dopo sei mesi mi sto renden-
Giulia Palmieri
do conto che ci sono tanti muri
all’interno dei nostri territori.
Prendiamo il polo tecnologico
di Navacchio: è una struttura
tecnologica avanzata ma sconosciuta a tanti”. Iniziativa e idee,
messe all’opera, sono la ricetta
di Pasquale Fedele, fondatore
e amministratore delegato di Liquid web, una start-up tecnologica: “Vista la fase dell’economia
in cui ci troviamo e le condizioni
del nostro paese, le possibilità secondo me non mancano a livello
di imprenditorialità - dice - ma
vanno cercate in settori molto
innovativi e ci vogliono alla base
competenze specifiche, studi.
Andrea Fratoni
Balbino Terenzi
Simone Bartalucci
La rete aiuta a guardare oltre: la
generazione digitale fa bene all’impresa
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 20
Poi unire competenze con
persone di settori eterogenei è
un fattore vincente e che porta
a reali innovazioni. lI settore IT
di per sé può dare tanto ad altri ambiti e sta rivoluzionando
e rivoluzionerà molto il settore
industriale andando a sostituire
settori tradizionali”.
Questa la sua storia imprenditoriale: “Sono laureato in
ingegneria informatica, lavorando nell’ambito della ricerca
all’università di Siena ho vissuto
l’inquietudine di voler vedere i
frutti della ricerca applicati e resi
disponibili nel mondo reale invece di farli rimanere prototipi da
laboratorio inutilizzati”. Partito
da uno spin off universitario, si
è destreggiato tra brain control,
controllo dei computer mediante
tecniche di elettroencefalografia,
un joystick guidato con le onde
cerebrali, sensori per far interagire pazienti in coma apparente,
completamente paralizzati, però
presenti dal punto di vista cognitivo, riuscendo a farli comunicare.“Ma per un tipo di realtà altamente innovative c’è bisogno di
un contesto favorevole per crescere. Non abbiamo nemmeno
pensato di rivolgersi a una banca
per il tipo di attività che facciamo,
noi cerchiamo partner finanziari
con capitale di rischio, come in
Silicon Valley ma anche Germa-
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - SIENA, GROSSETO
Pasquale Fedele
nia, Inghilterra e Francia. Da noi
si è ancora lontani da dire che c’è
un contesto favorevole.
Già un anno fa avevo avuto
la proposta di trasferire tutto il
team negli Stati Uniti, mi sono
preso un altro anno per capire se
si può lavorare qui, ma l’internazionalizzazione è un passaggio
obbligato e a settembre uno di
noi sarà negli Stati Uniti per un
anno. Anche come generazione
c’è una consapevolezza, rispetto
a chi c’era prima di noi, di doversi
necessariamente aprire all’internazionalizzazione. A partire dalla
lingua”.
Ed è cresciuto in ateneo anche il sogno imprenditoriale di
Francesca Gallina, che lavora
allo spin-off dell’Università per
Stranieri di Siena Ital-tech.“Ven-
Conoscenza, innovazione,
cooperazione: solo così si cresce e
si vince
Accesso al credito, burocrazia, fisco:
fare impresa in Italia è una sfida,
ancora troppi i pesi che opprimono
go dall’ambiente accademico, a
ottobre con l’università è stato
creato uno spin off composto da
università per stranieri e altri 13
soci. Siamo precursori nel nostro
settore, quello linguistico: oltre a
fare servizi di formazione e traduzione, consideriamo le lingue
uno strumento per fare impresa.
Di fronte a una crisi come
quella che stiamo vivendo e necessità di muoversi in mercato
globalizzato, portare il Made in
Italy implica mettersi a confronto
non solo con mercati differenti
ma anche con persone che hanno un background linguistico
e culturale che incide sul loro
modo di fare business: conoscerlo dà una marcia in più all’imprenditore che investe le proprie
energie all’estero. I paesi che tirano di più sono quelli del mondo
arabo, Cina, Vietnam, Turchia. La
Francesca Gallina
considerazione è che in Italia la
piccola e media impresa è quella
più presente ma che fa più fatica
ad avere risorse interne per affrontare i mercati internazionali”.
Il segreto del suo successo? “Ci sono molti studiosi che
raccolgono dati molto precisi su
quanto il volume di affare delle aziende viene penalizzato da
mancanza di risorse linguistiche
ma abbiamo cercato di non fermarci all’analisi teorica: per noi il
passaggio fondamentale è darci
una prospettiva più applicativa
su cosa fare”.
Ma perché una buona idea
diventi un’iniziativa imprenditoriale di successo serve anche che
le venga data fiducia: “Una buona idea non basta, bisogna farla
veicolare e accettare e poi darle
tempo per affermarsi. Non tutti colgono che possa essere una
risorsa in più invece che una perdita di tempo.
Nel nostro caso i Giovani di
Confindustria Siena hanno manifestato un interesse molto più
forte e in questo si è sentito il divario generazionale.
E’ la nostra risposta alla crisi,
per noi che siamo più giovani e
siamo colpiti dal precariato della carriera accademica, trovare
risorse nostre è diventato un
modo per crearci da soli una via
di riuscita e crescita professionale
e personale”.
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COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LIVORNO, PISA, PRATO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 22
Fare impresa:
tutte le frecce
nell’arco dei
giovani
Passione, vocazione, conoscenza ma anche impegno,
coraggio e competenze: un bagaglio completo per la
generazione degli “imprenditori globali”
di Mattia Cialini, giornalista “Arezzonotizie.it”
S
ono giovani, sono
rampanti. Figli d’arte
o novizi dell’imprenditoria. Sono colmi d’entusiasmo, denominatore comune di
un mondo liquido e complicato.
Perché senza passione vera, spalle
robuste e stoffa non si fa impresa in tempi come questi. I giovani
industriali toscani cercano di guidare la riscossa dalla crisi, battono strade diverse e frequentano
luoghi assai poco comuni. Facce
di 30-40enni metodici e brillanti,
preoccupati e soddisfatti, logici ed
estrosi. Mai, mai noiosi.
Perché le storie che raccontano sono concrete, eppure piene di
sogni. Come quella di Francesca
Marcucci, 39 anni, presidente dei
giovani industriali di Livorno, in
scadenza il 26 settembre. E’ amministratrice della Csa Consult,
centro studi aziendali fondato nel
‘99, in cui è entrata inizialmente
come socia. “Facciamo consulenze per le imprese – spiega - di tre
tipi. Certificazioni e adeguamenti;
gestione e coordinamento della
ricerca e dello sviluppo; gestione delle risorse umane. Non c’è
niente di particolarmente innovativo nel tipo di lavoro, sono nuovi
modalità e approccio.
Dobbiamo studiare continuamente per offrire servizi
adeguati alle aziende. Lavoriamo sulla portualità, siamo partiti
da Livorno ma copriamo tutto il
territorio nazionale. Con l’estero
non lavoriamo, troppo complicato. Le cose ora stanno andando
bene: abbiamo dieci dipendenti,
cui si aggiungono collaboratori ed
esperti”.
Sull’imprenditoria giovanile
in genere, Francesca ha le idee
chiarissime: “L’Italia è un Paese
in cui si fa fatica ad attrarre investimenti. Nei giovani c’è molta
propensione all’avvio di nuove
imprese, con sistemi innovativi e
all’avanguardia. Mancano i capitali, spesso. Le difficoltà nell’accesso al credito – molte, per tutti
– sono ancor più evidenti per i
giovani.
Un po’ per necessità, un po’
per disperazione, oggi, vengono
comunque avviate diverse imprese di prima generazione. Le partite
Iva agevolate sono un trampolino,
ovvio non bastano. Molti ragazzi,
pieni di entusiasmo e buone idee,
non ce la fanno. Ma vedo comunque fermento: ci sono numerose
esperienze di successo nel campo
della comunicazione e della consulenza”.
Rossano Cioni è un esempio di successo di un ragazzo creativo e coraggioso. Partito da zero,
Francesca Marcucci
Rossano Cioni
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LIVORNO, PISA, PRATO
o quasi.
“Ero dipendente di un’azienda, apprezzato. E ho voluto
scommettere su me stesso. Nel
2001 ho deciso di mettermi in
proprio, assieme ad un altro giovane, che ha quattro anni meno
di me”. Insieme ora sono i leader
della Restart, specializzata in automazione.
E ha quindici dipendenti.
Altre ditte nazionali, più grosse, si
appoggiano alla Restart per commesse specifiche. E da Livorno,
indirettamente, il certosino lavoro
di questa realtà arriva in tutto il
mondo: India, Israele, Usa, Africa.
Apparecchiature per la lavorazione della carta, robot.“La sfida più
difficile per noi – dice Rossano - è
restare nel mercato tenendo bassi
i costi. In questo periodo i committenti non hanno molto denaro
per gli investimenti. I margini di
guadagno sono sempre meno. Per
sopravvivere è necessario avere
un livello di qualità molto elevato.
Occorre scommettere su nuove
tecnologie e nuovi software.
La difficoltà principale?
Per una nuova impresa come la
nostra non è stato facile inserirsi
in mercati nuovi”.
Cosa si potrebbe fare per
agevolare i giovani?
“Fare sistema. Attraverso
Confidustria ho conosciuto realtà
nel territorio, magari guidate da
giovani, che nemmeno immaginavo esistessero. Conoscere imprese a noi affini è importante per
creare una rete”.
La azienda Bozzi è stata fondata nel ‘61 a Livorno. Da poco è
diventata Spa e uno dei volti nuovi è quello di John Bozzi, nipote
di Ilvo, il fondatore. Ha 30 anni, ha
fatto studi funzionali all’ingresso in azienda. E scuote i giovani:
“Il lavoro c’è, bisogna sporcarsi le
mani”. La Bozzi si occupa di meccanica di precisione.
“Lavoriamo per conto terzi.
Realizziamo parti meccaniche o
prodotti finiti: il pezzo è esattamente come ci viene richiesto
dal cliente. Per fare questo ci aggiorniamo tutti gli anni, facciamo
innovazione sul processo. Lavo-
riamo per l’aeronautica, Bredamenarinibus, Ducati Corse. Facciamo macchine complete oppure
una singola, fondamentale, vite
per un missile. Abbiamo fondato
una newco, la Bozzi engineering,
con cui commercializzeremo prodotti finiti. C’è la crisi, ma noi siamo una ditta abbastanza solida: al
momento ci sono 43 dipendenti.
Da settembre ricominciamo con
le assunzioni”.
La Bozzi ora guarda all’estero. “Al momento le nostre commesse sono al 60-70 per cento
sul territorio nazionale. Ora ci
rivolgiamo agli Usa. Presto apriremo, con altre aziende toscane,
un consorzio a Houston. Nella
speranza, magari, di collaborare
con la Nasa”.
Marco Savoia, 39 anni, è
un pozzo di creatività. “Respiro
azienda da quando sono nato”,
ammette candido. Ed è vero. L’impresa di famiglia si chiama Confezioni Marco, il babbo ha scelto il
suo nome per battezzare la ditta.
Un predestinato. Il ragazzo si
è subito dato da fare nell’azienda
di Castelfranco di Sotto, specializzata in prodotti in pelle. Parallelamente, ha portato avanti studi
legati alla meccanica, canalizzati
poi nella fondazione della Rotor
Service srl. “Produciamo elicotteri ultraleggeri: prendiamo parti
meccaniche e realizziamo prodotti finiti”. Dalla pelle, agli elicotteri:
il salto che non ti aspetti. Stessa
passione, stesso esito. “Li vendiamo in tutta Italia, è un mercato in
ascesa per una buona fetta di professionisti”. Quelli di Marco Savoia, posta la peculiarità del prodotto, sono elicotteri low cost. “Non
sono mezzi dal prezzo milionario,
costano come un suv”. Amministratore unico della Rotor Service,
direttore vendite della Confezioni
Marco. Marco Savoia non si annoia certo. Avesse corso questo
rischio, è stato pure scelto come
presidente dei giovani industriali di Pisa. E’ a metà mandato. Da
questo osservatorio privilegiato
tiene il polso dell’imprenditoria
baby della provincia. “La crisi c’è
ed è forte, ma Ict e web riescono
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 23
Le difficoltà nell’accesso al credito
– molte, per tutti – sono ancor più
evidenti per giovani
John Bozzi
a creare occupazione.
Se penso alla vivacità, al fermento li trovo nei giovani. Cercano di muovere il mercato con tante idee. Ma i problemi sono tanti
davvero”.
Quanti? “Per elencarli non
basterebbe una giornata intera.
Oltre alla burocrazia, ostacolo
principale a ogni iniziativa, per
fare un solo nome dico l’accesso al credito”. Però non tutto va
male. “C’è un distretto, quello di
Santa Croce sull’Arno per la pelle,
che riesce ancora a dare segnali
importanti. Le grandi griffe nazionali lo hanno eletto a punto
di riferimento. Penso a Gucci,
Prada, Ferragamo, tanto per fare
qualche nome illustre. Penso poi
a Pontedera, dove la Piaggio sta
chiudendo positivamente il 2012.
Mi vengono in mente, infine, le
Marco Savoia
imprese chimiche e farmaceutiche di Pisa”.
Antonio Lapolla è una delle
anime della Waste Recycling Spa,
azienda specializzata nel trattamento dei rifiuti. Deriva dalla
trasformazione di una ditta individuale che era stata creata dal padre di Antonio, tuttora azionista e
punto di riferimento per l’azienda.
La Wr, che ha sede a Sant’Croce
sull’Arno, è attiva da circa venti
anni, può contare su 108 dipendenti. Ed è verdissima: l’età media
è sui 35 anni.
“Io faccio parte del Consiglio di Amministrazione – spiega
Antonio - e controllo tutte le linee
business dell’azienda, inoltre sono
amministratore unico della Rew
Trasporti, società che si occupa di
tutte le movimentazioni dei rifiuti
dai nostri impianti di stoccaggio e
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 24
trattamento. Lo smaltimento dei
rifiuti industriali richiede un’elevata competenza e conoscenza
della materia. Le normative cambiano continuamente, a volte non
sono chiare e lasciano incertezze.
Questo ci ha portato a strutturare
l’azienda in maniera forte.
Le certificazioni UNI EN ISO
9001, 14001 e 18001 che abbiamo
ottenuto ci aiutano molto, entro
la fine del 2013 saremo certificati anche EMAS”. Infine Antonio
confessa alcune complicazioni
del mestiere: “Mantenere la soddisfazione e le esigenze dei clienti
in un settore molto complicato
come il nostro; valutare i giusti investimenti per lo sviluppo dell’azienda; trasferire input adeguati
ai dipendenti; gestire i clienti che
hanno difficoltà nel rispettare i
pagamenti”. Anche Gaia Gualtieri ha avuto come trampolino di
lancio l’azienda di famiglia.
Il Gruppo Colle. Poi l’arte ne
ha deviato il percorso; l’approdo
è stato inaspettato. Gaia è andata
oltre frontiera con il progetto Dhg
che sposa arte, web e tessuti per
un’esperienza affascinante e innovativa. Lei, oltre a ricoprire la
carica di presidente dei giovani
industriali di Prato, è amministratrice della Main Street Srl, il brand
è Dyeing House Gallery.
Il sito www.dyeinghousegalley.com è il braccio armato dell’azienda, nata nel 2008 in una stanza di casa. Ora la Dhg ha una sua
sede e conta cinque dipendenti.
“Vendiamo le materie prime,
usate in tutto il mondo dai ‘fiber
artists’. Sono impiegate in gallerie
La Toscana
ha un appeal
straordinario:
un elemento da
valorizzare per
conquistare i
mercati mondiali
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LIVORNO, PISA, PRATO
Antonio Lapolla
d’arte, nelle scuole di specializzazione”. L’idea per questa avventura imprenditoriale è venuta fuori
nel giorno in cui, nella sede del
Gruppo Colle, sono arrivati artisti
che lavorano il feltro a mano.
“Hanno comprato fibre di
lana: erano scarti di lavorazione.
E ci siamo incuriositi”. Gaia inizia
a pensare: ci sono artisti disposti
a pagare per degli scarti. “Così ci
siamo attrezzati e abbiamo creato
una nicchia adeguata alla domanda che avevamo riscontrato. Abbiamo dato vita a un campionario di prodotti: oggi esistono una
ventina di tipologie di fibre e 120
colori diversi”.
Per lanciare l’azienda è stato
scelto un sito, il modo migliore,
nelle previsioni di Gaia, per raggiungere una fetta di mercato sottile e sparsa nel pianeta. Pronostico azzeccato.
“Lavoriamo
praticamente con tutto il mondo: Australia,
Canada, Usa, Giappone, tutta
Europa, Hong Kong, Taiwan, Cina
e Macao”. E le soddisfazioni per
Fare rete: all’interno del Sistema
Confindustriale aumentano le possibilità
di incontro e partnership tra le imprese
la Dhg non mancano. “Racconto
questa – prosegue Gaia -, servo
un’azienda americana. Il cliente
sceglie la fibra, poi interroga me:
‘quale colore, secondo te, mi dovrebbe piacere?’ Rispondo che
dovrebbe scegliere secondo il suo
gusto, ma la replica è: ‘No, tu sei
Gaia Gualtieri
italiana e devi saperlo’. Una richiesta assurda. Ma che evidenzia
come, nel mondo, viene ancora riconosciuto agli italiani un primato
sulla moda. E’ la nostra storia, la
nostra tradizione. La Toscana ha
un appeal straordinario, la base
per fare bene. Poi, certo, occorre
lavorare duro e nel migliore dei
modi per essere apprezzati”.
E come si lavora all’interno
della Dhg?
“Io ho un rapporto stretto
con l’Università di Prato.
Il più anziano, tra i miei dipendenti, ha 42 anni. Molti hanno
fatto corsi di perfezionamento.
Gente che, magari, aveva perso
lavoro: si è rimessa in gioco e ha
trovato lavoro. Tutti, indipendentemente dalla loro specializzazione, hanno un’infarinatura di
marketing commerciale. E’ fondamentale. Poi, ovviamente, devono
conoscere il prodotto.
Ma quello viene con il tempo”. Ma non sono tutte rose e
fiori. Anche l’italianità ha il risvolto della medaglia.“In alcuni mercati – chiude Gaia - trovo un po’
di pregiudizio. Proprio per il fatto
di essere italiani. Ci considerano
poco affidabili”.
Lavorando con internet, però
non rileva alcuni dei problemi più
frequenti nelle altre aziende. “Per
dire, i pagamenti sul web sono
anticipati”. E non è poco.
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 26
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LUCCA, PISTOIA, MASSA CARRARA
Globalizzazione: la grande sfida
Gli imprenditori sono in prima linea: con le opportunità offerte dai mercati mondiali crescono anche i
rischi e le difficoltà. Ma non viene meno la voglia di andare avanti
di Paolo Vannini, giornalista freelance
A
ccentuazioni diverse,
a volte semplici sfumature, qualche sottolineatura più o meno marcata a
seconda della tipologia di azienda
o del territorio ma, nella sostanza,
un’analisi fortemente condivisa.
E’ quella che emerge dalle parole
di sei giovani imprenditori toscani, due per provincia fra Lucca,
Pistoia e Massa Carrara, tutti impegnati in Confindustria con ruoli
di primo piano, relativamente al
mondo dell’impresa alla grande
sfida dei nostri tempi: la globalizzazione. Ebbene, il quadro che si
delinea è quello di un fenomeno
avvertito nella sostanza come positivo, da affrontare con il giusto
approccio, fatto di ricerca e innovazione, spingendo l’acceleratore
su reti di impresa e forme aggregative. Perché il made in Italy resta
un prodotto di grande appetibilità
per i mercati esteri ma le imprese
italiane scontano ritardi e limiti
posti, in primis, dal pesante apparato burocratico.
“In tempi non sospetti il nostro presidente Jacopo Morelli dichiarò che gli imprenditori di oggi
sono in trincea. Io mi sento esattamente così e neanche troppo
metaforicamente”. Non usa giri di
parole per introdurre l’argomento
Nicola Fontanili, 35 anni, amministratore e socio unico della “Nicola Fontanili srl”, amministratore
e socio della “Venili’s srl” e della
“Hermes trading srl”, società che
si occupano della trasformazione
e commercio di materiali lapidei,
e vice presidente dei Giovani Industriali di Massa Carrara (a settembre diventerà presidente) e
delegato regionale. “Le difficoltà
principali sono la competitività
e la stretta sull’accesso al credito,
per non parlare della tassazione
che sta riducendo molte aziende
allo strenuo delle forze – spiega
Fontanili -. La globalizzazione ha
fatto in modo che i nostri competitor siano in numero maggiore rispetto al passato e molto più
preparati che in passato. Credo
che l’unica difesa sia cercare di
affrontarli sullo stesso terreno con
innovazione, ricerca, e soprattutto internazionalizzando le nostre
aziende”.
“Burocrazia, burocrazia, burocrazia - gli fa eco Guido Chiti,
42 anni, vice presidente dei Giovani Industriali di Pistoia e dei
Giovani Industriali toscani -. Nel
sistema Italia come imprenditori
siamo abbandonati a lottare da
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LUCCA, PISTOIA, MASSA CARRARA
soli. E’ un sistema impossibile da
smantellare, con tempi lunghissimi e grandi incertezze. La macchina burocratica pone mille vincoli, è lentissima ma se almeno si
conoscessero i suoi tempi. Invece
no. E senza regole e tempi certi
programmare è difficilissimo”. Il
che non significa mollare: “Nella
nostra azienda, di prodotti di acciaio inossidabile per la cucina e
la tavola di Serravalle Pistoiese,
giunta alla quarta generazione, ci
stiamo salvando con un’enorme
spinta sull’innovazione e non è
un caso se alcuni dei prodotti realizzati dalla società sono anche
esposti al Moma di New York”,
conclude Chiti.
Una premessa sulle grandi
difficoltà che si incontrano in Italia
la fa anche Antonio Tabarin, che
è l’attuale presidente dei Giovani
Industriali pistoiesi. Tabarin è uno
dei quattro soci della “Extro srl” di
Casalguidi, a due passi da Pistoia,
azienda rilevata tre anni fa, che
realizza impianti di illuminazione
di tutti i tipi per alberghi e ville: “Il
Paese dà poche possibilità, non si
è aiutati dalla burocrazia, primo
vero grande ostacolo. Le idee e la
voglia ci sono, purtroppo siamo
ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei. In Italia, per esempio,
internet è una ‘scoperta’ troppo recente, anche da parte delle aziende. Insomma, siamo in ritardo,
arriviamo dopo e per competere
dobbiamo valere di più”.
Fin qui i limiti, poi anche
Tabarin, come Fontanili, indica la
strada da seguire: “La nostra manualità, la forza delle aziende piccole e medie – 10-15 dipendenti
– avrebbero potenzialità doppie
rispetto agli altri. Quel che è certo,
quindi, è che le potenzialità restano enormi. Bisogna puntare all’internazionalizzazione del made in
Italy, producendo nel nostro Paese
senza continuare a rincorrere produzioni in altre zone, fuori dall’Italia”. Ciò detto, la globalizzazione
è la sfida di oggi e del futuro, da
saper cogliere al meglio. “Molti di
noi vedono nel mondo globale il
primo dei nemici, la ragione per
la quale l’Italia e l’Europa hanno
perso forza – spiega ancora Fon-
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 27
Nicola Fontanili
Ricerca e innovazione possono fare la
differenza per le imprese che aspirano
al successo sui mercati esteri
Guido Chiti
tanili -. Al contrario penso che
l’imprenditore di oggi debba essere più dinamico, sempre in movimento. La globalizzazione è una
possibilità che tutti abbiamo per
esportare le nostre aziende, non
più solo i nostri prodotti”.
“La tendenza in direzione
di una maggiore globalizzazione è stata fortemente positiva:
flussi commerciali esportazioni/
importazioni, investimenti diretti
esteri, flussi internazionali di capitali. Una delle principali forze che
ha consentito la globalizzazione
economica è stata la tecnologia”,
è l’analisi di Andrea Vanni, 38
anni, socio e amministratore della
“Vanni Autotrasporti srl”, presidente dei Giovani Imprenditori di
Confindustria Lucca. Che spiega
ancora: “I giovani imprenditori, in virtù della globalizzazione
economica si devono confrontare
con nuovi concorrenti, ma hanno
anche maggiori incentivi e opportunità per accedere ai vari mercati
e alle fonti di informazione necessarie a creare un vantaggio competitivo persistente tramite l’inno-
Antonio Tabarin
vazione continua”.
“La globalizzazione ha generato, nel nostro settore, molta
qualità – afferma netto Vasco
Gallotti, 33 anni, vice presidente
dei giovani industriali di Lucca,
che da cinque anni lavora nell’azienda di famiglia, la “Ondulati
Giusti spa” di Altopascio, leader
nella produzione di cartone ondulato (1.900.000 fogli al giorno,
ovvero il 21 per cento del mercato
nazionale) –. Infatti, noi possiamo
proporre ai nostri clienti fogli di
cartone prodotti con delle carte
di origine estera le cui caratteristiche tecniche sono difficilmente
raggiunte dai produttori nazionali.
Questa qualità chiaramente ha un
costo: siamo, infatti, soggetti alle
ripercussioni dei mercati dai quali
ci forniamo”.
Vantaggi e svantaggi della
globalizzazione, dunque. Ma più
Andrea Vanni
i primi dei secondi: “La globalizzazione, intesa come accesso
condiviso all’informazione – conferma Gallotti –, esalta la qualità
in quanto, poiché ognuno ha accesso alle medesime informazioni
(si pensi a internet), la riuscita di
un’azienda piuttosto che di un’altra sarà legata alle caratteristiche
intrinseche del gruppo vincente”.
Ci sono poi le specificità di
ognuno. “Nel nostro settore, il
marmo, trattandosi di commercio
di materie prima, la difficoltà sta
più nell’approvvigionamento di
quest’ultime che non nella vendita delle stesse – spiega ancora Nicola Fontanili –. La competizione
è sempre più aspra soprattutto in
tempi di crisi. Per questo abbiamo
spostato i nostri orizzonti e oltre
ad importare marmi di pregio da
oltre dodici paesi nel mondo, da
febbraio dell’anno corrente ab-
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 28
COVER STORY / I NUOVI INDUSTRIALI - LUCCA, PISTOIA, MASSA CARRARA
Tempi lunghissimi
e grandi incertezze:
la macchina
burocratica blocca
le imprese
Vasco Gallotti
biamo avviato noi stessi attività
estrattiva in Africa, nello specifico
in Namibia”.
Nel marmo lavora anche Nicola Giannotti della“Carrara Costruzioni”, presidente dei Giovani
Imprenditori di Massa Carrara: “Il
settore edile, che vivo anche come
membro di consiglio sia della
Cassa Edile sia della Scuola Edile di Massa Carrara, sta subendo
un’involuzione a cui ogni impresa
ha dovuto reagire con una rivoluzione – conferma Giannotti –. La
vera missione del momento, più
dello straordinario sguardo sul futuro, è quello di salvaguardare un
presente che rischia di diventare
presto passato”.
“In questo contesto parlare di
globalizzazione e innovazione per
me risulta perlomeno difficile, almeno nel settore delle costruzioni – frena l’imprenditore carrarese
–. La nostra età ci impone però di
traguardare più avanti, utilizzando estremo realismo, perché fare
il passo più lungo della gamba
può, in questi momenti ancor di
più, distruggere quanto faticosamente costruito da noi e da chi ci
ha preceduto. Comunque – conclude Giannotti – bisogna essere
ottimisti perché, nonostante tutto,
siamo imprenditori e siamo giovani e il nostro compito è anche
quello di cercare sempre sfide
stimolanti e coinvolgenti”. Su un
aspetto, infine, tutti i giovani imprenditori intervistati sono d’accordo: la necessità di fare squadra,
di unire le forze. “Penso che l’associazionismo sia un momento
molto importante di confronto e
di crescita, così come credo che le
reti d’impresa, vista la situazione
in cui versa l’economia europea e
italiana, rappresentino non più il
futuro ma sempre più il presente
dell’imprenditoria”.
La vede così Nicola Fontanili
e nello stesso modo anche il suo
omologo lucchese, Andrea Vanni:
“Le varie fonti di aggregazione,
quali le associazioni industriali,
sono fondamentali per accedere a nuove idee e a conoscenze
implicite per il mercato. Nella
strategia di raggruppamento noi
imprenditori sfruttiamo i contatti con altre imprese nell’intento
di avere miglior accesso a nuove
idee e conoscenze”. Vanni porta
ad esempio proprio l’esperienza lucchese: “La collaborazione e
il connubio di alcuni fornitori di
tecnologia (impianti e macchinari
destinati a cartiere e cartotecniche) e imprenditori del mondo
cartario, integrandosi negli anni,
concentrandosi tra loro e internazionalizzando con strategie
commerciali, sono state le chiavi
del successo che vede il distretto
industriale cartario lucchese senza
rivali in Europa”.
Non la pensa diversamente
il presidente dei giovani imprenditori pistoiesi, Antonio Tabarin:
“L’Italia è fatta di campanili, di
rivalità, il che in certi contesti va
anche bene, fa parte della storia, a
volte del folklore ma nelle aziende
giovani le cose sono in movimento. Nella nostra area sta cambiando qualcosa, molti comuni stanno
agendo di più insieme alle imprese. La creazione di un nuovo mar-
Con la rete
d’imprese si cresce:
ma passare dalla
teoria alla pratica
è ancora molto
difficile
chio nato dalla collaborazione fra
Camera di Commercio, Confindustria e altre associazioni di categoria ed enti è la giusta risposta, è
il modo per promuovere il nostro
prodotto”.“L’unirsi in associazioni
di categoria può generare sicuramente dei benefici a patto che tutti
gli associati remino per il bene comune e non solo per il proprio torna conto – precisa Vasco Gallotti -.
In un momento economicamente
particolare, i buoni risultati, secondo una mia personale riflessione,
sono garantiti da un’onesta vita
d’impresa”.
Chiude il cerchio Chiti, più
disilluso dei suoi colleghi: “Il concetto reti d’impresa è molto di
moda. E’ un concetto molto bello,
è un via che si dovrebbe intraprendere, certo. Ma gli imprenditori toscani non hanno nel loro DNA la
caratteristica di stare assieme, gli
italiani in generale sono un popolo
di singoli eccezionali. Far gruppo
servirebbe – conclude Chiti – ma
per adesso passare dalla teoria alla
pratica è ancora molto difficile”.
Nicola Giannotti
CONFINDUSTRIA FIRENZE
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 30
Un format con
la regia del Presidente
Al Teatro del Maggio Fiorentino, l’Assemblea annuale di Confindustria Firenze,
innovativo format che lascia spazio ai contenuti e cattura il pubblico. Ospite a sorpresa
Sergio Marchionne, “per ricucire lo strappo con la città” sceglie la platea degli industriali
G
ià il luogo scelto, il
vecchio teatro Comunale di Firenze,
era carico di significato, ma
ancora di più il format dell’evento ha rotto gli schemi delle tradizionali liturgie delle
assemblee
confindustriali.
“Firenze at work”, è stato il
titolo scelto dagli impren-
ditori fiorentini per il loro
appuntamento pubblico annuale. Il “lavoro” della mattina è stato molto in linea con
il titolo dell’evento: sul palco
si sono alternati, in rapida
successione e con interventi
brevi ed efficaci i protagonisti della scena politica e
dell’imprenditoria toscana e
nazionale, incalzati dalle domande del padrone di casa: il
presidente di Confindustria
Firenze, Simone Bettini, che
li ha “gestiti” con sapiente e
simpatica fermezza riuscendo
in tal modo a tenere sempre
viva l’attenzione del numeroso pubblico presente in sala.
Sul palco si sono avvicenda-
ti - li citiamo rigorosamente
in ordine alfabetico e non in
ordine di intervento -: Andrea Barducci, presidente
Provincia di Firenze; Stefano
Casini Benvenuti, direttore
IRPET; Marcello Gobbini
di Artelinea; Karlheinz Hofer di Gucci; Jacopo Morelli,
presidente Giovani Imprendi-
CONFINDUSTRIA FIRENZE
tori Confindustria e vicepresidente Confindustria; Luciano
Nebbia, direttore regionale Toscana, Umbria, Lazio e
Sardegna di Intesa Sanpaolo;
Aurelio Regina, vicepresidente Confindustria; Matteo
Renzi, sindaco di Firenze;
Luca Rossettini della D-Orbit; Enrico Rossi, presidente
Regione Toscana e a sorpresa,
ospite di eccezione, Sergio
Marchionne, amministratore
delegato Fiat Group.
Platea qualificata e di eccezione, oltre 1000 i partecipanti, che hanno gradito l’innovativa formula del format
proposto: un vivace alternarsi
di interventi e dibattito incalzato e guidato dalle domande
del presidente Simone Bettini,
che in una inusuale – ma ben
riuscita – veste di intervistatore ha focalizzato la discussione sui punti importanti per
l’industria fiorentina e lanciato messaggi chiari e forti. “Basta mobbing allo sviluppo”.
E l’affermazione ha suscitato
l’applauso immediato della
platea. Ma Bettini ha chiesto
anche l’impegno di tutti gli
attori, imprese, associazioni
e istituzioni, affinché si possa “riportare il peso dell’industria sul nostro Pil sopra
il 25% con il ruolo trainante
della Firenze metropolitana”.
“Ci vuole una governance
dello sviluppo semplificata:
libera dal peso delle burocrazie: Città metropolitana e
unioni dei comuni.
Ci vogliono infrastrutture adeguate”, poi ha sottolineato ancora, “ci vuole un
sistema promozionale che
porti il mondo qui. Ci vuole
un sistema camerale che sia
agenzia di sviluppo per gli
imprenditori. Ci vuole una
‘Firenze Fiera’ con un vero
piano di rilancio industriale e
partner specializzati. E ci vuole ancora un centro congressi
adeguato. Ci vuole un sistema
creditizio vicino al territorio”.
Simone Bettini,
presidente di
Confindustria Firenze
apre i lavori
L’intervento
del presidente
della Regione Toscana
Enrico Rossi
Ospite di eccezione
all’Assemblea fiorentina
Sergio Marchionne,
AD Fiat
L’intervento
del sindaco di Firenze
Matteo Renzi
Luciano Nebbia, direttore
regionale Toscana,
Umbria, Lazio e Sardegna
di Intesa Sanpaolo
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 31
CONFINDUSTRIA FIRENZE
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 32
Gli spunti sono stati
raccolti dai rappresentanti delle istituzioni che sono
intervenuti e sono stati resi
ancora più efficaci dalle testimonianze degli imprenditori che si sono susseguiti sul
palco e dalle risultanze della
ricerca presentata dal direttore dell’Irpet che ha aperto
i lavori della giornata. Non
è mancata neppure una breve riflessione, sul tema della
riforma del sistema confindustriale con il dialogo a tre fra
il presidente di Confindustria
Firenze Simone Bettini e i vicepresidenti di Confindustria
Aurelio Regina e Jacopo Morelli.
L’ospite di eccezione ha
chiuso i lavori della mattina,
una mezz’ora tutto di un fiato
a tutto tondo, inframmezzata solo dagli applausi della
platea: Sergio Marchionne a
Firenze. “Marchionne ricuce
con Firenze” aveva titolato
un autorevole quotidiano cittadino, dopo lo strappo con
la città che si era consumato
mesi fa, con la “piccola povera
città”.
Un’assemblea ricca di
contenuti – per saperne di
più www.confindustriafirenze.it -, innovativa nella forma
a partire dalla scelta, voluta
dallo stesso presidente, di
non fare la tradizionale relazione, ma di interloquire
con gli ospiti. Innovativa anche per la presenza sul palco, di nutrita rappresentanza
di giovani imprenditori che
hanno fatto da cornice ai relatori. Infine, più che simbolico
il luogo voluto per l’evento:
il teatro del Maggio Musicale
Fiorentino. “Abbiamo scelto
di essere qui – ha spiegato in
apertura di assemblea il presidente di Confindustria Firenze, Simone Bettini – perché vogliamo bene al Maggio.
Il Maggio deve vivere, crescere, prosperare, produrre cultura per la nostra comunità”.
La testimonianza di
Karlheinz Hofer
di Gucci
Luca Rossettini
della D-Orbit
Stefano Casini Benvenuti,
direttore IRPET
presenta i dati economici
Marcello Gobbini
di Artelinea
espone il suo punto di vista
Il presidente della Provincia
di Firenze Andrea Barducci
CONFINDUSTRIA FIRENZE
Simone Bettini presidente di Confindustria Firenze
intervista i vicepresidenti di Confindustria Aurelio
Regina e Jacopo Morelli (alla destra di Bettini)
L’atteso incontro fra Sergio Marchionne e il sindaco di
Firenze Matteo Renzi
Il segretario generale della Cgil Toscana Alessio
Gramolati (a sin.) e Alessandro Profumo, presidente
del Monte di Paschi di Siena
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 33
Il presidente di Confindustria Firenze Simone
Bettini con il direttore di Confindustria Toscana e di
Confindustria Firenze Sandro Bonaceto
Il presidente di Confindustria Firenze Simone Bettini
riceve Sergio Marchionne al suo arrivo
Il presidente di Confindustria Toscana Pierfrancesco
Pacini (a sin.) e il presidente della Cassa di Risparmio
di Firenze, Giuseppe Morbidelli
CONFINDUSTRIA FIRENZE
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 34
Ugolini: l’energia
della passione
doma le fiamme
L’azienda distrutta da un rogo dopo venti giorni
aveva già riaperto la produzione. Ad un anno dal
tragico giorno Confindustria Firenze la omaggia
di un melograno, simbolo della rinascita
C
’era voluto una intera notte di lavoro per
domare le fiamme,
la temperatura all’interno della
struttura aveva raggiunto i 1.400
gradi. Dell’impresa Ugolini di San
Casciano Valdipesa, storica azienda di elettronica nel chianti fiorentino, non era rimasto che cenere, brandelli di cemento armato
del capannone e la tenacia di Umberto Ugolini e dei figli Simone e
Biancamaria. Era il 29 luglio del
2012. Una ventina di giorni dopo,
l’azienda aveva già riavviato la
produzione per non perdere le
commesse: in una tensostruttura
nel parcheggio dello stabilimento.
Il fabbricato della Ugolini è stato
smontato pezzo pezzo, risanato, bonificato, ricostruito. Oggi di
quell’impressionante rogo, sviluppatosi per cause accidentali, non
rimangono che le foto sulle scale
che portano agli uffici e le cronistorie dei quotidiani locali. Una
azienda, che nonostante i tempi
difficili si è rimboccata le maniche
e, grazie anche all’aiuto dei dipendenti, è risorta dalle sue ceneri.
Ad un anno esatto dal rogo
un nuovo ideale taglio del nastro
che Confindustria Firenze ha
omaggiato a sorpresa con simbolico benaugurante regalo: un
albero di melograno. “Da questa
azienda abbiamo ricevuto tutti
una grande lezione” ha sottolineato Simone Bettini, presidente di
Confindustria Firenze, alla consegna dell’albero. “Come nelle
aziende emiliane devastate dal
Mailing postalizzati, set grafici personalizzati, card, biglietti da visita,
inviti, depliant, folder, brochure, cataloghi, opuscoli punto metallico,
libri, calendari, locandine e manifesti.
Cartelline, espositori da banco e da vetrina, astucci, scatole,
prodotti di cartotecnica personalizzati.
terremoto, non ci si è mai fermati.
Nonostante le avversità, Umberto,
i suoi ragazzi e i suoi collaboratori
sono andati avanti. Questo vuol
dire essere imprenditori con il
cuore”.
Alla piantumazione del melograno, simbolo di rinascita, era
presente anche il consiglio direttivo della Sezione Fiorentina Sud
Chianti di Confindustria Firenze.
La foto è gentilmente concessa da
www.gazzettinodelchianti.it
Corso Carducci, 34 · 58100 Grosseto
tel. 0564.414271 · fax 0564.415978
[email protected]
w w w. s o l u z i o n i p e r l a s t a m p a . i t
CONFINDUSTRIA SIENA
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 36
L’area in cui si allestirà Expo 2015
La Toscana del Sud verso
l’Expo 2015
Le opportunità per le imprese e il territorio, a Siena un convegno dedicato a Expo 2015
E
xpo 2015 rappresenta un’occasione
da non perdere per
far conoscere meglio i nostri
prodotti e il nostro territorio
a tutti coloro che verranno
“
per l’occasione in Italia”.
Così ha introdotto Cesare Cecchi, presidente di
Confindustria Siena, a nome
anche dei presidenti di Confindustria Arezzo e Gros-
seto, il convegno dal titolo
“La Toscana del Sud verso
l’Expo 2015” svoltosi presso
La Bagnaia Resort nel mese
di giugno, sulle opportunità
che questo evento di rilievo
mondiale rappresenterà per
le imprese italiane e quelle
del territorio toscano in particolare.
Dopo il saluto di Bruno
Valentini, sindaco di Siena,
Concept di Expo 2015
CONFINDUSTRIA SIENA
e di Gabriele Gori, responsabile Area Corporate Banca
Monte dei Paschi di Siena, si
è svolta una tavola rotonda
con Paolo de Castro, presidente Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del
Parlamento Europeo, Alberto
Mina, direttore Affari istituzionali ed Eventi Padiglione
Italia-EXPO 2015, Giuseppe Oriana, delegato dalla Presidente Diana Bracco
per i rapporti con territorio
e sistema delle imprese associate a Confindustria con
il Padiglione Italia e coordinatore di EXPO 2015 per la
Toscana, Paolo Ernesto Tedeschi, responsabile Segreteria
Presidente Regione Toscana e
Stefano Giovannelli, direttore Toscana Promozione.
Giovanni Inghirami, vice
coordinatore per la Toscana
per EXPO 2015, ha poi introdotto le domande degli
imprenditori presenti che
hanno potuto chiarire dubbi
e conoscere meglio le proprie
opportunità: una modalità di
interazione tra le aziende e le
istituzioni, che ha permesso
appunto alla platea di chiarire e conoscere i punti trattati
durante la tavola rotonda.
“Sottolineo – ha detto il
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 37
presidente Cecchi – che questo convegno fa parte di un
percorso di azioni messe in
atto da Confindustria Siena,
in collaborazione con le territoriali di Arezzo e Grosseto, che mirano a rafforzare
l’importanza del manifatturiero, in particolare agroalimentare, e del turismo per il
rilancio dell’economia della
nostra area”.
Ha continuato Cecchi:
“Infatti i nostri prodotti devono necessariamente essere
connotati localmente e quindi legati al nostro territorio.
Confindustria Siena, Arezzo e Grosseto continueranno quindi nel proprio lavoro di proposte pragmatiche
e realizzabili per il rilancio
dell’economia locale. Continueranno anche nel proprio
lavoro di formazione alla
cultura di impresa e supporto alle aziende che maggiormente in questo periodo
hanno bisogno di supporti e
consigli.
Se è vero – ha concluso
il presidente di Confindustria
Siena – che con questa crisi finirà un mondo, è anche
vero che ne nascerà un altro.
E noi dobbiamo essere pronti
al cambiamento”.
Bruno Valentini, sindaco di Siena
La platea
Expo 2015: un’occasione per far conoscere
le aziende, i prodotti, il territorio della
Toscana del sud
La platea
Concept di Expo 2015
Concept di Expo 2015
CONFINDUSTRIA SIENA
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 38
“Io non navigo a
vista”: aperte le
iscrizioni al corso
Nuova edizione per il percorso formativo di Confindustria
Siena, per favorire i processi di miglioramento continuo
S
ono aperte le iscrizioni per la prossima edizione di “Io
non navigo a vista”, il percorso formativo proposto da
Confindustria Siena ai propri
Associati e non, che prevede
in particolare la possibilità
di valutare le tecniche utili
al processo di miglioramento continuo e allo sviluppo di
modelli organizzativi più efficienti e costo-efficaci.
Dopo la prima edizione
rivolta al gruppo Giovani Imprenditori e la seconda riservata ad imprenditori associati
a Confindustria Grosseto,
la terza ha visto la partecipazione di quindici imprese
i cui soci o amministratori
hanno potuto avvicinare gli
strumenti e le tecniche più
aggiornate per la gestione
aziendale.
Il corso si è concluso a
fine giugno con una lezione
sulle ultime tendenze osservate nei modelli di organizzazione aziendale. Il cosiddetto “Management 2.0” si
sta ormai affermando in realtà anche più evolute di quella
locale come uno dei sistemi
innovativi per disegnare i
processi decisionali e di condivisione delle informazioni all’interno delle imprese.
Non sono mancati esempi e
visite a realtà imprenditoriali
del territorio che hanno già
implementato almeno alcuni
di tali strumenti.
Tra queste da segnalare l’incontro con Readytec
S.p.A., una delle realtà più
significative nell’ambito della
fornitura e customizzazione
di software gestionali con filiali a Colle Val d’Elsa, Roma,
Firenze, Arezzo, Milano e
Monza Brianza, operante
da oltre 30 anni nel mercato. Durante la visita svoltasi presso la sede di Chiusi, i
partecipanti hanno potuto
verificare attentamente le
modalità di implementazione
dell’ultimo nato tra gli applicativi informatici più avanzati
per la gestione dei rapporti
con i clienti (il sistema di Customer Relationship Management VTE) e di un sistema
evoluto per l’archiviazione
digitale dei documenti, che
come ormai consentito dalla
legge, consente alle aziende
di ridurre in modo significa-
tivo tempi, spazi e costi per la
tenuta della documentazione
oltre che una sua immediata
reperibilità e gestione.
Readytec S.p.A. è stato partner dell’iniziativa al
pari di Chianti Banca Credito
Cooperativo che, come nella prima edizione, ha fornito proprio personale per la
lezione dedicata al mondo
della finanza aziendale. Con
un approccio di taglio molto pratico e con l’intento di
instaurare un dialogo tra la
parte imprenditoriale e quella bancaria, è stato fatto un
quadro sull’evoluzione del
rapporto banca-impresa ponendo l’accento sugli elementi che oggi incidono sul
buon esito di una domanda
di fido e su come le imprese
opportunamente
debbano
affiancare ai canali tradizionali di finanziamento forme
di copertura diversificate (in
particolare con un’attenzione
alle finalità di capitalizzazione).
Chianti Banca Credito
Cooperativo è oggi una realtà
consolidata sul territorio a cavallo delle province senese e
fiorentina, con una presenza
di circa 40 filiali ed una solidità patrimoniale di assoluto
spessore per la categoria. In
un periodo di difficoltà come
quello attuale la possibilità di
rivolgersi ad un interlocutore
vicino alle esigenze del territorio rappresenta un fattore
da tenere in considerazione
se non altro come complemento in una strategia di finanziamento complessiva.
Per tutte le aziende interessate a partecipare alla
prossima edizione è possibile segnalare la propria
adesione scrivendo una email all’indirizzo: info@
confindustria.siena.it
Un corso che offre
gli stumenti per
“navigare” con
successo nel mondo
imprenditoriale
Un momento del corso
CONFINDUSTRIA SIENA
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 39
Fondi strutturali
Europei: quali
strategie?
Un incontro per l’informazione e l’aggiornamento delle
imprese sulle opportunità di finanziamento
N
el mese di luglio
Confindustria Siena ha organizzato
presso la propria sede di via
dei Rossi un seminario dal titolo “La Programmazione dei
Fondi Strutturali Europei 20142020”.
Vi sono state illustrate le
caratteristiche dei nuovi bandi
comunitari e regionali, i settori di intervento, le finalità e le
strategie consigliate alle aziende per il finanziamento dei
propri progetti di sviluppo e
investimento.
Sono intervenuti Livio
Stefanelli, dell’ufficio di collegamento con le istituzioni comunitarie a Bruxelles della Regione Toscana e Paolo Tedeschi,
segreteria del Presidente della
Regione Toscana, che hanno
illustrato le novità della nuova
programmazione dei fondi comunitari per il periodo 20142020.
“La particolarità dell’evento – ha detto Alessandro Coppi,
dell’Area Finanza di Confindustria Siena – è stata la possibilità per le aziende di venire a
contatto con due rappresentanti istituzionali ma effettiva-
Il tavolo dei relatori
mente operativi nel settore dei
bandi UE.
Questo ha permesso domande e chiarimenti importanti per le strategie da adottare per i progetti aziendali per la
cui consulenza alla redazione
e presentazione Confindustria
Siena è a disposizione degli
Hotel Minerva, nel cuore di Siena
Via Garibaldi, 72 • 53100 Siena (Italy) • Tel. +39 0577 284474
www.albergominerva.it [email protected]
Offerte Speciali per gli Associati Confindustria
Associati”.
Confindustria Siena si
conferma attiva quindi nell’informazione e nell’aggiornamento delle imprese sulle
opportunità future in tema di
finanziamento per investimenti
in ricerca, sviluppo, innovazione e aggregazione.
CONFINDUSTRIA SIENA
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 40
Sinnova,
formazione per
l’innovazione
Tra gli obiettivi del progetto “Sinnova” lo sviluppo e la
ricerca di nuovi materiali
A
ssoservizi Siena e
Fondimpresa,
in
partenariato con il
Dipartimento di Architettura
dell’Università degli Studi di
Firenze, realizzano il progetto
AVI/74/11 SINNOVA - Percorso di Formazione per l’Innovazione delle PMI manifatturiere
senesi (Avviso 3/2011 Fondimpresa) che coinvolge ASF Enterprise S.r.l., Capannoli S.r.l.,
Digar S.r.l., Etrusca S.p.A.,
KW Apparecchi Scientifici
S.r.l., Tecna S.p.A. e Zapet
S.r.l.
Tra gli obiettivi che si in-
tendono realizzare vi sono lo
sviluppo e la ricerca di nuovi
materiali e la produzione di
articoli per ampliare la gamma dei prodotti; trovare nuove
strategie di comunicazione sul
modello web 2.0; ottimizzare i
costi di smaltimento e favorire una maggiore sostenibilità
ambientale dei prodotti; sviluppare competenze di carattere
trasversale per gestire processi
di innovazione tecnologica ed
organizzativa; promuovere una
cultura dell’efficienza, in grado di poter facilmente rispondere ai repentini cambiamenti
del mercato con nuovi prodotti
innovativi e ecosostenibili; migliorare la definizione di ruoli,
mansioni, deleghe e responsabilità all’interno dell’impresa;
individuare nuove opportunità
di business, focalizzandole sulla
possibilità di creare un prodotto
innovativo; diffondere la cultura
lean e dell’efficienza, la cultura
della riduzione degli sprechi e
dei costi attraverso un sistema
di comunicazione efficace.
Ricordiamo inoltre che
FONDIMPRESA, il fondo
interprofessionale per la formazione aziendale, concede,
mediante gli Avvisi 3/2013 e
4/2013, contributi aggiuntivi
rispetto alle risorse già accantonate dalle imprese aderenti
nei rispettivi Conti Formazione,
per finanziare la formazione dei
propri lavoratori. Le aziende
interessate ad approfondire le
opportunità offerte dagli avvisi,
anche ai fini di valutare l’adesione a Fondimpresa, sono invitate a contattare l’AREA FORMAZIONE di Confindustria
Siena (responsabile Alessandro
Botti – tel. 0577 257225 - fax
0577 283025 – e-mail: a.botti@
confindustria.siena.it).
SINNOVA
Progetto AVI/ 74/ 11
Percorso di Formazione per l'Innovazione delle PMI manif atturiere senesi
( Avviso 3/ 2011 Fondimpresa)
in p art enariat o con il Dip art iment o d i Archit et t ura d ell'U niversit à d eg li St ud i d i Firenze
Hanno cred ut o al p rog et t o:
ASF Enterprise Srl, C apannoli Srl, Digar Srl, Etrusca SpA,
KW Apparecchi Scientifici Srl,
Tecna SpA, Zapet Srl
TECNOPEL: PELLI ECOLOGICAMENTE TRATTATE
TECNOLOGIA E ARTIGIANALITÀ AL SERVIZIO DELL’ALTA GAMMA
Tecnologia a disposizione dell’esperienza.
Cura nei dettagli come solo sapienti mani riescono
a lavorare. Alta tecnologia per il trattamento delle
pelli.
L’azienda conciaria Tecnopel Srl di Fucecchio
lavora i suoi prodotti con un sistema
all’avanguardia, che prevede l’eliminazione di
elementi nocivi alla pelle come i residui di metalli,
conferendo al pellame (selezionato tra i più
pregiati) caratteristiche assolutamente ecologiche.
Tecnopel nasce nel cuore del distretto del Cuoio di
Santa Croce sull’Arno, dall’esperienza pluriennale
del suo fondatore Francesco Santini. Oggi,
l’azienda è sinonimo di qualità, innovazione, gusto
e tradizione Made in Italy.
Gran parte della produzione di Tecnopel Srl è
destinata al mondo delle calzature, ma l’azienda
vanta clienti sempre più numerosi anche nella
pelletteria di lusso.
Professionalità e puntualità nelle consegne:
Tecnopel riesce a soddisfare sempre le esigenze dei
propri clienti e mantenere la propria posizione nel
mercato.
L’azienda, che conta una quindicina di dipendenti
e genera un indotto di quasi un centinaio di
addetti, segue tutte le fasi della lavorazione e del
trattamento delle pelli, realizzando produzioni
uniche e pregiate.
Tecnologia a disposizione dell’esperienza.
Nelle sue lavorazioni Tecnopel coniuga la tecnica
avanzata dei macchinari di ultima generazione
alla sapiente artigianalità della tradizione,
garantendo un risultato impeccabile in ogni
dettaglio, rigorosamente Made in Italy.
publiredazionale
CONFINDUSTRIA AREZZO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 42
Un momento dell’intervento del presidente Fabianelli
Crescere si può, si deve!
Andrea Fabianelli: “Dobbiamo assolutamente crescere, se non vogliamo soccombere”
L
’Assemblea generale
degli industriali aretini
di quest’anno aveva un
titolo che bene evidenziava cosa
sia necessario fare: crescere per
non soccombere.
Ad aprire l’assemblea, svoltasi lo scorso 3 luglio presso
l’Auditorium di Arezzo Fiere e
Congressi, il Presidente Andrea
Fabianelli che, con una relazione sintetica ma incisiva, ha
voluto guardare avanti e non
indietro, annunciando l’esito positivo dell’assemblea privata in
merito alla votazione sui processi
di crescita per aggregazione che
stanno interessando anche le Associazioni Industriali, compresa
quella di Arezzo, che da tempo è
alleata con le Associazioni di Siena e Grosseto. Fabianelli ha poi
ricordato la necessità di attuare
subito le proposte del “Progetto
per l’Italia” preparato da Confindustria in occasione delle ultime
elezioni: “Due sono le cose che
è essenziale cambiare nel nostro
Paese iniziando domani – ha
spiegato il Presidente – la riduzione del carico fiscale sul lavoro e sulle imprese e l’ipertrofia
burocratica che avvolge il nostro
Paese”. Scendendo poi a livello
locale, Fabianelli ha asserito: “Se
crediamo negli obiettivi nazionali
a sostegno del rilancio manifatturiero, nostro compito è tradurre nel territorio i principi in azioni
concrete e coerenti. Dobbiamo
scrivere insieme l’agenda delle
cose da fare, darci tempi, metodi
e momenti di verifica. La Camera di Commercio può essere la
cabina di regia, il luogo di sintesi del sistema associativo per il
confronto con gli amministratori.
Non ci possiamo più permettere
errori nella programmazione del
territorio, come non possiamo
permettere che il territorio sia
ostaggio di comitati e di minoranze rumorose. Nonostante la
crisi, nonostante la fortissima
stretta creditizia ancora in atto,
nel nostro territorio si continua
ad investire ed a voler investire,
sia nelle piccole e medie imprese, sia nelle grandi” ha detto Fabianelli, citando alcuni esempi a
dimostrazione della vitalità degli
imprenditori. L’Associazione Industriali, secondo il Presidente
“non può più essere solo luogo
di servizi o punto di riferimento
per le politiche industriali. Deve
essere sempre più il luogo della
collaborazione fra imprenditori”
e cita i casi di gruppi di aziende
che si stanno muovendo insieme,
aprendo show-room all’estero,
creando reti nella green economy
e nell’alimentare, progettando
iniziative per rafforzare le filiere produttive dell’oro moda, e
azioni di rilancio per il turismo, i
centri storici, l’edilizia.“Più associazionismo e più collaborazione fra le associazioni è la strada
per superare insieme i problemi
comuni” ha spiegato Fabianelli,
che poi ha esortato all’impegno
comune imprenditori, banche,
sindacati, amministratori e politici e ha concluso la sua relazione
con una riflessione: “Nessuno
può convincere qualcuno a fare
l’imprenditore. Ma un solo evento può costringerlo a non farlo”.
Dopo il saluto del Vice Ministro russo dello sport Pavel
Kolobkov, che in serata ha partecipato a Castiglion Fiorentino
alla premiazione del Fair Play
Mecenate, patrocinato da Confindustria Arezzo, l’intervento di
Rocco Girlanda (Sottosegretario di Stato Ministero delle Infastrutture e dei Trasporti) che ha
elencato obiettivi ambiziosi, definendo “arterie vitali per il centro
Italia e per tutto il nostro Paese”
la E78 e la E45, “opere strategiche per superare finalmente il
gap strutturale Nord/Sud troppo
spesso confinato dalla linea degli Appennini. Infatti queste due
strade incrociandosi unirebbero
CONFINDUSTRIA AREZZO
l’Italia in lungo e in largo, tracciando nella terra dell’Umbria
un ideale ombelico del nostro
bel Paese” ha spiegato Girlanda,
che ha messo anche in evidenza
“l’importanza che assumono in
un Paese come il nostro i piccoli
Comuni, all’interno dei quali vivono le piccole imprese che sono
la linfa dell’economia nazionale”.
Quindi il professore emerito di Statistica Economica Luigi
Biggeri ha presentato la terza
edizione del “Rapporto annuale
sull’economia aretina”di Confindustria Arezzo: “Come messo in
evidenza dal Centro Studi Confindustria, la profonda e lunga
recessione ha avuto un impatto
devastante sul sistema economico e sociale del nostro Paese, in
particolare sull’apparato industriale – ha detto Biggeri – quasi
tutti gli indicatori economici e
sociali presentano variazioni negative, sia in termini strutturali
che congiunturali: sono cadute
la produzione (è crollata l’edilizia), gli investimenti, i consumi,
i posti di lavoro, e così via. Ciò
è avvenuto anche se con minor
intensità in Toscana e, pur con
differenze tra i vari settori, anche
in provincia di Arezzo. Soltanto
l’export mostra segnali di ripresa,
più consistente nella nostra provincia, e si dimostra ancora una
volta la leva fondamentale per
lo sviluppo economico. Tuttavia
l’export da solo non basta! Dato
che la domanda interna sta cadendo sempre più – ha spiegato
Biggeri – siamo in attesa di una
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 43
Carlo Dell’Aringa, Andrea Fabianelli
Antonella Mansi
ripresa che però sarà a passo lento e che richiede, per essere duratura, strategie e obiettivi di sistema condivisi e implementati in
modo coeso da tutti gli operatori
pubblici e privati, in particolare
a livello territoriale”. Il professore ha poi illustrato le principali
problematiche che si dovranno
affrontare in relazione alle modifiche dei comportamenti delle
imprese, in termini di equilibrio
finanziario dei loro bilanci, e delle famiglie, in termini di stile di
vita e di struttura delle loro spese
per consumo. “E’ certamente opportuno considerare a quest’ultimo riguardo lo sviluppo di azioni
per aiutare i giovani per l’affitto e
l’acquisto dell’abitazione e, in tal
modo, dare anche una boccata di
I relatori dell’assemblea
È necessario agire sul territorio, per il
rilancio del manufatturiero
ossigeno all’edilizia che è sempre un volano dell’economia e,
soprattutto, dello sviluppo della
domanda interna” ha affermato
Biggeri.
Poi l’intervento di Carlo
Dell’Aringa (Sottosegretario di
Stato Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali) che ha detto:
“Le misure del Governo sono
i primi passi importanti di un
percorso che dovrà includere, da
una parte, importanti interventi
sul fronte della riduzione della
pressione fiscale sulle imprese e
sul lavoro, e dall’altra, misure a
favore dei giovani per aumentarne l’occupazione, utilizzando in
particolare, il programma europeo di “garanzia dei giovani” che
sarà lanciato all’inizio dell’anno
prossimo”. Roberto Luongo
(Direttore Generale ICE Agenzia per la promozione all’estero
e l’internazionalizzazione delle
imprese italiane), ha spiegato:
“La nuova Agenzia ICE vuole
essere il partner ideale delle imprese per competere sul mercato
globale. Per potenziare la naturale propensione all’export dei
territori più dinamici del Paese,
come quello aretino, l’ICE offre informazioni strategiche sui
mercati esteri più promettenti,
assistenza personalizzata, promozione del prodotto e servizi
formativi per l’internazionalizzazione. Sono questi i fattori chiave
per supportare le nostre aziende
e far ripartire la crescita”.
L’assemblea è stata conclusa dalle considerazioni di Antonella Mansi (Vice Presidente di
Confindustria per l’Organizzazione): “Non c’è un male oscuro
che condanna Arezzo, o questa
Regione o questo Paese. Chi è
rassegnato al declino ha sbagliato assemblea ma è finito anche
il tempo degli illusionisti, di chi
pensa cioè che per ripartire sia
sufficiente attendere l’inversione
del ciclo internazionale – ha detto Mansi – la nostra crescita era
già insufficiente prima della crisi;
trascurare questa patologia significa renderla cronica, con gravi
conseguenze per la stessa tenuta
sociale. La ripresa non sarà un
pasto gratis per nessuno, mai
come questa volta. Al centro di
tutte le agende devono stare sia
la ripartenza, sia la reindustrializzazione, indispensabile per ricreare lavoro e benessere, perché
l’industria è la sala macchine del
Pil. Ricordando che ‘agenda’ viene dal verbo ‘agire’ rapidamente
su tutte le nostre zavorre competitive: dalla fiscalità opprimente
sulle imprese e il lavoro, alle semplificazioni, alle infrastrutture, al
credito”.
CONFINDUSTRIA AREZZO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 44
Il miglior momento per
piantare un albero era
vent’anni fa. Il secondo
momento è adesso
Le nostre imprese verso il futuro: scelte strategiche e passaggio generazionale.
L’ottimizzazione del rapporto famiglia-impresa: errori frequenti e possibili soluzioni
di Francesco Massignani
L
E SFIDE PER LE
IMPRESE FAMILIARI CON IL TRASCORRERE DEL TEMPO
L’impresa familiare costituisce il modello operativo che
maggiormente rispecchia le
caratteristiche della cultura imprenditoriale italiana: creatività,
tenacia, grande laboriosità.
In Italia si stima che circa il 90% delle imprese siano
di tipo familiare ma l’impresa
familiare costituisce, in tutto il
mondo, la forma più comune di
impresa.
La Toscana e la realtà aretina non fanno certo eccezione:
un’indagine dell’Economist ha
evidenziato che tra le quindici
aziende familiari più antiche al
mondo, otto sono italiane e, di
queste, tre sono toscane. La Camera di Commercio di Arezzo
ha stimato che, nel 2005, il 55%
delle aziende aretine guidate da
un vertice di età superiore ai 60
anni avrebbe, nell’arco di qualche anno, affrontato la prospettiva del ricambio generazionale.
Il tema del rapporto FamigliaImpresa e del passaggio generazionale ha dunque oggi un
rilievo particolarmente considerevole.
Elemento
distintivo
dell’impresa familiare è la compresenza di Famiglia e Impresa.
Famiglia e Impresa sono due
istituti che nascono con finalità diverse: la Famiglia assicura
affetto, protezione, solidarietà;
di fatto, è la sede posta a protezione delle uguaglianze. Al
contrario, l’Impresa è la sede del
rischio, della competizione e del
merito; in altri termini, è l’istituto che deve saper gestire al meglio le differenze tra individui ai
fini dello sviluppo, della competitività e della creazione di valore. L’impresa familiare si trova
CONFINDUSTRIA AREZZO
a cavallo tra i valori tipici della
Famiglia e quelli dell’Impresa.
Assicurare pertanto un corretto equilibrio tra le necessità
dell’una e dell’altra è una sfida
complessa, ma irrinunciabile.
(Vedi figura 1)
Il trascorrere del tempo
rappresenta una notevole insidia rispetto alla preservazione
di questo delicato equilibrio.
Secondo dati europei, circa
l’85% delle imprese familiari
scompare entro la terza generazione mentre due terzi non
superano la seconda.
Ciò nonostante, studi dimostrano che se le criticità sono
opportunamente affrontate e
gestite con debito anticipo, il
modello dell’impresa familiare
è nettamente vincente e capace di performance più elevate
rispetto alle altre tipologie di
impresa.
ALCUNI ERRORI FREQUENTI
NEL RAPPORTO FAMIGLIAIMPRESA
L’esperienza mostra che
nella stragrande maggioranza
dei casi in cui il legame tra Famiglia e Impresa è andato in crisi,
ciò è avvenuto per uno o più dei
seguenti motivi:
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 45
Tutela dell’impresa,
tutela della famiglia,
flessibilità:
le esigenze da
salvaguardare
• Non rispetto dei ruoli
• Privilegio della parentela a
scapito del merito
• Mancanza di criteri per familiari in azienda
• Carenza di informazioni
• Mancanza di chiarezza circa
chi deve decidere cosa
• Ritrosia verso contributi esterni
• Mancanza di processi strutturati nella gestione operativa
• Imbarazzo/continuo rinvio vs.
temi importanti, per non toccare
equilibri delicati (e spesso fragili!).
Infine, un errore frequente
consiste nel limitare le “soluzio-
Se le criticità sono affrontate in
anticipo, il modello dell’impresa
familiare è vincente
FAMIGLIA
(protezione
e
solidarietà)
Impresa
familiare/
Famiglia
imprenditoriale
IMPRESA
(rischio e
competizione/
meritocrazia)
Fig. 1 Famiglia, Impresa e... Impresa familiare
ni”solo agli aspetti fiscali e legali: la posta in gioco è ben altra.
ASPETTI FONDAMENTALI
DA TUTELARE/ASSICURARE
E POSSIBILI AREE DI INTERVENTO
Nelle imprese familiari
emergono chiaramente tre esigenze fondamentali da salvaguardare in contemporanea e
in modo coordinato: la tutela
dell’Impresa, la tutela della
Famiglia e la flessibilità delle
soluzioni adottate, in relazione ai continui mutamenti che
intervengono sia all’interno che
all’esterno dell’azienda.
A fronte di tali priorità, due
strumenti di intervento risultano particolarmente utili per
l’ottimizzazione del rapporto
Famiglia-Impresa:
• Patti/Costituzioni di Famiglia
Il Patto/Costituzione di
Famiglia (diverso dal “Patto di
Famiglia” ex lege) dovrebbe
rappresentare, per il rapporto
Famiglia-Impresa, ciò che la
Costituzione rappresenta per
un Paese: la sintesi dei Valori,
delle Regole e dei Meccanismi
di Funzionamento fondamentali che uniscono le diverse generazioni (quali, ad esempio, le
regole per il rispetto dei ruoli, i
criteri per l’ingresso e la carriera
dei familiari in azienda, i criteri
rispetto ai coniugi, le regole per
la circolazione delle quote pro-
prietarie, ecc.). L’obiettivo è di
creare uno schema comune di
riferimento e prevedere soluzioni per neutralizzare i rischi a
cui gran parte delle imprese familiari è soggetta.
• Sviluppo delle conoscenze e competenze necessarie per svolgere in modo
eccellente il ruolo di Proprietario
I ruoli operativi di Amministratore con deleghe o
di Dirigente si possono e, in
mancanza di qualità equivalenti, si devono delegare a
persone non appartenenti alla
famiglia. Al contrario, svolgere
il ruolo di Proprietario in modo
inadeguato non significherebbe
delegare, ma abdicare. In sostanza, è necessario che tutti – attivi
o non attivi nell’impresa familiare – acquisiscano le conoscenze
e le competenze che permettono di gestire consapevolmente
e responsabilmente il proprio
patrimonio, di tutelare e sviluppare, attraverso le generazioni,
l’eredità, anche morale, della
famiglia, di svolgere in modo
valido il ruolo di Proprietario ed
eventualmente di membro del
Consiglio di Amministrazione.
Gli elementi la cui conoscenza
è necessaria comprendono, tra
gli altri: basi dell’Economia e
della Finanza, capacità di interpretare il bilancio dell’impresa, conoscenze di base di
diritto societario.
CONFINDUSTRIA AREZZO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 46
Un momento della tavola rotonda
Arezzo, capitale della
Net Economy
I vertici di Cisco, Google Italia e Youtube si sono riuniti ad Arezzo per discutere di nuovi modelli digitali
G
iganti come Google,
YouTube e Cisco lo
scorso 12 luglio si
sono dati appuntamento ad
Arezzo per discutere di accelerazione dei nuovi modelli
digitali, dove TV, musica, film,
internet, mobile, contenuti,
proprietà intellettuale, applicazioni software, telecomunicazioni e innovazione
tecnologica, alimentano una
trasformazione trasversale di
molti settori economici e comportano una profonda riflessione su diritti e doveri, sulla
modernizzazione delle norme
e sulla creazione di nuove opportunità.
La tavola rotonda, organizzata dal Gruppo Terziario e
Servizi Innovativi di Confindustria Arezzo in collaborazione
con SIAE (Società Italiana Autori ed Editori), nell’ambito di
Arezzo Wave Love Festival, si è
svolta presso la sede dell’Associazione Industriali.
Al summit erano presenti:
Manlio Mallia (Vice Direttore
Generale SIAE), Enrico Bellini
(Direttore Policy Italia Google/YouTube), Marco Salvadori
(Direttore mondiale broadcasting Cisco), Alessandro Rossi
(Direttore editoriale Soldi Web
e Bluerating.com), Roberto Bedani (Direttore Confindustria
Digitale), Marco Migli (Direttore Toscana Media Channel),
Maria Grazia Cerè (Amministratore delegato Gruppo
Terra), Giuseppe Bistoni (Vice
Presidente Arezzo Notizie) e
Mirko Lalli (Direttore marketing e comunicazione di Cloud
Italia).
I lavori sono stati aperti da
Mark De Simone (Presidente
Terziario avanzato di Confindustria Arezzo), che spiega:
“Abbiamo parlato dei nuovi
scenari della comunicazione
digitale e dei conseguenti nuovi diritti che ne scaturiscono, in
particolare abbiamo discusso
di diritto d’autore nell’era del
Cloud, opportunità che si stan-
no costruendo per gli autori e
per le catene del valore che non
esistevano fino a poco tempo
fa, diritto alla privacy e dovere all’informazione, ma anche
di musica, film e televisione
nell’epoca della banda ultra
larga e di come funzioneranno
economicamente i nuovi modelli. Abbiamo affrontato temi
come: dematerializzazione e
implicazioni sulla conoscenza,
mobility e ubiquità di interconnessione: come si trasforma
l’entertainment, il software, il
sociale; nascita di nuove forme
di entertainment; come cambierà il mondo della pubblicità
e i nuovi servizi che potranno
essere forniti ai consumatori”.
L’evento è stato trasmesso
in diretta streaming.
La comunicazione digitale apre nuovi
scenari e richiede nuove regole
CONFINDUSTRIA GROSSETO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 48
Credit Crunch, Credit Funds:
cosa serve alle imprese
Normative fiscali e accesso al credito: contributo di Mario Salvestroni, presidente di Confindustria Grosseto
M
ario
Salvestroni,
presidente di Confindustria
Grosseto, in rappresentanza della
Commissione Credito e Finanza
di Confindustria Toscana, il 16
luglio scorso ha partecipato a
una riunione con il Ministro Saccomanni e con altri autorevoli
esponenti del Ministero dell’Economia, del Tesoro, della Banca
d’Italia e della Cassa Depositi e
Prestiti sul tema: “Credit Crunch,
Credit Funds”, in cui ha presentato delle proposte per modifiche normative sia fiscali che per
l’accesso al credito a favore delle
imprese.
Scopo della riunione era
quello di proporre nuove idee di
finanza per l’impresa per contrastare la terza ondata del Credit
Crunch, che si sta manifestando
più acuta e incisiva delle precedenti. A settembre è previsto un
successivo incontro per la sintesi
comune delle idee e per entrare
rapidamente nella fase operativa.
“La strategia di emergenza
che ho proposto a questi autorevoli interlocutori – osserva Salvestroni –, si basa sul riconoscimento che le riforme strutturali
quantunque indispensabili per la
sopravvivenza della nostra economia interna sono ormai tardive, quindi, obtorto collo, l’Italia
deve implementare urgentemente una terapia d’urto che produca
un impulso alla ripresa economica, anche limitato nel tempo (4/5
anni), con la garanzia che durante questo periodo, in parallelo,
il Governo metta in esercizio le
nuove regole di funzionamento
del Sistema Italia”.
A seguire il testo, del contributo di Mario Salvestroni in versione integrale.
IL CONTESTO
La congiuntura economica
recessiva ha evidenziato i limiti
del sistema italiano di finanziamento alle PMI eccessivamente
“bancocentrico”.
La crisi economica così diffusa e duratura sta letteralmente
minando la sopravvivenza delle
PMI che operano sul mercato
interno, colpite mortalmente da
attacchi contemporanei sui seguenti fronti:
1. Cuneo fiscale/contributivo che nel 2012 ha superato il
53%;
2. Pressione fiscale intollerabile, il TTR (Total Tax Rate) cioè
la pressione fiscale e contributiva
totale a carico delle imprese italiane ha superato il 70%: e questo
è solo il valore medio, perché in
caso di scarsa redditività, la tassazione totale può essere ben superiore al 100% dell’utile lordo;
3. Introduzione nel tempo
di norme fiscali che nel loro insieme costituiscono una sorta di
“Minimum Tax” (imposte che
dispiegano i loro perversi effetti
indipendentemente dal risultato
di esercizio).
Lo Stato ha voluto garantire la stabilità del gettito fiscale
chiamando a contribuire anche le
imprese in perdita, infatti, IRAP,
addizionale regionale IRAP, IMU
(su gli immobili strumentali),
Tares, maggiori indetraibilità dei
costi aziendali (detrazione costi su auto aziendali dal 40% al
20%) sono state recentemente
inasprite, nonostante la fase recessiva già in atto. Il mantenimento forzato del gettito, anche
per un periodo ridotto, provoca
la cessazione inevitabile delle
imprese più deboli, con costi economici e sociali, molto superiori
ai precari benefici;
4. Burocrazia a carico delle PMI, asfissiante, costosa, incomprensibile, incerta, aleatoria,
spesso inutile e dannosa, capace
di introdurre tempi lunghissimi
CONFINDUSTRIA GROSSETO
per la cantierabilità dei progetti:
un contrasto efficacissimo allo
sviluppo economico;
5. Brusca e insostenibile
riduzione da parte del sistema
bancario della liquidità messa a
disposizione delle imprese: - 67
miliardi di euro in 18 mesi (da
novembre 2011: 915 G€, a maggio 2013: 848 G€ - Fonte Banca
d’Italia, vedi tabella pag. 51), fra
l’altro questo è il valore del saldo, quindi considerando i nuovi
finanziamenti erogati nel periodo in esame alle imprese performanti e in crescita, il taglio alle
imprese deboli è stato al di là
delle loro possibilità di rimborso che ha finito per generare un
forte incremento delle sofferenze
bancarie.
Quanto sopra, solo per citare i temi principali.
Le riforme “strutturali” che
dovrebbero risolvere prioritariamente i cinque punti precedenti
sono ormai TARDIVE.
Infatti il tempo necessario
per:
a) mettere a punto le riforme strutturali indispensabili;
b) condividerle tra i vari soggetti politici;
c) imporle ai perdenti i diritti
acquisiti;
d) emanarle;
e) emettere i relativi decreti
attuativi;
f) curare la messa in servizio
delle riforme;
g) ottenere da queste, dopo
il corretto avviamento, i benefici
nella misura auspicata e sufficiente per la ripresa;
è oggettivamente stimabile
non inferiore a quattro anni.
Quindi un periodo sicuramente eccedente le più benevole previsioni della vita media
residua di una parte consistente
delle PMI italiane.
Ulteriori cadute del PIL,
in presenza della spesa pubblica non adeguatamente ridotta,
metterebbero a carico dei contribuenti italiani un appesantimento irresponsabile del carico fiscale, provocando l’effetto contrario
alle aspettative cioè la conseguente caduta del gettito fiscale.
COSA FARE?
Strategia: doppio binario,
cioè misure che devono essere
attuate immediatamente e che
forniscano un effettivo impulso
alla crescita economica, anche
di breve periodo (4-5 anni), per
concedere al Governo, in parallelo alla ripresa, il tempo necessario e sufficiente per attuare le
riforme strutturali.
Soluzione: la finanza ha la
caratteristica peculiare di comprare il tempo.
Quindi:
1) nuova finanza per l’impresa e
un piano forte e coerente per
2) spingere gli investimenti.
Almeno quattro anni per l’auspicata
ripresa. Un tempo troppo lungo per
molte imprese
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 49
La crisi economica così diffusa e
duratura sta letteralmente minando la
sopravvivenza delle PMI che operano
sul mercato interno
1) Nuova Finanza per l’Impresa, LIQUIDITA’.
Nei momenti difficili le criticità diventano tossiche, il freno
principale alla tenuta delle PMI
italiane è costituito dai seguenti
fattori concomitanti:
a. la cronica sottocapitalizzazione;
b. la totale dipendenza dal
credito bancario quale fonte
pressoché unica di finanziamento esterno;
c. lo squilibrio diffuso tra
fonti finanziarie a medio/lungo
termine e quelle a breve termine,
con impiego eccessivo delle seconde rispetto alle prime.
Negli ultimi anni, alcuni interventi normativi hanno tentato
di contrastare i suddetti motivi di
fragilità del sistema imprenditoriale italiano, ma senza riuscire
a incidere in modo apprezzabile
sugli aspetti più cruciali.
Un primo intervento normativo è stato la riforma della deducibilità degli interessi passivi per
soggetti Ires ex art. 96 del T.U.I.R:
introdotta con la legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), la riforma,
anziché contrastare la sottocapitalizzazione delle Pmi, ha finito
per penalizzare le imprese più
deboli. Ha innescato, infatti, in
collaborazione con la normativa
nota come Basilea 3, per le imprese più deboli, un pericoloso
circolo vizioso: il limite alla deducibilità degli interessi passivi ha
determinato una parziale o nulla
detraibilità degli stessi, con corrispondente aumento della base
imponibile, quindi l’incremento
delle imposte dovute, da cui il
peggioramento della situazione
finanziaria delle imprese e il relativo degrado del loro rating bancario, quest’ultimo ha prodotto
l’incremento dei tassi passivi e
inevitabilmente un incremento degli interessi a carico delle
aziende, con la conseguenza di
un ulteriore abbassamento della
redditività a causa dei maggiori oneri finanziari e, quindi, del
rating bancario, provocando inesorabilmente il crollo progressivo
del merito creditizio e il collasso
di un numero sempre maggiore
di imprese.
Le misure urgenti sono costituite da cinque specifiche modifiche normative, che ho proposto all’onorevole Gregorio Gitti
il quale ha depositato in questo
mese di luglio un Disegno di
Legge volto a modificare le relative norme fiscali.
Il giorno 24 luglio 2013, a
Montecitorio, con il prof. Gitti
abbiamo illustrato alla stampa
l’importanza e la portata delle
nuove normative per reintegrare
la liquidità delle PMI, fortemente ridotta dal sistema bancario,
CONFINDUSTRIA GROSSETO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 50
Vitale l’adozione di
nuovi strumenti di
finanza alternativa
per le imprese
attraverso nuovi strumenti che
nel loro insieme costituiscono
la nuova finanza per le imprese
alternativa e complementare a
quella messa a disposizione dal
sistema bancario.
1. Un’agevolazione fiscale
per il rafforzamento della struttura finanziaria delle PMI attraverso prestiti capitalizzativi;
2. maggiore efficacia dell’ACE (L. 201/2011) e quindi un impulso al processo di capitalizzazione delle imprese;
3. una mitigazione degli effetti dell’art. 96 del T.U.I.R.;
4. una modifica essenziale
all’art. 32 del D. L. 83/2012, per
rendere più flessibile, più economica e più vantaggiosa per le imprese l’emissione e la diffusione
dei“mini bond”;
5. un aggiornamento indispensabile al comma 114 e
115 dell’art. 3 della L. 549/1995,
per restituire alle PMI italiane la
possibilità effettiva di finanziarsi
attraverso l’emissione di obbligazioni aziendali, per ridurre
uno dei tanti “spread” negativi
che rendono le PMI italiane poco
competitive rispetto a quelle tedesche.
Sul tema del finanziamento
alle PMI attraverso il ricorso al
mercato del risparmio, superando l’unicità attuale dell’intermediazione bancaria è di fondamentale importanza rifinanziare
e potenziare il Fondo Centrale di
Garanzia, ampliando le garanzie
per singola impresa per sostenere l’emissione dei mini bond,
e creando nuovi strumenti, per
garantire anche i fondi costituiti
da mini bond.
Sarebbe opportuno che la
Cassa Depositi e Prestiti affiancasse le banche sponsor nella costituzione dei vari fondi di mini
bond, sottoscrivendo almeno lo
stesso importo dell’istituto promotore.
Inoltre devono essere promosse le modifiche normative
nella direzione di agevolare o
addirittura di prevedere che una
quota non inferiore al 10 per cento dei fondi pensione, delle riserve tecniche delle assicurazioni e
dei fondi di raccolta dei TFR delle
imprese venga investita in fondi
costituiti da mini bond ovvero in
fondi per il credito alle PMI (Credit Funds), che sottoscrivano anche altri titoli di debito delle imprese e che destinino una quota,
superiore a una soglia predefinita
per legge o prevista dal loro statuto, all’erogazione dei prestiti
alle imprese.
Inoltre devono essere fiscal-
Il finanziamento
alle PMI attraverso
il ricorso al mercato
del risparmio offre
risposte concrete in
tempi brevi
mente agevolati i piccoli risparmiatori che investono nei bond
territoriali (micro bond) emessi
dalle banche e destinati esclusivamente al finanziamento delle
aziende locali.
Queste obbligazioni di
piccolo importo, emesse dalle
banche commerciali, saranno
pubblicizzate dalle associazioni
e dalle Camere di Commercio,
raccoglieranno sul mercato retail
piccoli importi con tassi, a favore
dei risparmiatori, concorrenziali rispetto a quelli proposti dalle
banche di raccolta del risparmio,
che investono prevalentemente
all’estero.
La banca emittente raddoppia o triplica l’importo raccolto
sul mercato locale e impiega il
valore totale solo per il finanziamento alle imprese locali.
La durata dei prestiti alle
aziende corrisponde circa alla
durata dell’obbligazione bancaria, con tassi d’interesse, passivi
per le imprese, calibrati in base al
rating del debitore.
Le Camere di Commercio, le
Regioni potranno sostenere questi finanziamenti con contributi
in conto interessi.
Il Fondo Centrale di Garanzia potrà fornire garanzie crescenti per compensare il rischio
delle imprese più deboli.
Per agevolare il tipo di impiego, la ritenuta che grava sul
finanziatore è ridotta al 12,5 per
cento.
E’ necessario pubblicizzare
il concetto che il risparmio è una
cosa troppo importante per mandarlo all’estero: quindi“risparmio
locale per le imprese locali”.
In conclusione abbiamo tre
famiglie di titoli:
1. micro bond o bond territoriali, per finanziamenti di
durata da due a quattro anni di
importo da € 10.000,00 fino a €
750.000,00;
2. mini bond con durata
da tre a sette anni, di importo da € 1.000.000,00 fino a €
10.000.000,00;
3. mini corporate con durata
tipica da cinque a dieci anni e di
importo oltre € 10.000.000,00.
L’idea alla base delle modifiche normative qui proposte si
basa su un’azione incentrata sulla leva fiscale. La manutenzione
straordinaria della disciplina dei
bond è in grado di trasformare
questi ultimi in strumenti di sviluppo fondamentali in termini
di trasparenza dei bilanci aziendali, di visione strategica degli
imprenditori e del superamento
della fragilità delle nostre piccole
CONFINDUSTRIA GROSSETO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 51
Soltanto rimettendo
in moto l’economia
e sostenendo le
imprese è possibile
una vera ripresa
aziende eccessivamente indebitate a breve termine. Le PMI,
infatti, avranno interesse a rafforzare il capitale proprio e a comunicare regolarmente ai risparmiatori gli obiettivi aziendali e il
grado di raggiungimento degli
stessi, in quanto la trasparenza
dei bilanci diventerà l’elemento
decisivo per ottenere il finanziamento esterno.
La trasparenza farà emergere la base imponibile delle imprese, creando un sistema premiante per la lotta all’evasione
fiscale.
2) Spinta agli investimenti.
Il ciclo negativo in cui è caduta l’economia italiana, deve
essere interrotto dando un impulso importante agli investimenti, quale unico driver della
ripresa occupazionale e quindi
dei consumi interni.
Servono strumenti dedicati
di natura fiscale e finanziaria.
Agevolazioni fiscali per
gli investimenti:
a. Completa detraibilità
degli utili reinvestiti, sia gli utili
futuri che quelli accantonati nei
fondi di riserva che con apposita
assemblea i soci destinano a specifici investimenti.
b. L’IVA sugli investimenti
può essere anticipata presso il
sistema bancario con la garanzia
del Fondo Centrale, semplicemente comunicando l’importo
all’Agenzia delle Entrate in corrispondenza della liquidazione
periodica.
c. Gli interessi passivi relati-
vi agli investimenti, anche quelli
precedenti, non devono essere
soggetti all’indetraibilità dell’art.
96 e non imponibili per l’IRAP e
per le addizionali regionali IRAP.
d. Annullamento delle imposte di qualunque tipo, che gravano sui finanziamenti e sull’acquisizione delle garanzie reali per
gli investimenti.
e. Rimodulazione delle quote di ammortamento fiscalmente
ammesse.
Strumenti finanziari per
gli investimenti.
Fonte Banca d'Italia
Bollettino 68 e 73
a. Finanziamenti fino a 25
anni, attraverso il supporto della
BCE, per contenere il tasso di interesse a lungo termine a carico
delle imprese.
b. Favorire la stabilità dei
rimborsi annuali dei mutui, introducendo il diritto del soggetto passivo del finanziamento a
prolungare, con una semplice
comunicazione, il periodo di rimborso all’aumentare del tasso di
interesse.
Quindi rimborso annuale
costante in caso di incremento
nov 2011
mag 2013
Boll. B.I. 68
Boll. B.I. 73
Delta
del tasso globale passivo e automatico prolungamento del rimborso.
c. Favorire il rimborso dei
bond attraverso finanziamenti
ipotecari per nuovi investimenti,
quindi la continuità tra il bond
con cui l’impresa ha iniziato l’investimento e il mutuo ipotecario
per l’ammortamento del finanziamento.
In conclusione: il Parlamento adotti urgentemente i
provvedimenti proposti, per restituire la liquidità alle aziende
e dare un impulso decisivo alla
ripresa degli investimenti, queste
misure potrebbero spostare gli
effetti della parte più acuta della
crisi di quattro o cinque anni.
In questo periodo il Governo dovrebbe mettere in servizio
tutte le riforme strutturali che
costituiscono un ostacolo insormontabile per la nostra economia e un freno insopportabile
alla crescita economica, senza la
quale non sono superabili le crescenti tensioni sociali e la permanenza della nostra economia tra
quella dei paesi avanzati.
%
Incremento
della
Liquidità
bancaria
Nuovi
Impieghi
bancari
Attività
Prestiti Imprese
915.262
848.352
- 66.910 - 7,31
66.910
Prestiti Famiglie
618.520
606.849
- 11.671 - 1,89
11.671
Titoli Pubblici
219.132
408.836
189.704 86,57
Depositi residenti
1.115.946
1.242.111
126.165 11,31
Obbligazioni Bancarie
621.991
541.670
- 80.321 - 12,91
189.704
Passività
Fonti e Impieghi
Totale Attivo del
Sistema Bancario
Rapporto % tra Prestiti
Imprese e Totale Attivo
126.165
80.321
204.746 270.025
3.986.319
4.213.720
22,96
20,13
La tabella mostra la brusca e insostenibile
riduzione da parte del sistema bancario della
liquidità messa a disposizione delle imprese:
- 67 miliardi di euro in 18 mesi (da novembre
2011 a maggio 2013)
CONFINDUSTRIA GROSSETO
IES | luglio-settembre 2013 | Pagina 52
Inform.Edu: un metodo per il
riconoscimento e la validazione
degli apprendimenti non
formali e informali
Un grande risultato quello ottenuto da Confindustria Grosseto attraverso il progetto
Inform.Edu per la convalida delle esperienze formative non scolastiche, uno degli
obiettivi fondamentali della strategia Europa 2020
È
giunto nella sua fase
conclusiva il progetto
internazionale “Inform.Edu - Il riconoscimento e la
validazione dell’apprendimento
informale e non formale del Sistema dell’Istruzione”, ma non
per questo è concluso. Si apre infatti una fase importante di diffusione e disseminazione dei risultati raggiunti e della metodologia
attuata, attraverso la distribuzione del manuale di progetto.
“Confindustria Grosseto ha
da sempre creduto fortemente in
questo progetto – osserva il direttore dell’Associazione degli industriali della provincia di Grosseto,
Antonio Capone –, e siamo molto
soddisfatti dei risultati ottenuti.
L’apprendimento e la valorizzazione delle competenze sono centrali
in un sistema formativo orientato
al lifelong learning. Il nuovo scenario, guidato dai profondi cambiamenti in atto nell’economia e
nella società, evidenzia proprio la
centralità degli apprendimenti individuali, nelle diverse forme e sedi
in cui questo avviene. Dai luoghi
non formali di apprendimento, alle
imprese e i luoghi di lavoro come
sedi strategiche di sviluppo delle
competenze alle esperienze di alternanza scuola-lavoro, è necessario sviluppare un sistema di opportunità che consenta alle persone di
vedere certificate le competenze
acquisite”.
La ricaduta pratica del progetto Inform.Edu è di grande
valore: condividere un modello
di riconoscimento delle competenze utilizzato dai soggetti che
si occupano di ‘formale’ (scuole,
agenzie formative, ecc.) per favorire la creazione e l’utilizzo di
‘portfolio’ di competenze da parte degli adulti che si muovono tra
i sistemi dell’istruzione e del lavoro. Un modello che da Grosseto si allarga ad una dimensione
europea, grazie ai partners istituzionali ed internazionali”.
Il riconoscimento
delle
esperienze formative non scolastiche è uno degli obiettivi fondamentali della strategia Europa
2020, per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Il riconoscimento delle
competenze, oltre ad offrire al
singolo un’opportunità di sviluppo professionale, determina
per le imprese la valorizzazione
del proprio capitale umano e la
possibilità di competere sempre
di più nella economia della conoscenza.
Alcuni Paesi europei, come
la Francia, già da diversi anni
hanno una pratica consolidata
nei processi di validazione delle
competenze. L’Italia in questo
ambito deve ancora fare molto.
E’ in questo contesto che si inserisce “Inform.Edu”, che offre
in modo chiaro e condiviso un
modello efficace di validazione
degli apprendimenti informali e
non formali.
Tra le iniziative conclusive
del progetto, mercoledì 11 settembre 2013, presso Confindustria Toscana, a Firenze, tavola
rotonda su “Il riconoscimento
delle competenze acquisite in
contesti informali e non formali. Istituzioni, mondo del lavoro, volontariato si mettono a
confronto sulle esperienze nazionali ed internazionali”, con
la partecipazione di Jo Peeters,
Steunpunt Scouting Gelderland; Ausra Giedriene, Chamber
of Commerce Kaunas; Roberta
Colombi, Confindustria Toscana Servizi; Riccardo Andreini,
responsabile area formazione
CESVOT regionale; Angiolo
Falsini, consulente di orientamento; Andrea Caldelli, presidente Cesvot Grosseto; Marco
Giuliani, segretario Delegazione
Cesvot Grosseto. Venerdì 13
settembre, presso il Museo di
Storia Naturale, a Grosseto,
convegno finale su: “Il riconoscimento e la validazione
dell’apprendimento informale
e non formale esperienze, buone prassi e normative a confronto”. Interverranno: Emilio
Bonifazi, Sindaco Comune di
Grosseto e Leonardo Marras,
presidente Provincia di Grosseto; Giovanni Mascagni, coordinatore del progetto; Jo Peeters,
Steunpunt Scouting Gelderland;
Ausra Giedriene, Camera di
Commercio di Kaunas; Simone
Giusti, Responsabile Scientifico
del progetto. A conclusione del
convegno tavola rotonda su “La
certificazione delle competenze
in Italia: norme e prospettive a
confronto”, coordinato da Antonio Capone, direttore Confindustria Grosseto, con la partecipazione di Simone Giusti, Gruppo
tecnico nazionale per l’Istruzione degli Adulti del MIUR; Giovanni Desco, Direzione della
formazione tecnico superiore
Ministero dell’Istruzione; Elisabetta Perulli, Ricercatrice ISFOL;
Ivana Russiello, Sistemi Formativi Confindustria.
L’incontro è rivolto ai dirigenti e agli insegnanti della
scuola e a tutti gli operatori
del sistema di orientamento e
formazione professionale.
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