A cielo aperto - Il Verde Editoriale
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A cielo aperto - Il Verde Editoriale
GESTIONE TECNICHE ALTERNATIVE DI RACCOLTA DELLE ACQUE PIOVANE Bacino per la raccolta delle acque meteoriche nel parco della Fondazione Beyeler a Bales, in Svizzera. A cielo aperto Testo e foto di Armelle Varcin, paesaggista, responsabile Dipartimento delle tecniche, Scuola nazionale superiore del paesaggio, Versailles, Francia. A cura di Francesca Pisani, agronomo paesaggista 43 • ACER 6/2007 sistemi interrati per il convogliamento, la conduzione e la raccolta delle acque piovane hanno mostrato efficacia e limiti. Nell’ambito degli interventi destinati a prevenire le inondazioni e a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni, le tecniche per la raccolta delle acque di ruscellamento permettono in primo luogo di ridurre gli effetti causati dall’impermeabilizzazione dei suoli, contenendo gli effluenti senza incrementare i volumi idrici da gestire nelle stazioni di depurazione. In secondo luogo, permettono di organizzare I ▼ Con il graduale aumento dell’urbanizzazione e delle superfici impermeabilizzate, il problema del convogliamento delle acque piovane si pone sempre più spesso come emergenza. Perciò, in Francia vengono proposti innovativi sistemi di raccolta che si armonizzano al tessuto cittadino, incrementando gli spazi pubblici, senza sovraccaricare le stazioni di depurazione GESTIONE ▼ e strutturare gli spazi pubblici, rivalorizzando così il manifestarsi delle stagioni in città. L’articolo richiama alcuni principi base relativi agli interventi per la regolazione delle acque piovane a cielo aperto e illustra i differenti tipi di opere, evidenziando in cosa e come essi contribuiscano alla qualità della vita: dalla creazione di un’identità locale alla strutturazione dello spazio che organizza il territorio urbano. Una scelta politica prima di tutto Nel corso di mezzo secolo, l’aumento delle superfici impermeabilizzate, causato dall’estensione di infrastrutture ed edifici, ha comportato un considerevole incremento nei volumi delle acque di ruscellamento. Si ricorda che i centri urbani sono stati preferibilmente insediati nelle vicinanze dei corsi d’acqua, che costituiscono i canali di scolo naturali delle città, indipendentemente che le risorse idriche abbiano o no subito trattamenti preventivi. Per necessità fondiarie, i nuovi quartieri sono realizzati al di fuori dei centri storici, lontano dalle reti e dai canali di scolo già esistenti. Nel caso di una pioggia pari a 40 mm per metroquadro di superficie, la cui probabilità di ritorno è decennale nella regione parigina, l’accumulo idrico su un dato bacino versante crea disordini che provocano inondazioni e danni sempre più gravi. In Europa, dagli anni 1950-1960, a seconda dei paesi, si è sviluppato un nuovo concetto per il convogliamento e la raccolta delle acque piovane, che rallenta e ritiene le acque di ruscellamento allo scopo di alleggerire le reti esistenti e dilazionare l’immissione d’acqua nei canali di scolo, evitandone lo straripamento. Ne sono derivati differenti tipi di opere, caratterizzati dalla presenza o assenza di acque permanenti, che permettono di sovrapporre, in uno stesso sito, funzioni tecniche, spaziali, urbane e ambientali. Al momento della concezione delle opere, le domande alle quali occorre rispondere richiedono, più che problemi tecnici, scelte politiche: quali rischi sono accettabili in uno spazio pubblico? Le sistemazioni devono integrare i rischi, comportando, quindi, la necessità, di educare e di sensibilizzare le popolazioni, o devono negare tutte le manifestazioni legate al clima e porre ogni abitante al di fuori dell’intero sistema naturale? Chi gestisce e mantiene queste opere? Le competenze riguardo allo spazio pubblico devono essere suddivise tra servizi che non collaborano o pensate in funzione dell’interesse dei cittadini? Se l’evoluzione delle civiltà occidentali, in particolare nei confronti dell’ambiente in cui si vive, porta l’uomo a dimenticare che di notte fa buio, in inverno fa freddo e in estate fa caldo, occorre perseguire questa disconnessione tra modo di vita e cicli stagionali? Disegnare lo spazio tenendo in considerazione il fatto che esiste un rischio identificato rappresenta anche un modo efficace per prevenirne i disordini. Le tecniche alternative per il convogliamento e la raccolta delle acque pluviali a cielo aperto, e gli interventi per la regolazione delle acque di ruscellamento a cielo aperto ne rappresentano un esempio. Essi prendono in prestito alle tecniche agricole alcune pratiche ancestrali e integrano i concetti dell’arte dei giardini. Consistono nel raccogliere, per gravità, le acque di ruscellamento e nel trattenerle, al fine di assicurare l’infiltrazione della risorsa idrica nel terreno, o di dilazionarne la redistribuzione nelle reti. Queste tecniche sono razionali, ovvero si impongono per la loro logica prima di ogni teorizzazione, procedendo per empirismo. Rappresentano una rispo- Sopra, da sinistra, nella periferia parigina, zona inondabile rinverdita per la raccolta delle acque piovane; sistema di pendenze e rilievi per smaltire precipitazioni abbondanti; bacino di raccolta che armonizza tessuto urbano e rurale. sta diretta e nel contempo simultanea ai fattori costrittivi, quali scorrimento, tenuta e straripamento, e agli obiettivi. Spesso, rilevano gesti elementari, in particolare scavare e spostare materiali. Sono sempre pensate per realizzare un’economia di mezzi e ricercare la massima efficacia, inserendosi il più vicino possibile al terreno, adattandosi alla sua topografia. Ne consegue l’adeguamento tra la forma e la funzione, aspetto che giustifica la forma stessa. Ne deriva un’armonia certa con l’insieme del sito. Esse, inoltre, sono caratterizzate da tracce di gesti semplici che conferiscono alle opere una dimensione umana e creano un legame con gli utenti e con coloro che semplicemente le osservano. In generale, le opere vernacolari, originarie del luogo, raccolgono tutti questi pregi. Gli interventi per il convogliamento e la raccolta delle acque piovane, trattate nell’articolo, si inseriscono nella continuità di queste pratiche. Esistono due grandi famiglie di opere: i bacini d’acqua, la cui variazione potenziale del livello idrico, differenza tra il livello di piena e il livello più basso, permette di creare una riserva in acqua in relazione alle caratteristiche delle piogge di riferimento; i bacini secchi o zone inondabili, che, riempiendosi in presenza di piogge eccezionali, modificano temporaneamente la loro destinazione d’uso. Quest’ultima tipologia impone l’accettazione, da parte delle popolazioni, delle variazioni d’uso, qualunque sia la probabilità dell’evento meteorologico. ACER 6/2007 • 44 GESTIONE I bacini d’acqua I bacini secchi o zone inondabili ▼ Si possono distinguere le zone geologiche di infiltrazione da altre tipologie di aree inondabili, caratterizzate da una forma a conca per ricevere temporaneamente l’acqua. Sono dotate di volumi ben definiti, associati a declivi e a superfici piane in successione, sepa45 • ACER 6/2007 Bacini di raccolta delle acque piovane e non solo: il biotopo di Gallarate L e opere di compensazione realizzate nel 2005 per lo scalo intermodale di Gallarate, in provincia di Varese, offrono un interessante esempio di bacini di raccolta delle acque piovane in grado di captare anche i liquidi nocivi provenienti dallo scalo. Il risultato è un biotopo di elevato valore naturalistico. L’impianto è stato studiato e dimensionato per raccogliere e dividere le acque piovane di prima e seconda pioggia, stoccarle in vasche separate per il recapito in fognatura delle prime e la reimmissione in falda delle seconde. La raccolta e divisione delle acque di prima e seconda pioggia, permette di inviare queste ultime al biotopo che viene così alimentato dallo scalo, creando una virtuosa interdipendenza tra l’opera tecnologica e l’area rinaturalizzata. Il passaggio attraverso le vasche consente di regolare la velocità di afflusso e di chiudere, in caso di incidente, la canalizzazione verso il biotopo, in modo tale che nessun inquinante finisca nei bacini. Il fondo del biotopo è impermeabilizzato solo in parte. Così viene garantita un’altezza d’acqua minima durante tutto l’anno. L’acqua in eccedenza s’infiltra nel sottosuolo. I bacini sono stati progettati in modo che il primo detenga un’efficace funzione di fitodepurazione. Per approfondimenti si rimanda all’articolo “Biotopo tecnologico” pagina 65-69, ACER 6/2006. Gioia Gibelli Sono disegnati come “piane” d’acqua e sono alimentati, direttamente o indirettamente, tramite reti secondarie. Le variazioni nei livelli idrici potenziali permettono di raccogliere piogge con differenti caratteristiche e in base ai rischi scelti nel dimensionamento, per cui, in funzione dei volumi eccezionali dell’acqua di ruscellamento da immagazzinare, gli argini e le sponde, che circondano il piano d’acqua, saranno più o meno ampi. Lo spazio libero, destinato, a seconda dei casi, alla percezione visiva da parte del pubblico o all’uso, sarà tanto più esteso quanto più si tratterà di raccogliere piogge eccezionali. Nelle città francesi di nuovo insediamento, dove sono stati realizzati bacini d’acqua per la raccolta delle piogge da temporali, con l’obiettivo di prevenire i rischi (che hanno una frequenza pari a cinquanta-sessanta anni) sono così stati creati spazi molto estesi che segnano l’identità dei luoghi e offrono ampi spazi aperti agli abitanti. Studi di ecologia mettono sotto accusa questo tipo di opere. In effetti, la lama d’acqua superficiale, creata artificialmente, riscaldandosi, rischia di causare sconvolgimenti ecologici a livello dell’ambiente recettore, nel quale il bacino si riversa. Inoltre, questo tipo di intervento richiede disponibilità di superfici fondiarie, difficili da reperire negli interventi contemporanei di urbanistica. Dall’alto, il bacino di raccolta delle acque articolato in due vasche che, oltre a contenerle, ne comportano la fitodepurazione e la loro reimmissione in fognatura o in falda. GESTIONE ▼ rati da un’altezza variabile da 13-17 cm, equivalente all’alzata di un gradino, a 40-45 cm, pari a quella di una panca. Tali opere offrono l’opportunità di realizzare spazi pubblici con un buon livello di qualità della vita, assicurando la funzione tecnica di raccolta della risorsa idrica. Le zone d’infiltrazione vengono frequentemente trattate con la medesima varietà di soluzioni degli spazi urbani. La necessità tecnica di mantenere un grado di porosità comporta l’uso di materiali a tessitura granulosa, con grandi volumi interstiziali, vuoti. Si incontrano tutte le tipologie di granulometrie: dall’inclusione di ciottoli allo strato di pozzolana o di sabbia. A volte, in situazioni particolari, si ricorre all’impiego di calcestruzzo e di rivestimenti drenanti. Negli spazi pubblici vengono così reintrodotti i materiali granulosi, un tempo scomparsi e sostituiti da materiali fini che permettono la circolazione di carrozzine e il passaggio di mezzi per la pulizia. La realizzazione di bacini secchi, destinati a creare zone inondate solo temporaneamente, si accompagna a una terminologia condivisa da diversi paesi e comunità sociali. Queste opere rappresentano, per natura, spazi incavati rispetto al livello del suolo. La gestione di questi declivi, nell’ambito di uno spazio pubblico, presuppone che siano prevenute eventuali cadute ovvero che siano realizzate superfici piane caratterizzate da una leggera inclinazione. Di conseguenza, essi si compongono di conche dalle forme addolcite, fatta eccezione per le zone inondabili esclusivamente geologiche, le quali, tuttavia, sono meno frequenti rispetto alle zone inondabili inerbite. Queste ultime si scompongono in “onde” e in “ondulazioni” di maggiore o minore estensione. Le forme a conca addolcita sono ampiamente utilizzate nelle strutture che accompagnano i percorsi pedonali e le aree di sosta, mediante la realizzazione di noue e wadi A), cioè di ampi fossati di infiltrazione o di ritenzione, poco profondi, frequentemente inerbiti, in grado di stoccare le acque di ruscellamento prima che vengano smaltite nella rete idraulica. È una tecnica molto semplice nella concezione e nella messa in opera; è poco costosa e non comporta la sistemazione di ampie superfici di terreno, non richiede l’uso di materiali specifici ma si avvale dei materiali utilizzati per gli interventi attinenti i suoli e l’arredo urbano. Per garantire la presenza di percorsi pedonali su suolo asciutto, le conche sono attrezzate con ponticelli e passerelle, essenzialmente in legno, che permettono di oltrepassare le zone inondate e di assicurare la continuità dello spazio pubblico per le persone a mobilità ridotta. Inoltre, l’accompagnamento dei dislivelli e le zone di contatto tra le canalizzazioni e lo spazio realizzato offrono spesso l’occasione per inserire massi con la Da sinistra, fossato di raccolta e sistemi di convogliamento delle acque piovane. Entrambi rappresentano elementi di arredo urbano che definiscono lo spazio. funzione di contenere le scarpate o di ricoprire i componenti tecnici dell’opera. I materiali maggiormente utilizzati nelle zone inondabili inerbite sono la pietra, come massi e talvolta gabbioni, e il legno, sottoforma di piccole piattaforme e di ponticelli. Tutto si compie come se questa terminologia fosse associata ai bacini secchi. I riferimenti sono espliciti: il legno e la pietra veicolano un’idea di natura, tipica anche delle ondulazioni e delle “conche” arricchite con l’impianto di vegetazione. Strutturazione urbana e ritorno alla natura Le opere descritte prendono in prestito modelli e riferimenti dall’agricoltura e dall’arte dei giardini. Un certo numero di progettisti rivendicano chiaramente questo tipo di “giardino”, di spazio ricreativo composto che offre elementi della natura tramite i materiali, le forme, i simboli. D’altronde, l’agricoltura è inclusa in maniera implicita in qualsiasi giardino e, in particolare, in tutte le tecniche che riguardano la regolazione della conduzione e della distribuzione dell’acqua. I termini noue e wadi, utilizzati rispettivamente in Francia e nei Paesi Bassi, evocano un immaginario assai più vasto rispetto al semplice concetto di fossato. Essi “fanno immagine” al di là dell’opera tecnica. La loro definizione rimane molto sfumata e non assomiglia al lessico tecnico utilizzato per le pratiche tradizionali di convogliamento e di raccolta delle acque. Rinviano invece all’opera in se stessa, sollecitando l’immaginario del pubblico, dei politici e di tutti coloro che vivono nei dintorni. Ognuno può creare una propria rappresentazione, a priori positiva; questo atto conferisce un potere associativo presso ogni diversa tipologia di pubblico. È interessante osservare come tali opere contribuiscano a prevenire le inondazioni, e s’inscrivano nelle pratiche per lo sviluppo sostenibile, creando spazi di qualità, che rispondono alle attese di composizione e di strutturazione degli spazi pubblici, rendendoli attrattivi e pertinenti in modo duraturo. Esse partecipano a un’economia dei mezzi coniugando, con intelligenza tecnica, sistemazione urbana, prevenzione dei rischi e sviluppo sostenibile. ■ Note A) Il termine wadi nel nord Africa e in Arabia indica un fossato normalmente asciutto tranne che nella stagione delle piogge. Sono escluse da questa riflessione le opere interrate per la raccolta delle acque piovane, quali: i bacini, dalots (piccoli serbatoi di 2-5 m3 realizzati di norma in calcestruzzo, posti sotto la carreggiata stradale stoccare le acque di ruscellamento e per rallentarne l’afflusso nella rete idrica), i chaussées réservoirs (dispositivi composti da uno strato per lo scorrimento dei veicoli stradali e da un serbatoio nei quali l’acqua è raccolta per percolazione attraverso materiale drenante, che costituisce lo stesso strato della superficie stradale, o recuperata lateralmente e fatta fluire nel serbatoio sottostante la carreggiata). Queste opere non partecipano alla composizione degli spazi pubblici; esse sono quasi autonome e monofunzionali. Abstract Under the sky With the increase in urbanization and built on surfaces, the issue of channelling and collecting rainwater is increasingly becoming an emergency. Solutions must be found in harmony with the city fabric, by increasing public spaces, without overloading water treatment centres. This article features a review of various open water collection systems, conceived with specific attention for their inclusion in the landscape. ACER 6/2007 • 46