D-DAY 02 06 2004

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D-DAY 02 06 2004
MERCOLEDÌ 2 GIUGNO 2004
LA REPUBBLICA 35
DIARIO
DI
COSÌ UNA SCRITTRICE RIEVOCA QUEL GIORNO
Era l’alba
del 6 giugno
1944 quando
ebbe inizio
l’operazione
L’America
mise la sua
potenza al
servizio della
libertà
D-DAY
(segue dalla prima pagina)
ra sempre stato un uomo
sentimentale, una figura cordiale e pacifica in tutte le situazioni e provvisto di un cuore generoso che invece di limitarsi a
sanguinare andava incontro a vere
e proprie emorragie. È perfettamente normale telefonare a mio padre
verso le 6.30 di sera e
trovarlo sconvolto,
in lacrime, dopo
aver guardato il telegiornale.
Poi un anno fa mi
è capitato di trovarmi in Normandia, a
far visita a una poetessa americana che scrive composizioni in versi sulle varie fasi della
storia sociale di quella regione, e lei
un giorno mi ha condotto in gita a
una spiaggia dove ho nuotato in
acque gelide e grigie, simili a quelle che la mia stessa isola può offrire. Fui particolarmente, irragionevolmente lenta, mentre nuotavo, a
essere colpita dal pensiero che forse quella era la spiaggia sulla quale
era sbarcato mio padre, cinquantanove anni prima. Ho riferito subito questa mia congettura alla
poetessa, e lei mi ha posto tutta una
serie di domande per conoscere i
dettagli, che però a mia volta non
conoscevo neanch’io. La nostra
giornata ha preso così un’altra piega, un risvolto storico, per così dire. Mi ha mostrato la spiaggia di Juno, le scogliere nelle quali si erano
annidati i cecchini, il groviglio dei
cespugli rivelatisi letali, e infine il
cimitero americano. Migliaia e migliaia di croci bianche squadrate,
intervallate da numerose Stelle di
Davide, allineate in file impeccabili su un prato curatissimo. A perdita d’occhio. Così è venuto fuori che
sono proprio figlia di mio padre: mi
sono ritrovata in lacrime.
Quando sono ritornata a casa,
mi sono sentita animata da zelo
giornalistico. Ho acquistato un dittafono e già mi è parso di essere alla metà dell’opera. Ero entusiasta
all’idea di calarmi nei panni di un
impavido cronista a caccia di verità
taciute, e di portare alla luce la
commovente storia di guerra di un
uomo che per tutta la vita aveva ritenuto troppo doloroso anche solo
parlarne. Ma quando sono arrivata
a Felixstowe ho scoperto invece
che mio padre non era affatto rilut-
E
Soldati americani
su un mezzo da
sbarco all’alba del
6 giugno 1944: tra
poco daranno
l’assalto
se che ne simboleggiano altre),
avrebbe simbolizzato il fatto che
quando vi sono delle guerre è gente assolutamente normale a combatterle. Accanto agli eroi e ai martiri, ai sergenti e ai generali, vi sono
milioni di giovani del tutto ordinari che molto semplicemente vi ci si
sono trovati, dopo essersi da poco
lasciati l’infanzia alle spalle. Harvey era
uno di quelli, un giovanotto di East
Croydon, appartenente alla classe
operaia, che non
aveva saputo che altro fare. Aveva abbandonato la scuola
molto presto e nella
nostra famiglia si diceva che lo
avesse fatto per la fantomatica ragione che sua madre non aveva voluto comperargli l’uniforme della
scuola elementare. A 17 anni era
ancora troppo giovane per essere
chiamato sotto le armi, ma quando
un giorno si trovò a passare davanti all’ufficio reclute sulla high street
vi entrò. Presero i suoi dati e gli comunicarono che sarebbe stato
chiamato non appena avesse compiuto 17 anni e sei mesi. «La cosa mi
fece sentire un poco speciale, e
quando si è teenager è proprio
questo che si desidera, non è vero?»
Nel novembre 1943 il primo addestramento era finito. Furono
tutti spediti a Suffolk, dove Harvey
si unì al sesto reggimento d’assalto
del genio militare britannico. Una
settimana dopo Natale furono mobilitati. «Questo significa che la nostra unità ufficialmente era in
guerra. Sì, penso fosse così. Significa che se disertavi o facevi robe del
genere potevano anche fucilarti».
Seguirono quindi sei mesi di addestramento in reggimento, di addestramento con i tank, di lezioni su
come montarci su, come dormirci
sotto, come ripararlo quando si
rompeva. Ma Harvey non doveva
ancora vedere nessun tipo d’azione prima del 1945. Occorreva avere 19 anni per partire. Quando il resto della sua unità si mosse verso
Calshott, lui andò a Felixtowe «con
i vecchi rincoglioniti, l’esercito dei
nonni. Ma vi rimasi soltanto tre
settimane, perché il decreto cambiò. Di colpo si poteva partire anche a diciotto anni. E così toccò a
me». La guerra di Harvey ebbe inizio.
(segue a pagina 36)
Mio padre che sbarcò in Normandia
ZADIE SMITH
tante a parlarne. In giardino ha apparecchiato uno spuntino a base di
pesce e ha sistemato con grande attenzione il microfono sul suo piccolo supporto.
«È buffo, ora che me ne parli.
Davvero!» ha esclamato. Perché è
buffo? «Beh, ci ho pensato un po’
su, sai, con l’anniversario... solo
adesso inizio a credere che mi piacerebbe davvero riavere indietro
le mie medaglie... sai, prima dell’anno prossimo. Sarebbe bello,
non credi?». Perché non ne ha fatto richiesta? «Beh... ti fanno pagare per fartele riavere, ti pare?» Gli
ho spiegato che ci avrei pensato io,
ma mio padre è rimasto in ogni
modo alquanto perplesso.
Ecco, mio padre è sempre stato
tormentato dalla contraddizione
che esisteva tra l’odiare la guerra
ed esservi stato, tra il sentirsi
proiettato — come lui diceva —
verso il futuro e al tempo stesso
non voler essere dimenticato del
tutto. Penso che egli fosse profondamente sorpreso di rivolere indietro le sue medaglie dopo tanto
tempo. Io stessa ero sbigottita di
essere così impaziente di ammirarle. Un veterano di guerra molto
gentile che vive di fronte a mio padre l’ha aiutato a spedire tutte le
carte necessarie. Quando sono arrivate, sono salita fino a Felixtowe
ERNEST HEMINGWAY
IL GIORNO in cui prendemmo la
spiaggia Volpe Verde era il 6 giugno,
e il vento soffiava forte da nordovest.
Quando il mezzo da sbarco si levò sulla cresta di un’onda, si poté vedere la fila bassa e snella degli incrociatori e le due grandi corazzate con la murata verso la spiaggia. Si videro i lampi fiammeggianti dei loro cannoni e il
fumo nero spinto contro il vento prima di esserne soffiato via.
«Qual è la tua rotta, timoniere?» urlò da poppa il sottotenente Robert Anderson di Roanoke, Virginia. «Duecentoventi, signore» rispose il timoniere Frank Currier
di Saugus, Massachussetts. Era un ragazzo dal viso
magro e lentigginoso con gli occhi fissi sul compasso.
«Allora manovra su duecentoventi, prerdio!», disse Anderson. «E non su tutto questo maledetto oceano».
Era nervoso, ma l’equipaggio dell’imbarcazione, che
stava per fare il suo primo sbarco sotto il fuoco sapeva che aveva guidato sbarchi in Africa, in Sicilia
e a Salerno, e aveva fiducia in lui.
“
“
D-DAY
e ci siamo seduti insieme a contemplarle, come se ad essere sistemati sul tavolo della cucina ci fossero dei ciottoli lunari. Avrei voluto che mi rivelasse quanto meno
che cosa quelle medaglie significassero per lui e, da un certo punto
di vista, nelle settimane seguenti ci
provò. Sono stata una pessima intervistatrice. Nella mia testa la storia c’era già tutta, ma ogni settimana che andavo da lui, al pari di ogni
pessimo giornalista del mondo,
cercavo di far sì che la sua storia si
conformasse alla versione che avevo in testa. Volevo che mio padre
mi raccontasse la guerra di “Salvate il soldato Ryan” oppure quella de
“La grande fuga”. Lui invece intendeva spiegarmi soltanto quello che
era successo a lui. Ogni uomo ha la
sua guerra, diversa da quella di
chiunque altro. La guerra di mio
padre era stata marginale, inafferrabile, imprevista, pacatamente
eroica da un certo punto di vista,
frenetica per altri aspetti. Era stata
l’esperienza più estrema di un uomo assolutamente ordinario. Non
fu la guerra del soldato Ryan, o la
guerra di Steve McQueen, e neppure la guerra di Bert Scaife (di cui
vi parlerò più avanti). Fu la guerra
di Harvey Smith. Se proprio doveva simbolizzare qualcosa (mio padre non era molto addentro alle co-
36 LA REPUBBLICA
LE TAPPE
PRINCIPALI
MERCOLEDÌ 2 GIUGNO 2004
IL PIANO NOVEMBRE 1943
Roosevelt e Churchill fissano
l’invasione della Francia occupata
dai tedeschi per la primavera 1944.
Il piano prende il nome di
“Operazione Overlord”
DE GAULLE 3 GIUGNO 1943
De Gaulle si reca con Churchill da
Eisenhower per avere informazioni
sull’Operazione Overlord. Il generale
francese rileva nel piano una serie di
errori, ma Eisenhower è irremovibile
LE IMMAGINI
UN SOLDATO AMERICANO
Le immagini di queste
pagine sono tratte dal
libro Paroles du Jour J.
Lettres et carnets du Débarquement, été 1944
di Jean-Pierre Guéno e
Jérôme Pecnard, pubblicato in Francia da
Les Arènes. Il volume
raccoglie testimonianze, lettere e immagini
inedite di protagonisti
alleati, francesi e tedeschi dello sbarco in
Normandia e dei giorni
seguenti
Disperato, prego
Poi tocco la riva
I LIBRI
STEPHEN E.
AMBROSE
D-day. Storia
dello sbarco in
Normandia,
Rizzoli 1998
(2004)
LARRY
COLLINS
D-Day. La
storia segreta,
Mondadori
2004
DAVID
STAFFORD
D.Day: conto
alla rovescia
I dieci giorni
che decisero
la guerra,
il Saggiatore
2004
RODERICK
DE NORMANN
ROBIN
NEILLAND
D-day 1944.
Voci dalla
Normandia,
Mondadori
2003
ono le 6,30 del mattino. Siamo in procinto di sbarcare a “Omaha Beach” come la chiamano gli Alleati. Gli elementi
sono in tempesta e il mezzo da sbarco è pieno d’acqua a metà. Lo spettacolo è da incubo.
Poi arriva l’ordine: «Andate!» Ci buttiamo
nella mischia, in combattimento: è un’esperienza del tutto nuova per me, ma che esperienza! Non abbiamo alcuna possibilità di ripiegare perché sbarchiamo in un’acqua in
cui non tocchiamo neppure. Non abbiamo alternative: la spiaggia è disseminata di mine... la corrente che
ci respinge verso il largo ci
mette totalmente in balia
dei tedeschi. Sguazzo nell’acqua per circa un’ora e
sono più morto che vivo. È
pressoché impossibile mettere piede sulla spiaggia.
Perdo ogni speranza, recito
le mie ultime preghiere. Infine riesco a mettere piede sulla spiaggia, sono quasi assiderato, del tutto incapace di muovermi e perdo
conoscenza. Quando rinvengo, il combattimento è al suo clou: mi agito, cerco un fucile,
cerco la mia attrezzatura... riesco a recuperare tutto e ne sono compiaciuto. Ma mio Dio!
Che cosa resta della nostra unità? Un gruppetto d’uomini, 25 su 160. Il battaglione è anch’esso quasi annientato: su mille uomini sono stati uccisi o feriti in ottocento. ..
Dom Bart
S
DAN VAN
DER VAT
D. Day. Lo
sbarco in
Normandia,
SEP 2003
CORNELIUS
RYAN
Il giorno più
lungo, Rizzoli
2003
MAX
HASTINGS
Overlord. Il D
day e la
battaglia di
Normandia,
Mondadori
1999
JOHN
KEEGAN
La seconda
guerra
mondiale,
Rizzoli 2002
RICHARD
OVERY
La strada della
vittoria. Perché
gli alleati
hanno vinto la
seconda
guerra
mondiale, il
Mulino 2002
TZVETAN
TODOROV
Una tragedia
vissuta,
Garzanti 1995
UNA MOGLIE
Arrivano notizie
e io piango per te
io caro, mio adorato, che giornata!
Stavo per andare a prendere l’autobus quando papà mi dice che
aveva appena sentito in negozio che era in
corso lo sbarco. Siamo rientrati insieme in
casa per sentire le notizie alla radio. Non ricordo di aver mai avuto una paura simile
in tutta la mia vita... Mamma e papà erano
incollati alla radio. Io sono
andata in cucina per poter
piangere in tutta tranquillità. Ho pregato Dio che
non ti accada nulla di male e che ti riporti sano e salvo a casa il più presto possibile. Oggi ci sono stati
due flash speciali di notizie e a mezzogiorno ci siamo precipitati alla radio
per ascoltarne uno... Mio
caro penso che tu abbia avuto un’idea meravigliosa a voler montare uno scellino su
un anello per regalarmelo. Mi piace questa
tua idea perché in passato non hai mai
avuto idee del genere. Penso — anzi, ne sono sicura — di avere il miglior marito della
terra. Buonanotte, amore mio. Sono fiera
dell’uomo che amo. Ti supplico: abbiti cura. Ti amo, ti amo, ti amo. Tua moglie Mil
P. s. Il presidente Roosevelt ha chiesto
alla nazione intera di unirsi a lui stasera
nella preghiera delle 9. So che tutti l’hanno
fatto più che volentieri.
Tua Mil (Mildred Estes)
M
L’orrore e l’eroismo raccontati da una figlia attraverso gli occhi di un padre soldato
LA GUERRA DI UN
ZADIE SMITH
(segue da pagina 35)
rascorse quell’ultimo mese
nascosto da qualche parte
con il suo reggimento nei boschi di Fawley. Non c’è paragone
come si vedono bene le stelle da lì rispetto a Croydon... Il 3 giugno insieme al resto del suo reggimento
ascoltò il discorso finale. «Fu allora
che ci dissero la verità: dove saremmo andati, a King Beach, e quando.
Sperai di essere a bordo di un tank,
ma all’ultimo minuto mi assegnarono come radiotelegrafista sul camion dell’ufficiale di comando.
Tutti i ragazzi pensarono che fosse
abbastanza buffo, io da solo, impegolato con il comandante!». Il cinque giugno, verso le undici di sera,
salparono. Avrebbero dovuto sbarcare all’alba, ovviamente, ma le
condizioni del mare erano pessime.
Erano immobilizzati dalla paura,
stavano tutti male. Nel bel mezzo
della traversata Harvey vide per la
prima volta una nave da guerra, un
enorme bestione scuro che scivolava sull’acqua. Proprio mentre guardava dai suoi cannoni partì una
bordata e l’imbarcazione si inclinò
di lato per il contraccolpo. «Allora
capii. Prima non avevo capito. Mi
resi conto che si faceva sul serio».
Ma per Harvey non doveva essere
serio come per migliaia di altri prima di lui.
Non dovette sbarcare alle sei del
mattino, non dovette sbarcare a
bordo di un tank (molti dei quali venivano centrati da granate che una
volta cadute al loro interno «scoppiavano», facendoli implodere), né
dovette sbarcare a Omaha, come gli
americani. Sebbene non se ne
potesse rendere conto, era già
molto fortunato. Si avvicinò
alla spiaggia King, relativamente tranquilla, solo verso
metà giornata e attese, mentre il suo comandante discuteva con un generale americano presente a bordo, che
era convinto fosse troppo
pericoloso sbarcare. Prima
di ritrovarsi sulla spiaggia passarono così altre due ore. Quel giorno
mio padre visse così tante esperienze diverse che per essere raccontate dovrebbero essere centellinate
accuratamente nell’arco di anni interi, e furono invece concentrate
nell’arco di sole ventiquattro ore.
T
Quel giorno mio padre
visse così tante
esperienze diverse
che per raccontarle
avrebbe dovuto passare
il resto dei suoi anni
VITA QUOTIDIANA
Birra, sigarette,
carte da gioco,
medicine, gli
oggetti quotidiani
del soldato
Quella era la prima volta in vita sua
che aveva lasciato l’Inghilterra. La
prima volta che era stato in mare. La
prima volta che vedeva un cadavere.
«Guardavo fuori dal retro del
camion. Ovunque c’erano corpi
di tedeschi morti. Erano uguali a
noi, avremmo potuto esserci noi
al loro posto. Era raccapricciante. A quel punto già avevamo saputo che il maggiore Elphinstone, il nostro maggiore, era morto
nell’istante stesso in cui era sbarcato sulla spiaggia. Aveva sporto
la testa dal tank per dare un’occhiata in giro e «pop!!», un cecchino lo
aveva colpito dritto alla testa. Ma tu
devi scrivere che quel giorno
per me andò liscia. Mi andò
assolutamente liscia. Tutto
era già stato fatto, capisci? Tut-
to era finito. Io non ero come Bert
Scaife». Chi? «Quel tizio divenne
una leggenda vivente alla fine della
giornata. Aveva beccato così tanti
uomini, aveva messo a tacere tanti
di quei mortai... più tardi fu decorato. Io non ero come Bert Scaife.
Nemmeno lontanamente».
Il camion a bordo del quale viaggiava Harvey salì lungo i percorsi
aperti, disarmato. Vi erano trincee
ovunque e gente che gli sparava addosso, ma con l’aiuto della radio e
grazie a delle buone informazioni
riuscirono a passare indenni attraverso il peggio. Si fermarono presso
un monastero che era stato occupato dai nazisti ed era poi stato abbandonato. Nell’ingresso c’era il cadavere di un uomo, in uniforme nazista. Mio padre si chinò su di lui per
rivoltarlo e si sarebbe sicuramente
accasciato accanto a quello, privo
di sensi, se il suo comandante non
gli avesse bloccato la mano appena
in tempo. Il cadavere era una trappola esplosiva. Quella notte dormì
in un orto fragrante di profumi. «E
che altro, poi?» chiesi a mio padre.
«Poco dopo mi fermai a Bayeux e
comperai una penna». A quel punto la pazienza con mio padre stava
per toccare il fondo. «Hai comperato una penna... « ho ripetuto. Lui mi
guarda, sconsolato. «E’ così difficile
ricordare... ricordo solo le cose poco importanti». Harvey fu ferito. Ha
degli shrapnel all’inguine, cosa che
ho saputo soltanto perché un dottore lo ha scoperto per caso, nel corso di una radiografia di controllo nel
1991, quarantasette anni dopo che
Harvey pensava che quelle schegge
gli fossero state tolte. «Beh, è diverso. Mi capitò dopo aver comperato
la penna». Prima di allora non me lo
avrebbe mai detto... pare che alcuni giorni dopo l’episodio della penna, mio padre nel cuore della notte
si trovasse ancora una volta in un
MERCOLEDÌ 2 GIUGNO 2004
LA REPUBBLICA 37
IL RINVIO 4 GIUGNO 1944
Il D-day è posticipato di 24 ore. Sono
previsti temporali e Eisenhower decide
che è meglio rimandare per non
compromettere la superiorità aerea
degli Alleati
LO SBARCO 6 GIUGNO 1944
All’alba del 6 giugno gli Alleati
sbarcano sulle spiagge normanne. E’ il
D-day. Centinaia di corazzate, mezzi
da sbarco, incrociatori invadono le
coste. La battaglia sarà terribile
GLI AUTORI
Il testo di Ernest Hemingway che costituisce il Sillabario è una
corrispondenza di
guerra raccolta in By
Line. Dal nostro inviato
Ernest Hemingway
(Mondadori). Zadie
Smith è l’autrice del
Best seller internazionale Denti Bianchi
(Mondadori). Le lettere dei protagonisti
pubblicate in queste
pagine sono tratte dal
libro Paroles du Jour J
UN CIVILE FRANCESE
La mia lunga alba
vissuta con angoscia
I FILM
ono le 9 del mattino, e dopo una
notte agitatissima viviamo ore di
angoscia, stretti l’uno contro l’altro
e continuamente scossi, circondati da
bombe aeree che cadono ovunque e da
proiettili lanciati dalla flotta britannica
che secondo i nostri vicini avrebbe dovuto essere al largo. Per un attimo la prospettiva di un prossimo sbarco ci sostiene, ma ti assicuro che
non ce la passiamo bene,
assordati e scossi dalle ripetute esplosioni, che
provengono senza dubbio da depositi di munizioni, e mentre siamo
convinti che la casa ci cadrà presto sulle spalle invochiamo il Signore. E i
minuti ci sembrano delle
ore. Le nuvole di fumo si
avvicinano sempre più. La porta che collega la cucina con la cameretta contigua
si blocca sbarrandoci il passaggio, che
d’altra parte è diventato inutile. Al primo
piano cade del gesso sul letto di Christiane, e si sente uno scoppio in cortile; si rovesciano tegole sopra il garage e forse anche sulla casa. Aspettiamo un momento
di tregua, ma arriverà tra qualche ora, tra
qualche giorno, o tra qualche mese. Riusciremo a viverla? È quanto oggi possiamo chiederci.
Gaston Deroix
S
La memoria di un uomo che per anni aveva preferito il silenzio alle parole
EROE PER CASO
Gli chiesi se pensava di
essere stato coraggioso
in Normandia, «Non
sono stato coraggioso,
non mi fu chiesto di
esserlo», rispose
DOPO LO SBARCO
Sopra, un
soldato americano
ferito, un inglese
scrive, un tedesco
prigioniero
orto. Decise di prepararsi il tè, come
si faceva durante la guerra, ovvero
riempiendo di sabbia una latta di
biscotti, versandovi un goccio di
benzina e dandovi fuoco. Non
avrebbe dovuto farlo. Videro la
fiamma e arrivò un colpo di mortaio. Harvey non sa con esattezza
quanti uomini morirono, forse due,
forse tre. Dico: ma papà, si è trattato di uno stupido sbaglio, tutti commettiamo errori a quell’età. Ma in
situazioni normali errori del genere
non implicano la morte di nessuno.
«Fu colpa mia, capisci?». Ma no che
non lo fu, si trattò di un incidente.
«Sì, sì», risponde Harvey, canzonando le mie parole e piangendo
sommessamente. «Se è così che
vuoi metterla... «. Si risvegliò su una
barella a bordo di un camion, con
due tedeschi morti a entrambi i lati,
raccolti chissà dove dopo qualche
altro incidente. E quella fu la fine
della sua guerra, durata appena
qualche settimana, finché, in Inghilterra, non si riprese completamente. Quando ritornò, negli ultimi mesi di guerra, fece delle cose
particolarmente degne di nota.
Catturò un nazista di alto grado.
Aiutò a liberare Belsen. In Germania prese parte attiva agli
sforzi per la ricostruzione. Ma
sono quelle poche settimane in
Normandia quelle che davvero
contarono per lui. Gli errori che
aveva commesso, le cose che
non aveva fatto, la fortuna che
aveva avuto.
Per finire, gli ho chiesto se pensava di essere stato coraggioso in Normandia. «Non sono stato
coraggioso! Non mi fu
chiesto di esserlo... io
non ero Bert Scaife! Personalmente non sono
stato coraggioso, se è questo che vuoi sapere». Ed è per
questo che non ne aveva mai
parlato? «Non proprio... suppongo che quando ti rendi conto che in fondo stavi facendo la
tua parte a uccidere della gente
normale, beh... è una cosa brutta.
Ho trascorso un anno in Germania
dopo la guerra, sai?, lavorando per
l’esercito. Ho stretto amicizia con
dei tedeschi. Stavo quasi per sposare una ragazza tedesca di campagna. Aveva la mascella forte. Bella
ragazza... in casa sua c’era la foto del
fratello con indosso l’uniforme dei
nazisti. Avrà avuto diciotto anni e
non sarebbe mai più tornato a casa.
Un mio commilitone, che era venuto con me in visita a casa
sua, voleva voltare la foto
verso il muro, ma io gli dissi
di non farlo. Era soltanto
gente di campagna. In quella
guerra vi era stata grande crudeltà, ma quella era gente
semplice».
Questo è quanto ho registrato, la fine della mia intervista.
Poco dopo, però, mi ha telefonato parecchie volte per ribadire una cosa. Non era stato corag-
gioso. Ho detto:
«Ok, papà, ho capito». Poi mi richiama ancora,
questa volta per farmi una scenata. «Hai
visto quel programma della Bbc che
stanno girando, con
quei giovanotti? Li
fanno salire in treno e
vorrebbero fingere che
fossero in guerra... ma ti pare? È un mucchio di sciocchezze! Come se potessero ricreare anche la paura! Cosa ne sanno di come ci si sentiva, quando ti
consegnavano un’uniforme con la
maschera antigas... che cosa ciò volesse dire per il tuo animo!».
Mentre parla controllo le risposte che mi ha dato in precedenza.
Ok, non è stato coraggioso, ma gli
chiedo se è quanto meno fiero di
quello che ha fatto. «Non proprio.
Se fossi stato uno di quei medici sulla spiaggia, o se avessi fatto qualcosa come quel Bert Scaife, suppongo
che sarei fiero di me. Ma non è così».
Harvey Smith non è Bert Scaife —
vuole che io sia ben chiara a questo
proposito. Quando catturò quel nazista, i suoi commilitoni volevano
ucciderlo. Mio padre li convinse invece ad accontentarsi di una punizione meno estrema e fece camminare il nazista davanti al loro tank
per cinque miglia prima di consegnarlo alle autorità. Era tipico di
Harvey sentirsi in qualche modo
imbarazzato nel raccontarmi quell’episodio. Credeva di essersi comportato crudelmente. So che Harvey ritiene l’orgoglio una virtù di
nessun conto. A suo modo di vedere le cose, un individuo agisce o aiuta per quello che può o non agisce e
non aiuta affatto, ed esserne fieri in
seguito non serve a granché, non
cambia nulla. Tuttavia io sono molto fiera di un uomo che è stato capace di comportarsi sempre umanamente nella più disumana delle circostanze. Per farlo occorre avere un
coraggio enorme. Questo è un modo del tutto speciale di essere coraggiosi, e questa è una qualità che
mio padre condivide con milioni di
uomini e di donne qualunque che
combatterono quella sciagurata
guerra.
Copyright (c) 2004 Zadie Smith
Traduzione di Anna Bissanti
UN SOLDATO TEDESCO
Ho sparato
400 raffiche
ari genitori, cari fratelli e cara sorella, vostro figlio, vostro fratello
vi esprime tutto il suo affetto.
Martedì 6 giugno c’è stato un attacco
senza precedenti, un attacco inimmaginabile, mai visto, nemmeno in Russia... All’alba, verso le 4, abbiamo iniziato a intravedere il profilo delle prime grosse navi nemiche. Ben presto
non c’era più nemmeno un metro quadro di terreno che non
fosse stato colpito dalle
loro granate. Poi ha avuto inizio il massacro.
Molti dei mezzi da sbarco erano già stati distrutti dalla nostra artiglieria pesante, ma molti altri si erano arenati
sulla riva. Gli americani
pertanto dovevano percorrere duecentocinquanta metri di spiaggia allo scoperto,
e ciò è stato loro fatale... Davanti alle
nostre postazioni sulla spiaggia abbiamo lasciato dai duemila ai duemilacinquecento attaccanti morti o feriti. Ciascuno di noi ha fatto il possibile per
contrastare l’incredibile superiorità
numerica degli americani. Io solo ho
dovuto sparare più di 400 raffiche. Per
oggi è tutto! Vi abbraccio forte! Vostro
figlio, vostro fratello che tanto vi ama,
Franz (Franz Gockel)
C
SALVATE IL
SOLDATO
RYAN
Mezz’ora di
violenza senza
eufemismi per
raccontare il DDay. La guerra
con tutte le sue
crudeltà , da
tutte le parti
(compresi gli
americani che
ammazzano i
prigionieri
tedeschi). 5
Oscar
Di Steven
Spielberg
(1998)
IL GIORNO
PIÙ LUNGO
Il giorno dello
sbarco alleato
in Normandia
secondo la
cronaca del
colonnello
Cornelius
Ryan. Un cast
stellare, da
John Wayne a
Henry Fonda,
Richard
Burton, Robert
Mitchum, Sean
Connery, Curd
Jurgens
Di Ken Annakin,
Andrew
Marton,
Bernhard Wicki
(1962)
IL GRANDE
UNO ROSSO
Le avventure di
4 soldati
arruolati nella
prima divisione
della fanteria
americana che
partecipano
anche allo
sbarco in
Normandia e
infine
combattono in
Cecoslovacchia
Di Samuel
Fuller (1980)
QUELLA
SPORCA
DOZZINA
Poco prima
dello sbarco in
Normandia, il
maggiore
Reisman deve
conquistare un
castello dove è
installato il
quartier
generale dei
nazisti nella
Francia
occupata
Di Robert
Aldrich (1967)
Fondatore Eugenio Scalfari
ALVOHXEBbahaajA CIDEDKDODQ
40602
9 770390 107009
Anno 29 - Numero 129
Direttore Ezio Mauro
€ 0,90 in Italia
mercoledì 2 giugno 2004
(con RACCONTI - € 8,80)
SEDE: 00185 ROMA, Piazza Indipendenza 11/b, tel. 06/49821, Fax
06/49822923. Spedizione abbonamento postale, articolo 1, legge 46/04
del 27 febbraio 2004 - Roma.
PREZZI DI VENDITA ALL’ESTERO: Austria € 1,85; Belgio € 1,85; Canada
$ 1; Danimarca Kr. 15; Finlandia € 2,00; Francia € 1,85; Germania € 1,85;
Grecia € 1,60; Irlanda € 2,00; Lussemburgo € 1,85; Malta Cents 53;
Monaco P. € 1,85; Norvegia Kr. 16; Olanda € 1,85; Portogallo € 1,20 (Isole
€ 1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna
€ 1,20 (Canarie € 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr.
2,5 (con il Venerdì Fr. 2,80); Ungheria Ft. 350; U.S.A $ 1. Concessionaria
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AB
Il messaggio registrato trasmesso dall’emittente della Lega. Il Senatur parla in modo affannato, a tratti incomprensibile: “Sono schiacciato dal dolore ma tornerò”
CON REPUBBLICA
Bossiallaradio:rinviatePontidaeioverrò
La collana “Le strade del giallo”
IL RETROSCENA
L’ESIBIZIONE
DELLA MALATTIA
Quella voce lascia
la Lega nel dramma
FRANCESCO MERLO
AI avremmo pensato di poter
volere bene a Umberto Bossi,
che per noi è sempre stato la sentina di tutti i pregiudizi infamanti e razzisti contro il Meridione del mondo. E invece ieri pomeriggio il suo soffio di voce
straziato e straziante, registrato e trasmesso da Radio Padania, ci ha commosso perché è la prova che stanno maltrattando un ammalato per ragioni elettoralistiche, che c’è un accanimento politico, ben più insensato di quello terapeutico.
SEGUE A PAGINA 17
M
GUIDO PASSALACQUA
MILANO
MBERTO Bossi annulla Pontida,
ma non cancella, forse, il suo ritorno alla politica. Forse. Bossi ha più
volte dimostrato di saper risorgere dalle
sue ceneri, ma ieri, nel salone di Via Bellerio, l’ascolto del suo messaggio via radio ha
assunto i toni di un malinconico addio. Il
“Va pensiero” suonato a Radio Padaniafaceva capire il senso del dramma che attanagliava tutti i militanti della Lega.
SEGUE A PAGINA 6
U
Radio Padania diffonde la registrazione del messaggio di Bossi
ALLE PAGINE 6 e 7
Il sunnita al Yawar nuovo presidente, lo sciita Allawi premier. Vola il prezzo del petrolio: supera i 42 dollari al barile
Nasce il governo iracheno
Bush: la piena sovranità è vicina.Bomba contro i curdi: 25 morti
L’ACROBAZIA
POLITICA
BERNARDO VALLI
RIMA di emettere giudizi
sul nuovo governo iracheno, e quindi di fare pronostici sul suo futuro, bisogna vederlo alla prova. La sua durata
sarà breve se il calendario politico previsto sarà rispettato: entro
il gennaio prossimo si dovrebbero tenere le elezioni destinate
a dare una legittimità popolare a
un nuovo esecutivo, e a dar vita
a un’assemblea costituente: ma
nell’Iraq di oggi sette mesi possono sembrare l’eternità.
Per il governo annunciato ieri
a Bagdad la prima prova sarà
tuttavia immediata e probabilmente decisiva. Al fine di conquistare un po’ di credibilità agli
occhi del Paese, i nuovi ministri
dovranno dimostrare, al più
presto, subito, sin dai primi passi, di essere autonomi rispetto
agli americani.
SEGUE A PAGINA 16
P
IL PACCO DONO
AMERICANO
Oggi in Italia la salma
di Antonio Amato. Il
padre: “E’ morto da
eroe, funerali di Stato”
BAGDAD — L’Iraq ha un nuovo governo. L’ultima mediazione con gli
Usa ha prodotto un capo tribù sunnita, lo sceicco Ghazi al Yawar, presidente del paese. Premier è lo sciita
Iyad Allawi, molto vicino all’amministrazione Bush e che dopo la sua nomina si è subito pronunciato per la
permanenza del contingente americano in Iraq. Bush ha dato il pieno appoggio al nuovo vertice: «Ora la democrazia è più vicina». Il consigliere
per la sicurezza nazionale Condoleezza Rice ha tentato di allontanare
il sospetto di un esecutivo troppo filoUsa: «Non sono marionette nelle
nostre mani». Ma a Bagdad si continua a morire: un’autobomba è esplosa a poche centinaia di metri dalla sala dove il nuovo governo stava tenendo la conferenza stampa, colpendo la
sede del partito curdo e uccidendo 25
persone. Oggi arriva la salma di Antonio Amato, il cuoco italiano ucciso
nell’assalto terroristico in Arabia
Saudita. Per lui, ha detto il padre, ci
saranno i funerali di Stato. Nuovo record storico per il prezzo del greggio
che ha sfondato i 42 dollari al barile.
DELL’OMO, SANNINO
STAGLIANÒ e ZAMPAGLIONE
ALLE PAGINE 2, 3, 4 e 5
Il 3° romanzo della collezione
di 50 volumi a richiesta
a soli 5,90 euro in più
Passa di mano il 10% dei titoli
Fiat, scambi
da record
la Borsa crede
ai nuovi vertici
Allarme dell’ambasciata Usa per gli americani in Italia. I disubbidienti minacciano incursioni
Ciampi: appello al dialogo per il 2 giugno
parata tra le proteste, Roma blindata
IL CASO
LA POLEMICA
Il pericolo
di un altro G8
Il suggeritore
inesistente
MIRIAM MAFAI
GIUSEPPE D’AVANZO
L 2 GIUGNO 1946 segnò una
svolta radicale nella storia e nelle istituzioni del paese. Appena
usciti dal fascismo e dalla guerra decidemmo di liberarci dalla monarchia, votammo in maggioranza per
la Repubblica e scegliemmo gli uomini e le donne che avrebbero scritto la Costituzione. A buon diritto
quella data è stata celebrata, a lungo, come la nostra festa nazionale.
Poi, per guadagnare un giorno lavorativo, venne cancellata. È merito di
Ciampi averla recuperata come data celebrativa della unità nazionale.
SEGUE A PAGINA 18
SERVIZI ALLE PAGINE 14 e 15
È davvero un italiano tra gli
assassini di Fabrizio Quattrocchi? Non un iracheno
che conosce l’italiano per avere qui
da noi studiato o lavorato, ma un italiano italiano, nato italiano, di lingua
italiana, con una famiglia e una storia
e un passaporto italiano, un tipo che
combatte e uccide con i mujahiddin
per scelta politica e ideologica. Lo dicono autorevoli fonti di informazione, quali sono il Corriere della Sera e
Porta a Porta. Vale la pena prendere
molto sul serio la notizia (gravissima,
inquietante) chiedendosi quali sono
le evidenze del fatto.
SEGUE A PAGINA 17
I
C’
Marchionne e Montezemolo
TORINO — Partenza sprint per
Luca Cordero di Montezemolo, nuovo presidente della
Fiat: in Borsa il titolo vola, presentata la nuova squadra con
Sergio Marchionne e John Philip Elkann. Gianlugi Gabetti:
“Vinto lo scontro sulle regole,
la famiglia ora ha un futuro”
ALLE PAGINE 10,11 e 13
L’INTERVISTA
Il segretario della Cgil
Epifani al premier
“Basta attacchi”
DE MARCHIS A PAGINA 9
DIARIO
VITTORIO ZUCCONI
WASHINGTON
A OSPITE educato, non
arriverà a mani vuote
George Bush all'incontro
con l'Europa che conta e con
quella che finge di contare. In
Francia, in Italia e poi al vertice
degli Otto in Georgia, porterà il
pacco dono del nuovo governo
provvisiorio iracheno, che gli
permetterà di vantare progressi
verso la democrazia con l'imprimatur dell'Onu e salvare le incerte fortune elettorali dei governi satellite. Dare una “faccia
irachena” e una parvenza di legittimità Onu all'occupazione,
era il risultato improrogabile
che Bush doveva ottenere in
fretta per riagganciare i governi
dissidenti, confortare i governi
satelliti nervosi e proteggere, soprattutto, la propria vacillante
popolarità interna.
SEGUE A PAGINA 17
Domani Montalbán
“Assassinio
al Comitato Centrale”
Il D-Day di mio padre
D
Manomessa bottiglia di minerale
Adesso il piccolo è fuori pericolo
Port Mungo
DUE EDIZIONI IN DIECI GIORNI
Acquabomber
a Palermo
bimbo beve
la candeggina
SALVO PALAZZOLO
A PAGINA 23
ZADIE SMITH
APEVO che mio padre era stato in guerra. Sapevo anche che
il padre di nessun altro v’era
andato, essendo stato più saggio lasciare tale onere ai nonni. Ma, per il
resto, non potevo dire di saperne di
più. Harvey non me ne aveva mai
parlato. Crebbi e un poco alla volta
scoprii, da diverse fonti, che cosa
era stata la guerra. Mio padre invece non me ne parlò mai. Più ne venivo a sapere di quella guerra e sempre più astruso mi riusciva conciliare l’orrore e l’eroismo in Normandia con l’Harvey Smith prudente e
dai modi gentili che conoscevo.
SEGUE ALLE PAGINE 35, 36 e 37
S
L’ex tecnico della Roma:
“L’Inter è arrivata tardi”
Capello amaro
“Il mio addio
è convenuto
a tutti”
MARCO MENSURATI
A PAGINA 44