DECRIPTARE LA BIBBIA... NUMERI NEI VANGELI E NELL

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DECRIPTARE LA BIBBIA... NUMERI NEI VANGELI E NELL
DECRIPTARE LA BIBBIA...
NUMERI NEI VANGELI E NELL'APOCALISSE, ANNUNCI DEL
MESSIA
di Alessandro Conti Puorger
per Edicolaweb
Nella mia ricerca per pervenire a "Decriptare le lettere parlanti delle
sacre scritture ebraiche" di cui ho già parlato diffusamente, col
metodo di "Parlano le lettere" ho cercato tracce che manifestassero
un occhio particolari degli autori del Nuovo Testamento nei riguardi
del valore delle singole lettere ebraiche, che sono l’elemento base
indivisibile della decriptazione essendo trasformabili in concetti.
In tale ambito, infatti, in special modo nel Vangelo di Matteo, ritenuto
dagli studiosi di questioni bibliche destinato ai primi fedeli provenienti dal
ceppo ebraico, e nei testi che la tradizione attribuisce all’apostolo
Giovanni - il IV Vangelo e l’Apocalisse -, si trovano spaccati ed approcci
di tipo particolare propri del tempo che fanno trapelare, ad esempio, l’uso
della "gimatria", che poi tanto sviluppo ebbe con la cabbalah nel
Medioevo.
Questa consiste nella prassi antica della cultura ebraica di dare valore
alle espressive lettere del loro alfabeto, associando a ciascuna di esse
un numero e traendo conseguenze e suggerimenti per parole sottese
dallo stesso complessivo valore numerico, sia pure con lettere diverse, in
quanto è ritenuto collegabile da un sottile e sapiente substrato d’affinità.
Tale uso è fatto dagli autori sacri specie quando riguardano la
rivelazione o apocalisse, indipendentemente dove si trovino, cioè gli
annunci che riguardano l’avvento delle cose ultime, quindi il tempo del
Messia; con ciò creavano tensione particolare nei cultori della parola del
tempo usi a decriptare testi.
LE GENEALOGIE
Per entrare nel vivo dell’argomento prendo ad esempio l’inizio del
Vangelo di Matteo che riporta una "Genealogia di Gesù Cristo, figlio di
Davide, figlio di Abramo." (Mt. 1,1)
Il re Davide è il personaggio della storia della salvezza che in questa
genealogia complessivamente è nominato tre volte, e la seconda volta
con il titolo di "re"; infatti, tale Vangelo successivamente recita:
1,2-6a - Abramo generò Isacco, ... generò Iesse, ... generò il re Davide.
1,6b-11 - Davide generò Salomone ... generò ... Giosia generò Ieconia e
i suoi fratelli al tempo della deportazione in Babilonia.
Davide in ebraico si scrive con tre consonanti
e per la gimatria,
tenuto conto che in ebraico ciascuna lettera è anche un numerale (come
1
in latino alle lettere I, V, X, D, C, L, M è associato un numero) si ha:
= ( =4 ) + ( = 6) + ( = 4) = 14
Proprio questo numero 14 è richiamato in quel brano per ben tre volte
come per tre volte è stato richiamato il nome Davide; infatti, l’ultimo
versetto di quel Capitolo1 di Matteo recita:
Mt. 1,17 La somma di tutte le generazioni
di 14 (somma
14);
- da Davide alla deportazione di di 14 (somma
Babilonia è
28);
- dalla deportazione di Babilonia a di 14 (somma
Cristo è
42).
- da Abramo a Davide è
Si evidenzia così, subito, dalla prima pagina di quel Vangelo come a quei
tempi la cultura ebraica fosse densa di pensieri collegati alla gimatria, e
che, appunto, sin dall’inizio il Vangelo di Matteo si qualifica destinato a
fedeli all’ebraismo (infatti, Eusebio ed altri antichi riferiscono d’una
primitiva edizione in ebraico) ed in particolare a cultori delle sacre
Scritture.
Questo versetto (Mt. 1,17) fornisce una traccia al lettore e lo guida verso
la somma di tutte le generazioni.
Proviamo perciò a seguire questa traccia verificando i numeri associabili
ai risultati d’ognuno di quei tre periodi.
Cosi operando, essendo Davide il risultato del primo periodo di 14
generazioni, sono da verificare quelli degli altri due periodi che
dovrebbero fornire i risultati di (14+14)=28 e di (14+14+14)=42.
Il risultato del secondo periodo preannunciato dallo stesso vangelo è
deportazione di Babilonia, in ebraico:
"galut Baboelah"
= ( = 3) + ( = 30) + ( = 6) + (
= 400)
16 *
= ( = 2) + ( = 2) + ( = 30) +
( = 5)
12 *
Totale: 28 *
I numeri con (*) si ottengono sommando le cifre, non considerando gli
zeri.
Il risultato del terzo ed ultimo periodo è il Cristo e sappiamo che la
somma con i criteri di cui sopra è 42; questo è il risultato a cui tende tutto
il discorso.
2
Matteo riporta, perciò, la genealogia, con intento qualitativo quale
occasione per indicare gli antenati di Gesù, onde ricordare gli eventi
fondamentali della storia della salvezza, ma soprattutto per affermare
agli Ebrei dell’epoca, in ogni modo, perciò anche con i numeri, che Gesù
è il Cristo, infatti: "Dopo la deportazione di Babilonia, Ieconia generò
Salatiel, ... generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di
Maria dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo." (Mt. 1,12-16)
Proviamo con Gesù è il Cristo
"Gesù è il Cristo"
= ( = 10) + ( = 5) + ( = 6) + ( = 300)
22 *
+ ( = 70)
= ( = 10) + ( = 300)
4*
= ( = 40) + ( = 300) + ( = 10) + ( =
8)
16 *
Totale: 42 *
Il numero 14 su cui è appesa tutta la genealogia nasconde, poi, con lo
stesso criterio le parole Figlio di Dio
.
"Figlio di Dio"
7*
= ( = 50) + ( = 2)
= ( = 30) + ( = 1) + (
= 30)
7*
Totale: 14 *
È quindi anche un avviso inserito sin dall’inizio del Vangelo al lettore
ebreo perché vi cerchi i messaggi segreti.
La genealogia inserita nel Vangelo di Luca (3,23-38) perviene anch’essa
a concludere che è Gesù è "Figlio di Dio" per un totale di 76 generazioni,
delle quali 56 da Abramo a Gesù contro le 42 di Matteo.
Le genealogie tra Matteo e Luca non quadrano tra loro, perché Matteo
vuol far venire sempre le 14 generazioni, pure per gli estesi periodi dopo
Davide.
Il confronto numerico delle generazioni tra Matteo e Luca fornisce:
Generazioni
(Mt)
da Adamo ad Abramo
da Abramo a Davide
(Lc)
(20)
14
14
3
da Davide a Neri (Lc) a
Ieconia (Mt)
14
da Neri (Lc) o da Ieconia
(Mt) a Gesù
14
Totale:
42
20
22
56+(20)
Di fatto per Matteo non è importante che la genealogia sia precisa, ma
che questa, renda palese all’attenzione che Gesù, era re, era figlio di
Davide, che è Figlio di Dio, che è il Messia e che aveva tra i suoi antenati
personaggi chiave della storia della salvezza.
Per il giudaismo, al tempo di Gesù, il periodo del regno di Davide era
l’età dell’oro ed il suo trono era simbolo d’una sovranità imperitura.
Ciò prese forza dal patto eterno che Dio stipulò con Davide (I Cronache
17,11-14):
"Quando i tuoi giorni saranno finiti e te ne andrai con i tuoi padri,
susciterò un discendente dopo di te, uno dei tuoi figli e gli renderò
saldo il regno. Costui mi costruirà una casa e io gli assicurerò il
trono per sempre. Io sarò per lui un padre e lui sarà per me un
figli ... il suo trono sarà sempre stabile." (2 Sam. 7,12-16)
Un figlio di Davide, Salomone, in effetti, costruì il Tempio al Signore, ma
il suo trono non rimase stabile; ma, siccome la parola di Dio si attua,
dopo la caduta del regno di Giuda (586 a.C.), s’instaurò l’attesa
messianica dell’affermarsi di questo regno eterno.
Il popolo, perciò, attendeva il Messia dalla casa reale di Giuda, che
s’identifica con "la casa di Davide":
E per la promessa "Io sarò per lui un padre e lui sarà per me un
figlio."
Era importante che fosse discendente legale della casa di Davide come
d'altronde riferisce Matteo con la figura di "Giuseppe, lo sposo di Maria
dalla quale è nato Gesù chiamato il Cristo" (Mt. 1,16b).
I Vangeli, infatti, evidenziano quest’attesa messianica quando, all’entrata
di Gesù in Gerusalemme, prima della sua passione, la folla grida:
"Osanna al figlio di Davide." (Mt. 21,9; vedi anche Mt. 9,27; 12,22s;
22,42)
SULLA RIVA DEL MARE IN FRONTIERA CONTRO IL MALE
Dio, per creare l’uomo libero, ha scelto di portarlo dalla non esistenza
gradualmente alla statura di figlio, facendolo crescere lottando contro il
"non essere".
La venuta del Messia, che impersona l’attesa ebraica "dell’Adam
Kadom", conferma l’attuarsi di questo disegno.
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Alla personificazione del non essere, al negativo, cioè al male, Dio però
ha posto una frontiera, un limite.
Nel libro di Giobbe è chiaro il pensiero (38,8-11):
"Chi ha chiuso tra le due porte il mare, quando erompeva uscendo
dal seno materno...? Poi gli ho fissato un limite e gli ho messo
chiavistello e porte e ho detto: Fin qui giungerai e non oltre e qui si
infrangerà l'orgoglio delle tue onde."
Chi ostacola le forze del male su quella linea è lui stesso e ne ferma le
onde sulla riva.
In prima linea l'uomo non è solo: su questa riva c'è, infatti, sempre Lui
stesso; l’uomo, però, non sempre se n’accorge.
La parola "riva" in ebraico si dice
SPT, e Lui sta con un fuoco là
pronto con una colonna di fuoco acceso, come all’apertura del Mar
Rosso, che rappresenta la risurrezione e dirà la parola fine all’esistenza
del male nelle vicende dell’uomo.
Fu sulla riva del mare, infatti, che Lui come colonna di fuoco apparve e
aprì il mare e distrusse il nemico:
"... il Signore che offrì una strada nel mare ed un sentiero in mezzo
ad acque possenti che fece uscire carri e cavalli, esercito ed eroi
insieme; essi giacciono morti, mai più si rialzeranno..." (Is. 43,16b17a)
Vediamo alcuni aspetti di questa idea come ha trovato sviluppo nel
Nuovo Testamento.
PESCARE 153 GROSSI PESCI
Con questo pensiero andiamo al Capitolo 21 del Vangelo di Giovanni,
quando dopo la risurrezione di Gesù, la scena si sposta sulle rive del
mare di Galilea.
Qui Gesù incontra sette apostoli - con lui 8 in tutto - segno profetico
dell'ottavo giorno escatologico e degli otto salvati dall’arca con a capo
Noè (Noè i 3 figli e le 4 mogli), il cui nome in ebraico viene dal radicale
"guidare"; perciò Gesù è lì a guidarli.
Seguiamo attentamente la descrizione che si riempie di pesci:
21,1 - "Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul
mare di Tiberiade."
21,4a - "Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva" SPT
... (ebraico)
21,6 - "Allora disse loro: gettate la rete dalla parte destra della barca
e troverete. La gettarono non potevano tirarla su per la gran quantità di
pesci."
21,7 - "Simone ... si gettò in mare." Simone è Cefa, un cefalus, un
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pesce; il particolare di Pietro che si rovescia in mare serve per mettere in
evidenza che anche questi è da contare tra i pesci. La lettera ebraica
che indica rovesciare, per la gimatria dà il numero 100; cioè con Pietro è
come se si rovesciassero in mare 100 pesci (anche in greco).
21,9 - "Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce
sopra e del pane.
Fuoco - Pesce
fetta di pane
; S’PT nei geroglifici egiziani
indica "pesce";
in questi c’è una pietra P, sopra un rettangolo
lungo, S’, che è uno specchio d’acqua che riflette la luce, segno del
fuoco con cui si cucineranno i pesci, e c’è il pane T ed il determinativo
del geroglifico, un pesce.
21,11 - "Allora Simon Pietro salì sulla barca e trasse a terra la rete
piena di 153 grossi pesci ..."
Con il Signore risorto lì presente non era certo il caso di perdere tempo e
contare i pesci; è perciò da ritener che quel numero fosse voluto per
sottendere qualche discorso a fini allora chiari, che a noi oggi sfuggono,
ma che vogliamo ricercare.
È evidente che con quel numero 153 c’è la volontà di indicare qualcosa
di particolare.
Poi non sono pesci normali sono "grossi" pesci e non sapremo mai se
per grossi voleva usare la parola ebraica
o , ma propendo per il
secondo modo per due motivi, e precisamente perché al plurale fa
e
richiama alla mente il rendere proseliti una grande quantità di personaggi
importanti "rabbini", sia perché fa venire alla mente anche la parola
raab, mostro primigenio che abita nelle acque, figura col pescarlo, d’una
vittoria escatologica.
Cioè si strappano schiavi appartenuti al nemico.
Per la gimatria =100 =50 =3 in ebraico e potrebbe dire leggendo le
singole lettere: "versa gli apostoli in cammino ";
In effetti questo è il senso del successivo colloquio con Pietro, con la
richiesta per ben tre volte di "Pasci le mie pecorelle" (Gv. 21,17) cioè
d’andare in missione e fare il pastore, prima pescare poi pascolare, e i
pesci sono uomini schiavi del nemico.
Si può fare anche un altro ragionamento: proviamo ad immaginare che
quanto cercato non sia il significato di quel numero di 153, ma che
questo numero sia quanto necessario da sommare per ottenere il
risultato del numero complessivo di pesci in quella pagina di Vangelo
che s’ottiene della seguente somma:
- Pietro, compie l’atto di buttarsi dalla
barca, in altre parole anche lui è da
=
100
6
considerare tra i pesci in quanto Cefalus
(capo dei pesci), si rovesciò (in mare);
per la gimatria ne sono entrati
- numero di volte nel racconto della
parola pesce
=
5
- pesci pescati
=
153
Totale:
258
Associando i numeri alle lettere, secondo la gimatria 258 corrisponde a:
= "mangiare raab"
= ( =2) + ( =5) + ( =200) + ( =30) + ( =20) + ( =1) = 258
È da aprire una parentesi pensando alla geografia del Giordano, che è
immissario ed emissario del lago di Tiberiade, e poi prosegue fino al Mar
Morto, che non ha emissari.
Il Mar Morto ove i pesci non possono vivere rappresenta il regno del
demonio, mentre il lago di Tiberiade quello di Dio.
Trovo una conferma (in "Le Dieci Parole" di Marc-Alain Ouaknin):
"Il lago di Tiberiade è il lago della vita perché accoglie il Giordano, si
riempie della sua acqua e più giù, la lascia andare. Prende e dà. Al
contrario, il mar Morto riceve il Giordano, prende la sua acqua ma non
dà nulla."
Nell'Apocalisse, infatti, si dice:
Gv. 12,4 - "Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire..."
Gv. 12,5 - "Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le
nazioni con scettro di ferro (il Messia) e il figlio fu rapito verso Dio."
Gv. 12,6 - "La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva un
rifugio perché fosse nutrita per 1260 (3 anni e mezzo di 360 giorni)
giorni."
Attorno al Mar Morto c’è il deserto di Giuda, il monte delle tentazioni di
Gesù, la sede dei monaci Esseni e, poco prima dell’innesto del Giordano
nel Mar Morto, il punto in cui fu battezzato Gesù e dove il Giordano s’aprì
per lasciar passare l’arca con Giosuè.
(Per i 1260 giorni, 3 anni e mezzo, vedi i paragrafi successivi "Cristo Re
e i 144.000" e "Il 666 dell'Apocalisse".)
Gv. 12,7 - "Scoppiò una guerra nel cielo, Michele e i suoi angeli
combattevano contro il drago ..."
Gv. 12,13 - "Ora quando il drago si vide precipitato sulla terra, si avventò
contro la donna che aveva partorito il figlio maschio."
Gv. 12,17 - "Allora il drago s’infuriò contro la donna e se n’andò a far
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guerra contro il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano
i comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù.
E si fermò sulla spiaggia del mare."
Sembra che così siamo su una buona strada!
MANGIARE IL PESCE
L'idea è che le acque, in senso figurato sono il ricettacolo della bestia
che raffigura il male; infatti, l’acqua del mare, con l’instabilità che gli è
propria e con i profondi abissi, fa presente all’uomo i propri limiti
evocandogli tutte le paure legate alla precarietà della propria esistenza,
e la prima precarietà ed origine di tutte è quella della morte.
Lì nel mare, perciò, ove sono i mostri marini, più paurosi degli altri
perché nascosti, è immaginato risiedere il nemico.
Questi, in occasione del diluvio non ebbe altro scampo che rifugiarvisi; vi
s’è adattato ed ora è la sua sede naturale.
Le acque del mare, le acque di sotto, sono quanto visibile e
rappresentabile concretamente delle acque di sopra, dalle quali furono
divise nel secondo giorno del Capitolo 1 del Genesi.
Per la cabbalah (teoria di Luria) il creato, voluto da Dio, esiste per un
delicato equilibrio di forze che creano un confine tra Dio e il non-dio.
Per contro, ci fu la distruzione di Sodoma e Gomorra che stavano sul
bordo della valle che diventò la riva dell’attuale Mar Morto; ciò avvenne
con una pioggia di fuoco e di zolfo come se fosse precipitato un drago
sulla terra.
In quel mondo abita il nemico di Dio, il leviatan, raab, da cui in modo
allegorico provengono gli attacchi; perciò occorre picchettare le sponde,
le rive ed i bordi (e sulla spiaggia occidentale del Mar Morto c’è Qumran
sede degli esseni a cui ben calzava questa attività d’avanguardia
allegorica).
La parola ebraica "riva"
, s’è così profilata quale parola d'ordine ed è
come dire "stare in prima linea", "andare a combattere il nemico" e
"liberare gli imprigionati del male".
I pesci sono la dimostrazione dell'avvenuta vittoria, perché sono
strappati dal dominio del nemico.
Il mangiare il pesce diviene l'anticipo del pasto messianico in cui si
mangerà il leviatano e tutte le sue manifestazioni, il "behamot" e "raab", il
coccodrillo che è la personificazione dell’orgoglio, figura dell’Egitto (vedi
Gb. 29,12; Ez. 29,3; Ez. 32,2; Is. 30,7; Is. 51,9b).
In Egitto, per chi abitava là era "il posto" per antonomasia; si può
indicare con un solo segno egiziano la B , gamba, luogo dove si posa
il piede.
Lì, in Egitto abita Ra, là vi sono le acque di Ra (vedi "La risurrezione dei
primogeniti") che per gli ebrei è il male , da ciò + =
ed in
8
memoria della vittoria di Dio sul mondo degli dei Egiziani e dell’apertura
delle acque del mare, che appunto lambisce l’Egitto, lo stesso Isaia
(51,9b) dice: "Non hai tu fatto a pezzi raab, non hai trafitto il drago?"
Da
a
il passo è breve, basta aprirle la parola molto, grande ,
inserendovi un' e il gioco è fatto; ecco
, quindi Raab!
Oppure da RA"-B con le lettere ebraiche
"padre cattivo" in quanto
in egiziano a A’B = stare; cioè "stare in Egitto" e quindi per l’uscita
dall’Egitto si trasforma in
"il popolo uscì da dentro".
(Quel "padre cattivo" fa pensare al versetto Mt. 7,11: "Se voi che siete
cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro
che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano!")
Dice Isaia: "Vano ed inutile è l'aiuto dell'Egitto; per questo lo chiamo
Raab l'ozioso." (Is. 30,7) che è scritto
e la Bibbia di
Gerusalemme osserva nella nota "rahab hemshebet è incomprensibile",
ma ricorrendo alle lettere si ha "dai corpi uscirà il bestiale
(
)
per la risurrezione dentro alla fine " ed anche "il corpo entrerà del
bestiale
(
) nel fuoco (arrostito) dentro per tutti ".
Sotto l’aspetto egiziano è uno scherzo d’Isaia con riferimento a Raab che
è stato aperto, quindi ha l’h ( ) aperta ed allora gli apre anche l’h ( )
accanto di
, che se chiusa sarebbe stato , ma quelle consonanti
MH in egiziano avrebbero indicato servo il cui geroglifico completo è un
bastone ed un uomo seduto e
cioè ozioso.
da ciò Raab è un servo che si riposa,
Questo del fatto che è stato aperto è il preavviso che alla fine nella cena
escatologica del Messia sarà mangiato a pezzi dalle moltitudini dei
risorti; infatti, nell'Apocalisse (19,18) è detto: "Venite, radunatevi al
grande banchetto di Dio. Mangiate le carni dei re, le carni di capitani, le
carni degli eroi, le carni dei cavalli e dei cavalieri e le carni di tutti gli
uomini liberi e schiavi piccoli e grandi."
E secondo la tradizione ebraica:
- "Il Santo Benedetto farà, nel tempo a venire, un banchetto per i giusti
con la carne del leviatano e una Sukkà (capanna) con la sua pelle."
(Talmùd Bàba Bàtra 75a)
- "Il giorno in cui i giusti seguiranno il Messia in un nuovo ordine del
mondo - olam haba - in cui sarà distrutta l’inclinazione cattiva yetzer hara sarà distrutta l’inclinazione cattiva; i giusti festeggeranno mangiando
la carne del behamoth, del leviatano e dello ziz e berranno il vino messo
da parte nei 6 giorni della creazione." (Diz. Unterman)
Una profezia sul behamot che sarà mangiato si trova in Ger. 15,3 che è
letto con i segni al paragrafo "Cristo Re e i 144.000".
"Mangiare raab"
con i segni fornisce il messaggio:
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"Inizi il retto del Potente popolo ad uscire da casa ";
cioè:
"Inizi il popolo retto del Potente ad uscire dal proprio sito!"
In pratica dopo la venuta dello Spirito Santo (Gv. 20,22), questo del
Capitolo 21 di Giovanni è il primo sviluppo, è cioè l’esplicitazione della
Pentecoste secondo Giovanni che è da porre in parallelo con quella degli
Atti (3.14-41), lì Pietro parla e pesca i primi convertiti, qui Pietro pesca i
153 grossi pesci e riceve il mandato: "Pietro Pasci i miei agnelli."
In pratica è il "via libera" alla missione degli apostoli.
Questo è anche l'inizio della torre di Babele alla rovescia; è il nuovo
dono delle lingue.
Il pesce arrostito lo segnala pure Luca (24,41):
"... per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti,
disse: avete qui qualcosa da mangiare? Gli offrirono una porzione
di pesce arrostito; egli lo prese lo mangiò davanti loro."
Per questo segno si è ipotizzato che il Vangelo intendesse avvicinare la
figura allegorica del "pesce" a Gesù per l’acronimo che gli si riferisce che
si ricava dalla parola pesce, in greco ιχτυσ cioè "Gesù Cristo di Dio
figlio Salvatore" ιεσυσ χριστοσ τεου υιοσ σοτερ
Gesù, però, era ebreo, i suoi apostoli erano tutti ebrei, e Lui faceva segni
che dovevano essere immediati per i suoi apostoli.
Che Gesù nel Vangelo di Luca mangi da solo può lasciare perplessi, ma
in quello di Giovanni, ove esplicitamente lo fa con gli apostoli ci apre il
significato che sta prefigurando così il pasto messianico finale e sta
indicando che nell'evangelizzazione, cioè nella massima espressione
della lotta contro il male, sarà presente in trincea: "Ecco, io sono con voi
tutti i giorni, fino alla fine del mondo." (Mt. 28,20b)
Interpretato così il segno illumina anche i miracoli della moltiplicazione
dei pani e dei pesci; altrimenti, perché i pesci?
Entrambi sono segni dello stesso evento, pasquale e messianici, del
definitivo ritorno.
Il primo, il pane, è il segno della manna data da Dio nel deserto dopo il
passaggio del Mar Rosso ed il secondo, i pesci, sono segno della vittoria
sul male in figura degli egiziani nemici morti sulla riva di quel mare
quando Dio richiuse le acque dopo il passaggio degli Ebrei.
Nello stesso tempo erano segni profetici; il pane è la parola che
spezzeranno gli apostoli ed i pesci sono i salvati che diverranno altri
discepoli; in definitiva, Lui è Iahwèh.
(Gamaliele, grande Rabbi contemporaneo di Gesù, paragonava i diversi
discepoli a quattro specie di pesci, puri o impuri, pesci d'acqua dolce o di
mare, a seconda che possedessero o no capacità di giudizio e risposta
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pronta. - Abot di Rabbi Nathan)
Il pasto puro col pesce dell'iconografia dei primi secoli non è rito
eucaristico, ma un sacramentale d’inizio e/o fine missione.
L'evangelizzazione non è opera di proselitismo per portare le persone
nel proprio ambito di religiosità ed alla propria morale, ma atto d’amore
per gli uomini, che costretti ad ascoltare la catechesi del demonio, sono
dei miseri, sempre tristi ed arrabbiati, qualunque sia la condizione
sociale e questa constatazione è valida in tutti i tempi.
Tornando alla parola "riva", le consonanti S’PT
in egiziano con il
determinativo di occhio è "cecità"
in quanto S’P è "essere
cieco, fare il cieco"; inoltre S’PT con lo stesso geroglifico con il pesce
(può anche usarsi questa variante
) indica "arrabbiato,
irato"; inoltre, S’PY-I'B "come un pesce essere dentro, triste uomo, uomo
scontento".
Per i geroglifici il concetto di guarire i ciechi è vicino a quello di pescare e
sono impiegati entrambi ad iosa in tutti e quattro i Vangeli; Gesù
guarisce i ciechi, cioè si cura degli uomini, e i discepoli pescano pesci,
cioè fanno in figura quello che dovranno poi fare, cioè evangelizzare,
come dice Gesù:
"Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli,
Simone chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti
in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: Seguitemi vi farò
pescatori di uomini." (Mt. 5,18s)
Quando Gesù tramite Anania guarì San Paolo, gli Atti parlano di cecità e
di scaglie che cadono dagli occhi come squame di pesce:
"... Anania ... mi ha mandato a te il Signore Gesù ... perché tu
riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo. E ... gli caddero dagli
occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato ...
Rimase alcuni giorni ... a Damasco e subito nelle sinagoghe
proclamava Gesù Figlio di Dio." (At. 9,17-20)
Il pescare fa presente l'evangelizzazione ed il battesimo; cioè, lo stesso
accostamento fatto prima.
San Paolo - pescato = evangelizzato - da pesce = scontento - diventava
un uomo felice in Cristo; ed essendogli cadute le squame non era più
cieco, cioè non aveva più "veli" nel leggere le Scritture; infatti:
"Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;
ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto."
(2Cor. 3,15s)
In figura il pescare toglie i pesci dalla schiavitù del Lieviatan; infatti, in
occasione del diluvio gli unici animali che Noè non poté salvare furono i
11
pesci che erano già in acqua ove si rifugiò il principe demoniaco del
mondo e rimasero schiavi di quello.
L'evangelizzazione libera l’uomo dalla schiavitù del proprio Faraone
personale ed entrambi le azioni - pescare e convertire - comportano un
cambiamento totale d’ambiente, tanto che il soggetto totalmente liberato
è morto rispetto al vecchio stato.
Come la morte libera dai peccati, così il battesimo, che è morire in Cristo
e risorgere con Lui, provoca un cambiamento con la morte dell’uomo
vecchio (Rm. 6,6; 1Cor. 5,7; Ef. 4,2; Cl. 3,9) e con la natura di figli
adottivi di Dio.
GLI INDEMONIATI
Collegabili ai discorsi precedenti sulla liberazione dal male sono i vari
episodi dei Vangeli di Gesù con indemoniati, cioè con persone in cui
l’azione demoniaca è particolarmente evidente; infatti figure del genere
sono esemplificative della presenza del male in tutti gli uomini.
Sono catechesi battesimali, come l’episodio (Mt. 8,28-34; Mc. 5,1-20; Lc.
8,36-39) del Geraseno indemoniato dal quale per la grazia che emana
da Gesù fuoriescono i demoni che si precipitano nei porci.
Questi, precipitatisi nel mare, vi affogano e galleggiarono nei pressi della
riva mentre l'indemoniato, rinato, annuncia il Regno.
L'evangelizzazione è come il diluvio, cade una pioggia di grazia, ai
demoni non resta che rifugiarsi nelle acque, ma ora nell’acqua c’è Cristo
che ha vinto la morte, vi è entrato, è morto ed è risorto, così l'uomo
vecchio affoga (se ne trovano i resti sulla spiaggia) e l'uomo nuovo sorge
dalle acque.
Da dove ha origine e si può trarre l'idea che vi sia un potere demoniaco
che prende possesso delle persone?
Muniti del nuovo strumento per scrutare portiamoci alla Genesi, ove si
raffigura la creazione del primo uomo, che Dio impastò nel fango e in cui
soffiò l’alito vitale.
Nello scritto in ebraico notiamo che balzano in evidenza i due volti di Dio
(1) e dell’uomo (2), faccia a faccia e, all’uomo ancora inerte, Dio: "soffiò
nelle sue narici un alito di vita" (Gen. 2,6b)
Le decripto con i criteri del mio metodo.
"Portò Iahveh la bocca , per chiudere dentro l’origine soffiò . La
colomba (
) (dell’esistenza recò l’energia ) che accese
nell’uomo
la vita ; fu un vivente ."
Riporto di seguito le due letture:
A) Portò Iahwèh la bocca, per chiudere dentro l’origine soffiò.
12
Dell’esistenza recò l’energia che accese nell’uomo la vita; fu un vivente.
B) Portò Iahwèh la bocca, chiuse dentro l’origine nella bocca.
La colomba accese nell’uomo la vita; fu un vivente.
Ecco qui nella forma B) di lettura l’Adam Kadom
in quanto con
la colomba gli Ebrei hanno colto l’invio nell’uomo dello Spirito dell’Adam
Kadmon, origine della ricerca della cabbalah.
Passiamo ora al capitolo 4 della Genesi che è il parallelo rovesciato della
creazione del Capitolo 2.
Alla creazione del figlio dell'uomo - figlio di Dio del Capitolo 2, nel
Capitolo 4 si sviluppa l'opera iniziata dal demonio nel Capitolo 3
nell'episodio della tentazione portata a buon fine.
Qui il demonio - la scimmia di Dio - cerca di scimmiottare Dio e lo stesso
soffio (in Gen. 4,6b) avviene dal serpente su Caino:
E perché è abbattuto il tuo volto?
Per decriptazione s’ottiene:
l'emanazione dalla bocca (1) il serpente portò alla bocca (2) inviò
per l’esistenza spengere (
) (esistenza piatta).
Il maligno prova a far concludere la vicenda della creazione dell’uomo
trasformandone lo spirito per renderlo "figlio del serpente"; risultato visivo
di tali operazioni sono gli indemoniati.
È riportato nella Bibbia che Elia ed Eliseo, ciascuno nel corso del proprio
ministero, contribuirono a far risorgere un bambino.
Quanto accaduto con Eliseo è particolarmente calzante con quanto si va
dicendo; vediamo se si comprende di più con i segni:
2Re 4,34 "Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la ...
"Porta l'Essere azione potente ed è a riaccendere il vaso da
dentro si vede del serpente far uscire la forza con la potenza
della malattia
. Dal Nome
...
... bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le ...
... alla bocca è portata azione , il potente soffio è recato . La
portata azione dell’esistenza emette forza e si vede con potenza
agire ; dell'Essere l'energia è riportata
... mani nelle mani di lui e si curvò su di lui.
13
E così , per il soffiò che è stato recato in azione , il serpente del
vaso alla bocca si porta ed è fatto camminare fuori dal corpo .
Dall'alto l'esistenza si riporta ...
Il corpo del bambino riprese calore."
... e l'Essere racchiude la vita dentro (ri)accende il corpo che
esce (ri)generato
.
Raggruppando si legge:
"Porta l'Essere azione potente, ed è a riaccendere il vaso; da dentro
si vede del serpente far uscire la forza con la potenza della malattia.
Dal Nome alla bocca è portata azione, il potente soffio è recato.
La portata azione dell'esistenza emette forza e si vede con potenza
agire; dell'Essere l'energia è riportata.
E così, per il soffiò che è stato recato in azione, il serpente del vaso
alla bocca si porta ed è fatto camminare fuori dal corpo.
Dall'alto l'esistenza si riporta e l'Essere racchiude la vita dentro;
riaccende il corpo che esce rigenerato."
È evidente l'elaborazione dell'autore che ha preso a riferimento la
creazione dell'uomo della Genesi e spiega come può avvenire la
rigenerazione.
Il versetto successivo poi contiene un numero sette (7) che è senz’altro
forzato:
"Quindi (Eliseo) si alzò e girò qua e là per la casa; tornò a curvarsi su di
lui, il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi." (2Re 4,35)
Strano, no?
Con quanto detto è ora evidente che indica i sette spiriti maligni usciti
dopo che era uscito il capo, come indica Gesù:
"Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va per luoghi aridi
cercando sollievo, ma non ne trova. Allora dice, ritornerò ... si prende
sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora ... " (Mt. 12,4345)
Vale a dire, quel ragazzo fu guarito da Eliseo completamente, sia nel
corpo sia nell’anima, in quanto il soffio portato fece uscire anche ciò che
all’interno lo ammalava, quindi, il demonio con i suoi sette compagni, che
potrebbero essere i sette peccati capitali del catechismo.
Gesù nei Vangeli ripete i gesti della creazione di Dio Padre, infatti:
- A un cieco "Rispose Gesù ... Finché sono nel mondo sono la luce del
14
mondo. Detto questo sputò per terra fece del fango con la saliva,
spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: và ... " (Gv. 9,5)
- a un sordomuto Gesù: "gli pose le dita negli orecchi e con la saliva
gli toccò la lingua (faccia a faccia, bocca a bocca) guardando quindi
verso il cielo (verso il Nome), emise un sospiro (soffiò) e disse Effatà,
cioè apriti..." (Mt 7,33b.34)
(Peccato che non abbiamo quel Vangelo in ebraico altrimenti vedremmo
i p ( ) di Effetà di jtp (
) che vuol dire anche " liberalo")
Da qui ha origine il rito dell’esorcismo con il soffio dello Spirito - l'"Effetà"
ne è espressione sintomatica, atti sacramentali di trasmissione d’una
nuova filiazione, bocca a bocca come per tornare alle origini.
CRISTO RE E I 144.000
Il titolo di Cristo Re si trova nel Vangelo di Luca: "cominciarono ad
accusarlo: ... sobillava il nostro popolo ... impediva di dare tributi a
Cesare e affermava di essere il Cristo Re." (Lc. 23,2)
Appare la grand’opposizione tra Gesù e Cesare che rappresentano due
mondi; il primo uomo nuovo, il primogenito d’una nuova generazione, e il
secondo il più potente, "il più astuto", tra gli uomini di quei tempi, che si
fa venerare come divinità ed incarna l’orgoglio.
Vi sono gli elementi estremi della primigenia opposizione che ci fu tra
l’angelo ribelle e Dio a causa dell’uomo.
Il maligno è l’antiuomo, cioè s’oppone all’uomo come l’anticristo,
incarnazione del capo dei demoni, s’oppone a Cristo.
In questa vicenda del Vangelo la legge umana oppone a Cristo
l’imperatore Cesare, questi perciò è in quel momento l’anticristo.
Tutti gli Evangelisti raccontano il processo a Gesù.
Di seguito riporto i versetti della "passione" dei quattro Vangeli in cui c’è
la parola "re" o titoli per Gesù.
Matteo - Capitolo 27: Re dei Giudei - Re d’Israele
27,11 - Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore
lo interrogò dicendo: Sei tu il re dei Giudei? Gesù rispose: Tu lo dici.
27,29b - ...mentre s’inginocchiavano davanti, lo schernivano: Salve re
dei Giudei.
27,37 - Al disopra del suo capo, posero la motivazione scritta della sua
condanna: Questi è Gesù il re dei Giudei.
27,42b - ... È il re d’Israele, scenda ora dalla croce e gli crederemo.
Marco - Capitolo 15: Re dei Giudei - Re d’Israele - Cristo - Figlio di
Dio
15,2 - Allora Pilato prese ad interrogarlo: Sei tu il re dei Giudei? Ed egli
rispose: Tu lo dici.
15,9 - Allora Pilato rispose loro: Volete che vi rilasci il re dei Giudei?
15,12 - Pilato replicò: Che farò dunque di quello che chiamate il re dei
15
Giudei?
15,18 - cominciarono poi a salutarlo: Salve re dei Giudei!
15,26 - E l’iscrizione con il motivo della condanna diceva Il re dei
Giudei.
15,32 - Il Cristo, il re d’Israele, scenda ora dalla croce, perché
vediamo ...
15,39 ...Veramente quest’uomo era Figlio di Dio!
Luca - Capitolo 23: Re dei Giudei - Cristo Re
<B23,2< B>- e cominciarono ad accusarlo: ...sobillava il nostro popolo ...
impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo Re.
23,3 - Pilato lo interrogò: Sei tu il re dei Giudei? Ed egli rispose: Tu lo
dici.
23,37 - Se tu sei il re dei Giudei salva te stesso.
23,38 - C’era anche una scritta sopra il suo capo: Questi è il re dei
Giudei.
Giovanni - Capitoli 18 e 19: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei
18,33 - Pilato ... gli disse: Tu sei il re dei Giudei?
18,37 - Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù: Tu lo
dici: Io sono re ...
18,39b - ...volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?
19,3 - Salve, re dei Giudei! E gli davano schiaffi.
19,12 - ...Se liberi costui non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re si
mette contro Cesare.
19,14 ...Pilato disse ai Giudei: Ecco il vostro re!
19,15b - Disse loro Pilato: Metterò in croce il vostro re? Risposero i
sommi sacerdoti: non abbiamo altro re all’infuori di Cesare.
19,19 - Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi
era scritto Gesù il Nazareno, il re dei Giudei.
19,21 - I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: Non scrivere:
il re dei Giudei ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei.
Matteo e Luca citano per 4 volte la parola Re, Marco 6 volte e
viaggiunge il titolo di Cristo e di Figlio di Dio per un totale complessivo di
8 titoli, Giovanni ben 12 volte, di cui una in concomitanza proprio alla
citazione del nome di Gesù.
In armonia col fatto che il numero di titoli onorifici che costituivano il
nome di un Faraone erano al minimo 4, Matteo (che si rivolge agli Ebrei
lo indica re dei Giudei, cioè l’unto, il Messia, il novello promesso Davide)
cita 4 volte la parola re e questa attenzione è ripetuta da Luca (che però
gli dà il titolo più vasto di Cristo Re); questo criterio è raddoppiato da
Marco (parla ai pagani, in quanto Gesù è re dei Giudei e dei pagani), ed
è esaltato da Giovanni con la pienezza di 3x4 =12 titoli.
Nel Vangelo di Giovanni sulla parola Re c’è una maggiore tensione e
questo titolo lo pone in contrapposizione a Cesare tre volte (come ho
16
sottolineato).
Esaminiamo ora il "titulus" sulla croce:
Matteo: Questi è Gesù il re dei Giudei (27,37)
Marco: Il re dei Giudei (15,26)
Luca: Questi è il re dei Giudei (23,38)
Giovanni: Gesù il Nazareno, il re dei Giudei (19,19)
Giovanni precisa un particolare da testimone oculare:
"Molti Giudei lessero questa iscrizione perché il luogo dove fu crocifisso
Gesù era vicino alla città; era scritto in ebraico, in latino e in greco."
(Gv. 19,25)
(Il titulus in legno nella basilica di S. Croce in Gerusalemme di Roma,
che la tradizione indica quale originale portato con la Santa Croce ed
altre reliquie da S.Elena - madre dell’imperatore Costantino - risponde a
tutti i requisiti dell’iscrizione di Giovanni.)
Per Giovanni, il Cristo è Re dell’intera creazione, infatti il "titulus" è scritto
con le più importanti lingue del mondo allora conosciuto.
Il titolo sulla Croce è profezia della vittoria sulla morte dopo la discesa
agli inferi con glorificazione dalla risurrezione, dell’ascensione e della
seconda venuta nella gloria che sanciranno l’intronizzazione negli inferi,
in cielo e in terra (3 regni x 4 titoli).
Trovo una conferma in San Paolo, nella lettera ai Filippesi (2,9-11)
quando dice:
"Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato il nome che è al disopra di
ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei
cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è
il Signore a gloria di Dio Padre."
San Paolo anche qui ripete 3 volte la parola nome, 2 volte la parola Dio,
2 volte Gesù, 1 volta Cristo, 1 volta Signore e infine i 3 attributi - le
corone che sono del Padre e che ha dato a Gesù - i regni: sotto terra, in
terra ed in cielo.
Si possono vedere raggruppati a 4 titoli, per 3 volte, così:
Gesù, Dio, Nome, sotto terra;
Gesù, Dio, Nome, terra;
Cristo, Signore, Nome, cielo;
perciò, 3 x 4 = 12 attributo pieno della divinità.
Leggiamo quei segni del titolus:
Gesù Nazareno il Re dei Giudei
Fornisco due letture simili; la prima pone l’accento sulla Madre che stava
17
sotto la Croce, come evidenzia Giovanni nel suo Vangelo, e l’altra sugli
apostoli.
1) Da Gesù
da dentro un germoglio
dalla Croce uscì con la
Madre che, nel cammino , del serpente sarà la perversità (
)
a sbarrare nel mondo .
2) Da Gesù
da casa gli apostoli agli stranieri dai confini
uscirono con la parola
(
); del maligno
la perversità (
sbarreranno nel mondo .
)
1) Da Gesù da dentro un germoglio dalla Croce uscì con la Madre
che, nel cammino, del serpente sarà la perversità a sbarrare nel
mondo.
2) Da Gesù da casa gli apostoli agli stranieri dai confini uscirono
con la parola; del maligno la perversità sbarreranno nel mondo.
Giovanni e la sua scuola usano con abilità la gimetria e con i giochi di
numeri e parole hanno dimestichezza; si pensi ai 153 grossi pesci, al
666 della bestia, ai 144.000 dell’Apocalisse.
Vediamo il numero che si può associare al titolo sulla croce:
= ( = 70) + ( = 300) + ( = 6) + ( = 10)
= ( = 400) + ( = 200) + ( = 7) + ( =
50) + ( = 2)
= ( = 20) + ( = 30) + ( = 40) + ( =
5)
= ( = 5) + ( = 4) + ( = 6) + ( = 5) +
( = 10) + ( = 30)
386
659
95
60
Totale: 1200
Giovanni gli annette perciò una pienezza particolare perché il titolo
sottende il numero 12x100=1200 ed ha preparato bene il tutto in quei
versetti ripetendo 12 volte il titolo di re.
Questo 1200 equivale a:
"Questi è figlio di Dio"
= ( = 5) + ( = 7)
12
= ( = 300) + ( = 10)
310
= ( = 200) + ( = 2)
202
( = 600) + ( = 10) + ( = 5) + ( =
30) + ( = 1) + ( = 30)
676
18
Totale: 1200
Il messaggio è quindi:
Gesù Nazareno il Re dei Giudei: questi è figlio di Dio!
Dal fatto che, quando Pilato domandò a Gesù (Gv. 18,37) "... Dunque tu
sei re? Rispose Gesù: Tu lo dici: Io sono re ... sono venuto nel mondo
per rendere testimonianza alla Verità ...",
avendo Lui dichiarato che è re, ed avendo ammesso d’essere testimone
della Verità, se ne deduce che Cesare, il re posto in antitesi a Gesù, di
fatto, è figura dell’anticristo!
Interessante è questo numero, perché moltiplicato per i 120 che erano i
discepoli della Chiesa nascente di Atti 2 (che sono corrispondenti ai
componenti della Grande Congregazione cioè del sinedrio), si ha il
144.000 dell’Apocalisse che definisce la nuova Chiesa nell’interezza,
infatti:
- "Poi udii il numero di coloro che furono segnati con il sigillo: 144.000,
segnati da ogni tribù d’Israele:
dalla tribù di Giuda 12.000;
dalla tribù di Ruben 12.000;
dalla tribù di Gad 12.000;
dalla tribù di Aser 12.000;
dalla tribù di Nèftali 12.000;
dalla tribù di Manàsse 12.000;
dalla tribù di Simeone 12.000;
dalla tribù di Levi 12.000;
dalla tribù di Issacar12.000;
dalla tribù di Zàbulon 12.000;
dalla tribù di Giuseppe 12.000;
dalla tribù di Beniamino 12.000;" (Ap. 7,4)
"Poi guardai ed ecco l’Agnello ritto sul monte Sion e insieme 144.000
persone che recavano scritto sulla fronte il suo nome e il nome del
Padre suo." (Ap. 14,1)
Nella Chiesa, i 120 (di At. 1,15) sono tutti "figli di Dio" rappresentato dal
numero "1200", cioè 120 x 1.200 = 144.000.
Che questi sono segnati sulla fronte dal suo nome e il nome del Padre
suo è una riprova, in quanto il numero 1200 sottende entrambi questi
nomi:
Gesù Nazareno il Re dei Giudei: (il suo nome, del Figlio)
questi è figlio di Dio! (Dio è il nome del Padre)
IL 666 DELL'APOCALISSE
19
Giovanni, come ho fatto notare, aveva citato tre volte il titolo di Cesare;
con ciò indicava una presenza demoniaca, un re incompleto, non avendo
la pienezza regolare del titolo che comporta il numero 4.
19,12 - "... Se liberi costui non sei amico di Cesare. Chiunque si fa re si
mette contro Cesare."
19,15b -"Disse loro Pilato: Metterò in croce il vostro re? Risposero i
sommi sacerdoti: non abbiamo altro re all’infuori di Cesare."
Nell’Apocalisse (che si rifà alla stessa scuola dell’autore del 4° Vangelo,
e la tradizione dal II sec. d. C. con San Giustino, lo considera dello
stesso autore, nelle varie visioni presenta il male in due livelli di
raffigurazioni.
L’anticristo è collegato al secondo livello, mentre al primo troviamo il
drago, la bestia.
Quelle visioni dell’Apocalisse si ricollegano a quelle dei Capitoli 7 ed 8 di
Daniele, delle bestie, del montone, del capro e del Figlio dell’Uomo che
erano entrate nell’immaginario collettivo ed avevano mosso tanti scritti di
carattere apocalittico.
1a) Il drago
Drago = è l’angelo ribelle con tutti gli altri angeli che l’hanno seguito
sulla terra; cioè: "tutti gli angeli (ribelli)".
L’Apocalisse, così lo descrive (Ap. 12,3 e Ap. 12,17s):
- "Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con
sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi; la sua coda
trascinava giù un terzo (1/3, prepara il 666) delle stelle del cielo e le
precipitava sulla terra."
- "Allora il drago s’infuriò contro la donna e se n’andò a far guerra contro
il resto della sua discendenza, contro quelli che osservano i
comandamenti di Dio e sono in possesso della testimonianza di Gesù. E
si fermò sulla spiaggia del mare."
1b) La bestia o nel bestiale
Nella quale il male s’incarna il behamot
"da dentro esce la morte
."
,o
con i segni dice:
", oppure "abita nel mondo dei morti
Espressione del bestiale sono infatti il behamot, raab, il leviatano,
personificazione del Nilo, le cui teste erano i sette rami del delta con cui
sbocca o sboccava nel Mediterraneo; questi si trova in tutto ciò d’umano
che tende al bestiale ed a quanto di tale istinto l’uomo voglia
intellettualizzare e nobilitare, ma pur sempre ha quella tendenza ed
estrazione.
Ap. 13,1-10 - "Vidi salire dal mare una bestia che aveva dieci corna e
20
sette teste, sulle corna dieci diademi e su ciascuna testa un titolo
blasfemo ... simile a una pantera, con le zampe come quelle d’un orso e
la bocca come quella del leone... Una delle sue teste sembrò colpita a
morte, ma la sua piaga mortale fu guarita. ... fu data una bocca per
proferire parole d’orgoglio e bestemmie, con il potere d’agire per 42
mesi...(tre anni e mezzo) Le fu permesso di combattere contro i santi e
di vincerli; le fu dato potere sopra ogni stirpe, popolo, lingua e nazione.
Lo adorarono tutti gli abitanti della terra, il cui nome non è scritto... nel
libro dell’Agnello immolato. Chi ha orecchi ascolti... Colui che deve
andare in prigionia, andrà in prigionia; colui che deve essere ucciso di
spada, di spada sia ucciso."
Vediamo di capire qualcosa di più su questa "grande bestia" di cui
l’Apocalisse ci fornisce alcune tracce.
Abbiamo su questa bestia dall’Apocalisse due elementi:
A) La citazione dei 42 mesi.
Questo tempo di 42 mesi è profetico, in quanto sta ad indicare la durata
convenzionale di persecuzione che Dio consente e si rifà alla durata di 3
anni e 6 mesi al tempo d’Elia (1Re 17,1) quando da Dio fu permessa la
siccità ed il Vangelo di Luca la ricorda al 4,25.
Nell’Apocalisse quel riferimento dei 42 mesi si rifà, anche con le parole,
come ho sottolineato, alla durata del regno d’Antioco Epifane che tenne
in pugno Gerusalemme per 3,5 anni e che il profeta Daniele riporta:
"... proferirà insulti contro l’Altissimo e distruggerà i santi dell’Altissimo;
penserà di mutare i tempi e la legge; i santi gli saranno dati in mano per
un tempo, più (due) tempi e la metà di un tempo." (Dn. 7,25)
Flavio Giuseppe in Guerra Giudaica su Antioco così scrive (17 Intr.):
"Racconterò come Antioco detto Epifane dopo aver espugnato
Gerusalemme ed averla tenuta per tre anni e sei mesi (3x12 + 6 =42) fu
espulso per opera dei figli di Asmodeo ..." (padre di Mattatia e nonno dei
5 Maccabei).
Antioco Epifane salì sul trono di Siria nel 176 a. C. e tentò d’ellenizzare
l’ebraismo e minare le basi del monoteismo.
Arrivò perfino a nominare sommi sacerdoti grecizzanti, si che
trascuravano il servizio nel Tempio per i giochi nei ginnasi che Antioco
aveva fatto costruire a Gerusalemme.
Visto che non bastava, obbligò gli Ebrei ad abiurare, pena la morte;
proibì la circoncisione nonché l’osservanza del sabato e concluse
facendo sacrificare maiali nel Tempio.
Come raccontano i libri dei Maccabei ... il 15 di Casleu il re innalzò
sull’altare un idolo ... (1Mac. 1,54):
Giuda Maccabeo con i suoi partigiani riuscì a liberare Gerusalemme,
21
entrò nel Tempio, demolì l’altare profanato, ne costruì uno nuovo ed il 25
del mese di Casleu (dicembre) ebbe luogo la riedificazione (L’evento
originò la festa della Hannukkah) ...
B) Un avviso
Chi ha orecchi ascolti: "Colui che deve andare in prigionia, andrà in
prigionia; colui che deve essere ucciso di spada, di spada sia ucciso".
L’autore dell’Apocalisse sta citando Geremia al versetto 15,2.
Un segnale del genere Chi ha orecchi ascolti, indica che c’è del
nascosto da investigare e da scrutare e, col metodo dei segni, strumento
antico ritrovato, proverò fiducioso su questa scrittura che riporto:
"Se ti domanderanno - Dove andremo? - Dirai loro: Così dice il Signore.
Chi è destinato alla peste, alla peste, chi alla spada alla spada, chi alla
fame, alla fame, chi alla schiavitù alla schiavitù." (Ger. 15,2)
(Se si guarda uno scritto in rabbino quadrato si noterà che nessuna
lettera tende a superare verso l’alto il proprio rigo se non la lettera
lamed; quindi, in questa c’è il senso d’andare oltre, di potente, fuori del
normale, ma anche di voler prevaricare, d’innalzarsi).
Ecco allora che guardando le lettere escono le corna; queste sono le
punte delle ebraiche, ma alcune di queste non sono vicino a titoli
blasfemi.
Questa lettera ebraica , ha origine da una testa , con una energia
sulla fronte (un diadema); è cioè come un Faraone col diadema del
serpente ureo, che pare appunto un corno.
Spezzo ora quel versetto col metodo.
"E dal mondo fu ad uscire la retta esistenza ! Fu ad iniziare
dalle acque un corpo . Si portò il primo serpente a stare in un
vaso . Iniziò ad emettere un primo inviato . Si alzò il primo
portato originato da una matrice , in un corpo completamente . Il
primo serpente fu ad entrare in un vivente . Così per il mondo il
primo essere ribelle
(
) fu una calamità
; iniziò ad ardere
in un corpo la potenza , ai viventi recò la croce , il serpente la
morte
recò , iniziò la luce alle menti/teste con la potenza a
chiudere . In un corpo dentro il serpente si chiuse per moltiplicarsi
(
) ed iniziare ad accendere (altri) corpi con la potenza del
22
male ; dentro il serpente a Ra la casa portò . Iniziò principi
potenti ad accendere ; della casa furono del Faraone/serpente
schiavi
."
(Le acque di Ra erano un ramo del delta del Nilo; perciò è confermato
che il Faraone fu la prima concreta incarnazione del male conosciuta
dagli Ebrei.)
È in pratica il racconto della nascita d’un re del male primigenio, che
esce dalle acque del Nilo, il primo dei potenti, un dio, il progenitore dei
Faraoni, fondatore delle dinastie che replicano la personificazione del
nemico: il riferimento alle acque di Ra è chiaro.
La citazione di Geremia nell’Apocalisse è contratta e si ferma a "per
ucciderli" che si trova nel versetto successivo a quello che ho spezzato;
ciò sta ad indicare che le teste con i titoli blasfemi si trovano anche in
quel versetto:
"Io manderò contro di loro quattro specie di mali - parola del
Signore -; la spada per ucciderli, i cani per sbranarli, gli uccelli
dell’aria e le bestie selvatiche per divorarli e ucciderli." (Ger. 15,3)
Ecco che arriva la ‘bestia‘ il behamot
Spezziamo anche questo versetto:
.
"Porta al vacillamento (
=
) la religione
. È una divinità forte
nel mondo dei viventi . Insidia
i popoli
, schiavi
li porta tutti
. Oracolo
del Signore
riverranno
dalle tombe i corpi da
dentro dal serpente uccisi
e per la rivenuta
rettitudine nei
cuori risaranno a vivere . Del serpente il cerchio della prigionia
verrà
a finire . In azione si porterà il Verbo che aprirà la
risurrezione , i viventi risaranno in vita e verranno
(
) da
dentro ad uscire dai morti
, riusciranno in terra
; il serpente a
divorare
si porterà , il serpente uscirà bruciato . Di vivere (
) finirà ."
Per comodità riporto di seguito il testo decriptato dei due versetti Ger.
15,2 e 3 senza segni ebraici onde facilitare la visione complessiva.
Ger. 15,2
"E dal mondo fu ad uscire la retta esistenza!
Fu ad iniziare dalle acque un corpo.
Si portò il primo serpente a stare in un vaso.
Iniziò ad emettere un primo inviato.
Si alzò il primo portato originato da una matrice in un corpo
completamente.
Il primo serpente fu ad entrare in un vivente.
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Così per il mondo il primo essere ribelle fu una calamità.
Iniziò così ad ardere in un corpo la potenza, ai viventi recò la croce,
il serpente la morte recò, iniziò la luce delle menti con la potenza a
chiudere.
In un corpo dentro il serpente si chiuse per moltiplicarsi ed iniziare
ad accendere altri corpi con la potenza del male.
Dentro il serpente a Ra la casa portò.
(Le acque di Ra erano quelle del Nilo nei pressi dello sbocco; indica
l’Egitto.)
Iniziò principi potenti ad accendere; della casa furono del Faraone
schiavi."
Ger. 15,3
"Porta al vacillamento la religione.
È una divinità forte nel mondo dei viventi.
Insidia i popoli, schiavi li porta tutti.
Oracolo del Signore:
riverranno dalle tombe i corpi da dentro dal serpente uccisi e per la
rivenuta rettitudine nei cuori risaranno a vivere.
Del serpente il cerchio della prigionia verrà a finire.
In azione si porterà il Verbo che aprirà la risurrezione.
I viventi risaranno in vita e verranno da dentro fuori dai morti.
Riusciranno in terra.
Il serpente a divorare si porterà.
Il serpente uscirà bruciato, di vivere finirà."
Il testo che se ne ricava chiarifica esaurientemente la formidabile
potenza del metodo.
Concludiamo ora il ragionamento per individuare le 7 teste per i titoli
blasfemi e le 10 corna.
Anche nel versetto Ger. 15,13 ci sono molte .
Quelle nel versetto precedente pur essendo 10 non erano tutte quelle
giuste; l’Apocalisse, infatti, indirizza affermando che ci sono 10 corna e
7 teste, sulle corna 10 diademi e su ciascuna testa un titolo
blasfemo, perciò alcune teste hanno più di un corno e ci debbono
essere allora tre teste con due corna e in ogni modo, ogni testa ha un
titolo blasfemo.
Occorre perciò guardare i titoli; solo le relative sono da contare.
Nel versetto Ger. 15,2 c’è due volte in ebraico
peste, ma una delle
due volte quelle lettere, senza vocalizzazioni, come ho fatto nella
traduzione del criptato, si possono leggere morte; abbiamo cosi due titoli
blasfemi:
- morte e peste, precedute da una ; quindi 2 teste e 2 corna.
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- fame
ripetuta; perciò un titolo = una testa e due ; cioè 2 corna.
- spada
, anche questa ripetuta due volte; perciò un titolo =una testa
e due ; quindi 1 testa e 2 corna.
- schiavitù
, pure lei ripetuta due volte; perciò un titolo = una testa e
due ; quindi 1 testa e 2 corna.
Gli altri titoli li troviamo nel versetto Ger. 15,3:
- fossa
con davanti; 1 titolo, 1 testa, 1 corno;
- uccisione uccidere,
con davanti; 1 titolo,1 testa,1corno.
Così possiamo riassumere le sette teste con i sette titoli blasfemi e con
le 10 corna del Behamot, cioè la "bestia" o l’"essenza del bestiale"
immaginato dall’autore dell’Apocalisse:
morte
con 1
davanti
peste
con 1
davanti
spada
ripetuto,
2
davanti
fame
ripetuto,
2
davanti
schiavitù
ripetuto,
2
davanti
fossa
con 1
davanti
uccisioni
con 1
davanti
sommano 7 teste con i 7
titoli e 10
diademi
Passiamo ora a cercare il secondo livello del regno del male:
2) L’anticristo:
È figurato da un’altra bestia; mentre la prima esce dal mare, questa esce
dalla terra.
Ap. 13,11 - Vidi poi salire dalla terra un’altra bestia, che aveva due
corna come quelle d’un agnello (ariete), ma parlava come un drago.
Ap. 13,12 - Essa esercita il potere della prima bestia ... costringe in terra
a adorare la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita.
Ap. 13,13 - ...fa scendere fuoco dal cielo ...
Ap. 13,14 - ...sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una
statua alla bestia ...
Ap. 13,15 - ...fa mettere a morte tutti coloro che non adorassero la statua
...
25
Ap. 13,16s - Faceva sì che tutti ... ricevessero un marchio ... e
nessuno ... comprare e vendere senza ... marchio.
Ap. 13,18 - Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il nome
della bestia; essa rappresenta; essa rappresenta un nome d’uomo. E
tale cifra è 666.
Anche qui c’è l’avviso "Chi ha intelligenza calcoli" per chi scruta con
l’invito a cimentarsi.
Alcuni (es. "Bibbia di Gerusalemme" alla nota Ap. 13,18) ritengono che il
nome sia Cesare - Nerone, ma i conti non tornano.
C’è la traccia delle 2 corna e, per quanto abbiamo ormai assodato,
possiamo cercare un nome d’uomo con 2 ; Nerone non l’ha, ma tra i
Cesari di Roma c’è Caligola
che nel suo nome appunto ha 2 .
La verifica numerica del nome poi torna con il titolo:
"Il Cesare di Roma
Caligola"
= ( = 200) + ( = 60) + ( = 20) + ( =
5)
= ( = 1) + ( = 40) + ( = 6) + ( = 200)
+ ( = 30)
285
277
= ( = 5) + ( = 30) + ( = 6) + ( = 3) +
104
( = 10) + ( = 30) + ( = 20)
Totale: 666
(Il fatto che Roma
ai tempi dell’Apocalisse si scrivesse con l’ finale,
e non
con l’ finale, l’ho visto con i miei occhi; quel nome così
scritto era su un orcio che aveva contenuto rotoli provenienti dalle grotte
di Qumran. Roma
si può leggere: "In superbia
(
) primeggia
.")
Vediamo ora se la descrizione dell’Apocalisse calza con Gaio Cesare
Caligola di cui Flavio Giuseppe, così scrive su quest’imperatore romano
nella Guerra Giudaica:
Gaio Cesare fu così intemperante verso la fortuna, di voler essere
considerato e chiamato dio, da privare la patria del fior fiore della sua
nobiltà e da estendere la sua empietà anche fino alla Giudea. Infatti inviò
Petronio con un esercito a Gerusalemme per collocare le sue statue (la
sua, di Drusilla e di Iside) nel Tempio, dandogli ordine, se i giudei non le
avessero volute introdurre d’uccidere chi avesse opposto resistenza e di
ridurre in schiavitù il resto della popolazione. (II 10,1.2)
Corrado Barbagallo ("Storia Universale Roma Antica" Vol. II Lib. V Cap.
26
II) su Caligola dice:
"Era circondato di domestici egizi... aveva voluto che la dea egizia
Iside ... fosse onorata di culto ufficiale ... tenta di istaurare in Italia,
sulla riva del Tevere, un regime simile a quello che fino a 70 anni
prima aveva dominato sulle rive del Nilo. Egli vuole inculcare ad ogni
costo in Roma il concetto che il principe e tutti i componenti della sua
famiglia sono di origine divina ... "
La patria vera, la patria ideale del giovane principe non è l’Italia, ma
l’Egitto e l’Asia.
Svetonio nella "Vita dei Cesari" al IV libro su Caligola dice:
Finora ho parlato più o meno del principe; mi resta ora parlare del mostro
... Diede incarico di portare dalla Grecia i simulacri degli dei, noti per la
loro importanza religiosa e artistica, e tra questi la statua di Zeus Olimpio
e fece sostituire la testa di queste statue con la riproduzione della propria
... (n° 22)
Aveva abitualmente rapporti incestuosi con tutte le sue sorelle e in pieno
banchetto a turno ne faceva sdraiare una alla sua destra, mentre teneva
a fianco, dall’altro lato la moglie ... Spesso fece prostituire le sorelle con i
suoi amasi.
Rubò la sorella Giulia Drusilla al marito e, secondo gli usi orientali, la
sposò, la fece erede dell’impero, la mise sugli altari. (n° 24)
Vediamo ora quanto durò il suo comando.
Tiberio, che morì il 16.3. del 37 d. C. in un testamento proponeva al
Senato la co-reggenza dell’impero tra Tiberio Gemello figlio di suo figlio
Druso (della famiglia Claudia), ed il pronipote Gaio, figlio di Germanico
detto Caligola (della famiglia Giulia d’Augusto).
Questi, ebbe l’investitura ufficiale del Senato il 18.3.38 d. C. e fu
assassinato il 24.1 del 41 d. C.; fu, perciò imperatore a pieno titolo per
35 mesi; nel 39 d. C. ordinò che fosse eretta una sua statua nel Tempio
di Gerusalemme, ma da Agrippa I e Petronio operarono in modo da
perdere tempo; quest’ultimo, infatti, comunicò l’ordine di Caligola, ma gli
fu risposto che avrebbe dovuto prima sacrificare tutto il popolo giudaico.
Sembra che allora Petronio scrivesse a Caligola, a pericolo della propria
vita, certo che questi gli avrebbe ordinato d’uccidersi, ma arrivò invece la
notizia che Caligola era stato ucciso.
A quest’evento si riferisce la citazione Ap. 13,14:
"...sedusse gli abitanti della terra dicendo loro di erigere una statua alla
bestia ..."
(dicendo, ma non attuando).
Flavio Giuseppe nella sua Guerra Giudaica scrive che la durata del
regno di Gaio Cesare Caligola fu di 44 mesi:
27
"Essendo stato assassinato Gaio dopo aver regnato tre anni ed otto
mesi ...(44 mesi)." (II-111)
Caligola fu assassinato 46 mesi dopo la morte di Tiberio; se ne ricava
quindi che già dopo due mesi Gaio cominciò ad ingerirsi a Roma nei fatti
dell’impero, senza essere in pienezza imperatore, ed a Gerusalemme lo
subirono per 42 mesi.
Questa seconda bestia sembra infatti un replicante di quella incarnatasi
in Antioco Epifane, in quanto anche questa fece sentire il suo influsso
per i tre anni e mezzo.
In definitiva Caligola coincide con la descrizione dell’Apocalisse (13,12)
sulla bestia della terra:
"Essa esercita il potere della prima bestia ... costringe in terra a adorare
la prima bestia, la cui ferita mortale era guarita."
"Adorare la prima bestia" è da intendere che costrinse in terra di
adorare gli idoli dei Faraoni, cioè della prima bestia che fu la prima
personificazione del male che gli Ebrei conobbero e che, in occasione
del miracolo dell’apertura del Mar Rosso, subì una grande sconfitta, la
cui ferita mortale era guarita.
LA CHIESA A ROMA
Torniamo a:
"Il Cesare di Roma Caligola"
Ne fornisco tre letture pensando a Caligola:
1) Entra sul trono
(
) con il corpo il serpente a Roma
Caligola
.
(Cioè Caligola è incarnazione della bestia = il serpente)
con
2) Esce la rettitudine per il ribelle
serpente che per superbia
) primeggia ; del maligno
l’orgoglio ( ) con la potenza
entra .
(È l’angelo ribelle per orgoglio)
3) Nel mondo così il ribelle
del serpente innalza
tutti
ad essere il gioire
fuori .
(È empio, adora il maligno e porta la tristezza)
(
; inizia da
C’è anche una lettura positiva:
4) Entrerà sul trono
(
) la testa del Potente a Roma
sarà nel cammino a condurre. , Il serpente uscirà .
, tutti
"La testa del Potente" fa venire a mente Cefalus, Cefa, Pietro ed allora
la profezia prende consistenza.
"Entrerà sul trono Pietro a Roma.
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Tutti sarà nel cammino a condurre.
Il serpente uscirà."
Questa profezia esplica la tensione di costituire a Roma la sede della
Chiesa di Cristo, segno della vittoria sul serpente, rappresentato allora
da Caligola che abitava a Roma, primo di tutti gli imperatori che poi gli
succedettero con le grandi persecuzioni.
Quella era la riva del mare, la trincea, la punta avanzata del
combattimento contro il male rappresentato dalla gran prostituta
dell’Apocalisse, il via all’evangelizzazione per della vittoria che s’irradierà
a tutte le genti.
Si rendeva concreta così la profezia d’Isaia (765-701 a.C.) che non
poteva certo pensare a Roma in quei tempi (Is. 2,2):
"Alla fine dei giorni, il monte del tempio del Signore sarà eretto sulla
cima dei monti e sarà più alto dei colli; ad esso affluiranno tutte le
genti."
"Si porta al mondo la forza che uscì da dentro l’Unigenito . Dal
Principe fu dalla croce ad uscire . Fu ai viventi dalla destra
della rettitudine a portare l’energia che sarà l’esistenza
a
rigenerare
(
). Dentro sono segnati dal Signore
, ricreati
, illuminati escono per il mondo . Un corpo/Chiesa è dall’acqua
. Portano gli apostoli , illuminati dall’Unigenito , i viventi in
cammino ; dentro a vedere portano segni , e (altri) inviati
generano
(
). E Dio è portato a tutti nel mondo alle genti
."
"Si porta al mondo la forza che uscì da dentro l’Unigenito.
Dal Principe fu dalla croce ad uscire.
Fu ai viventi dalla (sua) destra della rettitudine a portare l’energia
che sarà l’esistenza a rigenerare. Dentro sono segnati dal Signore,
ricreati, illuminati escono per il mondo. Un corpo/Chiesa è
dall’acqua.
Portano gli apostoli, illuminati dall’Unigenito, i viventi in cammino;
dentro a vedere portano segni, e (altri) inviati generano.
E Dio è portato a tutti nel mondo alle genti."
Le ultime parole del versetto
sono un anagramma di:
Sarà a Roma
(= )
a portarsi Caligola
!
Cioè avranno interpretato, quegli eventi degli ultimi tempi di cui parla il
profeta Isaia si effettueranno con inizio dal tempo in cui Sarà a Roma a
29
portarsi Caligola! Lo strano è che quanto era nascosto nel criptato s’è
di fatto verificato.
Negli anni in cui regnava a Roma Caligola (37-41d. C.) la Chiesa in
Palestina era in crescita e nel 37 d. C. accadde che "ad Antiochia per
la prima volta i discepoli furono chiamati cristiani." (At. 11,26b)
Quel richiamo nell’Apocalisse (12,6) del rifugiarsi della donna nel
deserto, "ove Dio le aveva preparato un rifugio" (proprio per 3 anni e
mezzo) letta anche come indicazione geografica fa andare la mente che
in quegli anni 37-41 d.C. colonne e seguaci della Chiesa si siano rifugiati
nella zona del monastero Esseno di Qumran, ove recenti scoperte hanno
fatto trovare traccia di Vangeli qualche tenue traccia e dove sapienti
ebrei convertiti possono aver aperto le profezie alla Chiesa nascente.
Quando S. Paolo si portò a Roma, nel 61 d. C., trovò già una comunità
cristiana; di questa alcuni fratelli gli andarono incontro, come riferiscono
gli Atti degli Apostoli. (At. 28,15)
Il Cristo, a seguito dello stabilirsi della Chiesa a Roma può fregiarsi dei
titoli apocalittici - Allora Pilato gli disse: Dunque tu sei re? Rispose Gesù:
Tu lo dici: Io sono re ... (18,37) - si è avverato il titulus sulla croce, Lui è il
Re, non Cesare; ora, a pieno titolo: "Gesù, l’Agnello, è Cesare".
Vi saranno colpi di coda del male per riprendersi il potere, ma la vittoria
finale è assicurata dal ritorno glorioso dell’Agnello sgozzato.
L’Autore della storia ha risposto a Pilato.
Questo titolo ha la stessa pienezza del titulus sulla croce; infatti:
"Gesù, l’Agnello, è Cesare"
Gesù
l’Agnello
è
= ( = 70) + ( = 300) + ( = 10)
= ( = 200) + ( = 20) + ( = 5)
= ( = 300) + ( = 2)
380
225
310
Cesare
= ( = 200) + ( = 60) + ( =
20) + ( = 50)
285
Totale: 1200
In definitiva il titulus è una bandiera su cui è scritto:
Gesù Nazareno il re dei Giudei,
ma per la gimatria equivale a:
"Questi è Figlio di Dio"
come vedemmo, ma anche:
"Gesù, l’Agnello, è Cesare"
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Ci sono infine tre letture che profetizzano una festa particolare:
1) - * Rientrerà con la rettitudine la pienezza nei corpi , la potenza
nei corpi si riporterà delle origini , da tutti
l’affliggere ( )
portato dal serpente uscirà .
È profezia della redenzione finale Messianica.
2) - * Usciranno i bicchieri
(
); del corpo del serpente si
sazieranno (
) i viventi, lo mangeranno
, saranno nella gioia
ad entrare .
È profezia del banchetto messianico.
3) - * Entrata con la rettitudine
(
dall’Unico tutti saranno nel gioire
) con i corpi potenti in alto
ad entrare .
È profezia della domenica eterna.
In un anno giubilare, tra Pasqua e Pentecoste, avverrà la risurrezione, la
santa cena e la partenza per il seno del Padre col Cristo che avrà
definitivamente vinto il male.
Il Talmud afferma: Il Messia verrà da Roma.
Il Talmud (Tehillim 95,7; Talmud Sanhedrìn 98a e Ràshi 1.cit.) racconta
che rav Yehoshù’a ben Levì chiese una volta al profeta Elia: Quando
verrà il Messia? Elia rispose: Vai a chiederglielo, lo troverai seduto tra i
malati poveri alle porte di Roma...
Rav Yehoshù’a andò dal Messia e gli chiese: Quando verrai? Il Messia
rispose: Oggi.
Rav Yehoshù’a il giorno dopo andò da Elia e si lamentò del Messia
perché ieri: Egli ha detto che sarebbe venuto oggi, ma non è affatto
venuto.
Elia spiegò che il Messia intendeva: Oggi se ascolterete la sua voce!
In "Nétzach Israèl" - cap. 28, Maharàl spiega:
Andare dal Messia indica occorre elevarsi nel livello spirituale; Porte di
Roma rappresenta il confine dell’impero di Edom, il confine del male;
cioè il Messia è là. Il Messia siede tra i poveri e i malati che sono
separati e rifiutati dal mondo come lui lo è.
Il Messia sarebbe venuto a Roma, perché là c’era la frontiera della lotta
contro il male; si legge, infatti, nella prima lettera di Pietro (1Pt. 5,13): "Vi
saluta la comunità che è stata eletta come voi e dimora in
Babilonia", cioè in Roma.
[email protected]
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