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15 ottobre 2014
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Zootecnia
Alimentazione animale
e regola delle 4R
Giovanni Savoini
Valentino Bontempo
Vittorio Dell’Orto
L’introduzione di alimenti alternativi
migliora la sostenibilità dell’allevamento
degli animali da reddito.
Nell’ambito dell’alimentazione animale è crescente
l’interesse nei confronti di alimenti che rispondono alla
regola delle 4R:
• Ridurre la competizione fra alimenti destinati
all’uomo e quelli destinati agli animali attraverso
l’utilizzo di nuove fonti energetiche e proteiche;
• Riutilizzare gli sprechi alimentari;
• Rivalorizzare i coprodotti agroalimentari e industriali
in alimenti funzionali;
• Ricerca volta a determinare le caratteristiche degli
alimenti per poterli utilizzare in modo efficiente.
In questo senso, particolarmente interessanti risultano i
sottoprodotti derivanti dalle lavorazioni finalizzate alla
produzione di “biocarburanti” e prodotti destinati al
consumo umano, quali distillers, panelli e farine di estrazione; oppure i sottoprodotti ottenuti da lavorazioni
industriali, quali i derivati dall’estrazione della gomma
dalla pianta di guar. Infine, anche gli insetti, allevati su
un substrato di biomasse, possono rappresentare
un’ottima fonte di proteina ad alto valore biologico per
gli animali.
la loro produzione è abbastanza diffuso nell’alimentazione animale.
I biocarburanti di seconda generazione derivano invece
da materie organiche non alimentari, il cui utilizzo non
ha effetti sulla filiera agroalimentare. Si tratta di residui
dell’agroindustria, dell’agricoltura, dalla frazione organica di rifiuti urbani oppure da colture dedicate (feed no
food). L’utilizzo di queste ultime per la produzione di
biocarburanti permetterebbe di ottenere, anche in questo caso, sottoprodotti da riutilizzare in alimentazione
animale, rendendole quindi maggiormente remunerative [1].
Fra le colture più interessanti per la fornitura di materie
prime affidabili e a basso costo per la produzione di
biodiesel si può annoverare la camelina (Camelina sativa o falso lino). La farina residua dall’estrazione
dell’olio ha una composizione e una digeribilità analoga
alla farina di estrazione di colza, mentre il contenuto
residuo di olio (10%) presenta un’elevata percentuale di
acidi grassi ω-3, in particolare acido linolenico (38-40%
degli acidi grassi totali) da cui anche il nome di “falso
lino” attribuita a questa coltura. Da sottolineare, inoltre,
è anche l’elevato contenuto di γ-tocoferoli (vitamina E,
110 mg/100 g). Una caratteristica negativa potrebbe essere la presenta di una quantità variabile di fattori antinutrizionali, in particolare antitripsinici, il cui contenuto nei semi può variare da 1,9 a 28 mg/g, in funzione
della varietà. Del resto anche i semi di soia contengono
fattori antitripsinici in quantità piuttosto elevata (22,1
mg/g), tuttavia la loro presenza è ridotta a seguito dei
trattamenti termici cui vengono sottoposti durante la
loro lavorazione (fioccatura, estrusione, tostatura). Un
ulteriore svantaggio potrebbe essere legato al contenuto
Sottoprodotti derivanti
dalla produzione di biocarburanti
È noto che la maggior parte del bioetanolo utilizzato
come carburante deriva dalla fermentazione dell’amido
del mais, quindi da un cereale utilizzato per l’alimentazione animale e umana. Altre fonti, quali la canna da
zucchero, altri cereali, oli di palma, girasole, colza e soia
– utilizzabili all’alimentazione umana – vengono impiegate per produrre biocarburanti. Questi biocarburanti
sono stati classificati come biocarburanti di prima generazione e l’utilizzo dei sottoprodotti che si ricavano dal-
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di fitati che formano complessi insolubili con minerali,
quali ferro, zinco, calcio, fosforo e magnesio e di glucosinolati (tra 14 e 36 µmol/g) che riducono la sintesi di
ormoni tiroidei, interferendo con il metabolismo dello
iodio.
Ciononostante, le prove fin qui condotte con l’inclusione di expeller di camelina nei mangimi per bovini da
carne, da latte, per gli ovini, per i conigli e per i polli
hanno dato risultati positivi e fanno ritenere questo
prodotto un’alternativa molto interessante sia per
l’elevato contenuto proteico (35%), sia per il contenuto
di acidi grassi omega 3 con possibili ripercussioni positive sulla salute e sulla fertilità degli animali oltre che
per la qualità dei prodotti derivanti, destinati all’alimentazione umana.
Fra le possibili colture intensive da destinare alla produzione di biocarburanti si possono annoverare anche
le alghe (Spirulina). La loro elevatissima velocità di crescita permette l’accumulo in tempi rapidi della biomassa e l’assorbimento di significative quantità di CO2.
L’estrazione dell’olio dalla biomassa per la produzione
di biodiesel darebbe origine a un prodotto ricco di proteine (50-60%), oltre che di sostanze con attività nutraceutica, alternativo alle farine di pesce fatta eccezione
per il limitato contenuto in aminoacidi solforati.
Recentemente è stato proposto di estrarre olio da destinare alla produzione di biocarburante anche dai semi di
tabacco, dato che sono molto ricchi in olio. A questo riguardo, negli ultimi anni, nella provincia di Cremona, è
stato brevettato un sistema di produzione di energia alternativa – ed eventuale biodiesel – a partire dai semi
di tabacco. Da questi semi sottoposti a pressione a freddo, si estrae un olio, che viene poi convertito in energia
attraverso un appropriato generatore.
Il panello, infatti, contiene una maggiore percentuale di
proteine (34,5%) rispetto al seme da cui è derivato, perché più concentrato. Inoltre questo composto, che macroscopicamente appare farinoso e brunastro, possiede
il 94% di sostanza secca, circa il 10% di lipidi grezzi, assenza di fattori anti-tripsinici e alcaloidi e risulta facilmente miscelabile all’interno di un mangime per animali.
Il panello di tabacco, incluso nel mangime di suinetti in
svezzamento nella misura del 3%, ha permesso di ottenere performance di crescita significativamente migliori
rispetto ai controlli. Inoltre, i soggetti trattati hanno
dimostrato un superamento della fase di adattamento
post-svezzamento più rapido, riuscendo ad assumere
una quantità di alimento pari ai valori di riferimento in
anticipo rispetto al controllo.
Guar
La Cyamopsis tetragonoloba, comunemente conosciuta
come “pianta del Guar”, è una leguminosa coltivata in
più distretti dell’India e del Pakistan [2]. I frutti della
pianta del Guar si presentano come baccelli portanti
ciascuno dai 5 ai 9 semi, la cui lavorazione permette di
ottenere la gomma, costituita da galattomannani, e una
farina ad alto contenuto proteico (50-60% a seconda
delle lavorazioni). Durante il processo di estrazione della gomma i semi sono riscaldati a temperature elevate
(93-105°C), il che determina un abbattimento dei fattori
antitripsinici normalmente presenti in questa leguminosa. La gomma di guar è utilizzata nell’industria alimentare, grazie alle proprietà addensanti, nella produzione della carta, nell’estrazione del petrolio. La frazione residua di gomma costituisce un limite all’utilizzo di
questo alimento nell’alimentazione del broiler, poiché i
galattomannani, che non vengono digeriti, aumentano
la viscosità del contenuto intestinale, riducendo
l’assorbimento dei nutrienti. Quando la percentuale di
inclusione è bassa, inferiore al 2%, gli effetti sono meno
marcati, ma quando l’inclusione aumenta il peggioramento delle performances è evidente. Un modo per ridurre questi effetti negativi è rappresentato dall’inclusione nei mangimi di mannanasi, enzima che degradando i galattomannani migliora la digeribilità della farina di guar [3].
L’aggiunta di farina di guar alla dieta di bovine in lattazione, non altera l’appetibilità della razione e non determina variazioni della produzione e della qualità del
latte.
Insetti
Gli insetti possono rappresentare una fonte di proteina
molto interessante per l’alimentazione degli animali. Gli
insetti sono prodotti utilizzando biomasse organiche di
scarto che non sono quindi in competizione alimentare
con l’uomo. Oggi la produzione di insetti è esercitata su
scala ridotta da aziende che producono insetti per animali da compagnia o per giardini zoologici, ma una
produzione su vasta scala non presenterebbe problemi
tecnici insormontabili, al contrario, per esempio, la
produzione di soia ha un limite nella disponibilità di
terra coltivabile. Gli insetti sono caratterizzati da un ottimo indice di conversione e da un contenuto proteico e
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lipidico decisamente elevato, paragonabile a quelli della
farina di aringhe [4]. Gli animali per i quali risulta più
interessante l’utilizzo degli insetti come ingrediente dei
mangimi sono i pesci, i cani e i gatti, animali che richiedono diete con elevati contenuti di proteina, preferibilmente o obbligatoriamente apportata da farine di origine animale. Gli insetti possono però rappresentare un
ingrediente anche per i mangimi per suini e specie avicole, mentre più difficile è prevedere un loro utilizzo
nell’alimentazione dei ruminanti, non tanto per problemi tecnici ma per motivi legislativi, dal momento che
non si possono utilizzare proteine animali nell’alimentazione dei ruminanti.
Gli studi sull’utilizzo di questo ingrediente sono
all’inizio e vi sono molti aspetti che vanno chiariti, quali
la digeribilità ileale e totale degli aminoacidi, la composizione della frazione lipidica, la percentuale di inclusione, gli effetti sui prodotti, carne e uova, la sicurezza
alimentare, presenza di patogeni, di metalli, di inquinanti in genere, gli effetti dietetici, la presenza di chitosani – che modulano la riposta immunitaria [3] – in alcuni insetti.
Nel prossimo futuro si renderanno disponibili sempre
più alimenti per gli animali che non sono in competizione con l’alimentazione dell’uomo, utilizzabili anche
nell’alimentazione dei monogastrici che, come è noto,
sono gli animali in maggiore competizione alimentare
con l’uomo. L’utilizzo di questi alimenti renderà quindi
più sostenibile l’allevamento degli animali da reddito da
un punto di vista economico, sociale e ambientale.
[4] Van Krimpen M., 2012. New alterative protein
sources: their potential contribution. International
symposium on European protein position.
Giovanni Savoini è professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze veterinarie per la Salute, la produzione animale e
la sicurezza alimentare dell’Università degli Studi di Milano.
Valentino Bontempo è professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze veterinarie per la Salute, la produzione animale e la sicurezza alimentare dell’Università degli Studi di
Milano.
Vittorio Dell’Orto è professore ordinario presso il Dipartimento di Scienze veterinarie per la salute, la produzione animale e
la sicurezza alimentare dell’Università degli Studi di Milano.
www.intersezioni.eu
Riferimenti bibliografici
[1] Bontempi V., Savoini G., Dell’Orto V., 2013. Produzioni sostenibili: feed no food per l’alimentazione dei
suini. Summa, 6, 15-19.
[2] Hussain M., Rehman A. U., Khalid M. F., 2012.
Feeding of guar meal and the application of enzymes in
improving nutritive value for broilers. World’s poultry
science journal, 68, 253-268.
[3] Bontempi V., Dell’Orto V., Savoini G., 2013. Possibile impiego del chitosano nell’alimentazione del suinetto.
Summa, 9, 61-64.
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