I Vini Santi italiani 2013

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I Vini Santi italiani 2013
FEDERAZIONE ITALIANA SOMMELIER
ALBERGATORI RISTORATORI
Delegazione di Brescia
Desenzano del Garda (BS), venerdì 15 Febbraio 2013
DEGUSTAZIONE:
I VINI SANTI
ITALIANI
ARMONIE E SOTTILI CONTRAPPUNTI CON IL CIBO
La degustazione di questa sera prende spunto
dall'esigenza di approfondire, all'interno del più
vasto dibattito che riguarda il cibo e il vino come prodotti culturali, quali siano i vini dolci,
prodotti sul suolo italiano, che hanno origini
antiche.
Le fonti letterarie e quelle di archeo-botanica
riferiscono che i primi vini prodotti nel bacino
del Mediterraneo, all'interno della mezzaluna
fertile che si colloca in quel vasto territorio che
va dal Caucaso sino all'Egitto, erano vini dolci,
arricchiti con spezie. L'esigenza di aggiungere
miele, resine ai primi vini era quella di rendere
il prodotto più stabile e poterlo conservare più a
lungo. Quindi si può affermare che i vini prodotti non nascevano dolci, con il preciso intento
di ottenere con una surmaturazione un prodotto
con residuo zuccherino, ma venivano addolciti
aggiungendo dolcificanti naturali attraverso un
semplice processo che oggi chiameremmo di
"fortificazione".
I primi vini dolci, ottenuti attraverso un appassimento delle uve, vengono prodotti e commercializzati con una certa continuità sulle coste e
nelle isole della Grecia. Successivamente la tecnica di appassimento delle uve si diffonde nel
IV, V sec. A.C. anche nel sud Italia. Plinio riferisce quali fossero le tecniche migliori per ottenere il passum, ossia quel vino ottenuto con le uve
appassite aggiunte al vino già fermentato, una
tecnica questa utilizzata ancora adesso sull'isola
di Pantelleria per produrre lo zibibbo.
II vino dolce di Santorini era uno dei vini più
famosi in tutto il bacino del Mediterraneo; questo vino, dolce di colore ambra, è considerato il
primo vin santo prodotto. Infatti l'etimo santo,
in una delle ipotesi, vede definire santo quel vino greco prodotto sull'isola di Santorini. L'isola
venne così chiamata dopo la prima crociata
(1204) dal nome della chiesa Santa Irene. L'utilizzo di vini dolci prodotti sulle coste greche nelle funzioni cristiane rimanda anche in questo
VINI:
1.
Caratello Vin Santo di Montepulciano
DOC 2005 - Azienda Casale Daviddi Montepulciano (SI);
2.
Vin Santo del Chianti Classico - Fattoria di
Montemorli - Poggibonsi (SI);
3.
Vin Santo di Vigoleno DOC 2003 - Azienda Vitivinicola "Massina" di Loschi Paolo
e Patrizia - Vigoleno (PC);
4.
Gambellara Vin Santo DOC 2006 - Azienda Agricola Vignato Virgilio - Gambellara
(VI);
5.
Vino Santo Trentino 2000 - Azienda Agricola Francesco Poli - Vezzano (TN).
Abbinamenti:
•
Terrina di coniglio in gelatina.
•
Crostini toscani di fegatini.
•
Formaggi erborinati.
•
Crostata con marmellata di agrumi.
Venerdì 15 febbraio 2013 ore 20:30
TRATTORIA IL FIORE - Loc. VACCAROLO Desenzano del Garda (BS).
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te dei vini passiti, Gribaudo, Savigliano (CN),
2006.
I vini santi quindi come vini della memoria, vini
che affondano le loro radici nella storia dei vini
mediterranei e al di là delle loro qualità organolettiche, che in taluni casi sono comunque di
eccelso valore, testimoniano ancora una volta il
passaggio da semplici produzioni agronomiche
a importanti "prodotti culturali".
“Guardo il calor del sole che si fa vino, giunto a
l'amor che dalla vite cola”
DANTE .Purgatorio
caso all'etimo santo, così come "xantos" in greco
significa giallo per il colore che spesso identifica
i vini dolci.
Il vino medioevale più apprezzato prendeva il
nome da Malvasia, dal greco Monemvasia, ossia
porto con una sola entrata ad indicare una città
portuale del Peloponneso sud-occidentale da
dove partivano le navi cariche di vino. Quindi il
nome identificava il luogo di provenienza ma
anche un tipo ben definito di prodotto: un vino
giallo intenso, dolce.
Questo prodotto divenne così famoso in Europa
che in quel periodo (1200 - 1500) il vino dolce
di qualità era solo ed esclusivamente la Malvasia. I commercianti veneziani costruirono grandi scambi con l'oriente grazie alle continue richieste di questo vino così apprezzato che veniva prodotto grazie alle condizioni climatiche favorevoli.
La rivoluzione dei noli e l'occupazione dell'isola
di Creta da parte dei Turchi saranno due fattori
determinanti che influiranno sulla diminuzione
delle importazioni dei vini greci. In questo periodo, siamo alla metà del 500, in Italia si sviluppano numerose produzioni di vini dolci fatti
ad "imitazione" dei vini greci per coprire la domanda sempre fiorente di vini con residuo zuccherino.
In questi anni nascono numerosi termini simili
che indicano un generico vino dolce in "stile"
greco, malvasia, vino santo, vino greco. I vitigni
utilizzati sono i più diversi, hanno in comune
solamente una generica attitudine all'appassimento. Nel Nord Italia si concentrano le maggiori diffusioni di questi prodotti ed in particolare lungo le principali direttrici commerciali. I
moderni vini dolci veneti, i recioti di Soave, della Valpolicella e di Gambellara , nascono in quei
periodi per rispondere alla crescente domanda
di vini dolci in stile greco.
I vin santi italiani vengono prodotti all'inizio
per esigenze commerciali e in seguito diventeranno i vini "speciali". Nella cultura contadina,
la patria di queste produzioni, il vino santo assume via via sempre più il significato di diverso,
… "dall' ebraico qades, che dalla radice qd significa separare ossia essere diverso e connesso
all'accadico quddus, essere brillante, quale segno distintivo di santità." Attilio Scienza, Atlan-
Vini passiti e vini santi
I vini passiti vengono quasi sempre catalogati
tra i Vini Speciali, insieme ai vini fortificati, le
mistelle e i vini liquorosi ma sotto l'aspetto normativo sono considerati vini normali, in quanto
dopo il processo di vinificazione, e prima di essere immessi al consumo, non vengono sottoposti a ulteriori interventi tecnici o all'aggiunta di
altri componenti.
Nel 2006 è stata emanata una specifica normativa che ha definito il concetto di vino passito e
chiarito quale siano le sole tecniche di produzione consentite.
L'origine del vino passito si perde nella notte
dei tempi, il suo nome deriva, ovviamente dal
tipo di uva utilizzatola appassita appunto o "uva
passa". Quando l'uva raggiunge le massime dimensioni e il più alto tenore zuccherino comincia la sovramaturazione, gli acini perdono acqua, gli zuccheri si concentrano, e l'acidità diminuisce.
E' il processo dell'appassimento che da origine
alle uve che serviranno per la vinificazione dei
vini passiti o da meditazione, una tipologia di
tradizione antica presente un po' in tutto il
mondo.
Le procedure per ottenere l'appassimento dell'uva sono diverse, essa può avvenire: mediante
l'appassimento dell'uva sulla pianta (vendemmi
tardiva); oppure le stesse vengono fatte appassire dopo averle raccolte esposte al sole, in locali
areali o essiccatoi ad aria forzata, appesi al soffitto o disposti su stuoie, graticci, in cassette o
su tavole cosparse di paglia per consentire una
costante aereazione degli acini (da cui deriva il
nome vin de paille che i francesi danno ai vini
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gne di essere definite "sante". In ogni caso, da
quel momento il vin pretto fu chiamato Vin
Santo. Una variante della storia narra che egli
abbia usato la parola Xanthos (in greco ξανθός;
significa giallo) mentre parlava del vino.
L' origine meno romantica, ma probabilmente
più verosimile, è l'associazione di questo vino
con il suo uso comune durante le funzioni religiose cristiane.
In toscana le uve più adatte a fare il Vin Santo
sono il Trebbiano Toscano, la Malvasia del
Chianti, il Canaiolo bianco, il Pinot bianco o grigio, il Sauvignon e lo Chardonnay, anche se le
ricette dei vitigni sono varie ed incostanti. Non
basta, anche il terreno, l'esposizione, il sistema
di allevamento incidono sui caratteri di serbevolezza. Le uve provenienti da terreni troppo
fertili e freschi si conservano meno bene, perché
troppo ricche di sostanze azotate. Le migliori
uve saranno quelle provenienti da terreni secchi, ventilati, ben esposti, raccolte da tralci con
sviluppo fogliare modesto e cresciute non troppo vicino a terra. Dopo la raccolta si procede
con l'appassimento delle uve, in Toscana, secondo la tradizione, le uve vengono fatte appassire negli speciali essiccatoi - dei locali ampi,
ben ventilati e con temperature tra i 10 i 15 gradi C° - ponendole su stuoie di canne o in cassette di legno, tali da permettere il passaggio dell'aria quindi la perdita di umidità. Un altro metodo per appassire l'uva per il vin santo consiste
nel lasciare appesi al soffitto i grappoli su appositi telai in ferro. Il periodo di appassimento dura dai 20 giorni a 3 mesi.
Al termine dell'appassimento, quando la percentuale di zucchero nelle uve ha raggiunto il
livello ottimale (30-40% per i vin santi dolci e
25-28% per i vin santi secchi), si procede con la
spremitura e si mantiene il mosto carico di feccia e vinaccia per 3 o 4 giorni ad una temperatura di 22/22 gradi C°. La fermentazione, affinamento ed eventuale invecchiamento per un periodo minimo di 3 anni, avviene nei caratteristici caratelli (piccole botti) di rovere o castagno
riempiti all'80-85% e sigillati ermeticamente.
Il metodo tradizionale, valido ancora oggi, è di
usufruire del deposito feccioso finale avuto dall'ultimo travaso della vinsantizzazione, ossia la
Madre, contenente quei ceppi di microrganismi
passiti) come
avviene
per
produrre vini
come il Caluso
Passito, il Vin
Santo della Toscana e il Vino
Santo del Trentino.
Le uve restano in questo modo per diversi mesi,
in alcune zone fino a novembre-dicembre, in
altre anche fino a marzo. Nel corso dell'appassimento 100 chili di uve fresche si riduce a non
più di 60 kg di uva appassita fino a rimanere
circa 25-30 chili di mosto, da cui si ricavano vini ricchi di zucchero residuo con non meno di
13 gradi alcolici.
In alcuni casi, quando le uve sono ben mature e
gli acini sono ancora gonfi, con la buccia liscia
ma di colore bruno, gli acini appassiscono diventando rugosi e coperti di fiocchi grigi;questi
fiocchi sono una muffa chiamata botritys cinerea, muffa che in generale può causare gravi
danni alle uve,ma che se si sviluppa a seguito di
alcune condizioni climatiche favorevoli
(alternanza di umidità e sole), favorisce la concentrazione degli zuccheri nell'acino , attacca
l'acido tartarico, produce glicerina e secerne sostanze che conferiscono ai vini aromi singolari
come accade per il Sauterns Francese o il Muffato della Sala.
Vin Santo Toscano
Diverse le origini che vengono date al vin santo;
una proveniente da Siena parla di un frate francescano che nel 1348 curava le vittime della peste con un vino che era comunemente usato dai
confratelli per celebrare messa; subito si diffuse
la convinzione che tale vino avesse proprietà
miracolose, portandogli l'epiteto santo.
Un'altra versione viene da Firenze: durante il
Concilio di Firenze del 1439, il metropolita greco Giovanni Bessarione proclamò, mentre stava
bevendo il vin pretto: "Questo è il vino di Xantos!", forse riferendosi a un certo vino passito
greco (un vino fatto con uva sultanina pressata)
di Santorini. I suoi commensali, che avevano
confuso la parola "Xantos" con “santos”, credettero che egli avesse scoperto nel vino qualità de3
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coccolare le loro viti per questo Vino "Santo",
che, anno dopo anno, diviene sempre più rappresentativo della cultura enologica trentina.
Vino ammaliante, ricco di fascino e di mistero
dunque, che risulta "fortemente" legato al territorio. Il Vino Santo Trentino D.O.C, si ricava
esclusivamente dal vitigno autoctono Nosiola,
che ha trovato la sua zona di elezione nella Valle
dei Laghi, circa centodieci ettari che rappresentano l'uno e mezzo per cento della produzione
di uva trentina. Meno del dieci per cento dei vigneti di Nosiola della Valle è ritenuto idoneo dai
produttori per l'appassimento, quindi circa dieci ettari complessivi distribuiti fra i produttori
esistenti in Valle.
Una sintesi armonica tra il vitigno e la Valle, anch'essa unica e particolare nel panorama trentino che si distingue per il suo microclima di tipo
submediterraneo. La ventilazione mite, asciutta
e costante dell'Ora del Garda, rinfresca l'aria e
permette di posticipare la raccolta dei grappoli,
lasciandoli appassire gradatamente sulla vigna.
Il Vino Santo richiede un utilizzo di uva Nosiola
perfettamente matura. Si vendemmia generalmente nella prima settimana di ottobre dopo
un'attenta scelta delle uve.
Successivamente altri se ne occuparono Cosmo
(1939) parla di un vitigno Garganega bianco già
studiato da Perez (1886) e sostiene che sia uguale al Weisser Terlaner considerazione poi di
recente è stata considerata errata, nello stesso
testo Cosmo richiamandosi anche a quanto
scritto da Marzotto( 1825) e Molon(1906) conclude che esistono due tipi di Garganega: il Garganega Comune e il Garganega Grossa o Garganegona. Vitigno diffuso in tutto il territorio del
Veneto ha la sua patria d'elezione in provincia
di Verona in particolare all'interno della DOC
Soave. Qui occupa la maggior parte dei 6000
ettari coltivati dimostrando di essere in grado di
dare ottimi risultati sia su terreni calcarei che
vulcanici.
resistenti atti alla fermentazione del vin Santo.
E chiaro che se la madre è precedentemente derivata da un vinsanto organoletticamente non
buono, verrà scartata; al contrario le madri migliori verranno riutilizzate.
Dopo 3 anni si procede all'apertura dei caratelli
ed all'imbottigliamento in bottiglie di vetro bruno o verde scuro. La scelta non è casuale: le bottiglie dal vetro più scuro filtrano la luce evitando che questa danneggi il vin santo imbottigliato.
Vino Santo Trentino
Una preziosità nobiliare che racchiude dentro di
sé emozioni storiche, piccole ed importanti attenzioni, amore quindi, ma anche tenacia ed un
vortice di sensazioni misteriose avvolgono questo vino singolare ancora poco conosciuto, talvolta anche confuso con il Vin Santo che a ben
altro si riferisce. I profumi inebrianti che lo caratterizzano riportano ai seicenteschi banchetti
dei Cardinali ricordati da Michelangelo Mariani, cronista del Concilio di Trento. Primeggiava
poi, come ricorda Pincio Giano Pirro, negli annali delle cronache di Trento del 1648, nel famoso banchetto predisposto il 12 settembre 1536 per l'arrivo a Trento di re Ferdinando. Raro,
amabile... "generoso coll'haver insieme del matto e del muto"... così descriveva ancora il Mariani i progenitori del Vino Santo Trentino. E ancora, leggende e musiche antiche ne accompagnano la degustazione, che rimanda alla trentina Valle dei Laghi, luogo di produzione per eccellenza e a Castel Toblino, dove, nel 1800, i
Conti Wolkenstein produssero le prime bottiglie, preceduti dalla cantina di G.AngeliniGianotti di Dro. Una sintesi accattivante di voci,
immagini e scritti racchiusi in queste bottiglie,
che, nonostante le difficoltà commerciali che
seguirono alla prima guerra mondiale, trovarono spazio nei progetti di alcune fedeli cantine.
Si continuò infatti, a produrre questo vino passito che, in epoca asburgica, veniva consumato
soprattutto sui mercati austriaco e tedesco
(allora il Trentino era ancora sotto la denominazione austriaca). Solo la tenacia di alcuni produttori, innamorati di queste perle tanto bisognose di cure ed attenzioni mantengono in vita
l'antica tradizione; vignaioli che hanno deciso di
Vin Santo di Vigoleno
E' un vino rarissimo perché si produce solo a
Vigoleno nel comune di Vernasca (Piacenza). Vi
sono numerose testimonianze, dirette e indirette, sulla presenza e il consumo di vino a Vigoleno, più difficile invece trovare cenni storici sulla
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territori collinari della provincia di Piacenza, in
particolare nella vai d'Arda.
Melara: di questo antico vitigno noto anche come Merlara si hanno scarse documentazioni
storiche e si ignorano quasi del tutto le origini.
Il nome sembrerebbe richiamare la sua dimostrata facilità all'appassimento, tecnica con la
quale può dare vini aromatici e dolci simili al
miele. Coltivato nella provincia di Piacenza insieme ad altri vitigni quali Beverdino e Santa
Maria è usato per la produzione di vini dolci, in
particolare entra nella composizione della DOC
Colli Piacentini Vin Santo di Vigoleno tra le più
piccole denominazioni d'Italia.
nascita del Vin Santo di Vigoleno (che nel luogo
di produzione in realtà viene chiamato "Vino"
Santo)., Tra i documenti ritrovati nel castello di
Scotti Douglas da Vigoleno si trova il "Libro del
dare e dell'avere dei fittabili di Vigoleno", dove
sono riportate due note del 1826 che attestano
quanto meno l'esistenza del "Vino Santo" in
quell'epoca. La prima, dell'8 gennaio, dice:
"...ricevuta uva da Vino Santo dal masaro pesi
diecinove e mezzo in prezzo di lire due e soldi
dieci". La seconda, dell'8 settembre, è ancora
più breve: "...ricevuta da Coloreti Antonio uva
da Vino Santo”. La data di nascita del Vin Santo
di Vigoleno può essere fatta risalire con certezza
almeno agli anni '20 del XIX secolo, ma presumibilmente si deve andare indietro nei secoli,
fino al XVIII se non prima, per trovarne le vere
origini.
Il Vin Santo di Vigoleno prevede l'utilizzo dei
vitigni Marsanne e/o Bervedino e/o Ortrugo e/o
Trebbiano Romagnolo e/o Sauvignon per un
minimo del 60%, mentre il rimanente può provenire da uve bianche non aromatiche raccomandate e/o autorizzate in provincia di Piacenza. Ma i produttori tendono a privilegiare uve
come Santa Maria e Melara.
La torchiatura delle uve può avvenire soltanto
dopo il 1° dicembre dell'anno della vendemmia,
mentre l'invecchiamento minimo è di 60 mesi,
trascorsi i quali il vino può essere imbottigliato
nelle caratteristiche bottiglie "renane". La gradazione alcolica totale minima è del 18%, ma si
supera agevolmente il 24-25%, arrivando a punte di 28-29% di gradazione complessiva
Vitigni e territorio:
Santa Maria: vitigno dalle origini sconosciute è
menzionato dal Trinci(1768) che dice che
“..l’uva Santa Maria di qualità bianca comincia a
maturare al principio di agosto e matura perfettamente., fa il vino dolce, delicato odoroso e
sottile ma di pochissimo spirito, matura presto
per le prime beve, non dispiace a bersi da solo,
anzi è gustoso particolarmente per le Dame, e
mescolato con altre uve per vini bianchi fa buonissima lega, dandogli della dolcezza e dell'odore".
In quegli anni si intravedeva già per questo vitigno un utilizzo in taglio come avviene attualmente. L'areale di coltivazione si racchiude nei
Giampaolo Zuliani
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