costa rica - altexstudio.it

Transcript

costa rica - altexstudio.it
COSTA RICA
QUADRO MACROECONOMICO
Andamento congiunturale e rischio Paese
Nonostante i forti condizionamenti derivanti dai continui aumenti del prezzo del petrolio, (e, di conseguenza,
anche delle materie prime e beni intermedi di importazione) che hanno inciso negativamente sui termini di
interscambio, come avviene soprattutto nei paesi carenti di materie prime, il risultato dell’economia
costarricense per il 2005 è stato interessante in termini crescita del PIL, che – secondo la Banca Centrale del
Costa Rica - è stata del 5.9%.
La crescita del PIL del 2005 – analogamente a quanto osservato nel 2004, in cui il PIL è
cresciuto del 4,1% - si deve in gran parte alle esportazioni (principalmente di imprese localizzate nelle zone
franche) ed ai servizi (tra cui merita un posto di rilievo il turismo).
L’aumento delle esportazioni è anche imputabile al consolidamento della ripresa economica che si è verificato in
alcune delle principali economie mondiali, in particolare quella degli Stati Uniti (primo partner commerciale del
paese), il cui aumento della domanda interna ha favorito le esportazioni costaricensi verso quello che è di gran
lunga il suo più importante mercato di sbocco (circa il 40% delle esportazioni totali).
Il settore turistico, oltre a produrre ricchezza in forma diretta – come riportato più avanti – genera un indotto che,
sebbene di difficile quantificazione, non è certamente trascurabile.
Questo quadro positivo non sembra però essere accompagnato da una crescita generalizzatadelle condizioni
economiche.
Un recente studio pubblicato sul principale quotidiano locale ha rivelato, ad esempio, che nel biennio 2004/2005
le remunerazioni hanno subito una diminuzione, in termini reali, di quasi 5 punti percentuali.
Si fa presente, inoltre, che la quota di popolazione situata al di sotto della soglia minima di povertà è rimasta,
negli ultimi anni, pressocchè costante.
La predetta crescita del Pil 2005, comunque, costituisce un’ulteriore conferma che l’economia del paese ha
lasciato definitivamente alle spalle il deciso rallentamento del 2001, quando il tasso di crescita del PIL si era
attestato ad appena l’ 1,1%, rispetto al pur modesto 1,8% del 2000 edal notevole 8,2% del 1999. Risultò allora
evidente come l’economia del paese fosse fortemente condizionata dagli sviluppi della congiuntura
internazionale ed a quelle variabili esogene che incidono sulla sua evoluzione, non risultando indenne dagli
effetti negativi provocati dalla decelerazione dell’economia statunitense (come detto, principale mercato di
sbocco dei prodotti d’esportazione del Costa Rica), dalla caduta dei prezzi delle maggiori “commodities”(Caffè
soprattutto) agricole d’esportazione e dalla crisi petrolifera.
La mediocre performance del PIL nel 2001 fu maggiormente legata al settore esterno (ad es. bilancia
commerciale, flusso di capitali stranieri, costo delle materie prime d’importazione) che alla politica economica
impostata dal governo.
Nel 2002 e nel 2003 il tasso di crescita del PIL evidenziò invece consistenti segni di ripresa, facendo registrare
rispettivamente il 3% ed il 6,5% (quest’ultimo risultò essere il secondo migliore risultato di tutta l’America
Latina, dopo l’Argentina).
Il grado di incidenza alla formazione del PIL dei diversi settori economici nel 2005 ( analogamente a quanto
successo l’anno precedente) è fortemente dipeso dalla diversa provenienza - interna o esterna - della domanda
che tali produzioni dovevano soddisfare.
La produzione manifatturiera e quella agricola, da un lato hanno beneficiato della crescente domanda
proveniente dagli Stati Uniti, dall’altro non hanno ricevuto un adeguato sostegno da parte della domanda interna.
Particolarmente dinamico nel biennio 2004/2005 si è rivelato il settore terziario (turismo trasporti,
comunicazioni, commercio). Acquistano sempre maggior peso le aziende straniere che operano in regime di
zona franca per la fornitura di servizi centralizzati verso le loro filiali o succursali situate all’estero (es.: call
centres e business centres).
Di rilievo l’andamento del tasso di crescita del movimento turistico incoming che si conferma essere il
settore economico più importante in quanto ad entrate valutarie (circa US$ 1.590 milioni nel 2005, vale a
dire circa il 17% in più rispetto al 2004).
L’apporto dei principali settori economici alla formazione del PIL nel 2005 è stato il seguente: industria
manifatturiera (23.3%), settore commerciale, ristorazione ed alberghiero (16.9%), trasporto e comunicazioni
(13.6%), agricoltura e pesca (9.5%), edile (3.6%), servizi finanziari ed assicurativi (4.6%), attività immobiliari
(4.5%), utenze pubbliche (2,9%), altri servizi di varia natura (15.3%).
Il settore terziario, nel suo complesso, partecipa con circa il 60% alla formazione del Prodotto Interno Lordo (è
da evidenziare che questa quota di partecipazione alla formazione del PIL dei servizi è più abitualmente
riscontrabile in economie avanzate).
In merito all’indice inflazionistico il risultato del 2005 è, come l’anno precedente, poco favorevole: 14,1% (in
base ai dati a diposizione questo dovrebbe essere il secondo peggiore valore di tutta l’America Latina, preceduto
soltanto dal Venezuela).
Questo dato supera il 13,13% registrato nel 2004, confermando così la decisa interruzione rispetto al positivo
trend degli ultimi anni: 10.96% nel 2000, 10.3% nel 2001, 9.68% nel 2002 e 9.87% nel 2003.
L’aumento del tasso d’inflazione dell’ultimo biennio deriva principalmente da cause esogene e, in primo luogo,
dai continui aumenti nel prezzo del petrolio, anche se non bisogna trascurare l’effetto inflazionistico provocato
dalle emissioni monetarie volte a soddisfare il fabbisogno causato dal deficit pubblico e dalla politica monetaria
di svalutazione, lenta ma continua, del colón (moneta locale) sul dollaro staunitense, che genera l’immisione di
denaro speculativo.
L’eccesso di liquidità che ne consegue provoca una spinta verso l’alto del livello generale dei prezzi (a questo
proposito occorre sottolineare che la Banca Centrale, allo scopo di contrastare questi effetti negativi della
predetta svalutazione giornaliera, ha deciso che entro i prossimi mesi entrerà in vigore un metodo di fissazione
del tasso di cambio più flessibile).
Ad ogni buon conto le autorità monetarie hanno visto ancora una volta allontanarsi il loro obiettivo dichiarato in
sede programmatica: vale a dire il contenimento dell’indice inflazionistico entro il limite di una sola cifra.
Sul fronte dell’interscambio commerciale, sempre in base ai dati riportati dalla Banca Centrale del Costa Rica, le
esportazioni costaricensi per il 2005 sono state pari a USA$ 7.021 milioni.
Rispetto al 2004 - USA$ 6.301 milioni - si riscontra dunque un incremento del 11,4%. Le importazioni invece si
attestano a USA$ 9.806 milioni, con un consistente aumento rispetto ai USA$ 8.268 milioni registrati nel 2004
(+18,6%) ed ai USA$ 7.663 milioni del 2003.
Sulla base di tali dati il deficit della bilancia commerciale 2005 risulta essere pari a US$ 2.785 milioni, con
un aumento del 41 % rispetto l’anno precedente, quando si registrò un disavanzo di USA$ 1.967 milioni. Si
segnala che la bilancia commerciale negli ultimi vent’anni è sempre risultata negativa, ad esclusione del 1999 in
cui si ebbe un surplus di USA$ 357 milioni.
Tra le cause che negli anni più recenti hanno determinato un ampliamento del deficit commerciale, oltre al citato
aumento del petrolio, che è di gran lunga il fattore maggiormente condizionante, si menziona anche la notevole
svalutazione del dollaro americano sull’euro che, se da un lato ha causato una diminuzione generalizzata delle
importazioni provenienti dai paesi Europei -sostituite con produzioni provenienti principalmente dalle economie
emergenti - dall’altro ha reso molto più costose quelle importazioni, comunque insostituibili, che provengono dal
vecchio continente.
Accordi Commerciali
L’incessante crescita dell’interscambio commerciale totale costaricense di questi ultimi anni va attribuita
essenzialmente ad un’oculata politica volta alla stipula di accordi bilaterali e regionali che hanno permesso di
creare corridoi di favore per i prodotti appartenenti alle aree d’interesse.
Oltre, infatti, a aderire al GATT nel 1990 ed al Protocollo d’Integrazione Economica Centroamericana nel 1993,
il Costa Rica ha sottoscritto nel 1994 un Accordo di Libero Commercio con il Messico. Sono stati inoltre siglati
e ratificati accordi di libero commercio con il Cile, la Repubblica Dominicana ed il Canada (quest’ultimo,
firmato in occasione del Summit di Ottawa nell’aprile del 2001 ed entrato in vigore nel novembre 2002, è il
primo accordo commerciale siglato nel continente americano tra uno Stato di modeste dimensioni come il
Costa Rica ed un paese del G-7). Il 27 gennaio 2005 il Costa Rica ha firmato inoltre l’Accordo di Libero
Commercio Stati Uniti-Centroamerica e Repubblica Dominicana (CAFTA), le cui potenzialità per i paesi della
regione - in termini di mercato - sono prevedibilmente notevoli.
Tuttavia, per quanto riguarda il Costa Rica, la ratifica parlamentare del CAFTA – condizione necessaria per la
sua entrata in vigore - è ancora incerta. Infatti, solo nel novembre del 2005, vale a dire a quasi un anno dalla
firma dell’accordo, è stato presentato in Assemblea Legislativa il testo per la sua discussione. Tale ritardo è stato
dovuto principalmente a due fattori: il primo relativo alla volontà del Presidente della Repubblica uscente, Abel
Pacheco, di condizionarne la sua presentazione fino a che non venisse approvata un’importante proposta di legge
di riforma fiscale, peraltro anch’essa molto discussa e mai approvata, il secondo deriva dalla netta opposizione
manifestata da alcune parti sociali, apertamente schierate contro tale Accordo, in quanto a loro dire sarebbe
fortemente penalizzante per le produzioni locali, tanto industriali che soprattutto - agricole, che non sarebbero in
grado di reggere il confronto con le produzioni statunitensi competitivamente più avanzate.
Altro punto contestato, soprattutto dalle organizzazoni sindacali, riguarda invece quanto previsto in tema di
aperture al settore privato di alcune attività economiche storicamente gestite in monopolio pubblico. La nuova
formazione di Governo, entrata in carica nello scorso mese di maggio 2006, ed in primis il neo
Istituto nazionale per il Commercio Estero
Un forte impulso alle esportazioni costaricensi è inoltre imputabile sia allo schema tariffario preferenziale
concesso dagli Stati Uniti ai paesi della regione negli anni ’80 – denominato Iniziativa Conca dei Caraibi - sia
all’omologo schema europeo: il Sistema delle Preferenze Generalizzate (SPG). Entrambi gli schemi, infatti,
concedono unilateralmente a vari paesi – tra cui appunto il Costa Rica - l’eliminazione dei dazi d’importazione
su un elevatissimo numero di beni prodotti in tali paesi (ad esclusione di pochi selezionati beni, considerati
“sensibili” per le produzioni europee e statunitensi).
Di estremo interesse per queste Autorità economiche sono gli investimenti diretti provenienti dall’estero, in
quanto - soprattutto negli ultimi anni - servono, tra l’altro, a finanziare il deficit delle partite correnti della
bilancia dei pagamenti. Nel 2005 si sono registrati investimenti diretti esteri per USA$ 653 milioni - in aumento
rispetto i USA$ 617 milioni del 2004 ed i USA$ 574 milioni del 2003 - che in sostanza ripete la più alta
performance ottenuta nel 2002: USA$ 658 milioni. In effetti nell’ultimo decennio il paese ha saputo sfruttare e altresì - promuovere i suoi principali punti di forza, anche nei confronti degli altri paesi della regione, riuscendo
ad attrarre un flusso di investimenti esteri diretti di oltre USA$ 500 milioni in media all’anno. A fronte di
questo positivo aspetto, non va però trascurato che, soprattutto negli ultimi quattro anni, buona parte di tali
investimenti si riferiscono ad utili reinvestiti da parte di imprese estere già operanti nel paese.
Gli Stati Uniti sono di gran lunga il paese che più investe in Costa Rica. A conferma di ciò basti dire che nel
2005 circa l’80% degli investimenti esteri totali proviene da quella nazione: USA$ 525 milioni.
In questo ambito l’Italia, che nel 2005 - secondo i dati di questa Banca Centrale - registra investimenti per
USA$ 8,7 milioni, negli ultimi anni si è sempre collocata tra i più importanti paesi investitori, con posizioni
comprese tra il secondo e quarto posto in ambito europeo, con una media di circa USA$ 6 milioni annuali.
Tra le principali sfide economiche cui si sono dovute fortemente impegnare le Autorità politicofinanziarie
degli ultimi Governi, vi è il contenimento del deficit pubblico.
I dati diffusi dalla Banca Centrale per il 2005 indicano un miglioramento del rapporto tra deficit pubblico ed il
PIL, attestatosi al 2,3%, contro il 3,6% del 2004, che a sua volta faceva seguito al 4,5% del 2003 ed al 5,4% del
2002 (valore più alto dal 1994).
Tale trend in diminuzione registrato nell’ultimo triennio si deve ad una serie di azioni poste in essere
dall’amministrazione del Presidente Pacheco, aventi ad oggetto, da un lato, una maggiore efficienza nel sistema
di raccolta fiscale, dall’altro, il contenimento della spesa pubblica.
Su quest’ultimo aspetto però alcuni addetti ai lavori locali sostengono che tale diminuzione della spesa pubblica
è stata troppo penalizzante, in riferimento alle limitate opere pubbliche portate a termine durante la sua gestione
e delle quali il paese ha urgente bisogno.
Si segnala che il valore assoluto del deficit è solo modestamente diminuito, anche a causa del peso crescente
della quota di spesa richiesta per il pagamento degli interessi sul debito pubblico.
Il debito pubblico totale, calcolato in rapporto al PIL, si è attestato nel 2005 al 57,8 % (38,3% il debito interno,
19,5% quello esterno), ed indica un lieve miglioramento rispetto al 60,6% del 2004.
In realtà l’ammontare del debito è rimasto pressoché costante – USA$ 10.717 milioni del 2005 contro USA$
10.786 milioni del 2004 – e ciò costituisce fonte di preoccupazione sia per le autorità monetarie locali sia per gli
analisti esterni.
Va sottolineato che questo elevato valore del debito pubblico costringe lo Stato a destinare circa un terzo delle
entrate pubbliche al pagamento degli interessi, ciò che inevitabilmente riduce le risorse destinabili ai settori
sociali (salute, formazione scolastica, infrastrutture) e al contempo compromette fortemente la possibilità di
ottenere migliori risultati sul bilancio dello Stato.
Istituto nazionale per il Commercio Estero
Con l’obiettivo di ridurre il debito pubblico, a partire dalla seconda metà degli anni ’90, i Governi che si sono
succeduti si sono adoperati per avviare - seppur gradualmente – una liberalizzazione di alcuni settori economici
storicamente gestiti dall’apparato statale, quali l’energia e le telecomunicazioni. Tuttavia ogni loro tentativo è
risultato vano trovando sempre la ferma opposizione di varie parti sociali, prime fra tutte le forze sindacali.
Tra le intenzioni programmatiche del Governo uscente - volontà peraltro ripresa da quello recentemente
insediatosi - per migliorare l’assetto economico del Paese, si segnala l’impegno profuso per la stesura di una
legge di riforma fiscale volta ad incrementare e rendere più efficiente il sistema di raccolta erariale. In attesa di
conoscere la nuova proposta di legge del Governo, si segnala che quella presentata dell’amministrazione uscente
aveva prodotto numerosi ed interminabili dibattiti tra i diversi schieramenti politici e le parti sociali coinvolte,
al punto che l’Assemblea Legislativa dovette desistere dalla sua approvazione.
Zone franche
Il modello di sviluppo economico costaricense degli ultimi anni si è basato, oltre che sulla firma di accordi
bilaterali preferenziali, sulla promozione delle Zone Franche che, a partire dalla loro istituzione avvenuta a metà
degli anni ’80, hanno dato un forte incentivo agli investimenti e, di conseguenza, alle esportazioni.
Tali zone sono soggette a regimi speciali accordati a particolari tipologie di imprese - sia di trasformazione che
di servizi - la cui produzione deve essere prevalentemente destinata alle esportazioni (una percentuale di tale
produzione può tuttavia essere destinata al mercato interno, a cui ovviamente vengono però detratti i privilegi
che gode quella destinata all’esportazione).
I benefici previsti, primi fra tutti l’esenzione pluriennale dal pagamento delle imposte sui redditi d’impresa e
l’esenzione dal pagamento delle imposte d’importazione sulle materie prime e semilavorati, hanno favorito una
forte crescita dei parchi industriali nei quali si localizzano le imprese.
Esistono oggi 10 parchi industriali in cui operano circa 180 aziende.
Il contributo di tale regime su alcune variabili economiche del paese è stato determinante, soprattutto per quanto
concerne la ragguardevole crescita delle esportazioni, la diversificazione produttiva, il flusso di nuovi
investimenti provenienti dall’estero con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro ed il trasferimento di
know-how (principale esempio su questo ultimo punto è costituito dai forti benefici che ha avuto il paese nel
settore dell’alta tecnologia a partire dall’arrivo nel 1998 della multinazionale dell’informatica INTEL, che ha
anche indirettamente provocato la nascita di un settore indotto di particolare interesse, qual’è quello della
produzione di software).
Si segnala però che secondo quanto imposto in sede OMC, alcuni importanti benefici di tale regime, ad esempio
l’esenzione pluriennale dall’imposta sui redditi d’impresa concessa alle imprese di trasformazione, sono destinati
ad essere eliminati nel dicembre del 2009.
Grado di apertura del Paese al commercio internazionale ed agli investimenti esteri
I numerosi accordi di libero commercio sottoscritti con molti paesi del continente americano, costituiscono una
dimostrazione dei notevoli sforzi compiuti dal Paese - sin dalla metà degli anni ottanta - per favorire una
progressiva e costante apertura al commercio internazionale.
Va inoltre segnalato che in occasione del recente vertice UE-LAC (Unione Europea Latinoamerica e Caraibi),
tenutosi a Vienna nel maggio 2006, si sono poste le basi preliminari per l’inizio dei negoziati di un accordo di
associazione tra l’Unione Europea ed i paesi del Centroamerica (tra i quali dovrebbe esserci anche il Panama).
Al momento tale progetto è ovviamente in una fase preliminare ed i tempi della sua realizzazione sembrano
dipendere anche dai progressi che tali paesi realizzeranno sul versante della loro integrazione regionale.
In effetti, diversamente dal CAFTA in cui ciascun paese ha firmato e parzialmente negoziato alcuni temi
dell’accordo con gli USA, l’accordo di associazione con l’Unione Europea – che va oltre il solo libero
commercio - ha come controparte i paesi del Centroamerica in blocco, ed è per tale motivo che dovranno essere
uniformate molte questioni loro attinenti (ad esempio,unione doganale, unificazione normativa fitosanitaria,
ecc.).
Contestualmente, in questi ultimi anni si è assistito ad una lenta ma continua riduzione dei dazi sulle
importazioni. Come comprensibile, tale tendenza decrescente si è manifestata in minor scala sulle tariffe
applicate a prodotti appartenenti a quei settori economici dichiarati “sensibili” per la produzione nazionale: ad
esempio specifici prodotti agroindustriali, tessili ed abbigliamento.
Parimenti, per altri prodotti - quali automobili e beni di lusso - il mantenimento di elevati dazi doganali
costituisce una precisa e necessaria scelta di politica economica, in quanto rappresentano importanti fonti
indirette di raccolta fiscale.
Non vi è dubbio però che il grado di apertura al commercio internazionale di questo Paese può ancora subire dei
miglioramenti, soprattutto per quanto riguarda la rimozione di variabili di natura “non tariffaria”, prima fra tutte
l’elevato grado di burocratizzazione dell’apparato pubblico.
Secondo i dati della Banca Centrale, nel 2005 le importazioni totali del Paese - comprese quelle destinate ad
imprese che operano in zona franca ed altri regimi speciali - hanno raggiunto i USA$ 9.806 milioni, rispetto agli
USA$ 8.268 milioni del 2004 (per evidenziare la crescita avuta negli ultimi anni, si fa notare che nel 1995 il
Costa Rica importava USA$ 4.327 milioni).
Le principali categorie merceologiche d’importazione nel 2005 sono state: materie prime e prodotti semilavorati
(USA$ 5.615 milioni), beni di consumo (USA$ 1.663 milioni), beni capitali (USA$ 1.474, milioni). I principali
paesi fornitori del Costa Rica (dai valori sono escluse le importazioni destinate alle zone franche) sono stati,
nell’ordine: Stati Uniti (USA$ 1.929 milioni), Venezuela (USA$ 447 milioni), Messico (USA$ 446 milioni),
Taiwan (USA$ 410 milioni), Brasile (USA$ 389 milioni).
Nel 2005 il paese ha esportato per USA$ 7.021 milioni (nel 1996 esportava circa la metà: USA$ 3.758 milioni).
Tra le principali tipologie di prodotti esportati dal Costa Rica si segnalano (dati 2005): componentistica
elettronica (circa USA$ 1.400 milioni, sommatoria di varie categorie di prodotti), banane (USA$ 481 milioni),
apparecchiature mediche (USA$ 401 milioni), ananas (USA$ 326 milioni), caffè non torrefatto (USA$ 203
milioni), altri medicamenti (USA$ 207 milioni). Seguono poi una serie di prodotti molto diversificati, che vanno
dai prodotti tessili ai fiori e fogliame, dai prodotti ittici al cuoio grezzo.
Fino ai primi anni ottanta, il caffè ed il banano rappresentavano circa l'80% delle esportazioni totali del paese;
nell’ultimo ventennio, anche a causa della caduta dei prezzi internazionali di queste tradizionali comodities
agricole, questa percentuale è andata via via invertendosi – a favore di altri prodotti qui definiti non tradizionali fino a raggiungere oggi circa il 20%.
Tale stato di cose è stato favorito principalmente dall’anzidetta contestuale creazione del regime delle zone
franche, che ha stimolato l’arrivo di numerose imprese straniere di trasformazione (anche di alto livello
tecnologico) che importano materie prime e semilavorati per poi esportare i prodotti finiti di elevato valore
aggiunto (negli ultimissimi anni si è osservato anche l’arrivo di aziende multinazionali che producono e
forniscono centralmente numerosi servizi alle loro filiali sparse nel mondo, ed in particolar modo nel continente
americano).
Andamento dell’interscambio commerciale con l’Italia e degli investimenti diretti esteri bilaterali
I rapporti commerciali tra l’Italia ed il Costa Rica si sono tradizionalmente attestati su livelli più che
soddisfacenti, tanto che, a partire dal 1995 (fonte ISTAT), il Costa Rica è risultato il più importante partner
dell’Italia in Centro America (dopo Panama), con un interscambio globale di € 122.3 milioni. Tale livello è
andato via via crescendo fino a raggiungere i € 201.9 milioni (esportazioni: € 97.9 milioni, importazioni: € 104
milioni) registrati nel 2003.
La forte valutazione dell’euro sul dollaro statunitense (peraltro qui assoluta valuta straniera di riferimento) ha
notevolmente inciso nel biennio 2004-2005 anche sulle esportazioni italiane verso questo Paese, che si sono
attestate rispettivamente a € 69.8 e € 71.8 milioni (si segnala che, ad esclusione della Germania le cui
esportazioni si sono mantenute sostanzialmente stabili, anche i più importanti paesi dell’area euro hanno subito
analoghe diminuzioni).
Occorre poi rilevare che la domanda di alcuni prodotti, ad esempio quelli di largo consumo ed elevata qualità –
importanti tipologie e caratteristiche di molti prodotti italiani - è molto elastica, vale a dire più sensibile al prezzo
rispetto ad altri prodotti, per i quali tale variabile è meno determinante.
Le esportazioni costaricensi verso l’Italia hanno invece subito solo una lieve flessione, € 101,5 milioni nel 2003
e € 95,5 milioni nel 2004. E’ interessante segnalare che nel 2003 il valore dell’interscambio Italia / Costa Rica € 201,9 milioni - è stato sostanzialmente di pari ordine di grandezza dell’interscambio italiano con l’insieme dei
paesi centroamericani (sempre escluso Panama): Nicaragua € 13,2 milioni; Honduras € 35,6 milioni; Guatemala
€ 109,1 milioni; El Salvador € 49,3 milioni.
Di seguito viene indicato l’andamento dell’interscambio commerciale Italia-Costa Rica degli ultimi otto anni,
facendo notare che ad accezione degli anni 2000 e 2002 il saldo è risultato sempre negativo per l’Italia:
(valori in milioni di euro)
Anno
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
Export Italia
62,7
72
72,7
87,2
95
98,7
97,9
69,8
71,8
Import Italia
76,9
77,8
75,1
83,2
95,7
96,2
104
101,5
95,5
Saldo
14,2
5,8
2,4
4,0
0,7
2,5
6,1
31,7
23,7
I prodotti maggiormente esportati dall’Italia durante il 2005, raggruppati in divisioni secondo la classificazione
merceologica CPATECO dell’ISTAT, sono stati, in ordine di valore:
PRODOTTO
macchine ed apparecchi meccanici;
VALORE IN MIL. €
25,3
prodotti chimici e fibre sintetiche artificiali
macchine ed apparecchi elettrici
altri mezzi di trasporto
6,9
6,2
5,5
prodotti alimentari e bevande
4,8
prodotti in metallo esclusi macchine ed impianti
4,8
prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi
2,5
autoveicoli, rimorchi e semirimorchi
2,3
pasta da carta, carta e cartone e loro derivati
2,2
altri articoli in gomma e materie plastiche
2,1
apparecchi medicali, apparecchi di precisione,
strumenti ottici e orologi
1,9
mobili e altri prodotti delle industrie manifatturiere
1,8
prodotti tessili
1,1
prodotti tessili
1,1
Più specificatamente, le principali categorie merceologiche - in ordine di valore - sono state:
macchine per la lavorazione delle materie plastiche e della gomma (€ 5,6 milioni);
imbarcazioni da diporto e sportive (€ 4,9 milioni);
apparecchiature per la distribuzione e il controllodell’elettricità (€ 4,2 milioni);
motocoltivatori e trattori agricoli (€ 3,7 milioni);
serrature e cerniere (€ 2,4 milioni);
altre macchine per l’agricoltura, la silvicultura e la zootecnia (€ 2,1 milioni);
carta e cartone (€ 2,1 milioni);
parti e accessori per autoveicoli e motori (€ 1.8milioni);
macchine per le industrie tessili (€ 1,5 milioni);
stampi, portastampi, sagome, forme in metallo (€ 1,4 milioni);
macchine per la lavorazione di prodotti alimentari, delle bevande e del tabacco (€ 1,4 milioni);
medicinali e preparati farmaceutici (€ 1,3 milioni);
vini da tavola (€ 1,2 milioni);
pompe e compressori e sistemi idraulici (€ 1,2 milioni);
piastrelle in ceramica per pavimenti e rivestimenti (€ 1,1 milioni);
lastre, fogli, tubi e profilati di materie plastiche (€ 1,1milioni);
macchine ed apparecchi di sollevamento e di movimentazione e loro parti (€ 1,1 milioni);
macchine per impiego in generale ed altro materiale meccanico (€ 1,1 milioni);
apparecchi elettrici per motori e veicoli (€ 1 milione);
attrezzature industriali per la refrigerazione e la ventilazione (€ 1 milione);
profumi e cosmetici (€ 1 milione);
macchine da miniera, cava e cantiere (€ 0,9 milioni);
macchine automatiche per la dosatura e l’imballaggio (€ 0,9 milioni);
materie plastiche in forme primarie (€ 0,7 milioni);
altri articoli metallici e minuteria (0,7 milioni);
altri prodotti chimici di base organici (€ 0,7 milioni).
Invece, i prodotti maggiormente importati dall’Italia nel 2005 - raggruppati in ordine di valore
per divisioni secondo la classificazione merceologica CPATECO dell’Istat - sono stati:
prodotti dell’agricoltura e della caccia (€ 87,3 milioni);
prodotti alimentari e bevande (€ 4,1 milioni);
cuoio e prodotti derivati (€ 1,9 milioni);
macchine ed apparecchi elettrici (€ 0,5 milioni).
Le principali categorie merceologiche d’importazione sono state, in ordine di valore:
altrafrutta, anche a guscio, piante utilizzate per la preparazione di bevande e spezie, (€ 82,2 milioni, la voce più
importante, dato che comprende caffè e banane);
ortaggi in piena aria(€ 3,9 milioni);
prodotti a base di pesce, crostacei e molluschi anche inscatolati (€ 2,8 milioni);
cuoio e pelli (€ 1,9 milioni);
fiori e piante ornamentali (€ 1,2 milioni);
pesci, crostacei e molluschi preparati, surgelati e conservati (€ 0,5 milioni);
apparecchiature per la distribuzione ed il controllo dell’elettricità (€ 0,5 milioni).
Per quanto riguarda gli investimenti esteri in questo Paese, questi sono i valori degli investimenti totali dal 1998
al 2005:
1998
611,7
1999
619,5
2000
408,6
2001
458,5
2002
658,4
2003
574,2
2004
617,3
2005
653,2
(in milioni di USA$)
Fonte: Banca Centrale del Costa Rica, Ministero per il Commercio Estero
Il principale paese investitore in Costa Rica è rappresentato di gran lunga dagli Stati Uniti, con i seguenti valori:
1998
1999
486
345,5
(in milioni di USA$)
2000
279,5
2001
260,3
2002
329,6
2003
357,7
2004
446,3
2005
524,9
Fonte: Banca Centrale del Costa Rica, Ministero per il Commercio Estero
Nel 2005, dopo gli Stati Uniti, fanno seguito Messico con USA$ 29,9 milioni, Canada con 26,5 milioni, El
Salvador con 19 milioni, Panama con 10,5 milioni.
Per quanto riguarda invece gli investimenti esteri italiani in Costa Rica questo è l’andamento
nello stesso periodo:
1998
1999
0,4
8,2
(in milioni di USA$)
2000
2001
2002
2003
2004
6,6
5,4
5,8
4,7
4,1
Nel 2005 gli investimenti italiani raggiungono la quota 8,7 milioni di USD
Nell’ambito europeo la performance italiana del 2005 è la seconda assieme all’Olanda, anch’essa con USA$ 8,7
milioni, precedute soltanto da Spagna con USA$ 10,2 milioni.
Nell’ultimo decennio la posizione dell’Italia nei confronti degli altri paesi europei è oscillata entro le prime
quattro.
Va anche segnalato che gli investimenti italiani non sono sostenuti dalle attività di cooperazione allo sviluppo,
che come è noto costituiscono un importante volano per le attività economiche e commerciali dei nostri operatori
all’estero.
2. INDIVIDUAZIONE DELLE AREE DI INTERVENTO
a) Valutazione della penetrazione commerciale dei prodotti italiani sul mercato locale
Pur con le ovvie limitazioni rappresentate da una popolazione di circa 4,2 milioni di abitanti, con un potere di
acquisto - per quanto superiore alla media degli altri paesi centroamericani -relativamente modesto, il marchio
italiano negli ultimi anni ha via via riscosso un sempre maggiore interesse.
La presenza economica dell’Italia in Costa Rica si manifesta nella maggior parte dei casi con società di diritto
locale a capitale e conduzione italiani, che operano in molteplici settori, tra cui alberghiero, ristorazione, import,
produzione e servizi.
Di particolare importanza è il Grupo Zeta che, sin dalla metà degli anni ’70, ha contribuito in maniera crescente
allo sviluppo economico del Paese.
Il Gruppo s’incentra su tre aree principali: immobiliare, agroindustriale e commerciale.
Istituto nazionale per il Commercio Estero
Si ricordano inoltre la ditta Saturnia, agente locale della ditta Same Trattori, leader del settore e la ditta Alpiste,
uno dei maggiori importatori di prodotti alimentari italiani nel Paese.
Merita menzione anche l’azienda di allevamento di bestiame Hacienda Los Mogotes del Norte S.A. di
conduzione e proprietà italiana che, in collaborazione con l’ANABORAPI e l’Università degli Studi di Torino,
ha avviato con successo un programma volto all’introduzione in Costa Rica della “Razza Bovina Piemontese”.
Di rilievo la pesenza di Costa Container Lines – società del G.F.group (Frutital) - che pochi anni orsono ha
aperto una filiale in Costa Rica denominata Costamar Agencia Maritima S.A., collocandosi in poco tempo tra i
principali agenti di navigazione del Paese.
Di rilevante interesse per il nostro “Made in Italy” sono state le recenti aperture delle rappresentanze locali di
prestigiose griffe della moda italiana, quali Armani, Dolce & Gabbana, Versace e Max Mara e Roberto Cavalli e
quella della Piaggio (veicoli leggeri).
Per quanto invece riguarda le aziende di diritto italiano che hanno (o hanno avuto in anni passati) un’importante
presenza in Costa Rica, si ricordano:
• Ansaldo SpA – costruzione di una centrale termoelettrica del valore complessivo di USA$ 30 milioni;
• Alenia SpA - fornitura di un nuovo sistema radar per l’aeroporto internazionale di San José, finanziato dal
Governo italiano su credito d’aiuto del valore di USA$ 4,75 milioni;
• ATB Caldereria di Brescia – vincitrice di una gara per la fornitura di apparati e materiale elettrico e la
costruzione di parte della centrale idroelettrica dell’Angostura;
• Sava – rappresentante Fiat-Alfa Romeo;
• Piacentini Costruzioni SpA – vincitore di diverse gare per l’esecuzione di importanti lavori civili nei principali
porti del paese;
• Cantieri Costruzioni Cemento SpA – ricostruzione della rete fognaria e dell’acquedotto di Limón per un valore
di circa USA$ 12 milioni;
• Maccaferri – Costruzione gabbioni metallici;
• Consorzio Ghella / Seli – Lavori in subappalto per la costruzione di una centrale idroelettrica; e solo per la
Ghella la realizzazione, assieme ad altre due imprese costaricensi, di un altro impianto idroelettrico;
• Enel – Attraverso la sussidiaria regionale Enel Latin America, impianti per la produzione di energia elettrica;
• Tesaut – Lavori di elettrificazione rurale;
Ghella SpA, ha ottenuto il visto buono della locale Corte dei Conti per la realizzazione di un impianto
idroelettrico nella località di Puntarenas, per un valore di USA$ 27,2 milioni.
Astaldi ha ottenuto l’aggiudicazione dei lavori per la costruzione di un’importante centrale idroelettrica di 128
MW, avente valore complessivo di USA$ 110 milioni.
Si cita anche la ditta multinazionale di origine italiana Techint, conosciuta mondialmente nel settore delle grandi
opere, aggiudicataria dei lavori per la costruzione di un oleodotto di circa 120 km che collega il versante
atlantico con la capitale San Josè, del valore di USA$ 80 milioni.
POTENZIALITà
TURISMO
Per quanto riguarda i settori di potenziale interesse nel breve e medio termine in Costa Rica si menziona in
primo luogo quello dell’industria turistica. Ad eccezione della congiunturale flessione mondiale avvenuta a
seguito dei noti fatti dell’11 settembre 2001, il settore turistico in questo Paese ha negli ultimi anni evidenziato
un costante sviluppo, anche grazie ad una legislazione volta ad incentivarne il settore. Si tratta in particolare
della legge n. 6990 gestita dal locale Istituto per il Turismo (ICT) che prevede benefici per le seguenti attività
turistiche:
attività alberghiere; trasporto aereo di turisti nazionali ed internazionali;
trasporto turisti via marittima;
agenzie viaggi;
attività di autonoleggio.
ENERGIE ALTERNATIVE RICICLAGGIO RIFIUTI-NUOVE TECNOLOGIE
Così come l’industria turistica locale punta su un prodotto ecologico e di protezione del medio ambiente, il
connubio qui esistente tra economia ed ecologia - che ha peraltro ampi margini di miglioramento - potrebbe far
sorgere nel medio periodo nuove ed importanti possibilità di investimento nel settore ambientale in senso lato.
Forte dell’azione di queste autorità, negli ultimi quattro anni il Costa Rica ha subito una radicale trasformazione
produttiva che ha visto la nascita di un settore dell’alta tecnologia che oggi rappresenta uno dei punti di forza di
questa economia. Merito di ciò è l’arrivo del gigante dell’informatica statunitense INTEL che nel 1999 ha dato
l’avvio ad un impianto del valore di quasi un miliardo di dollari per la produzione di microprocessori, al quale ha
fatto seguito l’arrivo di altre aziende leader, quali la Microsoft, ciò che ha favorito la nascita di un vasto mercato
dell’indotto.
EDILIZIA
Dai dati emessi dall’ente preposto al rilascio dei permessi di costruzione, nel 2005 si è registrata una crescita del
settore edilizio del 17,1% - in termini di metri quadrati costruiti -rispetto all’anno precedente. In effetti, sia
nell’area metropolitana che nelle zone costiere, sono numerosissimi i “cantieri aperti”, sia nell’ambito
residenziale, sia in quello commerciale eturistico. Del totale delle costruzioni realizzate nel 2005, circa il 75%
riguarda il settore privato, mentre il restante 25% riguarda l’edilizia pubblica.
AGROINDUSTRIA
L’incessante diminuzione dei prezzi internazionali delle tradizionali “commodities” agricole e l’applicazione di
una mirata politica di promozione, ha dato origine allo sviluppo di nuovi prodotti agroindustriali.
Assume sempre maggior peso la produzione di frutta tropicale, piante ornamentali, fiori, prodotti ittici, cuoio e
pellame, da cui prende forte slancio l’attività di trasformazione e lavorazione di detti prodotti.
Istituto nazionale per il Commercio Estero
ZONE FRANCHE
Il regime di zona franca, di tipo export oriented, ha poi attirato numerose aziende straniere, per lo più
multinazionali statunitensi, nei settori più disparati, tra cui, oltre appunto quello dell’alta tecnologia, quello
tessile, farmaceutico, manufatturiero in genere e dei servizi.
Valutazione degli investimenti diretti da e verso l’Italia
Nel sottolineare che gli investimenti provenienti dal Costa Rica verso l’Italia sono praticamente inesistenti, si è
accennato in precedenza sull’ammontare degli investimenti italiani in questo
Paese i quali, nel 2005, si sono attestati a USA$ 8.7 milioni (USA$ 4,1 milioni nel 2004; USA$
4,7 milioni nel 2003 e USA$ 5.8 milioni nel 2002).
In effetti il Costa Rica presenta molti aspetti favorevoli all'investitore straniero, quali: provata stabilitá politica,
un’infrastruttura sufficientemente sviluppata, manodopera di discreta qualità (personale quadro con buona
formazione), energia elettrica a costi contenuti, semi-lavorati e materiali di costruzione di buona qualità, regimi
di zona franca, libertá di movimento di capitali e possibilitá di rimessa degli utili e dei capitali all'estero. Il
processo di globalizzazione e di liberalizzazione in atto in tutta l'America Latina ed i vari accordi di libero
commercio già vigenti fra i paesi dell'area, costituiscono un ulteriore elemento di richiamo.
A fronte di questi indubbi vantaggi comparati, non vanno però trascurate le difficoltà che non di rado incontrano
operatori ed aziende straniere nell’adempimento delle svariate e spesso macchinose pratiche amministrative per
l’avvio e funzionamento delle diverse attività economiche. A detta delle stesse autorità costaricensi, il Paese
deve procedere verso una più trasparente ed efficiente ristrutturazione dell’apparato burocratico se non vuole
perdere i vantaggi comparati - faticosamente conquistati negli ultimi anni - nei confronti degli altri paesi
dell’area centroamericana .
Come detto in precedenza l’introduzione del regime delle zone franche per l’esportazione a metà degli anni '80,
ha comportato l’arrivo di numerosissime aziende di trasformazione – in maggioranza statunitensi - che operano
in svariati settori.
Le zone franche sono state di fatto uno dei principali perni su cui si è incentrato il modello di sviluppo
economico costaricense. L’eliminazione di alcuni importanti benefici concessi al regime delle zone franche nel
dicembre 2009 è oggi al centro di numerosi studi e dibattiti da parte di queste autorità economiche, al fine di
poter identificare alternative valide per continuare ad attrarre nuovi investimenti stranieri e, al contempo,
mantenere le aziende estere già operanti.
Ad ogni buon conto queste autorità sostengono che alla base delle motivazioni che hanno spinto le predette
aziende estere ad operare in Costa Rica, quelle relative ai privilegi fiscali – quelle cioè destinate ad essere
soppresse nel 2009 - sarebbero precedute da motivazioni maggiormente legate ad altri fattori, quali la provata
stabiltà politica, la posizione geografica, il grado di istruzione e formazione della popolazione ed altri ancora.
Valutazione delle potenzialità di cooperazione commerciale ed industriale nei settori ad alto contenuto
tecnologico
Vi sono due settori economici ad alto contenuto tecnologico che in Costa Rica si sono fortemente sviluppati
negli ultimi anni: quello dell’informatica e quello farmaceutico.
Il primo ha avuto origine grazie all’arrivo della INTEL che, come generalmente accade in tali circostanze, ha
prodotto lo sviluppo di un importante settore dell’indotto, sia nella produzione di software, dell’ hardware e
dell’elettronica in generale.
Per quanto riguarda il settore farmaceutico, l’arrivo della multinazionale Abbott non ha che confermato il forte
interesse che già altri colossi del settore avevano manifestato verso questo paese, anche in considerazione
della notevole offerta di personale e manodopera dotata di un buon grado di formazione (è utile ricordare che in
America Latina il Costa Rica possiede uno dei più elevati tassi di alfabetizzazione - oltre il 96% - e vi operano
oltre 40 università tra pubbliche e private).
Fattore di primo piano è altresì la privilegiata posizione geografica di questo Paese, sul quale già numerose ditte
straniere - appartenenti a diversi settori economici - hanno posto la loro attenzione, anche in virtù dei numerosi
accordi di libero commercio siglati negli ultimi anni, tanto con paesi dell’America del Nord che del Sud.
Da sottolineare l’importanza che questo paese attribuisce al turismo - una delle principali fonti di entrata
valutaria (USA$ 1.590 milioni nel 2005) - ed in particolar modo a quello di tipo “ecologico ed ambientale”.
Proprio per questa particolare attenzione mostrata al mantenimento degli ecosistemi, nel medio periodo potrebbe
essere data particolare enfasi allo sviluppo sostenibile, ed alle attività economiche “amiche dell’ambiente”. Ad
esempio il Costa Rica è da diversi anni interessata ad istallare sul proprio territorio impianti di smaltimento e
trattamento dei rifiuti.
Il paese ha infine urgente necessità di opere infrastrutturali in diversi settori; solo per citarne alcuni, quelli
stradale, sanitario e delle telecomunicazioni. Va però ancora una volta sottolineata l’importanza e l’urgenza di
una chiara politica di sviluppo in questo senso da parte del Governo.
Suggerimenti per l’attivazione degli strumenti di sostegno finanziario e assicurativo pubblico per SACE e
SIMEST
La classificazione rischio paese adottato dalla SACE colloca il Costa Rica nella 3º categoria OCSE (su 7), 2º
categoria Consensus e nessuna restrizione. Per analogia d’argomento si riportano le qualifiche per il Costa Rica
delle agenzie Moody’s e Standard Poor’s, che rispettivamente sono Ba1 e BB.
La SIMEST non ha mai effettuato operazioni in Costa Rica.
POLITICA COMMERCIALE E DI ACCESSO AL MERCATO
a) Barriere tariffarie
Secondo i dati di questo Ministero del Commercio Estero, l’evoluzione della tariffa doganale media ad valorem
di questo paese dal 1995 al 2005 è stata la seguente (media aritmetica semplice):
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2004
SETORE AGRICOLO
17,1
16,9
18,6
17,4
16,2
13,5
12,9
12,7
12,6
12,5
12,4
SETTORE IDUSTRIALE
10,6
10,2
8,3
7,4
5,6
4,8
4,7
4,7
4,7
4,7
4,7
Le tariffe doganali di alcuni prodotti si mantengono ancora a livelli piuttosto elevati, vuoi perche’ dichiarati
“sensibili” per la produzione locale, vuoi perche’ costituiscono una importante fonte di gettito fiscale indiretto
(per citarne alcuni: selezionati prodotti alimentari; tessili; autoveicoli)
Nonostante cio’, la diminuzione delle medie delle tariffe doganali riscontrate nel tempo – sebbene quasi
stabilizzatesi nell’ultimo quadriennio possono considerarsi una dimostrazione dell’impegno costaricense verso
l’apertura dei mercati.
Barriere non tariffarie
Esistono due principali tipologie di protezioni non tariffarie dell’economia del Costa Rica: la prima si riferisce ai
monopoli di Stato previsti anche dalla stessa Costituzione ed alla protezione legale di cui beneficiano le aziende
costaricensi. In effetti le seguenti attività produttive sono considerate monopoli: sfruttamento e distribuzione
delle acque;
sfruttamento di miniere, petrolio, idrocarburi; energia elettrica (è permesso all’iniziativa privata di produrre fino
al 30% della produzione nazionale, che però deve essere venduta all’ente pubblico monopolista);
telecomunicazioni;
assicurazioni (al settore privato è solo consentita l’attività di intermediazione);
import, raffinazione e vendita di petrolio;
produzione ed utilizzazione di alcool etilico;
gestione porti e ferrovie.
In altri settori produttivi vengono invece privilegiate ditte costaricensi:
costruzioni, trasporti, servizi medico-sanitari, pubblicità.
La seconda riguarda invece la presenza di numerose e tortuose leggi e regolamenti sia per le attività
d’investimento che per quelle propriamente legate alle importazioni, nonche’ l’estrema lentezza dell’iter
burocratico. Il recente accordo di libero commercio firmato tra i paesi centroamericani e Repubblica Dominicana
con gli Stati Uniti (CAFTA) prevede per il Costa Rica la graduale eliminazione della protezione di cui godono
alcuni settori dell’economia. Cio’ da un lato potrà creare numerose opportunità per nuove imprese straniere,
dall’altro è però evidente che il principale e diretto beneficiario di dette opportunità sarà lo stesso paese
nordamericano.
Nonostante i tentativi volti a migliorare la trasparenza e l’efficienza amministrativa - in alcuni casi riusciti - è
necessario sottolineare nuovamente quella che viene considerata un’importante barriera non tariffaria esistente in
questo Paese: vale a dire l’elevata burocrazia – e conseguente lentezza - dei diversi organi pubblici coinvolti
nelle procedure amministrative per le pratiche volte alla realizzazione di operazioni commerciali e di
investimenti.
Altro settore alquanto lento e macchinoso è il settore bancario. Infatti, nonostante l’emanazione nel 1996 di una
legge che consente alle banche private di offrire gli stessi servizi di quelle pubbliche, anche le operazioni di
ordinaria amministrazione non sono sempre gestite all’altezza di un mercato sempre più globalizzato. Una delle
inefficienze più evidenti è riscontrabile nell’alto divario esistente tra i tassi di interessi attivi e quelli passivi
offerti agli operatori. Infine è da rilevare che l’accesso alle fonti di finanziamento è alquanto difficile, ed offerto
a costi molto elevati.
Operano attualmente 3 istituzioni bancarie pubbliche: il Banco Nacional de Costa Rica, il Banco de Costa Rica
ed il Banco Credito Agricola di Cartago e 12 banche private commerciali (oltre a unioni di credito, casse di
risparmio e società finanziarie). Sebbene, come detto, dal 1996 sia consentito alle banche commerciali private
effettuare le stesse operazioni di quelle pubbliche, va segnalato però che esse non godono della copertura di
rischio d’impresa da parte dello Stato.
APPALTI PUBBLICI
L’indubbia necessità di realizzare opere infrastrutturali nel Paese non viene adeguatamente sorretta ne’ da una
adeguata pianificazione ne’ da una fluida legislazione in materia. Le procedure per la concessione degli appalti
sono infatti alquanto complicate e non sempre vi è chiarezza nella struttura dei capitolati, cio’ che ha causato
negli ultimi anni l’insorgere di non poche vertenze tra le imprese appaltatrici - anche italiane - e l’apparato
pubblico.
Violazioni delle norme sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale
Pur avendo il Costa Rica previsto nella sua Costituzione Politica del 1949 un articolo in materia di protezione sui
diritti della proprietà intellettuale ed avendo approvato un buon numero di trattati dell’OMPI (Organizzazione
Mondiale per la Proprietà Intellettuale), tra cui la convenzione di Berna per la tutela delle opere letterarie ed
artistiche (1977), la convenzione di Roma per la protezione degli artisti e la Convenzione di Parigi sulla
proprietà industriale, la legislazione interna fino a pochi anni orsono risultava essere comunque insufficiente in
merito agli strumenti per far osservare tali principi.
E’ per tale motivo che, secondo quanto richiesto in ambito OMC con l’accordo TRIPs - TradeRelated Aspects of Intellectual Property Rights (o ADPIC - Aspetti dei Diritti di Proprietà Intellettuale attinenti
al Commercio), nel 2000 è stata introdotta un’importante riforma legislativa creando una più completa normativa
in materia di diritti d’autore, marche e segni distintivi - compresi denominazione d’origine - e brevetti (la cui
validità viene estesa uniformemente a 20 anni).
Ad integrazione della riforma è stata in seguito varata un’apposita legge che prevede dei provvedimenti
sanzionatori, anche di carattere penale, per chi viola i diritti sulla proprietà intellettuale.
Nonostante la predetta normativa, va sottolineata l’esistenza di casi di violazioni in materia e l’esistenza di
prodotti e marche contraffatte provenienti, per lo più, dai paesi orientali.
Problematiche relative agli investimenti esteri nel Paese
A partire dagli anni ’90 i flussi di investimenti esteri verso il Costa Rica sono cresciuti sensibilmente come
conseguenza dell’implementazione di politiche economiche volte alla stabilità monetaria e finanziaria, alla
promozione del libero commercio, alla deregulation dei mercati e ad una minor partecipazione statale verso
l’attività economica. Ciò ha prodotto l’importante incremento di investimenti esteri da parte di imprese
multinazionali, prevalentemente di matrice statunitense e principalmente operanti nei settori elettronico,
medico, dei servizi e del turismo ed ultimamente anche del settore immobiliare.
Se quindi da un lato il Paese ha dato prova di voler non solo eliminare qualsiasi barriera all’entrata di capitali
esteri, ma di promuoverli con decisione, come dimostrato con la sua politica d’incentivazione delle zone franche,
dall’altro bisogna segnalare che - soprattutto nel settore delle gare pubbliche, la cui legislazione è decisamente
poco trasparente e si presta ad interpretazioni ambigue - non sono rari i casi di controversie sorte tra investitori
esteri ed enti statali.
Occorre poi sottolineare le limitazioni agli investimenti esteri esistenti in alcuni settori dell’economia
costaricense in quanto protetti; in alcuni casi perché monopoli di Stato in altri perché parzialmente riservati ad
aziende costaricensi. Nel primo gruppo rientrano, ad esempio, lo sfruttamento e distribuzione delle acque; lo
sfruttamento delle miniere, del petrolio e degli idrocarburi; dell’energia elettrica, delle telecomunicazioni,
delle assicurazioni, della produzione e utilizzazione di alcol etilico per l’elaborazione di liquori.
I settori produttivi di fatto riservati alle aziende costaricensi sono quello delle costruzioni, dei trasporti e dei
servizi di comunicazione, dei servizi medico-sanitari, degli operatori turistici per quanto attiene lo sfruttamento
del litorale marino.
In ambito bilaterale è attualmente in fase negoziale un Accordo per la Promozione e Protezione Reciproca degli
investimenti tra i due paesi, la cui stesura definitiva dipende proprio dalla definizione di taluni fondamentali
principi che non lascino alcun vuoto legislativo ed incertezze verso i nostri investitori.