Palermo-Pagine chiuse-1707-PA-RIAPERTURA-10
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X LA REPUBBLICA MARTEDÌ 17 LUGLIO 2007 MARTEDÌ 17 LUGLIO 2007 LA REPUBBLICA XI icli produttivi legati al susseguirsi delle stagioni e paesaggi che si modificano in un’alternanza continua: C Angelo Pitrone descrive con le sue fotografie un ritratto siciliano fatto di scorci e di colori, che adesso sono raccolti nel volume “Convivio” (con testi di Francesco Calabrese, docente di Agrumicultura e frutticultura tropicale all’Università di Palermo; edizioni L’Epos, 194 pagine, 130 euro). Attraverso questo viaggio nei luoghi, per lo più interni, della Sicilia è narrato per l’appunto il racconto delle diverse colture tipiche delle nostre campagne e dei prodotti che da esse si ricavano: dal grano al pane, dagli olivi all’olio, e ancora pascoli e foraggi. IL LIBRO I cicli produttivi dell’agricoltura nelle fotografie di Angelo Pitrone Si rintraccia così anche la storia, per mezzo della presenza umana, delle tradizioni che si mantengo intatte da secoli oppure con le innovazioni tecnologiche che si inseriscono in un contesto paesaggistico quasi immutato. Filari di vigne e muretti a secco, coperture di materiali plastici e grandi silos metallici si alternano nella riconfigurazione di un paesaggio dove il Giardino delle Esperidi e la sacralità del cibo ricuciono antichi legami con l’intero Mediterraneo, tra mito e attualità. Il viaggio per immagini così definisce questa mappa che vuole essere anche una testimonianza etnoantropologica, tra usi antichi e mani laboriose. p. n. IL PERSONAGGIO IL PROGETTO Il Nobel siciliano tradusse il collega cileno per un’antologia pubblicata da Einaudi La sintonia sul ruolo dello scrittore e su alcune parole chiave dei loro versi SARO URZÌ UN ATTORE DA “NASTRO” LORENZO CATANIA ra le tante figure di cara- zia borbonica, il commissario binieri al cinema, indi- Siceli, impegnato ad aiutare il menticabile rimane nel- capitano Giordani, comanla mente dello spettatore che dante di una compagnia di ha memoria e confidenza con bersaglieri e uomo tutto d’un il grande schermo, l’entusia- pezzo, che ha il compito di lismo e l’abnegazione del ma- quidare il feroce brigante Rafresciallo Grifò in “In nome fa-Raffa e la sua banda. della legge” (quasi mezzo miSempre più convinto delle liardo d’incasso nel lontano qualità dell’attore catanese, 1949), interpretato dallo che nel ruolo dell’amico fedestraordinario e dimenticato le, simpatico e ridanciano attore Saro Urzì (Catania aveva solidarizzato con i guai 1913 — San Giuseppe Vesu- familiari del protagonista viano 1979). maschile de “Il ferroviere” Prima di essere sottratto (1956) e de “L’uomo di paglia” dal regista Pietro Germi al sot- (1958) e forse anche perché tobosco del mondo dei cine- stizzito dal fatto che ogni volmatografari, per dare man ta che si parlava del film “Diforte all’intransigenza etico- vorzio all’italiana” il pubblico civile del giovane pretore ricordava soprattutto il nome Guido Schiavi che si oppone di Marcello Mastroianni e all’autorità mafiosa di massa- non il regista che con maero Turi Passalacqua e all’in- stria lo aveva diretto, Germi differenza e all’omertà del- nel 1963 affida a Saro Urzì il l’ambiente dove è stato co- ruolo di protagonista nel film mandato di servizio, la carrie- “Sedotta e abbandonata”. Alra di Saro Urzì aveva speri- l’attore che si dichiarava «primentato una estenuante ga- ma catanese, poi siciliano, poi italiano, vetta. Dopo se rimane avere praticaqualcosa», to in gioventù riesce spontadiversi meLA MEMORIA neo calarsi stieri, fra i nei panni di quali quello di Vincenzo acrobata, nel Ascalone, im1933 Urzì si pulsivo e matrasferisce a nesco padre Roma e si dedi famiglia sidica al cineciliano (che ma come conpotrebbe trofigura, seperò essere gretario di anche cittadiproduzione, no di ogni recapocompargione d’Itase e generico. lia), impegnaNei primi anto a costringeni Quaranta re alle nozze Urzì compare riparatrici il in numerose seduttore delpellicole senla figlia che riza riuscire a fiuta di sposafarsi notare. re. La straorNel 1946, in d i n a r i a occasione del performance film “Il testidi Urzì, che mone”, Urzì non deluderà conosce Piele aspettative tro Germi e del regista, qualche anno farà vincere al dopo, attranostro attore verso Antonio il Nastro d’arMusu direttoLA CARRIERA gento e il prere di produmio per la mizione, gli viegliore interne offerto l’inpretazione carico di maschile al ispettore per festival di il film “In noCannes, dove me della legi critici stupege”. fatti dalla braMa una sevura di Urzì ra, prima di parleranno di partire per la Sicilia, Germi intuisce che lui come di un nuovo Raimu Urzì è l’attore giusto per inter- (nome d’arte di un famoso atpretare il ruolo del marescial- tore francese). Insieme alla lo e lo sottopone a un provino retìna, ai baffetti e al risucchio che il catanese supera brillan- dentale del pirandelliano batemente. Dopo quel film che rone Fefé, il corpo grasso e sulo vedrà premiato con il Na- daticcio di Saro Urzì-Ascalostro d’argento come migliore ne, chiuso nel bianco e nero attore non protagonista, Urzì degli abiti, il suo sguardo ora prenderà parte a quasi tutti i allucinato ora disperato o film più importanti del regista ebete, i suoi gesti e i suoi comligure. Ne “Il cammino della portamenti tribali precipui di speranza”(1950) Urzì si cala un antico padre-padrone che in maniera convincente nei a suon di sberle e di sotterfugi panni di un losco individuo cerca di difendere l’onore che deve fare emigrare in della famiglia, compromesso Francia gli abitanti senza la- da una figlia incinta senza esvoro di un piccolo paese della sere sposata, lungi dallo scaSicilia. Ne “Il brigante di Tac- dere nel divertimento quaca del Lupo” (1952), film che lunquista e nella critica anticon largo anticipo sui libri meridionale, hanno costretto scolastici squarcia il velo su i siciliani e tutti gli italiani a certa oleografia risorgimen- guardare dentro se stessi per tale, Urzì tratteggia bene la fi- conoscersi meglio e tentare di gura ambigua e sfuggente di cambiare la propria mentaun ex funzionario della poli- lità. F ‘‘ ,, Era ispettore di produzione e si ritrovò premiato a Cannes I DUE POETI Pablo Neruda e Salvatore Quasimodo ebbero uno scambio di lettere durante la traduzione dell’antologia Neruda chiese al suo collega siciliano che fosse inserito nel volume anche il poema “Si desti il taglialegna” ROSANNA PIRAJNO ‘‘ ,, Sono settantotto le proposte per il risanamento della borgata marinara MARIA STEFANIA DUTTO (segue dalla prima di cronaca) l progetto coincideva con la generale reazione dell’intellettualità internazionale alle persecuzioni poliziesche che in Cile costringevano il poeta alla clandestinità, e che lo avrebbero tenuto tre anni lontano dalla patria: la sua realizzazione si collocò al termine del soggiorno di Neruda in Italia, che fu segnato, inizialmente, dal decreto di espulsione del governo Scelba, poi revocato — a seguito della protesta di intellettuali e politici — dall’allora presidente Einaudi. Il volume di traduzioni a cura di Quasimodo è un’antologia della produzione poetica di Neruda dal 1924 al 1948, comprendente 24 poesie tratte da Veinte poemas de amor y una canción desesperada (1924), i due volumi di Residencia en la tierra (1933 e 1935), España en el corazón (1937), Poemas últimos (Un canto para Bolívar, 1941, e Canto de amor a Stalingrado, e Canto general de Chile (1943), più il poema Que despierte el leñador (1948). Secondo il piano originario, la scelta dei testi avrebbe dovuto fermarsi al Canto general de Chile, ma il ritardo nell’uscita del libro fece sì che includesse anche Que despierte el leñador. Una lettera, pubblicata da Ignazio Delogu, testimonia che fu lo stesso autore a farne esplicita richiesta al traduttore: «Credo che per molte ragioni il libro deve terminare col poema Si desti il taglialegna che segna una tappa poetica più recente. Le chiedo pertanto, caro amico, un nuovo sacrificio e cioè che in due o tre giorni faccia la I Una fitta rete di corrispondenze tra i “Canti” e “La vita non è sogno” I TESTI Dell’antologia facevano parte ventiquattro poesie tratte da sei raccolte e poemi di Neruda tra cui “Canto general de Chile” e “Venti poemi d’amore e una canzone disperata” traduzione. Il testo sta alle pagine 355-86 del Canto general che diedi ordine le mandassero dal Messico. Anche Einaudi ne ha un esemplare». Scritto in piena guerra fredda, Que despierte el leñador costituisce il compimento della svolta che, dall’angoscia metafisica e dall’individualismo esasperato delle prime due Residencias, aveva portato Neruda, di fronte alla tragedia della guerra civile spagnola, a una poesia politicamente e socialmente impegnata. Di qui, l’importanza che gli attribuiva il suo autore; e di qui, la rispondenza che il poema doveva trovare in Quasimodo, in quegli anni impegnato in una profonda e sofferta riflessione sulla funzione del poeta e della poesia — da non dimenticare, a tale proposito, il saggio Poesia contemporanea, del 1946: «Rifare l’uomo: questo il problema capitale. Per quelli che credono alla poesia come a un gioco letterario, che considerano ancora il poeta un estraneo alla vita, uno che sale di notte le scalette della sua torre per speculare il cosmo, diciamo che il tempo delle “speculazioni” è finito. Rifare l’uomo, questo è l’impegno». In effetti Quasimodo, pubblicando nel giro di pochi anni Con il piede straniero sopra il cuore (1946), Giorno dopo giorno (1947) e La vita non è sogno (1949) aveva reso più complessa la propria scheda critica, avviando una diversa, e discussa, poetica dell’impegno. Risulta difficile avanzare ipotesi sulla scelta dei testi e sull’edizione, o le edizioni, che Quasimodo aveva a disposizione. Non è chiaro nemmeno il motivo del- ondello non è sol- colareggiato ancora tutto da tanto la stazione farsi, che il Settore urbanistibalneare più amata ca del Comune e il Dipartida tutti i palermitani, san- mento di Storia e progetto tuario della natura «dove il dell’Università di Palermo mare va a deporre i suoi baci hanno avviato una collabopiù ardenti» e dove ciascuno razione sfociata in un con«può fare un’orgia di azzurro corso internazionale di idee da regalarne a tutti i poeti lin- per la riqualificazione urbafatici del vecchio e nuovo na di Mondello e, pochi giormondo», come scriveva En- ni fa, nella presentazione derico Onufrio nel lontano gli elaborati e dei progetti 1882, ma è la borgata, il posto vincitori. di villeggiatura, il luogo di Ed è un fatto positivo che la svago e di “passìo”, la città- partecipazione di gruppi digiardino a portata di mano stinti di studenti e professioche con sobria eleganza in- nisti, in tutto 78 gli ammessi, treccia la bellezza della natu- abbia prodotto non solo una ra marina con una pregevole palpabile «voglia di fare» per cultura architettonica, che la città fra i giovani laureati, hanno magnetizzato una ge- ma anche, come attestato nerazione dopo l’altra i pa- dall’assessore Mario Milone lermitani in libera uscita. E e dal dirigente del Servizio non solo nei mesi estivi. formazione Piano regolatoLa località con la famosa re generale, architetto Vinspiaggia, «tutta sabbia e pie- cenzo Polizzi, un buon ventruzze e conchiglie, bianca, taglio di proposte propedeuvasta e ondulata» e, per un tiche al piano che il Comune “Almanacco italiano” del ha l’obbligo redigere per normare l’a1931, addiritrea. tura «vellutaUna occata e aristocrasione importica», ha semtante per il ripre esercitato IL CONCORSO lancio delun forte potel’architettura re di attraziocontemporane nei visitanea per il fattori locali e to stesso, sotstranieri. Sitolineato dal curamente direttore del da oltre un seDipartimencolo, diciamo to Cesare Ajalmeno da roldi, di arriquando la Sovare alla piacietà Anoninificazione ma costituiattraverso il tasi all’esteprogetto di ro, esattaarchitettura, mente in Bello strumento gio, con il nodisciplinare me “Les più adatto a tramways de imbrigliare Palerme” boscelte urbanifica i 280 etnistiche tari di terreni spesso aleapaludosi actorie. quistati nel Così il pro1909 direttagetto vincitomente dal re, elaborato Demanio, dal gruppo per realizzarcoordinato vi quella che dall’architetAnna Maria IL VINCITORE to Giuseppe Fundarò deMarsala, fonfinisce «unida sulla «rica, lungimisorsa spiagrante operagia» una rizione specuflessione che lativa» pur se sin dal titolo aderente ad “Diluire uno specifico Mondello” si piano regolacala nell’aztore approvazardo di deto dalla Comsaturare funmissione edizioni e densità e, con atto lizia comunale nel 1911. Da quando, al tempo delle simbolico di sfida, demolire carrozze e del tramvai, era il vanamente contrastato distante abbastanza da con- obbrobrio degli anni Settancorrere con la Piana dei Col- ta “Amore di mare”, la cui li a colmare la smania della aria di sedime viene riconvilleggiatura dei ceti abbien- vertita a un linguaggio spati palermitani, a quando il ziale e architettonico più fulmineo attraversamento consono ai luoghi e alla «ecodel parco della Favorita ne logia di progetto» adottata. Atto bello e impossibile, accorcia la distanza, la borgata ha subito un processo di che però rende giustizia alla saldatura alla città che, se ha sfrontatezza dell’artificio risparmiato le peculiarità con cui si impose, nella padell’impianto urbano e dei tria delle raffinatezze Liberty caratteri stilistici della en- e Déco, Moderniste e Razioclave di Valdesi, ha inflitto a naliste di architetti del vaglio tutto il resto il peso di uno di Salvatore Caronia Robersviluppo edilizio e di “frui- ti, Giuseppe Samonà, Edoarzione” senza regole, i cui ef- do Caracciolo, Paolino Di fetti negativi sono evidenti, Stefano, la più volgare delle ma di problematica risolu- speculazioni edilizie del tempo. Che almeno si sappia zione. Ed è proprio per innervare e si veda, di cosa fummo e di idee nuove un Piano parti- siamo capaci. M QUASIMODO E NERUDA POETI A SUD Germi lo scelse per interpretare il carabiniere di “In nome della legge” ‘‘ ,, IL VOLUME La copertina dell’antologia di Pablo Neruda pubblicata nel 1952 da Einaudi con le illustrazioni di Renato Guttuso Il libro maturò durante la persecuziona del regime cileno nei confronti del poeta ECCO COME “DILUIRE” MONDELLO l’assenza di Tercera residencia (edita già nel 1947), surrogata dalla sezione Poemas últimos (1937-44), la quale sembra provenire da Pablo Neruda. Una fitta rete di corrispondenze si stabilisce tra la traduzione dei Canti di Neruda e le raccolte coeve di Quasimodo (La vita non è sogno e Il falso e vero verde), e la serie di rimandi si spinge, in alcuni casi, fino a La Terra impareggiabilee a Dare e avere. Sono molti i motivi che legano Quasimodo e Neruda: la necessità della funzione etico-politica del poeta, il forte naturalismo descrittivo con elementi di valore concreto ma, allo stesso tempo, fortemente simbolico (mare, vento, fiamma, pioggia, pino, colomba). E poi il cromatismo acceso (la dominanza del verde), la partecipazione al dolore altrui e la sensibi- lità verso le classi più povere, una visione pànica ed erotica della vita, la nostalgia per i paesaggi del cuore e della memoria, i paesaggi del Sud: Sicilia per Quasimodo, Cile per Neruda. Cromatismi intensi, meridionali e mediterranei, filtrati anche attraverso la lezione di García Lorca. Del resto, Neruda risulta determinante anche per l’intera formazione quasimodiana del linguaggio civile. L’operazione del tradurre assume in Quasimodo un alto valore creativo. Il risultato è una «valorosa traduzione» nella quale «si ha persino l’impressione che, frequentemente, il traduttore abbia “migliorato” l’originale)», come scrisse Franco Fortini in “Neruda tradotto da Quasimodo”. La predilezione di entrambi i poeti per il colore verde dà il tito- IL GIUDIZIO “Salvatore è così” ella propria biografia, Neruda dedica a Quasimodo alcune pagine: «Conosco da anni Salvatore Quasimodo (…) è un europeo che dispone a scienza certa della conoscenza, dell’equilibrio e di tutte le armi dell’intelligenza. Eppure, la sua posizione di italiano centrale non lo ha trasformato in un guerriero prigioniero dentro la sua fortezza». N Pablo Neruda lo alla raccolta quasimodiana Il falso e vero verde. Entrambi lo associano allo sguardo e lo eleggono a colore della morte. Il rosso predomina invece nei Canti a sfondo socio-politico o più semplicemente serve a determinare una dimensione fiabesco-surreale. Comune ai due poeti è la metafora cristologica, caratterizzata, in entrambi, da particolare violenza espressiva. La coppia madre-figlio, elemento costante in Quasimodo fin da Alle fronde dei salici e in Neruda a partire dal Canto per le madri dei miliziani morti, in entrambi si arricchisce di connotazioni religiose. Come fa notare Elena Salibra, nell’antologia einaudiana giocano un ruolo determinante alcune parole-tema, a volte inserite di forza da Quasimodo, altre volte già presenti in Neruda: cuore, memoria, mani. Cuore è un mito verbale che percorre tutto l’arco della produzione lirica quasimodiana, a partire dal verso “Ognuno sta solo sul cuor della terra”, che apre la raccolta Ed è subito sera. La metafora fondamentale del cuore e della terra permane al di là di un processo di trasformazione in atto che va dall’angoscia esistenziale del poeta ermetico alla cruda realtà della guerra e della Resistenza, ma, quanto più il messaggio si immerge nella storia, tanto più il mito verbale si avvicina alla lingua della comunicazione. A questo fenomeno di graduale «maturazione verso la concretezza» del sistema espressivo collaborano le traduzioni, specie queste di Neruda, così cariche di cronaca e ideologia. La riflessione sull’impegno scaturita da “Si desti il taglialegna” LE AFFINITÀ Neruda e Quasimodo mostrano un’attenzione particolare ad alcune parole-tema della loro poetica come le mani, la memoria e il colore verde Ecco alcuni esempi per quanto riguarda, invece, la parola-tema memoria: «la sola memoria del nome» (Que despierte el Leñador), «Badajoz tra i suoi figli morti giace senza memoria guardando un cielo che ricorda» (Tierras ofendidas). Una funzione importante svolge in Quasimodo e in Neruda la parola «mani». In Un canto para Bolívar la storia del passato ispano-americano è vista in funzione del presente e subisce una sorta di trasfigurazione simbolica. La continuità temporale è garantita da una serie di mani che si susseguono le une alle altre, mani di provenienza geografica differente, ma accomunate dallo stesso ideale di libertà. In Quasimodo della Terra impareggiabile e di Dare e avere la presenza delle mani assolve egualmente a una funzione simbolica. La storia è negata e ridotta ad una serie multiforme di mani, che al di là dello spazio e del tempo perdono la loro stessa dimensione reale. Alla parola mani è affidato anche il tentativo finale di trascendere i limiti di una storia circoscritta, quella del poeta e di Varvàra Alexandrovna, perché il canto acquisti una dimensione universale. In entrambi gli autori si rileva la tendenza ad un’apparente coerenza dell’orientamento geografico, spesso affidata alla semplice indicazione dei punti cardinali. Il punto d’arrivo di questa serie di coincidenze è il grido unanime: “«Più nessuno mi porterà nel Sud» (Quasimodo, Lamento per il Sud), e “Océano, tráeme / un día del Sur” (Neruda, Quiero volver al Sur). ‘‘ L’idea premiata è di un gruppo di professionisti che punta sulla risorsa spiaggia ,,