PROVA DI CARICO SU UN SETTO DI FONDAZIONE

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PROVA DI CARICO SU UN SETTO DI FONDAZIONE
PROVA DI CARICO SU UN SETTO DI FONDAZIONE STRUMENTATO:
ALCUNI RISULTATI
Paolo Ruggeri, Alessandro Vita, Viviene M. E. Fruzzetti, Giuseppe Scarpelli
Università Politecnica delle Marche, GES s.r.l. spin-off Università Politecnica delle Marche
[email protected]
David Segato
GES s.r.l. spin-off Università Politecnica delle Marche
Sommario
Prove di carico su grandi setti di fondazione strumentati, portate oltre gli usuali valori di collaudo, sono eventi
piuttosto rari. Appare quindi interessante presentare i risultati più significativi della prova di carico eseguita su
un setto che costituisce parte della fondazione della via di corsa di una capace gru su rotaia portuale, interamente
realizzata su terreni granulari addensati. Il setto è stato strumentato con 20 barrette estensimetriche solidali alle
barre di armatura longitudinali e disposte a 5 diverse profondità. Le misure degli estensimetri più superficiali,
utilizzate per valutare direttamente la rigidezza assiale del setto, conducono ad una stima del modulo elastico del
calcestruzzo piuttosto basso rispetto a quello valutato indirettamente attraverso le caratteristiche di resistenza a
compressione o sulla base del modulo dinamico da prove soniche. I risultati della prova mettono comunque in
evidenza un’elevata rigidezza del setto, una resistenza laterale elevata e complessivamente superiore alle attese,
un contributo significativo della resistenza alla punta, mobilitata quindi anche per piccoli spostamenti.
1. Introduzione
In questa nota si presentano i principali risultati di una prova a carico verticale su un setto di
fondazione strumentato con barrette estensimetriche (strain gages).
Il setto in questione fa parte delle opere di ammodernamento di una banchina portuale operativa,
destinata alla movimentazione di containers, nel porto di Gioia Tauro. In particolare il setto costituisce
un elemento della fondazione della nuova via di corsa a terra di una gru su rotaia, ma ha anche il
compito di fornire un contributo resistente alle azioni orizzontali provenienti dall’opera di sostegno a
mare. Su un setto analogo a quello analizzato con questo lavoro, Ziccarelli e Valore (2008) hanno
presentato i risultati di una prova di carico in direzione orizzontale, spinta fino a rottura, per verificare
la capacità dell’opera di sostenere in sicurezza il tiro della paratia di banchina.
Tenendo conto che prove di questo genere non sono comuni anche a causa dell’impegno economico e
temporale e della necessità di disporre di mezzi e personale adeguato, appare utile diffondere i risultati
della sperimentazione condotta per questa importante infrastruttura pubblica.
2. Terreni di fondazione
I terreni presenti nell’area portuale di Gioia Tauro sono costituiti da sedimenti, prevalentemente
granulari, dei cicli marini plio-pleistocenici, a loro volta ricoperti da coltri sedimentarie di modesto
spessore formate dai depositi continentali olocenici-attuali. Alla scala dell’area portuale un’ampia
disamina dei dati geotecnici disponibili è stata presentata da Facciorusso e Vannucchi (2002)
nell’ambito di uno studio sulla suscettività alla liquefazione. In corrispondenza del tratto di banchina
di interesse è stata realizzata una campagna geognostica specifica nel 2010 comprendente sondaggi a
carotaggio continuo, prove CPT, SPT, DMT e geofisiche di superficie. I risultati indicano una
successione stratigrafica di riferimento costituita da un modesto spessore di riporto antropico al di
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sotto del quale si rinvengono sabbie medio grossolane con ghiaia e matrice limosa, molto addensate,
fino a circa -12 m su l.m.m. Al di sotto di questo strato, per l’intera profondità di interesse, si
rinvengono delle alternanze di sabbie fini da limose a debolmente limose, piuttosto addensate. In Fig.
1 sono presentati il modello geotecnico di riferimento e i principali risultati ottenuti dall’elaborazione
delle prove geotecniche disponibili.
Fig. 1. Modello geotecnico di riferimento e risultati dell’elaborazione delle principali prove disponibili
3. Setto di prova
3.1 Modalità di realizzazione del setto
Il setto di fondazione ha forma rettangolare 2,80 m  1,20 m e si estende da +1,25 m a -14,00 m da
l.m.m. La tecnologia di realizzazione è quella tradizionale di scavo mediante benna mordente, con
stabilizzazione delle pareti scavo assicurata da circolazione di fanghi bentonitici. Come usuale per
questa tecnologia, prima di eseguire lo scavo, si realizzano delle travi guida che garantiscono la
dimensione e la posizione iniziale del setto. Dopo il completamento dello scavo si pone in opera la
gabbia di armatura, nel caso specifico costituita da barre longitudinali 12+12ø26 su ogni lato corto,
16+16ø26 su ogni lato lungo e 4 staffe rettangolari ø16 ogni 20 cm che realizzano un sistema a 4
braccia nelle due direzioni; l’acciaio utilizzato è del tipo B450C. Il getto è stato eseguito con tubo
forma dal basso verso l’alto con calcestruzzo di classe C35/45.
3.1 Strumentazione installata
La strumentazione installata si compone di 20 barrette estensimetriche a corda vibrante installate a 5
diverse quote (Fig. 2). Ad ogni quota sono quindi presenti 4 estensimetri collocati a coppie sui due lati
corti del setto. Gli estensimetri di ogni coppia sono saldati a due barre adiacenti della fila interna
dell’armatura longitudinale principale, così da risultare protetti dall’armatura esterna in fase di
posizionamento dell’armatura nello scavo. L’uso di coppie di estensimetri garantisce la necessaria
ridondanza degli strumenti di misura e dei dati disponibili.
3.1 Modalità di esecuzione della prova
In Fig. 2 è mostrata una fotografia relativa al sistema di contrasto realizzato per l’applicazione del
carico sul setto. Il castello di travi d’acciaio va a trasferire l’azione dei martinetti idraulici su due setti
di contrasto gemelli realizzati in affiancamento al setto di prova, ad una distanza netta di 1,20 m. I setti
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di contrasto per sostenere in sicurezza la trazione corrispondente al carico di prova presentano sezione
di 1,20  5,60 m e lunghezza simile al setto di progetto. Il carico di prova è applicato attraverso 4
martinetti idraulici da 2.500 kN, controllati da un’unica centralina oleodinamica; il valore del carico
durante la prova è ricavato indirettamente, attraverso la misura della pressione idraulica nel circuito di
mandata con un manometro da 1.000 bar. Gli spostamenti verticali sono misurati con 3 comparatori
centesimali solidali ad un telaio di appoggio i cui punti fissi erano collocati ad alcuni metri di distanza
dal setto.
La prova di carico è stata suddivisa in due cicli di carico e scarico. Il primo ciclo di carico, costituito
da 6 incrementi, ha raggiunto 5.840 kN. Il secondo ciclo di carico, costituito da 9 incrementi, ha
raggiunto 8.760 kN. Ogni gradino di carico è stato mantenuto per un tempo sufficiente ad ottenere la
stabilizzazione delle letture ai micrometri e comunque per almeno 15 min. Il carico massimo di prova
è stato mantenuto per 60 min. Stabilizzato il cedimento, per tre gradini di carico del primo ciclo (0 –
1.460 – 5.840 – 0 kN) e per tutti i gradini di carico del secondo ciclo, si provvedeva ad effettuare le
letture estensimetriche.
Fig. 2. Sezione del setto sottoposto a prova, armature presenti, posizione delle barrette estensimetriche,
fotografia del sistema di contrasto, diagrafia sonica
4. Risultati della prova di carico
4.1 Curva carico-cedimento
In Fig. 3 è rappresentata la curva carico-cedimento ottenuta dai due cicli della prova di carico. Nello
stesso grafico, accanto ai punti che descrivono la curva, è indicato un numero che corrisponde alla fase
di lettura degli estensimetri. La curva segnala lo sviluppo di cedimenti permanenti già alla fine del
primo ciclo di carico, aspetto che diventa molto rilevante alla fine del ciclo di ampiezza maggiore. Lo
spostamento totale misurato in testa è dell’ordine dei 10 mm, quindi generalmente sufficiente a
determinare il completo sviluppo della resistenza laterale (Viggiani, 1999).
4.2 Misure estensimetriche
In Fig. 3 è mostrato l’andamento delle letture agli estensimetri alle diverse quote in relazione al carico
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applicato. Ogni linea rappresenta il valore medio rappresentativo delle letture ai quattro estensimetri
posti ad ogni quota. Si può osservare che il trend delle letture replica abbastanza fedelmente la
progressione dei carichi applicati in sommità. Le letture indicano la deformazione lungo il setto
rispetto alla sua configurazione iniziale, precedente l’applicazione del primo carico. Le deformazioni
indicate sono pertanto al netto delle deformazioni dovute alle tensioni residue per i fenomeni termici
in fase di indurimento del calcestruzzo, dai fenomeni di rigonfiamento che tale materiale evidenzia in
ambiente permanentemente sommerso e dal riassestamento del terreno circostante.
Fig. 3. sx: curva carico – cedimento; dx: Letture medie degli estensimetri alle diverse quote e carico applicato
in sommità rispetto alla fase della prova di carico
4.3 Determinazione del modulo elastico del calcestruzzo
La determinazione del modulo elastico del calcestruzzo è necessaria per l’elaborazione della prova in
quanto è la grandezza che consente di passare dalla misura in deformazione, ottenuta con
l’estensimetro, alla tensione nel calcestruzzo. La stima del modulo non è però un’operazione banale in
quanto il calcestruzzo armato è un materiale composito e il suo comportamento è non lineare anche a
piccoli livelli di deformazione. In letteratura sono presenti oltre 10 metodi per la stima del modulo
elastico della sezione (Lam e Jefferis, 2011), i più affidabili dei quali prevedono di utilizzare la
risposta degli estensimetri al variare del carico applicato; fra questi si considera il metodo del
cosiddetto modulo tangente (Fellenius 2001) che prevede di determinare il modulo ad ogni incremento
del carico, come rapporto tra l’incremento di carico e la deformazione all’estensimetro. Per bassi
carichi il modulo risulta però sovrastimato in quanto non si tiene conto che una quota del carico
applicato è assorbita dal terreno per attrito laterale. Raggiunta la resistenza laterale limite,
l’incremento di carico è integralmente assorbito dal setto e la deformazione misurata rappresenta la
risposta della sezione strutturale. Tale metodo ha il vantaggio di tenere conto della diminuzione del
modulo del calcestruzzo all’aumentare del carico applicato ma, di contro, fornisce risultati affidabili
solo se la prova viene spinta ad elevati livelli deformativi, superiori ad almeno 300 .
Una stima delle caratteristiche elastiche del calcestruzzo può essere ottenuta anche tramite metodi
indiretti che mettono in relazione il modulo a caratteristiche note del calcestruzzo quali ad esempio la
resistenza cubica (Rc). Nel caso specifico i risultati di due campioni preparati con il calcestruzzo
utilizzato per il setto forniscono un Rc pari a 50,8 e 51,8 MPa.
Adottando la formulazione delle NTC2008, risulterebbe:
Ec,NTC2008 = 22.000  [(0,83Rcm)/10]0,3= 34.000 MPa
(1)
dove Rcm è la resistenza cubica media. Considerando anche l’armatura d’acciaio presente il modulo
elastico equivalente della sezione risulterebbe pari a circa 36.000 MPa.
Un altro metodo è quello è di utilizzare i risultati delle prove cross-hole soniche realizzate in sito, su
un setto vicino a quello considerato, per la valutazione dell’integrità della sezione resistente (vedi Fig.
2). I risultati indicano con chiarezza un modulo dinamico del calcestruzzo, costante per l’intera
profondità, pari a 40.000-42.000 MPa. Tale valore, analogamente al modulo di taglio iniziale (G0) per
i terreni, rappresenta la rigidezza iniziale massima, dalla quale è possibile dedurre il modulo elastico
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operativo del calcestruzzo (ovverosia il “modulo statico”) tramite formulazioni empiriche.
Una classica formulazione da utilizzare al tal fine è quella prevista nel British design code BS8110:
Par 2 (BSI 1985) che fornisce la seguente formula empirica:
(2)
Ec,st= 1,25 Ec,d-19
[GPa]
dove Ec,st è il modulo elastico statico corrispondente al 40% della resistenza a compressione di un
campione cilindrico di calcestruzzo o al 33% della resistenza di un campione cubico e Ec,d (in GPa) è il
modulo elastico dinamico del calcestruzzo. Dato che il calcestruzzo arriva a rottura per una
deformazione di circa 2000 il modulo elastico calcolato con la formula (2) può essere associato ad
una deformazione di circa 600-800. Con tale formulazione il modulo elastico statico risulta pari a
32.000 MPa, che diventano circa 35.000 MPa considerando il contributo dell’armatura metallica
longitudinale. Tale risultato è perfettamente in linea con Agrò et al. (2009) che propongono una
formulazione esponenziale con la quale si ottiene un modulo elastico operativo di 33.000 MPa per il
calcestruzzo, che raggiunge i 36.000 MPa con il contributo dell’armatura metallica.
A livelli deformativi più bassi, come nel caso in esame, il metodo tipicamente utilizzato è quello di
considerare la risposta dell’estensimetro più vicino al carico come misura diretta della deformazione
subita dalla sezione, trascurando cioè il contributo della resistenza laterale dei primi metri di terreno,
peraltro piuttosto modesta in un terreno granulare. Con questo metodo risulta un modulo elastico della
sezione strutturale (acciaio e calcestruzzo) decisamente più basso, approssimativamente costante per il
campo deformativo indagato, e pari a Es = 24.000 MPa.
Un rapido decadimento della rigidezza del calcestruzzo era stata osservata da Viggiani e Vinale in
alcune prove di carico del 1983 (Viggiani e Vinale, 1983). Nel caso in esame si è ritenuto appropriato
adottare per le elaborazioni di cui si discuterà nel seguito il valore di Es = 24.000 MPa.
4.4 Trasferimento del carico lungo il fusto
Definito il modulo elastico del calcestruzzo è quindi possibile tradurre le misure di deformazione in
una distribuzione di carico lungo il setto. In Fig. 4 è mostrata la distribuzione delle azioni nelle fasi di
carico del secondo ciclo. Le misure non tengono conto del carico residuo iniziale sulla struttura, non
misurabile a causa della mancanza di letture in fase di installazione dell’armatura, indurimento del
getto e maturazione del calcestruzzo. Tuttavia la forma delle curve, senza cambi di concavità con la
profondità, potrebbe indicare un effetto modesto di tale coazione iniziale. La figura mostra inoltre un
confronto fra gli andamenti del carico assiale lungo il setto in fase di carico e di scarico: due letture in
fase di carico (fase 1 e 4) a 1.460 kN, due letture in carico (fase 2 e 7) ed una in scarico (fase 10) a
5.840 kN. I risultati evidenziano la buona ripetibilità delle misure effettuate.
5. Conclusioni
La prova ha consentito prima di tutto di confermare l’idoneità della fondazione rispetto ai requisiti
progettuali. Le misure svolte consentono le seguenti considerazioni:
- la stima del modulo elastico del calcestruzzo, necessaria per ricavare le tensioni nel setto, è
fortemente dipendente dalla metodologia utilizzata; in particolare le correlazioni fra modulo e
resistenza a compressione del calcestruzzo sembrerebbero condurre ad una sovrastima di oltre il
50% rispetto ai valori deducibili dalle misure estensimetriche;
- il setto risponde rigidamente ai carichi applicati, con spostamenti in testa inferiori a 1 mm al
massimo carico di prova;
- la resistenza laterale mobilitata al massimo carico di prova risulta pari a circa 6.500 kN che,
ripartito sull’area laterale del setto, indica una resistenza laterale unitaria media mobilitata di
54 kN/m2; con un modello in tensioni efficaci, il valore corrispondente del coefficiente
 risulterebbe pari a 0,45, che appare piuttosto alto per un setto scavato con fanghi bentonitici;
- la resistenza mobilitata alla base del setto raggiunge circa 2.000 kN ad un cedimento inferiore allo
0,7% della larghezza di base; tale valore è congruente con quello deducibile dalle curve di
trasferimento (Viggiani, 1999), ponendo il raggiungimento della resistenza limite ad un cedimento
del 6-10% della larghezza di base.
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I dati acquisiti permettono di ricavare le curve di trasferimento della resistenza laterale e della
reazione alla base del setto, sebbene alcune incertezze sperimentali hanno influenzato la qualità della
stima ottenuta. In particolare, il sistema di contrasto realizzato con due setti affiancati a quello di
prova, può avere avuto qualche ruolo nella elevata rigidezza complessivamente mostrata dal sistema.
Inoltre, l’esperienza suggerisce l’opportunità di accorgimenti per migliorare l’interpretazione delle
letture estensimetriche. Fra questi, certamente un’acquisizione in continuo delle letture con centraline
multicanale può rendere più semplice la valutazione della significatività del singolo dato, facilitando
l’eventuale esclusione di letture anomale.
Ringraziamenti
Si ringrazia l’Autorità Portuale di Gioia Tauro, l’Impresa Esecutrice e la Direzione Lavori per aver
reso possibile la realizzazione di questa comunicazione. Un particolare ringraziamento va all’ing.
Fabio Mainero per la cortese disponibilità.
Fig. 4. Distribuzione del carico applicato in sommità lungo il fusto del setto: fasi di carico del secondo ciclo e
confronto fra distribuzione del carico lungo il fusto a parità di carico applicato in sommità.
Bibliografia
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Conferenza AIPnD – Associazione Italiana Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica.
BSI (1985). Structural use of concrete – Part 2: Code of practice for special circumstances. British standard
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Facciorusso J., Vannucchi G. (2002). “Valutazione del potenziale di liquefazione nell’area portuale di Gioia
Tauro”. Incontro annuale dei ricercatori di geotecnica, Napoli.
Fellenius B.H. (2001). “From strain measurements to load in an instrumented pile”. Geotechnical News
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Viggiani C., Vinale F. (1983). “Comportamento di pali trivellati di grande diametro in terreni piroclastici”.
Rivista Italiana di Geotecnica n.2:59-84
Viggiani C. (1999). Fondazioni. Hevelius Edizioni, Benevento.
Ziccarelli M., Valore C. (2008). “Contributo alla conoscenza del comportamento dei setti caricati
orizzontalmente”. Incontro annuale dei ricercatori di geotecnica, Catania.
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