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giovedì 12 ottobre 2006
Cultura
LA MOSTRA
| Alla Not Gallery con “Shadow of doubt” l’artista propone un’impietosa critica al trash dilagante
Sebastiano Mauri, italiano “di ritorno”
ANITA PEPE
dentità e omologazione, dalla Milano
da bere all’11 settembre. Tutto questo
alla Not Gallery di piazza Trieste e
Trento, che ha riaperto la stagione espositiva con Sebastiano Mauri (nella foto
una sua opera), “italiano di ritorno” in fase di assestamento, dopo dodici anni vissuti tra New York, l’Argentina e il Belpaese. È l’alba degli anni Novanta quando,
uscito da un liceo meneghino, bypassa
l’Accademia di Brera e s’impone dodici
mesi di eclettica full immersion tecnica a
Londra, prima di atterrare nella Grande
Mela del “sindaco sceriffo” Rudy Giuliani.
Sulle rive dell’Hudson resta finché, dopo
l’attentato alle Twin Towers, sullo skyline
non inizia a gravare l’aria viziata dallo
scontro di civiltà. Nel frattempo, studia regia alla scuola di cinema della New York
University, e non solo. Le carovane pittoriche le fa alla Art Students League, una
I
«scuola assurda» e a buon prezzo rispetto
ai proibitivi standard Usa: palestra per
esercizi di stile vecchio stampo, con ore e
|
ore di disegno dal vero, talora improntato a stucchevole virtuosismo.
I frutti, i classici scheletri iperfigurativi da seppellire in fondo all’armadio. Eppure servono. Soprattutto
a consolidare l’onesto abbiccì di
una formazione ormai ritenuta sempre più trascurabile, in un sistema
in cui è il potere della moneta più
che quello dell’immaginazione insieme ad una discreta dose di
buona sorte – a spalancare agli eletti le porte di gallerie, musei e collezioni. Insomma, diventare amanuense d’una realtà da cavalletto
vale ad acquisire regole e strumenti di cui, eventualmente, disfarsi.
Cosa che non è avvenuta, a guardare la minuziosa effigie olio su tela
d’un volto, immutato e intenso come un ritratto del Fayum, sul quale il
proiettore sovrappone immagini fuori fuoco di personalità ben differenziate, con
una riflessione contestataria. Contro la
chirurgia estetica, che lentamente traghetta tutti verso lo stesso «paesaggino»
somatico. Contro l’alienazione delle megalopoli, in cui le gioie dell’anonimato si
convertono presto nei dolori dello smarrimento. Contro l’ipocrisia del politically
correct che, riducendo il consorzio umano
a un aggregato di categorie, salva la forma
ma distrugge la sostanza dell’individuo.
Forse, però, un po’ di “tutela” avrebbe giovato a Hildegard von Bingen, monaca, filosofa, scienziata, poetessa e musicista vissuta attorno all’anno Mille, genio oscurato più dall’appartenenza al sesso femminile che dal velo benedettino, autrice delle sofisticate polifonie intrecciate ai gemiti
imploranti di Samantha Fox nella colonna
sonora di “Shadow of doubt”, video che dà
il titolo alla mostra.
Come dire, l’acme della spiritualità e il
top del trash che, esasperando l’ansimante refrain “Touch me”, “Toccami”, giunge
ad assimilarsi con tragica e grottesca sensualità ad un anelito alle nozze mistiche.
Ancora un pout-pourri di facce e melodie
nell’altro video, “The song I love to”. Ma
stavolta il soundtrack è a carico dei protagonisti, reclutati a caso tra Italia, Usa e
Argentina e “costretti” semplicemente a
guardare in camera per un minuto e mezzo e a dichiarare la canzone d’amore preferita. Le reazioni? Pochi i riottosi, molti
i disponibili, quasi tutti ansiosi di sapere
quando sarebbero finiti sullo schermo. Un
po’ sogno americano, un po’ effetto del dilagare dei reality show, ma dal Bronx a Baires è chiaro che al quarto d’ora di celebrità
non rinuncia proprio nessuno. Per fortuna,
da qualche parte nel villaggio globale c’è
ancora posto per le sorprese. Perché, se è
naturale vedere il rastaman bearsi con Bob
Marley, provate a non stupirvi di fronte al
punkabbestia che si sdilinquisce con una
serenata da far salire il diabete pure a Toto Cutugno…
Myrta Merlino ha raccolto le interviste ai protagonisti del mondo italiano dell’impresa
IL PROGETTO DI CARPENTIERI
ECONOMIA
Museum stabile:
ecco il comitato
Un libro per farsi “gli affari” propri
opo 8 anni che migliaia di napoletani, tra
maggio e giugno, sono stati fedeli all’appuntamento fisso alla Certosa di San Martino con “Museum” il progetto ideato da Renato
Carpentieri e realizzato da Libera Scena Ensemble, si può affermare che in quella straordinaria
cornice, si è potuta apprezzare l’alta valenza culturale, la forte ricaduta turistica del progetto,
l’innovazione sul piano dei linguaggi e della costruzione drammaturgica, il talento di decine di
giovani attori e registi. È per questo motivo che
un gruppo di “affezionati” ha deciso di costituire
un comitato, affinché siano date stabilità e possibilità di sviluppo al “Progetto Museum”, con
pieno e adeguato sostegno da parte della Regione Campania, della Provincia di Napoli, del Comune di Napoli e di Enti pubblici e privati. Chiedono al pubblico di Museum e a quanti hanno a
cuore la vita culturale della nostra città, di far
pervenire testimonianze e adesioni all’ e-mail:
[email protected]. Il comitato è costituito
da Vincenzo Ariemma, Giulio Baffi, Fulvio Calise, Mario Coppeto, Annamaria Cretella, Imma
D’Anchise, Francamaria De Cicco, Ugo Della Corte, Elvira Garbato, Luca Grossi, Amedeo Messina, Ernesto Mostardi, Angelo Pesce, Marisa Rastelli, Michele Rotondo, Renato Rotondo, Emilia
Tagliatatela
D
ARMIDA PARISI
egli affari nostri è proprio il caso di occuparsene.
Non si tratta però di lamentarsi della suocera o di
fare qualche pettegolezzo sulle abitudini del vicino. Piuttosto, è di economia che si deve ragionare. «Perché – dice Myrta Merlino – è questa la disciplina che influisce maggiormente sul nostro quotidiano, ma che, paradossalmente è la meno capita». Ed è proprio dal tentativo di spiegare agli italiani una materia che essi ritengono ostica che è nato è il libro “Gli affari nostri” (Sperling
& Kupfer) presentato alla Feltrinelli dal giornalista del
quotidiano “Il Mattino” Gianni Ambrosino e dall’economista Massimo Lo Cicero reduce dagli animati dibattiti
della due giorni caprese con i giovani industriali dai quali è stato affettuosamente ribattezzato “Il Cuccia napoletano”. Il libro raccoglie in maniera sintetica le interviste
della fortunata trasmissione televisiva su Rai 3 in cui la
Merlino, che è giornalista vivace e appassionata quanto
bella e accattivante, ha incontrato in 26 puntate importanti del mondo economico italiano scelti tra banchieri,
imprenditori e manager, ai quali ha rivolto domande semplici e dirette per farsi raccontare, la trama essenziale di
quel grande romanzo che è la vita economica di un paese. «Perché questo libro?» ha chiesto Ambrosino. «Perché,
attraverso le 15 interviste di cui è composto – ha risposto
la Merlino - è possibile ricostruire una mappa dell’economia italiana, una sorta di fotografia del paese in cui vi-
D
viamo, in cui l’economia è considerata esclusivamente materia per addetti ai lavori, laddove innerva le nostre giornate: stranamente, noi italiani
ci lamentiamo costantemente degli aumenti delle bollette e della benzina, del prezzo dei beni di
consumo e dell’esiguità dello stipendio, ma sistematicamente saltiamo le pagine economiche
dei quotidiani».
«La contraddizione non è poi tanto inspiegabile – è intervenuto Lo Cicero – perché in Italia
l’economia, sia a Destra che a Sinistra – è ancora considerata come un’emanazione dello
Stato e non un sistema indipendente da esso, e gli interessi dello Stato, come del
resto quelli delle 200 imprese italiane quotate in
borsa, sono vissuti per lo più
come estremamente distanti
da quelli delle persone. In questo, rappresentiamo una patologia nel modello economico
continentale».
«E lo siamo anche per la scarsa
presenza di giovani e donne nei posti-chiave del governo del paese – ha
sottolineato la Merlino – Nel mondo
imprenditoriale le donne, come la Mercegaglia e la Be-
La presentazione alla Feltrinelli. Da sinistra: Myrta Merlino,
Gianni Ambrosino e Massimo Lo Cicero
netton, sono talmente poche che sono quasi dei testimonial, così come in politica la Melandri e La Pollastrini, sono titolari di ministeri senza portafoglio che
raccolgono solo le briciole dagli altri. Lo stesso vale
per i i giovani. Se sono presenti, lo devono al loro cognome: tutti lì perché “figli di” e non per le proprie doti personali: viviamo in un Paese che ha scarsa capacità di rinnovarsi».
IN ESPOSIZIONE LE GEOMETRIE ANTICHE E MINIMALISTE DELLE SCULTURE DI LUIGI FOSCA E DOMANI “IL FASCINO DELLA FELICITÀ” DI LUCIO IEZZI
Oggetti sì, ma d’autore nella bottega della Perchiazzi
PATRIZIA GIORDANO
on si ferma la ricerca di Simona Perchiazzi nel campo dell’arte contemporanea e dell’artigianato d’autore.
Nella sua galleria “ManiDesign”, in via San
Giovanni Maggiore Pignatelli, oggetti dalle linee vivaci, intriganti, ad alto tasso innovativo, materiali alternativi, riciclati o soltanto reinventati che riempiono spazi senza farsi
troppo notare, tracce d’antan e pezzi retrò
con qualche goccia di nostalgica manìa. Accanto a nomi noti, quelli meno noti di artisti
e designer nazionali e stranieri che la Perchiazzi scopre nei suoi viaggi, con fiuto e lungimiranza. Dalle raffinate ceramiche in grés
ed argilla di Lisa Weber con decori ed intagli
che creano straordinari effetti di ombra e luce, alle sculture-cult in ferro di Riccardo Dalisi, passando per la pietra lavica di Filippo
Iannello e le sospensioni di luce di Valeria Fittipaldi. Gli oggetti sono disposti su grandi
N
scaffali in legno di noce, scorrendoli ad occhio, si apre un mondo speciale per gli amanti dell’arte ed il design, addirittura incantevole. Se il primo piano della galleria è destinato all’esposizione e la vendita, il seminterrato a mostre e performance (calendario
fitto sino alla prossima primavera).
Dopo il successo di “Fork in progress” dell’eclettico Giovanni Scafuro, che ha aperto alla grande la stagione autunnale, questa settimana è stata la volta de “Il giardino incantato del mago” dello scultore Luigi Fosca (nella foto alcune sue creazioni). Abruzzese di
nascita, diplomatosi all’Accademia di Belle
Arti di Roma, Fosca, classe 1954, vive e lavora da tempo a Perugia. Negli anni scorsi,
una sua performance da Laura Trisorio ha
permesso di valutare la cifra stilistica dei suoi
lavori. Caratteristica costante dell’artista, è
la capacità di utilizzare, mescolare, “confondere” con singolare forza estetica ed espressiva forme simboliche antiche e forme geo-
metriche minimal, materiali naturali (cuoio,
oro, cera, paglia) e artificiali (gesso, vernice, paraffina) e materiali elaborati invece con
elegante perizia artigianale dalle sue stesse
mani. L’effetto? È di “straniante” contrasto
tra caldo e freddo, duro e molle, lucido ed opaco, naturale ed artificiale. Insomma gli opposti, quindi tutto da vedere. «Gioco con i materiali proprio come può fare un mago-alchimista - spiega Fosca - li carico di possibili rimandi simbolici per vedere che reazione chimica producono in chi li osserva”. Centro della mostra presentata da “ManiDesign”, è il
rapporto di Fosca con la scrittura, in particolare la poesia «perché il respiro del mondo – confessa - è scritto sulla mano dei poeti, sono loro ad aiutare l’uomo a vivere, ad indicargli la giusta via da percorrere».
Il poeta come un mago, un alchimista - incantatore. Così al centro della sala, su un
grande ripiano bianco, si scorgono sette valigette in cuoio porta-mano; una sorta di “re-
liquario”, dentro è custodita simbolicamente la mano-totem, in grado di aiutare il genere
umano a vivere e pensare. Mano “impressa”
sulla parte superiore della valigetta e traversata in senso orizzontale da stralci di poesie. Dai versi dell’italiano Fortini, al tenebroso Stephan Mallarmé. C’è una valigia per
ogni giorno della settimana, a raccogliere le
suggestioni del potere “sinestetico” delle parole. Nel gioco di rimandi e simboli alchemici, su una parete, due grandi pelli di cuoio nero dedicate all’archetipo dei maghi, Orfeo,
che più che ammansire le bestie con la sua
cetra, viene qui presentato come donatore
della matematica.
Infine, a chiudere il “magico” cerchio, una
serie di quadretti con figure riprese dal Gabinetto segreto di Pompei, piccole tessere assemblate in oro e lamina di ferro su fondo nero ed animate da una energia ricca e suggestiva. La mostra vive della presenza di un senso nostalgico del passato, inteso dall’artista
(ancorato alle sue radici classiche) non come perdita, piuttosto come perfetta consapevolezza dell’incompletezza del presente.
Prossimo appuntamento da “Manidesign”,
domani con “Il fascino della semplicità” dell’artista – scultore Lucio Iezzi.
GLI APPUNTAMENTI DI OGGI
• Università Suor Orsola Benincasa, sala della Principessa, via Suor Orsola 10, ore 10, 30. Apertura dei lavori del “Secondo colloquio di letteratura italiana” sulla parola-tema: “Ordine”.
• Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Oggi l’ apertura al pubblico termina alle 15,30. Alle 16,30 vernice
per la stampa della mostra “Egittomania. Iside e il Mistero”.
•Palazzo Crispi, via Crispi 122, ore 19,30. Vernissage di
arte moderna e commercio. Mostra del pittore Paolo
Vozzella, dal titolo “Istintivo-Razionale” con la partecipazione di Volvo Svezia auto, Marinella, Gioielli Brinkmann, Accademia dei degustazione Vini.
•Circolo Posillipo, via Posillipo 3/a, ore 18,30. Il Centro Studi “Erich Fromm” incontra Nicola Ruggiero che
illustrerà “Tutto Leopardi”. Introduce Mario de Rossi.
•Biblioteca Nazionale, sala di lettura della sezione venezuelana, ore 17. Aspettando Beckett. Celebrazioni
per il centenario della nascita di Samuel Beckett: “In
nessun modo ancora”, Gabriele Frasca legge gli ultimi
testi di Samuel Beckett.
• Palazzo Armieri, Regione Campania, via Nuova Marina 19c, ore 16,30. Lectio magistralis di Luisa Muraro sul
tema “Uguaglianza e Differenza / Identità”
introduce Adriana Maestro dopo il saluto dell’assessora Rosa D’Amelio.
•Città della Scienza, via Coroglio, per tutta la giornata a partire dalle 9,30. Continua la Kermesse “Tre giorni per la scuola”.
•Ercolano, Villa Campolieto, ore 10-13 e 15-19. Mostra
“Due secoli di lavorazione del corallo a Torre del Greco”.