effetti ambientali del consumo di suolo
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EFFETTI AMBIENTALI DEL CONSUMO DI SUOLO S. Brenna ERSAF – Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste della Lombardia Via Copernico 38, 20125 Milano Il “consumo di suolo” e i processi di copertura con materiali artificiali e impermeabilizzazione delle superfici che lo accompagnano non si limitano a modificare i rapporti tra spazi costruiti e spazi aperti e a incidere sulla struttura e la stessa percezione visiva del paesaggio. Il “consumo di suolo”, infatti, altera anche gli equilibri ecosistemici del territorio. Questi effetti non sono sempre immediatamente evidenti, manifestandosi nella loro gravità frequentemente a distanza di tempo o in luoghi lontani da quelli dove il “consumo di suolo” è avvenuto; in ogni caso sono ancora poco conosciuti e in genere poco considerati e vengono spesso ampiamente sottovalutati. Il suolo è un corpo naturale complesso, risultato di un lungo processo evolutivo influenzato da numerosi fattori ambientali e dall’azione dell’uomo. Esso non è quindi esclusivamente un substrato inerte per costruzioni residenziali, industriali e commerciali o per manufatti ed infrastrutture viarie di vario tipo. Il suolo svolge in realtà molte altre funzioni, vitali per gli equilibri ambientali del territorio1; il suolo è determinante per la produzione agricola e la crescita della vegetazione, trattiene, filtra e modera il flusso delle acque verso le falde e i corsi d’acqua, rimuovendo contaminanti e riducendo la frequenza e il rischio di alluvioni, regola i flussi energetici da e verso l’atmosfera, mitigando il clima e l’impatto della siccità, è l’hanitat di un vastissimo numero di organismi viventi, custodendo la gran parte della biodiversità del pianeta. Il suolo, infine, ha anche funzioni estetiche nel paesaggio, essendo elemento costitutivo determinante degli ecosistemi terrestri, ed ha un valore culturale perché conserva patrimoni archeologici e testimonianze “viventi” – paleo climatiche, geologiche e geomorfologiche - della storia della terra. Gli interventi antropici che conducono all’escavazione, tanto più se in profondità, per la costruzione delle fondamenta degli edifici o alla ricopertura con materiali inerti e impermeabili, hanno dunque inevitabilmente un impatto fortissimo sulla funzionalità ecosistemica delle porzioni di territorio interessate da tali interventi. Per quanto non sia da sottovalutare l’importanza che può avere l’adozione di “buone pratiche” di mitigazione, quali l’uso di materiali filtranti e permeabili nelle coperture o la conservazione della parte superficiale e più attiva del suolo per un suo reimpiego altrove, i processi di artificializzazione delle superfici si traducono comunque in una perdita netta di suolo2., Agli effetti diretti si aggiungono poi spesso effetti indiretti. Ad esempio, la costruzione di una strada ha un impatto diretto sulla biodiversità dei suoli interessati dai lavori, mentre la frammentazione dell’habitat che ne deriva induce delle ulteriori conseguenze indirette. Ancora, il “consumo di suolo” nelle aree periurbane, che provoca una riduzione della capacità di assorbimento delle acque meteoriche, può generare una spinta ad una maggiore intensivazione dell’attività agricola sulle superfici rimanenti. EFFETTI SUL CICLO DEL CARBONIO Il suolo costituisce negli ecosistemi terrestri la più grande riserva di carbonio organico esistente e gioca quindi un ruolo chiave nel ciclo globale del carbonio. A scala globale, i suoli contengono più carbonio organico (1500 miliardi di tonnellate) di quanto non ne sia presente nell’atmosfera (760 miliardi) e nella vegetazione (560 miliardi) messe assieme e si stima che catturino annualmente all’incirca il 20% delle emissioni antropiche di CO2. Nei suoli Europei sono conservati 70-75 1 2 Strategia tematica per la protezione del suolo COM(2006)231 e proposta di Direttiva quadro sul suolo COM(2006)232 Technical document on soil sealing – 3rd draft, European Commission, September 2011 miliardi di tonnellate di carbonio3, nei primi 30 cm di quelli della sola Lombardia, circa 130 milioni. La quantità di carbonio che un suolo può immagazzinare è peraltro molto variabile e dipende dalla natura del suolo stesso, dal clima e dall’ambiente in cui si forma e dall’uso e dal tipo di gestione a cui è sottoposto. In Lombardia, in media, i suoli coltivati contengono 54 t/ha di carbonio, i suoli dei pascoli e delle praterie alpine 93 t/ha, i suoli selle foreste di latifoglie, 75 t/ha e quelli delle foreste di conifere 85 t/ha4. Il carbonio presente nei suoli è tuttavia in una condizione di equilibrio dinamico con l’ambiente circostante e può andare quindi soggetto a variazioni, anche importanti, sotto la spinta dei cambiamenti climatici e delle pressioni antropiche. L’enorme quantità di carbonio contenuta nei suoli è dunque da un lato una potenziale sorgente di CO2, che, se perduta, può dare un contributo importante alle emissioni di gas serra. D’altro lato, è vero anche il contrario: i suoli, e in particolare i suoli agricoli che a causa dello sfruttamento intensivo hanno visto negli ultimi cento anni un consistente declino del contenuto in sostanza organica, sono in realtà in grado di immagazzinare molto altro carbonio, andando oltre le loro dotazioni attuali. La conservazione e la gestione sostenibile dei suoli sono pertanto una opportunità di rilievo nel quadro delle azioni da intraprendere per la mitigazione e l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico e per la compensazione delle emissioni dovute al consumo di combustibili fossili. Ad esempio, in Lombardia, se si aumentasse il contenuto in carbonio organico dello strato coltivato dei suoli agricoli di pianura (circa 900.000 ha) di solo lo 0,1% si immagazzinerebbero, sottraendole all’atmosfera, 10 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Ma il potenziale di incorporazione di carbonio nei suoli agricoli è anche più grande; studi in corso indicano che suoli coltivati con tecniche che minimizzano l’impatto delle lavorazioni meccaniche hanno un contenuto in carbonio organico fino al 46% superiore a quello di suoli tradizionalmente arati e lavorati. Il “consumo di suolo” genera dunque due impatti sul ciclo del carbonio. Il primo è dovuto alla perdita dello “stock” che era presenta nel suolo consumato. Per quanto la copertura e la sigillazione del suolo non determinino di per sé l’emissione di CO2, la generalità delle opere di costruzione, sia di edifici che di infrastrutture, comportano nelle aree interessate e spesso anche in quelle limitrofe di servizio ai lavori, l’escavazione e la movimentazione del materiale terroso presente. Molto spesso questo materiale, e in particolare gli strati superficiali del suolo originario, non vengono nemmeno riutilizzati, ma in ogni caso tutte queste operazioni causano inevitabilmente la mineralizzazione di una quota più o meno grande della sostanza organica e, quindi, il rilascio di anidride carbonica. Il secondo impatto è, per certi aspetti, anche più grave. Infatti, esso è innanzi tutto sempre additivo al primo. In secondo luogo, la sottrazione di aree di suolo al ciclo naturale del carbonio impedisce per sempre di sfruttare la capacità dei suoli di sequestrare CO2. In questo modo, infine, oltre a peggiorare il bilancio dei gas serra, si riduce sensibilmente anche la capacità di adattamento al cambiamento climatico dei sistemi territoriali, dal momento che anche le altre funzioni dei suoli - di regimazione delle acque, di difesa dall’erosione e dal dissesto idrogeologico, di sostegno alla produzione agricola e alla vita degli organismi viventi, ecc.- sono fortemente condizionate dal contenuto in sostanza organica. EFFETTI SUL CICLO DELL’ ACQUA L’impermeabilizzazione dei suoli determina pressioni sulle risorse idriche, che possono tradursi in cambiamenti negli equilibri a livello di bacino idrografico. La capacità di un suolo di immagazzinare acqua dipende da un ampia gamma di fattori, quali la tessitura, la granulometria, il contenuto in sostanza organica, la struttura, lo spessore, lo stato idrico in cui il suolo stesso si trova al momento delle precipitazioni e la variabilità con la profondità di tutte queste proprietà. Si può in ogni caso stimare che un “buon” suolo possa trattenere all’incirca 400-600 litri per metro quadrato. L’impermeabilizzazione riduce la quantità di acqua piovana che il suolo può assorbire, in molti casi annullandola del tutto. Ciò ha varie conseguenze. I tre principali impatti sul ciclo dell’acqua sono 3 4 EEA, 2010b: The European environment – State and Outlook 2010: soil. European Environment Agency, Copenhagen ERSAF, 2010-2012, Progetto AgriCO2ltura, in corso. dovuti alla riduzione del tasso di infiltrazione sia negli strati superficiali che in profondità, dove si verifica una significativa contrazione degli spazi aperti, all’aumento dello scorrimento superficiale, con un potenziale incremento, amplificato nelle aree in pendenza, dei rischi di inondazione e di inquinamento dei fiumi, e alla minore evapotraspirazione5, con una perdita dell’effetto di “raffrescamento” e mitigazione del microclima nelle aree costruite. La capacità di infiltrazione e di immagazzinamento dell’acqua da parte dei suoli è principalmente correlata alla loro tessitura. In genere i suoli con un alto contenuto in argilla hanno una maggiore capacità di immagazzinare e trattenere al loro interno acqua, ma una minore capacità di farla infiltrare rispetto ai suoli sabbiosi dove invece il drenaggio in profondità è prevalente. Lo stato fisico di un suolo dipende peraltro anche dall’interazione di altre proprietà, come struttura, morfologia, ricchezza in sostanza organica e presenza di mesofauna terricola, e il suo conseguente comportamento idrologico è influenzato non solo dalla natura del suolo stesso, ma anche dalla intensità degli eventi piovosi e dalla adozione o meno di misure di mitigazione. L’infiltrazione delle piogge nei suoli può in ogni caso allungare significativamente i tempi di corrivazione, abbassando i picchi di flusso nei fiumi e riducendo così i rischi di alluvione. Se più acqua si infiltra nei suoli, si riduce la necessità di bacini artificiali di raccolta delle acque, dal momento che sono i suoli stessi e la vegetazione che su di essi vive a svolgere tale funzione. La maggior parte dell’acqua trattenuta nei suoli è infatti poi disponibile per le piante, cosa che consente alla vegetazione di svilupparsi e estrinsecare a sua volta tutti i suoi altri molteplici effetti benefici sugli equilibri ambientali. Tenere in considerazione la capacità dei suoli di regolazione del ciclo idrologico ha dunque una grande importanza, tanto sotto il profilo ambientale, quanto dal punto di vista della sicurezza idraulica del territorio e dei costi. Nel caso della città di Stoccarda (Germania) è stato ad esempio stimato che, assunta una durata pari a 100 anni di una nuova area urbanizzata, i costi macroecomici generati per allontanare idraulicamente le acque piovane siano dell’ordine di 650.000 €/ha6. Non tutta l’acqua che raggiunge la terra con le precipitazioni può infiltrarsi in profondità. Una parte più o meno consistente di essa rimane in superficie, sulla quale poi si muove in quantità, direzioni e con velocità che dipendono dalla permeabilità dei suoli, come visto, e da quella dei materiali che coprono le altre aree, dalla pendenza, dalla morfologia e dalla configurazione del territorio, oltre che dalla entità e intensità delle piogge. In qualunque caso, comunque, a parità di pendenza, l’acqua scorre sui suoli, soprattutto se coperti da vegetazione, più lentamente di quanto non si verifichi su coperture impermeabili.o semi-permeabili. Nelle zone urbanizzate l’acqua deve di norma essere raccolta, canalizzata e trattata. Lo scorrimento superficiale può invece essere sostanzialmente ridotto incrementando le superfici di suoli liberi e, con essi, la presenza di vegetazione che a sua volta concorre a intercettare l’acqua e a rallentarne il movimento. Ciò è stato dimostrato, ad esempio, nel caso della conurbazione di Manchester: dove vi era un 10% in più di suoli liberi è stato osservata una riduzione del 5% di scorrimento superficiale dopo violenti temporali di circa 30mm7. Questi effetti possono essere amplificati da una adeguata infrastrutturazione verde delle città e dare un contributo di estrema importanza alla riduzione dei rischi di allagamenti nelle aree densamente popolate. Sempre in Inghilterra, questa volta a Londra, è stato osservato come la perdita, avvenuta nell’ultimo decennio, del 12% dei giardini urbani, rimpiazzati da coperture del suolo molto meno permeabili, abbia fortemente aumentato le necessità di smaltimento artificiale delle acque in eccesso8. Il “consumo di suolo” nelle valli fluviali e nelle piane alluvionali limita la capacità di assorbire le acque in eccesso, innalzando drasticamente e drammaticamente non solo i rischi, ma anche la pericolosità delle inondazioni. Ad esempio, nella valle del Reno i 4/5 delle aree di naturale espansione alluvionale sono ormai andati perduti. Similarmente, nella valle dell’Elba, teatro 5 Somma dell’acqua evaporata dal suolo e traspirata dalla vegetazione Green Week Conference, Bruxelles, 24-27 maggio 2011 7 Advisory report on general conditions for soil sealing in urban areas. TCB A063, The Hague, 2010. 8 London: Garden City?, Chloe Smith, 2010, 6 recentemente di una catastrofica alluvione, solo il 14% delle aree di naturale esondazione sono ancora disponibili per accogliere le acque del fiume, mentre le superfici urbanizzate a rischio di inondazione sono cresciute di 50 km2 tra il 1990 e il 20009. La situazione, d’altra parte, non è migliore in Italia e nemmeno in Lombardia, dove in tutte le valli fluviali, da quelle di dimensione maggiore alle minori, si è assistito negli ultimi decenni ad una continua ed inarrestabile espansione delle superfici antropizzate: in Valtellina, ad esempio, le superfici antropizzate hanno raggiunto il 16,9% dell’intera area di fondovalle dell’Adda, con un incremento del 20% negli ultimi dieci anni. L’aumento del numero delle alluvioni e delle loro conseguenze può dunque essere in certa misura attribuito alla perdita di suolo, pur essendo sicuramente numerose le concause che agiscono sul fenomeno, a cominciare dalle variazioni nel regime delle precipitazione dovuto al cambiamento climatico per arrivare alla compattazione delle terre agricole e alla scarsa manutenzione e pulizia dei corsi d’acqua. Il ciclo dell’acqua, che porta alla formazione delle precipitazioni atmosferiche, ha due componenti tra loro interdipendenti. La prima componente (“large water cycle”) riguarda lo scambio di acqua tra oceani e continenti, la seconda (“small water cycle”) riflette la circolazione dell’acqua sopra la superficie della terra. L’aumento dello scorrimento superficiale e la minore infiltrazione e evapotraspirazione causati dal “consumo di suolo”, insieme ad altri fattori, quali la deforestazione, sottraggono a questo secondo ciclo acqua, che in parte si aggiunge al primo determinando ulteriori non volute conseguenze. Infatti due terzi delle precipitazioni che avvengono sulla terraferma sono regolati dallo “small water cycle” e dipendono da una sufficiente evapotraspirazione, la cui riduzione può quindi incidere nel lungo periodo sulla distribuzione delle piogge e sul clima10. EFFETTI SUL CLIMA LOCALE I suoli e la vegetazione che su di essi si sviluppa concorrono a mitigare e bilanciare il clima locale, regolando i flussi di acqua e di energia tra superficie terrestre ed atmosfera. L’acqua che evapora dal suolo e traspira attraverso la vegetazione, per passare dallo stato liquido a quello gassoso, assorbe energia sottraendola all’atmosfera. Ciò produce un effetto di raffrescamento e di mitigazione delle alte temperature. Viceversa l’impermeabilizzazione del suolo e la perdita di vegetazione sono fattori che giocano un ruolo significativo nella generazione delle “onde di calore” nelle aree urbane e periurbane. Nella pianura padana un ettaro di suolo può evapotraspirare 6000 m3 di acqua in un anno. Agli attuali tassi di “consumo di suolo” in Lombardia, pur tenendo conto che non tutte le superfici urbanizzate sono completamente impermeabilizzate e che una certa quantità di acqua, seppur modesta, evapora anche da quest’ultime, ciò significa una minore sottrazione dall’ambiente di calore pari a circa 18-20 milioni di GJ ogni anno. Questa quantità equivale a 5-6 miliardi di kwh, l’energia consumata in un anno più o meno da 15-20 milioni di frigoriferi o necessaria per refrigerare 30 milioni di metri quadrati di uffici L’evidenza di questi effetti è peraltro confermata da numerosi studi. E’stato ad esempio calcolato che l’1,5% della superficie della città spagnola di Valencia, che è estesa 135 km2, dovrebbe essere convertito ad aree verdi per ottenere un abbassamento della temperatura di 3 C°11 Altri lavori12 mostrano che aree suburbane caratterizzate dalla presenza di spazi aperti con vegetazione arborea sviluppata sono da 2 a 3 C° più freschi di analoghe aree di nuova costruzione prive di alberi. Una altra indagine ha concluso che parecchi piccoli agglomerati urbani circondati da suoli liberi e da vegetazione sono contraddistinti da un clima più fresco rispetto a quello di un unico quartiere di pari superficie. Come è noto, le temperature eccessive e le onde di calore possono avere gravi ripercussioni sulla salute della popolazione più esposta. La mortalità in Europa è stimata crescere dall’1 al 4% per ogni grado di 9 EEA, 2010a: The European environment–State and Outlook 2010: land use. European Env.Agency, Copenhagen. NGO People and Water, Slovakia. Presentation at Green Week 2008, Bruxelles 11 Van Zoest & Melchers 2006. 12 US EPA, 2008: Reducing urban heat islands. Compendium of strategies. Chapter 2: Trees and vegetation 10 temperatura che si dovesse verificare al di sopra di soglie di rischio definite secondo le specifiche condizioni ambientali locali. D’altra parte, si prevede che onde di calore ed estati molto calde, del tipo di quella del 2003, siano destinate a divenire in futuro sempre più frequenti, intense e durature. Dunque, la conservazione dei suoli e delle aree verdi intorno alle città e dentro lo stesso tessuto urbano assume una grande importanza, non solo per ragioni ambientali, ma anche a difesa della stessa salute della popolazione13. EFFETTI SULLA BIODIVERSITA’ Si stima che almeno un quarto delle specie viventi si trovino nel suolo. In poche manciate di terra possono essere presenti migliaia di specie, milioni di individui, centinaia dei metri di ife fingine. Il suolo fornisce l’habitat a tutti questi organismi ed è al tempo stesso essenziale per la sopravvivenza di moltissime specie che vivono sopra di esso. Gli organismi del suolo sono fondamentali nella decomposizione e trasformazione dei residui vegetali ed animali e per il ciclo dei nutrienti e rappresentano una importante riserva genetica. Essi sono inoltre in grado di decomporre e inattivare molte sostanze inquinanti e, insieme alla sostanza organica e all’argilla, concorrono a determinare la capacità dei suoli di tamponare e filtrare i contaminanti. Ad esempio, lo strato superficiale di un suolo ricco di sostanza organica e di microorganismi terricoli è efficacissimo nel filtrare e ripulire le acque di percolazione. Il “consumo di suolo” distrugge e frammenta la struttura degli habitat edafici, privando i microorganismi dei suoli di acqua, ossigeno, energia, ed introducendovi sostanze esogene ed inquinanti, che danneggiano la loro funzionalità e capacità si purificazione e rigenerazione della fertilità. Lo sviluppo delle infrastrutture lineari e la crescita delle aree antropizzate oltre certi limiti può poi frammentare e ridurre eccessivamente gli ambienti di vita di numerose specie animali e vegetali, incidendo negativamente sulla loro possibilità di sopravvivenza. Secondo un recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente14 la frammentazione del paesaggio è già considerevole in molte parti d’Europa e richiede ormai interventi urgenti. EFFETTI SUGLI EQUILIBRI AGROAMBIENTALI L’espansione delle aree antropizzate avviene, ovunque e storicamente, per lo più a discapito delle aree agricole e, spesso, delle più fertili, che sono le più adatte non solo per essere coltivate, ma anche per ospitare gli insediamenti commerciali, industriali e civili e i tracciati delle infrastrutture di trasporto. Il “consumo di suolo agricolo” si traduce in una perdita netta di potenziale produttivo, che indebolisce il settore dell’agricoltura aumentando tra l’altro la dipendenza dall’esterno per alimenti e foraggi. Ai tassi attuali di crescita dell’urbanizzazione, in Lombardia viene perduta ogni anno una capacità produttiva potenziale corrispondente a 27.000 t di grano, mentre, secondo elaborazioni statistiche effettuate a scala europea, nel solo decennio 1990-2000 tale perdita sarebbe stata pari a 4,4 milioni di tonnellate (equivalente a oltre il 10% del raccolto annuale di grano in Francia) 15. Gli effetti della scomparsa delle aree agricole sono quindi innanzi tutto economici e possono, nel lungo periodo, avere collegamenti con la sicurezza alimentare. Tuttavia il fenomeno produce indirettamente anche impatti ambientali. La riduzione e la frammentazione delle superfici agricole modificano sensibilmente struttura e assetto del paesaggio rurale, aumentano le necessità di trasporto e, con esse, i consumi energetici. Si contrae la disponibilità di terreni utilizzabili per lo spandimento degli effluenti zootecnici ed anche di compost, fanghi di depurazione urbana ed altre sostanze di origine extra-agricola, che può condurre a più elevati rischi di inquinamento, a maggiori necessità di conferimento in discarica o ad impianti di depurazione e a consumi di energia più alti 13 German Ministry of Transport, Building and Urban Development, City of Frankfurt, and German National Meteorological Service, 21 February 2011: Common press conference, Frankfurt am Main 14 European Environment Agency, 2011: Landscape fragmentation in Europe. Joint EEA-FOEN report. 15 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Crop_production_statistics_at_regional_level richiesti per delocalizzare tali sostanze o per depurarle. E’stato poi osservato in molti casi che il “consumo di suolo” contribuisce ad incrementare le pressioni sulle aree agricole rimanenti, dove spesso crescono infatti i valori fondiari, la domanda di sfruttamento per l’escavazione di materiali da costruzione e la stessa attività agricola diviene più intensiva. CONCLUSIONI Il suolo è una risorsa vitale, non meno di acqua ed aria, per gli equilibri ambientali e per lo stesso benessere dell’umanità. Prendere consapevolezza che è indispensabile fare un uso ragionevole, sostenibile ed efficiente della risorsa suolo è diventato urgente. Il “consumo di suolo” continua infatti ad avanzare a ritmi apparentemente incontrastabili, con effetti ambientali diretti ed indiretti sempre più evidenti. Oltre tutto, spesso, per ovviare ai danni provocati dall’impermeabilizzazione del suolo si interviene con ulteriori cementificazioni, con un effetto a catena senza fine. La protezione dei suoli e la salvaguardia della loro funzionalità da ogni forma di degrado non può dunque più essere solo una affermazione di principio, o una generica indicazione di “buona pratica”, deve diventare un concreto e preciso obiettivo da perseguire, misurare e verificare. Contributi importanti possono venire in tal senso dalle leggi e dalle norme che riguardano i più diversi settori produttivi ed economico-sociali. Tuttavia è prima di tutto alla pianificazione territoriale, a tutti i livelli decisionali, che spetta il compito di assicurare un uso più accorto e sostenibile delle terre, tenendo nella dovuta considerazione la qualità e le funzioni dei suoli. Per misurare e monitorare le variazioni di funzionalità dei suoli è infine necessario individuare specifici indicatori, da affiancare con pari valore a quelli di più tradizionale impostazione urbanistica, attraverso i quali costruire processi di conoscenza e condivisione dell’importanza dei suoli. BIBLIOGRAFIA EEA, 2006: Urban sprawl in Europe – The ignored challenge. European Environment Agency report 10/2006. EEA, 2006: Land accounts for Europe 1990 – 2000. European Environment Agency report 11/2006. EEA, 2010a: The European environment – State and Outlook 2010: land use. European Environment Agency, Copenhagen. EEA, 2010b: The European environment – State and Outlook 2010: soil. European Environment Agency, Copenhagen. Eurostat, 2010: Environmental statistics and accounts in Europe Gardi, C.; Bosco C.; Rusco E., 2009: 'Urbanizzazione e sicurezza alimentare: alcuni dati europei'. Estimo e Territorio 11: 44–47. Fondazione Lombardia per l’Ambiente, 2008, Progetto Kyoto Lombardia. German Ministry of Transport, Building and Urban Development, City of Frankfurt and German National Meteorological Service, press conference 21 February 2011 Siebielec G., Lazar S., Kaufmann C. & Jaensch S., 2010: Handbook for measures enhancing soil function performance and compensating soil loss during urbanization process. Urban SMS, Soil Management Strategy. Technische commissie bodem, 2009: Advisory report on the effects of soil sealing. TCB A048, The Hague. US-EPA, 2008: Reducing urban heat islands. Compendium of strategies. Chapter 2: Trees and vegetation,. Van Zoest, J. en M. Melchers, 2006: Leven in stad. Betekenis en toepassing van natuur in de stedelijke omgeving. KNNV Uitgeverij Utrecht (quoted in Technische commissie bodem, 2010).