effetti ambientali del consumo di suolo

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effetti ambientali del consumo di suolo
EFFETTI AMBIENTALI DEL CONSUMO DI SUOLO
S. Brenna
ERSAF – Ente Regionale per i Servizi all’Agricoltura e alle Foreste della Lombardia
Via Copernico 38, 20125 Milano
Il “consumo di suolo” e i processi di copertura con materiali artificiali e impermeabilizzazione delle
superfici che lo accompagnano non si limitano a modificare i rapporti tra spazi costruiti e spazi
aperti e a incidere sulla struttura e la stessa percezione visiva del paesaggio. Il “consumo di suolo”,
infatti, altera anche gli equilibri ecosistemici del territorio. Questi effetti non sono sempre
immediatamente evidenti, manifestandosi nella loro gravità frequentemente a distanza di tempo o in
luoghi lontani da quelli dove il “consumo di suolo” è avvenuto; in ogni caso sono ancora poco
conosciuti e in genere poco considerati e vengono spesso ampiamente sottovalutati.
Il suolo è un corpo naturale complesso, risultato di un lungo processo evolutivo influenzato da
numerosi fattori ambientali e dall’azione dell’uomo. Esso non è quindi esclusivamente un substrato
inerte per costruzioni residenziali, industriali e commerciali o per manufatti ed infrastrutture viarie
di vario tipo. Il suolo svolge in realtà molte altre funzioni, vitali per gli equilibri ambientali del
territorio1; il suolo è determinante per la produzione agricola e la crescita della vegetazione,
trattiene, filtra e modera il flusso delle acque verso le falde e i corsi d’acqua, rimuovendo
contaminanti e riducendo la frequenza e il rischio di alluvioni, regola i flussi energetici da e verso
l’atmosfera, mitigando il clima e l’impatto della siccità, è l’hanitat di un vastissimo numero di
organismi viventi, custodendo la gran parte della biodiversità del pianeta. Il suolo, infine, ha anche
funzioni estetiche nel paesaggio, essendo elemento costitutivo determinante degli ecosistemi
terrestri, ed ha un valore culturale perché conserva patrimoni archeologici e testimonianze “viventi”
– paleo climatiche, geologiche e geomorfologiche - della storia della terra.
Gli interventi antropici che conducono all’escavazione, tanto più se in profondità, per la costruzione
delle fondamenta degli edifici o alla ricopertura con materiali inerti e impermeabili, hanno dunque
inevitabilmente un impatto fortissimo sulla funzionalità ecosistemica delle porzioni di territorio
interessate da tali interventi. Per quanto non sia da sottovalutare l’importanza che può avere
l’adozione di “buone pratiche” di mitigazione, quali l’uso di materiali filtranti e permeabili nelle
coperture o la conservazione della parte superficiale e più attiva del suolo per un suo reimpiego
altrove, i processi di artificializzazione delle superfici si traducono comunque in una perdita netta di
suolo2., Agli effetti diretti si aggiungono poi spesso effetti indiretti. Ad esempio, la costruzione di
una strada ha un impatto diretto sulla biodiversità dei suoli interessati dai lavori, mentre la
frammentazione dell’habitat che ne deriva induce delle ulteriori conseguenze indirette. Ancora, il
“consumo di suolo” nelle aree periurbane, che provoca una riduzione della capacità di assorbimento
delle acque meteoriche, può generare una spinta ad una maggiore intensivazione dell’attività
agricola sulle superfici rimanenti.
EFFETTI SUL CICLO DEL CARBONIO
Il suolo costituisce negli ecosistemi terrestri la più grande riserva di carbonio organico esistente e
gioca quindi un ruolo chiave nel ciclo globale del carbonio. A scala globale, i suoli contengono più
carbonio organico (1500 miliardi di tonnellate) di quanto non ne sia presente nell’atmosfera (760
miliardi) e nella vegetazione (560 miliardi) messe assieme e si stima che catturino annualmente
all’incirca il 20% delle emissioni antropiche di CO2. Nei suoli Europei sono conservati 70-75
1
2
Strategia tematica per la protezione del suolo COM(2006)231 e proposta di Direttiva quadro sul suolo COM(2006)232
Technical document on soil sealing – 3rd draft, European Commission, September 2011
miliardi di tonnellate di carbonio3, nei primi 30 cm di quelli della sola Lombardia, circa 130
milioni. La quantità di carbonio che un suolo può immagazzinare è peraltro molto variabile e
dipende dalla natura del suolo stesso, dal clima e dall’ambiente in cui si forma e dall’uso e dal tipo
di gestione a cui è sottoposto. In Lombardia, in media, i suoli coltivati contengono 54 t/ha di
carbonio, i suoli dei pascoli e delle praterie alpine 93 t/ha, i suoli selle foreste di latifoglie, 75 t/ha e
quelli delle foreste di conifere 85 t/ha4. Il carbonio presente nei suoli è tuttavia in una condizione di
equilibrio dinamico con l’ambiente circostante e può andare quindi soggetto a variazioni, anche
importanti, sotto la spinta dei cambiamenti climatici e delle pressioni antropiche. L’enorme quantità
di carbonio contenuta nei suoli è dunque da un lato una potenziale sorgente di CO2, che, se perduta,
può dare un contributo importante alle emissioni di gas serra. D’altro lato, è vero anche il contrario:
i suoli, e in particolare i suoli agricoli che a causa dello sfruttamento intensivo hanno visto negli
ultimi cento anni un consistente declino del contenuto in sostanza organica, sono in realtà in grado
di immagazzinare molto altro carbonio, andando oltre le loro dotazioni attuali. La conservazione e
la gestione sostenibile dei suoli sono pertanto una opportunità di rilievo nel quadro delle azioni da
intraprendere per la mitigazione e l’adattamento agli effetti del cambiamento climatico e per la
compensazione delle emissioni dovute al consumo di combustibili fossili. Ad esempio, in
Lombardia, se si aumentasse il contenuto in carbonio organico dello strato coltivato dei suoli
agricoli di pianura (circa 900.000 ha) di solo lo 0,1% si immagazzinerebbero, sottraendole
all’atmosfera, 10 milioni di tonnellate di CO2 equivalente. Ma il potenziale di incorporazione di
carbonio nei suoli agricoli è anche più grande; studi in corso indicano che suoli coltivati con
tecniche che minimizzano l’impatto delle lavorazioni meccaniche hanno un contenuto in carbonio
organico fino al 46% superiore a quello di suoli tradizionalmente arati e lavorati. Il “consumo di
suolo” genera dunque due impatti sul ciclo del carbonio. Il primo è dovuto alla perdita dello “stock”
che era presenta nel suolo consumato. Per quanto la copertura e la sigillazione del suolo non
determinino di per sé l’emissione di CO2, la generalità delle opere di costruzione, sia di edifici che
di infrastrutture, comportano nelle aree interessate e spesso anche in quelle limitrofe di servizio ai
lavori, l’escavazione e la movimentazione del materiale terroso presente. Molto spesso questo
materiale, e in particolare gli strati superficiali del suolo originario, non vengono nemmeno
riutilizzati, ma in ogni caso tutte queste operazioni causano inevitabilmente la mineralizzazione di
una quota più o meno grande della sostanza organica e, quindi, il rilascio di anidride carbonica. Il
secondo impatto è, per certi aspetti, anche più grave. Infatti, esso è innanzi tutto sempre additivo al
primo. In secondo luogo, la sottrazione di aree di suolo al ciclo naturale del carbonio impedisce per
sempre di sfruttare la capacità dei suoli di sequestrare CO2. In questo modo, infine, oltre a
peggiorare il bilancio dei gas serra, si riduce sensibilmente anche la capacità di adattamento al
cambiamento climatico dei sistemi territoriali, dal momento che anche le altre funzioni dei suoli - di
regimazione delle acque, di difesa dall’erosione e dal dissesto idrogeologico, di sostegno alla
produzione agricola e alla vita degli organismi viventi, ecc.- sono fortemente condizionate dal
contenuto in sostanza organica.
EFFETTI SUL CICLO DELL’ ACQUA
L’impermeabilizzazione dei suoli determina pressioni sulle risorse idriche, che possono tradursi in
cambiamenti negli equilibri a livello di bacino idrografico. La capacità di un suolo di
immagazzinare acqua dipende da un ampia gamma di fattori, quali la tessitura, la granulometria, il
contenuto in sostanza organica, la struttura, lo spessore, lo stato idrico in cui il suolo stesso si trova
al momento delle precipitazioni e la variabilità con la profondità di tutte queste proprietà. Si può in
ogni caso stimare che un “buon” suolo possa trattenere all’incirca 400-600 litri per metro quadrato.
L’impermeabilizzazione riduce la quantità di acqua piovana che il suolo può assorbire, in molti casi
annullandola del tutto. Ciò ha varie conseguenze. I tre principali impatti sul ciclo dell’acqua sono
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EEA, 2010b: The European environment – State and Outlook 2010: soil. European Environment Agency, Copenhagen
ERSAF, 2010-2012, Progetto AgriCO2ltura, in corso.
dovuti alla riduzione del tasso di infiltrazione sia negli strati superficiali che in profondità, dove si
verifica una significativa contrazione degli spazi aperti, all’aumento dello scorrimento superficiale,
con un potenziale incremento, amplificato nelle aree in pendenza, dei rischi di inondazione e di
inquinamento dei fiumi, e alla minore evapotraspirazione5, con una perdita dell’effetto di
“raffrescamento” e mitigazione del microclima nelle aree costruite.
La capacità di infiltrazione e di immagazzinamento dell’acqua da parte dei suoli è principalmente
correlata alla loro tessitura. In genere i suoli con un alto contenuto in argilla hanno una maggiore
capacità di immagazzinare e trattenere al loro interno acqua, ma una minore capacità di farla
infiltrare rispetto ai suoli sabbiosi dove invece il drenaggio in profondità è prevalente. Lo stato
fisico di un suolo dipende peraltro anche dall’interazione di altre proprietà, come struttura,
morfologia, ricchezza in sostanza organica e presenza di mesofauna terricola, e il suo conseguente
comportamento idrologico è influenzato non solo dalla natura del suolo stesso, ma anche dalla
intensità degli eventi piovosi e dalla adozione o meno di misure di mitigazione. L’infiltrazione delle
piogge nei suoli può in ogni caso allungare significativamente i tempi di corrivazione, abbassando i
picchi di flusso nei fiumi e riducendo così i rischi di alluvione. Se più acqua si infiltra nei suoli, si
riduce la necessità di bacini artificiali di raccolta delle acque, dal momento che sono i suoli stessi e
la vegetazione che su di essi vive a svolgere tale funzione. La maggior parte dell’acqua trattenuta
nei suoli è infatti poi disponibile per le piante, cosa che consente alla vegetazione di svilupparsi e
estrinsecare a sua volta tutti i suoi altri molteplici effetti benefici sugli equilibri ambientali. Tenere
in considerazione la capacità dei suoli di regolazione del ciclo idrologico ha dunque una grande
importanza, tanto sotto il profilo ambientale, quanto dal punto di vista della sicurezza idraulica del
territorio e dei costi. Nel caso della città di Stoccarda (Germania) è stato ad esempio stimato che,
assunta una durata pari a 100 anni di una nuova area urbanizzata, i costi macroecomici generati per
allontanare idraulicamente le acque piovane siano dell’ordine di 650.000 €/ha6.
Non tutta l’acqua che raggiunge la terra con le precipitazioni può infiltrarsi in profondità. Una parte
più o meno consistente di essa rimane in superficie, sulla quale poi si muove in quantità, direzioni e
con velocità che dipendono dalla permeabilità dei suoli, come visto, e da quella dei materiali che
coprono le altre aree, dalla pendenza, dalla morfologia e dalla configurazione del territorio, oltre
che dalla entità e intensità delle piogge. In qualunque caso, comunque, a parità di pendenza, l’acqua
scorre sui suoli, soprattutto se coperti da vegetazione, più lentamente di quanto non si verifichi su
coperture impermeabili.o semi-permeabili. Nelle zone urbanizzate l’acqua deve di norma essere
raccolta, canalizzata e trattata. Lo scorrimento superficiale può invece essere sostanzialmente
ridotto incrementando le superfici di suoli liberi e, con essi, la presenza di vegetazione che a sua
volta concorre a intercettare l’acqua e a rallentarne il movimento. Ciò è stato dimostrato, ad
esempio, nel caso della conurbazione di Manchester: dove vi era un 10% in più di suoli liberi è stato
osservata una riduzione del 5% di scorrimento superficiale dopo violenti temporali di circa 30mm7.
Questi effetti possono essere amplificati da una adeguata infrastrutturazione verde delle città e dare
un contributo di estrema importanza alla riduzione dei rischi di allagamenti nelle aree densamente
popolate. Sempre in Inghilterra, questa volta a Londra, è stato osservato come la perdita, avvenuta
nell’ultimo decennio, del 12% dei giardini urbani, rimpiazzati da coperture del suolo molto meno
permeabili, abbia fortemente aumentato le necessità di smaltimento artificiale delle acque in
eccesso8. Il “consumo di suolo” nelle valli fluviali e nelle piane alluvionali limita la capacità di
assorbire le acque in eccesso, innalzando drasticamente e drammaticamente non solo i rischi, ma
anche la pericolosità delle inondazioni. Ad esempio, nella valle del Reno i 4/5 delle aree di naturale
espansione alluvionale sono ormai andati perduti. Similarmente, nella valle dell’Elba, teatro
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Somma dell’acqua evaporata dal suolo e traspirata dalla vegetazione
Green Week Conference, Bruxelles, 24-27 maggio 2011
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Advisory report on general conditions for soil sealing in urban areas. TCB A063, The Hague, 2010.
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London: Garden City?, Chloe Smith, 2010,
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recentemente di una catastrofica alluvione, solo il 14% delle aree di naturale esondazione sono
ancora disponibili per accogliere le acque del fiume, mentre le superfici urbanizzate a rischio di
inondazione sono cresciute di 50 km2 tra il 1990 e il 20009. La situazione, d’altra parte, non è
migliore in Italia e nemmeno in Lombardia, dove in tutte le valli fluviali, da quelle di dimensione
maggiore alle minori, si è assistito negli ultimi decenni ad una continua ed inarrestabile espansione
delle superfici antropizzate: in Valtellina, ad esempio, le superfici antropizzate hanno raggiunto il
16,9% dell’intera area di fondovalle dell’Adda, con un incremento del 20% negli ultimi dieci anni.
L’aumento del numero delle alluvioni e delle loro conseguenze può dunque essere in certa misura
attribuito alla perdita di suolo, pur essendo sicuramente numerose le concause che agiscono sul
fenomeno, a cominciare dalle variazioni nel regime delle precipitazione dovuto al cambiamento
climatico per arrivare alla compattazione delle terre agricole e alla scarsa manutenzione e pulizia
dei corsi d’acqua.
Il ciclo dell’acqua, che porta alla formazione delle precipitazioni atmosferiche, ha due componenti
tra loro interdipendenti. La prima componente (“large water cycle”) riguarda lo scambio di acqua
tra oceani e continenti, la seconda (“small water cycle”) riflette la circolazione dell’acqua sopra la
superficie della terra. L’aumento dello scorrimento superficiale e la minore infiltrazione e
evapotraspirazione causati dal “consumo di suolo”, insieme ad altri fattori, quali la deforestazione,
sottraggono a questo secondo ciclo acqua, che in parte si aggiunge al primo determinando ulteriori
non volute conseguenze. Infatti due terzi delle precipitazioni che avvengono sulla terraferma sono
regolati dallo “small water cycle” e dipendono da una sufficiente evapotraspirazione, la cui
riduzione può quindi incidere nel lungo periodo sulla distribuzione delle piogge e sul clima10.
EFFETTI SUL CLIMA LOCALE
I suoli e la vegetazione che su di essi si sviluppa concorrono a mitigare e bilanciare il clima locale,
regolando i flussi di acqua e di energia tra superficie terrestre ed atmosfera. L’acqua che evapora
dal suolo e traspira attraverso la vegetazione, per passare dallo stato liquido a quello gassoso,
assorbe energia sottraendola all’atmosfera. Ciò produce un effetto di raffrescamento e di
mitigazione delle alte temperature. Viceversa l’impermeabilizzazione del suolo e la perdita di
vegetazione sono fattori che giocano un ruolo significativo nella generazione delle “onde di calore”
nelle aree urbane e periurbane. Nella pianura padana un ettaro di suolo può evapotraspirare 6000 m3
di acqua in un anno. Agli attuali tassi di “consumo di suolo” in Lombardia, pur tenendo conto che
non tutte le superfici urbanizzate sono completamente impermeabilizzate e che una certa quantità di
acqua, seppur modesta, evapora anche da quest’ultime, ciò significa una minore sottrazione
dall’ambiente di calore pari a circa 18-20 milioni di GJ ogni anno. Questa quantità equivale a 5-6
miliardi di kwh, l’energia consumata in un anno più o meno da 15-20 milioni di frigoriferi o
necessaria per refrigerare 30 milioni di metri quadrati di uffici L’evidenza di questi effetti è
peraltro confermata da numerosi studi. E’stato ad esempio calcolato che l’1,5% della superficie
della città spagnola di Valencia, che è estesa 135 km2, dovrebbe essere convertito ad aree verdi per
ottenere un abbassamento della temperatura di 3 C°11 Altri lavori12 mostrano che aree suburbane
caratterizzate dalla presenza di spazi aperti con vegetazione arborea sviluppata sono da 2 a 3 C° più
freschi di analoghe aree di nuova costruzione prive di alberi. Una altra indagine ha concluso che
parecchi piccoli agglomerati urbani circondati da suoli liberi e da vegetazione sono contraddistinti
da un clima più fresco rispetto a quello di un unico quartiere di pari superficie. Come è noto, le
temperature eccessive e le onde di calore possono avere gravi ripercussioni sulla salute della
popolazione più esposta. La mortalità in Europa è stimata crescere dall’1 al 4% per ogni grado di
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EEA, 2010a: The European environment–State and Outlook 2010: land use. European Env.Agency, Copenhagen.
NGO People and Water, Slovakia. Presentation at Green Week 2008, Bruxelles
11
Van Zoest & Melchers 2006.
12
US EPA, 2008: Reducing urban heat islands. Compendium of strategies. Chapter 2: Trees and vegetation
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temperatura che si dovesse verificare al di sopra di soglie di rischio definite secondo le specifiche
condizioni ambientali locali. D’altra parte, si prevede che onde di calore ed estati molto calde, del
tipo di quella del 2003, siano destinate a divenire in futuro sempre più frequenti, intense e durature.
Dunque, la conservazione dei suoli e delle aree verdi intorno alle città e dentro lo stesso tessuto
urbano assume una grande importanza, non solo per ragioni ambientali, ma anche a difesa della
stessa salute della popolazione13.
EFFETTI SULLA BIODIVERSITA’
Si stima che almeno un quarto delle specie viventi si trovino nel suolo. In poche manciate di terra
possono essere presenti migliaia di specie, milioni di individui, centinaia dei metri di ife fingine. Il
suolo fornisce l’habitat a tutti questi organismi ed è al tempo stesso essenziale per la sopravvivenza
di moltissime specie che vivono sopra di esso. Gli organismi del suolo sono fondamentali nella
decomposizione e trasformazione dei residui vegetali ed animali e per il ciclo dei nutrienti e
rappresentano una importante riserva genetica. Essi sono inoltre in grado di decomporre e inattivare
molte sostanze inquinanti e, insieme alla sostanza organica e all’argilla, concorrono a determinare la
capacità dei suoli di tamponare e filtrare i contaminanti. Ad esempio, lo strato superficiale di un
suolo ricco di sostanza organica e di microorganismi terricoli è efficacissimo nel filtrare e ripulire le
acque di percolazione. Il “consumo di suolo” distrugge e frammenta la struttura degli habitat
edafici, privando i microorganismi dei suoli di acqua, ossigeno, energia, ed introducendovi sostanze
esogene ed inquinanti, che danneggiano la loro funzionalità e capacità si purificazione e
rigenerazione della fertilità. Lo sviluppo delle infrastrutture lineari e la crescita delle aree
antropizzate oltre certi limiti può poi frammentare e ridurre eccessivamente gli ambienti di vita di
numerose specie animali e vegetali, incidendo negativamente sulla loro possibilità di
sopravvivenza. Secondo un recente rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente14 la
frammentazione del paesaggio è già considerevole in molte parti d’Europa e richiede ormai
interventi urgenti.
EFFETTI SUGLI EQUILIBRI AGROAMBIENTALI
L’espansione delle aree antropizzate avviene, ovunque e storicamente, per lo più a discapito delle
aree agricole e, spesso, delle più fertili, che sono le più adatte non solo per essere coltivate, ma
anche per ospitare gli insediamenti commerciali, industriali e civili e i tracciati delle infrastrutture di
trasporto. Il “consumo di suolo agricolo” si traduce in una perdita netta di potenziale produttivo, che
indebolisce il settore dell’agricoltura aumentando tra l’altro la dipendenza dall’esterno per alimenti
e foraggi. Ai tassi attuali di crescita dell’urbanizzazione, in Lombardia viene perduta ogni anno una
capacità produttiva potenziale corrispondente a 27.000 t di grano, mentre, secondo elaborazioni
statistiche effettuate a scala europea, nel solo decennio 1990-2000 tale perdita sarebbe stata pari a
4,4 milioni di tonnellate (equivalente a oltre il 10% del raccolto annuale di grano in Francia) 15. Gli
effetti della scomparsa delle aree agricole sono quindi innanzi tutto economici e possono, nel lungo
periodo, avere collegamenti con la sicurezza alimentare. Tuttavia il fenomeno produce
indirettamente anche impatti ambientali. La riduzione e la frammentazione delle superfici agricole
modificano sensibilmente struttura e assetto del paesaggio rurale, aumentano le necessità di
trasporto e, con esse, i consumi energetici. Si contrae la disponibilità di terreni utilizzabili per lo
spandimento degli effluenti zootecnici ed anche di compost, fanghi di depurazione urbana ed altre
sostanze di origine extra-agricola, che può condurre a più elevati rischi di inquinamento, a maggiori
necessità di conferimento in discarica o ad impianti di depurazione e a consumi di energia più alti
13
German Ministry of Transport, Building and Urban Development, City of Frankfurt, and German National
Meteorological Service, 21 February 2011: Common press conference, Frankfurt am Main
14
European Environment Agency, 2011: Landscape fragmentation in Europe. Joint EEA-FOEN report.
15
http://epp.eurostat.ec.europa.eu/statistics_explained/index.php/Crop_production_statistics_at_regional_level
richiesti per delocalizzare tali sostanze o per depurarle. E’stato poi osservato in molti casi che il
“consumo di suolo” contribuisce ad incrementare le pressioni sulle aree agricole rimanenti, dove
spesso crescono infatti i valori fondiari, la domanda di sfruttamento per l’escavazione di materiali
da costruzione e la stessa attività agricola diviene più intensiva.
CONCLUSIONI
Il suolo è una risorsa vitale, non meno di acqua ed aria, per gli equilibri ambientali e per lo stesso
benessere dell’umanità. Prendere consapevolezza che è indispensabile fare un uso ragionevole,
sostenibile ed efficiente della risorsa suolo è diventato urgente. Il “consumo di suolo” continua
infatti ad avanzare a ritmi apparentemente incontrastabili, con effetti ambientali diretti ed indiretti
sempre più evidenti. Oltre tutto, spesso, per ovviare ai danni provocati dall’impermeabilizzazione
del suolo si interviene con ulteriori cementificazioni, con un effetto a catena senza fine. La
protezione dei suoli e la salvaguardia della loro funzionalità da ogni forma di degrado non può
dunque più essere solo una affermazione di principio, o una generica indicazione di “buona
pratica”, deve diventare un concreto e preciso obiettivo da perseguire, misurare e verificare.
Contributi importanti possono venire in tal senso dalle leggi e dalle norme che riguardano i più
diversi settori produttivi ed economico-sociali. Tuttavia è prima di tutto alla pianificazione
territoriale, a tutti i livelli decisionali, che spetta il compito di assicurare un uso più accorto e
sostenibile delle terre, tenendo nella dovuta considerazione la qualità e le funzioni dei suoli. Per
misurare e monitorare le variazioni di funzionalità dei suoli è infine necessario individuare specifici
indicatori, da affiancare con pari valore a quelli di più tradizionale impostazione urbanistica,
attraverso i quali costruire processi di conoscenza e condivisione dell’importanza dei suoli.
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German Ministry of Transport, Building and Urban Development, City of Frankfurt and German
National Meteorological Service, press conference 21 February 2011
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Technische commissie bodem, 2009: Advisory report on the effects of soil sealing. TCB A048, The
Hague.
US-EPA, 2008: Reducing urban heat islands. Compendium of strategies. Chapter 2: Trees and
vegetation,.
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stedelijke omgeving. KNNV Uitgeverij Utrecht (quoted in Technische commissie bodem, 2010).