Padre Elio Dalla Zuanna Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo
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Padre Elio Dalla Zuanna Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo
Padre Elio Dalla Zuanna Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo con qualcuno. Quando Paola me l’ha chiesto ci ho pensato un attimo su, poi ho detto ma…io non voglio arrivare lì con la relazione da “appioppare” alla gente dove ci sono già le risposte e tutto. Mi sembrava, appunto, anche per rispettare il clima con cui è nato questo incontro, quello quasi di farlo emergere, costruire insieme un riflessione. Innanzitutto, mi sono detto, bisogna pensare anche ad un titolo ecco “Il discernimento come compito e responsabilità dei cristiani adulti” poi, se ci vogliamo mettere un sottotitolo o una specie di sommario, potremmo dire “come forestieri e pellegrini nella storia per una laicità della vita cristiana”, ma mi sono accorto che questo titolo apre poi degli orizzonti per cui bisognerebbe restare qui per parecchio tempo. Dicevo a partire da questo titolo bisogna poi mettere dei punti, un piccolo indice con cui insieme, da quello che emerge, riuscire a dar corpo a questo intervento, che diventa un intervento comune frutto anche di questa ricerca e di questo tempo che ci siamo regalati venendo fino a quassù, un po’ lontano da Roma, un po’ scomodo qualcuno diceva, ma forse ne vale la pena proprio di tirarsi fuori dal “tram tram” quotidiano per sostare e riflettere insieme. Ci vuole anche una citazione biblica, sennò dicono che non fai un discorso biblico, allora ho pensato di prendere da San Paolo che dice: “non conformatevi alla mentalità di questo secolo ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter discernere la volontà di Dio ciò che è buono, a lui gradito e perfetto per poter discernere..” ecco ho trovato qui la parola che sia il chiodo con cui agganciare dopo i nostri discorsi, il nostro interloquire insieme. Si parla tanto di discernimento quasi fosse una nuova tecnica di yoga, che si impara, invece viene il momento nella vita di ognuno di noi che siamo chiamati proprio a prendere delle decisioni, e quando questo accade facciamo l’esperienza ( tutti non lo so ma personalmente di sicuro) di come sia difficile scegliere, dover imboccare una strada piuttosto che un’altra; immaginiamo se all’interno di questi temi che fan tremare le vene nei polsi, talmente la loro complessità che cerchiamo sempre di metterli da parte, e di conseguenza anche in persone adulte molto spesso rimangono forme di dipendenza, atteggiamenti infantili mi sembra un po’ troppo, però atteggiamenti di dipendenza, pensiamo nell’ambito ecclesiale, quasi qualcuno che deve sempre discernere per te, e alla fine la figura del prete assume anche ruoli artificiosi dando l’impressione che senza di lui non si possa far niente, non si possa decidere, e i fedeli rimangono eterni minorenni, dice qualcuno “certo! Ma a molti piace rimanere minorenni..” perché la responsabilità e delegata ad altri. Parto da una provocazione per dire che molte volte non è proprio facile scegliere, discernere, ma questo non ci aiuta a delegare ad altri le nostre scelte per paura di sbagliare e, perché no, anche per una certa dose di pigrizia che talvolta alberga in noi. Dopo questa premessa bisognerebbe mettere giù i punti di questa relazione che vorremmo costruire insieme e credo che la prima sia la maturità umana e cristiana, come caratteristiche di quella libertà, di quella figliolanza di Dio; la maturità umana, ovviamente, non si misura con il numero degli anni, o da quante volte sono già andato a votare, ad esercitare il mio diritto di voto, mentre scompaiono i capelli diventando vecchi all’anagrafe, ma non maturi nel cammino della vita. Dunque la maturità umana, perché è su quella che poi si radica anche quella cristiana, altrimenti dove l’attacchi? Viene dall’Alto e non trova il materiale umano e la corporeità su cui inserirsi, su cui fare sintesi, entrare; ecco la maturità umana suppone la capacità di integrare armonicamente tutte le componenti della vita, la capacità di far fronte alle esigenze interne ed esterne mediante delle risposte, una risposta personale, quella risposta che ti aiuti e ti consenta di poter agire autonomamente in libertà, libertà che è motivata da alcuni valori fondamentali che da te vengono assimilati. Credo che solo così la libertà, la figliolanza di Dio, che diventa anche gioiosa, riesce a caratterizzare una maturità umanamente matura e anche cristianamente consistente e solida, proprio perché è un dono dall’Alto ma che intercetta e incontra quello che tu sei, non è una relazione costruita col pensiero, un desiderio, ma è un metterti anche tu in gioco, in relazione, con quello che tu sei. In questa prospettiva tu diventi “pasta nuova”, diventi pasta che desidera cambiare, creatura nuova, diventi un uomo capace di essere pienamente consapevole e pienamente disponibile perché in te cresca un uomo, dirà San Paolo, “..della stessa statura di Gesù Cristo”. Credo che il secondo punto della nostra relazione da costruire sarebbe allora il discernimento, per concretizzare questa vocazione di diventare figli di Dio, liberi e fedeli in Cristo: discernimento come esperienza creativa, oggi si parla molto anche delle virtù come abiti mentali, modi di comportamento, si parla e si va a scoprire anche la virtù della creatività, cioè nel momento in cui uno entra in questo cammino di discernimento, di desiderio, di crescita, di maturazione, l’uomo sperimenta la sua identità come creatore della propria esistenza, della propria persona; in questo senso, allora, la creatività è l’atto in cui l’uomo dischiude se stesso nella creatività diventando protagonista nella storia, creando se stesso. Mi sembra che sia abbastanza ortodosso questo pensiero, perché è proprio un prendere consapevolezza della mia responsabilità, che io agisco mosso da un desiderio profondo di una promessa di felicità (la pienezza, la tua realizzazione), e ciò che più senti dentro più ti attira, ma è anche importante sapere e dare un contorno a questo sentire, perché sentire viene da tre fonti diverse: il mio Io naturale, il Dio che mi attrae a sé, ma c’è anche un terzo sentire, che è quello del nemico, dell’antico menzognero, dice la Bibbia, quel sentire che ti attira un po’ di quà e un po’ di là; il sentire naturale viene dall’indole e dalla cultura, dall’esperienza, dalle conoscenze e apre una persona a tutto campo nei confronti della realtà, e invece quel sentire che viene da Dio molte volte passa anche attraverso delle mediazioni di altre persone, attraverso la realtà, Dio che mi parla, che suscita dentro di me, che mi invita ad entrare nel Santuario dove ama rivelarsi, che è la coscienza, il silenzio parlante dove Dio si rivela a me, dove mi fa fare esperienza che sono figlio, ed essendo figlio non sono schiavo ma sono libero; è anche vero che c’è la terza forza che molte volte ci attira che è quella del nemico, quella che ti mette in testa che molte volte il nero è bianco ed il bianco è il nero, mediante immagini e desideri, dove sei affascinato, sei sedotto, ma ti accorgi che poi vieni ridotto in schiavitù, vieni sedotto e abbandonato, reso prigioniero. Mi sembra che imparare a discernere sia importante, lasciarsi interrogare ma anche comunicare, la ricerca comune dove portano i nostri sentimenti, verso ciò che è soltanto allettante o seducente? O verso ciò che è indispensabile perché la nostra azione sia il più possibile cosciente, libera e umana. Mi accorgo di mettere lì solo delle grandi provocazioni, ma allora bisogna andare a vedere che cosa dice Gesù sul discernimento, al di là di quello che diciamo noi, di quello che sentiamo, quello che la nostra ragione ci aiuta, che cosa dice Gesù? Gesù incontrando i suoi discepoli e parlando a loro parla anche a noi ci sollecita e ci dice, il testo più esplicito lo troviamo nel Vangelo di Luca cap.12 quando dice “ ..quando vedete una nuvola salire da ponente e subito dite viene la pioggia e così accade, e quando soffia lo scirocco dite che ci sarà caldo e così accade, ebbene ipocriti sapete giudicare il verbo che torna ..”(giudicare non è un termine che rende in italiano, meglio dire saper discernere, discernere in greco è dokimazein, non come pensiamo noi un dare un giudizio, è un saper valutare in vista di un giudizio, di una scelta, un verbo, il verbo giudicare sarebbe krino per chi ha qualche reminiscenza di greco, cioè divido, conosco e separo, invece il giudicare, il discernere è qualcosa di più profondo che ti coinvolge totalmente tutto te stesso) e Gesù dice allora sapete giudicare e valutare il tempo e le nuvole, le cose esterne, le cose umane e non sapete valutare da voi stessi, in profondità ciò che è bene, ciò che è buono per te, ciò che ti fa crescere, ciò che fa crescere il bene attorno a te. È interessante perché questo verbo del discernere, lo spessore semantico di questo verbo, domanda e suppone di sapere un “vedere”, sapere un “ascoltare”, deve trattarsi di un vedere che sa comprendere; a volte noi giudichiamo dall’esterno gli altri e anche noi stessi ci giudichiamo scarnificando noi stessi, “vorrei essere perfetto e non ci sono”, “voglio essere più bravo degli altri”, saper andare oltre le apparenze immediate e in grado di orientarsi nella complessità delle cose, ecco il verbo discernere dal greco dokimazein che lo usa molto Paolo quando dice che saper discernere, valutare la volontà di Dio, e questo compito importante, discernere allora vuol dire scandagliare, penetrare con lo sguardo attraverso la superficie, è come saper scrutare gli abissi, noi vediamo la superficie della terra ma non le sue fondamenta dice il profeta Geremia, è come se tu vedessi la foresta dall’esterno ma non riesci ad entrare in profondità, a discendere ciò che sta dietro, ciò che c’è dentro, saremo solo noi capaci di scrutare allora gli abissi, e penso agli abissi del cuore umano che a volte sono insondabili, gli abissi del mistero di Dio, i meandri stessi della storia, la complessità, che si è messo a tema, del lavoro, dell’operare umano così a volte mancante che mortifica le attese e le speranze di uomini di generazioni nuove. Credo che da soli noi non riusciremmo, ecco che San Paolo dice che questo discernimento è possibile, in questa prospettiva, in questa profondità se anche metti, sì in gioco le tue capacità intellettuali, le tue doti, se metti in gioco anche i tuoi diplomi di laurea, di master, magari incorniciati nei muri (quando vai in certi uffici ne vedi 4/5, questo qui, ti dici, fin dal seno materno era già plurilaureato!), ma non bastano solo le capacità intellettuali ma anche la Luce che viene dallo Spirito dice San Paolo. Allora un altro punto che potrebbe essere il quarto, in questa relazione che vorremmo costruire, gli artefici del discernimento chi sono? Lo Spirito di Dio e l’uomo insieme. Da solo non sono in grado di scrutare gli abissi, da solo non sono in grado di scrutare la complessità dei fenomeni che ho davanti, non mi bastano soltanto le analisi fredde e le statistiche (vedo che il Censis, stamattina ha già mandato fuori, anche se sono ancora sotto osservazione della commissione di studi sul Pil italiano, sulla disoccupazione dei giovani) sono numeri freddi, non c’è vita se tu non fai intercettare questi dati, questi numeri con il calore e la presenza dello Spirito che ti apre la mente ad un’intelligenza “altra” della vita, ad un saper entrare dentro, scrutare in profondità, lo Spirito di Dio che scruta in profondità, direbbe San Paolo, “..lo Spirito è il principio dinamico della vita cristiana è colui che abitando nel cuore dell’uomo lo libera, allora, dalle varie schiavitù” lo aiuta a far chiarezza da tante malìe, da tante false suggestioni, che molte volte confondono la tua mente e la tua ricerca, e conferisce all’uomo quelle qualità morali, quelle coordinate che rendono il tuo pensiero limpido, ti rendono la dimensione di sincerità interiore, ti aiutano ad essere capace di superare le finzioni o gli interessati raggiri, cioè opere interne, un giudizio purificato che diventa la condizione necessaria per poter discernere rettamente (questa è la lettera ai Romani, e tutta la costruzione della lettera ha proprio questo obiettivo, questa prospettiva, cioè poter discernere rettamente). Credo che in questa prospettiva l’uomo è coinvolto con tutte le sue capacità e sa interpretare tutti i dati raccolti dalle scienze umane, raccolti e memorizzati nella sua mente e li sa interpretare secondo una logica, una prospettiva che è di apertura e di novità, che è capace di spingere avanti che è capace di mettersi come una sentinella e scrutare l’alba del mattino che viene. Il discernimento abbiamo capito non è soltanto una tecnica yoga da proporre, ma diventa un esercizio, diventa un impegno, diventa una ricerca, un saper far interagire i miei saperi che ho alla luce e al calore di quella parola antica ma sempre nuova che è la Parola di Gesù, e che è resa incandescente proprio dalla presenza dello Spirito Santo; sottrarsi allora a questo invito, a questa obbedienza da ab-audire che vuol dire ascoltare con amorevolezza, diventa una cecità, divento responsabile della mia cecità, divento colpevole, divento prigioniero di una sorta di mascheramento, una sorta di ipocrisia, di maschera con cui molte volte recito sul palcoscenico della storia ma dietro non sono io, non sono io il protagonista. Mi sembra che in questa prospettiva discernere diventa un impegno, diventa un aiutarsi insieme (valore del discernimento comunitario) dinanzi alle complesse situazioni chi potrà discernere? Soltanto il Papa? Soltanto il Presidente di un’associazione? Soltanto chi ha il compito? Giustamente veniva citato il numero 4 dell’Octogesima Adveniens di Paolo VI in cui il Papa è cime se dicesse, “ vedete, io da Roma non posso discernere ho bisogno di tutti voi, dello stare insieme, e anche dall’apporto di tutti gli uomini di buona volontà, magari che non portano lo stemino pontificio qui sulla spalla, ma che sono mossi da retta coscienza, a cui sta a cuore il bene”; ecco come si apre uno scenario del discernimento fatto insieme, che coinvolge a cerchi concentrici tutto ciò che è positivo attorno a me. Mi sembra che la comunità credente oggi abbia bisogno, allora, del discernimento, e questo diventa, come già ci diceva il Vaticano II, Gaudium et spes, a cui quel numero dell’Octogesima Adveniens si ispira un po’, ed è al numero 44 della Gaudium et spes: le gioie e le speranze del mondo, la Chiesa è mondo, c’è bisogno di trovare quella speranza che unisce non la Chiesa per il mondo, da evangelizzare, da catechizzare, da sottomettere ma la Chiesa è mondo anche nel mondo, li ci sono i semi del Verbo di Dio sparsi ovunque, e allora la mia ricerca, il discernere, vuol dire aiutare a mettere insieme i tanti tasselli di piccole verità, di chiarezza e di bene che, se messi insieme, allargano la comprensione. Diceva così il Vaticano II “..è dovere di tutto il popolo di Dio” ecco perché io ho detto che bisogna fare la relazione del discernimento mettendo insieme un po’ tutti noi, soprattutto pastori e teologi, ma con l’aiuto dello Spirito Santo, di ascoltare attentamente, di discernere, ecco questo giudizio prudenziale sulle cose, ed interpretare i vari linguaggi del nostro tempo e di saperli giudicare alla luce della Parola di Dio, “perché la verità rivelata sia capita sempre di più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più adatta”; qui già abbiamo verbi che ci possono aiutare per aiutarci ed educarci nel discernimento, il suggerimento del testo conciliare sono questi verbi: ascoltare, discernere, interpretare, saper giudicare e poi capire, comprendere e presentare. Sono tutti verbi che mi sembra enucleano, danno corpo a quel dinamismo del discernimento che credo vada preso in seria considerazione, personalmente ma anche comunitariamente, a livello anche associativo, faccio un esempio così: è compito loro, vediamo cosa dice il Presidente e andiamo a manipolare sempre le ultime notizie, l’ultimo comunicato stampa, e poi ci chiediamo e io che cosa ho fatto? Come dilato questo giudizio e questo pensiero, come gli do corpo.. ; so di essere un po’ provocante ma.. tant’è! Il dinamismo del discernimento credo che oggi vada preso in seria considerazione proprio se vogliamo che il nostro agire umano, che il nostro operare, che il nostro anche lavoro sia cosciente, voluto, libero e responsabile, capace cioè di imprimere (cioè andare avanti con delicatezza ma con decisione) un orientamento di fondo anche alla vita associativa, alle vite delle nostre parrocchie, della nostra Chiesa così stanca, così sempre piagnucolosa, si piange sempre addosso ”ma siamo pochi”, “ma quanti c’erano?”, “ma quante comunioni han fatto?”, “ma come era vestito il prete?”, “ma come portava quello lì la tonaca?”, cioè capiamo che oggi dobbiamo imprimere (imprimatur – imprimere) un orientamento delicato, ma deciso e fermo, alla nostra vita e anche alla storia di questo nostro mondo sottraendoci al fascino seducente delle sirene di turno, che non mancano mai, alla fine concluderò con la sirena che potrebbe essere la conclusione di tutta la relazione che vogliamo costruire insieme e che potrebbe, anche, poi essere l’icona che ci aiuta a tenere un po’ a mente e continuare a stimolarci. Dicevamo che urgente discernere dentro la Chiesa, penso che in questo tempo in cui non mancano resistenze, sembra quasi di soffocare o di voler pilotare a volte la ventata dello Spirito che impresse nell’evento del Concilio, ci auguriamo che non sia così, anzi forse è il tempo di riuscir a captarlo meglio perché ci orienti. Riprendevo un’espressione di Giannino Piana, che tra l’altro l’ha detta anche nell’intervento in cui è venuto da noi, diceva che “il discernimento dottrinale e pastorale del magistero diviene efficace nella misura in cui esso è la risultante di una ricerca allargata rispettosa delle esperienze di tutti, attenta alle competenze specifiche di chi è nella condizione di fornire elementi preziosi di analisi della realtà da cui partire per individuare soluzioni adeguate, l’azione dello Spirito che si fa sentire sull’intera Chiesa, comporta che l’opera di autenticazione della verità propria, della gerarchia avvenga mediante un processo comunitario, in cui ciascuno porti il suo contributo; le prese di posizione dall’alto, al di fuori di un contesto dialogico e di un reciproco confronto, oltre a rivelarsi improduttive, rappresentano una sorta di infedeltà allo Spirito, la cui presenza diffusa deve essere ascoltata. Non si tratta di misconoscere l’essenziale mistero gerarchico, il quale agisce in virtù di un carisma proprio ed insostituibile, si tratta più semplicemente di esigere che la concreta messa in atto di tale funzione rispetti pienamente l’indole comunitaria della Chiesa” e allora questa dimensione di circolarità della Chiesa dove ciascuno ha qualcosa da portare, io ai ragazzi della cresima, a volte (adesso c’è meno tempo) poi son più sofisticati non capirebbero molto, però tu prendi la ruota della bicicletta gliela smonti davanti e gli spieghi che questo è il perno, che c’è la circonferenza, il cerchione, ma il cerchione è solo sotteso al centro da tanti raggi tutti lunghi uguali, tutti equidistanti dove son tutti importanti, perché basta che ne manchi uno e il cerchione si accartoccia, perde colpi, ecco così è la Chiesa, l’indole della Chiesa è questa, al centro chi ci potrà essere? Ci sarà Gesù certo ma costruiamo insieme la circonferenza, la comunione, dove tutti noi siamo dei raggi equidistanti che dal centro sottendono la circonferenza, da Cristo si crea la comunità. Ecco allora che ogni raggio porta le sue capacità, la sua indole, chi è laico, chi è esperto nelle scienze della società, chi è esperto nelle scienze dell’economia, tutti e ognuno porta la sua parte, è in questo modo allora che il discernimento trova corpo, trova capacità di far incedere, di far muovere e girare la storia. È necessario ed urgente,credo,stare da uomini maturi, vado un po’ a concludere, dentro la storia, qui sarebbe interessante dirci come ci sentiamo noi; essere dentro la storia, lo dico a me prima di tutto, a volte ti riesce e a volte prendi delle cantonate perché pensi che tu solo puoi vedere, con gli occhi aperti, per leggere in profondità gli avvenimenti, belli e propositivi, ma anche le strategie, come si usa oggi parlare, economiche, politiche e sociali, che a volte privilegiano alcuni e creano sacche di miseria per molti. Credo che oggi sia importante che i cristiani aprano gli occhi, che le comunità cristiane, che nei seminari si formino i preti non tanto esperti a far girare il turibolo, ma bensì che sappiano diventare preti per essere accanto agli uomini del loro tempo e aiutarsi insieme ad avere gli occhi aperti. La storia ha bisogno di preti non tanto quei centimetri di merletto più o meno ricamato, ma con la capacità di crescere insieme. Ciascuno di noi prima di tutto è un uomo che deve essere maturo e responsabile, cristiano, se poi ti è dato anche il servizio di essere presbitero ancora di più ti devi impegnare ad avere gli occhi aperti nella storia per leggere in profondità gli avvenimenti belli e quelli propositivi. Credo che questo ci aiuti proprio ad essere insieme e costruire riflessione perché vedete , il magistero poi sociale, che è l’apice da che cosa è fatto? Come nella spiaggia poi arrivano tante onde, il frutto del nostro giro per aria, mare, le nostre speranze del popolo di Dio, e dopo poi si sedimentano e il magistero in capite assume e rilancia ulteriormente, è così che nascono i pronunciamenti magisteriali, ma se sulla spiaggia non arrivano idee, iniziative, progetti penso alla Rerum Novarum, per cinquant’anni ci furono movimenti di laici che si impegnavano per reagire, il mondo va avanti così, non è improbabile oggi trovarsi davanti a molti che amano definirsi come “atei devoti” e dicono di difendere anche le radici cristiane. Attenzione! La vigilanza, gli occhi, perché dicendo che difendono le radici cristiane non rischino di tutelare interessi e privilegi di parte, di fatto molte volte qualcuno dice difendo le radici cristiane ma tu sei straniero e non hai diritto neanche di vivere, di esistere su questo territorio, è solo un esempio così. Siamo convinti che c’è bisogno di dare questo spessore alla nostra riflessione, e qui mi viene in mente Dietrich Bonhoeffer un martire del secolo scorso, anche un grande pensatore e teologo che dice: “chi non grida a difesa degli ebrei non pretenda di cantare in gregoriano” . Su questi fronti come cristiani, come laici cristiani, assumiamo la nostra responsabilità da uomini maturi e responsabili sapendo discernere dentro la storia; credo che questo sia il tempo di cristiani maturi, non solo uomini, ma cristiani maturi e responsabili che sanno aprire gli occhi e prendere le distanze dalle sirene di turno, per aprire una rotta diversa a questa nostra storia. E qui vado a concludere portando, io la chiamo icona perché all’interno c’è uno che è il protagonista di tutto, come sottrarsi alle seducenti melodie delle sirene odierne. Ci racconta Omero, se non sbaglio, che Ulisse per non cedere al canto delle sirene ordinò ai suoi compagni di turarsi le orecchie con tappi di cera, in modo da non sentire i canti delle sirene, esserne attratti, affascinati e poi sapete la storia, le sirene ammazzavano e mangiavano i malcapitati. Lui però che voleva sentire il canto delle sirene si fece legare all’albero della nave e così lui poté ascoltare le sirene senza lasciarsi sedurre dalle melodie, e lasciarsi poi stritolare da questa strategia perversa di morte che questi personaggi mitologici mettevano in atto. Cosa vogliamo dire, che i padri della Chiesa dei primi secoli, in particolare Ippolito ma anche Ambrogio, hanno fatto di questa lettura un’allegoria dell’esperienza di Ulisse e dicono che è l’immagine del credente e noi siamo qui oggi, siamo in mezzo al naufragio con la nostra barchetta attratti di qua e attratti di là. E se diventa allora Ulisse l’immagine del credente di oggi con gli occhi spalancati per vedere e gli orecchi per sentire le sirene, per non voler soccombere anche noi dovremmo rimanere legati a qualche cosa all’albero della nave, e se l’albero della nave è il simbolo della Chiesa, chi sarà l’albero della barca? L’albero della barca è l’albero della Croce! Ecco dunque essere Chiesa, essere cristiani che stanno sedotti, legati strettamente che stanno abbracciati all’albero della nave che è Gesù Signore crocifisso e risorto. Solo così da credenti di oggi potremmo anche noi ascoltare, vedere, scrutare anche il nostro cuore, la nostra vicenda di vita per poter discernere e smascherare le seduzioni delle nuove sirene presenti nel nostro tempo, nella storia di oggi. Mi sembra che l’albero della Croce, come dicevano i Padri della Chiesa, diventi anche il punto di riferimento, ma l’albero della Croce è nodoso, è duro non è tempestato di comodità o di pietre preziose, l’albero della Croce dove credo che aggrappati a Cristo anche noi animati dal respiro che su quella croce c’è un Uomo da un cuore che si apre e che da la vita, anche noi potremmo raccogliere i gemiti di una vita che è già dentro la nostra passione, il nostro agire, il nostro essere convenuti qua. Potrebbe essere questo lo scheletro attorno a cui mettere insieme quanto insieme ci diremo.