Padre Elio Dalla Zuanna Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo

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Padre Elio Dalla Zuanna Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo
Padre Elio Dalla Zuanna
Ben arrivati a tutti, già ci conosciamo con qualcuno. Quando Paola me l’ha chiesto ci
ho pensato un attimo su, poi ho detto ma…io non voglio arrivare lì con la relazione
da “appioppare” alla gente dove ci sono già le risposte e tutto. Mi sembrava, appunto,
anche per rispettare il clima con cui è nato questo incontro, quello quasi di farlo
emergere, costruire insieme un riflessione.
Innanzitutto, mi sono detto, bisogna pensare anche ad un titolo ecco “Il
discernimento come compito e responsabilità dei cristiani adulti” poi, se ci vogliamo
mettere un sottotitolo o una specie di sommario, potremmo dire “come forestieri e
pellegrini nella storia per una laicità della vita cristiana”, ma mi sono accorto che
questo titolo apre poi degli orizzonti per cui bisognerebbe restare qui per parecchio
tempo.
Dicevo a partire da questo titolo bisogna poi mettere dei punti, un piccolo
indice con cui insieme, da quello che emerge, riuscire a dar corpo a questo intervento,
che diventa un intervento comune frutto anche di questa ricerca e di questo tempo che
ci siamo regalati venendo fino a quassù, un po’ lontano da Roma, un po’ scomodo
qualcuno diceva, ma forse ne vale la pena proprio di tirarsi fuori dal “tram tram”
quotidiano per sostare e riflettere insieme.
Ci vuole anche una citazione biblica, sennò dicono che non fai un discorso
biblico, allora ho pensato di prendere da San Paolo che dice: “non conformatevi alla
mentalità di questo secolo ma trasformatevi rinnovando la vostra mente per poter
discernere la volontà di Dio ciò che è buono, a lui gradito e perfetto per poter
discernere..” ecco ho trovato qui la parola che sia il chiodo con cui agganciare dopo i
nostri discorsi, il nostro interloquire insieme.
Si parla tanto di discernimento quasi fosse una nuova tecnica di yoga, che si
impara, invece viene il momento nella vita di ognuno di noi che siamo chiamati
proprio a prendere delle decisioni, e quando questo accade facciamo l’esperienza (
tutti non lo so ma personalmente di sicuro) di come sia difficile scegliere, dover
imboccare una strada piuttosto che un’altra; immaginiamo se all’interno di questi
temi che fan tremare le vene nei polsi, talmente la loro complessità che cerchiamo
sempre di metterli da parte, e di conseguenza anche in persone adulte molto spesso
rimangono forme di dipendenza, atteggiamenti infantili mi sembra un po’ troppo,
però atteggiamenti di dipendenza, pensiamo nell’ambito ecclesiale, quasi qualcuno
che deve sempre discernere per te, e alla fine la figura del prete assume anche ruoli
artificiosi dando l’impressione che senza di lui non si possa far niente, non si possa
decidere, e i fedeli rimangono eterni minorenni, dice qualcuno “certo! Ma a molti
piace rimanere minorenni..” perché la responsabilità e delegata ad altri. Parto da una
provocazione per dire che molte volte non è proprio facile scegliere, discernere, ma
questo non ci aiuta a delegare ad altri le nostre scelte per paura di sbagliare e, perché
no, anche per una certa dose di pigrizia che talvolta alberga in noi.
Dopo questa premessa bisognerebbe mettere giù i punti di questa relazione che
vorremmo costruire insieme e credo che la prima sia la maturità umana e cristiana,
come caratteristiche di quella libertà, di quella figliolanza di Dio; la maturità umana,
ovviamente, non si misura con il numero degli anni, o da quante volte sono già
andato a votare, ad esercitare il mio diritto di voto, mentre scompaiono i capelli
diventando vecchi all’anagrafe, ma non maturi nel cammino della vita. Dunque la
maturità umana, perché è su quella che poi si radica anche quella cristiana, altrimenti
dove l’attacchi? Viene dall’Alto e non trova il materiale umano e la corporeità su cui
inserirsi, su cui fare sintesi, entrare; ecco la maturità umana suppone la capacità di
integrare armonicamente tutte le componenti della vita, la capacità di far fronte alle
esigenze interne ed esterne mediante delle risposte, una risposta personale, quella
risposta che ti aiuti e ti consenta di poter agire autonomamente in libertà, libertà che è
motivata da alcuni valori fondamentali che da te vengono assimilati. Credo che solo
così la libertà, la figliolanza di Dio, che diventa anche gioiosa, riesce a caratterizzare
una maturità umanamente matura e anche cristianamente consistente e solida, proprio
perché è un dono dall’Alto ma che intercetta e incontra quello che tu sei, non è una
relazione costruita col pensiero, un desiderio, ma è un metterti anche tu in gioco, in
relazione, con quello che tu sei. In questa prospettiva tu diventi “pasta nuova”,
diventi pasta che desidera cambiare, creatura nuova, diventi un uomo capace di essere
pienamente consapevole e pienamente disponibile perché in te cresca un uomo, dirà
San Paolo, “..della stessa statura di Gesù Cristo”.
Credo che il secondo punto della nostra relazione da costruire sarebbe allora il
discernimento, per concretizzare questa vocazione di diventare figli di Dio, liberi e
fedeli in Cristo: discernimento come esperienza creativa, oggi si parla molto anche
delle virtù come abiti mentali, modi di comportamento, si parla e si va a scoprire
anche la virtù della creatività, cioè nel momento in cui uno entra in questo cammino
di discernimento, di desiderio, di crescita, di maturazione, l’uomo sperimenta la sua
identità come creatore della propria esistenza, della propria persona; in questo senso,
allora, la creatività è l’atto in cui l’uomo dischiude se stesso nella creatività
diventando protagonista nella storia, creando se stesso. Mi sembra che sia abbastanza
ortodosso questo pensiero, perché è proprio un prendere consapevolezza della mia
responsabilità, che io agisco mosso da un desiderio profondo di una promessa di
felicità (la pienezza, la tua realizzazione), e ciò che più senti dentro più ti attira, ma è
anche importante sapere e dare un contorno a questo sentire, perché sentire viene da
tre fonti diverse: il mio Io naturale, il Dio che mi attrae a sé, ma c’è anche un terzo
sentire, che è quello del nemico, dell’antico menzognero, dice la Bibbia, quel sentire
che ti attira un po’ di quà e un po’ di là; il sentire naturale viene dall’indole e dalla
cultura, dall’esperienza, dalle conoscenze e apre una persona a tutto campo nei
confronti della realtà, e invece quel sentire che viene da Dio molte volte passa anche
attraverso delle mediazioni di altre persone, attraverso la realtà, Dio che mi parla, che
suscita dentro di me, che mi invita ad entrare nel Santuario dove ama rivelarsi, che è
la coscienza, il silenzio parlante dove Dio si rivela a me, dove mi fa fare esperienza
che sono figlio, ed essendo figlio non sono schiavo ma sono libero; è anche vero che
c’è la terza forza che molte volte ci attira che è quella del nemico, quella che ti mette
in testa che molte volte il nero è bianco ed il bianco è il nero, mediante immagini e
desideri, dove sei affascinato, sei sedotto, ma ti accorgi che poi vieni ridotto in
schiavitù, vieni sedotto e abbandonato, reso prigioniero. Mi sembra che imparare a
discernere sia importante, lasciarsi interrogare ma anche comunicare, la ricerca
comune dove portano i nostri sentimenti, verso ciò che è soltanto allettante o
seducente? O verso ciò che è indispensabile perché la nostra azione sia il più
possibile cosciente, libera e umana. Mi accorgo di mettere lì solo delle grandi
provocazioni, ma allora bisogna andare a vedere che cosa dice Gesù sul
discernimento, al di là di quello che diciamo noi, di quello che sentiamo, quello che
la nostra ragione ci aiuta, che cosa dice Gesù? Gesù incontrando i suoi discepoli e
parlando a loro parla anche a noi ci sollecita e ci dice, il testo più esplicito lo
troviamo nel Vangelo di Luca cap.12 quando dice “ ..quando vedete una nuvola
salire da ponente e subito dite viene la pioggia e così accade, e quando soffia lo
scirocco dite che ci sarà caldo e così accade, ebbene ipocriti sapete giudicare il
verbo che torna ..”(giudicare non è un termine che rende in italiano, meglio dire
saper discernere, discernere in greco è dokimazein, non come pensiamo noi un dare
un giudizio, è un saper valutare in vista di un giudizio, di una scelta, un verbo, il
verbo giudicare sarebbe krino per chi ha qualche reminiscenza di greco, cioè divido,
conosco e separo, invece il giudicare, il discernere è qualcosa di più profondo che ti
coinvolge totalmente tutto te stesso) e Gesù dice allora sapete giudicare e valutare il
tempo e le nuvole, le cose esterne, le cose umane e non sapete valutare da voi stessi,
in profondità ciò che è bene, ciò che è buono per te, ciò che ti fa crescere, ciò che fa
crescere il bene attorno a te. È interessante perché questo verbo del discernere, lo
spessore semantico di questo verbo, domanda e suppone di sapere un “vedere”,
sapere un “ascoltare”, deve trattarsi di un vedere che sa comprendere; a volte noi
giudichiamo dall’esterno gli altri e anche noi stessi ci giudichiamo scarnificando noi
stessi, “vorrei essere perfetto e non ci sono”, “voglio essere più bravo degli altri”,
saper andare oltre le apparenze immediate e in grado di orientarsi nella complessità
delle cose, ecco il verbo discernere dal greco dokimazein che lo usa molto Paolo
quando dice che saper discernere, valutare la volontà di Dio, e questo compito
importante, discernere allora vuol dire scandagliare, penetrare con lo sguardo
attraverso la superficie, è come saper scrutare gli abissi, noi vediamo la superficie
della terra ma non le sue fondamenta dice il profeta Geremia, è come se tu vedessi la
foresta dall’esterno ma non riesci ad entrare in profondità, a discendere ciò che sta
dietro, ciò che c’è dentro, saremo solo noi capaci di scrutare allora gli abissi, e penso
agli abissi del cuore umano che a volte sono insondabili, gli abissi del mistero di Dio,
i meandri stessi della storia, la complessità, che si è messo a tema, del lavoro,
dell’operare umano così a volte mancante che mortifica le attese e le speranze di
uomini di generazioni nuove.
Credo che da soli noi non riusciremmo, ecco che San Paolo dice che questo
discernimento è possibile, in questa prospettiva, in questa profondità se anche metti,
sì in gioco le tue capacità intellettuali, le tue doti, se metti in gioco anche i tuoi
diplomi di laurea, di master, magari incorniciati nei muri (quando vai in certi uffici
ne vedi 4/5, questo qui, ti dici, fin dal seno materno era già plurilaureato!), ma non
bastano solo le capacità intellettuali ma anche la Luce che viene dallo Spirito dice
San Paolo.
Allora un altro punto che potrebbe essere il quarto, in questa relazione che
vorremmo costruire, gli artefici del discernimento chi sono? Lo Spirito di Dio e
l’uomo insieme.
Da solo non sono in grado di scrutare gli abissi, da solo non sono in grado di
scrutare la complessità dei fenomeni che ho davanti, non mi bastano soltanto le
analisi fredde e le statistiche (vedo che il Censis, stamattina ha già mandato fuori,
anche se sono ancora sotto osservazione della commissione di studi sul Pil italiano,
sulla disoccupazione dei giovani) sono numeri freddi, non c’è vita se tu non fai
intercettare questi dati, questi numeri con il calore e la presenza dello Spirito che ti
apre la mente ad un’intelligenza “altra” della vita, ad un saper entrare dentro, scrutare
in profondità, lo Spirito di Dio che scruta in profondità, direbbe San Paolo, “..lo
Spirito è il principio dinamico della vita cristiana è colui che abitando nel cuore
dell’uomo lo libera, allora, dalle varie schiavitù” lo aiuta a far chiarezza da tante
malìe, da tante false suggestioni, che molte volte confondono la tua mente e la tua
ricerca, e conferisce all’uomo quelle qualità morali, quelle coordinate che rendono il
tuo pensiero limpido, ti rendono la dimensione di sincerità interiore, ti aiutano ad
essere capace di superare le finzioni o gli interessati raggiri, cioè opere interne, un
giudizio purificato che diventa la condizione necessaria per poter discernere
rettamente (questa è la lettera ai Romani, e tutta la costruzione della lettera ha proprio
questo obiettivo, questa prospettiva, cioè poter discernere rettamente). Credo che in
questa prospettiva l’uomo è coinvolto con tutte le sue capacità e sa interpretare tutti i
dati raccolti dalle scienze umane, raccolti e memorizzati nella sua mente e li sa
interpretare secondo una logica, una prospettiva che è di apertura e di novità, che è
capace di spingere avanti che è capace di mettersi come una sentinella e scrutare
l’alba del mattino che viene.
Il discernimento abbiamo capito non è soltanto una tecnica yoga da proporre,
ma diventa un esercizio, diventa un impegno, diventa una ricerca, un saper far
interagire i miei saperi che ho alla luce e al calore di quella parola antica ma sempre
nuova che è la Parola di Gesù, e che è resa incandescente proprio dalla presenza
dello Spirito Santo; sottrarsi allora a questo invito, a questa obbedienza da ab-audire
che vuol dire ascoltare con amorevolezza, diventa una cecità, divento responsabile
della mia cecità, divento colpevole, divento prigioniero di una sorta di
mascheramento, una sorta di ipocrisia, di maschera con cui molte volte recito sul
palcoscenico della storia ma dietro non sono io, non sono io il protagonista.
Mi sembra che in questa prospettiva discernere diventa un impegno, diventa un
aiutarsi insieme (valore del discernimento comunitario) dinanzi alle complesse
situazioni chi potrà discernere? Soltanto il Papa? Soltanto il Presidente di
un’associazione? Soltanto chi ha il compito? Giustamente veniva citato il numero 4
dell’Octogesima Adveniens di Paolo VI in cui il Papa è cime se dicesse, “ vedete, io
da Roma non posso discernere ho bisogno di tutti voi, dello stare insieme, e anche
dall’apporto di tutti gli uomini di buona volontà, magari che non portano lo stemino
pontificio qui sulla spalla, ma che sono mossi da retta coscienza, a cui sta a cuore il
bene”; ecco come si apre uno scenario del discernimento fatto insieme, che coinvolge
a cerchi concentrici tutto ciò che è positivo attorno a me.
Mi sembra che la comunità credente oggi abbia bisogno, allora, del
discernimento, e questo diventa, come già ci diceva il Vaticano II, Gaudium et spes, a
cui quel numero dell’Octogesima Adveniens si ispira un po’, ed è al numero 44 della
Gaudium et spes: le gioie e le speranze del mondo, la Chiesa è mondo, c’è bisogno di
trovare quella speranza che unisce non la Chiesa per il mondo, da evangelizzare, da
catechizzare, da sottomettere ma la Chiesa è mondo anche nel mondo, li ci sono i
semi del Verbo di Dio sparsi ovunque, e allora la mia ricerca, il discernere, vuol dire
aiutare a mettere insieme i tanti tasselli di piccole verità, di chiarezza e di bene che,
se messi insieme, allargano la comprensione. Diceva così il Vaticano II “..è dovere di
tutto il popolo di Dio” ecco perché io ho detto che bisogna fare la relazione del
discernimento mettendo insieme un po’ tutti noi, soprattutto pastori e teologi, ma con
l’aiuto dello Spirito Santo, di ascoltare attentamente, di discernere, ecco questo
giudizio prudenziale sulle cose, ed interpretare i vari linguaggi del nostro tempo e di
saperli giudicare alla luce della Parola di Dio, “perché la verità rivelata sia capita
sempre di più a fondo, sia meglio compresa e possa venir presentata in forma più
adatta”; qui già abbiamo verbi che ci possono aiutare per aiutarci ed educarci nel
discernimento, il suggerimento del testo conciliare sono questi verbi: ascoltare,
discernere, interpretare, saper giudicare e poi capire, comprendere e presentare. Sono
tutti verbi che mi sembra enucleano, danno corpo a quel dinamismo del
discernimento che credo vada preso in seria considerazione, personalmente ma anche
comunitariamente, a livello anche associativo, faccio un esempio così: è compito
loro, vediamo cosa dice il Presidente e andiamo a manipolare sempre le ultime
notizie, l’ultimo comunicato stampa, e poi ci chiediamo e io che cosa ho fatto? Come
dilato questo giudizio e questo pensiero, come gli do corpo.. ; so di essere un po’
provocante ma.. tant’è!
Il dinamismo del discernimento credo che oggi vada preso in seria
considerazione proprio se vogliamo che il nostro agire umano, che il nostro operare,
che il nostro anche lavoro sia cosciente, voluto, libero e responsabile, capace cioè di
imprimere (cioè andare avanti con delicatezza ma con decisione) un orientamento di
fondo anche alla vita associativa, alle vite delle nostre parrocchie, della nostra Chiesa
così stanca, così sempre piagnucolosa, si piange sempre addosso ”ma siamo pochi”,
“ma quanti c’erano?”, “ma quante comunioni han fatto?”, “ma come era vestito il
prete?”, “ma come portava quello lì la tonaca?”, cioè capiamo che oggi dobbiamo
imprimere (imprimatur – imprimere) un orientamento delicato, ma deciso e fermo,
alla nostra vita e anche alla storia di questo nostro mondo sottraendoci al fascino
seducente delle sirene di turno, che non mancano mai, alla fine concluderò con la
sirena che potrebbe essere la conclusione di tutta la relazione che vogliamo costruire
insieme e che potrebbe, anche, poi essere l’icona che ci aiuta a tenere un po’ a
mente e continuare a stimolarci.
Dicevamo che urgente discernere dentro la Chiesa, penso che in questo tempo
in cui non mancano resistenze, sembra quasi di soffocare o di voler pilotare a volte la
ventata dello Spirito che impresse nell’evento del Concilio, ci auguriamo che non sia
così, anzi forse è il tempo di riuscir a captarlo meglio perché ci orienti. Riprendevo
un’espressione di Giannino Piana, che tra l’altro l’ha detta anche nell’intervento in
cui è venuto da noi, diceva che “il discernimento dottrinale e pastorale del magistero
diviene efficace nella misura in cui esso è la risultante di una ricerca allargata
rispettosa delle esperienze di tutti, attenta alle competenze specifiche di chi è nella
condizione di fornire elementi preziosi di analisi della realtà da cui partire per
individuare soluzioni adeguate, l’azione dello Spirito che si fa sentire sull’intera
Chiesa, comporta che l’opera di autenticazione della verità propria, della gerarchia
avvenga mediante un processo comunitario, in cui ciascuno porti il suo contributo; le
prese di posizione dall’alto, al di fuori di un contesto dialogico e di un reciproco
confronto, oltre a rivelarsi improduttive, rappresentano una sorta di infedeltà allo
Spirito, la cui presenza diffusa deve essere ascoltata. Non si tratta di misconoscere
l’essenziale mistero gerarchico, il quale agisce in virtù di un carisma proprio ed
insostituibile, si tratta più semplicemente di esigere che la concreta messa in atto di
tale funzione rispetti pienamente l’indole comunitaria della Chiesa” e allora questa
dimensione di circolarità della Chiesa dove ciascuno ha qualcosa da portare, io ai
ragazzi della cresima, a volte (adesso c’è meno tempo) poi son più sofisticati non
capirebbero molto, però tu prendi la ruota della bicicletta gliela smonti davanti e gli
spieghi che questo è il perno, che c’è la circonferenza, il cerchione, ma il cerchione è
solo sotteso al centro da tanti raggi tutti lunghi uguali, tutti equidistanti dove son tutti
importanti, perché basta che ne manchi uno e il cerchione si accartoccia, perde colpi,
ecco così è la Chiesa, l’indole della Chiesa è questa, al centro chi ci potrà essere? Ci
sarà Gesù certo ma costruiamo insieme la circonferenza, la comunione, dove tutti noi
siamo dei raggi equidistanti che dal centro sottendono la circonferenza, da Cristo si
crea la comunità. Ecco allora che ogni raggio porta le sue capacità, la sua indole, chi
è laico, chi è esperto nelle scienze della società, chi è esperto nelle scienze
dell’economia, tutti e ognuno porta la sua parte, è in questo modo allora che il
discernimento trova corpo, trova capacità di far incedere, di far muovere e girare la
storia. È necessario ed urgente,credo,stare da uomini maturi, vado un po’ a
concludere, dentro la storia, qui sarebbe interessante dirci come ci sentiamo noi;
essere dentro la storia, lo dico a me prima di tutto, a volte ti riesce e a volte prendi
delle cantonate perché pensi che tu solo puoi vedere, con gli occhi aperti, per leggere
in profondità gli avvenimenti, belli e propositivi, ma anche le strategie, come si usa
oggi parlare, economiche, politiche e sociali, che a volte privilegiano alcuni e creano
sacche di miseria per molti. Credo che oggi sia importante che i cristiani aprano gli
occhi, che le comunità cristiane, che nei seminari si formino i preti non tanto esperti a
far girare il turibolo, ma bensì che sappiano diventare preti per essere accanto agli
uomini del loro tempo e aiutarsi insieme ad avere gli occhi aperti.
La storia ha bisogno di preti non tanto quei centimetri di merletto più o meno
ricamato, ma con la capacità di crescere insieme. Ciascuno di noi prima di tutto è un
uomo che deve essere maturo e responsabile, cristiano, se poi ti è dato anche il
servizio di essere presbitero ancora di più ti devi impegnare ad avere gli occhi aperti
nella storia per leggere in profondità gli avvenimenti belli e quelli propositivi.
Credo che questo ci aiuti proprio ad essere insieme e costruire riflessione
perché vedete , il magistero poi sociale, che è l’apice da che cosa è fatto? Come nella
spiaggia poi arrivano tante onde, il frutto del nostro giro per aria, mare, le nostre
speranze del popolo di Dio, e dopo poi si sedimentano e il magistero in capite assume
e rilancia ulteriormente, è così che nascono i pronunciamenti magisteriali, ma se sulla
spiaggia non arrivano idee, iniziative, progetti penso alla Rerum Novarum, per
cinquant’anni ci furono movimenti di laici che si impegnavano per reagire, il mondo
va avanti così, non è improbabile oggi trovarsi davanti a molti che amano definirsi
come “atei devoti” e dicono di difendere anche le radici cristiane.
Attenzione! La vigilanza, gli occhi, perché dicendo che difendono le radici
cristiane non rischino di tutelare interessi e privilegi di parte, di fatto molte volte
qualcuno dice difendo le radici cristiane ma tu sei straniero e non hai diritto neanche
di vivere, di esistere su questo territorio, è solo un esempio così.
Siamo convinti che c’è bisogno di dare questo spessore alla nostra riflessione, e
qui mi viene in mente Dietrich Bonhoeffer un martire del secolo scorso, anche un
grande pensatore e teologo che dice: “chi non grida a difesa degli ebrei non pretenda
di cantare in gregoriano” .
Su questi fronti come cristiani, come laici cristiani, assumiamo la nostra
responsabilità da uomini maturi e responsabili sapendo discernere dentro la storia;
credo che questo sia il tempo di cristiani maturi, non solo uomini, ma cristiani maturi
e responsabili che sanno aprire gli occhi e prendere le distanze dalle sirene di turno,
per aprire una rotta diversa a questa nostra storia.
E qui vado a concludere portando, io la chiamo icona perché all’interno c’è uno
che è il protagonista di tutto, come sottrarsi alle seducenti melodie delle sirene
odierne.
Ci racconta Omero, se non sbaglio, che Ulisse per non cedere al canto delle
sirene ordinò ai suoi compagni di turarsi le orecchie con tappi di cera, in modo da non
sentire i canti delle sirene, esserne attratti, affascinati e poi sapete la storia, le sirene
ammazzavano e mangiavano i malcapitati. Lui però che voleva sentire il canto delle
sirene si fece legare all’albero della nave e così lui poté ascoltare le sirene senza
lasciarsi sedurre dalle melodie, e lasciarsi poi stritolare da questa strategia perversa di
morte che questi personaggi mitologici mettevano in atto.
Cosa vogliamo dire, che i padri della Chiesa dei primi secoli, in particolare
Ippolito ma anche Ambrogio, hanno fatto di questa lettura un’allegoria
dell’esperienza di Ulisse e dicono che è l’immagine del credente e noi siamo qui
oggi, siamo in mezzo al naufragio con la nostra barchetta attratti di qua e attratti di là.
E se diventa allora Ulisse l’immagine del credente di oggi con gli occhi
spalancati per vedere e gli orecchi per sentire le sirene, per non voler soccombere
anche noi dovremmo rimanere legati a qualche cosa all’albero della nave, e se
l’albero della nave è il simbolo della Chiesa, chi sarà l’albero della barca? L’albero
della barca è l’albero della Croce!
Ecco dunque essere Chiesa, essere cristiani che stanno sedotti, legati
strettamente che stanno abbracciati all’albero della nave che è Gesù Signore
crocifisso e risorto. Solo così da credenti di oggi potremmo anche noi ascoltare,
vedere, scrutare anche il nostro cuore, la nostra vicenda di vita per poter discernere e
smascherare le seduzioni delle nuove sirene presenti nel nostro tempo, nella storia di
oggi.
Mi sembra che l’albero della Croce, come dicevano i Padri della Chiesa,
diventi anche il punto di riferimento, ma l’albero della Croce è nodoso, è duro non è
tempestato di comodità o di pietre preziose, l’albero della Croce dove credo che
aggrappati a Cristo anche noi animati dal respiro che su quella croce c’è un Uomo da
un cuore che si apre e che da la vita, anche noi potremmo raccogliere i gemiti di una
vita che è già dentro la nostra passione, il nostro agire, il nostro essere convenuti qua.
Potrebbe essere questo lo scheletro attorno a cui mettere insieme quanto insieme ci
diremo.